ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi di Giugno 2009

RUANDA LA GUERRA SPORCA DEI MEDIA

Post n°2032 pubblicato il 30 Giugno 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

In una mano il machete, nell’altra una radio a pile. È andata così in Ruanda. Almeno 937 mila persone trucidate nella mattanza dei cento giorni. Con la radio statale a fare da colonna sonora di un genocidio che l’Occidente non voleva vedere. «Senza armi da fuoco, machete o altri oggetti, voi avete provocato la morte di migliaia di civili innocenti». Così l’allora giudice Navanathem Pilay introdusse il verdetto nel processo internazionale ai mass-media ruandesi, per la prima volta nella storia riconosciuti colpevoli di genocidio al pari degli organizzatori e degli esecutori materiali dell’olocausto africano.
«Sfruttando i media (soprattutto la radio, in un Paese dove circa 66 per cento della popolazione era analfabeta e viveva nelle zone rurali, in cui nessun altro mezzo d’informazione poteva arrivare facilmente), i responsabili del genocidio poterono rendere la carneficina una cosa di cui parlare senza vergogna». L’osservazione è dello studioso camerunense Fonju Ndemesah Fausta, che ha appena pubblicato in Italia La radio e il machete. Il ruolo dei media nel genocidio in Ruanda (Infinito edizioni, pp. 144). «Servendosi della lingua parlata in tutto il Paese, il Kinyarwanda, e abusando del grande rispetto che i ruandesi avevano per le informazioni date dalle radio importanti, i genocidari – spiega Ndemesah Fausta – produssero un mondo dove il pensiero genocidario era la norma, sia per le vittime che per gli assassini».
Nel 1994 il sistema informativo contava l’emittente governativa Radio Rwanda e nove periodici. Unica voce libera erano erano i giornali della Chiesa cattolica, Kinyamateka e Dialogue, diretti dai Padri bianchi. Era dal 1980 che padre Sylvio Sindambiwe, direttore del mensile Kinyamateka, criticava la politica del governo. Seguirono pressioni e minacce. Non tutti nella Chiesa gli stettero a fianco. Il 28 dicembre 1985 Sindambiwe lasciò l’incarico. Due anni dopo morì in un mai chiarito incidente. Le battaglie dei giornalisti cattolici però non si fermarono. Furono proprio i redattori di Kinyamateka a captare per primi le voci dell’odio. «Nell’ottobre 1988 André Sibomana, laureato in giornalismo all’Università Cattolica di Lione, fu nominato direttore.
Approfittando della protezione della Chiesa cattolica – ricostruisce Fonju Ndemesah Fausta –, iniziò a criticare aspramente la politica del governo chiedendo più libertà». Poco dopo fu arrestato insieme ad altri tre giornalisti, liberati solo in seguito alle forti pressioni internazionali. Fu allora che nacque il giornale filogovernativo Kangura. Le intenzioni furono chiare da subito: «La voce che cerca di risvegliare e guidare il popolo maggioritario», c’era scritto sotto alla testata. Il «popolo maggioritario » era l’etnia hutu. Nel suo numero dell’inizio di dicembre 1990 Kangura pubblicò «I dieci comandamenti degli hutu». Il primo: «I tutsi hanno sete di sangue e di potere. Vogliono imporre la loro egemonia sulla gente del Rwanda con cannoni e spade».
E l’ultimo: «Gli hutu non devono più avere pietà dei tutsi». Quattro anni dopo accadrà davvero. Intanto i seminatori di rancore decisero di compiere il passo decisivo. L’apertura di una radio che parlasse il dialetto locale. Diventerà l’oracolo della distruzione. «I giornalisti della Rtlm – spiega il ricercatore camerunense – sapendo che la maggioranza dei ruandesi era cattolica, caricarono i loro messaggi di simboli della religione cristiana». Parlavano dei tutsi come di «fratelli che non hanno imparato a costruire, che non capiscono altro che la distruzione». E poi citazioni bibliche strumentalizzate per colpire i nemici. Lo sterminio, secondo l’Onu fu «programmato » e accuratamente preparato da un gruppo organizzato di estremisti dell’etnia bantu degli hutu. Il segnale di avvio fu l’attentato del 6 aprile 1994 contro l’aereo su cui viaggiavano l’allora presidente ruandese, Juvenal Habyarimana e il suo omologo burundese Cyprien Ntaryamira. Meno di trenta minuti dopo, e prima ancora che il presidente Habyarimana – considerato dagli estremisti un hutu moderato – fosse morto si scatenarono i massacri. In soli cento giorni furono uccise, secondo le autorità locali, quasi un milione di persone.
Le milizie hutu diventarono autentiche macchine da guerra. Perpetrarono in tutto il Paese razzie, stupri e massacri sistematici. La comunità internazionale, traumatizzata dalla disfatta della missione Onu dell’anno precedente in Somalia, assistette senza intervenire. La gran parte della stampa mondiale secondo l’autore de La radio e il machete affrontò la questione adoperando i soliti stereotipi dell’Africa arretrata e barbara. Solo il 16 maggio, per la prima volta sui giornali apparve la parola «genocidio». Non era merito di una intuizione giornalistica. Il giorno prima, mentre i leader delle potenze mondiali facevano a gara per non lasciarsi trascinare in un possibile Vietnam africano, Karol Wojtyla durante il Regina Coeli fu il primo a usare otto parole che cambieranno in tutto il mondo il modo di guardare agli avvenimenti di quei giorni: «Si tratta di un vero e proprio genocidio». Ma questa notizia la radio ruandese non la trasmise mai. -Nello Scavo - Avvenire -

 
 
 

DON LIVIO FANZAGA DI RADIO MARIA: PREGO PER SCALFARI E COSI' LO STRAPPERO' DALL'INFERNO

Post n°2031 pubblicato il 30 Giugno 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

È un uomo felice don Livio Fanzaga. Felice di essere prete. Da 25 anni è il factotum di Radio Maria, quella dei rosari recitati in diretta. Ogni giorno, due milioni di persone pendono dalle sue labbra. Molti ascoltano don Livio guidando l’auto mentre proclama con allegra cadenza bergamasca che la Madonna è tra noi, Dio esiste, Gesù ci ama, il Paradiso ci aspetta.
Questa succursale del Padreterno è nel centro di Meda, tra Como e Lecco. Ora è in una palazzina in affitto. Entro l’anno traslocherà nei pressi, in una sede di proprietà. Don Livio, capelli candidi corti, mi accoglie in una stanzetta al termine della sua seguitissima rassegna stampa mattutina in un simil clergyman di sua creazione. Camicia azzurro oratorio da cui sbuca la maglia bianca che fa le veci del solino, croce al petto, pantaloni grigi. «Mi sono appena cambiato. Al microfono faccio certe sudate!», dice e non gli daresti mai 69 anni per l’energia che sprizza, né più di 20 per l’entusiasmo che ti comunica.
«Sarà fiero del suo enorme seguito», dico sedendo tra una statua bianca della Madonna di Medjugorje e i ritratti, dono di un seguace pittore, degli idoli di don Livio: De Gasperi, La Pira, Wojtyla e un altro paio di papi. «Alla quantità non penso mai. Farei lo stesso anche se l’ascoltatore fosse uno solo. Considero Radio Maria una grande famiglia cui indicare la meta della vita. Un popolo in cammino con la Chiesa verso l’eternità», dice con largo sorriso. Annotazione che faccio una volta per tutte, perché don Livio sorride sempre. Su uno scaffale sono allineati dei pescecani di legno a fauci spalancate. Chiedo lumi. «Rappresentano chi, pur desiderandolo, non si converte mai. La fame del mondo è infatti molto più forte della fame di Dio», risponde con l’aria di saperla lunga sul gregge di Radio Maria.
Un gregge che don Livio ha allargato a dismisura negli anni. Non solo in Italia, con i suoi 850 ripetitori, Radio Maria ha una copertura nazionale superiore alla Rai, ma è un network diffuso nelle varie lingue in 50 Paesi. Solo in Tanzania, a maggioranza islamica, ha sei milioni di ascoltatori.
«Al microfono ripete di continuo "Cari amici". Chi pensa di avere di fronte?».
«Prima della radio, mi ero abituato per 20 anni a parlare alla gente in una parrocchia di Milano. Radio Maria è una grande parrocchia dell’etere. Con una differenza su quella reale: molti ascoltatori non vengono in chiesa da anni. Io li spingo a Dio e a migliaia, ascoltandomi, si avvicinano di nuovo a Lui. È una radio di conversione».
«Nella rassegna stampa con quali criteri giudica i giornali e i fatti del mondo?».
«In base all’etica cristiana attenendomi all’insegnamento della Chiesa. Non mi piace cantare per conto mio».
«Critica spesso Corsera e Repubblica. Sono antireligiosi?».
«Più Repubblica che il Corriere il quale dà qualche spazio alle prospettive cristiane. Repubblica è invece inaccettabilmente atea e materialista. Passi l’anticlericalismo, sempre legittimo. Ma il giornale di Scalfari, a cominciare dal fondatore, fa dell’anticristianesimo militante. Non c’è un cristiano in tutta la redazione».
«Che giornali legge più volentieri, a parte Avvenire?».
«Corriere e Giornale. Il primo per editorialisti come Galli della Loggia. Del Giornale mi piace il direttore, che ha fatto con coraggio la battaglia per la vita. Ho anche due amici Brambilla e Tornielli. È un quotidiano laico, ma con una forte componente cattolica».
«Le filippiche di don Sciortino su Famiglia cristiana?».
«Non le condivido. Sono il primo ad auspicare maggiore sobrietà negli uomini pubblici. Ma non accetto che si usi il pretesto della vita privata per attacchi politici».
«Giorni fa ha lodato Montezemolo che l’ha spuntata su Mosley per la Formula uno. "Mai mettersi contro Luca", ha chiosato. È un suo ascoltatore?».
«Lo ignoro, ma penso che prima risorsa di un Paese siano gli uomini capaci. Ovunque vada, Luca fa bene. Guardi la Ferrari prima e dopo di lui. Ce ne fossero», dice da tifoso ed ex sportivo: pallone in parrocchia; salto in lungo, in alto e molto altro in seminario.
«Ogni tanto al microfono parla in rima. È il suo lato folle?».
«Finita la rassegna stampa, faccio la pausa del "caffeino". Una gag in rima, come la vignetta di un giornale. La rima non è molto intellettuale ma ha efficacia popolare».
«Quella di oggi?».
«"Sto Barroso è diventato palloso" per la multa Ue all’Italia perché le donne vanno in pensione prima degli uomini. Solo chi ignora la loro vita - lavoro, casa, figli - può pretendere di equipararle» dice e mimando i gesti della massaia aggiunge: «Vivo solo e so bene la fatica di lavare e stirare».

Com’è nata la sua vocazione?
«Famiglia operaia molto religiosa. A quattordici anni, finite le Commerciali, papà si aspettava che lavorassi. Ma conobbi un missionario in Cina e volli fare lo stesso. Andai in seminario a Finale Ligure e per nove anni non sono più tornato a Dalmine (Bg) dai miei. Era la regola dei seminari di allora. Mi sono laureato in Teologia, a Roma in Filosofia e ho mancato, per un esame, Scienze politiche».

Nemmeno un flirt adolescente?
«Nulla. Mai avuto dubbi sulla vocazione. Oggi, Dio lo sento molto e non mi manca niente. Da ragazzo avevo in testa l’avventura eroica della missione. Ho trascorso un anno in Africa. La famiglia non mi ha mai attirato. Non poteva soddisfare l’ideale che mi affascinava: dedicarmi al prossimo e alle grandi realizzazioni come Radio Maria».

Che nacque dopo il suo incontro con la Gospa di Medjugorje.
«La svolta radicale della mia vita nell’85, quattro anni dopo l’apparizione ai ragazzi croati. Che fosse apparsa in un Paese comunista mi ha sempre colpito. Sono andato a Medjugorje e mentre concelebravo la messa ho avuto un’illuminazione: qui la Madonna vive, perciò il cristianesimo è la religione vera».

Pensa davvero che la Madonna appaia ai contadinelli croati, di Lourdes o di Fatima?
«Appare per una ragione precisa: il mondo rischia l’autodistruzione e la Madonna viene per salvarci. Ho imparato il croato e parlato tanto con i sei veggenti. La loro sincerità è assoluta. Non ho mai sentito fischiarmi le orecchie. E non sono un credulone».

Crede sul serio nell’Aldilà?
«Credo nella vita eterna, nell’immortalità dell’anima, nell’incontro con Gesù. Dio mi dà ogni giorno dei segni».

L’ultimo?

«Quello di ieri, non glielo posso dire. Gliene racconto un altro. Guidavo l’auto per Medjugorje. Ebbi un colpo di sonno e precipitai restando in bilico su un burrone. Agli angeli ho gridato: "Anche voi dormite!". Riuscii a uscire dall’auto. Mi inerpicai e sulla strada incontrai un gruppo di operai che con una corda tirarono su la macchina. Un quarto d’ora dopo ero di nuovo in viaggio verso la Madonna. Il Padreterno con cui mi ero arrabbiato mi aveva dato la risposta».

Aspira alla santità?
«È dovere di ogni cristiano. Io sento un’intima amicizia con Gesù. Se invece s’intende la perfezione, sono lontano mille miglia».

Ha dei vizi?
«Il principale è essere uomo di battaglia: demolisco l’avversario. Poi mi pento e prego per lui».

Anche per Scalfari?
«Tutti i giorni. Non riuscirà ad andare all’inferno. Prego troppo. Quando si saprà salvato, mi ringrazierà».

La considerano un cattolico conservatore.
«Socialmente sono un mezzo sindacalista, come due dei miei sei fratelli. Sono per un’equa distribuzione della ricchezza. Ma non ritengo che la sinistra faccia per la gente più della destra. La ricchezza, per distribuirla, va prodotta. In teologia seguo l’ortodossia cattolica di Ratzinger».

Ha detto: "Il cristianesimo è l’unica religione vera". Ma la Chiesa dialoga, è sfumata, relativista.
«Gesù è il solo salvatore del mondo. Buddha, Maometto, gli altri, sono uomini. Hanno frammenti di verità, ma solo Cristo è Dio. Loro sono marciti, l’unico risorto è Gesù».

Cosa pensa del Concilio?
«Grande creatività e grandi sconquassi. I seminari, introdotta una malintesa libertà, in pochi anni si sono svuotati. Il Concilio ha valorizzato il mondo, ma senza indicarne i pericoli. Solo Wojtyla e Ratzinger, il suo braccio dogmatico, hanno risalito la china».

Che impressione ebbe degli islamici in preghiera davanti al Duomo?
«Pessima. Ho assistito sulla spiaggia di Dakar alla preghiera di migliaia di musulmani col sole che sorgeva e un silenzio celeste. Lì vedevi la trascendenza. A Milano solo provocazione politica».

Il silenzio diplomatico del cardinale Tettamanzi?
«La sua linea è integrare ed evitare conflitti. Credo possa avere effetto. I musulmani quando trovano persone che gli vogliono bene, si aprono. In Italia si convertono dai 50 ai 100 islamici l’anno, in Francia dai 400 ai 500. Conversioni vere, non emotive come spesso nelle spose di musulmani».

Rosy Bindi ha detto: "Non possiamo lasciare che sia Radio Maria a formare la coscienza dei cristiani".
«I cattolici del Pd ci sentono lontani, ma sui temi etici sono loro a essere lontani dalla Chiesa. Bindi è per i Dico, la Chiesa è contro. Noi siamo per il cattolicesimo integrale, loro per un cristianesimo diluito. Bindi è un politico, a me interessa l'Aldilà».

Chi è più attento ai valori cristiani, destra o sinistra?
«Il centrodestra perché nelle sue file ci sono più cattolici. A sinistra la loro presenza è poco incisiva».

Come si rilassa dai rumori del mondo?
«Pregando. È la mia attività principale. Passo il tempo con Gesù e Maria che per me sono vivi. Altri svaghi non ho. In vacanza vado a Medjugorje. Di lì, mi collego per telefono con Radio Maria. Scrivo cinque libri l’anno. Ma sono in gran forma e non sono mai depresso».

Quale peccatuccio si concederà nella pausa estiva?
«Farò lunghe sieste a Medjugorje. Così la notte potrò salire sulla montagna dell’apparizione e pregare guardando le stelle». - di
Giancarlo Perna - Il giornale -

 
 
 

COMMENTO AL MESSAGGIO DA MEDJUGORJE DEL 25 GIUGNO 2009

Post n°2030 pubblicato il 29 Giugno 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita


"Cari figli, gioite con me, convertitevi nella gioia e ringraziate Dio per il dono della mia presenza in mezzo a voi. Pregate che nei vostri cuori Dio sia al centro della vostra vita e testimoniate con la vostra vita, figlioli, affinché ogni creatura possa sentire l’amore di Dio. Siate le mie mani tese per ogni creatura, affinché ognuna si avvicini al Dio dell’amore. Io vi benedico con la materna benedizione. Grazie per aver risposto alla mia chiamata."

Questo messaggio trabocca di gioia, perché la Regina della Pace sempre nel messaggio del 25 giugno manifesta la sua grande gioia per l’anniversario, anche per la presenza di tantissimi pellegrini, decine e decine di migliaia di persone, tantissimi gli Italiani e quello che ha colpito è che per l’anniversario circa il 90% degli Italiani sono andati a Medjugorje per la prima volta.

In questo contesto di grande partecipazione la Madonna ha espresso prima di tutto la sua gioia, ci ha pregato e ci prega di gioire con Lei, gioire con Lei per tanti motivi, perché con la Madonna stiamo camminando da 28 anni, con la Madonna stiamo facendo una grande battaglia per la pace nel mondo, per il futuro del mondo, per questa ventata di Pentecoste che la Regina della Pace vuole portare nel mondo.

È una gioia perché se si fa un bilancio ci sono tanti motivi per gioire nonostante tante difficoltà, perché tutti i disegni di Dio avanzano nelle difficoltà. Non c’è dubbio che Medjugorje sia stato un dono immenso innanzitutto per la Chiesa, ma anche per il mondo intero. Senza la presenza della Regina della Pace non so se ci sarebbe ancora il mondo oggi, nel senso che c’è la mannaia dell’autodistruzione che pesa sul collo dell’umanità e la Madonna è qua e resterà qua finché la mannaia dell’autodistruzione non sia tolta, e l’umanità possa guardare con serenità al futuro.

La Madonna, nel giorno dell’anniversario, ci ribadisce il suo messaggio fondamentale: la conversione, il ritorno a Dio, al Dio dell’amore, ma questo va fatto nella gioia, la conversione è un cammino di gioia, certamente ci sono anche le lacrime, le lacrime della fatica, della lotta, del sacrificio, ma sono lacrime che generano la gioia; bellissima questa espressione: "convertitevi nella gioia", la Madonna non aveva mai usato un’espressione così bella, è la prima volta che la usa.

Poi la Madonna ci invita a non prendere più come un’abitudine il fatto che Lei sia qui da così tanto tempo in mezzo a noi. La presenza della Madonna, - ogni apparizione, anche se ormai le apparizioni sono migliaia, sono quotidiane, per così tanto tempo a così tanti veggenti, - sono un grandissimo dono di Grazia.

Lei ci invita a ringraziare Dio, cari amici, che ci dà questo dono, di avere Maria qui in mezzo a noi come Madre e Maestra; Madre e Maestra come guida, come conforto, come gioia, come richiamo verso il Cielo, come sicurezza, come punto di riferimento in tutte le nostre traversie personali, ma anche del mondo intero. Perciò ci invita a ringraziare Dio per il dono della sua presenza in mezzo a noi, diciamo grazie alla Madonna, grazie per questa presenza in mezzo a noi, nonostante molte volte la Madonna abbia avuto dei dispiaceri: quanti hanno iniziato a seguire i messaggi della Madonna e non hanno perseverato, quanti hanno incominciato e poi hanno deviato, lo ha detto Lei.

Poi la Madonna ci invita al secondo messaggio fondamentale: quello della preghiera, convertitevi e pregate, "pregate che nei vostri cuori Dio sia al centro della vostra vita", questo è uno dei messaggi fondamentali della Regina della Pace.

In un mondo che vuole allontanare Dio, che vuole mettere fuori Dio, che vuole emanciparsi da Dio, in un mondo che sceglie se stesso come dio, la Madonna ci dice, per contrastarlo: "mettete Dio al centro della vostra vita", che Dio sia al primo posto.

Dio è al primo posto, cari amici, se noi viviamo la giornata nella fede, nella preghiera e nell’adempimento della Sua volontà. Allora in un mondo che sceglie se stesso come dio, "voi mettete Dio al primo posto nei vostri cuori e testimoniate Dio con la vostra vita, figlioli", perché è chiaro che per testimoniare Dio con la nostra vita, la nostra vita deve essere una vita di fede, di speranza, di carità, una vita aperta all’amore di Dio, una vita dove il cuore si apre all’amore di Dio e poi dona questo amore di Dio ai fratelli; questa è la testimonianza della vita, cioè aprire il cuore a Dio, ricevere nel nostro cuore il Suo amore, dare questo amore agli altri.

Perciò la Madonna dice "siate voi le mie mani tese per ogni creatura", che bello, cari amici, per ogni creatura, specialmente per i lontani. A Lourdes e a Fatima la Madonna diceva di pregare per i poveri peccatori, a Medjugorje non usa questa espressione, usa piuttosto "quelli che sono lontani da Dio e dal suo Amore", i non credenti li chiama "quelli che non hanno ancora conosciuto l’amore di Dio". La Madonna ci dice di essere le sue mani tese verso queste persone perché si avvicinino al Dio dell’amore.

Cari amici, esiste un solo Dio, lo diciamo soprattutto per chi vuole usare il nome di Dio per combattere gli altri, per uccidere gli altri, esiste un solo Dio, questo Dio è il Dio dell’amore, o Dio è il Dio dell’amore o è un idolo.

La Madonna conclude dicendo "Io vi benedico con la mia benedizione materna. Grazie per aver risposto alla mia chiamata".

Un messaggio che sintetizza tutto il grande magistero della Madonna a Medjugorje, ci invita alla conversione, alla preghiera, al primato di Dio, ci invita alla testimonianza, ci invita a portare l’amore a chi è più lontano.

Coraggio, aiutiamo la Madonna ad aiutarci, facciamo questa bella battaglia perché nel mondo si diffonda la gioia, la pace e l’amore, in un mondo in cui c’è la menzogna, l’odio, la cupidigia, un mondo dove il principe di questo mondo tenta di mettere se stesso al posto di Dio, ha detto la Madonna, e Dio per contrastarlo mette la Madonna al posto del diavolo.

La Madonna prepara sempre il trionfo del suo Cuore Immacolato, il trionfo del Cuore di Gesù.

 - Padre Livio di Radio Maria - Medjugorje BZ  -

 
 
 

LA SCIENZA CONFERMA: NELLA TOMBA VI SONO I RESTI MORTALI DELL'APOSTOLO PAOLO

Post n°2029 pubblicato il 29 Giugno 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Con "profonda emozione" Benedetto XVI ha annunciato che alcune analisi scientifiche confermano i dati della tradizione secondo cui nella tomba sotto l’altare papale nella basilica di san Paolo Fuori le Mura vi è il corpo dell’apostolo. L’annuncio è stato dato proprio nella stessa basilica, durante l’omelia per i Primi vespri della festa di san Pietro e Paolo, che concludono l’Anno Paolino, per celebrare i 2000 anni della nascita dell’apostolo di Tarso. Il pontefice ha detto che la tomba è stata di recente "oggetto di un’attenta analisi scientifica: nel sarcofago, che non è stato mai aperto in tanti secoli, è stata praticata una piccolissima perforazione per introdurre una speciale sonda, mediante la quale sono state rilevate tracce di un prezioso tessuto di lino colorato di porpora, laminato con oro zecchino e di un tessuto di colore azzurro con filamenti di lino. E’ stata anche rilevata la presenza di grani d’incenso rosso e di sostanze proteiche e calcaree. Inoltre, piccolissimi frammenti ossei, sottoposti all’esame del carbonio 14 da parte di esperti ignari della loro provenienza, sono risultati appartenere a persona vissuta tra il I e il II secolo. Ciò sembra confermare l’unanime e incontrastata tradizione che si tratti dei resti mortali dell’apostolo Paolo. Tutto questo riempie il nostro animo di profonda emozione". Nella basilica gremita e alla presenza dei rappresentanti del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, Chiesa ortodossa sorella, il papa ha poi tratteggiato alcune caratteristiche del messaggio dell’apostolo Paolo che devono diventare dimensioni quotidiane per l’esistenza cristiana.

"L’Anno Paolino si conclude – ha detto - ma essere in cammino insieme con Paolo, con lui e grazie a lui venir a conoscere Gesù e, come lui, essere illuminati e trasformati dal Vangelo – questo farà sempre parte dell’esistenza cristiana". Il primo elemento da lui sottolineato è la novità. Citando la Lettera di san Paolo ai Romani (cap.12), egli afferma che "con Cristo è iniziato un nuovo modo di venerare Dio – un nuovo culto. Esso consiste nel fatto che l’uomo vivente diventa egli stesso adorazione, "sacrificio" fin nel proprio corpo. Non sono più le cose ad essere offerte a Dio. È la nostra stessa esistenza che deve diventare lode di Dio". "Dobbiamo - ha continuato - diventare uomini nuovi, trasformati in un nuovo modo di esistenza. Il mondo è sempre alla ricerca di novità, perché con ragione è sempre scontento della realtà concreta. Paolo ci dice: il mondo non può essere rinnovato senza uomini nuovi. Solo se ci saranno uomini nuovi, ci sarà anche un mondo nuovo, un mondo rinnovato e migliore". E spiega il contenuto di questa novità: "Egli [Paolo]è diventato nuovo, un altro, perché non vive più per se stesso e in virtù di se stesso, ma per Cristo ed in Lui. Nel corso degli anni, però, ha anche visto che questo processo di rinnovamento e di trasformazione continua per tutta la vita. Diventiamo nuovi, se ci lasciamo afferrare e plasmare dall’Uomo nuovo Gesù Cristo". "Il pensiero dell’uomo vecchio, il modo di pensare comune è rivolto in genere verso il possesso, il benessere, l’influenza, il successo, la fama e così via. Ma in questo modo ha una portata troppo limitata. Così, in ultima analisi, resta il proprio ‘io’ il centro del mondo… Dobbiamo imparare a prendere parte al pensare e al volere di Gesù Cristo. È allora che saremo uomini nuovi nei quali emerge un mondo nuovo". Questa novità significa avere una fede adulta e non infantile, un invito al non-conformismo alle mode e alla mentalità comune. "La parola "fede adulta" – spiega Benedetto XVI - negli ultimi decenni è diventata uno slogan diffuso. Lo s’intende spesso nel senso dell’atteggiamento di chi non dà più ascolto alla Chiesa e ai suoi Pastori, ma sceglie autonomamente ciò che vuol credere e non credere – una fede ‘fai da te’, quindi. E lo si presenta come "coraggio" di esprimersi contro il Magistero della Chiesa. In realtà, tuttavia, non ci vuole per questo del coraggio, perché si può sempre essere sicuri del pubblico applauso. Coraggio ci vuole piuttosto per aderire alla fede della Chiesa, anche se questa contraddice lo ‘schema’ del mondo contemporaneo. È questo non-conformismo della fede che Paolo chiama una ‘fede adulta’. Qualifica invece come infantile il correre dietro ai venti e alle correnti del tempo. Così fa parte della fede adulta, ad esempio, impegnarsi per l’inviolabilità della vita umana fin dal primo momento, opponendosi con ciò radicalmente al principio della violenza, proprio anche nella difesa delle creature umane più inermi. Fa parte della fede adulta riconoscere il matrimonio tra un uomo e una donna per tutta la vita come ordinamento del Creatore, ristabilito nuovamente da Cristo. La fede adulta non si lascia trasportare qua e là da qualsiasi corrente. Essa s’oppone ai venti della moda". La fede adulta è quella che agisce "secondo verità nella carità" (cfr Efesini 4, 15). Entrambe le cose sono necessarie perché Dio è entrambe le cose. "L’Apostolo ci dice che, agendo secondo verità nella carità, noi contribuiamo a far sì che il tutto – l’universo – cresca tendendo a Cristo. .… Lo scopo ultimo dell’opera di Cristo è l’universo – la trasformazione dell’universo, di tutto il mondo umano, dell’intera creazione. Chi insieme con Cristo serve la verità nella carità, contribuisce al vero progresso del mondo. Sì, è qui del tutto chiaro che Paolo conosce l’idea di progresso. Cristo, il suo vivere, soffrire e risorgere è stato il vero grande salto del progresso per l’umanità, per il mondo. Ora, però, l’universo deve crescere in vista di Lui. Dove aumenta la presenza di Cristo, là c’è il vero progresso del mondo". Perché questo rinnovamento avvenga è necessario che si rafforzi l’uomo interiore (Efesini 3, 16). "gli uomini – ha spiegato il pontefice - spesso restano interiormente vuoti e pertanto devono aggrapparsi a promesse e narcotici, che poi hanno come conseguenza un ulteriore crescita del senso di vuoto nel loro intimo. Il vuoto interiore – la debolezza dell’uomo interiore – è uno dei grandi problemi del nostro tempo. Deve essere rafforzata l’interiorità – la percettività del cuore; la capacità di vedere e comprendere il mondo e l’uomo dal di dentro, con il cuore. Noi abbiamo bisogno di una ragione illuminata dal cuore, per imparare ad agire secondo la verità nella carità. Questo, tuttavia, non si realizza senza un intimo rapporto con Dio, senza la vita di preghiera. Abbiamo bisogno dell’incontro con Dio, che ci vien dato nei Sacramenti. E non possiamo parlare a Dio nella preghiera, se non lasciamo che parli prima Egli stesso, se non lo ascoltiamo nella parola, che ci ha donato". L’ultimo pensiero del papa è sulle dimensioni cosmiche del mistero di Cristo, sulla sua "ampiezza, lunghezza, altezza e profondità" (Efesini 3,18). "Il mistero di Cristo - ha concluso - ha una vastità cosmica: Egli non appartiene soltanto ad un determinato gruppo. Il Cristo crocifisso abbraccia l’intero universo in tutte le sue dimensioni. Egli prende il mondo nelle sue mani e lo porta in alto verso Dio…. L’amore di Cristo ha abbracciato nella Croce la profondità più bassa – la notte della morte, e l’altezza suprema – l’elevatezza di Dio stesso. E ha preso tra le sue braccia l’ampiezza e la vastità dell’umanità e del mondo in tutte le loro distanze. Sempre Egli abbraccia l’universo – tutti noi". - Asianews -

 
 
 

SAN MICHELE ARCANGELO, L'ANGELO CUSTODE DEL PAPA

Post n°2028 pubblicato il 28 Giugno 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Per noi cattolici il Papa è segno di unità delle varie Chiese particolari (le diocesi) ed è il Vicario di Cristo in terra e per questo gode di una particolare protezione delle Gerarchie angeliche verso le quali mostra un profondo amore.
A questo riguardo la vicenda del primo Papa della storia, San Pietro, è assai significati­va; infatti l'Angelo del Signore liberò il Capo degli Apostoli dal carcere, ben due volte. La prima libera­zione è descritta; in poche parole, nel capitolo quinto degli Atti degli Apostoli, dove è scritto che la setta dei Sadducei fece gettare gli apostoli nella pubblica prigione: "Ma durante la notte un angelo del Signore aprì le porte della prigione e li condusse fuori" (At. 5, 19).
La narrazione della seconda liberazione angelica è molto più ampia e la trascriviamo integralmente dalla Bibbia: "Verso quel tempo il re Erode prese a maltrattare alcuni membri della Chiesa. Fece morire di spada Giacomo, fratello di Giovanni. Vedendo che ciò era gradito ai Giudei, mandò ad arrestare anche Pietro. Si era nei giorni degli azzimi. Catturato, lo pose in carcere, dandolo a sorvegliare a quattro picchetti di quattro soldati ciascuno, con l'intenzione di farlo comparire davanti al popolo dopo la Pasqua. Mentre Pietro era tenuto prigioniero, la chiesa rivolgeva senza sosta preghiere a Dio per lui. La notte precedente il giorno fissato da Erode per farlo comparire davanti al popolo, Pietro dormiva in mezzo a due soldati legati con due catene, mentre le sentinelle davanti alla porta facevano la guardia alla prigione. Ed ecco che un Angelo del Signore gli fa vicino, e una luce risplendette sulla cella. L'Angelo scosse Pietro ad un fianco e lo svegliò dicendogli: 'Alzati, presto!', Le catene gli caddero dalle mani; e l'Angelo gli disse: 'Mettiti la cintura e legati i sandali'. E così fece. Poi gli disse: 'Buttati addosso il mantello e seguimi'. E uscito lo seguiva, e non si rendeva canto che era vero ciò che gli stava accadendo per mezzo dell'Angelo, e gli sembrava piuttosto di vedere una visione. Oltrepassato il primo posto di guardia e il secondo, vennero alla porta di ferro che immetteva nella città. Essa si aprì da sola davanti a loro. Uscirono e si avviarono per una strada, e improvvisamente l'Angelo si dileguò da lui. Allora Pietro ritornato in sé disse: 'Ora capisco davvero che il Signore ha mandato il mio Angelo e mi ha liberato dalla mano di Erode e ha reso vana l'attesa del popolo dei Giudei'" (At. 12, 1-11).
Per noi cattolici la più grande autorità sulla terra è quella del Sommo Pontefice. Il Papa è il vicario di Cristo: egli parla e governa in suo nome, ne risulta che la responsabilità del Capo della Chiesa è formidabile! Questo l’aveva ben compreso il giovanissimo Carlo Acutis (1991-2006) che prima di morire aveva offerto le sue sofferenze per il Santo Padre. Sulle sue spalle poggia il pensiero dell’intera Chiesa. Forze umane non basterebbero: occorre una forza divina. Chi gliela darà? L’uomo costituito in dignità, dice san Tommaso, ha per guida della sua persona privata un angelo d’un ordine inferiore; ma per ben governare la moltitudine che gli è confidata, egli è illuminato da un angelo superiore. Chi è quest’angelo superiore incaricato di custodire il Sommo Pontefice, di illuminarlo, di dirigerlo? Dio, afferma san Basilio, ha costituito san Michele angelo custode del Capo visibile della Chiesa, e nel seguito dei tempi, egli ci appare sempre come il protettore, il consigliere ed il vendicatore del papato. Questa è l’opinione dei commentatori. Colui che, dice Cornelio A. Lapide, è il custode del corpo della Chiesa, deve esserlo anche della testa.
Una pia credenza, assegna san Michele come angelo custode al Pontefice in carica. Abbiamo numerose prove di questa funzione di san Michele. I commentatori lo riconoscono nell’angelo liberatore dell’episodio di san Pietro in carcere, il primo papa. Dio ha inviato il suo angelo, dice l’apostolo stesso. Questa sola espressione basterebbe a designare san Michele. Attila marcia su Roma minacciandone il completo saccheggio, Papa Leone I gli va’incontro per placare la sua crudeltà barbara. Suppliche, preghiere e lacrime, è troppo poco per fermare il barbaro assetato di sangue. Ma a fianco del vecchio pontefice appare un guerriero celeste, che brandisce una spada, e due vecchi venerabili, che minacciano di morte l’audace, se non indietreggia dal suo proposito di distruggere Roma. Attila si ritira spaventato. Anche il papa Leone IV proclama ch’egli ha riportato sui Saraceni una brillante vittoria col braccio di san Michele. Altri papi testimoniano nelle loro lettere la fiducia in lui. Uno ha anche fatto rappresentare l’Arcangelo che ha in mano il governo della barca di Pietro, con questa iscrizione: “San Michele, siate mio protettore e mio difensore, come lo siete stato di tutti quelli che mi hanno preceduto sulla cattedra di Pietro”.
Non è dunque sorprendente che fin dall’antichità i papi abbiano a Roma, innalzato dei templi e fatto celebrare delle feste in onore di san Michele. A Roma tra Castel Sant’Angelo ed il Vaticano esistevano ben nove tra chiese e cappelle consacrate al Principe degli Angeli. Molti papi, ultimo in ordine di tempo, Giovanni Paolo II, sono andati anche a pregarlo nel suo santuario del monte Gargano nelle Puglie. In cambio dalla loro devozione, l’Arcangelo li ha aiutati nelle loro imprese e nelle loro lotte per la difesa dei diritti della Santa Chiesa.
Ai giorni nostri Pio XII, Giovanni XXIII, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno diverse volte invitato il popolo di Roma e tutto il mondo cristiano ad onorarlo ed a ricorrere alla sua intercessione. Papa Pio XII il 15 gennaio 1941 proclamò San Michele Arcangelo patrono e protettore dei radiologi e radioterapeuti. Questi lavorano nei loro rispettivi campi contro pericoli per la salute del proprio corpo e hanno bisogno del patronato degli angeli che possano proteggerli e assisterli nell’aiutare il malato. Di conseguenza San Michele fu costituito e dichiarato loro patrono e gli fu affidato un ruolo specifico e molto speciale per aiutare i malati e prevenire le malattie.
Il nome di Michele, “Quis ut Deus?”, secondo Pio XII, esprime e significa “Forza di Dio”, ed è per questa ragione specialmente che il sommo Pontefice dichiarò l’Arcangelo Michele Patrono dell’ordine e della sicurezza pubblica in tutta l’Italia. “Non c’è nessuno che appare più capace e più idoneo a preservare la sicurezza pubblica di quel Principe celeste dell’armata angelica, come ad esempio, l’Arcangelo Michele, poiché egli possiede la forza contro i poteri dell’oscurità” egli disse. “Assistere Dio a beneficio della nostra salvezza”, dice San Giovanni Crisostomo, “è un dovere degli angeli… essi si adoperano per il nostro bene, corrono qua e là per noi, e nessuno lo direbbe, ci rendono servizio”. Tale è anche il dovere dell’Arcangelo Michele il comandante dell’armata angelica. Afferma Giovanni Paolo II: “Possa la preghiera fortificarci per quella battaglia spirituale di cui parla la Lettera agli Efesini: 'Attingerete forza nel Signore e nel vigore della sua potenza' (Ef. 6. 10). E’ a questa stessa battaglia che si riferisce il Libro dell’Apocalisse, richiamando davanti ai nostri occhi l’immagine di San Michele Arcangelo (cfr Ap. 12, 7), aveva di sicuro ben presente questa scena, papa Leone XIII, quando alla fine del secolo scorso, introdusse in tutta la Chiesa una speciale preghiera a San Michele: 'San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia contro i mali e le insidie del maligno; sii nostro riparo…'. Anche se oggi questa preghiera non viene più recitata al termine della celebrazione eucaristica, invito tutti a non dimenticarla, ma a recitarla per ottenere di essere aiutati nella battaglia contro le forze delle tenebre e contro lo spirito di questo mondo” (Esortazione di Giovanni Paolo II alla Recita del Regina Coeli di Domenica 24 aprile 1994).
- don Marcello Stanzione - Zenit -


 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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