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DAL MITRA AL PALLONE: L'INCREDIBILE STORIA DI CHRISTIAN PORTIERE DI RISERVA DEL MANCHESTER UNITED


Era un bambino soldato, aveva solo 11 anni, ma già combatteva nella guerra civile. Poi conobbe un padre missionario che lo curò, gli volle bene e gli insegnò a giocare a calcio. Gli spiegò che l’uomo è fatto per il bene e lo riportò nella dimensione degli umani. Quell’atto di amore cambiò profondamente il cuore e la testa di quel ragazzo. Oggi Christian Caulker ha 21 anni, è il portiere della nazionale di calcio della Sierra Leone ed il portiere in seconda del Manchester United. Un miracolo non isolato. Migliaia di bambini-soldati sono stati liberati e salvati dai missionari. I più hanno iniziato a giocare a calcio, non tutti sono diventati dei campioni, ma quasi tutti sono tornate ad essere persone, hanno scoperto che c’è un Dio che li ama, e che ci sono cristiani, che testimoniano e diffondono quell’amore. La storia di Christian Caulker l’ha raccontata Padre Giuseppe Berton, sulle pagine di Mondo e Missione, mensile del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime). Padre Bepi Berton, che è un missionario saveriano che lavora da quarant’anni in Sierra Leone, prova a ricordare quel ragazzino ferito e pieno di droga, ma con l’arma ben stretta in mano, che gli hanno portato una sera di dieci anni fa, quando la guerra civile aveva abbrutito uomini al punto tale che anche i bambini uccidevano. Padre Bepi ha raccontato che nella Family Home sono arrivati tanti bambini nelle stesse condizioni di Christian. A tutti ha insegnato a giocare a calcio, ma soprattutto gli ha fatto ritrovare la fiducia negli uomini e in Dio, così ne ha salvati migliaia. Ha scritto padre Bepi: "La Sierra Leone non è granché nel calcio. Nei campionati internazionali la mettono subito in panchina. Però la mia piccola gloria ce l'ho anch'io; il portiere l'ho tirato su io, anche senza saperlo. Me lo hanno fatto sapere gli amici. Figuriamoci se mi ricordavo di Christian Caulker! In quei tempi, quando dovevi stare attento a girare l'angolo perché non ti sparassero, quando i ragazzini come lui li rubavo al Fronte Unito rivoluzionario (Ruf), quando magari un taxi misericordioso te ne portava uno a casa, svenuto e pieno di droga, ma con l'arma stretta in mano... in quei tempi di Christian Caulker me ne sono passati tremila tra le mani". "Ho dovuto fare uno sforzo per ricordare. – ha precisato il padre Missionario -. E difatti non mi sarebbero venuti alla memoria quei tempi, dieci anni fa... Dieci anni così intensi e drammatici, che bisognava dimenticarli per lasciare spazio vitale al cervello perché potesse funzionare. È stato uno dei miei ex ragazzi, ora sposato, che allora mi organizzava la squadra di calcio. Mi portò Christian e me lo ha riportato quando abbiamo celebrato il venticinquesimo del Family Homes Movement, dentro il quale Christian ha ritrovato se stesso e Dio. Ed ora è pronto per il sogno del Manchester United". Padre Bepi ha raccontato che "c’è un campetto pieno di sassi, abbastanza grande da poterlo dichiarare regolare, dove ancora giochiamo. Anche questo è un bel sogno, il poterlo mettere a posto, dargli una dignità, non foss'altro perché ha il merito di avere partecipato alla cura terapeutica di tanti ragazzi, che sfogavano la loro aggressività nella competizione. Un'aggressività così esasperata da diventare una malattia difficilmente curabile e della quale ancora oggi vedo le tracce in tanti giovani che mi stanno accanto (…). Purtroppo ben pochi pensano a creare gli spazi necessari, perché con una palla i nostri ragazzi possano sfogare la loro aggressività, stare insieme in campo, imparare qualche regola... Il calcio qui non è solo un gioco. Può avere un importante valore educativo. Tanto più importante in un Paese che esce da un'orribile guerra civile, che ha lasciato strascichi di odio, frustrazione e disillusione. È un modo per togliere i ragazzi dalla strada e per convogliare le loro energie represse. E così, la storia di Christian mi ha convinto a cambiare le mie priorità: prima, il campo da calcio; poi, lì vicino, un piccolo bar, una sorta di "rifugio" per gli uomini, per evitare che facciano di peggio; e quindi, un po' più lontana, la chiesa, per proteggere i vetri dalle pallonate, visto che ne ho già rimpiazzati un bel po'! «Father, father, a ball! Padre, padre, una palla!». Io ne tengo sempre una in macchina, che lancio dal finestrino. Non si tratta certo di una palla costosa; basta una pallina da tennis per far sognare il Manchester United. Ti lascia incantato in città, dove il traffico è intenso e caotico, vedere come se la cavano a giostrare quella palla tra il passaggio di una macchina o di una moto. Recentemente con la Coppa d'Africa si è sviluppato un tifo incredibile. Un giorno non trovavo più il ragazzo che mi accompagna in macchina. Quando è tornato gli ho chiesto dove fosse andato. «A vedere l'Arsenal», mi ha risposto. «Ma dove?», chiedo stupito. «Laggiù». E intanto puntava il dito verso una baracca scalcinata. Invece era la sala cinematografica. Mille leoni (la moneta locale), una briciola di euro, ed era contentissimo perché la squadra del cuore, a diecimila chilometri di distanza, aveva vinto. Ora si avvicina la Coppa del Mondo. Sto cercando di aggiustare gli orari della Messa, perché altrimenti, se coincidono con le partite, in chiesa non ci viene più nessuno! Una soluzione la troviamo. Specialmente se il calcio ci può aiutare a vivere meglio insieme. Anche la fede". - di Antonio Padovano - www.lottimista -