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PRIMA PIO XII ORA GIOVANNI PAOLO II GLI EBREI PUNTANO L'INDICE


Minerbi avvia l’operazione di cancellazione della memoriaPagine Ebraiche, rivista di grande spessore, presenta nell’ultimo numero una nota stonata, a firma di Sergio Minerbi: «Le ambiguità di Giovanni Paolo II e la tentazione di trasformare la memoria». Occorre ricordare che Minerbi ha verso la Chiesa un’ostilità più radicata nell’anticlericalismo italiano che nel suo essere ebreo. Tempo fa scrivemmo che Minerbi fu tra quelli che vollero la didascalia infamante per Pio XII a Yad Vashem. Minerbi poi mandò una smentita a Italia Oggi e ne prendemmo volentieri atto. Certo è che la sua ostilità preconcetta pesò anche sul suo lavoro di diplomatico israeliano ad altissimo livello. I suoi superiori ebbero cura di non coinvolgerlo nei rapporti con la santa sede. A dispetto del suo rango, non fu al corrente dei negoziati per l’accordo fondamentale fra Santa Sede e Israele, fortemente voluto da Giovanni Paolo II sin dalla prima settimana di pontificato. Il giorno stesso della firma dell’accordo, Minerbi scrisse su HaAretz che mai il Vaticano avrebbe allacciato rapporti diplomatici con lo stato di Israele, mai avrebbe ammesso che gli ebrei deicidi possano essere riconosciuti come Stato. Questo recente attacco a Giovanni Paolo II è la prosecuzione di quella cantonata con gli stessi mezzi, l’ostilità e la diffidenza preconcetti. Chi scrive non ambisce a ergersi difensore di Giovanni Paolo II, la cui vita e il cui pontificato furono del tutto trasparenti e improntati all’amorosa sollecitudine verso tutti, a prescindere che fossero cattolici. Un dato di fatto testimoniabile da tantissimi ebrei e persino da Ali Agca. Giovanni Paolo II è un gigante della fede cattolica universale, che comprensibilmente risulta di difficile lettura a chi, intossicato da settarismo, vede un disegno di potere dietro la volontà di quel pontefice di condividere la Shoa con il popolo ebraico. Egli, non per caso, amava ripetere che «ogni uomo, ogni nazione e civiltà hanno un proprio ruolo da svolgere e un proprio posto nel misterioso piano di Dio e nell’universale storia della salvezza» (Enciclica Slavorum apostoli, 2 giugno 1985, n. 19). Minerbi è troppo intelligente per non sapere che, interrompendo il ponte gettato da Giovanni Paolo II, si creano ostacoli insormontabili al paziente ed eroico magistero di Benedetto XVI, calunniato, vilipeso e ostacolato come i suoi predecessori. La provvidenziale tensione della Chiesa cattolica verso il mondo intero, senza confini di sorta, spogliata delle pastoie del potere temporale, assume una forza morale, temuta da quanti, ristretti nella loro visione provinciale prima che nazionalistica, devono poi predicare altrove l’abbattimento dello stato nazione. Al di là di queste sterili polemiche, sembra avviarsi a danno di Giovanni Paolo II una manovra simile a quella che colpì Pio XII: la cancellazione della memoria e delle testimonianze. Un’operazione che può funzionare sul medio periodo, ma che si rivelerà in tutta la sua fragilità, nonostante le speculazioni, i sofismi, quando non i falsi e le fiction che cercano vanamente di cancellare i fatti, i documenti e le testimonianze. Giovanni Paolo II pregò umilmente al muro occidentale di Gerusalemme: «Per il comportamento di quanti nel corso della storia hanno fatto soffrire questi tuoi figli, e chiedendoti perdono vogliamo impegnarci in un’autentica fraternità con il popolo dell’alleanza». Quante volte dovrà chiedere perdono il Papa per essere ricambiato con contumelie e sospetti? Settanta volte sette, raccomandò Gesù, delle cui parole molti ebrei sembrano inconsapevolmente farsi provvidenziale strumento. - di Piero Laporta - segnideitempi -