ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi di Gennaio 2009

DOMENICA PRIMO FEBBRAIO SI CELEBRA LA GIORNATA PER LA VITA

Post n°1389 pubblicato il 31 Gennaio 2009 da diglilaverita
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DOMENICA 1 FEBBRAIO si celebra la "Giornata per la vita", dedicata ai temi della vita e istituita dalla Chiesa dopo l'approvazione della legge sull'aborto, che in 30 anni, solo in Italia, ha provocato 5 milioni di morti. Come cristiani siamo chiamati a difendere la vita, dal suo concepimento, alla morte naturale.

Nel  Messaggio che sarà letto in tutte le chiese d'Italia  i vescovi  scrivono:

"La vita è fatta per la serenità e la gioia. Purtroppo può accadere, e di fatto accade, che sia segnata dalla sofferenza. Ciò può avvenire per tante cause. Si può soffrire per una malattia che colpisce il corpo o l’anima; per il distacco dalle persone che si amano; per la difficoltà a vivere in pace e con gioia in relazione con gli altri e con se stessi. La sofferenza appartiene al mistero dell’uomo e resta in parte imperscrutabile: solo «per Cristo e in Cristo si illumina l’enigma del dolore e della morte» (GS 22).
Se la sofferenza può essere alleviata, va senz’altro alleviata. In particolare, a chi è malato allo stadio terminale o è affetto da patologie particolarmente dolorose, vanno applicate con umanità e sapienza tutte le cure oggi possibili.
Chi soffre, poi, non va mai lasciato solo. L’amicizia, la compagnia, l’affetto sincero e solidale possono fare molto per rendere più sopportabile una condizione di sofferenza. Il nostro appello si rivolge in particolare ai parenti e agli amici dei sofferenti, a quanti si dedicano al volontariato, a chi in passato è stato egli stesso sofferente e sa che cosa significhi avere accanto qualcuno che fa compagnia, incoraggia e dà fiducia. A soffrire, oggi, sono spesso molti anziani, dei quali i parenti più prossimi, per motivi di lavoro e di distanza o perché non possono assumere l’onere di un’assistenza continua, non sono in grado di prendersi adeguatamente cura. Accanto a loro, con competenza e dedizione, vi sono spesso persone giunte dall’estero. In molti casi il loro impegno è encomiabile e va oltre il semplice dovere professionale: a loro e a tutti quanti si spendono in questo servizio, vanno la nostra stima e il nostro apprezzamento.
Talune donne, spesso provate da un’esistenza infelice, vedono in una gravidanza inattesa esiti di insopportabile sofferenza. Quando la risposta è l’aborto, viene generata ulteriore sofferenza, che non solo distrugge la creatura che custodiscono in seno, ma provoca anche in loro un trauma, destinato a lasciare una ferita perenne. In realtà, al dolore non si risponde con altro dolore: anche in questo caso esistono soluzioni positive e aperte alla vita, come dimostra la lunga, generosa e lodevole esperienza promossa dall’associazionismo cattolico.
C’è, poi, chi vorrebbe rispondere a stati permanenti di sofferenza, reali o asseriti, reclamando forme più o meno esplicite di eutanasia. Vogliamo ribadire con serenità, ma anche con chiarezza, che si tratta di risposte false: la vita umana è un bene inviolabile e indisponibile, e non può mai essere legittimato e favorito l’abbandono delle cure, come pure ovviamente l’accanimento terapeutico, quando vengono meno ragionevoli prospettive di guarigione. La strada da percorrere è quella della ricerca, che ci spinge a moltiplicare gli sforzi per combattere e vincere le patologie – anche le più difficili – e a non abbandonare mai la speranza.
La via della sofferenza si fa meno impervia se diventiamo consapevoli che è Cristo, il solo giusto, a portare la sofferenza con noi. È un cammino impegnativo, che si fa praticabile se è sorretto e illuminato dalla fede: ciascuno di noi, quando è nella prova, può dire con San Paolo «sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne» (Col 1,24).
Quando il peso della vita ci appare intollerabile, viene in nostro soccorso la virtù della fortezza. È la virtù di chi non si abbandona allo sconforto: confida negli amici; dà alla propria vita un obiettivo e lo persegue con tenacia. È sorretta e consolidata da Gesù Cristo, sofferente sulla croce, a tu per tu con il mistero del dolore e della morte. Il suo trionfo il terzo giorno, nella risurrezione, ci dimostra che nessuna sofferenza, per quanto grave, può prevalere sulla forza dell’amore e della vita".

SI ALLA VITA, NO ALL'ABORTO,ALL'EUTANASIA, ALLA CULTURA DI MORTE


 
 
 

IL MERCATO DEGLI ORGANI: BUCO NERO DELLA GLOBALIZZAZIONE

Post n°1387 pubblicato il 31 Gennaio 2009 da diglilaverita
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Alla divisione del mondo in venditori e compratori siamo abituati da decenni, consumisti fin dentro al midollo. Ma è a quella tra venditori e compratori di pezzi di corpi umani che Nancy Scheper-Hughes – antropologa e fondatrice di ‘Organs Watch’, la più grande organizzazione mondiale fondata in California nel 1999 al puro scopo di tenere monitorata questa particolare fetta di mercato – costantemente ci spinge a riflettere. Divisione naturale tra le aree di benessere e quelle di povertà estrema, tra le zone di pace e democrazia e quelle di guerra e dittatura del pianeta. “Parte del lavoro è eliminare l’idea che si tratti di leggende” continua dal sito della sua organizzazione la Scheper-Hughes – unica antropologa a far parte della ‘Bellagio Task Force’, gruppo di ricerca formato da chirurghi dei trapianti, specialisti dell’acquisizione di organi e attivisti per i diritti umani, che si occupa di esaminare gli effetti prodotti dal traffico di organi umani nel mondo – “così, dopo aver parlato con molti chirurghi statunitensi, ho deciso di cominciare a seguire il percorso reale dei corpi destinati ai traffici”. La risposta chiara a questa provocazione è fornita a distanza da Alice Mobota, presidente della ‘Lega dei Diritti Umani’ del Mozambico: “La lentezza e l’indifferenza del governo e della polizia sono una prova chiara della potenza dell’organizzazione che gestisce il traffico, e degli interessi che lo collegano a persone infiltrate nel Governo”. Persino il Pontefice, nei giorni scorsi, si è riferito a quello che sta diventando un fenomeno sempre più esposto come a un “atto abominevole e moralmente illecito, che per di più spesso tocca i bambini”. Il fenomeno è molto più esteso di quanto si possa immaginare. Le cifre uscite dal Vienna Forum To Fight Human Trafficking dell’ONU conclusosi il 15 febbraio 2008 sono spaventose. I Paesi coinvolti nel puro traffico di organi – che rientra nel più esteso traffico di individui a scopo di schiavitù, adozione o prostituzione – sono moltissimi. I venditori, a buon mercato, sono: la Cina, il Brasile l’Argentina, la Colombia, il Messico, il Mozambico, il Sud Africa, l’Afganistan, l’Iraq, la Palestina, l’India, il Nepal, il Pakistan, la Thailandia, le Filippine, il Laos, il Vietnam, la Russia. Per venire più vicini a noi, i centri di smistamento si trovano in Turchia, in Repubblica Ceca, nel Caucaso, in Georgia, e smerciano organi umani provenienti da Moldavia, Turchia, Russia, Ucraina, Bielorussia, Romania, Bosnia, Kosovo, Macedonia, Albania. I Paesi compratori, che, almeno in questo, non dimostrano grande capacità contrattuale, date le cifre a cui gli ospedali vendono il pacchetto organo-trapianto, sono: Stati Uniti, Inghilterra, Belgio, Francia, Italia, Germania, Olanda, Austria, Danimarca, Spagna, Polonia, Svezia, Norvegia, Finlandia, Israele, Sud Africa, Emirati Arabi. Un rene in Turchia frutta a chi se lo fa espiantare 2700 dollari. Poco più di un terzo di questa cifra se il donatore viene, invece, da India o Iraq. Lo stesso organo viene impiantato anche per 150mila dollari, a seconda dell’urgenza e della liquidità del paziente. È a tutti gli effetti, quindi, un fenomeno globale, aiutato da ottime strutture ospedaliere private situate anche nei Paesi più poveri – e aperte, in linea di massima, solo agli occidentali – dalla ormai più che provata efficacia dei farmaci antirigetto e da una domanda vastissima. Non parrebbe sbagliato, dunque, estendere la tanto sfruttata formula di “fuga di cervelli” anche a quella di reni, muscoli cardiaci, cornee, polmoni, fegati, ossa, tendini. Tenendo salva l’attenuante della non-volontarietà.
La divisione “naturale” tra venditori e compratori a cui si riferiva Nancy Scheper-Hughes si può anche illustrare con le cifre pubblicate dal Forum di Vienna dell’ONU: nelle zone del sud del mondo 13 milioni di bambini minori di 5 anni muoiono ogni anno per fame o malnutrizione, mentre si calcola che, ogni sera, più di 200 milioni rimangano a stomaco vuoto. 121 milioni di bambini vengono privati dell’istruzione di base poiché nei loro Paesi non vige l’obbligo della scuola gratuita e accessibile a tutti. Esistono poi i cosiddetti “piccoli soldati”, impegnati nei tanti conflitti bellici del mondo: 300mila sono minori di 18 anni. Il risultato: negli ultimi dieci anni sono morti in guerra oltre 2 milioni di bambini e più di 6 milioni sono rimasti invalidi. Sono invece 211 i milioni di bambini-lavoratori in stato di schiavitù. Poi ancora il giro di prostituzione, soprattutto di minorenni, che in paesi orientali come la Thailandia in passato ha coperto il 10-15% del Pil. Stando a uno studio del governo degli USA citato dagli atti del Forum di Vienna, 800mila persone, ogni anno, sono oggetto di traffici internazionali e intercontinentali (per schiavitù, prostituzione, adozione, smercio di organi umani). È solo in questa coltura fertile che può trovare linfa il redditizio business degli organi, il lato più nero e innominabile della globalizzazione. “Ancora non possiamo dire i numeri precisi legati al traffico di organi umani” continua la Scheper-Hughes “ma una stima ottimistica potrebbe aggirarsi attorno ai 15mila reni commerciati all’anno, e anche per gli altri organi le proporzioni sono mantenute. E la maggior parte delle vittime è costretta dal bisogno, più che dalla forza. E poi ci sono i casi di omicidio a scopo di espianto, per quanto riguarda cuori e polmoni, e i centri più interessati sono Brasile, Pakistan e Filippine.”
Solo in Europa ci sono attualmente 120mila pazienti in dialisi e circa 40mila in attesa di un trapianto di reni, stando a un recente reportage del Parlamento Europeo. Lo stesso documento parla di liste d’attesa di 3 anni, che diventerebbero 10 entro il 2015, portando ad aumentare quindi anche il numero dei decessi. Un vecchio adagio recita che ovunque ci sia domanda c’è mercato, e quindi business. -  Giuseppe Catozzella -scrittinediti-

 
 
 

TRAFFICO DI ORGANI UMANI NON SOLO IN ITALIA MA SOPRATTUTTO NEL MONDO

Post n°1386 pubblicato il 31 Gennaio 2009 da diglilaverita
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Il 29 gennaio 2009 le agenzie battono la notizia che secondo il ministro Maroni c’è il fondato sospetto che in Italia ci sia un traffico d’organi di minori. A lanciare l`allarme è stato il ministro  in occasione dell`assemblea dell`Unicef. "Abbiamo delle evidenze di traffici di organi di minori che sono presenti e sono stati rintracciati in Italia", ha detto il titolare del Viminale che ha poi successivamente precisato che le «evidenze» del traffico di organi di minori derivano dall`analisi incrociata dei dati sui ragazzi extracomunitari scomparsi dopo esser arrivati a Lampedusa e le segnalazioni relative al traffico d`organi inviate dai paesi d`origine alla polizia italiana tramite Interpol. Segnali del traffico, ha precisato il ministro, sono presenti «negli esposti provenienti da diversi paesi del mondo che nel corso degli anni, e anche nel 2008, sono stati portati all`attenzione della polizia italiana, che ha iniziato un`attività di indagine». In evidenza anche il dato dei bambini extracomunitari scomparsi sul territorio italiano. Nel solo 2008, spiega Maroni, «su 1.320 minori approdati a Lampedusa l`anno scorso, ovviamente portati da qualcuno, circa 400 sono spariti. Di loro non abbiamo più notizie".
Il paradosso però è che lo scandalo e il clamore arrivi solo quando una voce autorevole dichiara che questo turpe traffico avvenga anche in Italia, mentre ogni coscienza dovrebbe urlare sapendo che da anni è noto che questo traffico avviene già in altri paesi. Inchieste giornalistiche anche recentisi sono interessate di questo; su Google il numero dei siti che cita “traffico di organi” è oggi circa 29300 ed è in crescita. Dunque che questo traffico esiste si sa, e si sapeva già da tempo. Ora non vorrei che tutto questo scalpore, questo arrabbiarsi e scandalizzarsi e preoccuparsi, si manifesti solo perché il marcio fetido e bestiale commercio potrebbe aver inquinato anche la nostra aria. Anche questo sarebbe uno scandalo, e denuncerebbe un provincialismo che non meritiamo, provincialismo non tanto degli italiani (29 mila siti su Google citano “traffico di organi“ in italiano, dunque gli italiani ne parlano molto) quanto della cosiddetta opinione pubblica, che spesso viene confusa con la opinione “del” pubblico. E’ giusto, ovviamente, vegliare perché sul territorio nazionale non avvengano questi crimini, ma ognuno dovrebbe indignarsi e agire, e urlare come può il proprio sdegno, anche se i reni vengono prelevati in India e reimpiantati in Nepal. Parafrasando una frase di Benedetto XVI di questi giorni, il male fatto ad un bambino in qualunque punto della terra è un male fatto a tutti i bambini, in ogni parte della terra. Riflettere, denunciare, e urlare il proprio sdegno è spesso l’unica cosa che si possa fare, in questi casi, ma facciamolo, tutti, ogni giorno, con tutte le energie che possiamo mettere in campo. A qualcosa servirà di sicuro. Facciamolo anche se domani si dovesse appurare che in Italia nessun organo è stato mai espiantato e re-impiantato illegalmente. Facciamolo, anche se a morire non sono i nostri bambini, ma i bambini di un altro mondo.

 
 
 

DON BOSCO I GIOVANI E IL VERO AMORE....

Post n°1385 pubblicato il 31 Gennaio 2009 da diglilaverita
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Nei giorni scorsi mi è capitato di imbattermi, su un blog di internet, in un diario virtuale che diceva così: «Oggi piove e il cielo è grigio… come il mio cuore; oggi vorrei aver la forza di risorgere come ha fatto l’alba questa mattina, ma non ho motivi per alzarmi da questo letto. Il motore della mia vita ha fatto pochi chilometri ma è già stanco… Solo un innamoramento può cambiarmi». Mi hanno colpito le parole finali di queste righe perché anch’io nella mia vita ho fatto la stessa esperienza. Solo quando ci si innamora può cambiare una vita che ha preso una piega sbagliata. Vi è mai successo di innamoravi di qualcuno? Il cuore, batte il pensiero è sempre rivolto alla persona di cui ci si è innamorati, le fatiche diventano lievi e un senso di onnipotenza ci prende. Ma soprattutto le giornate di un innamorato sono piene di sole anche se fuori piove perché l’innamorato è colui che ha trovato un senso alla sua vita, un motivo per vivere più forte di qualsiasi difficoltà. Quando si ama davvero la vita si illumina e tutto ci sembra più semplice perché siamo fatti per amare e per essere amati. Don Bosco è questo che ha voluto trasmettere ai suoi ragazzi, ha voluto far capire loro che la felicità è un problema di innamoramento. Ha un motivo per vivere solo chi ha qualcuno da amare. Ha un motivo per vivere solo chi ha qualcuno che gli dice “Ti voglio bene”. Le persone tristi quindi sono quelle a cui nessuno dice “Ti voglio bene”. Don Bosco capì benissimo questo a tal punto che disse, riguardo i ragazzi che stavano in carcere: “Se questi giovani avessero un amico che si prende cura di loro…”, ovvero qualcuno che voglia loro bene, “questi giovani cambierebbero e non finirebbero più in carcere”. Questa è stata la grandezza di don Bosco: far sentire i giovani amati perché colui che è amato fa pazzie per la persona che lo ama. Don Bosco ci tenne a dire che il primo che ama in modo folle è Dio… sì, proprio Dio, quel Dio che a volte bestemmiamo e altre volte semplicemente mettiamo da parte o che tiriamo in ballo solo quando ci comoda. Dio è colui che ama in modo esagerato anche quando noi gli puntiamo il dito contro o quando ce la prendiamo con lui. Ricorda… che dove c’è l’amore c’è anche Dio e che mettere da parte Dio significa spazzare dalla propria vita l’esperienza dell’amore. Un giorno una persona mi ha detto “Ti voglio bene”. E poi ha aggiunto: “Ti voglio così bene che se un giorno ci sarà bisogno sono disposto a dare la vita per te”. Non credevo alle mie orecchie… In quel momento mi sono sentito la persona più fortunata del mondo! E lo sono davvero perché so che nella mia vita c’è almeno una persona che mi vuol così bene che è disposta a dare la vita per me! È una cosa pazzesca se ci pensate…
E tu… hai qualcuno che ti vuole bene fino a questo punto? Gli amici, quelli veri, sono coloro che sono disposti a questo. E anche tu sei un amico vero se sei disposto a dare la vita… Volersi bene non è tanto guardarsi negli occhi davanti ad una birra fresca in un bar o fare qualche cavolata assieme, ma essere disposti a fare pazzie per la persona che si ama, quelle stesse pazzie che un innamorato compie senza pensarci tanto…
Siamo fatti per amare così come ama Dio. Una volta mi è capitato di trovare un bigliettino per terra in una Chiesa in cui c’era scritto “Vorrei volerti bene così come ti ama Dio”. Era un bigliettino che un ragazza scriveva al suo ragazzo. È bello desiderare di amare così.
Oggi don Bosco vi direbbe: «Non fatevi rubare il cuore. Non fatevi rubare il vostro desiderio di amare a tutti i costi, non fatevi rubare il desiderio di avere delle amicizie vere, non fatevi rubare la vostra voglia di fare della vostra vita qualcosa di unico e bello, qualcosa di grande. Ascolta quel grido che c’è dentro di te e che ti dice: “Voglio vivere davvero”». Siamo fatti per la vita, per dare la vita. Così come ha fatto don Bosco. Sei fatto per coltivare e realizzare sogni grandi. Ascolta i desideri del tuo cuore, quelli veri, quelli belli… Non farti rubare la tua capacità di sognare. Anche don Bosco ha sognato, ma soprattutto ha creduto che i sogni potevano divenire realtà.
Don Bosco ha sognato una casa per i ragazzi che non avevano casa… e quel sogno è diventato realtà! Don Bosco ha sognato delle famiglie per i ragazzi che non avevano famiglia… e quel sogno è diventato realtà! Don Bosco ha sognato un lavoro per i giovani che non ce l’avevano… e quel sogno è diventato realtà! Don Bosco ha sognato delle scuole per i giovani che non avevano possibilità di andare a scuola… e quel sogno è diventato realtà!
E tu che cosa sogni? Quali sono i sogni nel cassetto della tua vita, quelli che solo tu sai? Forse dovremmo sognare che le guerre finiscano, dovremmo sognare che i giovani che non trovano un senso alla loro vita lo trovino, dovremmo sognare giustizia per tutti, dovremmo sognare di aiutare chi vede violati i propri diritti umani… Insomma, dovremmo sognare di divenire persone capaci di amare sul serio, persone capaci di sporcarsi le mani… Dovremmo sognare l’amore, l’amore della nostra vita.
Don Bosco disse che ogni giovane è capace di grandi cose e che in tutti c’è un punto positivo su cui far leva. Se don Bosco oggi ti apparisse dinanzi ti direbbe che in te ci sono grandi possibilità, grandi capacità. In tutti, in tutti voi c’è la qualità necessaria per divenire unici e capaci di cose uniche. Tutti voi siete degni di essere amati, tutti voi valete più di ogni altra cosa. Non accontentarti di una vita che non prende il volo, non accontentarti di essere come tutti, non accontentarti di avere tante cose perché non sono queste che rendono felici, non accontentarti di dire “Sono arrivato nella vita” ma impara piuttosto a distinguere ciò che conta da ciò che non conta, il bene dal male, il buio dalla luce. La vita infatti è come un automobile. Alcuni pezzi, come il motore, sono indispensabili, altri sono degli optional. E come l’automobile, la vita funziona solo se ci metti il carburante giusto. Don Bosco è un santo perché ha vissuto da innamorato cioè con passione per i giovani e la gente povera, dedito agli immigrati del tempo e alle famiglie povere. Chiedi oggi a don Bosco che ti aiuti a distinguere ciò che è essenziale da ciò che nella vita non serve perché nella vita sono poche le cose che contano davvero. E quelle che contano sono quelle che ti innamorano per sempre.
 - Spiritualità Giovanile Salesiana -




 

 
 
 

31 GENNAIO MEMORIA LITURGICA DI SAN GIOVANNI BOSCO

Post n°1384 pubblicato il 31 Gennaio 2009 da diglilaverita
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Don Bosco nasce quando ancora non sono passati trent'anni dalla Rivoluzione francese, l'anno stesso in cui, con il congresso di Vienna, tramonta il mito napoleonico (1815). Già in tutto il secolo precedente (il cosiddetto «secolo dei lumi») la fede ha subito attacchi e irrisioni con una programmata offensiva condotta in nome di una ragione divinizzata che pretende di lottare contro tutto ciò che chiama «superstizione». Nel secolo XIX l'attacco è ormai mescolato, in modo spesso assai intricato, con le questioni sociali e con le questioni nazionali. Non è possibile, nemmeno lontanamente, descrivere il tempo di don Bosco: tempo di prima industrializzazione, di moti risorgimentali, di restaurazioni e di rivoluzioni; in ogni caso di turbamenti per noi inimmaginabili. Per facilitare soprattutto i più giovani, possiamo accostate il nome di don Bosco a quello dei suoi contemporanei più prestigiosi. Quando muore Hegel, il filosofo dell'idealismo, don Bosco ha 16 anni. In Italia quando don Bosco nasce, Foscolo ha 37 anni, Manzoni ha 30 anni, Leopardi 17, Mazzini 10, Garibaldi 8. Pio IX, Leone XIII, Vittorio Emanuele II, Cavour, Rattazzi, Crispi, Rosmini gli sono amici.
Lo stesso anno in cui don Bosco muore, nella stessa città, a Torino, Nietzsche viene definitivamente colto da follia.
Il letterato più celebre che incontrò - in due colloqui segreti a Parigi, convertendolo, secondo la testimonianza di don Bosco stesso - fu Victor Hugo. Ma non c'è dubbio che il mondo in cui don Bosco visse era esattamente quello che veniva agitato da tutto questo insieme di influssi. In esso don Bosco fece le sue scelte, coltivò certe idee e ne rifiutò altre, a volte assunse acriticamente certe impostazioni del suo tempo. Sarebbe assurdo immaginarlo diversamente. In tutto questo ribollire di persone, avvenimenti, idee, progetti, restaurazioni e rivoluzioni - tempo in cui la Chiesa è stata considerata qualche volta alleata e più spesso nemica da opprimere, e in cui l'anticlericalismo ha toccato punte inverosimili – si nota tuttavia un fenomeno diverso che già allora fece piegare il capo anche ai nemici: la santità. Una santità abbondante molteplice quella soprattutto dei cosiddetti "evangelizzatori dei poveri"; una santità trasferita nel bel mezzo di una città in rapida evoluzione, una santità che si trascina appresso un flusso travolgente di esperienze e fenomeni soprannaturali. Si può prendere un episodio della vita di don Bosco e passarlo al microscopio trovando una documentazione non del tutto perfetta. In compenso ce ne sono subito presenti altri mille sostenuti da decine e decine di testimonianze d'ogni genere. Prendiamo, ad esempio, come punto di riferimento quel 1848 che passò alla storia come l'anno dei grandi turbamenti, l'anno della prima guerra d'indipendenza. A Torino il seminario si svuota. Più di 80 chierici, in reazione all'arcivescovo, durante la Messa di Natale, si sono schierati nel presbiterio del Duomo con la coccarda tricolore sul petto e, allo stesso modo hanno partecipato ai festeggiamenti per lo Statuto. L'anno successivo l'arcivescovo è arrestato e imprigionato. In città si scatenano le bande anticlericali che assaltano i conventi. I preti si dividono in preti patrioti e preti reazionari. Il governo intanto prepara una legge per sopprimere tutti i conventi. La legge, che sopprimerà 331 case religiose per un totale di 4.540 religiosi, verrà firmata nel 1855. Sono solo alcuni gravi episodi tra mille altri; eppure in quegli stessi anni a Torino vivono e operano contemporaneamente - amici e collaboratori tra loro - san Giovanni Bosco, san Giuseppe Cafasso (il prete dei carcerati e dei condannati a morte, che dirige spiritualmente san Giovanni Bosco), san Giuseppe Benedetto Cottolengo (il prete dei malati incurabili che diceva d'essere il "manovale della Provvidenza"). Per un certo tempo don Bosco gli dà una mano, poi seguirà la sua strada. Il Cottolengo un giorno gli prende tra le dita un lembo della veste e gli dice profeticamente: «E' troppo leggera. Procuratevi una veste più resistente perché molti ragazzi si appenderanno a questo abito». C'è poi una ragazza di vent'anni più giovane di don Bosco. Costui la incontra nel 1864: diverrà la fondatrice delle Figlie di Maria Ausiliatrice: Santa Maria Mazzarello. Nel 1854 entra nell'oratorio di don Bosco un ragazzo di una rara profondità interiore. E l'anno della proclamazione dell' Immacolata: quel bambino è innamorato di questo mistero mariano. Diventa santo a 15 anni: Domenico Savio. Un altro ragazzino diventerà successore di don Bosco, anche lui proclamato beato da poco: Beato Michele Rua. Un altro ancora, che passa all'oratorio 3 anni («la stagione felice della mia vita», quando sa che don Bosco è in fin di vita ha allora 16 anni), offre a Dio in cambio la sua giovane esistenza. Diventerà il Beato Luigi Orione, anch'egli fondatore di una congregazione per bambini poveri (è quel prete di cui parlò Silone in un suo celebre racconto autobiografico). Dirà di don Bosco: «Camminerei sui carboni ardenti per vederlo ancora una volta e dirgli grazie».
Un altro giovane prete, don Federico Albert, predica i primi esercizi spirituali a una cinquantina di ragazzi, tra i quali don Bosco vuol scegliere i suoi collaboratori. Oggi anche quel predicatore è un «Beato». Sono già otto santi ufficialmente riconosciuti dalla Chiesa (per non dire di decine d'altri rimasti anonimi) che si incontrano e si parlano e si capiscono come l'amico incontra l'amico. E attorno a loro che il soprannaturale si ramifica con manifestazioni innumerevoli e commoventi, come se Dio intendesse mostrare - mentre la Chiesa soffre per i peccati suoi e altrui e si dibatte in problemi intricatissimi - il sangue vivo e caldo che scorre nel suo corpo ecclesiale e lo Spirito che l'anima dentro la sua corporea pesantezza. Nella vita di don Bosco s'incontra ogni tipo di fenomeni miracolosi: sogni profetici, visioni, bilocazioni, capacità di intuire i segreti dell'anima, moltiplicazioni di pani e di cibo e di ostie, guarigioni, perfino risurrezioni di morti. Ricorderò solo due episodi che ebbero una gran risonanza per il loro riflesso pubblico nella società del tempo il primo episodio è non solo triste, ma terribile. Quando il re è indeciso se firmare la legge di soppressione dì tutti i conventi - legge che gli attirerà la scomunica da parte della Santa Sede - don Bosco «sogna» che un valletto di corte gli annuncia: «Grandi funerali a corte». Ne parla a tutti i suoi collaboratori. Scrive una lettera al re per avvertirlo "che pensasse a regolarsi in modo da schivare i minacciati castighi, e dl impedire a qualunque costo quella legge".
Questa la successione dei fatti. L'avvertimento di don Bosco e del dicembre del 1851. Il 12 gennaio 1855 muore la Regina Madre, Maria Teresa, a 54 anni. Il 20 gennaio muore la Regina Maria Adelaide, moglie del re, a 33 anni. L'11 febbraio muore il fratello del re, principe Ferdinando di Savoia, a 33 anni. Il 17 maggio muore l'ultimo figlio del re, di appena 4 mesi. Il re è furioso con don Bosco. Il 29 maggio, consigliato perfino da alcuni preti, firma comunque la legge.
Ognuno giudichi come vuole, ma i contemporanei restarono allibiti.
L'altro episodio è invece commovente: nell'estate 1854 a Torino scoppia il colera che ha il suo epicentro a Borgo Dora, dove si ammassano gli immigrati, a due passi dall'oratorio di don Bosco. A. Genova ha già fatto 3.000 vittime In un solo mese, a Torino, 800 colpiti e 500 morti. Il sindaco rivolge un appello alla città, ma non si trovano volontari per assistere i malati né per trasportarli al lazzaretto. Tutti sono presi dal panico. Il giorno della Madonna della Neve (5 agosto) don Bosco raduna i suoi ragazzi e promette: «Se voi vi mettete tutti in grazia di Dio e non commettete nessun peccato mortale, io vi assicuro che nessuno di voi sarà colpito dalla peste» e chiede loro di dedicarsi all'assistenza degli appestati. Tre squadre: i grandi a servire nel Lazzaretto e nelle case, i meno grandi a raccogliere i moribondi nelle strade e i malati abbandonati nelle case. I piccoli in casa disposti alle chiamate di pronto intervento. Ognuno con una bottiglietta di aceto per lavarsi le mani dopo aver toccato i malati. La città, le autorità, anche se anticlericali, sono sbalordite e affascinate. L'emergenza finisce il 21 novembre. Tra agosto e novembre a Torino ci sono stati 2.500 appestati e 1.400 morti. Nessuno dei ragazzi di don Bosco si ammalò.
Sono solo due episodi utili a far percepire qualcosa del clima in cui viveva don Bosco e in cui vivevano, come in qualcosa di palpabile, i ragazzi e i collaboratori che stavano con lui, attratti non dalla sua magia, ma dalla sua familiarità con Dio. Questa è la spiegazione cattolica. Chi la nega per principio, poi deve necessariamente accumulare mille e una spiegazione alternativa. Quando nel 1884 don Bosco venne intervistato da un reporter del Journal de Rome (è il primo santo della storia che sia stato sottoposto a questa tecnica giornalistica inventata nel 1859 da un americano), gli verranno poste, tra le altre, queste domande:

D Per quale miracolo lei ha potuto fondare tante case in tanti paesi del mondo?

R Ho potuto fare più di quello che speravo, ma il come non lo so neppure io. La Santa Vergine, che sa i bisogni dei nostri tempi, ci aiuta...

D Permetta un'indiscrezione: di miracoli ne ha fatti?

R Io non ho mai pensato ad altro che a fare il mio dovere. Ho pregato e ho confidato nella Madonna...

D Che cosa pensa delle condizioni attuali della Chiesa in Europa, in Italia, e del suo avvenire?

R Io non sono un profeta. Lo siete invece tutti voi giornalisti. Quindi è a voi che bisognerebbe domandare che cosa accadrà. Nessun,o eccetto Dio, conosce l'avvenire. Tuttavia, umanamente parlando, c'è da credere che l'avvenire sia grave. Le mie previsioni sono molto tristi, ma non temo nulla. Dio salverà sempre la sua Chiesa, e la Madonna, che visibilmente protegge il mondo contemporaneo, saprà far sorgere dei redentori.

Nel 1883 andò a trovarlo un pretino lombardo, incuriosito di ciò che sentiva dire di lui. Diventerà Papa Pio XI, colui che proclamerà «Santo» don Bosco. Dovette aspettare, perché don Bosco aveva radunato i direttori delle sue case e parlava con loro. Intanto il pretino osservava. Quasi cinquant'anni dopo - ormai Papa - raccontava così quel!' incontro: « C'era gente che veniva da tutte le parti, chi con una difficoltà chi con un'altra. Ed egli in piedi come se fosse una cosa di un momento, sentiva tutto, afferrava tutto, rispondeva a tutto. Un uomo che era attento a tutto quello che accadeva attorno a lui e nello stesso tempo si sarebbe detto che non badava a niente, che il suo pensiero fosse altrove. Ed era veramente così: era altrove, era con Dio. E aveva la parola esatta per tutti, così da meravigliare. Questa la vita di santità, di assidua preghiera che don Bosco conduceva tra le occupazioni continue e implacabili». Ma questa era appunto una capacità educativa - su di sé e sugli altri - divenuta ormai santità.
Negli ultimi mesi si trascinava a fatica: «Dove andiamo, don Bosco?» gli dicevano. Rispondeva: «Andiamo in Paradiso». Fu proclamato Santo alla chiusura dell'anno della Redenzione, il giorno di Pasqua del 1934. E fu il primo Santo della storia per il quale, il giorno dopo la canonizzazione, anche la Stato tenne una celebrazione in Campidoglio con discorso del ministro della Pubblica Istruzione. Era anche questo un riconoscimento di come ormai don Bosco appartenesse a tutti. Tratto da: “Ritratti Di Santi” di Antonio Sicari

 
 
 
 
 

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Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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