ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi di Ottobre 2009

SI RIDUCANO DA SUBITO STIPENDI AI POLITICI, PERSONAGGI TV E SPORTIVI: LA CRISI E' GRAVE!

Post n°2576 pubblicato il 31 Ottobre 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

ALZATE LA VOCE CON FORZA: E' L'ORA DEI GIOVANI, DELLE FAMIGLIE E DEI DEBOLI! PROTESTA - E' nato da poche ore - via Facebook - ma anche con richiami ed interventi su internet, blog, e social network - un gruppo di sensibilizzazione che chiede un immediato intervento per ridurre gli 'stipendi vip' ed aiutare concretamente i poveri, i bisognosi, che in questo nostro stato sono ormai principalmente le famiglie a basso reddito (ma le famiglie stesse in generale sono ridotte sul lastrico), i giovani in cerca di occupazione, le forze dell'ordine e quelle categorie che nella società hanno stipendi bassi in proporzione ai miliardi che girano - tra contratti, stipendi e benefit - i calciatori, i personaggi della tv ed i politici. Capiamo di più di questa contestazione che parte proprio dalla nostra Associazione dei Papaboys, stanchi ormai al limite, di vedere le 'orge di stato', e le ruberie, fatte con i denari dei cittadini: è uno schifo da far cessare! Riducendo in proporzione gli sperperi pubblici, che sono migliaia di milioni di euro, si potrebbe rimettere in sesto completamente il nostro paese! LA MOTIVAZIONE E LE PROPOSTE In un momento particolarmente drammatico, specialmente per molte famiglie italiane che realmente non riescono ad arrivare alla fine del mese, E' NECESSARIA ED ATTUALE una critica all'interno sistema, che spende fior fior di miliardi pubblici (ma anche privati) per contratti milionari, e non tutela minimamente i cittadini, che lavorano quanto i 'vip' e guadagnano assolutamente di meno. LA DOMANDA (DIREBBE LUBRANO) CI SORGE SPONTANEA: NON SAREBBE IL CASO DI DARE UNA REGOLATA AL SISTEMA? Prima di tutto la classe politica (che si arricchisce in maniera spropositata e gode di infiniti privilegi), quindi tutto ciò che ruota intorno al mondo della televisione, e poi una riflessione anche per quello che riguarda il mondo dello sport. Questa corsa sfrenata allo 'show business' è una macchina infernale che il diavolo alimenta per dare privilegi, corrompere, inflazionare e soprattutto ridurre in schiavitù e sottomissione le masse dei giovani e delle famiglie. Non sarà facile vedere un politico parlare di riduzione di stipendi e privilegi, o un calciatore, o un personaggio della tv: ma con i soldi si conquista poco Paradiso, e tanto inferno! Ed anche dal lato etico e sociale la situazione è veramente schifosa. Che si può fare?
Noi dei Papaboys, da oggi ne iniziamo a parlare. Domani si vedrà, è un altro giorno.

MA NON STAREMO ZITTI E NON CI FAREMO INTIMIDIRE.

Iscriviti al gruppo di Facebook!
http://www.facebook.com/home.php?#/event.php?eid=184020113335&ref=mf

GLI INTERVENTI DELL'ASSOCIAZIONE DEI PAPABOYS
1) SI RIDUCANO DA SUBITO STIPENDI AI POLITICI, PERSONAGGI TV E SPORTIVI: LA CRISI E' GRAVE!
http://www.papaboys.it/news/read.asp?id=2922

2) VERGOGNA! GLI EX SENATORI CHIEDONO ANCORA PRIVILEGI! CHIEDIAMO RIDUZIONE DI STIPENDI
http://www.papaboys.it/news/read.asp?id=2934

3) LA LENTA EUTANASIA DELLA POLITICA CHE UCCIDE LE ISTITUZIONI, MA SOPRATTUTTO I GIOVANI
http://www.papaboys.it/news/read.asp?id=2933

LA PROPOSTA - AUMENTARE GLI STIPENDI O AIUTARE:
- LE FAMIGLIE CON PIU' FIGLI A CARICO
- LE FAMIGLIE CON FASCIA SOCIALE DI REDDITO BASSO
- LE FORZE DELL'ORDINE AL SERVIZIO DEL CITTADINO
- I GIOVANI IN CERCA DI PRIMA OCCUPAZIONE
LA PROPOSTA - DIMINUIRE DRASTICAMENTE GLI STIPENDI
ED I BENEFIT DI LUSSO:
- CONTRATTI MILIARDARI DEI PERSONAGGI TV
- STIPENDI E BENEFIT SFRENATI PER I POLITICI
- CONTRATTI MILIARDARI DEI GIOCATORI DI CALCIO

A cura della Redazione Papaboys Se vuoi mandarci il tuo parere o un intervento
da pubblicare scrivi a  redazione@papaboys.it 
Associazione Nazionale Papaboys
Via G. Barzellotti, 1 - 00136 Roma
 info@papaboys.it  - www.papaboys.it

Segnalato da Pontifex

 

 
 
 

FESTA DI TUTTI I SANTI (1° NOVEMBRE) - COMMEMORAZIONE DEI DEFUNTI (2 NOVEMBRE)

Post n°2575 pubblicato il 31 Ottobre 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

La festa di Tutti i Santi, è una giornata di gioia, di spe­ranza, di fede. Una delle giornate più intelligenti, più raf­finate che la liturgia ci propone; è la festa di tutta l'umanità, del­l'umanità che ha sperato, che ha sofferto, che ha cercato la giusti­zia, dell'umanità che sembrava perdente e invece è vittoriosa. E’ la festa di Tutti i Santi, non solo di quelli segnati sul calen­dario e che veneriamo sugli alta­ri, ma anche di quelli che sono passati sulla terra in punta di pie­di, senza che nessuno si accor­gesse di loro, ma che nel silenzio del loro cuore hanno dato una bella testimonianza di amore a Dio e ai fratelli, forse parenti no­stri, amici, forse nostro padre, nostra madre, umili creature, che ci hanno fatto del bene senza che noi neppure ci accorgessimo. Ho letto di un anziano parro­co di campagna che nel giorno di Tutti i Santi, per far capire al­la sua gente che si dovevano ri­cordare tutti i cristiani santi che stanno in Paradiso toglieva le im­magini e le statue dagli altari. U­na stranezza se volete, ma che voleva anche sottolineare il fatto che di solito, una volta che ab­biamo messo i santi sugli altari, li ammiriamo, li invochiamo, ma non li imitiamo, perché pensiamo che siano troppo eroi per vivere come loro. Ma non è così. Nella festa di Tutti i Santi, la Chiesa ci dice che i santi sono uomini e donne comuni, una mol­titudine composta di discepoli di ogni tempo che hanno cercato di ascoltare il Vangelo e di metter­lo in pratica. Sono questi i santi che salva­no la terra. C'è sempre bisogno di loro. È in virtù dei santi che so­no sulla terra, che noi continuia­mo a vivere, che la terra continua a non essere distrutta, nonostan­te il tanto male che c'è nel mon­do. Ed è in virtù dei santi di ieri, dei santi che sono già salvati e che intercedono per noi: "una molti­tudine immensa che nessuno può contare, di ogni nazione, popolo e lingua". La definizione più bella dei santi è quella che ho sentito da un bambino di una scuola materna. La maestra aveva portato la sua classe a visitare una chiesa con le figure dei santi sulle vetrate lu­minose. A scuola di catechismo ho domandato ai bambini: Chi sono i santi? Un bambino mi ha risposto: "Sono quelli che fanno passare la luce". Stupenda defi­nizione: i santi fanno passare la luce di Dio che continua ad illu­minare il mondo. Nella festa di Tutti i Santi, noi celebriamo la gioia di essere an­che noi chiamati alla santità, per­ché ci è stato detto che abbiamo un cuore che batte come figli di Dio. Ci pensiamo? E San Gio­vanni che ce lo ricorda: "Caris­simi vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo veramente... ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sap­piamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo si­mili a lui, perché lo vedremo co­sì come egli è". Ma quale è la strada della san­tità? Gesù ce l'ha indicata con l' annuncio delle beatitudini che sono la sintesi del Vangelo, lo specchio di fronte al quale ogni discepolo di Cristo deve con­frontarsi. È il portale d'ingresso del Discorso della Montagna, la "carta costituzionale del cristia­nesimo". Ogni regno ha le proprie leg­gi. Le beatitudini sono la legge del Regno di Dio. Chi le osserva entra nella felicità del Regno. Questo dobbiamo capire. Dio ha posto nel nostro cuore la vocazione alla felicità, come ul­timo segno della nostra somi­glianza con Lui. Dio è il Sommo bene, il Beato per eccellenza. Per essere figli di Dio bisogna esse­re felici. - Gianni Sangalli - preghiereagesuemaria -

Commemorazione dei defunti

A quanti sono morti "nel segno della fede" la Chiesa riserva un posto importante nella liturgia: vi è il ricordo quotidiano nella Messa, con il "memento" dei morti, e nell'Ufficio divino con la breve preghiera "Fidelium animae", e vi è soprattutto la celebrazione odierna nella quale ogni sacerdote può celebrare tre Messe in suffragio delle anime dei defunti. La commemorazione dei defunti, dovuta all'iniziativa dell'abate di Cluny, S. Odilone, nel 998, non era del tutto nuova nella Chiesa, poiché, ovunque si celebrava la festa di tutti i Santi, il giorno successivo era dedicato alla memoria di tutti i defunti. Ma il fatto che un migliaio di monasteri benedettini dipendessero da Cluny ha favorito l'ampio diffondersi della commemorazione in molte parti dell'Europa settentrionale. Poi anche a Roma, nel 1311, venne sancita ufficialmente la memoria dei defunti. Il privilegio delle tre Messe al 2 novembre, accordato alla sola Spagna nel 1748, fu esteso alla Chiesa universale da Benedetto XV nel 1915. Si è voluta così sottolineare una grande verità, che ha il suo fondamento nella Rivelazione: l'esistenza della Chiesa della purificazione, posta in uno stato intermedio tra la Chiesa trionfante e quella militante. Stato intermedio ma temporaneo, "dove l'umano spirito si purga e di salire al ciel diventa degno", secondo l'efficace immagine dantesca. Nella prima lettera ai Corinti S. Paolo usa l'immagine di un edificio in costruzione. Scopo della commemorazione di tutti i defunti in passato era quello disuffragare i morti; di qui le Messe, la novena, l’ottavario, le preghiere al cimitero.Questo scopo naturalmente rimane; ma oggi ne avvertiamo un altro altrettanto urgente: creare nel corso dell’anno un’occasione per pensare religiosamente, cioè con fede e speranza, alla propria morte. Spezzare la congiura del silenzio riguardo a essa. Quando nasce un uomo, diceva sant’Agostino, si possono fare tutte le ipotesi: forse sarà bello, forse sarà brutto; forse sarà ricco, forse sarà povero, forsevivrà a lungo, forse no. Ma di nessuno si dice: forse morirà, forse non morirà. Questa è l’unica cosa assolutamentecerta della vita. Quando sentiamo che qualcuno è malato di idropisia (al tempo del santo, questa era la malattia incurabile), diciamo: "Poveretto, deve morire; è condannato, non c’è rimedio!". Ma non dovremmo, aggiunge, dire la stessa cosa di ogni uomo che nasce:"Poveretto, deve morire, non c’è rimedio"? Un poeta spagnolo dell’Ottocento, Gustavo Bécquer, paragona la vita umana all’onda che il vento spinge sul mare e che avanza vorticosamentesenza sapere su quale spiaggia andrà a infrangersi; a una candela prossima a esaurirsi, che brilla in cerchi tremolanti, ignorando quale di essi per ultimo brillerà; e conclude: "Così sono io che mi aggiro per il mondo, senza pensare, da dove vengo, né dove i miei passi mi condurranno". Il cristianesimo non si fa strada nelle coscienze con la paura della morte, ma con la morte di Cristo. Gesù è venuto aliberare gli uomini dalla paura della morte (cfr. Eb 12,14), non ad accrescerla.Ai cristiani angustiati per la morte dialcuni cari, san Paolo scriveva: "Fratelli,non vogliamo lasciarvi nell’ignoranzacirca quelli che sono morti, perché non continuiate ad affliggervi come gli altri che non hanno speranza. Noi crediamo infatti che Gesù è morto e risuscitato; così anche quelli che sono morti, Dio li radunerà per mezzo di Gesù insieme con lui... Confortatevi, dunque, a vicendacon queste parole" (1Tes 4,13ss). Ma come ha vinto la morte Gesù? Non evitandola o ricacciandola indietro, come un nemico da sbaragliare. Ma subendola, assaporandone tutta l’amarezza. Non abbiamo davvero un sommo sacerdote che non sappia compatirela nostra paura della morte! Tre volte nei vangeli si legge che Gesù pianse e, di queste, due furono per un morto. Nel Getsemani egli ha provato, come noi, “paura e angoscia” di fronte alla morte. Che cosa è successo, una volta che Gesù ha varcato la soglia della morte?L’uomo mortale nascondeva dentro disé il Verbo di Dio, che non può morire.Una breccia è stata aperta per sempre attraverso il muro della morte. Grazie a Cristo, la morte non è più un muro davanti al quale tutto si infrange; è un passaggio, cioè una Pasqua. È una specie di “ponte dei sospiri”, attraverso il quale si entra nella vita vera, quella che non conosce la morte. Confortiamoci a vicenda,anche noi, con queste parole. - santiebeati -

 
 
 

VARIE RISPOSTE AI NEMICI DEL MIRACOLO

Post n°2574 pubblicato il 31 Ottobre 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

I nemici del miracolo: Ma precisamente perché il miracolo è una delle basi salde della fede è stato assalito con maggior violenza dal suoi nemici. Il miracolo è impossibile, affermano essi, e secondo questo principio per loro indiscutibile si regolano per giudicare se un fatto è storico o no, se un libro è degno di fede o no. Quando un fatto - essi dicono - benché sia narrato da storici autorevoli, ed abbia per sé tutte le garanzie della verità, è in conflitto con una legge scientifica, la soluzione è evidente: deve essere messo da parte come favoloso. Sono costoro che gridano contro i pregiudizi aprioristici dei cattolici e pretendono parlare in nome della scienza. Il vero spirito scientifico vuole che prima di ogni conclusione o affermazione si comincino a studiare i fatti e le ragioni con serena imparzialità e senza preconcetti. Che cosa è il miracolo: Quel profondo pensatore San Tommaso d'Aquino dice che sono due gli elementi, i quali generalmente concorrono, perché un fatto produca in noi meraviglia: che sia occulta la causa del fatto o meglio il modo, con cui essa opera, e che nel fatto appaia qualche cosa, per la quale ci sembri che dovrebbe avvenire il contrario. Così avviene ad es. ai barbari quando vedono per le prime volte aeroplani o automobili. Ma non ogni volta che si vede un fatto meraviglioso si deve dire che sia un miracolo nel vero senso della parola. Il miracolo è un fatto sensibile, che supera tutte le forze e le leggi della natura. Generalmente, quando si parla di miracolo, si intende il miracolo di ordine fisico, di cui si è data la definizione. Tuttavia quanto qui si dice si può applicare in proporzione anche al miracolo morale: è un fatto singolare, al quale cooperano bensì l'intelligenza e la volontà dell'uomo, ma richiede anche un intervento superiore, senza del quale non potrebbe avvenire. Anche esso si può conoscere e verificare: p. es. la fortezza dei martiri. Il miracolo, essendo al di sopra di tutte le forze della natura, esige un intervento straordinario di Dio, insolito, non perché raro, ma perché superiore all'ordine naturale. Non ogni effetto che procede immediatamente da Dio è un miracolo, p. es. la creazione delle anime; ma solo quello che non è conforme al corso ordinario delle cose da Dio stabilito e che avviene all'infuori, al di sopra o contro le forze naturali, p. es. la risurrezione di un morto, la guarigione istantanea di una ferita, l'impedire che il fuoco bruci, quando vi sono tutte le condizioni richieste. Il miracolo è possibile: 1° La prova migliore della possibilità del miracolo è la sua realtà. Esistono dei fatti miracolosi perentoriamente dimostrati, e ad essi si deve subordinare la teoria. 2° La possibilità del miracolo è uno degli articoli del Credo di tutti i popoli: «La storia ci mostra tutti i popoli che pregano, perché tutti hanno una religione e la preghiera non è che la lingua e la manifestazione esteriore della vita religiosa. Ora la preghiera suppone la fede in Dio e nella sua provvidenza che tutto governa. Se dunque l'umanità prega è perché essa non vede nella natura e nelle sue leggi una rigida, cieca e inflessibile necessità, una barriera insormontabile innalzata da Dio tra Lui e la sua creatura. Ma per contrario essa la riguarda come uno strumento docile nelle mani di Dio, che può modificare a suo piacimento, perché ne è l'Autore. Essa crede che la sua potenza infinita opera per mezzo delle forze e delle leggi fisiche e create, ma essa crede anche che opera al di fuori e al di sopra di esse, perché è Dio stesso che ha messo queste leggi nella natura o piuttosto che le ha create in vista dell'ordine naturale. Ecco ciò che costituisce il miracolo» 3° Perché dovrebbe essere impossibile il miracolo? Dio è onnipotente, egli liberamente ha creato il mondo dando al diversi esseri le loro. tendenze, stabilendone le leggi; ne è quindi indipendente, non è legato all'opera sua, ma ne è padrone assoluto. Tutte le creature infatti dipendono essenzialmente da Dio e quanto alla loro esistenza e quanto alla loro conservazione, essendo necessario che Dio le sostenga col suo attuale influsso. Un legislatore umano può porre delle eccezioni alle sue leggi e può in qualche caso sospenderne gli effetti; Dio non potrà fare altrettanto con le leggi della natura?. Dio è immutabile, ma col miracolo Dio non cambia i suoi decreti, avendo da tutta l'eternità con un atto semplicissimo di virtù infinita, con uno stesso decreto stabilito le leggi della natura con le loro eccezioni. Il miracolo dunque entra nel disegni di Dio, non muta, ma compie il decreto divino. Deus opera mutat, non mutat consilia (Dio muta le opere, non i pensieri; S. AGOSTINO). Al miracolo neppure si oppone la sapienza di Dio, quasi che col miracolo Dio correggesse qualche difetto. "aggiustasse la macchina del mondo per farla andar meglio" (VOLTAIRE). Questo è un falso concetto del miracolo. Dio non ha bisogno di ritoccare e correggere l'opera sua, che nel suo genere ha la perfezione voluta dal suo artefice, ma vuole dimostrare che ne è padrone assoluto, e ha dei fini altissimi nell'operare miracoli. Può con essi far conoscere agli uomini la rivelazione o la santità eminente di qualcheduno, o manifestare la sua bontà onnipotente ascoltando le preghiere che gli sono rivolte; può col miracolo cercare di scuotere dal loro torpore certe menti familiarizzate con le meraviglie della sua onnipotenza nella natura e sorde alle sue ispirazioni. Obiezioni e risposte:  1° Né vale il dire che le leggi della natura sono necessarie ed immutabili. Sì , noi non le possiamo mutare; ma Dio, che le ha stabilite, ne è padrone assoluto e con l'atto stesso di volontà con cui le ha fissate, può anche fare ad esse un'eccezione, può impedire con la sua virtù che in qualche caso particolare producano il loro effetto. 2° Ma se non si ammette l'assoluta immutabilità e costanza delle leggi naturali - continuano a dire gli avversari del miracolo - viene tolto il fondamento di ogni certezza, che è necessaria per le nostre operazioni e per la scienza. Chi non vede che una simile difficoltà si fonda sopra un falso supposto? Il miracolo non importa una derogazione continua e di tutte le leggi della natura, ma molto rara, ristretta a pochi casi particolari. È un'eccezione e l'eccezione conferma la regola; un'eccezione su cui praticamente non si deve far conto, sia nella condotta della vita, come nello studio delle scienze. Chi potrà dire seriamente p. es. che le leggi di gravitazione, le leggi biologiche sono diventate incerte, perché un giorno San Pietro ha camminato sopra le acque senza sommergersi, o perché Gesù Cristo ha risuscitato dei morti? Negare la possibilità del miracolo è lo stesso che negare l'esistenza di Dio. Conoscibilità del miracolo: È questo il punto dove più viva ferve la lotta. Molti, specialmente coloro, che vogliono combattere la religione e sembrare alieni da pregiudizi, non negano la possibilità del miracolo ma la sua conoscibilità, Dicono, se si tratta di miracoli antichi, che è ben difficile constatarne il carattere storico; se di recenti, che sono state possibili allucinazioni. Ed anche ammettendo la storicità dei fatti non si può essere certi che siano trascendenti, perché il loro carattere soprannaturale sfugge alle nostre osservazioni e perché non si conoscono tutte le forze naturali. Quante volte non si è sbagliate e si sono creduti veri miracoli dei fatti dovuti a forze naturali ancora occulte. Le forze occulte sono la trincea, dove si nascondono gli increduli, quando non hanno più altri argomenti. Ammettiamo che alcune volte, da persone troppo semplici e corrive a credere, in presenza di qualche fatto straordinario, troppo presto si è gridato al miracolo, e che si sono avuti come miracoli dei fatti che in realtà non lo erano. Ma queste sono eccezioni rarissime. Ammettiamo pure che alcuni fatti prodigiosi, narrati da qualche antico scrittore, debbano essere vagliati da una sana critica e possano essere trovati leggendari. Ma affermiamo che se non tutti i miracoli che avvengono, almeno molti si possono conoscere con ogni certezza. Innanzi tutto è facile constatare la loro realtà storica, Se si tratta di fatti presenti si possono conoscere come qualsiasi altro fatto sensibile con la testimonianza dei sensi. Questa testimonianza è certissima; perché o si cade nel più assoluto scetticismo o bisogna ammettere che i nostri sensi quando sono ben disposti e in condizioni normali, e non trovano impedimento nel mezzo ambiente, sono capaci di riferire con certezza gli oggetti che si percepiscono. Questo si deve affermare a maggior ragione dei fatti meravigliosi, che fanno maggiore impressione e rendono perciò più attenti, aguzzano le facoltà per osservare anche le minime circostanze e mettersi così al riparo di inganno o di illusione. Vi sono poi dei fatti così semplici ed evidenti, per es. vedere una piaga aperta o chiusa, un osso spezzato, che sono facilissimi a constatare. Se invece si tratta di fatti passati o lontani, la loro realtà storica si può constatare per mezzo di testimonianze degne di fede, rivestite di tutti i caratteri di scienza e di veracità, per mezzo di documenti, di monumenti, ecc. Negare la realtà di un fatto unicamente perché è miracoloso, quando vi sono in suo favore tutti gli argomenti più convincenti, è un aprire la via allo scetticismo storico, un rovesciare tutte le leggi storiche...............
Valore del miracolo: Accertata la verità storica e il carattere miracoloso dì un fatto, esso è un criterio infallibile per conoscere la verità, in cui favore è stato operato. Il miracolo infatti, essendo operato immediatamente da Dio, è come il sigillo della sua onnipotenza, la firma divina per autenticare qualche verità. Dio non può invero operare miracoli né permettere che altri abusi del suo sigillo, non può mettere la sua firma per confermare il falso. Altrimenti gli uomini, pure usando della loro intelligenza, prudenza e lealtà, sarebbero invincibilmente indotti in errore sopra i più importanti problemi della vita, sopra il bene e il male, sopra la via della salvezza, e questo errore dovrebbe attribuirsi a Dio infinitamente santo e verace. Quando dunque Dio opera un miracolo per confermare una dottrina, l'autenticità della missione di una persona, la sua santità, si è certi di non sbagliare su questi punti, perché Dio non può mettere la sua onnipotenza a servizio dell'impostura e dell'errore. - Testo di: G. RE S.J., Religione e Cristianesimo, tratto dal sito Apologetica Cattolica -

 
 
 

CARI ATEI AGNOSTICI RAZIONALISTI, CRISTO VI GUARDA

Post n°2573 pubblicato il 31 Ottobre 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Quelli della UAAR (Unione Atei Agnostici Razionalisti) si sono presi la briga di buttare alle fiamme un bel po’ di quattrini per realizzare un falso d’autore. Per tentare di vanificare la storia bimillenaria di un lenzuolo, quello della Sindone, che secondo loro (e tanti con loro) è un falso medioevale. Ma se così fosse, perché darsi tanta pena per un falso? Perché essere così infastiditi da un lenzuolo imbrattato? Perché buttar via denaro per una Seconda Sindone brutta e ridicola?
Il perché è semplice: è la rabbia di non poter cancellare l’impressione che, guardando la Sindone, rimane sulle anime. Essi pensano di non avere un’anima da salvare mentre ce l’hanno, e si agita in loro come un uccello in gabbia assetato di libertà. Mentre i senza speranza della UAAR si rovinano i giorni, arrampicandosi sulla necessità di farsi sbattezzare, Qualcuno continua guardarli. Loro non sono con Lui, ma Lui non cessa di essere con loro. Un giorno ne avranno bisogno. Un giorno in cui saranno davvero disperati e non per un battesimo non compreso, ma per una realtà non colta. E allora il loro sogno si infrangerà di fronte alla parola ultima della vita, quella di cui tutti siamo sicuri, quella della morte. Allora speriamo di esserci, noi che abbiamo creduto nell’Uomo della Sindone, speriamo di esserci a testimoniare la bellezza e la beatificante libertà di Colui che ha voluto guardarci con gli occhi del Padre.
Sì, Cristo ci guarda. Come ha guardato Pietro in quel giorno terribile del tradimento. Come ha guardato Giuda. Come ha guardato il giovane ricco nel giorno del suo slancio generoso, come ha guardato Zaccheo, mentre era sul sicomoro. Come ha guardato sua Madre, lungo la via dolorosa. Sì, lui ci guarda e forse ci guarda ancora più profondamente di come possa aver guardato allora. Oggi ci guarda attraverso il velo della morte e la luce straordinaria della risurrezione. È l’esperienza unica che si fa vedendo per la prima volta il Volto di Manoppello. È lui. E ci guarda. Nella Sindone di Torino e nelle immagini elaborate al Computer sul telo sindonico che lo rendono in qualche modo vivo, Cristo rimane come all’esterno. È lui, ma è avvolto ancora nel sonno della morte. Il lenzuolo, si sa (a dispetto di molti), pulsa nella storia come testimonianza viva della risurrezione di Cristo, ma l’immagine che ci rende è quella di un uomo avvolto nella maestà della morte. Trovarsi di fronte al velo di Manoppello è uno shock. Gli occhi sono vivi. E ti guardano. Le labbra sono dischiuse e ti sorridono. Il Volto di Manoppello: un finissimo telo di bisso marino che reca impressa l’istantanea di Colui che, vivo, vede il Padre. Ha visto il Padre e oggi guarda a noi con quello stesso sguardo. Chi l’avrebbe detto che quelle parole, dette un giorno ai suoi amici, dovevano raggiungerci così da vicino! Che dovevano risultare per noi così vere, più vere e vive di quanto non lo fossero per quei suoi discepoli: «chi vede me vede il Padre». Cristo ha voluto lasciarci il primo sguardo al Padre, dopo l’avventura dell’Incarnazione. Così descrive l’evento, Antonio Teseo, uno studioso della reliquia abruzzese:
All'alba del terzo giorno dalla morte di Gesù, un violento terremoto mosse la grossa pietra e nel sepolcro allora entrò la luce del Padre; proprio in quell'istante, la luce di Cristo filtrò i presunti teli sepolcrali (NdR: il telo di bisso marino e il telo sindonico) con i suoi raggi dritti e paralleli e lasciò impresso su di essi le figure riguardanti i segni della Resurrezione: il Volto di Gesù Risorto, i cui occhi avevano guardato il Padre, era stato illuminato dai raggi provenienti da destra così come vediamo nel Volto Santo di Manoppello.
Nel momento della resurrezione di Cristo, dunque, traspariva dal velo una definizione del Santo Volto in carne ed ossa prima che il corpo si smaterializzasse: questa si era andata ad impressionare sul lino della Sacra Sindone di Torino per proiezione, mediante il sangue della Redenzione di Cristo Gesù insieme al riflesso originato dalla luce divina. Tuttavia il liquido ematico aveva subito un processo chimico di ossidazione e disidratazione; esso era stato trasformato in una patina di polisaccaridi, di colore giallo paglierino, che sul lino risultava indelebile e percepibile solo da una certa distanza. L'immagine, per altro, si era andata a fissare solo sulla parte più superficiale delle fibrille dei fili. Anche tutto il restante corpo della figura sindonica risultava formata dal sangue della Redenzione. Se, dunque, osservando la Sacra Sindone di Torino noi meditiamo il corpo morto di Gesù, nel volto, invece, contempliamo la luce del Risorto Vivo e Vero.
Sovrapporre il bisso di Manoppello col telo Sindonico è, del resto, un’operazione affascinante. Le parti combaciano. La serenità dell’uomo della Sindone si carica della vivacità e dello sguardo acuto dell’uomo di Manoppello. Ed è lo stesso uomo. Esaminando il volto al Computer si scopre che effettivamente gli occhi del Cristo sono vivi e rivolti verso una fonte luminosa. Infatti la guancia destra più esposta a questa luce è effettivamente più illuminata dell’altra. Questo spiega anche il motivo per cui le tracce di sangue delle ferite, che compaiono sul Volto Santo, sono asciutte e pertanto poco evidenti. Sovrapponendo (al Volto di Manoppello) il volto della Sindone ho individuato nelle cavità oculari (di quest’ultima) degli indizi che misurati in scala sono esattamente sovrapponibili agli occhi del Volto Santo. In questo modo prendono corpo gli occhi del Salvatore (A. Teseo). Così anche le opere di molti artisti occidentali hanno dato corpo agli occhi del Salvatore. La loro arte, forse, dai più, non è ritenuta Sacra. Resta però arte suggestiva, per il pathos che la caratterizza, per quel misticismo intenso che si avverte, per il rivelarsi di una matrice, di un Keramion, appunto, di una misura.Anche il volto di Manoppello, come il telo Sindonico è divenuto “norma” e canone per molti artisti. Voglio segnalarne uno solo. Quello di Antonello da Messina, il Salvator Mundi del 1465, (forse una delle sue prime opere firmate e datate. Antonello non ha avuto tentennamenti nel dipingere il volto del Cristo frontale, con i lineamenti leggermente mongolici e gli occhi penetranti dall’iride luminosa. Ha tentennato invece dipingendo la mano. La mano benedicente (ancora si nota la velatura della prima posizione), pare voler bucare lo spazio e raggiungerci, viene verso di noi. Pare che Antonello abbia voluto dire: Lui è qui, ti benedice e ti guarda, anzi ti tocca. Sovrapporre a questo volto il volto di Manoppello è impressionante.Cristo davvero ci guarda. Ci ha lasciato accanto al suo Corpo e al suo Sangue, anche quello che l’Eucaristia non ci può dare, il suo sguardo. La luce piena di Cielo di questo sguardo. Il cielo del Padre che si è aperto al Cristo che, morto, ora vive per sempre. Cristo ti guarda, anzi ti tocca e non per un falso d’autore, ma per quel desiderio d’infinito che resta insopprimibile nell’uomo. Certe mode laiciste e razionaliste sono come la tempesta sul mare. Fanno gran rumore, ma il mare sta. Supera i secoli e i tempi. Il mare rimane nella sua calma abissale dei fondali marini. Questa calma abissale e profonda sale anche dallo sguardo di Cristo, che mentre guarda noi, vede il Padre. - Riva, Sr. Maria Gloria - culturacattolica -

 
 
 

DIETROFONT DELLE FEMMINISTE: ABBIAMO DISTRUTTO LA MATERNITA'

Post n°2572 pubblicato il 31 Ottobre 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

A scorrere il Manifesto “Sottosopra – Immagina che il lavoro…”, pubblicato dalla Libreria delle Donne di Milano, storico centro del femminismo nazionale, presentato lo scorso 24 ottobre, si potrebbe concludere che le femministe abbiano “finalmente” cambiato idea. Il manifesto – otto pagine fitte di riflessioni e proposte, articolate in dieci punti principali – si annuncia infatti con una frase che suona: “Perché il discorso della parità fa acqua da tutte le parti, e il femminismo non ci basta più”; e prosegue con affermazioni come «il patriarcato è morto: perfino la parola fa pensare al secolo scorso», o come «è morta l’idea di parità, cioè l’esigenza di misurarsi con i paradigmi di un mondo regolato solo sugli uomini»; o infine «questo sapere politico, che per molte donne è nato dallapresa di coscienza femminista, oggi incrocia la domanda globale di una politica più giusta. Ma non è il trionfo del femminismo. Al contrario, per le femministe è il momento di voltare pagina».
Femministe pentite? La realtà è più complessa. A cominciare dalla realtà del movimento delle donne, spesso frettolosamente identificato con un monolito turbolento, incendiario di biancheria intima, votato all’egualitarismo, mentre la sua storia e i suoi esiti sono multiformi, non univoci, non identificabili tout court con l’obiettivo paritario, ormai così popolare da essere entrato stabilmente nel lessico governativo. Le autrici del Manifesto - otto personaggi di spicco del movimento - danno continuità e voce a una linea che tradizionalmente ha visto nella differenza tra i sessi una ricchezza, più che un ostacolo da abbattere; e nella maternità un’esperienza da salvaguardare, più che da negare. Questa linea ora, di fronte allo stallo raggiunto dalle politiche banalmente egualitariste - incapaci di dare risposte adeguate, ad esempio, al problema della conciliazione tra famiglia e lavoro - riprende la parola per dire la sua. La dice, nello specifico, a proposito della dimensione lavorativa, ormai lontana da quella vitale, tanto lontana da rappresentarne ormai la contraddizione. «Un’altra organizzazione del lavoro è possibile», recita il manifesto: «non sono i desideri e i tempi delle donne che non sono adeguati al mercato del lavoro. È il lavoro così com’è organizzato che è lontano dalla vita di tutti, donne e uomini». È il lavoro che costringe uomini e donne a dieci, dodici ore di segregazione impiegatizia, quello che nel nome della tanto agognata parità ha appiattito abilità e meriti su un presenzialismo sterile. A dir male della parità, si rischiano tuttora sollevazioni, tanto le donne temono ancora la segregazione casalinga. Ma, mentre le stesse donne si schierano pronte contro il ritorno dell’oppressione patriarcale - che lo stesso femminismo dichiara ora obsoleta – non battono ciglio di fronte alla segregazione impiegatizia, che la veloce evoluzione delle tecnologie rende ancora più obsoleta della prima – e che per giunta le ha obbligate a disfarsi dei figli. L’organizzazione del lavoro, afferma il Manifesto, è estranea ormai ai più elementari desideri degli uomini e delle donne. Inclusa la maternità: alla quale si vorrebbe poter “dire di sì” altrettanto quanto al lavoro. Ma a riguardare la maternità come un desiderio, come una mera istanza femminile, invece che come uno scambio vitale tra genitori e figli, si rischia di perpetuare l’equivoco che ha nutrito provvedimenti come quelli oggi vigenti: che promettono alle lavoratrici madri il più pieno supporto, purché tornino il prima possibile al lavoro, rassegnandosi ad affidare i neonati a terzi a pochi mesi di vita. Una maniera di tutelare la natalità, forse; non certo la maternità, che non può essere derubricata a esigenza individuale, e quindi prescindere dall’ottica dell’altro polo della relazione genitoriale: i bambini Rientrare immediatamente in attività dopo la nascita di un bambino è dannoso per i neonati, ma le ricerche più recenti mostrano che non fa bene neppure al lavoro delle madri. L’ultima si deve ora a Chiara Pronzato, del Centro Dondena dell’Università Bocconi, che mostra come la protezione della maternità vada di pari passo con la promozione della presenza femminile nel mercato del lavoro: «una protezione protratta nel tempo aumenta la possibilità di ritorno al lavoro, mentre periodi più brevi forzano le madri a fare una scelta definitiva e precoce, con un più alto tasso di abbandono del mercato del lavoro». Secondo la ricerca, occuparsi personalmente del bambino per il primo anno di vita giova alla riduzione del tasso di mortalità dei neonati, alla possibilità di allattamento al seno e conseguente migliore immunizzazione, allo sviluppo delle capacità cognitive del bambino e alla sua carriera scolastica; effetti positivi che sarebbero assicurati da un congedo parentale fosse retribuito per l’intera durata dell’anno. Un suggerimento chiaro per il legislatore: cambiare il mondo del lavoro si può, e a tutto vantaggio delle donne, se si parte dai bambini. - Paola Liberace - ilsussidiario -

 
 
 
 
 

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Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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