ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi di Gennaio 2012

DON STAMILE, IL PARROCO MINACCIATO DALLA MAFIA: VADO AVANTI CON L'AIUTO DI DIO

Post n°6664 pubblicato il 31 Gennaio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

"Non sono né un prete-antimafia, né un eroe. Sono solo un sacerdote che fa il proprio dovere, noi di fronte al male non possiamo tacere". Sono le parole con cui don Ennio Stamìle, parroco di Cetraro, provincia di Cosenza, commenta alla Radio Vaticana le gravi intimidazioni mafiose da lui subite nei giorni scorsi da parte della 'ndrangheta. Prima il danneggiamento della macchina e poi una testa di maiale mozzata, con un bavaglio in bocca, trovata sulla soglia della sua abitazione. Il sacerdote ne parla al microfono di Fabio Colagrande

R. – Sì, ho subito queste due intimidazioni – o minacce, che dir si voglia – nello spazio di pochi giorni. Semplicemente una reazione, magari, alla nostra azione pastorale che a volte deve assumere anche i toni della denuncia, come tra l’altro ci insegna il magistero sociale della Chiesa, in particolar la Solicitudo rei socialis di Giovanni Paolo II, che appunto suggerisce come la denuncia faccia parte della nostra azione profetica. Chiaramente, la denuncia – dice il Papa – viene dopo l’annuncio, però anche essa fa parte della nostra azione profetica. E’ chiaro che quando vediamo il male – quel male che raggiunge livelli preoccupanti perché coinvolge il povero, chi è solo, come gli anziani e addirittura i disabili – è ovvio che non possiamo tacere, come dice Isaia: “Per amore del mio popolo, non tacerò”. E' evidente che poi quando si denuncia, questa denuncia non viene colta come un invito alla conversione ma a volte in alcuni contesti, in alcuni ambienti purtroppo di sottocultura e di sottosviluppo, come una sorta di atteggiamento di sfida. Così, come non va quando i media utilizzano etichette mediatiche: “Il prete contro la mafia, la ‘ndrangheta …”. Il prete, come cristiano, non è contro nessuno. Noi siamo dalla parte dell’uomo, di ogni uomo, anche dell’uomo che evidentemente sbaglia. Questa è la nostra missione: noi non abbiamo – diciamo così – interessi da difendere, ma una funzione profetica da esercitare. E questo purtroppo non si comprende. E allora, questo a me dispiace molto: mi dispiace molto perché rischia di offuscare l’immagine di una Calabria straordinaria e di persone straordinarie che fanno del bene e lo fanno bene, silenziosamente, donandosi quotidianamente – giovani e meno giovani – a un’azione di servizio, di volontariato, di impegno pastorale nei confronti soprattutto dei più deboli …

D. – Don Ennio, mi sembra che da queste parole emerga chiaro il suo intento di non voler essere presentato come un “prete eroe”, un “prete antimafia”…

R. – Sì, giusto. Perché noi non abbiamo bisogno di eroi, abbiamo bisogno di persone che semplicemente facciano – si sforzino di fare, con i propri limiti, con le proprie debolezze – il loro dovere: solo di questo abbiamo bisogno. Di eroi non ne abbiamo bisogno, anche perché anche noi qui, a Cetraro, li abbiamo: Giannino Losardo, che è stato ucciso dalla ‘ndrangheta, e tante altre persone nella terra di Calabria. Non solo politici, ma anche magistrati, anche sacerdoti… Dunque, gli eroi ce li abbiamo già. Invece abbiamo bisogno di persone che si sforzino quotidianamente di impegnarsi per il bene, per la giustizia, per la legalità, per la solidarietà. Di questo abbiamo bisogno.

D. – Il suo impegno di pastore anche per la legalità a chi da fastidio?

R. – Beh, dà fastidio, evidentemente, a coloro che pensano di utilizzare strumenti atti a delinquere, per esempio l’usura, il "pizzo", ogni forma di violenza e anche di paura specie nei confronti delle persone più deboli. Con la scusa che in Calabria non c’è lavoro – e questo lo dico soprattutto per alcuni giovani – allora la ‘ndrangheta, si dice, ci dà lavoro e quindi ci affidiamo, ci affiliamo a essa…

D. – Dopo questi episodi, però, lei ha detto: “Proseguo il mio cammino”…

R. – Ma certo. Noi non possiamo sicuramente fermarci. Purtroppo, questa espressione è stata letta dai giornali in maniera – ovviamente – molto parziale, e questo non va bene. Noi certamente non ci fermeremo: ci mancherebbe altro. Perché ci dobbiamo fermare o intimorire? Assolutamente. Soprattutto perché non siamo soli: e non lo siamo non solo e non tanto perché tanta gente sta accanto a noi, ma perché il Signore è con noi. Ce lo dice San Paolo: "Chi ci potrà mai separare dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, la nudità, il pericolo, la spada?". Quindi, davvero con grande serenità andiamo avanti, cerchiamo di andare avanti, di fare semplicemente quello che dobbiamo fare. Noi non siamo degli eroi, assolutamente no.

(Fabio Colagrande) -radiovaticana.org -

 
 
 

A CINQUE ANNI DALLA MORTE IL RICORDO DI DON ORESTE BENZI UN ESEMPIO PER I PRO-LIFE ITALIANI

Post n°6663 pubblicato il 31 Gennaio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

“Il costante e indefettibile impegno di don Oreste nella difesa di tutti i più deboli ed emarginati, ma sempre con particolare amore alla vita nascente, resta nella storia dei pro-life un luminoso esempio di coraggio e di verità”. E’ quanto disse di don Oreste Benzi (1925-2007), fondatore e guida per oltre trent’anni della Comunità (oggi Associazione Onlus) “Papa Giovanni XXIII”, Mario Palmaro, filosofo e Presidente del Comitato “Verità e Vita”, nel giorno della sua morte, 5 anni fa’, il 2 novembre 2007.

Nella prossima Giornata per la vita, che sarà celebrata per il 34° anno di seguito domenica 5 febbraio in tutte (o quasi) le parrocchie italiane, verrà anche ricordato l'impegno operativo e la testimonianza pubblica pro-life di questo sacerdote romagnolo che ha vissuto accanto ed aiutato tanti giovani, proprio perché il tema al quale la Chiesa italiana ha intitolato questa XXXIV edizione della Giornata è "Giovani aperti alla vita".

“D’ora in poi tutti coloro che lottano per la difesa della vita - scriveva Palmaro nel comunicato pubblicato il giorno della morte di Benzi -, dal concepimento naturale alla morte naturale, hanno un protettore in più: poiché i santi vengono riconosciuti prima dal popolo e poi ufficialmente dalla Chiesa, noi lo pregheremo per darci sostegno nella battaglia contro la dominante 'cultura di morte'”. Negli stessi giorni, in un telegramma di cordoglio fatto pervenire al vescovo di Rimini, Benedetto XVI definì don Oreste “umile e povero sacerdote di Cristo”, ricordandone la “intensa vita spirituale come parroco” nella stessa città romagnola e “come infaticabile apostolo della carità a favore degli ultimi e degli indifesi facendosi carico di tanti gravi problemi sociali che affliggono il mondo contemporaneo”.

Don Benzi era nato a San Clemente (Rimini) il 7 settembre 1925, settimo di nove figli. All’età di dodici anni entrò in seminario a Rimini, venendo ordinato sacerdote il 29 giugno 1949. Nominato cappellano della parrocchia San Nicolò, nell’ottobre 1950 venne chiamato in seminario quale insegnante e nominato vice assistente della “Gioventù Cattolica”.

Dal 1953 al 1969 fu direttore spirituale nel seminario per i giovani nella fascia di età dai 12 ai 17 anni; insegnante di religione alla scuola Agraria San Giovanni Bosco e poi nei licei Giulio Cesare e Serpieri di Rimini e Volta di Riccione, riuscì a sperimentare innovazioni sul piano educativo. Dall’incontro con i giovani portatori di deficit psichico, grazie anche alla disponibilità a tempo pieno di alcuni giovani, don Oreste guidò l’apertura della prima Casa famiglia a Coriano il 3 luglio 1973 della Comunità Papa Giovanni XXIII, riconosciuta successivamente, il 24 ottobre 1998, “Associazione internazionale privata di fedeli laici di diritto pontificio” con decreto del Pontificio Consiglio per i laici.

Autore di numerosi libri di grande successo come “Con questa tonaca lisa”, “Scatechismo”, “Prostitute”, “Trasgredite”, “Ho scoperto perché Dio sta zitto” e l’ultimo, più recente, “Gesù è una cosa seria”, tutti pubblicati da Mondadori, Benzi ha aperto durante la sua vita 200 case famiglia, 6 Case di preghiera, 7 Case di fraternità, 15 Cooperative sociali, 6 Centri diurni per persone con gravi handicap, 32 Comunità terapeutiche per il recupero dei tossicodipendenti ed una “Capanna di Betlemme” per i barboni. Ha, insomma, salvato migliaia di persone, sole, disperate, schiave di droghe e del racket della prostituzione, carcerati, handicappati psichici, sfrattati senza casa e, appunto, bambini e bambine non ancora nati, in quest’ultimo caso anche con una testimonianza pubblica senza timori né convenienze.

Ad esempio, in occasione della nota richiesta di “suicidio assistito” di Piergiorgio Welby, nel dicembre 2006, come lo stesso Benzi raccontò ed è stato riportato dall’agenzia Zenit il giorno della sua morte, scrisse a questo malato di distrofia muscolare (era costretto a letto a respirare collegato ad una macchina) assurto alle prime pagine dei quotidiani per aver inviato una lettera aperta “pro-eutanasia” al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Nel messaggio personale di don Oreste a Welby, fra l’altro, gli diceva: "Piergiorgio, vedrai quanto è bella la vita. Chiunque soffre dà la possibilità all'uomo di ritrovare se stesso, di non ignorare l'altro, di ricomporre un'unità profonda. Non è la malattia che fa star male ma è l'abbandono che viene fatto della persona malata che lo fa soffrire".

Dalla fine degli anni 1990, poi, il servizio “Maternità Difficile” dell'Associazione Papa Giovanni XXIII promuove in diverse città d'Italia un momento di preghiera con la recita del Rosario in favore della vita nascente davanti agli ospedali in cui si praticano gli aborti.

A coronamento di questo suo impegno per la difesa della vita, pochi mesi prima di morire, in una conferenza tenuta a Bologna il 4 settembre 2007, Benzi propose di destinare a progetti pro-life parte dei fondi utilizzati per le “interruzioni volontarie di gravidanza”. Più volte levò la propria voce per denunciare la legge 194/1978 che, come disse una volta, “autorizza e finanzia ogni giorno la soppressione di quasi 400 bambini innocenti”. Il motto del suo impegno sociale non era, comunque, quello di mettersi “contro le donne” ma, piuttosto quello di schierarsi “al loro fianco, per difendere il diritto a non abortire”.

di Giuseppe Brienza - Tratto da Vatican Insider -

 
 
 

SAN GIOVANNI BOSCO E LA MADONNA: LA MAESTRA SENZA LA QUALE OGNI SAPIENZA DIVENTA STOLTEZZA

Post n°6662 pubblicato il 31 Gennaio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Alla tenera età di 9 anni Don Bosco ha il suo primo sogno. In esso Gesù e la Vergine gli preannunziano, sebbene in forma velata, la sua futura missione.
Gli parve di essere vicino a casa sua, in mezzo a una moltitudine di ragazzi che si divertivano in un grande cortile. Alcuni ridevano, altri giocavano, non pochi bestemmiavano. Al sentire le bestemmie, si slanciò in mezzo a loro, usando pugni e parole per farli tacere. Ed ecco apparirgli un Uomo venerando, nobilmente vestito, con una faccia così luminosa che Giovannino non riusciva a rimirarla. Lo chiamò per nome e gli ordinò di mettersi a capo di quei ragazzi aggiungendo:
— Non con le percosse, ma con la mansuetudine e la carità dovrai guadagnare questi tuoi amici. Fa dunque loro subito un’istruzione sulla bruttezza del peccato e sulla preziosità della virtù.
Giovannino, tutto confuso, risponde che è un povero ragazzo ignorante, incapace di fare questo.
In quel momento risa, schiamazzi e bestemmie cessarono e i ra gazzi si raccolsero intorno a colui che parlava. Ma cediamo la parola a Don Bosco stesso: «Quasi senza sapere che cosa dicessi, gli domandai:
— Chi siete voi che mi comandate cose impossibili?
— Appunto perché è cosa che ti sembra impossibile, devi renderla possibile con l’ubbidienza e con l’acquisto della scienza.
— Dove, come acquisterò la scienza?
— Io ti darò la Maestra. Sotto la sua guida potrai divenire sapiente; senza di essa ogni sapienza diventa stoltezza.
— Ma chi siete voi che parlate così?
— Io sono il figlio di Colei che tua Madre t’insegnò a salutare tre volte al giorno.
— Mia madre mi dice di non associarmi, senza suo permesso, con chi non conosco. Perciò ditemi il vostro nome.
— Il mio nome domandalo a mia Madre.
In quel momento vidi accanto a lui una Donna di aspetto maestoso, vestita di un manto che splendeva da tutte le parti, come se ogni punto fosse una fulgidissima stella. Vedendomi sempre più confuso, mi accennò di avvicinarmi a lei, mi prese con bontà per mano e mi disse:
— Guarda.
Guardai e mi accorsi che quei ragazzi erano tutti scomparsi. Al loro posto c’era una moltitudine di capretti, cani, gatti, orsi e parecchi altri animali.
— Ecco il tuo campo — ripigliò quella Signora —, ecco dove devi lavorare. Renditi umile, forte e robusto, e ciò che ora vedrai succedere di questi animali tu dovrai farlo per i miei figli.
Volsi allora lo sguardo ed ecco che al posto di animali feroci, comparvero altrettanti agnelli mansueti, che saltellavano, correvano, belavano come per far festa a quell’Uomo e a quella Signora.
Allora, sempre nel sogno, mi misi a piangere e pregai quella Si gnora che parlasse in modo da poter capire. Ella mi pose la mano sul capo dicendomi:
— A suo tempo, tutto comprenderai.
A questo punto un rumore mi svegliò e io rimasi sbalordito. Mi sembrava di aver le mani che mi facessero male per i pugni che avevo dato e che la faccia mi bruciasse per gli schiaffi ricevuti».

Tratto da: Luci sull’Est - atempodiblog.unblog.fr -

 
 
 

LA RICETTA DELLO ZABAIONE. PAROLA DI DON BOSCO

Post n°6661 pubblicato il 31 Gennaio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Oggi in molti dicono di amare i giovani, non tutti sono disposti ad iniziare ad amare quello che i giovani amano per poi aiutarli ad amare valori di portata gigantesca.
Nella Torino dell’Ottocento – tra anime giovani ferite e nostalgia di Dio intuita – ha iniziato a brillare la sua stella, quella stella che lo fece passare alla storia come il “santo dei giovani”. Tant’è che oggi, nel mezzo di un contesto nel quale dell’educazione si parla come di una sfida o di un’emergenza, si guarda volentieri a lui come alla musa ispiratrice capace di farci vincere lo scoraggiamento della fatica. “L’educazione è una cosa del cuore. Prima ama quello che i giovani amano, poi essi ameranno quello che ami tu” – disse un giorno San Giovanni Bosco, santo del quale domani celebreremo la festa.

Oggi in molti dicono di amare i giovani, non tutti sono disposti ad iniziare ad amare quello che i giovani amano per poi aiutarli ad amare valori di portata gigantesca. Forse la differenza è che a don Bosco mamma Margherita aveva insegnato bene l’arte di fare lo zabaione. Un alimento molto buono e tutto sommato semplice da realizzare: uova e zucchero. Ciò che lo rende speciale, però, è il tempo e l’energia che ci vuole per mescolare questi due ingredienti fino ad ottenere quella squisita crema che diventa la delizia di molti palati. Educare un ragazzo alla vita buona è un po’ come fare lo zabaione: spendere un sacco di energie per aiutarlo a tirare fuori il meglio di sé, ad aprire gli occhi sulla straordinaria potenzialità ch’è nascosta in lui, faticare per estrapolare dal marmo della sua esistenza quello splendido capolavoro che vi è imbrigliato dentro. È un po’ come mescolare le uova con lo zucchero: mescolare la vita del ragazzo con la vita di Dio, o di quell’ideale di uomo e di donna verso il quale un educatore tende a spingere la sua fatica educativa. Con un particolare tutto casalingo: le mamme, nel mentre fanno lo zabaione, mescolando mettono anche in conto di sporcarsi, tant’è che spesso le vediamo all’opera munite del loro grembiule da casalinghe.

Forse anche educare chiede di mettere in conto di sporcarsi: lavorare con la libertà dell’uomo è lavorare in un cantiere di frontiera, laddove il fascino dell’innamoramento chiede di rischiare per rimanere fedeli ad un sogno. Per don Bosco i giovani non sono mai stati un pacco postale su cui attaccare una destinazione e collocarli su un nastro trasportatore: nelle strade di Torino insegnò loro che “sveglio” è sì il contrario di “addormentato”, ma soprattutto l’esatto contrario di “rassegnato”, proprio quel tipo di esecutore senza fantasia che nessun datore di lavoro vorrebbe in nessun posto.
Oggi che la sfida dell’educazione sta chiedendo a tutte le agenzie educative di mettersi in gioco per riaccendere nei giovani la passione dei grandi ideali, l’avventura di don Giovanni Bosco ci può tornare di ispirazione: i cuori nascono caldi, sarà l’indifferenza e la mancanza di fiducia in se stessi che li raffredderanno. Riaccenderli sarà la sfida di ogni educatore che, calandosi nell’abisso di tante anime giovani ferite e annoiate, saprà con cuore e passione rimetterle in cammino sciogliendo le loro incertezze. E dando loro la bella sensazione che la loro storia di tutti i giorni – fatta di amori adolescenziali, di emozioni assopite e di titubanze tutte giovanili – non è poi così disprezzata dal buon Dio che, unico tra tutti, parte dalla loro quotidiana esistenza per far risuonare in essi la nostalgia delle grandi navigazioni.
Chissà se don Bosco sarà felice di sentirsi conficcato dentro qualche capitello, ossequiato da menti festanti e devote.

Immagino che preferirebbe tornare ad abitare le strade polverose dove hanno la residenza quei ragazzi che nessuno vuole. E riuscirebbe pure oggi a fare di loro i protagonisti di un’avventura educativa meravigliosa. Perché l’educazione non è una strategia, è rimasta ancor oggi una “cosa del cuore”.

Autore: Pozza Marco - Curatore: Buggio Nerella - Fonte: CulturaCattolica.it

 
 
 

VATICANO: L'ENCICLICA CHE NON VENNE MAI ALLA LUCE DI LEONE XIII SULLA DEVOZIONE MARIANA E IL ROSARIO

Post n°6660 pubblicato il 30 Gennaio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Si intitola «Decursu saeculorum» l’enciclica incompiuta di Leone XIII ritrovata un mese e mezzo fa negli archivi vaticani. Padre Hugo Thistleway e alcuni ricercatori che collaborano con lui hanno scoperto il documento iniziato e mai terminato da papa Vincenzo Gioacchino Pecci sulla devozione mariana e il rosario. «Gli archivi vaticani sono un’immensa miniera dalla quale affiorano ancora oggi tesori nascosti», commenta uno stretto collaboratore del cardinale salesiano Raffaele Farina, Bibliotecario e archivista di Santa Romana Chiesa.

Del pontefice dell’enciclica «Rerum novarum» è passato alla storia l’afflato sociale, ma fu soprattutto grazie al suo impulso che la cattolicità intensificò la catechesi mariana per dimostrare come la storia e il valore della devozione alla regina degli apostoli fosse importante per la Chiesa universale e per l’umanità. Leone XIII non si risparmiò per elogiare ed incrementare il rosario: tra documenti maggiori e minori si calcolano 22 interventi al riguardo. Il 5 settembre 2010, durante la visita apostolica nella cittadina laziale di Carpineto Romano (paese natale di Leone XIII), è stato Benedetto XVI, in occasione del bicentenario della nascita, a ricordare nell’omelia come il suo predecessore abbia contribuito «all’incremento della devozione mariana, specialmente mediante il Santo Rosario». E ciò «in un’epoca di aspro anticlericalismo e di accese manifestazioni contro il Papa salito al Soglio Pontificio nel 1878, dopo la breccia di Porta Pia, Leone XIII, quindi ancora politicamente e fisicamente “prigioniero” in Vaticano». Una devozione mariana che è anche legame storico.

L’Immacolata, infatti, è patrona di Carpineto Romano: il 6 dicembre 1657, il Consiglio comunale di Carpineto (il paese era colpito dalla peste bubbonica) decise di raccomandarsi alla Madonna e fece un voto pubblico. Esiste ancora il registro firmato, nel quale gli antenati concittadini di Leone XIII si impegnavano a festeggiare il giorno dell’Immacolata l’8 dicembre (duecento anni prima della proclamazione del dogma) a fare digiuno la vigilia e quindi il giorno 7 e a consacrare un giorno durante l’anno all’Immacolata. «Il Magistero della Chiesa da sempre ha promosso il culto e la devozione alla Vergine onorandola e invocandola come Regina degli apostoli e di ogni apostolato- spiega il teologo paolino, padre Giovanni Perego-. Certamente il magistero di Leone XIII, con le sue numerose encicliche sul rosario, indicò la via per una particolare spiritualità mariana». Per milioni di credenti l’orientamento alla devozione verso Maria madre e regina degli apostoli è venuto dall’enciclica di Leone XIII «Adiutricem populi christiani» sul santo rosario, dove si evidenzia come la Madonna «aiutò mirabilmente i primi fedeli colla santità dell’esempio, con l’autorità del consiglio, con la soavità del conforto, con la virtù delle sante preghiere; mostrandosi in verità Madre della Chiesa e Maestra e Regina degli apostoli, ai quali fu enziandio larga di quei divini oracoli che serbava in fondo al cuore».

Come con l’enciclica «Tametsi futura» su Gesù, Leone XIII indicò agli uomini del nuovo secolo i capisaldi del loro avvenire sociale e religioso nell’insegnamento e nell’esempio di Cristo «Via,Verità e Vita del mondo e dell’uomo», così, quattro anni prima (5 settembre 1895), con la «Adiutricem populi christiani» aveva indicato al mondo la Madonna come «la Madre della Chiesa, maestra e regina degli apostoli, via all’unità ecclesiale e mondiale». Leone XII, parlando della missione assegnata da Gesù morente a Maria, scrive: «Ella accettò ed eseguì di gran cuore le parti tutte di quel singolare e laborioso ufficio, i cui inizi furono consacrati nel Cenacolo». Dieci encicliche e sette lettere apostoliche furono dedicate da Leone XIII alla devozione a Maria, soprattutto sotto la forma del Rosario. Da Gregorio XIII a Leone XIII sono numerosissimi i documenti pontifici riguardanti il rosario. La maggior parte di questi riguarda l'erezione di confraternite, la disciplina, i privilegi. A ciò si collega l’accettazione del Santuario della Madonna del Rosario di Pompei, offerto dal fondatore il beato Bartolo Longo e la sua elevazione a Basilica Pontificia. Nel magistro di Leone XIII, la devozione mariana si estende a quella verso San Giuseppe (già dichiarato nel 1870 patrono della Chiesa universale da Pio IX) nella convinzione che «esistono buoni motivi per credere che ciò risulterà particolarmente gradito alla stessa Vergine Santa».

Con l’enciclica «Quamquam pluries», Leone XIII è stato il primo Papa a tracciare le linee di una teologia di san Giuseppe, definendone chiaramente i titoli che lo inseriscono nella storia della salvezza, ossia della redenzione umana, sia a livello dell’incarnazione, come sposo di Maria e padre di Gesù, sia a livello della vita della Chiesa, della quale è il naturale protettore. E nel primo Centenario della sua pubblicazione, il 15 agosto 1989, Giovanni Paolo II ha scritto un’Esortazione apostolica («Redemptoris Custos) per ribadire che la figura e la missione di san Giuseppe fanno parte integrante della storia della salvezza, in stretta unione con il mistero dell’incarnazione (Gesù e Maria) e della redenzione (la Chiesa).

Leone XIII vide nel rosario «una maniera facile per far penetrare ed inculcare negli animi i dogmi principali della fede cristiana». Riguardo ai mali della società, il Papa della Rerum novarum incoraggia e invita a questa preghiera per superare l'avversione al sacrificio e alla sofferenza ponendo la propria fede e il proprio sguardo sulle sofferenze di Cristo; l'avversione alla vita umile e laboriosa si supera da parte del cristiano meditando sull'umiltà del Salvatore e di Maria; l'indifferenza verso i misteri della vita futura e l'attaccamento ai beni materiali si guariscono meditando e contemplando i misteri della gloria di Cristo, di Maria e dei santi.

Giacomo Galeazzi -vaticaninsider.lastampa.it -

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 26
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Gennaio 2012 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
            1
2 3 4 5 6 7 8
9 10 11 12 13 14 15
16 17 18 19 20 21 22
23 24 25 26 27 28 29
30 31          
 
 
 

ARTICOLI DI FEDE MOLTO BELLI

 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963