ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi di Maggio 2010

GIOVANNI PAOLO II FECE L'ATTO DI AFFIDAMENTO DEL 2000 IN OSSEQUIO ALLE RICHIESTE DELLA MADONNA DI CIVITAVECCHIA

Post n°3663 pubblicato il 31 Maggio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Pubblichiamo l'intervento di S. Ecc.za Mons. Girolamo Grillo, Vescovo emerito di Civitavecchia-Tarquinia, tenuto al termine della processione con la statua della Madonna pellegrina di Fatima, la sera del 21 maggio 2010, in occasione della V edizione de "Il Giorno del Timone".

Mi si permetta, anzitutto, di fare riferimento all’Atto di Affidamento" a Maria Santissima, pronunciato da Giovanni Paolo II l’8 ottobre del 2000, in Piazza San Pietro per il Giubileo dei Vescovi, davanti all’immagine della Beata Vergine di Fatima. Mi soffermo soltanto su qualche espressione che in quella circostanza mi colpì non poco, al fine di fare con voi qualche riflessione.

"La Chiesa oggi - disse allora il Papa - con la voce del Successore di Pietro, a cui si unisce quella di tanti Pastori qui convenuti da ogni parte del mondo, cerca rifugio sotto la tua protezione materna e implora con fiducia la tua intercessione di fronte alle sfide che il futuro nasconde…"Vogliamo oggi affidarti il futuro che ci attende, chiedendoti di accompagnarci nel nostro cammino. Siamo uomini e donne di un’epoca straordinaria, tanto esaltante quanto ricca di contraddizioni. L’umanità possiede oggi strumenti di inaudita potenza: può fare di questo mondo un giardino, o ridurlo a un ammasso di macerie. Ha acquistato straordinarie capacità d’intervento sulle sorgenti stesse della vita: può usarne per il bene, dentro l’alveo della legge morale, o può cedere all’orgoglio miope di una scienza che non accetta confini, fino a calpestare il rispetto dovuto a ogni essere umano…".

Prima di parlare delle motivazioni che allora hanno indotto Giovanni Paolo II a fare questo "Atto di Affidamento", vorrei riflettere sul perché il Papa abbia adoperato alcuni termini che chiaramente lasciavano aperto il significato del messaggio di Fatima. Il Papa, infatti, rivolgendosi alla Madonna, affermava di implorare con fiducia la sua materna intercessione "di fronte alle sfide che il futuro nasconde…". Mi sembra doveroso dire che anche Giovanni Paolo II, come oggi lo stesso Benedetto XVI, era più che convinto dell’apertura al futuro della profezia di Fatima. E con molta probabilità egli, da mistico qual’era, conosceva più di noi il mistero che spesso si para davanti a ciascuno di noi. C’è poi un chiaro riferimento alla nostra epoca "straordinaria, tanto esaltante quanto ricca di contraddizioni", agli "strumenti di inaudita potenza" posseduti oggi dall’umanità, capaci di ridurre questo mondo a un ammasso di macerie, alle capacità di intervento sulle sorgenti stesse della vita, alla scienza che non accetta confini ecc. Ecco, quindi, che cosa si potrebbe profilare nel presente e nel futuro all’orizzonte dell’umanità; e non si tratta, come si può notare, di una prospettiva allettante, tanto più che, nella visuale dei Papi, potrebbe nascondersi ben altro anche per la vita stessa della Chiesa, come attualmente si sta verificando. Ciò premesso, mi si consenta ora di fare un riferimento piuttosto storico, partendo dalla seguente domanda: perché mai Giovanni Paolo II, ha voluto fare questo "Atto di Affidamento", in Piazza San Pietro, alla fine del Giubileo, insieme a circa 1600 fra Cardinali e Vescovi, alla presenza della statua proveniente dalla Cappellina delle Apparizioni di Fatima? Come si vedrà, non è questa una domanda soltanto retorica. Ci si ricorderà, che Giovanni Paolo II, dopo essersi convinto che la mano materna di Maria aveva deviato la pallottola omicida e che taluni passi del terzo segreto si riferivano proprio a questo episodio, il 12 e il 13 maggio 1982 volle recarsi pellegrino a Fatima per ringraziare la Madonna e nella Cova d’Iria consacrò al Cuore Immacolato di Maria la Chiesa, gli uomini e i popoli, con una menzione velata della Russia. Lo stesso Giovanni Paolo II consacrò una seconda volta il mondo al Cuore Immacolato di Maria, in una circostanza storica alquanto delicata. Il 25 marzo 1984 lo fece in Piazza San Pietro dinanzi ad una immagine della Madonna proveniente dalla Cappellina di Fatima, in unione con tutti i vescovi del mondo, i quali erano stati da lui contattati per lettera personale.

Ed allora perché mai il terzo "Atto di Affidamento", di cui è stato detto?

Credo che a questo interrogativo io stesso personalmente possa dare una risposta, che è la seguente. Siamo nel 1995 e cioè dopo il pianto di lacrime di sangue della Madonnina di Civitavecchia, avvenuto anche nelle mie mani. Proprio in quell’anno, la piccola Jessica Gregori che per prima aveva visto piangere la Madonnina, di appena sei anni, venne da me per quattro volte consecutive (settembre, ottobre, novembre e dicembre), dicendomi che ella aveva avuto l’incarico da una ragazza bellissima dell’età di 16 anni, che ella diceva fosse la Madonna, di recarmi alcuni messaggi e che il secondo di questi messaggi avrei potuto farlo conoscere anche al Papa. Naturalmente il sottoscritto non credette affatto ai messaggi suddetti, che definivo "stupidaggini" di una piccola bambina, dei quali qualcuno l’avrebbe imbottita. Dovetti ricredermi, però, circa un anno dopo, quando il primo di quei messaggi di fatto si è verificato. Ma, poiché, il secondo di quei messaggi era legato al primo, cominciai a riflettere. Nel secondo messaggio la Madonna mi chiedeva di fare "Atto di Affidamento" (disse proprio così la bambina, la quale non capiva nulla di questa espressione) di tutti i miei sacerdoti e che altrettanto avrebbe dovuto fare il Papa per tutti i sacerdoti del mondo. Feci conoscere tale richiesta, quindi, anche a Giovanni Paolo II, il quale anch’egli rimase perplesso, ma pensieroso, essendo venuto a conoscenza, per necessità di cose, anche del primo messaggio. Incredibilmente sia il sottoscritto sia il Papa abbiamo fatto questo "Atto di Affidamento" quasi in contemporanea, cioè alla fine del Giubileo (io nella mia diocesi su richiesta di alcuni miei sacerdoti e Giovanni Paolo II in Piazza San Pietro davanti a più di 1600 Vescovi).

Certamente di più non posso dire, perché sono vincolato al secreto voluto dalla Madonna, (a dire della bambina). Ma chi vuol capire, capisca.

Una storia di bambini, come si vede. A Fatima i piccoli pastorelli, ai quali la Madonna ha chiesto soprattutto preghiera e penitenza. A Civitavecchia, alla piccola Jessica di allora, ha domandato altrettanto. Ed ecco il motivo, per cui personalmente ho sempre collegato il pianto di lacrime di sangue al messaggio di Fatima; la qualcosa oggi per la prima volta il sottoscritto svela, in questa bella circostanza dedicata da "il Timone" alla Madonna di Fatima. Raccolti in processione ci siamo rivolti alla Madonna recitando il Rosario, cioè con la scansione di dieci Ave Maria, intercalata dalla contemplazione dei misteri dell’Incarnazione, Passione e Morte di Gesù. E a Maria ci siamo rivolti perché sia Lei a pregare per noi. Non è vero, forse, che anche la Madonna, in quasi tutte le sue apparizioni si presenta sempre con la Corona in mano? Ella, come è ovvio, non può recitare l’Ave, ma segue con molta attenzione il nostro ritmo, accompagnandoci con il suo sguardo materno. A Lei, Regina della pace e Regina della famiglia, domandiamo con tutta l’anima la vera pace, quella promessa da Gesù per il mondo, per le nostre famiglie e per noi stessi. Amen! - Questo discorso di Mons. Gerolamo Grillo è contenuto nell'articolo "Giorno del Timone - intervento mons. Grillo", pubblicato il 27-05-2010 nel sito Web - "Profezie per il Terzo Millennio" -

 

 
 
 

MESE DI MAGGIO CON MARIA: CI CONDURRÀ IN CIELO - 31 MAGGIO -

Post n°3662 pubblicato il 31 Maggio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Tutto l'arco dell'esistenza terrena viene affidato a Maria, perché ella ci insegni a contare i nostri giorni e ci ottenga la sapienza del cuore vigilante. L'ora della morte - come passaggio dal tempo all'eternità della vita - è il momento decisivo d'ogni creatura umana. "Alla morte di un uomo si rivelano le sue opere. Prima della fine non chiamare nessuno beato; un uomo si conosce veramente alla fine"(Sir 11,27-28). Ci rivolgiamo quindi a Maria. A lei affidiamo l'ora, il momento della nostra morte: un momento di cui non sappiamo "né il giorno, né l'ora". E’ bello vedere Maria non solo ricevere le anime come la morte a lei le porta, ma portarle essa stessa a ricevere la corona di gloria meritata con la sua assistenza. "Occorre augurare, specialmente alla gioventù odierna esposta a tanti pericoli, che la devozione a Maria divenga il pensiero dominante di tutta la vita. Con l'assiduità della preghiera si deve fare di Maria la quotidiana mediatrice, la nostra vera avvocata, sicché possiamo sperare che Ella, assunta nella gloria del Cielo, nell'ora del nostro trapasso... possa essere nostra Avvocata presso la divina bontà e misericordia". San Luigi da Montfort pone sulle labbra di Maria questa consolante "promessa": "Felici quelli che, col soccorso della grazia divina, praticano le mie virtù e camminano sulle tracce della mia vita... Felici nella loro morte, che è dolce e tranquilla. E alla quale abitualmente assisto di persona per introdurli io stessa nelle gioie del Cielo".

(Trattato della vera devozione a Maria, n.200).

Fioretto: Faccio un proposito che mi aiuti a vivere ogni giorno la devozione a Maria, in modo che trasformi la mia vita.

Giaculatoria: "Gesù, Giuseppe e Maria - assistetemi nell'ultima mia agonia".

Preghiera a Maria

Madre di misericordia. guarda a noi con intenso amore. Ora più che mai ne abbiamo bisogno. La terra. che tu stessa hai conosciuto. è piena di tristezze. Proteggi quanti, turbati dalle difficoltà o avviliti dalla sofferenza, sono presi da sfiducia e da disperazione. A coloro, a cui sembra che tutto vada male, dona confòrto: suscita in loro lo nostalgia di Dio e lo fede nel suo infinito potere di soccorso. Volgi il tuo sguardo a coloro che non sanno farsi amare e che la gente non ama più. Consola coloro, a cui la morte o l'incomprensione ha strappato gli ultimi amici e si sentono terribilmente soli. Abbi pietà delle mamme che piangono i loro figli perduti o ribelli o infelici. Abbi pietà di quanti non hanno ancora un lavoro e sono nell'impossibilità di dare ai loro figli pane abbondante e serenità. Che la loro umiliazione non li abbatta. Dona loro coraggio e tenacia nel riprendere giorno per giorno la propria avventura, nell'attesa di giorni migliori. Guarda benigna coloro che, illudendosi di aver raggiunto quaggiù lo scopo della vita, ti hanno dimenticata. Sii buona con coloro a cui Dio ha donato bellezza, beni e forti sentimenti, perché non sciupino questi doni in cose inutili e vane, ma con essi focciano felici coloro che ne sono sprovvisti. Ama finalmente coloro che non ci amano più. Maria, madre di tutti noi, donaci speranza, pace, amore. Amen.

(Preghiera trovata nella chiesa di San Giovanni Rotondo).

Dalla rivista mensile religiosa "PAPA GIOVANNI" n. 4, realizzata dai ‘Sacerdoti del S. Cuore’ (Dehoniani)

 

 
 
 

SONDAGGI E BIOETICA: I "MAGISTERI PARALLELI" CHE DISTORCONO IL PENSIERO DEL PAPA E L'INSEGNAMENTO DELLA CHIESA

Post n°3661 pubblicato il 30 Maggio 2010 da diglilaverita
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1. Il fatto che dei cattolici praticanti e non solo anagrafici mostrino una tale distanza dall’insegnamento della Chiesa non è solo il sintomo di una grave approssimazione dottrinale nelle parrocchie, ma peggio ancora è la prova che a livello più alto esistono dei “magisteri paralleli” che consapevolmente censurano o distorcono il magistero del Papa. E’ la conseguenza, secondo me, di aver appiattito per troppi anni la dottrina della Chiesa in una dimensione intramondana dove la solidarietà per gli “ultimi” si colora abbondantemente di sentimentalismo, senza ancorarsi a nessun criterio oggettivo. Che cosa rende cattolico un pensiero o una posizione? La disponibilità a confrontarsi con il Magistero e agire di conseguenza.
2. L’appartenenza ecclesiale genera indubbiamente una posizione originale nei riguardi del “mondo”. Non è scontato, o non è più scontato, ad esempio, prendersi cura di una vita allo stadio terminale. Non è scontato stare di fronte a chi muore o a chi nasce con gravissime malformazioni se non si ha nulla cui fare riferimento. La caratteristica di una posizione di appartenenza dovrebbe essere appunto la capacità di non fuggire di fronte alla realtà.
3. Secondo me il denominatore comune tra ateismo e agnosticismo consiste nella pretesa di autosufficienza. Può variare il grado d’intensità e di militanza, ma la base è comune. Ciò non toglie che alcune posizioni siano più disposte al dialogo di altre.
4. Quali sono le condizioni di un vero dialogo? Non certo la rinuncia alle proprie posizioni ma al contrario la passione per quello che si è incontrato. Questo fa valorizzare ogni spunto di verità e di sincerità presente nell’altro. Mi è capitato di discutere accanitamente via Facebook con un amico molto ateo, e di restare a bocca aperta (letteralmente!) di fronte a una sua affermazione: “Da quando ti ho conosciuto, ho cancellato l’iscrizione a molti gruppi atei e anticlericali perché mi sono accorto di quanto fossero stupidi e volgari”. Era l’ultima cosa che mi sarei aspettato! Noi cristiani non dovremmo mai sottovalutare il tesoro che portiamo nei nostri vasi di creta, guai a noi se lo annacquassimo! Quanto agli “atei devoti” prima di tutto bisognerebbe rifiutare questo termine spregiativo imposto dai media laici. Io parlerei di laici aperti alla fede. Certo c’è il rischio di strumentalizzare la religione, ma la loro posizione è degna della massima attenzione e rispetto. Senz’altro meglio di chi rifiuta la fede in quanto tale e le nega qualsiasi dignità.
5. “L’identità tra atto umano, atto morale e atto ragionevole ha ancora validità?”. Penso di sì, specialmente quando consideriamo che, ad esempio, creare una vita in laboratorio dove nulla è lasciato all’imprevedibile e alla gratuità, completamente finalizzata ai nostri scopi, sarebbe sentita come un atto assolutamente disumano. E’ umano, morale e ragionevole un gesto che lascia spazio a una dimensione oltre l’uomo, un gesto che non appartenga solo a una razionalità puramente strumentale.
6. Sull’intolleranza dell’UAAR non mi pronuncio. Se vogliono vivere sempre nel risentimento e se hanno sempre bisogno di un nemico è un problema loro.
7. “Le ragioni per difendere la vita sono universali?”. Agli occhi delle persone ragionevoli dovrebbero esserlo, pena l’estinzione della società in quanto tale. Ma siamo in una cultura dove l’ideologia è davvero diventata “l’intelligente destituzione del visibile”, come aveva intuito Hannah Arendt.
8. “La ragionevolezza di una posizione è determinata dalla educazione ricevuta e dalla tradizione in cui si è nati e cresciuti?”. Secondo me è un problema di libertà. L’appartenenza a una tradizione – specialmente quando viene assunta in modo acritico, come scriveva don Giussani – non è automaticamente indice di ragionevolezza. Certo una tradizione favorisce, ma in un’epoca che mette tutto in discussione occorre un lavoro per riscoprirne il valore e tornare a farla propria. Ancora Don Giussani citava questa splendida massima di Goethe: “Quel che hai ereditato dai tuoi padri riguadagnatelo per possederlo”.
9. Ai sondaggi, come agli exit-poll, si può far dire tutto e il contrario di tutto, e il modo di porre le domande è anche un modo di manipolare le risposte. Tuttavia credo che stavolta le cifre abbiano ragione. Il mondo cattolico è in una fase di grande confusione e disorientamento. Non è solo e nemmeno principalmente un problema di disciplina quanto di recupero della verità. Se i cattolici, specialmente i sacerdoti e i vescovi, pensassero di rendersi bene accetti al mondo dicendogli quel che gli piace sentirsi dire, tradirebbero non solo la Chiesa ma anche l’umanità, che da loro si aspetta “le risposte che non si trovano su Google”, e si condannerebbero all’irrilevanza e al disprezzo. - Da un articolo di  Romano Giovanni - CulturaCattolica -

 
 
 

CURO I GAY MA NON SONO UNA STREGA

Post n°3660 pubblicato il 30 Maggio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

È stato accolto in Italia come uno psicologo rinnegato che vuole “curare” i gay e farli diventare “normali” a tutti i costi. Hanno cominciato i giornali locali e nazionali, poi si sono messi in mezzo i suoi colleghi italiani, l’Ordine della Lombardia, quello del Lazio e altri. Tutti a decretare che Joseph Nicolosi è fuori dalla “loro” comunità scientifica e offende la “loro” professione perché, praticando la “terapia riparativa”, impedisce agli omosessuali di vivere liberamente la loro condizione. E a furia di veleni e menzogne, Nicolosi è diventato il mostro da tenere a bada coi forconi. Per adesso, fortunatamente, si sono fermati alla vernice rossa con cui nella notte fra il 19 e il 20 maggio sono stati imbrattati il portone e i muri attigui alla sede del Sindacato delle famiglie e del Forum delle associazioni familiari, a Milano, con scritte contro la presenza del “fascista” che nei giorni successivi avrebbe parlato a Brescia. Ma chi è Joseph Nicolosi? E cos’è la terapia riparativa? Perché suscita tanta ostilità? Tempi ha provato a chiederlo direttamente a lui, approfittando del suo passaggio in Lombardia in occasione del convegno sull’omosessualità rivolto a educatori, genitori, psicoterapeuti, dove è stato presentato il suo ultimo libro tradotto in italiano, Identità di genere. Manuale di orientamento (Sugarco, 448 pagine, 25 euro). Americano nato nel 1947, Nicolosi vive ed esercita la terapia riparativa nella sua clinica, la Thomas Aquinas Psychological Clinic, a Encino, California, dove dirige l’Associazione nazionale per la ricerca e la terapia dell’omosessualità (Narth), della quale esiste un piccolo nucleo anche in Italia. È membro dell’American Psychological Association e autore di numerosi libri e articoli scientifici, alcuni dei quali pubblicati anche nella nostra lingua. In un’epoca in cui è vietato considerare l’omosessualità una malattia, non poteva che nascere una leggenda nera intorno alla sua figura e alla sua terapia. Il 30 per cento dei clienti di Nicolosi, infatti, ha abbandonato definitivamente l’omosessualità.

Dottor Nicolosi, omosessuali si nasce?

Non esiste una prova conclusiva che le persone nascano omosessuali, non ci sono dimostrazioni decisive a livello genetico, biologico o di studi sul Dna. Molte persone credono di avere scoperto il “gene gay”, ma questo non è affatto vero. Potrebbe esserci una qualche predisposizione biologica, ma anche se ci fosse, non sarebbe determinante: i bambini nati con questa predisposizione temperamentale hanno comunque bisogno della classica “costellazione familiare” per trasformarla in un orientamento omosessuale. Questa “costellazione familiare” ha uno schema classico, ripetutamente documentato nel corso degli anni: una madre eccessivamente presente, invadente, dominante, e un padre distante, distaccato e/o ostile. Circa 25 anni fa, dopo una lunga attività diciamo ordinaria, come tutti gli psicologi lei “scopre” il dramma esistenziale di molti “omosessuali non gay”, che cioè non accettano la propria condizione. Così nasce e si articola la terapia che lei chiama “riparativa”.

Di cosa si tratta?

La terapia riparativa deve prendere le mosse dalla motivazione al cambiamento da parte del cliente. È lui che desidera risolvere qualcosa nella sua vita che gli causa disagio. Sogna un giorno di sposarsi e avere una famiglia; probabilmente si è dedicato a pratiche o ha assunto comportamenti omosessuali che ha trovato insoddisfacenti; ha vissuto per un po’ nella subcultura gay e ne è stato deluso e sta ora cercando di ridurre qualcosa che trova insoddisfacente, che gli crea infelicità, e desidera aumentare il suo potenziale eterosessuale. Quando il cliente è motivato comincia a comprendere come alcuni eventi della sua infanzia hanno posto le fondamenta per un adattamento omosessuale. Di solito comincia a riconoscere che la sua storia personale si inquadra nella classica triade familiare prima descritta; può darsi che identifichi momenti particolarmente traumatici, momenti di intensa vergogna riguardo la propria autostima, la propria identità di maschio, la formazione della propria identità di genere come maschio. Questi momenti allora diventano il punto focale della terapia. Si tratta di sciogliere i traumi del passato. Un altro fattore importante nella terapia è lo sviluppo di amicizie maschili significative. Il cliente comincia a rendersi conto che ciò che sta dietro la sua attrazione per lo stesso sesso in realtà non ha affatto carattere sessuale, ma è un desiderio di quelle che chiamiamo le tre A: attenzione, affetto, approvazione. Questi sono bisogni affettivi, bisogni di identificazione, e man mano che essi vengono soddisfatti attraverso amicizie profonde, in molti casi il cliente scopre che le sue tendenze omosessuali diminuiscono.

La teoria riparativa è efficace? Secondo i suoi critici sarebbe dannosa…

La terapia è efficace. Faccio questo lavoro da 25 anni e vediamo regolarmente che le persone cambiano. Questo non vuol dire che il cambiamento sia istantaneo o facile. È una terapia molto difficile e lunga, ma ovviamente ogni individuo può decidere quanto vuole restare in terapia, quanto vuole proseguire. Ognuno è libero di sceglierne l’estensione, ma in media la terapia dura due anni, a conclusione dei quali i sentimenti omosessuali residuali del cliente non sono più fonte di disagio per lui, non sono più compulsivi, ma vengono gestiti e congedati consentendo di rifocalizzare l’attenzione sulla propria vita eterosessuale. Per quanto riguarda i possibili danni, il dato di fatto è che non è mai stato sottoposto alla nostra attenzione un solo caso di danno derivante da essa. Come per ogni altro tipo di terapia, procedere rispettando sempre i desideri e i sentimenti del cliente è la garanzia contro il danno. Il cliente non viene mai forzato o spinto a fare o credere qualcosa che non sia vero per lui. Quindi i princìpi di ogni buona terapia, indipendentemente da quale sia il problema, valgono anche per la terapia riparativa.

In Italia il termine “riparativo” accostato al concetto di omosessualità suscita reazioni negative.

Sono stato io a coniare l’espressione “terapia riparativa”. Il concetto di riparativo è di origine psicoanalitica. Esso spiega che il sintomo, di qualsiasi sintomo si tratti, è in realtà un desiderio di autoguarigione. Quindi diciamo “terapia riparativa” perché il cliente prende coscienza che i suoi sentimenti omosessuali, il suo comportamento omosessuale sono in realtà un tentativo di “riparare se stesso”. Egli sta cercando di acquisire qualcosa che manca nel suo passato, cioè la relazione affettiva con altri uomini. Quindi il concetto che l’omosessualità è un impulso riparativo è in realtà confortante e consolante per il cliente, perché comprende che il suo comportamento non dice: “Sei un pervertito, sei uno strano, una persona malata”, ma dice invece: “Il tuo desiderio omosessuale affonda in realtà le sue radici in un desiderio naturale”. Quindi questo è molto confortante per il cliente. Tuttavia i miei critici vogliono intendere la parola “riparare” nel suo aspetto superficiale. Per quanto spesso io chiarisca il termine “riparativo”, ci sono sempre persone che continuano a fraintenderlo di proposito.

Dottor Nicolosi, i suoi critici e alcuni suoi colleghi dicono che lei è al di fuori della comunità scientifica internazionale, che l’American Psychological Association le ha proibito di esercitare la professione.

È falso. Sono membro dell’Apa da più di dieci anni, continuo a esserlo, nessuno mi ha proibito di esercitare la professione. Sono anche membro della Psychoanalytic Division dell’Apa. Credo che noi siamo nel regno della scienza, mentre molte altre associazioni di professionisti sono state trascinate da gruppi rappresentanti interessi particolari fuori dalla scienza e dentro la politica. Se stessimo facendo qualcosa di sbagliato, sarebbe l’Apa ad attivarsi contro di noi. Invece siamo noi a incalzare l’Apa, sfidandola ad essere più scientifica. - Marco Invernizzi - tempi -

 
 
 

E' ORAMAI NECESSARIO CHE IL LEGISLATORE ISTITUISCA IL REATO DI ETEROFOBIA

Post n°3659 pubblicato il 30 Maggio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Come ogni giorno, alle 8 del mattino, accendo il mio pc e consulto i media di interesse nazionale e mondiale e, come per magia, l'attenzione dei maggiori media europei è focalizzata principalmente su questa grave, ma non eclatante, vicenda: <<"Un giovane omosessuale di 24 anni è stato aggredito a Roma da un gruppo di quattro o cinque ragazzi, nella zona di Colle Oppio. L'episodio, denunciato solo oggi, si è verificato nella notte tra martedì e mercoledì a pochi passi dal Colosseo. Il 24enne, insultato e preso a calci e pugni, è stato ricoverato d'urgenza in ospedale, riportando diverse ferite, tagli e contusioni al volto e rischiando di perdere l'occhio.  La denuncia del fatto viene dall'associazione Arcigay che ha spiegato come il giovane, all'uscita dal pub "Coming out" mentre stava passeggiando verso la Stazione Termini, sia stato accerchiato davanti alle scale di accesso a Colle Oppio, è stato accerchiato da quattro/cinque ragazzi tra i 25 e 30 anni che probabilmente lo avevano seguito fin dall'uscita del locale. Poi è seguito il pestaggio. Il legale: "Gli gridavano gay di m..." . "Gay di m..." sarebbe la frase urlata più volte dagli aggressori mentre sferravano i calci alla loro vittima a terra, ferita. Lo riferisce l'avvocato della vittima, Daniele Stoppello e responsabile dell'Ufficio Legale di Gay Help Line. "Gli aggressori - ha aggiunto Stoppello - dopo averlo lasciato privo di sensi per terra, gli hanno poi sottratto il cellulare con il quale, prima di essere colpito era al telefono con un amico al quale è riuscito a chiedere aiuto e che lo ha poi raggiunto sul luogo dell'aggressione. Il ragazzo aggredito è stato ricoverato d'urgenza in ospedale". Il legale denuncia che il giovane ha riportato "lesioni gravissime".
Bene, premesso che all'aggredito va la mia personale solidarietà e preghiera e, premesso che gli aggressori meritano una degna punizione (come prevede il codice legale), sempre se la giustizia farà il suo regolare corso, mi domando e dico: sono le 8 e 30 del mattino, proverò a contattare telefonicamente amici e conoscenti che operano presso svariati 118 italiani, presso sedi ospedaliere, pronti soccorso, assistenze volontarie, ecc...! A seguito di una ventina di telefonate, per altro ben documentate nella mia agenda di blogger, vengo a sapere che le aggressioni avvenute nel week end, solamente quelle testimoniate dai miei contatti, sono circa 60 regolarmente denunciati alle autorità (immagino su tutto il territorio nazionale quante siano state). Pestaggi a donne, uomini, normali risse, botte di piazza, contusioni fuori e dentro i locali da ballo, aggressioni ad extracomunitari in Sicilia e Puglia, ecc... ecc... ecc... ! A seguito di questo reale e documentato stato di fatto, non ho altro da aggiungere: la mia unica considerazione è che in Italia ed in Europa esistono aggressioni di SERIE A e aggressioni di SERIE B .! Della serie che, se io vengo preso a calci e vado al pronto soccorso, se ne preoccupano i miei famigliari ed amici e, al massimo riesco ad ottenere una denuncia (sempre se al comando di Polizia non dormano - come mi è accaduto nel 2007), mentre se viene aggredito un gay è "bufera mediatica". Questa è una vergogna, ricordo i pari diritti che la Costituzione dovrebbe tutelare. Chiedo l'intervento del Legislatore affinché vengano adottate pari misure e venga istituito il reato di ETEROFOBIA, quotidianamente esercitato da lobby gay, giornalisti e movimenti faziosi. Siamo tutti UGUALI ..... CAPITO !!!!!! VERGOGNATEVI !!!!!!!! - Carlo Di Pietro - Pontifex -

Nota aggiuntiva

Per capirci meglio, l'eterofobia s'interpreta come un concetto simmetrico al quello di omofobia (odio degli omosessuali), dunque eterofobia sarebbe odio degli eterosessuali. In questo contesto, chi utilizza il termine eterofobia considera che l'omofobia è un'idea vittimista degli omosessuali e non un atteggiamento reale di discriminazione contro di loro. Si usa anche per segnalare l'atteggiamento dei gruppi omosessuali per discriminare i cattolici e altri gruppi religiosi che si oppongono o non appoggiano le loro cause.

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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