" Se noi diminuiamo la personalità di Gesù storicamente, dobbiamo poi spiegare da dove sia venuto il cristianesimo".
(....) Una prima traccia la troviamo in Flavio Giuseppe, storico giudeo nato a Gerusalemme verso il 37/39 d.C. Capo della rivolta antiroinana dell'anno 66, sconfitto, decise di passare al nemico, divenendo fedele servitore del comandante romano Vespasiano, futuro imperatore. Flavio Giuseppe mostra di conoscere bene i fatti di cui parla, per averli vissuti in prima persona. Gli studiosi lo accreditano come storico sostanzialmente attendibile.
20. Alla fine del primo secolo scrive le Antichittà giudaiche. In quest'opera troviamo tre riferimenti a Gesù e ai Cristiani:
- il primo tratta della morte onorevole di Giovanni Battista (Antichità giudaiche, XVIII, 116-119);
- il secondo informa della morte di Giacomo, che Flavio Giuseppe qualifica come "fratello di Gesù chiamato il Cristo" (ivi, XX, 200);
- il terzo, il più noto, è conosciuto come "Testimonium Flavianum".
21. Riportiamo il Testimonium Flavianum perché è sommamente importante ai fini del nostro discorso: "Ora, ci fu verso questo tempo Gesù, un uomo sapiente, seppure bisogna chiamarlo uomo: era infatti facitore di opere straordinarie, maestro di uomini che accolgono con piacere la verità. E attirò a sé molti Giudei, e anche molti dei Greci. Costui era il Cristo. E avendo Pilato, per denuncia degli uomini principali fra noi, punito lui di croce, non cessarono coloro che da principio lo avevano amato. Egli infatti comparve loro al terzo giorno nuovamente vivo, avendo già detto i divini profeti queste e migliaia d'altre cose mirabili riguardo a lui. E ancora adesso non è venuta meno la tribù di quelli che, da costui, sono chiamati i Cristiani" (Antichità giudaiche, XVIII, 63-64).
22. Come emerge da questa testimonianza, Flavio Giuseppe, alla fine del primo secolo, sarebbe stato a conoscenza non solo dell'esistenza di Cristo, ma anche dei suoi poteri, della sua funzione messianica e di quello straordinario avvenimento che va sotto il nome di risurrezione dai morti.
23. Tutto questo, in realtà, è apparso eccessivo a molti studiosi, cui non è piaciuto anche il tono elogiativo nei confronti di Gesù; tono che difficilmente un giudeo non cristiano avrebbe usato nei confronti del Nazareno. Ecco perché alcuni storici ritengono che questo passo sia stato interpolato da una ignota mano cristiana prima di giungere a Eusebio di Cesarea, il grande storico della Chiesa del IV secolo, che lo riporta nella sua celeberrima Historia Ecclesiastica (I, II).
24. In ogni caso, pur sfrondando il testo di tutti i toni elogiativi ed apologetici, resta il fatto che Flavio Giuseppe ha sentito parlare di Gesù, dei cristiani e, da storico, ne scrive senza mettere in dubbio la sua esistenza.
25. Ma qualche anno fa, uno studioso ebreo è riuscito a scoprire la probabile versione originale del Testimoniurn Flavianum. Ce ne dà notizia Vittorio Messori: "Nel 1971, una scoperta forse decisiva è venuta dal prof. Shlomo Pinès dell'Università Ebraica di Gerusalemme. Come titolò il suo articolo il 14 febbraio del 1972 il quotidiano International Herald Tribune «Gli ebrei portano le prove dell'esistenza di Gesù». Il prof. Pinès, infatti, notò per primo che del testo su Cristo nelle antichità si possedeva un'altra versione, diversa da quella giudicata inquinata delle edizioni classiche. Quella versione è contenuta in un'opera araba del X secolo, la Storia Universale di Agapio, vescovo di Hierapolis in Siria. Agapio riporta il Testimonium Flavianum senza quelle espressioni di fede che lo facevano rifiutare dagli studiosi. Ora, osserva tra l'altro Pinès, sembra incredibile che un vescovo cristiano abbia minimizzato il testo di Flavio Giuseppe, togliendogli (se c'erano) i termini lusinghieri su Gesù. Inoltre, varie testimonianze di autori antichi (Origene, Girolamo, Michele il Siriano) sembrano confermare che il professore ebreo contemporaneo avrebbe davvero scoperto la versione originale della testimonianza di Flavio. Se è così, dice Pinès, "abbiamo qui la più antica testimonianza scritta, di origine non cristiana, che riguardi Gesù". (...)
Ecco il brano di Flavio Giuseppe, così com'è riportato da Agapio, nella versione dell'Università Ebraica di Gerusalemme: "A quell'epoca viveva un saggio di nome Gesù. La sua condotta era buona, ed era stimato per la sua virtù. Numerosi furono quelli che, tra i Giudei e le altre nazioni, divennero suoi discepoli. Pilato lo condannò ad essere crocifisso e a morire. Ma coloro che erano divenuti suoi discepoli non smisero di seguire il suo insegnamento. Essi raccontarono che era apparso loro tre giorni dopo la sua crocifissione e che era vivo. Forse era il Messia di cui i profeti hanno raccontato tante meraviglie" (VITTORIO MESSORI, Ipotesi su Gesù, XV edizione, SEI, Torino 1977, pp. 238239).
26. Anche in questa versione, purificata dalle interpolazioni dell'ignota mano cristiana, risulta evidente che Flavio Giuseppe non poneva in discussione l'esistenza reale di Gesù. Il dato è di fondamentale importanza, perché ci è offerto da uno storico non cristiano e proviene da un ambiente che, se è certo dell'esistenza di Cristo, non ne accoglie il messaggio: è quindi un ambiente non interessato.
27. Questa testimonianza segna un punto a favore della reale esistenza storica di Cristo. Ve ne sono altre.
28. Due decenni dopo, verso il 112 d.C., il governatore Plinio il Giovane scrive una lettera all'imperatore Traiano. In essa non si parla di Gesù, ma si accenna ai cristiani i quali, in Bitinia (Turchia), regione posta sotto il suo comando, erano "abituati a radunarsi prima del levare del sole, per cantare un carme a Cristo come a un Dio" (Epist., X, 96).
29. Plinio chiede lumi all'imperatore riguardo l'atteggiamento da tenere nei confronti dei cristiani. Sa che, in base alla legge, vanno condannati con l'accusa di empietà, perché rifiutano di credere nella religione ufficiale dell'impero e mancano di rispetto verso l'imperatore. Denuncia, inoltre, che i Cristiani sono in gran numero nelle città e nelle campagne, ma reputa innocue le loro riunioni e sa che con giuramento si obbligano a non commettere furti, a non commettere adulterio, a restituire i prestiti e a non tradire la Fede.
30. La lettera di Plinio all'imperatore Traiano "è la più antica testimonianza pagana sulle assemblee liturgiche dei Cristiani primitivi e sull'Eucaristia" (MARTA SORDI, I cristiani e l'impero romano, Jaka Book, Milano 1984, p. 67).
31. La risposta di Traiano non si fa attendere. Noi la conosciamo ed abbiamo così fra le mani il "più antico documento ufficiale sui rapporti fra il Cristianesimo e lo stato romano" (MARTA SORDI, op cit., p 67). L'imperatore dispone che i Cristiani non devono essere ricercati, ma possono essere perseguitati solo se denunciati da qualcuno purché non anonimo, salvo che, sacrificando agli dei dell'impero, non rinneghino la loro Fede.
32. La lettera di Plinio ci impone qualche riflessione. Nei primi anni del II secolo vi erano Cristiani che si radunavano per rendere gloria a Cristo come a Dio. Se anche l'esistenza di Gesù fosse stata solo una invenzione mitologica, ebbene questa doveva risalire almeno al I secolo, quindi in epoca molto vicina alla vita del Nazareno, quando potevano insorgere molti testimoni in grado di smascherare il pericoloso inganno.
33. Invece di questi non abbiamo notizia e anche Plinio non fa alcun cenno di presunte invenzioni. Al contrario dà per scontato ciò che ai suoi tempi era pacificamente accettato: un certo Gesù era effettivamente esistito qualche decennio prima.
34. Qui dobbiamo registrare un secondo punto a favore della documentata storicità dell'esistenza di Cristo, mentre il cartellino su cui marcare le testimonianze a sfavore segna ancora zero.
35. Cinque anni dopo i fatti sopra ricordati, nel 117, lo storico Tacito scrive nei suoi Annali che Nerone, per evitare sospetti che potevano colpirlo a causa dell'incendio di Roma avvenuto nel 64 d.C., "ne presentò come rei e colpì con supplizi raffinatissimi coloro che il volgo, odiandoli per i loro delitti, chiamava Cristiani. L'autore di questa denominazione, Cristo, sotto l'impero di Tiberio (imperatore dal 14 al 37 d.C.,), era stato condannato al supplizio dal Procuratore Ponzio Pilato; ma, repressa per il momento, l'esiziale superstizione erompeva di nuovo, non solo per la Giudea, origine di quel male, ma anche per l' Urbe, ove da ogni parte confluiscono tutte le cose atroci e vergognose" (Annales, XV 44).
36. Come è facile notare, Tacito aveva nei confronti dei Cristiani e della loro religione una pessima opinione ed un atteggiamento marcatamente ostile. Ma questo non è sufficiente per spingerlo ad accusare i Cristiani di essersi inventati l'esistenza di Cristo. Eppure, niente al pari di questa accusa, se provata, sarebbe valso a screditare defintivamente quella "esiziale superstizione".
37. Ma Tacito ci fornisce anche un dato molto interessante. Stando a lui, che è uno storico, nel 64 a Roma vi era gente che si professava cristiana, dunque seguace di quel Cristo che era morto poco più di 30 anni prima. Nulla ci vieta di pensare che qualcuno della comunità romana, prima di trasferirsi dalla Palestina all'Urbe, abbia conosciuto personalmente Gesù. È questo, tra gli altri, il caso di Simon Pietro. Ma a noi interessa sottolineare che se l'esistenza di Cristo fosse stata inventata, qualcuno a Roma l'avrebbe certamente contestata e a Tacito, di questa falsificazione, ne sarebbe giunta l'eco. Invece, significativamente, non ci dà alcuna notizia di simili contestazioni.
38. Segnamo un terzo punto a favore della esistenza storica di Gesù, ma la nostra ricerca non è ancora giunta al termine.
39. Lo storico Svetonio, verso l'anno 120, ci lascia una indicazione precisa sui Cristiani i quali, a suo dire, e come aveva rilevato Tacito, sotto Nerone furono "sottoposti a supplizi (...), razza di uomini d'una superstizione nuova e malefica" (Nero, 16).
40. Il giudizio di Svetonio sui Cristiani è fortemente negativo ed espresso con tinte di spregevole disprezzo. Egli avrebbe avuto buon gioco a svergognare la loro "superstizione nuova e malefica" se appena avesse saputo che era fondata su un personaggio mitologico, mai esistito. Invece, anche in questo caso, non troviamo accuse di questo genere.
41. Non solo. Egli ci informa che durante l'impero di Claudio (imperatore dal 41 al 54), predecessore di Nerone, furono "espulsi da Roma i Giudei i quali, ad impulso di Cresto, facevano frequenti tumulti" (Claudius, 25). Con tutta probabilità, l'espulsione citata da Svetonio avvenne tra il 49 e il 50 d.C. Tutti gli studiosi concordano nel ritenere che quel "Cresto" altri non sia che il Cristo e Svetonio, conoscendo troppo poco i Cristiani, lo crede presente a Roma.
42. A noi, però, interessa un dato: meno di 20 anni dopo la morte di Cristo, a Roma vi è già una comunità di suoi seguaci. È certamente passato troppo poco tempo per inventare l'esistenza di un Messia senza rischiare di essere scoperti e denunciati.
43. Segnamo un ulteriore punto, il quarto, a favore dell'esistenza storica di Gesù. Nessuna delle testimonianze storiche, non uno dei documenti che ci sono pervenuti, provenienti da ambienti non cristiani dei primissimi decenni dopo la morte di Cristo, contesta l'esistenza di Gesù.
44. Qualche decennio fa è stato scoperto un altro documento. È una lettera che uno storico siriaco, di nome Mara Bar Sarapion, indirizza a suo figlio nell'anno 73 d.C. In questa lettera viene ricordato come i Giudei avrebbero messo a morte il loro "saggio re", dove il riferimento a Gesù, del quale non si fa tuttavia il nome, è comunque di una evidenza lampante.
45. Anche gli avversari accaniti del Cristianesimo non contestano l'esistenza storica di Gesù. Tra questi, merita di essere ricordato un filosofo di nome Celso, vissuto nel Il secolo, autore di scritti polemici contro la nuova religione. Ciò che conosciamo di lui proviene da Origene, che scrisse un'opera per confutarlo (Contra Celsum).
46. Tra il 178 e il 180, Celso mise mano ad uno scritto, forse pubblicato in due libri, fortemente polemico nei confronti del Cristianesimo. Egli mostra di conoscere bene la Bibbia e la letteratura cristiana apologetica dei primi secoli. Parlando dei Cristiani non conosce mezzi termini: li accusa di ignoranza, di fanatismo, di superstizione. Accusa Gesù di essere stato un ciarlatano, in possesso di arti magiche con le quali si spiegherebbero i miracoli che gli vengono accreditati.
47. Per la sua violenza verbale, Celso può essere considerato il Voltaire del Il secolo; tuttavia, nonostante questa avversione, non ha mai messo in dubbio l'esistenza storica di Gesù Cristo.
48. Per attaccare i Cristiani, Celso si serve di tutti gli argomenti a sua disposizione, ma non dell'unico che avrebbe avuto valore ultimamente definitivo: quello di essersi inventati l'esistenza di Cristo. E anche questo dato, che va ad aggiungersi ai precedenti, deve essere tenuto in debita considerazione.
49. Siamo giunti alla fine di questo capitolo. Ogni cattolico non può dubitare che il Cristianesimo è una Religione fondata su un personaggio realmente esistito. Il grosso delle testimonianze storiche sulla vita e le opere di Gesù è contenuto in quattro libretti, i Vangeli. Dovremo rivolgere verso di loro la nostra attenzione e sottoporli a qualche interrogativo per verificare se meritano di essere considerati autentici documenti storici. È quanto faremo nei prossimi capitoli.
- apologetica.altervista.org- Vangelo e storicità. Un dibattito, BUR, Milano 1995 -