ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 15/01/2009

Post N° 1294

Post n°1294 pubblicato il 15 Gennaio 2009 da diglilaverita
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LA CATTIVA NOTIZIA PER GLI ATEI E' CHE DIO ESISTE. QUELLA BUONA PER LORO E' CHE SPESSO E' ANCHE MISERICORDIOSO

Il Salmista lo aveva già usato più di tremila anni fa. I Signori Atei han scoperto l’acqua calda e gridano alleluja alla notizia ritrita! Peccato che l’orante biblico avesse un briciolo di consapevolezza in più, diceva infatti «Dicono gli empi: Dio non esiste». Ci piacerebbe fare una contro-pubblicità così: «Una cattiva notizia. Gli empi esistono. Una cattiva notizia. Non ne abbiamo bisogno».
Chissà se ai nostri Signori Atei piacerebbe l’epiteto del Salmista? Ohibò, ma sapranno chi è? E poi non sarà che per loro nemmeno esiste un tale personaggio? Una cosa è certa: a loro la Sacra Scrittura non serve. E forse a loro non serve nemmeno sapere che per la Sacra Scrittura l’empio non è semplicemente il non pio, ma è piuttosto colui che incontrando il bene non lo vede. E davvero non vede il bene chi si preoccupa di diffondere gratuite cattive notizie. Forse l’unico bene che vedono è il guadagno che una tale campagna pubblicitaria porterà nelle loro tasche. È ben triste però constatare come si possa facilmente buttar via del denaro (che si spera guadagnato onestamente). E come sia facile oggi offendere pubblicamente migliaia di cittadini diffondendo slogans che non rispecchiano pienamente il loro vissuto. Per amor del vero dobbiamo affermare di non sentirci particolarmente offesi come credenti, ma come italiani sì. Non siamo offesi come credenti perché Dio è più grande, per grazia, di certe buffonate e saprà difendersi egregiamente da solo. Del resto siamo convinti anche noi che il Dio che essi negano davvero non esiste, se non nelle loro teste. Anche noi dunque siamo a-tei del loro Dio. Non si scrive per difendere Dio ma per difendere i principi e i valori di una società, quella italiana, le cui radici giudaico-cristiane sono fuori discussione. Ma certo anche questo discorso non piacerà ai nostri Signori Atei. La verità di quella campagna pubblicitaria non è una pretestuosa libertà di professare l’ateismo bensì la volontà di indebolire il tessuto valoriale di una società che proprio nei grandi valori della fede trova la sua saldezza. Sotto le spoglie di una finalmente guadagnata emancipazione dalla religione si vuole promuovere l’imbarbarimento di una civiltà dove l’unica legge sia il proprio istinto. Forse il miglior modo per combattere un tale progetto è quello di ignorarlo. Diceva già il buon Dante «non ti curar di lor ma guarda e passa». Navigando tra i blog, ci si imbatte sovente in esperienze umane drammatiche, raccontate con sincerità disarmante. E poiché le grandi domande del senso religioso affiorano continuamente, non è raro il caso in cui chi si confida parli della propria esperienza religiosa. Uno dei post più impressionanti letti recentemente racconta in termini liberatori la "solitudine dell’ateo". Vi si descrive il senso di libertà nella "sensazione di essere solo, solo con le persone come te e come me", nel sapere che "nessuno guarda oltre a noi", che "possiamo contare sulle nostre forze" perché "dipende esclusivamente da noi", "senza dover cercare un di più", "nessun dio che vuole o attende, che giudica, che mi perdona", perché "questo mondo è nostro e solo nostro". La persona che sta dietro queste righe merita sicuramente un grande rispetto; non è facile conoscere la varietà di fattori e la storia che porta ad esprimere giudizi di questo tipo. Ma l’occhio, l’occhio di Dio che guarda, che è Presenza e protagonista nella Storia, a che cosa si riduce nell’esperienza sopra narrata? All’Occhio terribile e iniettato di sangue del truce Sauron, un nemico implacabile che ti scruta e ti giudica. E’ la mentalità che una canzone come "Imagine" di John Lennon ha reso giudizio diffuso:
"Immagina che non ci sia il Paradiso
prova, è facile
nessun inferno sotto,
sopra di noi solo il cielo
Immagina che tutta la gente
viva al presente..."

Perché allora un ateo come Aleksandr Zinov’ev ha scritto questa "Preghiera di un ateo credente"?

"L’han provato i ciclotroni nei laboratori,
lo dan per sicuro negli auditori:
di cromosomi ed elettroni è pieno il mondo, non c’è proprio posto per Te. Che me n’importa?
Sopravvivenze e frode del pretume.
Eppure ti scongiuro, Dio mio:
sii per me almeno qualche cosa!
Quanto vuoi debole e miserello,
non tutto-misericorde e onnisciente,
non tutto-amoroso e provvidente,
sii pur sordastro e tardo nel reagire.
Signore, mi basta ben poco,
una piccolezza, non me la negare:
per amor di Dio, sii onniveggente!
Per favore, ti scongiuro, vedi!
Vedi soltanto, semplicemente vedi,
vedi continuamente, a tutt’occhi vedi
quanto nel mondo si fa pro e contro.
D’una sola cosa ti devi occupare:
vedi ciò che faccio io - che fanno gli altri.
Son disposto a farti sconto:
se ti è difficile vedere proprio tutto,
vedi almeno di tutto un centesimo,
sii almeno per questo, Signore!
A viver senza uno che veda
più non ce la faccio. Perciò
grido a squarciagola: Padre!!
Io non prego, io esigo: sii!.
Sussurro e urlo a perdifiato:
Sii, Padre, Sii!
No, non pretendo, ti scongiuro:Sii!!!!"

(da Cime abissali, trad. di G. Venturi, Adelphi, Milano)

brani ripresi da CulturaCattolica.it

 
 
 

Post N° 1293

Post n°1293 pubblicato il 15 Gennaio 2009 da diglilaverita
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15 GENNAIO VERGINE DEI POVERI DI BANNEUX

Banneux è un piccolo villaggio delle Ardenne, in Belgio, distante poco più di venti chilometri dalla città di Liegi. Un villaggio di gente povera, formato da appena 325 anime, quasi tutti minatori addetti alle torbiere e boscaioli venuti da fuori per lo sfruttamento delle grandi foreste delle Ardenne. In una frazione di Banneux, chiamata La Fange (Il Fango), aveva posto la propria dimora Julien Beco, che aveva sposato nel 1920 Louise Wégimont. Un anno dopo, il 25 marzo 1921, di Venerdí santo, nasce Mariette, la prima di undici figli.
La bambina, come primogenita, si trova spesso nella necessità di aiutare la propria famiglia. A scuola é in ritardo di due anni rispetto ai suoi coetanei per le molte assenze dovute agli impegni familiari ed anche al catechismo, al quale si è iscritta il 20 maggio 1931, risulta essere la peggiore della classe, tanto da provocare le rimostranze del cappellano.
Nessuno però in famiglia si preoccupava di queste cose, a casa dei Beco, fra l’altro, si respirava a quel tempo un clima di completa indifferenza religiosa. Un atteggiamento piuttosto comune tra gli abitanti di Banneux, dove incredulità e agnosticismo, alimentati da vaghi ideali "socialisteggianti", erano assai diffusi.
Ma ecco che una domenica di gennaio del 1933, accadeva qualcosa di insolito, destinato a cambiare non solo l’esistenza di Mariette e della sua famiglia, ma anche a imprimere una svolta nella storia della nostra vecchia Europa, a cavallo fra le due grandi guerre. Qualcosa che è giunto fino a noi come lo "straordinario mistero di Banneux".
Il 15 gennaio 1933, la neve e il ghiaccio hanno ricoperto "la Fange", il vento soffia gelido e tagliente. Sono le sette circa di sera. Una bambina di poco più di undici anni, Mariette Beco, sta guardando attraverso i vetri della cucina, da cui si scorge l’orto, la strada e il bosco di abeti. Da lontano spia il ritorno del fratello Julien, uscito di casa con alcuni amici fin dal mattino, e intanto sorveglia il sonno dell’ultimo nato, che dorme beatamente nella culla. All’improvviso vede in giardino la figura di una bella Signora. È ritta, immobile, splendente, con le mani giunte e il capo leggermente inclinato verso sinistra. "Oh mamma – esclama lei – c’è una Signora in giardino!".
Mariette prende una corona che solo qualche giorno prima aveva trovato lungo la strada di Tancrémont e si mette a recitare il rosario mentre contempla con stupore l’apparizione. La bella Signora le fa cenno di andare da lei, Mariette allora lascia la finestra apprestandosi ad uscire, senonchè sua madre, spaventatissima, glielo impedisce chiudendo la porta di casa a chiave. Mariette torna alla finestra, ma la Signora è già scomparsa.
Tre giorni dopo, alla stessa ora, ha una nuova apparizione. Questa volta esce in giardino e segue la Signora fino a una fonte, dove le viene ordinato di immergere le mani dentro l’acqua. La bambina ubbidisce senza esitare e la bella Signora le dice: "Questa sorgente è riservata per me". Poi la saluta con un cortese "Buona sera, arrivederci!".
La sera del 19 Gennaio, accompagnata questa volta dal padre, Mariette esce di casa e giunta in giardino si inginocchia, nonostante il terreno ricoperto di neve, e prega a bassa voce. Quando a un certo punto stende le braccia verso il cielo e grida: "Eccola!".
Dopo un attimo di silenzio, domanda: "Chi siete voi, bella Signora?". E la Signora le risponde: "Io sono la Vergine dei Poveri".
Poi la Madonna guida la bambina fino alla sorgente. Qui Mariette s’inginocchia e domanda ancora: "Bella Signora, ieri voi avete detto: questa sorgente è riservata per me. Perché per me?". E così dicendo, porta la mano al petto, indicando se stessa. Il sorriso della Madonna si accentua ancora di più e le risponde che quella sorgente "è per tutte le nazioni…per gli ammalati…". Nelle apparizioni successive la Vergine domanda che le si costruisca una piccola cappella, raccomanda di pregare molto e rivela a Mariette il suo compiuto materno: "Io vengo ad addolcire la sofferenza…".
Nella sua ultima apparizione, il 2 marzo 1933, la Madonna ha il volto grave e non sorride. Dice a Mariette: "Io sono la Madre del Salvatore, la Madre di Dio". Poi stende le mani sulla bambina e dopo averla benedetta con un segno di croce scompare. Mariette Beco dopo la fine delle apparizioni e per il resto della sua vita ha cercato di condurre una vita normale, cercando di evitare ogni sorta di clamore e pubblicità. Si è poi sposata ed ha messo su famiglia. L’autenticità delle otto apparizioni avvenute a Banneux è stata riconosciuta dalla Chiesa nella lettera pastorale di monsignor L. J. Kerkhofs, vescovo di Liegi, il 22 agosto 1949, che aveva ricevuto nel ’42 dalla Santa Sede l'incarico di occuparsi del caso. Ma fin dai giorni successivi alle apparizioni era cominciato nel piccolo villaggio belga il flusso inarrestabile dei pellegrini. Da allora, tutte le sere, nel piccolo paese una folla di fedeli continua la devota preghiera di Mariette Beco. Banneux è diventato un centro di spiritualità mariana, dove innumerevoli sono le guarigioni nel corpo e nello spirito che avvengono a quei credenti che - in questo luogo e attraverso Maria - lo chiedono caparbiamente con fede al Signore. Tutte le nazioni sono convocate a Banneux, nel cuore dell'Europa, perché riconoscano che solo Dio può donare la luce vera, quella che illumina ogni uomo. In modo speciale agli ammalati nel corpo o nello spirito è offerta la sorgente perché trovino sollievo nelle loro sofferenze e possano viverle con Gesù, avendo accanto la Madre. Nel corso degli anni la devozione verso questa straordinaria epifania mariana è cresciuta nel cuore dei fedeli e di molti santi e fondatori di famiglie religiose. Come non ricordare Don Calabria che pose i suoi figli spirituali sotto la protezione della Vergine dei Poveri? E così hanno fatto anche il P. Marcel Roussel, fondatore delle Lavoratrici Missionarie dell’Immacolata, e P. Andrea Gasparino del Movimento Missionario Contemplativo Charles de Foucauld. Senza contare la devozione del beato cardinale Schuster che faceva recapitare ad amici ammalati bottigliette d’acqua della sorgente dove la Madre dei Poveri era apparsa riservando quell’acqua miracolosa a tutte le nazioni.

 
 
 

Post N° 1292

Post n°1292 pubblicato il 15 Gennaio 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

IL CORAGGIO DEL VESCOVO DI MESSINA: LA CITTA' VIVE SOTTO UNA CAPPA MASSONICA

Ha "studiato" per due anni. Ventiquattro mesi di servizio, senza urla, senza strepitì – non è nel suo carattere – facendo sentire la sua voce solo nei momenti indispensabili: i passaggi spirituali in cui il Pastore indica la strada al suo gregge e durante alcune vertenze lavoro (Birra Messina, Molini Gazzi, Pumex e collegamenti con le Eolie). Per il resto un attento "apprendimento". «Perché solo la conoscenza può portare alla riorganizzazione e quindi al rinnovamento» dice. Per due lunghi anni, ovvero da quel 13 gennaio 2007, quando mons. Calogero La Piana si è insediato nella sua nuova Chiesa, l'Arcidiocesi di Messina, Lipari e Santa Lucia del Mela, una delle più vaste d'Italia, con oltre 600 mila abitanti, 244 parrocchie, 16 vicariati, 241 sacerdoti secolari e 130 regolari, con una media di 1405 battezzati per sacerdote. Ventiquattro mesi per capire la realtà che lo circonda, prendere decisioni importanti e soprattutto far ascoltare il timbro vero della sua voce: pacato, ma fermo. Deciso. Con obiettivi precisi. E con idee altrettanto chiare, che al termine di quasi due ore di intervista trovano la sintesi. Sintesi che viene fuori come il magma dal vulcano. Come profonda ferita nel cuore del Pastore che vorrebbe vedere il suo gregge non smarrirsi per percorsi impervi. «C'è una forma di ipocrisia che è tipica della nostra città. Una città che troppo spesso vive di effimero e di apparenza. E l'ipocrisia è l'espressione di una realtà più vasta che è la massoneria. La nostra è una città che vive sotto una cappa massonica che controlla tutto e tutti, che impedisce lo sviluppo per poter dominare tutto. Guardate a fondo cosa c'è sotto lo strato che si vede in superficie, dietro la vetrina. Il controllo dell'economia, di opportunità di lavoro. Alla fine, questo rende la città sottomessa a logiche che non consentono a chi ha capacità di potersi realizzare, di esprimersi. O entri nel meccanismo o non avrai spazio: è un clima massonico, c'è chi lavora perché tutto appaia in un certo modo e che impedisce l'espressione della creatività dei messinesi. In città ci sono tra 32 e 38 logge massoniche».

– Esistono delle commistioni tra Chiesa e massoneria messinese?

«Cosa dire: non credo e lo dico col cuore. Credo che la Chiesa venga, invece, strumentalizzata. A molti massoni fa comodo mascherarsi da uomini vicini alla Chiesa, in modo da potersi costruire una veste di "buono". Ripeto: non credo che la Chiesa sia implicata, ma ci sono persone che fanno parte di questi meccanismi che sono vicine».

– Nella recente omelia, in occasione della celebrazione per il centenario del terremoto, lei ha richiamato le istituzioni ad un impegno responsabile per completare la ricostruzione di Messina. Salesiano e uomo di popolo, avverte il senso generalizzato di sfiducia da parte della gente nei confronti della classe politica?

«I cittadini sono smarriti, non sanno più a chi rivolgersi, con chi interloquire per i loro bisogni. Non ottengono risposte da troppo tempo: Messina è in depressione sociale, lo si avverte giornalmente. È un problema serio. La dignità sociale viene calpestata quando i livelli di trasporto pubblico sono questi, quando le persone vivono ancora nelle baracche. La nostra gente sente parlare da anni di completamento di nuovi svincoli, potenziamento dell'approdo di Tremestieri, di un atteso risanamento, di una oculata politica edilizia e del lavoro. E non si possono dimenticare i 45 villaggi, spesso al collasso, forse quelli non sono cittadini? Tutto questo è frustrante. Persino il Palazzo della Cultura a Messina nasce vecchio di trent'anni».

– Ma è un problema legato ad una mediocre classe politica messinese?

«Non entro assolutamente nelle valutazioni dei singoli, per carità. Non è il mio stile e non è mio compito. Io parlo di un sistema generalizzato, che caratterizza anche il resto dell'Italia. Manca la vera formazione politica dei nostri amministratori, quella politica a servizio della collettività. Non ci si improvvisa politici, molti invece lo fanno per assicurarsi uno stipendio, un posto di lavoro per alcuni anni. Il modus operandi è chiaro: obbedisce a progetti di classe, di settori, di famiglie, non a un progetto di bene comune. C'è sempre il prevalere di un interesse privato, di qualche famiglia».

– Gli scandali all'Università sui concorsi con il rettore sospeso, il presidente della Provincia indagato, lo sviluppo selvaggio dell'edilizia con alcune inchieste in corso. Si riferisce a questo?

«No, mi creda, lo ripeto. Non parlo di singole persone o di singole istituzioni. Il mio è un discorso generale: mi riferisco ad un indirizzo generalizzato, ad un modo di fare che caratterizza la nostra Nazione, la nostra regione, la nostra città. Perché stupirsi dell'Università, il sistema clientelare è ovunque, anche nelle piccole cose. È un modo di essere».

– Dopo qualche mese dal suo arrivo in città, Lei parlò di «assenza di senso civico e sociale». Anche recentemente è stato chiaro: è necessario ricostruire i valori per ricostruire la città e la società.

«È la conseguenza di quanto ho detto prima. O si ricostruisce un vero senso civico, un nuovo stato civile o non c'è speranza. Siamo afflitti dalla degradazione della sessualità, dalla visione materialistica ed edonista della vita, dall'affievolirsi dell'amore per il focolare domestico, l'atteggiamento troppo permissivo dei genitori, la scarsa incidenza della proposta educativa e formativa, l'indebolirsi dei vincoli familiari. E poi manca la cultura dell'osservanza delle leggi e in alcuni casi anche chi è chiamato a farle rispettare per lacune di organico. Porto un esempio, ma ci tengo a sottolineare che si tratta di un semplice esempio: guardate cosa accade il venerdì e il sabato notte nel centro della città. È una giungla, non ci sono regole, non c'è il minimo rispetto per l'altro».

– Nel corso di un incontro pubblico ha detto che «Lo Stretto di Messina si sta restringendo sempre di più, lo Stretto ci sta troppo stretto e dobbiamo tutti impegnarci per allargare la città dello Stretto con la creazione di nuovi e ampi spazi». Di quali spazi parla?

«Mi riferisco agli spazi di socializzazione, quelli che ti consentono di comunicare direttamente, di scambiare concetti, di fare cultura. Se non c'è relazione, non c'è sviluppo. E parlo degli spazi vitali ed esistenziali per assicurare e garantire sostegno alla famiglia, diritto al lavoro, alla casa, alla salute e ad una esistenza decorosa».

– Come può accadere nel 2009, che due fratelli muioiano di stenti in una casa e per tre-quattro mesi nessuno si accorga di nulla?

«Perché la gente ha paura di aprirsi all'esterno, ha perso la speranza. Siamo tutti guardinghi, non c'è fiducia nell'altro. Ognuno guarda al proprio orticello, senza preoccuparsi di cosa succede a pochi metri di distanza».

– La Chiesa ha delle responsabilità per questo clima generalizzato di sfiducia presente tra la gente?

«Vuol sapere se la gente si sta allontanando da noi? La gente, come le ho detto, si allontana da tutto e si chiude in se stessa. Ma noi non ci tiriamo indietro – sorride –. Ne parlavo qualche giorno fa con il questore Mauro: mi ha detto che la Chiesa è ormai l'unica Istituzione a essere rimasta vicina alla gente. Dove c'è una parrocchia, c'è una casa, c'è un centro di socializzazione. Ma c'è bisogno dell'aiuto di tutti, soprattutto nei rioni abbandonati e nei più malfamati. Proprio il questore mi ha confermato che sarà aumentata la presenza delle forze dell'ordine anche a S. Lucia sopra Contesse e a Bisconte. Ho chiesto che la stessa cosa venga fatta a Giostra, a S. Matteo».

– Proprio pochi giorni fa il danneggiamento delle finestre della parrocchia dell'oratorio salesiano. Atto intimidatorio vista la grande opera dei salesiani in quel quartiere controllato dalla criminalità o semplice bravata?

«Se devo esprimere un parere, penso più alla bravata, tipica di una gioventù che in quei luoghi tende a dimostrare la propria forza in questi modi. Basta dare uno sguardo in giro, nella piazza, per avere un'idea. Ma questo non vuol dire che sottovaluteremo il problema. Il messaggio è chiaro: se qualcuno pensa di intimidirci sbaglia di grosso, la storia dei salesiani lo dimostra. La parrocchia e la diocesi si sono accollati un mutuo per ristrutturare il teatro, che si aspetta da decenni, ma i fondi non basteranno (servono altri 300 mila euro, ndc). Ho detto al parroco di non abbattersi, ce la faremo».

– Da San Matteo a Santa Lucia sopra Contesse il passo è breve. A che punto è il progetto del centro socio-pastorale?

«Ho chiesto la rivisitazione del progetto, perché com'era non andava bene. Troppo grande e troppo dispersivo, sarebbe stato difficile da gestire, anche come costi. Preferisco le cose meno roboanti, ma molto più funzionali. Sto aspettando il nuovo progetto da parte dei tecnici».

– La commemorazione del centenario del terremoto poteva essere una grande occasione. In realtà, a parte le iniziative religiose, è stato un flop.

«Anche io avevo immaginato altro. Avevo anche proposto un atto simbolico: la costruzione di un'opera importante sotto il profilo morale, anche un centro sociale sarebbe andato bene, in una zona degradata della nostra città. Avevo pensato a Fondo Fucile. Un segno per dimostrare che si può risorgere. Non ho avuto risposte. Il resto è stato una seria di mostre e conferenze accademiche».

– Due anni di Episcopato a Messina. Il suo personale bilancio.

«Il mio primo grande impegno è stato rivolto alla conoscenza territoriale della diocesi. Ho incontrato le realtà ecclesiali, quasi tutte le parrocchie. Ho voluto parlare con tutti i sacerdoti, presenti nei 16 vicariati. E tra aprile e maggio tornerò a incontrarli. Poi ho rinnovato gli organismi di partecipazione a cominciare dal Consiglio presbiteriale diocesano. A breve completerò anche il Consiglio pastorale diocesano e la Consulta aggregazione laicale. Oltre all'impegno per le lettere pastorali. E poi i giovani: la festa di Messina con 4.500 presenze, altre 2.000 a Barcellona e il prossimo grande raduno, nel periodo di Quaresima, è previsto a Taormina. Sapete l'amore che ho per i giovani».

– Che si allontanano sempre più dalla Chiesa.

«Perché noi marciamo controcorrente, a differenza di quelle "agenzie" (droga, sesso, sballo) che offrono l'illusione di una felicità facile a basso prezzo. Li invito a ritrovarsi, a guardarsi dentro. La felicità richiede un grande impegno, ma alla fine è eterna». Mauro Cucè - Gazzetta del Sud -

LA CHIESA IN GENERALE DOVREBBE SEGUIRE IL CORAGGIO DEL VESCOVO DI MESSINA E DENUNCIARE TANTISSIMI CASI SIMILI ANCHE ALL'INTERNO DELLA CHIESA CATTOLICA.

 
 
 

Post N° 1291

Post n°1291 pubblicato il 15 Gennaio 2009 da diglilaverita
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MARIA MADRE DI DIO E' LA NOSTRA FORZA E LA NOSTRA PROTEZIONE

Nel libro dell’Apocalisse 12,1-4, ci viene descritta una lotta implacabile tra una donna vestita di sole che rappresenta Maria e la Chiesa e un enorme drago rosso che rappresenta il diavolo, Satana. Il libro dell’ Apocalisse descrivendo questa lotta, fa una profezia della battaglia fra la luce e le tenebre, fra il bene e il male, fra l'odio e l'amore, fra le schiere di Dio e le schiere di Satana, iniziata fin dall’origine del mondo e che si concluderà alla fine dei tempi quando le forze demoniache saranno definitivamente sconfitte con la vittoria finale di Cristo su Satana. Nelle prime pagine della Bibbia, nel libro della Genesi 3,15 a riguardo di questa lotta di Dio contro Satana, troviamo un’altra profezia che attraversa tutta la storia dell'umanità permettendoci di comprenderla in profondità: «Porrò inimicizia fra te e la donna». È l'annuncio dell'opposizione irriducibile che vi sarebbe stata tra Satana, l'angelo superbo escluso dal Cielo, e l'umilissima Maria, la Madre del Redentore. Il diavolo aveva trascinato l’umanità alla rovina con la collaborazione di una donna. E Dio oppone un’altra donna, questa volta sottomessa e fedele, con il compito di vincere il diavolo strappandogli le anime redente dal sangue del Figlio. Questo è il significato profondo delle parole di Dio: «Io porrò inimicizia tra te e la donna». Invano si cercherebbe di comprendere la storia umana, con le sue grandezze e le sue miserie, con i suoi slanci di bene e i suoi abissi di malvagità, se non alla luce di questa inimicizia irriducibile, che ha come campo di battaglia i cuori degli uomini di generazione in generazione, fino a quando il Signore trionferà definitivamente. S. Luigi Maria Grignion da Monfort descrive molto bene questa inimicizia nel «Trattato della vera devozione a Maria»: «Dio non ha mai fatto o formato che una sola inimicizia, ma irriconciliabile, che durerà, anzi aumenterà sino alla fine: quella fra Maria, sua degna Madre, e il diavolo; tra i figli e i servi della S. Vergine, e i figli e i seguaci di Lucifero; così che la più terribile nemica del diavolo, creata da Dio, è Maria, la sua santa Madre. Egli le donò fin dal paradiso terreste, quantunque ella non fosse ancora che nella sua mente, tanto odio contro questo maledetto nemico di Dio, tanta abilità per scoprire la malizia di questo antico serpente, tanta forza per vincere, atterrare, umiliare quest’empio orgoglioso, che egli la teme non solamente più degli angeli e degli uomini, ma, in un certo senso, più di Dio stesso. Non già che l’ira e l’odio e la potenza di Dio non siano infinitamente più grandi di quelli della Santissima Vergine, poiché le perfezioni di Maria sono limitate; ma prima di tutto perché Satana essendo orgoglioso soffre infinitamente di più d’essere vinto e punito da una piccola e umile serva di Dio: l’umiltà di lei lo umilia più che la potenza di Dio. In secondo luogo perché Dio diede a Maria un potere così grande contro i demoni che essi temono di più, come essi stessi furono obbligati a confessare loro malgrado per bocca degli ossessi, uno solo dei suoi sospiri per qualche anima, che le preghiere di tutti i santi, una sola delle sue minacce contro di essi che tutti gli altri tormenti. ….L’umile Maria avrà sempre vittoria sopra questo orgoglioso, una vittoria così grande da giungere fino a schiacciargli la testa ove risiede il suo orgoglio. Ella scoprirà sempre la sua malizia di serpente, ne sventerà i piani infernali e dissiperà i diabolici consigli e difenderà sino alla del mondo i suoi servi fedeli da quei crudeli artigli» (Trattato della vera devozione a Maria cfr. n°50.7; 51-52; 54). I sacerdoti che esercitano il ministero pastorale degli esorcismi, quando nominano la Madonna, sperimentano come i demoni, per il loro grande odio e disprezzo nei suoi confronti, s’infuriano grandemente e senza osare mai di chiamarla mai per nome, dicono "quella", e poi a "quella" aggiungono espressioni piene di ingiurie nei suoi confronti.
Dice S. Bonaventura che Maria è come un fuoco e come la cera si liquefa al calore del fuoco, così i demoni perdono le forze con le anime che si ricordano spesso del suo nome e l’invocano devotamente, tanto più se queste cercano d’imitarla. E s. Alfonso Maria de Liguori ci dice: «Oh, come tramano i demoni dell’inferno nel vedere Maria e nell’udire il suo bel nome. Beato chi nelle battaglie con l’inferno, invoca sempre il bel nome di maria. Quante vittorie su questi nemici hanno riportato i devoti di Maria con il suo santissimo nome». S. Tommaso da Kempis dice: «Non si teme sulla terra un grande esercito di nemici armati, quanto le potenze dell’inferno temono il nome della Vergine e la sua protezione su una persona. I demoni cadono abbattuti nell’udire il nome di Maria. Al tuono di questo grande nome il demonio fugge e l’inferno trema». La Bibbia da sempre ci ha rivelato l’esistenza e l’azione dei demoni, ma in quest’epoca in cui le scoperte scientifiche avevano riempito gli uomini di presunzione, tanto che si erano così illusi di essere diventati padroni del mondo, nel momento in cui gli uomini sciocchi e presuntuosi affermavano che il diavolo non esiste, che il diavolo era una invenzione dei tempi bui, ecco che il diavolo preparava indisturbato i suoi piani di distruzione dei corpi e delle anime essendo riuscito a mettere in atto il suo più grande stratagemma: «persuaderci che lui non esiste». In questo modo, con le sue schiere demoniache, passando del tutto inosservate, avrebbe potuto realizzare i suoi piani di odio verso di noi. E l'umanità che si accingeva a brindare alle magnifiche sorti che grazie al progresso credeva l’attendesse, ecco che all’improvviso si è accorta della bestia che la vuole divorare. Più che mai oggi l’uomo di fronte al dilagare dell’odio, della violenza, del terrorismo, di fronte alle continue guerre in tante parti del mondo, si sta rendendo conto che le difese umane sono tutte insufficienti e nessun armamento potrà garantire la sicurezza, per cui gli uomini sentono intorno a sé un’atmosfera minacciosa, la paura s’impadronisce di tanti, l’umanità si sente in balia di una furia distruttiva nella quale non può fare a meno di percepire la presenza nascosta e devastante di colui che credeva non esistesse, e che invece più che mai è vivo, reale ed agisce ora nel mondo per aizzare gli uomini gli uni contro gli altri soffiando sul fuoco dell’orgoglio, dell’invidia, della cupidigia, della vendetta, dei terrori. Sembra che Satana, sciolto dalle catene, minacci il futuro dell'umanità, spingendola lungo la china dell'odio e della distruzione dei corpi e delle anime, forse come mai era accaduto dalla fondazione del mondo.
Chi ci salverà dalle fiamme dell'inferno con le quali Satana vorrebbe incendiare il mondo? Dove possiamo trovare la salvezza? Chi ci aiuterà a passare il nuovo mar Rosso, mentre il nemico preme alle spalle? Chi ci guiderà attraverso le gole oscure di questo travagliato passaggio storico pieno di mortali insidie? Nessuno può affrontare il demonio con le sue sole forze. Se fu sedotto Adamo, rivestito della grazia, della sapienza e della fortezza del Creatore, come potrebbe resistere la sua discendenza peccatrice? Lasciata in balia della potenza di seduzione e di morte di Satana, l'umanità non avrebbe scampo. Non ci sarebbe speranza senza la forza di Cristo vincitore. Solo lui, Gesù Cristo, il Verbo incarnato, Dio fatto uomo, sul calvario, sulla croce, ha potuto sconfiggerlo nella più aspra battaglia che mai vide la terra e che si perpetua sino alla fine del mondo. E solo con lui, con Gesù, sorretti dalla potenza della sua grazia e dalla materna protezione di Maria alla quale lui ci ha affidati ai piedi della croce, noi possiamo vincere.
La divina misericordia ha affidato la difesa della nostra anima alla sollecitudine materna della piena di grazia. La lotta implacabile fra la donna vestita di sole e il dragone infernale ha come posta in palio le nostre anime, gemme preziose delle quali non vi è nulla di più caro a Dio nella creazione. Non è forse per salvare le nostre anime che il Verbo si è fatto carne e ha versato il suo sangue sulla croce? Alla Madre della Chiesa e dell'umanità il Redentore ha affidato tutte le anime, perché le proteggesse. In lei, nel suo Cuore Immacolato, noi troviamo rifugio, dentro al suo Cuore Immacolato siamo come dentro ad una fortezza e non temiamo l'aspra battaglia. Lei smaschera l'ingannatore e il profumo delle sue virtù lo fa indietreggiare. Maria è per il demonio terribile come un esercito schierato a battaglia, mentre per noi è nostra difesa e nostra vittoria. In questo momento denso di pericoli che l'umanità deve affrontare, a te ci rivolgiamo o Maria perché sappiamo che tu sei la Mamma che non ci abbandona, tu sei la regina vittoriosa che combatte e la Madre premurosa che ci protegge. Mentre Satana macchina le sue trame di distruzione e di morte, tu prepari i tuoi piani di misericordia e di salvezza. Nell'oscurità di un mondo senza cuore, tu continuamente accendi le fiamme della fede e dell'amore. Nell'ora in cui la diga del peccato e dell'odio trabocca, minacciando di travolgere la terra, tu fai argine con l'esercito dei tuoi figli, umili e fedeli, che hanno risposto con prontezza alla tua chiamata. O Maria, tu che sei l'aiuto dei cristiani, proteggi la Chiesa di tuo Figlio nel tempo della grande tribolazione! O madre dell'umanità, salva gli uomini dall' eterno nemico. O donna incoronata di stelle, schiaccia la testa alla serpe orgogliosa con la tua potenza regale. Cari fratelli, nella lotta quotidiana contro Satana rivestiamoci dell'armatura di Maria. La presenza e la materna protezione di Maria, sono un esorcismo al quale Satana non può resistere. Sia Maria nella nostra anima, nei nostri pensieri, nei nostri sentimenti e in tutto il nostro essere. Chi si affida e si consacra al Cuore Immacolato di Maria e vive questa consacrazione attraverso la preghiera, il sacrificio e il digiuno, cammina sotto la sua protezione, riuscirà a sfuggire a tutte le insidie del nemico infernale, si salverà lui e salverà anche tanti altri con lui. Padre Francesco Bamon

 
 
 

Post N° 1290

Post n°1290 pubblicato il 15 Gennaio 2009 da diglilaverita
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PADRE CANTALAMESSA: I CRISTIANI RISCOPRANO LA BELLEZZA DEL MATRIMONIO

CITTA' DEL MESSICO, Padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, ha affermato questo mercoledì intervenendo all'Incontro Mondiale delle Famiglie che i cristiani devono riscoprire "l'ideale biblico del matrimonio e della famiglia" per poterlo proporre al mondo di oggi. Non bisogna solo "difendere" l'idea cristiana di matrimonio e famiglia, ha osservato; l'aspetto più importante è infatti "il compito di riscoprirlo e viverlo in pienezza da parte dei cristiani, in modo da riproporlo al mondo con i fatti, più che con le parole". Il sacerdote ha dedicato il suo intervento nella prima giornata del Congresso Teologico-Pastorale del VI Incontro Mondiale delle Famiglie a spiegare come per secoli lo stesso pensiero cristiano abbia lasciato in secondo piano, di fronte alla visione istituzionale, il significato sponsale del matrimonio, presente con forza nella Bibbia. Alla base delle attuali "inaccettabili proposte del decostruzionismo", constata, c'è un'"istanza positiva" da accogliere, ed è la revisione della visione del matrimonio come unione e donazione tra i coniugi. "Ma questa critica va nel senso originario della Bibbia, non contro di essa!", ha avvertito il cappuccino. "Il Concilio Vaticano II ha recepito questa istanza quando ha riconosciuto come bene ugualmente primario del matrimonio il mutuo amore e aiuto tra i coniugi". "Anche le coppie credenti – talvolta esse più delle altre – non riescono a ritrovare quella ricchezza di significato iniziale dell'unione sessuale a causa dell'idea di concupiscenza e di peccato originale per secoli associata a quell'atto". Secondo padre Cantalamessa, è dunque necessario riscoprire l'unione sessuale come immagine dell'amore di Dio. "Due persone che si amano – e quello dell'uomo e la donna nel matrimonio ne è il caso più forte – riproducono qualcosa di ciò che avviene nella Trinità", ha spiegato. "In questa luce si scopre il senso profondo del messaggio dei profeti circa il matrimonio umano, che cioè esso è simbolo e riflesso di un altro amore, quello di Dio per il suo popolo". Ciò presuppone il fatto di "rivelare il vero volto e lo scopo ultimo della creazione dell'uomo maschio e femmina: quello di uscire dal proprio isolamento ed 'egoismo', di aprirsi all'altro e, attraverso la temporanea estasi dell'unione carnale, elevarsi al desiderio dell'amore e della gioia senza fine".Il predicatore pontificio ha segnalato in questo senso l'accoglienza "insolitamente positiva" che ha avuto in tutto il mondo l'Enciclica "Deus caritas est", che insiste su questa visione dell'amore umano come riflesso dell'amore divino. Un'altra questione, ha aggiunto, è la "pari dignità della donna nel matrimonio. Essa, abbiamo visto, è nel cuore stesso del progetto originario di Dio e del pensiero di Cristo, ma è stata quasi sempre disattesa".

Non ribattere, ma proporre

Padre Cantalamessa ha spiegato che di fronte alla situazione attuale di "contestazione apparentemente globale del progetto biblico su sessualità, matrimonio e famiglia" è necessario evitare l'errore di "passare tutto il tempo a controbattere le teorie contrarie, finendo per dare loro più importanza di quello che meritano". La strategia non è di "scontro con il mondo", ma di dialogo, perché "la Chiesa è in grado di trarre profitto anche dalle critiche di chi la combatte", ha affermato. Un altro errore da evitare è "puntare tutto su leggi dello Stato per difendere i valori cristiani". "I primi cristiani, abbiamo visto, con i loro costumi cambiarono le leggi dello Stato; non possiamo aspettarci oggi di cambiare i costumi con le leggi dello Stato", ha ammesso. Rispetto all'attuale decostruzione della famiglia, o "gender revolution", il sacerdote ha spiegato che ha una certa analogia con il marxismo e ha ricordato che di fronte a questo la reazione della Chiesa fu "l'antico metodo paolino dell'esaminare tutto e ritenere ciò che è buono", sviluppando "una propria dottrina sociale". "Proprio la scelta del dialogo e dell'autocritica ci dà il diritto di denunciare questi progetti come 'disumani', contrari cioè non solo alla volontà di Dio, ma anche al bene dell'umanità", ha aggiunto. "L'unica nostra speranza è che il buon senso della gente, unito al 'desiderio' dell'altro sesso, al bisogno di maternità e di paternità che Dio ha inscritto nella natura umana resistano a questi tentativi di sostituirsi a Dio, dettati più da tardivi sensi di colpa dell'uomo, che da genuino rispetto e amore per la donna", ha concluso. ZENIT

 
 
 

Post N° 1289

Post n°1289 pubblicato il 15 Gennaio 2009 da diglilaverita
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IL BAMBINO GUARITO PER INTERCESSIONE DEI GENITORI DI SANTA TERESINA

"Io sono nato malato, e quando ero malato i Martin hanno chiesto a Gesù di guarirmi e lui mi ha guarito". Così il piccolo Pietro Schilirò, di sei anni, spiega il miracolo della sua guarigione quando era neonato. I genitori dei bambino, Valter e Adele, si sono affidati agli sposi Marie Zélie Guérin (1831-1877) e Louis Martin (1823-1894), genitori di Santa Teresa del Bambin Gesù. Grazie a questo miracolo è stata approvata la beatificazione della coppia, avvenuta il 19 ottobre nella Basilica di Lisieux, in Francia. La famiglia Schilirò si è recata a Roma da Milano per partecipare all'udienza con Papa Benedetto XVI nell'Aula Paolo VI, questo mercoledì, perché erano presenti le reliquie della coppia beatificata. Nel giorno in cui in Messico iniziava l'Incontro Mondiale delle Famiglie, il Papa ha sottolineato, parlando in francese, come i due sposi abbiano vissuto "in modo molto profondo il mistero d'amore di Cristo". Sono stati proprio gli Schilirò, appartenenti al Movimento di Comunione e Liberazione, a consegnare al Santo Padre un reliquiario dei coniugi Martin. Parlando a ZENIT, hanno raccontato la guarigione del piccolo Pietro e come questa testimonianza li abbia portati ad avere una visione soprannaturale di quei momenti di incertezza e apparente abbandono.

Storia di un miracolo

Pietro è il più piccolo di cinque figli. E' nato a Milano il 25 maggio 2002. Lo stesso giorno gli venne diagnosticata una grave malformazione polmonare, motivo per il quale rimase in ospedale, venendo sottoposto a una terapia intensiva perché potesse respirare. "Subito ci siamo resi conto che la malattia era molto grave perché non lasciava nessuna possibilità di guarigione – ha spiegato il papà –. Ci hanno chiesto di fare una radiografia polmonare per vedere che cosa potesse essere". Era necessario effettuare una biopsia, il che comportava un grande rischio per il piccolo. Per questo i genitori decisero di battezzarlo immediatamente. Fu così che chiesero a padre Antonio Sangalli di amministrare il sacramento. Il sacerdote carmelitano consegnò loro un santino dei coniugi Martin. "Loro avevano perso quattro bimbi in tenera età – ha spiegato Adele, la mamma di Pietro –. Quindi potevano aiutarci a sostenerci in quello che stava accadendo e in quello che il Signore ci stava chiedendo in quel momento". I coniugi Schilirò non sapevano molto della vita di Zélie e Louis; il poco che conoscevano era attraverso gli scritti di Santa Teresina. Nell'incertezza per la salute del piccolo scoprirono una "misteriosa vicinanza con i coniugi Martin", ha confessato Valter. "Noi a quel punto abbiamo osato domandare al Signore ciò che ci stava a cuore, che era la guarigione di Pietro. Il Signore ci aveva messo fra le mani i coniugi Martin", ricorda Adele. Nella sofferenza, e vedendo il figlio neonato collegato a tanti apparecchi artificiali per poter respirare, Adele e Valter hanno capito di dover chiedere a Dio quale fosse la Sua volontà per Pietro. "Per noi questo è stato importante perché ci ha aiutato a guardare quello che nostro figlio stava vivendo. Lui stava vivendo pienamente la sua vocazione attraverso quello che stava facendo nella sofferenza che stava portando. Partecipava alla salvezza delle anime con Gesù e per noi è stato il primo miracolo". Il 26 giugno Pietro ha subito una grave crisi respiratoria. "I medici ci hanno detto che era questione o di poche ore o di qualche giorno. Comunque per Pietro non c'era speranza", ha proseguito Adele. Dopo aver recitato varie volte la novena ai coniugi Martin, il 29 giugno, giorno in cui la Chiesa celebra la festa di San Pietro e San Paolo, Pietro iniziò a dare segni di miglioramento. Due settimane dopo il bambino respirava senza ossigeno e i medici assicurarono che la sua guarigione era "un fatto sorprendente". I genitori lo comunicarono a padre Antonio, e il sacerdote divenne vicepostulatore della causa di beatificazione di Zélie e Louis. "Noi siamo veramente colmi di gratitudine. Ci sentiamo sproporzionati", ha detto Adele. Valter aggiunge: "Non è per noi un merito, assolutamente. Quello che è accaduto a Pietro è per la Chiesa intera. Tant'è vero che siamo qui, oggi, a portare al Papa questa reliquia, che è un segno grande per tutta la Chiesa". Oggi Pietro è un bambino normale: gioca, va a scuola e sa molto bene di essere guarito grazie al miracolo dei coniugi Martin. "Tutte le sere recita insieme a noi, in famiglia, la preghiera dei Martin per chiedere per le persone che ci chiedono le loro preghiere", dice Adele. "Prega anche per il Papa e tutti i nostri cari amici sacerdoti, e un elenco lungo che fa tutta la sera", sottolinea Valter. I genitori di Pietro comprendono molto bene ciò che significa confidare nella Provvidenza quando si soffre per la salute dei figli: "Io direi ai genitori dei bambini malati di non perdere la speranza, di avvicinarsi a Cristo attraverso i suoi santi. Osare chiedere perché il Signore è un Padre buono. E quindi bisogna avere questa forza di capire che ciò che accade è per il bene". "In un momento di prova il Signore ci chiede davvero tanto, però si se pone la speranza e la fiducia in Lui il Signore ricolma molto di più. E domandare innanzitutto la conversione del proprio cuore, è la prima guarigione che bisogna chiedere sempre", osserva Adele. - ZENIT -

 
 
 

Post N° 1288

Post n°1288 pubblicato il 15 Gennaio 2009 da diglilaverita
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PAZZE PER DIO, LA RISCOSSA DELLE MISTICHE ITALIANE

Non si sa da quale casato venisse Angela da Foligno, nata nella città legata al suo nome intorno al 1248. Quasi nulla si conosce del periodo che precede la conversione. Non compì studi, ma pare certo che sapesse leggere. Più difficile dire se sapesse scrivere. Si sposò dopo i vent’anni, forse nel 1270, con un signorotto rimasto anonimo ed ebbe figli, che scomparvero in breve tempo insieme alla madre e al marito. In seguito a un’apparizione di san Francesco, era però già iniziato un mutamento che l’aveva portata a incontrare un direttore spirituale, un frate minore, suo concittadino e consanguineo, Arnaldo, che sarebbe diventato il depositario delle sue confidenze. Ma fu nel 1291, durante un pellegrinaggio ad Assisi, che un’esperienza mistica sconvolgente trasformò radicalmente la sua vita. Arnaldo avvertì subito la necessità di comprendere fino in fondo le cause di quella folgorazione e cominciò a scrivere tutto quello che Angela gli veniva dicendo. Nacque così il Libro della beata Angela da Foligno: lei dettava nel ' volgare suum', mentre Arnaldo trascriveva in un latino semplice e piano; e quando lui, 'frate scrittore', non comprendeva, si faceva ripetere il discorso, talvolta riportando la parola così come la sentiva riferire. L’itinerario di Angela non è tanto un andare verso Dio, quanto un andare dentro Dio, in un rapporto diretto così forte da farla gridare. «E la sua storia – scrivono Giovanni Pozzi e Claudio Leonardi nell’antologia dedicata alle Scrittrici mistiche italiane – sarà, in questo senso, tutta una 'pazzia' interiore, cioè una coscienza mistica altissima, senz’altro la più alta di una donna italiana durante il Medioevo».
Morì a Foligno il 4 gennaio 1309. In Caterina da Siena si realizzò, scrivono ancora Pozzi e Leonardi, «l’esperienza di una straordinaria capacità di partecipazione: universalità dell’amore, totalità dell’allegrezza e della tristezza, senso di Dio e del nulla, compresenza di Dio e dell’uomo: Dio come perfetta giustizia oppure come piena misericordia, ma alla fine visto come 'mare pacifico' e l’uomo come il 'pesce' di questo mare». Un’universalità che ha il suo contrassegno definitivo nel motto con cui Caterina annunciò e accolse la sua morte, il 29 aprile 1380: «Sangue, sangue, sangue», dove «sangue sta per ciò che è fondamento di unità e di libertà, dando la vita a ogni vita». Quando morì, circondata da un vero cenacolo spirituale e politico, aveva solo trentatré anni, bruciata da un ardore profetico che l’aveva condotta in lungo e in largo per l’Italia e l’Europa, come la 'fanciulla universale' che i primi biografi riconoscono in lei. I suoi inizi non avrebbero mai lasciato prevedere simili esiti: nata da un tintore, penultima di venticinque figli, dovette lottare per vincere l’ostilità della famiglia alle sue severe ascesi e poi per superare, lei giovane analfabeta, il filtro di chi trascriveva le sue parole, con le quali costruiva una personalità e un cammino in tutto singolari, attraverso la conoscenza di Dio in sé e la conoscenza di sé in Dio: «Tu sei colui che non è. Io sono Colui che è. Se tu scorgi questa verità nella tua anima, il nemico non ti ingannerà: tu sfuggirai a tutti i suoi lacci». Maria Maddalena de’ Pazzi, fiorentina, aristocratica per nascita, si fece carmelitana nel luogo più appartato della città, il quartiere povero di San Frediano.
Come Angela e Caterina non scrisse, solo parlò, ma, diversamente da loro, non dettò per fissare nella scrittura il suo pensiero. Fu scritta da altri a sua insaputa. Durante le numerose e lunghissime estasi – nel 1584, diciottenne, subito dopo i voti ebbe estasi per quaranta giorni di seguito – parlava con un invisibile destinatario. Le sue compagne, con interminabile pazienza, raccoglievano le sue parole, formando un documento unico per la sua natura di totale e autentica oralità. Ignare di stenografia, avevano escogitato un modo ingegnoso: alcune di loro ripetevano ad alta voce le parole di Maddalena, altre le trascrivevano, poi facevano il montaggio delle parti, chiedendo alla veggente chiarimenti nei punti oscuri. La sua vita straordinaria, cui oggi dà rilievo il corpus degli scritti, passò quasi inosservata.
Tramandate attraverso le lettere, i diari, le autobiografie o sopravvissute in filigrana in testi di altri, le mistiche italiane sono un universo solo parzialmente esplorato, che dal Medioevo arriva fino a noi. A partire da Chiara d’Assisi, che condivise con san Francesco una drammatica e luminosa 'uscita dal secolo', o Umiltà da Faenza, fondatrice, nella Firenze del Duecento, di un monastero consacrato a Giovanni Evangelista, che le era apparso in una visione, e autrice di Sermoni percorsi da una violenza d’amore che ricorda Teresa di Lisieux, o Caterina Fieschi, nata nella Genova di metà Quattrocento, che nel suo itinerario arriva a cancellare l’'io' e il 'mio', anche se riferito al Signore, fino a Veronica Giuliani, Rosa Brenti, Gemma Galgani, Lucia Mangano, Itala Mela. Cercatrici dell’impossibile che si staccano dal mondo, ma per avvicinarlo più profondamente, che fuggono per rendersi simili a Dio e nascere, più libere, nell’amore dell’Altro. Sperimentatrici che non chiedono di conoscere: chiedono di essere. Nelle possibilità impensate di un’esperienza spirituale aperta più all’intuizione che alla ragione sembrano raggiungere quegli spazi del divino che permettono di vedere senza vedere, di avere un corpo evanescente e un’anima carnale, e di celebrare la tenebra luminosa, la chiarezza più oscura, come si esprimeva Dionigi l’Areopagita, a cui la mistica deve, nel VI secolo, la sua definizione cristiana. Ma la mistica non è sentimentalismo; al contrario, è desiderio di superare, fino a estinguerle, tutte le vicissitudini delle sensazioni e dei sentimenti. È il rogo che brucia la psicologia per fare il vuoto e godere di una impossibile pienezza, nel fondo senza fondo dell’anima. Niente a che vedere con patetici abbandoni e languide estasi pittoriche, con fremiti e occasioni del cuore: nella solitudine delle mistiche il vento gelido dell’impossibile si scontra con l’ardente consapevolezza che la realtà è una, che Dio e uomo sono lo stesso.Amore è il termine della loro esperienza. Un amore che contiene e trascende tutti i termini che lo rappresentano: affetto, simpatia, sollecitudine, devozione, carità, eros. La conoscenza amorosa non è però teorica né astratta, ma sperimentale e piena di gusto. E le parole impossibili che tentano di descriverla – tanto più impossibili nell’esperienza univoca delle mistiche – non può che essere mobile e saporosa come il suo inafferrabile oggetto, se vuole essere vera. Quando scrivono, le mistiche incitano il pensiero a correre liberamente, al di là di preoccupazioni estetiche o compositive. Usano inevitabilmente il linguaggio della tradizione, ma lo alterano con irriverenza, rianimando generi abusati e antiche dottrine. Nelle lettere applicano senza disciplina il metodo del 'meditare scrivendo'; nei dialoghi optano per una registrazione fedele dei colloqui dell’anima con Dio, o con se stessa.
La solennità dell’eloquio ecclesiastico si mescola con la vitalità del parlato quotidiano, dando vita a una prosa di volta in volta robusta o prolissa, ignara di ornato. «Mi pareva di non essere più quella – scrive nelle Lettere Maria Cecilia Baij, vissuta nella prima metà del Settecento, benedettina a Montefiascone, cantante, cembalista, assalita da apparizioni apocalittiche –: vedevo in me stessa l’immagine di Gesù, tanto risplendente e chiara che non saprei in che modo darla a intendere. Ero io, eppure non ero io, perché era Gesù in me e unito a me in modo che eravamo un’istessa cosa… Sentivo in me una pienezza totale di tutto ciò che possa godersi e bramarsi… Non so meglio spiegarmi».di Laura Bosio

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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