ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 02/02/2009

A CAUSA DI CRISTO E DEL VANGELO TESTIMONI UCCISI NEL 2008

Post n°1401 pubblicato il 02 Febbraio 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

È un dovere fare memoria di questi nostri fratelli che con la loro testimonianza ci ricordano cosa vuol dire donare la propria vita a Cristo ed essere disposti ad amare “fino all’estremo limite”. Il loro esempio vale più di tanti bei discorsi sul significato della vita consacrata, quando poi magari si vive senza passione per Cristo e per i fratelli.
Ogni anno l’Agenzia Fides raccoglie e pubblica un dettagliato dossier con le testimonianze di uomini e donne che hanno perso la vita violentemente, a causa della loro adesione a Cristo e al Vangelo. Dal 1980 ad oggi il numero dei “martiri” è davvero impressionante: 912. Nel corso del 2008 sono stati uccisi 16 sacerdoti (di cui 7 appartenenti a Congregazioni religiose), 1 religioso fratello, 2 volontari laici e l’arcivescovo caldeo di Mosul (Iraq) mons. Paulos Faraj Rahho. Ricordarli ancora oggi e pregare per loro – lo ha sottolineato il papa Benedetto XVI – «è un dovere di gratitudine per tutta la Chiesa e uno stimolo per ciascuno di noi a testimoniare in modo sempre più coraggioso la nostra fede e la nostra speranza in Colui che sulla croce ha vinto per sempre il potere dell’odio e della violenza con l’onnipotenza del suo amore» (Regina Coeli, 24 marzo 2008). In questo anno paolino lo stesso pontefice in diverse circostanze ha riletto l’esperienza di fede di san Paolo nel martirio di tanti nostri fratelli e sorelle contemporanei: «Anche oggi, duemila anni dopo, Paolo continua a camminare per le strade del mondo, della nostra epoca, sui mille fronti della missione, attraverso vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e in misura sempre maggiore laici, che a causa del Vangelo vengono imprigionati, percossi, messi a morte; che affrontano viaggi estenuanti, i pericoli dei fiumi, dei briganti, della città, del deserto e del mare, la fatica e il travaglio, fame e sete, digiuni, freddo e nudità, fino a dare la suprema testimonianza di una morte violenta. Il loro sangue tuttavia, come quello di Paolo, “non invoca vendetta, ma riconcilia”. Non si presenta comeaccusa, ma come ‘luce aurea’… si presenta come forza dell’amore che supera l’odio e la violenza, fondando così una nuova città, una nuova comunità». (Benedetto XVI, 29.6.2008)
Scarne sono le fonti che potrebbero fare totale chiarezza sulle circostanze che hanno portato alla morte violenta di un così alto numero di testimoni. Tutti avevano consacrato la loro vita a Cristo e al suo Vangelo e stavano svolgendo il loro ministero pastorale in contesti già difficili come, per esempio, in Iraq. Consapevoli di tale pericolo non hanno esitato a esporre quotidianamente le loro vite per prendersi cura dei fratelli più poveri e sofferenti. Il loro eroismo è stato contrassegnato dalla quotidiana presenza e dedizione a servizio del popolo di Dio. Riguardo alle modalità della loro uccisione, l’agenzia Fides scrive: «Molti sono stati assassinati in apparenti tentativi di rapina, sorpresi nelle loro abitazioni da uomini senza scrupoli che pensavano di trovare chissà quali tesori nascosti, o lungo le strade che percorrevano per andare a svolgere il loro ministero, magari solo per impossessarsi dei loro autoveicoli. Altri sono stati eliminati solo perché opponevano tenacemente l’amore all’odio, la speranza alla disperazione, il dialogo alla contrapposizione violenta. Altri ancora sono stati sorpresi mentre erano immersi nella preghiera, ad attingere nutrimento e forza spirituale per portare avanti la loro missione, e sono così passati dall’adorazione all’incontro con il Padre. Ci sembra opportuno, come abbiamo fatto anche in altre circostanze, fare memoria di questi nostri fratelli che con la loro testimonianza, fino al versamento del sangue, ci ricordano cosa vuol dire donare la propria vita a Cristo ed essere disposti ad amare “fino all’estremo limite”. Il loro esempio vale più di tanti bei discorsi che a volte facciamo sul significato della vita consacrata, adagiandosi poi magari a viverla senza passione per Cristo e per i fratelli.
Il triste primato del numero di operatori pastorali uccisi nel 2008 appartiene al continente asiatico. L’Asia è stata bagnata dal sangue di 1 arcivescovo, 6 sacerdoti, 1 volontaria laica, uccisi in Iraq, India, Sri Lanka, Filippine e Nepal. Di particolare tragicità la morte di mons. Paulos Faraj Rahho, arcivescovo caldeo di Mosul (Iraq). Tra i sacerdoti uccisi in India citiamo don Bernard Digal, dell’arcidiocesi di Cuttack-Bhubaneshwar, in Orissa (India): è il primo sacerdote cattolico rimasto ucciso nella campagna di violenza anticristiana in questo stato che ha provocato, secondo i dati forniti dalla Conferenza episcopale indiana, 81 morti; 22.236 profughi accolti nei campi predisposti dal governo e oltre 40.00 persone fuggite dal distretto di Kandhamal; 450 villaggi colpiti dai disordini; 4.677 case distrutte; 236 chiese e 36 fra conventi, istituti e aule religiose distrutti; 5 sacerdoti cattolici e 15 pastori percossi violentemente, una suora violentata e umiliata pubblicamente. Don Bernard venne aggredito e malmenato il 25 agosto, all’inizio dell’ondata di violenze, ed è deceduto due mesi dopo in seguito alle gravi lesioni riportate. «Durante la sua vita p. Bernard ha mostrato determinazione e coraggio nel testimoniare e morire per Cristo. È morto da vero cristiano, e subito dopo l’aggressione subita ha perdonato i suoi nemici e persecutori » ha detto p. Mrutyunjay Digal, sacerdote della stessa arcidiocesi. Ancora in India, nello stato indiano dell’Andra Pradesh, è stato assassinato il sacerdote carmelitano p. Thomas Pandippallyil, mentre si recava in un villaggio per celebrare la santa messa.
Nello Sri Lanka, ad Ambalkulam (diocesi di Jaffna), in un territorio che è terreno di scontri fra l’esercito e i ribelli tamil, è stato ucciso il sacerdote Mariampillai Xavier Karunaratnam, parroco della chiesa di Vannivi’- laangku’lam, attivista per i diritti umani, fautore del dialogo e della riconciliazione, fondatore e presidente dell’organizzazione “North East Secretariat on Human Rights”, che aveva denunciato le violazioni e gli abusi della guerra e fornito assistenza psicologica alle popolazioni rimaste vittima del conflitto. Padre Jesus Reynaldo Roda, OMI (Missionari Oblati di Maria Immacolata) è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco a Tabawan (Filippine), dove guidava una piccola stazione missionaria, portando avanti l’attività pastorale per una comunità cattolica di una trentina di persone, gestendo programmi di istruzione e di dialogo interreligioso. Mentre stava recitando il Rosario un gruppo di aggressori ha tentato di rapirlo, e alla sua resistenza è stato percosso e ucciso. Secondo la Conferenza episcopale delle Filippine, il sacerdote aveva già ricevuto minacce da parte di dissidenti islamici legati al gruppo Abu Sayyaf, ma aveva rifiutato la scorta. Anche la piccola comunità cattolica del Nepal conta il suo primo sacerdote ucciso, il salesiano p. Johnson Moyalan. (cf. Testimoni, 15/2008, p.1)
Sono 5 i sacerdoti uccisi in America: 2 in Messico e 1 in Venezuela, Colombia e Brasile. In Messico sono stati uccisi don Julio Cesar Mendoza Acuma, morto in ospedale in seguito all’aggressione subita nella sua casa parrocchiale la notte precedente, e don Gerardo Manuel Miranda Avalos, ucciso da un colpo di pistola al petto mentre stava entrando nell’Istituto “Fray Juan de San Miguel” di cui era direttore. Nella sua abitazione a Caracas (Venezuela) è stato trovato il cadavere del sacerdote Pedro Daniel Orellana Hidalgo. Sul corpo i segni di strangolamento, le mani legate, un bavaglio sulla bocca e diverse escoriazioni. Dal suo appartamento erano stati rubati oggetti personali. Don Jaime Ossa Toro, dell’Istituto per le Missioni estere di Yarumal, è stato accoltellato a Medellin, nel nordest della Colombia. Il corpo è stato trovato nella sua abitazione, accanto alla chiesa di Emaús, dove era parroco. Infine il sacerdote Nilson José brasiliano, è stato ucciso a coltellate nello stato brasiliano del Paranà, e il suo corpo gettato in una scarpata lungo la strada, tra la paglia e il fogliame, vittima di una rapina. In Africa hanno perso la vita in modo violento 3 sacerdoti, 1 religioso e 1 volontario laico: in Kenya, Guinea Conakry, Nigeria e Repubblica Democratica del Congo. In Kenya sono stati uccisi P. Michael Kamau Ithondeka, vicerettore del Mathias Mulumba Senior Seminary di Tindinyo, e P. Brian Thorp, dei missionari di Mill Hill, ritrovato senza vita nella canonica della sua parrocchia a Lamu, nell’arcidiocesi di Mombasa. P. Michael è stato ucciso a un posto di blocco illegale stabilito da una banda di giovani armati sulla strada Nakuru – Eldama, nella Rift Valley, la zona dove sono più violenti gli scontri e le vendette a sfondo etnico, mentre p. Brian apparentemente risulta vittima di una rapina a mano armata avvenuta nella notte. Fratel Joseph Douet, 62 anni, dei Fratelli dell’istruzione cristiana di San Gabriele, è stato assassinato a Katako, in Guinea Conakry, nel collegio che aveva fondato. Mentre era in preghiera alcuni malviventi lo hanno legato e gli hanno messo un sacco in testa, soffocandolo, probabilmente a scopo di rapina. Don John Mark Ikpiki, è stato ucciso a Isiokolo (stato del Delta, Nigeria), a poca distanza dalla stazione di polizia locale, da rapinatori che volevano rubare la sua automobile, poi ritrovata abbandonata. Nella martoriata Repubblica Democratica del Congo ha trovato la morte anche il volontario laico Boduin Ntamenya, originario di Goma (Nord Kivu) ucciso mentre stava svolgendo il suo lavoro in zona di guerra. Lavorava per l’Ong italiana AVSI e faceva parte di una equipe di formatori che appoggia e sostiene gli insegnanti e gli studenti che lavorano e studiano in zone di conflitto. Da anni, con coraggio, generosità e passione, lavorava per dare speranza al suo paese e ai suoi fratelli, accettando di addentrarsi tra le colline e le foreste del Congo in zone dove la guerriglia è all’ordine del giorno. In Europa sono stati uccisi 2 sacerdoti, in Russia: due sacerdoti, entrambi gesuiti, padre Otto Messmer e padre Victor Betancourt, sono stati uccisi nella loro abitazione, a Mosca. I mezzi di comunicazione russi hanno diffuso la notizia dell’arresto dell’omicida, che ha confessato. Si tratta di uno psicopatico, persona già nota alla polizia perché arrestata precedentemente per altri fatti. A questo elenco si deve aggiungere il numero di tanti altri testimoni di cui non si ha notizia e che per la loro fede in Cristo soffrono per il Vangelo. - donboscoland -

 
 
 

LA MEGLIO GIOVENTU' HA SCELTO DI TOCCARE IL FONDO...DEL BICCHIERE

Post n°1400 pubblicato il 02 Febbraio 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Il carico di stanchezza aumenta di giorno in giorno, lo stress a cui i figli della società complessa sono quotidianamente sottoposti non appare facile da sopportare. Ma per fortuna arriva il week-end. Il sabato e la domenica ci si spoglia degli abiti in cui si è formalmente costretti nel resto del tempo. Via impegni e preoccupazioni, orari da rispettare e vincoli di ogni tipo, iniziano i due agognati giorni di riposo indispensabili per ricaricarsi con una completa immersione nell’alcol. Sabato e domenica si trascorrono tra una bottiglia da far girare e un bicchierino da bere in compagnia. A fine giornata si rientra a casa in punta di piedi, completamente sbronzi, ci si guarda allo specchio e …chi si vede? Sempre io, il ragazzo di sempre, lo stesso che il giorno dopo andrà a scuola. Io, solo un po’ più spensierato e con lo stomaco a soqquadro. Nessuno riconosce nel riflesso del suo volto un alcolista, eppure gli addetti ai lavori non possono chiamare diversamente i giovani che seguono questo stile di vita, sempre più diffuso.

PIÙ ALCOL PER TUTTI

I dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità parlano di un abbassamento dell’età media in cui si inizia a fare uso di alcol. Le rilevazioni nazionali confermano il trend e parlano di un record negativo, di una soglia di accesso alla bottiglia in Italia scesa ora quasi ad 11 anni, contro i 13 negli altri Paesi europei. Questo significa che il bere sta diventando, sempre più un fenomeno di moda, che attrae i giovanissimi e non più un’esperienza confinata al solo mondo degli adulti. La trasformazione è legata al cambiamento delle modalità di consumazione e all’immaginario creatosi attorno all’alcol. Bere è ora un evento sociale e socializzante, a portata di mano per migliaia di ragazzi. Partendo da bevande come lo Spritz (diffusissimo a Padova, città universitaria, e in tutto il Nord Est) e i Bacardi Breeze, alcolici frizzantini, dal gusto dolce e fruttato, le grandi industrie e i piccoli commercianti hanno potuto gettare una testa di ponte nel mondo giovanile, superando la ritrosia verso i gusti amari dell’alcol. Per chi non ha mai bevuto, queste soluzioni sono attraenti perché molto vicine agli analcolici e ai succhi di frutta (ci sono vari gusti: lime, arancia, pesca, pompelmo…), rassicuranti e persuasive poiché, essendo a bassa gradazione, riducono la sensazione di stare trasgredendo. Così dall’abitudine di nicchia si passa all’uso di massa, aperto anche agli avventori meno assidui. Si diffondono su internet i siti che raccolgono gli amanti di una particolare bevanda alcolica, siti messi su e sostenuti dalle case produttrici, in cui si caricano foto di amici tutti con un bicchiere in mano, ci si può informare su Spritz party e similari: si crea interesse e si dà vita così, con abili strategie di marketing e fidelizzazione, a una community, ossia una base di affezionati. E le risposte sul web ad un ragazzo che chiedeva informazioni su un soft drink sono di questo tipo: “Contiene qualke grado di troppo ma un po’ non fa nulla!!! Comunque ank ai quattordicenni lo vendono contraddicendo le leggi..”.

SCENDE GIÙ CHE È UNA MERAVIGLIA

Comperare alcoli è facile. Bottiglie di liquore sono esposte e vendute da sempre in tutti i supermercati e le restrizioni di legge che vietano di vendere tali prodotti ai minori sono spesso aggirate. L’aspetto sociale è dato dal sentirsi consumatori, appassionati, di una stessa bevanda, dalla disinibizione collettiva, a volte dal partecipare alle collette necessarie per comprare la bottiglia da condividere con il proprio gruppetto di amici. Bere è un pretesto buono per spassarsela: in alcune zone di Italia le comitive di amici che escono la sera fanno tante soste ai bar quanti sono i componenti del gruppetto. E il bere sta divenendo così naturale che, lasciati i confini delle ore notturne, si sposta sempre più in quelle mattutine. Si distende l’uso di alcol all’intera giornata, come gesto abituale; cosa favorita anche dalla moda dell’Happy hour, che consente di mandar giù un bicchiere a metà prezzo in orari preserali e favorisce un uso non sporadico dei drink. I genitori sono preoccupati per il figlio che fuma o tira droghe, ma tollerano la sbronza. Alzare il gomito è qualcosa che può capitare a tutti, un peccato veniale di inesperienza. Nei casi di persone dipendenti da diverse sostanze, come eroina, cocaina e alcol, quest’ultimo è il problema più trascurato, mentre è la dipendenza più subdola perché ritenuta meno dannosa. La tensione a sottovalutare gli effetti delle bevande alcoliche emerge anche nel momento in cui il problema è conclamato, tra chi è in trattamento ed è seguito da specialisti. Per queste persone la causa dei propri malesseri non è mai l’alcol, “è una fissazione altrui, è un piccolo vizio dopo un’intera giornata al lavoro, è un piccolo piacere; la bottiglia posso lasciarla anche domani” dicono, ma dopo due giorni si ricade.

AL FONDO DEL BICCHIERE

Il mondo visto da dietro il boccale non è niente male.. Le difficoltà nell’incontro con gli altri si dissolvono, lasciando il posto ad una maggiore disinibizione che prepara al facile sorriso e alla battuta sempre pronta. L’imbarazzo nell’avvicinarsi agli altri, la paura di non essere accettati, la necessità di dover affrontare dei disagi che non si sa neppure da che lato prendere, sono tutte normali eppur faticose difficoltà che l’adolescenza costringe ad affrontare ma le si può dare il benservito, mandandole tutte giù in un sol sorso. La leggerezza e il benessere conquistato per una sera, però, al mattino appare effimero. Tutti i problemi ritornano nuovamente a galla e servono nuove bottiglie, sempre in maggiore quantità, per poterli affogar ancora una volta almeno per un altro po’ di tempo. Quando si è brilli si può godere dell’euforia del momento, di un divertimento a portata di mano. Il senso del pericolo non si percepisce più e si acquisisce in un sol momento la licenza a dire e fare tutto ciò che si vuole, anche quanto normalmente si eviterebbe. In vino veritas. Nel vino, però, anche il rischio di quelle verità che si sarebbe voluti tenere per sé e che il giorno dopo ci si dimentica di aver comunicato, ma che gli amici feriti non scorderanno più. Con l’alcol non esistono più forme di solitudini esistenziali. Quelli che sono timidi o hanno difficoltà ad avere amici si sanno stringere intorno ad una bottiglia per sentirsi così tutti, nessuno escluso, profondamente uniti. Uniti nell’alcol. Non sono indispensabili particolari requisiti o capacità, non esiste uno più intelligente, più bello o più brillante. Intorno alla bottiglia non vigono le stesse regole del mondo sobrio e razionale, si diventa davvero tutti uguali, alla sola elementare condizione di saper bere. Il più possibile. Bottiglia dopo bottiglia si prova a riempire un vuoto che non è quello dello stomaco. Un vuoto interiore, esistenziale, di ricerca di senso. Un vuoto che se non trova uno spazio di ascolto e di confronto diventa sempre più un vuoto a perdere. - dimensioni - DONBOSCOLAND -

 

 
 
 

LA VERA STORIA DELLA PILLOLA ABORTIVA Ru486 - PRIMA PARTE

Post n°1399 pubblicato il 02 Febbraio 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Un libro rivela tutto ciò che non viene detto sulla “pillola di Erode”. Il libro in questione ha per titolo “La storia vera della pillola abortiva RU 486” (Edizioni Cantagalli; pp. 288, Euro 21,00) ed è stato scritto da Cesare Cavoni e Dario Sacchini.
Dario Sacchini è ricercatore in Bioetica presso l’Istituto di Bioetica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. Coautore di diversi volumi tra cui “Etica e giustizia in sanità. Questioni generali, aspetti metodologici e organizzativi” (2004) e “La vecchiaia e i suoi volti. Una lettura etico-antropologica” (2008).
Cesare Davide Cavoni, è invece giornalista professionista presso l’emittente SAT 2000; è laureato in Lettere ed ha conseguito il Master in Bioetica presso la Pontificia Università Lateranense di Roma.
È docente di Bioetica e Mass media per i corsi di perfezionamento in Bioetica presso l’Istituto di Bioetica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e presso l’Istituto “Giovanni Paolo II” della Pontificia Università Lateranense di Roma.
I due autori, con una documentazione precisa e dettagliata, rivelano i tantissimi rischi per la salute e per la società di un farmaco il cui obiettivo non è di “curare una malattia bensì di porre fine alla vita umana”.
Cavoni e Sacchini non solo respingono l’idea che la gravidanza sia una malattia da curare con pillole tossiche per i concepiti e per le madri, ma denunciano quello che sarebbe l’obiettivo dei sostenitori dell’Ru486 e cioè “quello di demedicalizzare, togliere il più possibile dalla competenza e dall’influenza del medico l’aborto, per trasformarlo in un fatto del tutto privato e personale”.

Per spiegare i contenuti e le finalità di un volume così attuale e scottante, ZENIT ha intervistato Cesare Cavoni.

Che cos’è la pillola Ru486? E’ un farmaco? E quale malattia cura?

Cavoni: Il mifepristone, chiamato Ru486 dall’industria farmaceutica Roussel-Uclaf che per prima ne sponsorizzò la ricerca, compare in letteratura nel 1982 ed è un ormone steroideo sintetico che provoca l’aborto. Esso agisce su una tipologia di molecole denominate recettori, specifiche per il progesterone che è un ormone i cui organi bersaglio sono quelli coinvolti nella dinamica riproduttiva con lo scopo di favorire l’annidamento dell’embrione nell’utero e la prosecuzione della gravidanza. L’alterazione indotta dall’Ru486 consiste nello sfaldamento delle cellule endometriali, nel sanguinamento e nel conseguente distacco dell’embrione. Ma per poter portare a compimento l’aborto, oltre alla Ru486 viene somministrata anche un’altra pillola: si tratta di una prostaglandina che serve a stimolare le contrazioni e a espellere l’embrione. Questa combinazione di farmaci poi deve essere utilizzata entro il 49° giorno, in un periodo cioè in cui i levelli di progesterone sono ancora bassi perché poi in una fase successiva tale ormone non potrà essere ‘intercettato’ dal mifepristone.
L’Ru486 è quindi un farmaco. Uno strano tipo di farmaco visto che per farmaco noi intendiamo qualcosa che curi, che lenisca un dolore o rallenti o guarisca da una malattia non certo una sostanza che possa causare la morte di qualcuno. Credo sia la prima volta che venga utilizzato un farmaco per uccidere deliberatamente un essere umano. Perché l’embrione è un essere umano. Ogni donna quando è incinta, fin da subito parla di colui che porta in grembo come del proprio figlio; non dice alle amiche: “quando il feto nascerà lo chiamerò Marco”, oppure “sto preparando la stanza per l’embrione”. Di conseguenza è facile capire come l’Ru486 non curi alcuna malattia poiché non c'è alcuna malattia da curare, a meno che non si voglia considerare la gravidanza come una malattia.

La gravidanza è una malattia?

Cavoni: Questo farmaco è davvero terrificante: per la prima volta constatiamo la messa a punto di un farmaco il cui obiettivo non è di curare una malattia bensì di porre fine ad una vita umana. O, meglio, sembrerebbe che la gravidanza venga annoverata, più o meno esplicitamente nel sentire comune, come una patologia, nella misura in cui una donna, non scegliendola, è costretta a subirla. L’aborto, allora, potrebbe configurarsi, secondo questa visione, come la liberazione da una malattia o, più propriamente, da un male di vivere. È questa una visione perversamente drammatica della vita umana. Così come è perverso il fatto che si decida di somministrare alle donne un farmaco, che porta con sé pesanti effetti collaterali, come se le donne fossero cavie su cui sperimentare indisturbati e, anzi, cercando di far passare una sperimentazione selvaggia come un diritto delle donne. Da decenni si sperimentano sulle donne farmaci tossici di cui non si conosono o non si percepiscono fino in fondo i rischi a breve, medio e lungo termine. Di norma, si può agire così quando non vi siano ragionevoli alternative, quando cioè non usare una terapia sperimentale avrebbe come unica alternativa la morte della persona. Ma in questo caso – non trattandosi di malattia – il termine “sperimentale” cade per definizione.
Con l’utilizzo della pillola Ru486 l’aborto viene di fatto tolto dalla sfera della medicalizzazione, ricondotto totalmente nella sfera privata dell’individuo e, quindi, anche svincolato da ogni responsabilità sociale (oltre che morale) in nome di un nuovo concetto di “privacy”, il quale è applicato a qualsiasi decisione riguardo al proprio corpo. Così si spalancano le porte ad un’assolutizzazione del principio di autonomia (il rispetto dell’autodeterminazione del soggetto), togliendo ogni diritto al nascituro e investendo anche la relazione con l’altro (l’embrione, il feto, il figlio) in base a tale principio. L’aborto può essere compiuto nel chiuso della propria casa. E compare fin da subito l’opzione contraccettiva dell’Ru486, vista come il migliore anticoncezionale, sul quale si scatenano (e si scateneranno) interessi commerciali e guerre aziendali.

I sostenitori della Ru486 affermano che questa pillola eliminerebbe l’aborto chirurgico così da diventare una pratica che si può gestire individualmente. Qual è il suo pensiero in merito?

Cavoni: L’esperienza francese e quella americana ci mostrano che questo non è vero; vale a dire che proprio laddove si pensava che la Ru486 potesse sostituire l’aborto si è visto l’esatto contrario. Chi abortisce in genere sceglie l’aborto chirurgico e questo per due motivi; uno perché dura poco, viene effettuato sotto anestesia e la percezione del dolore, fisico e psichico, è inferiore e poi perché psicologicamente l’iter della Ru486 diventa un vero calvario, estenuante; ci vogliono giorni prima di poter completare l’aborto e c’è il rischio, alto, di dover comunque ricorrere all’aborto chirurgico poiché in molti casi il cocktail Ru486 e prostalgandina non funziona e allora bisogna intervenire d’urgenza con l’aborto chirurgico. Il peso psicologico di due, tre giorni o addirittura di una settimana in attesa dell’aborto dopo aver assunto la pillola, rende questa modalità snervante per la donna e le ripropone ad ogni istante esattamente l’atto che sta portando avanti, che lei lo voglia o no; cioè quello di stare per sopprimere una vita umana.
Si può giustificarlo come si vuole, si può far finta di non vederlo, ma è così. E in ogni caso sarà comunque un trauma che prima o poi riaffiorerà nella vita di quella donna. E poi il dolore fisico che accompagna questa attesa è micidiale; sanguinamenti molto più abbondanti di una normale mestruazione, dolori lancinanti. La letteratura scientifica registra numerosi casi di emorragie fortissime. Tutto questo è ben chiaro, per esempio, dalla testimonianza della prima paziente che negli Stati Uniti decise di abortire con la Ru486.

Il suo racconto è lucido e privo di qualsiasi aspetto moraleggiante:

La giovane donna in questione fu la prima paziente che si sottopose alla sperimentazione dell’aborto tramite Ru486 negli Stati Uniti, presso l’ospedale di Des Moines in Iowa; ella non se ne dichiarò pentita. La donna, 30 anni, con un marito e due figli, era terrorizzata dall’aborto chirurgico a causa di una brutta esperienza vissuta da una sua amica: «Sono stata per la prima volta a Des Moins. Tutti erano molto eccitati mercoledì quando mi è stata somministrata la prima dose di farmaci. Scherzando dicevo che ci sarebbe dovuta essere una cerimonia col taglio del nastro. Loro continuavano a dirmi che stavo facendo la storia. In un paio d’ore ho cominciato a provare nausea, ho tirato avanti per tre giorni e sono andata a lavorare. Per fortuna c’è una saletta per riposarsi nel mio ufficio; mi muovevo un po’ più piano. Di norma sono sempre molto su di giri ma per quei tre giorni non lo sono stata. Mi sembrava come se avessi mangiato del cibo avvelenato. Sono tornata di venerdì e ho preso la seconda dose di farmaci; dopo cinque minuti ho cominciato a sentire dei crampi un po’ meno forti di quelli delle mestruazioni. Dopo due ore i crampi sono diventati più forti e ho cominciato ad usare un cuscinetto riscaldante sulla pancia. Sono andata nella stanza di riposo; quando però ho provato ad alzarmi mi sentivo come se mi avessero aperto un rubinetto. C’era un continuo flusso di sangue e poi mi è passato un grumo di sangue della grandezza di una pallina da golf, che mi ha terrorizzata. Pensavo che fosse il feto. I crampi sono rimasti stabili. Negli ultimi quindici minuti della mia visita mi sentivo sdoppiata e l’emorragia era molto pesante, più di quella mestruale. Mia madre mi ha portato a casa; in quel momento sanguinavo molto e ho avuto la diarrea. Mi ha fatto tornare in mente il modo in cui sanguini dopo il parto. Forse una donna che non ha partorito potrebbe essere un po’ più rilassata. Ho abortito alle 6.30 di venerdì notte. L’ho sentito cadere nella tazza. Sembrava come un grumo di sangue. Ho gridato quando mi sono resa conto che era uscito, in parte perché mi sentivo sollevata, in parte perché mi sentivo triste.  Capii che era finita». Quando poi si sostiene che l’aborto tramite Ru486 sia meno costoso e più veloce mi sembra proprio che le evidenze affermino proprio il contrario. Anche su questi punti parlano le donne e non i bioeticisti, i medici. La situazione è stata anche in questo caso ben  fotografata da una inchiesta realizzata dalla più nota giornalista scientifica statunitense, Gina Kolata, che di certo non passa per una fondamentalista cattolica. Ebbene la Kolata, nel 2002 ha scritto sul New York Times, riportando il parere di molti specialisti, che l’aborto con la Ru486 richiede un tempo maggiore ed è più costoso dell’aborto chirurgico. Le donne poi non sembrano essere interessate dal momento che vengono richieste tre visite in ambulatorio per due settimane, due diversi farmaci, qualche emorragia e crampi. Qualche fornitore fa pagare oltre 100 dollari in più per un aborto medico rispetto a quello chirurgico, spiegando che ogni pillola di Mifepristone costa 100 dollari. Molti usano un dosaggio più basso, somministrando una pillola invece delle tre che l’azienda produttrice raccomanda, ma aggiunge che il costo extra dell’aborto indotto tramite pillola, è ancora un peso gravoso per molti pazienti.

Ma ciò sui cui inciderà di più l’uso dell’Ru486 è la sanità pubblica: un risparmio di medici dedicati solo a quel servizio, così poco ambìto e che non consente di fare certo brillanti carriere.

Dunque per la sanità pubblica ci sarebbe un risparmio di medici dedicati solo a quel servizio, più letti a disposizione ma,  a questo punto, un costo non proprio lieve se si chiede allo Stato di passare gratuitamente il farmaco. Pensate che la vecchia azienda produttrice voleva piazzarla, all’epoca, siamo negli anni ’80, a non meno di 500 franchi francesi. Per quanto si possa scendere di prezzo, il costo per la sanità pubblica resterebbe comunque altissimo, a fronte di risultati non proprio incoraggianti e, anzi, a fronte di ulteriori spese per tutti quegli aborti non riusciti tramite Ru486 e che quindi devono rientrare per la ‘consueta’ prassi chirurgica. Anche per questo si è cercato di spingere molto perché si approfondissero ulteriori studi sulle proprietà del farmaco per curare malattie di tipo neurologico ad esempio, facendolo diventare un farmaco compassionevole per malati senza alternativa oltre la morte.

Riuscire a far approvare l’Ru486 per altri usi rispetto all’aborto, significa rendere legale il farmaco che, in un secondo momento, potrebbe essere utilizzato, fuori prescrizione, anche per l’aborto.

Credo sia questo l’obiettivo dei sostenitori di questa pillola mortifera. D’altronde avviene già lo stesso procedimento con l’altro farmaco che serve per completare l’aborto: esso è, infatti, registrato ufficialmente come antiulcera ma poi, siccome favorisce l’espulsione del feto-figlio, viene utilizzato all’occorrenza. - Antonio Gaspari - zenit -

 
 
 

MEDJUGORJE DEL 2 FEBBRAIO 2009

Post n°1398 pubblicato il 02 Febbraio 2009 da diglilaverita

 
 
"Cari figli, oggi con cuore materno desidero ricordarvi, cioè avvertirvi dell’immenso amore di Dio e della pazienza che scaturisce da esso. Il vostro Padre mi manda e aspetta. Aspetta i vostri cuori aperti pronti per le sue opere. Aspetta i vostri cuori uniti nell’amore cristiano e nella misericordia nello spirito di mio Figlio. Non perdete tempo, figli, perché non ne siete padroni. Vi ringrazio."

 
 
 

NOVENA ALLA MADONNA DI LOURDES DA 2 AL 10 FEBBRAIO

Post n°1397 pubblicato il 02 Febbraio 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Qualunque sia l'aspetto talvolta disperata delle situazioni, questa novena ottiene sempre particolari grazie di forza e di pace. Occorre tuttavia tener presente che essa é legata a qualche atto cristiano che impegna. E' dunque meglio non cominciarla neppure, se non si è più che decisi a compiere qualcuno di questi atti il meglio possibile.

1° giorno. Nostra Signora di Lourdes, Vergine immacolata, prega per noi. Nostra Signora di Lourdes, eccomi ai tuoi piedi per sollecitare questa grazia: la mia fiducia nel tuo potere d'intercessione è incrollabile. Tutto tu puoi ottenere dal tuo divin Figlio. Proposito: Fare un atto di riconciliazione nei confronti di una persona ostile o da cui ci si è allontanati per naturale antipatia.

2° giorno. Nostra Signora di Lourdes, che hai scelto per interprete una debole e povera fanciulla, prega per noi. Nostra Signora di Lourdes, aiutami ad adottare ogni mezzo per diventare più umile e più abbandonato a Dio. So che è cosi che potrò piacerti e ottenere la tua assistenza. Proposito: Scegliere una data prossima per confessarsi, attenersi.

3° giorno. Nostra Signora di Lourdes, diciotto volte benedetta nelle tue apparizioni, prega per noi. Nostra Signora di Lourdes, ascolta oggi i miei voti supplicanti. Esaudiscili se, realizzandosi, potranno procurare la gloria di Dio e la salvezza delle anime. Proposito: Fare una visita al Santissimo Sacramento in una chiesa. Affidare nominatamente a Cristo i parenti, gli amici o relazioni in difficoltà. Non dimenticare i defunti.

4° giorno. Nostra Signora di Lourdes, tu, a cui Gesù nulla può rifiutare, prega per noi. Nostra Signora di Lourdes, intercedi per me presso il tuo divin Figlio. Attingi a piene mani nei tesori del suo Cuore e spandili su coloro che pregano ai tuoi piedi. Proposito: Recitare oggi un rosario meditato.

5° giorno. Nostra Signora di Lourdes che mai nessuno ha invocato invano, prega per noi. Nostra Signora di Lourdes, se tu lo vuoi, nessuno di quelli che oggi ti invocano se ne andrà senza aver sperimentato l'effetto della tua potente intercessione. Proposito: Fare a mezzogiorno o alla sera di quest'oggi un parziale digiuno in riparazione dei propri peccati, e anche secondo le intenzioni di quelli che pregano o pregheranno la Madonna con questa novena.

6° giorno. Nostra Signora di Lourdes, salute dei malati, prega per noi. Nostra Signora di Lourdes, Intercedi per la guarigione dei malati che ti raccomandiamo. Ottieni loro un aumento di forza se non la salute. Proposito: Recitare di tutto cuore un atto di consacrazione alla Madonna...

7° giorno. Nostra Signora di Lourdes che preghi incessantemente per i peccatori, prega per noi. Nostra Signora di Lourdes che hai guidato Bernardette fino alla santità, donami quell'entusiasmo cristiano che non indietreggia davanti ad alcun sforzo perché regni maggiormente la pace e l'amore tra gli uomini. Proposito: Visitare un malato o una persona sola.

8° giorno. Nostra Signora di Lourdes, sostegno materno di tutta la Chiesa, prega per noi. Nostra Signora di Lourdes, proteggi il nostro Papa e il nostro vescovo. Benedici tutto il clero e in modo particolare i sacerdoti che ti fanno conoscere e amare. Ricordati di tutti i sacerdoti defunti che ci hanno trasmesso la vita dell'anima. Proposito: Far celebrare una messa per le anime del purgatorio e comunicarsi con questa intenzione.

9° giorno. Nostra Signora di Lourdes, speranza e consolazione dei pellegrini, prega per noi. Nostra Signora di Lourdes, giunto al termine di questa novena, voglio già ringraziarti per tutte le grazie che mi hai ottenuto nel corso di questi giorni, e per quelle che mi otterrai ancora. Per meglio riceverle e ringraziarti, prometto di venire a pregarti il più sovente possibile in uno dei tuoi santuari. Proposito: fate una volta nell'anno un pellegrinaggio ad un santuario mariano, anche molto vicino alla propria residenza, oppure partecipare ad un ritiro spirituale.

Litanie della Madonna di Lourdes


Signore pietà, Signore pietà; Cristo pietà, Cristo pietà; Signore pietà, Signore pietà; Nostra Signora di Lourdes, Vergine Immacolata prega per noi; Nostra Signora di Lourdes, Madre del Divin Salvatore prega per noi; Nostra Signora di Lourdes, che hai scelto come interprete una debole e povera fanciulla prega per noi; Nostra Signora di Lourdes, che hai fatto sgorgare sulla terra una sorgente che dà contorto a tanti pellegrini prega per noi; Nostra Signora di Lourdes, dispensatrice dei doni del Cielo prega per noi; Nostra Signora di Lourdes, a cui Gesù nulla può rifiutare prega per noi; Nostra Signora di Lourdes, che nessuno ha mai invocato invano prega per noi; Nostra Signora di Lourdes, consolatrice degli afflitti prega per noi; Nostra Signora di Lourdes, che guarisci da ogni malattia prega per noi; Nostra Signora di Lourdes, speranza dei pellegrini prega per noi; Nostra Signora di Lourdes, che preghi per i peccatori prega per noi; Nostra Signora di Lourdes, che ci inviti alla penitenza prega per noi; Nostra Signora di Lourdes, sostegno della santa Chiesa prega per noi; Nostra Signora di Lourdes, avvocata delle anime del purgatorio prega per noi; Nostra Signora di Lourdes, Vergine del Santo Rosario prega per noi; Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo perdonaci Signore; Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo ascoltaci o Signore; Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo abbi pietà di noi; Prega per noi, Nostra Signora di Lourdes Affinché siamo fatti degni delle promesse di Cristo. Preghiamo: Signore Gesù, noi ti benediciamo e ti ringraziamo per tutte le grazie che, per mezzo della Madre tua a Lourdes, hai sparso sul tuo popolo in preghiera e sofferente. Fa' che anche noi, per l'intercessione di Nostra Signora di Lourdes, possiamo aver parte di questi beni per meglio amarti e servirti! Amen. - floscarmeli -

 

 
 
 

SI CERCANO GLI ITALIANI CHE SALVARONO GLI EBREI NELLA SECONDA GUERRA MONDIALE

Post n°1396 pubblicato il 02 Febbraio 2009 da diglilaverita
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La Fondazione Internazionale Raoul Wallenberg (IRWF), un'organizzazione non governativa (ONG) con base a New York che si dedica a onorare, preservare e diffondere l'eredità di coloro che prestarono soccorso alle vittime dell'Olocausto, sta raccogliendo informazioni sui cittadini italiani che contribuirono a mettere in salvo gli ebrei perseguitati durante la Seconda Guerra Mondiale e sui loro parenti. Tra i molti eroi italiani si possono menzionare Giovanni Palatucci, un poliziotto che salvò la vita a circa 5.000 ebrei; Giorgio Perlasca, che si presentò come ambasciatore spagnolo a Budapest e riuscì a mettere sotto la sua custodia migliaia di rifugiati condannati a morte nei campi di sterminio; Beniamino Schivo, un sacerdote cattolico che fornì alloggio, vestiario e cibo a un'intera famiglia; Angelo Giuseppe Roncalli, futuro Papa Giovanni XXIII, che durante il suo incarico come Delegato Apostolico a Istanbul nel 1944 contribuì al salvataggio di migliaia di ebrei e non ebrei perseguitati. Il 4 novembre scorso, Baruch Tenembaum, fondatore della IRWF, ha proposto il conferimento a Roncalli del titolo di "Giusto tra le Nazioni" da parte dello Yad Vashem, l'autorità per il ricordo dei martiri e degli eroi dell'Olocausto. La Fondazione Wallenberg ha lanciato una campagna tra i leader delle comunità secolari e religiose perché propongano ai neo genitori la possibilità di chiamare i loro bambini con il nome di quegli italiani che si presero cura degli ebrei perseguitati, spesso a costo della vita. Chiunque abbia notizie e testimonianze in proposito, è pregato di contattare gli uffici della Fondazione: a New York: Svetlana c/o 34 E 67 Street, New York, NY 10065, USA; telefono: +1 212 7373275; - a Gerusalemme: Danny c/o 3 Antebi Street, Jerusalem, Israel; telefono + 972 2 6257996 - [Per ulteriori informazioni, www.raoulwallenberg.net] - ZENIT.org

 
 
 

PERCHE' I CRISTIANI SONO PERSEGUITATI

Post n°1395 pubblicato il 02 Febbraio 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Oggi è in atto una continua e sistematica aggressione al fatto cristiano, al magistero trascendente di Gesù di Nazaret, all'insegnamento e alla stessa libertà di esistere della Chiesa. Troppi cattolici neppure se ne avvedono, condizionati come sono dalla retorica delle "aperture" e del buonismo. Da noi, per ora, è un'ostilità "culturale" e "politica". Ma in altre parti della terra la violenza è anche fisica: ogni anno a migliaia i nostri fratelli di fede pagano con la vita la loro appartenenza ecclesiale. E il mondo occidentale (così sensibile a tutti gli attentati ai "diritti umani") di solito resta impassibile: le uccisioni dei cristiani in quanto cristiani non fanno notizia. Gesù del resto ci aveva avvisati: non ci ha mai detto che la condizione dei suoi discepoli nella vicenda umana sarebbe stata una passeggiata sotto i mandorli in fiore. «Sarete odiati da tutti i popoli a causa del mio nome» (Mt 24,9), aveva promesso. È il "mistero del martirio", e appartiene al disegno che il Padre ha pensato e deciso prima di tutti i secoli per la nostra salvezza e la nostra soprannaturale ed eterna elevazione. Ma perché il "mondo" - questa forza permanente di opposizione all'iniziativa divina di redenzione, di cui parla per esempio Gesù nell'ultima cena (cfr. Gv 17,9.14) - è indotto tanto spesso a soffocare la verità rivelata addirittura nel sangue e tenta di annientare senza mai riuscirci il popolo dei redenti? Su questo "mistero del martirio" è necessario che di questi tempi abbiamo a riflettere seriamente.

La "lezione" degli antichi martiri

Per avviare una tale riflessione mi sembra di grande utilità prendere in rapida considerazione la prima stagione persecutoria, quella che va dalla svogliata e tragica sentenza di Pilato al cosiddetto "Editto di Milano" (dell'anno 313). Credo se ne possa ricavare una "lezione" per tutti i cristiani, che è anche oggi di palpitante attualità. Qui c'è un classico problema storico. Come mai proprio lo Stato romano, che non era inutilmente crudele, che onorava nelle sue leggi l'equità e la giustizia più di qualsiasi altra potenza del mondo antico, che si studiava di arginare l'arbitrio con un vigoroso senso del diritto, ha infierito così a lungo sui discepoli di Gesù? Ci si presentano subito tre ragioni indiscutibili di questa singolare ostilità; tre ragioni che ci aiuteranno anche a capire meglio alcune esigenze e alcune implicazioni della nostra militanza ecclesiale.

La nostra diversità

Lo Stato romano, nella prima fase dei suoi rapporti con i cristiani, persèguita per la pressione del malanimo popolare, più che per sua nativa propensione. La prima causa storica del martirio è stata dunque l'antipatia della gente per i seguaci del Vangelo, per il loro essere "diversi", per il loro "strano" modo di vivere, per la loro dottrina inaudita. È un rilievo che induce a un pensiero un po' aspro, ma indubbiamente salutare, segnatamente in un'epoca come la nostra. Non sta scritto da nessuna parte che il nostro Credo - anche quando è vissuto con ammirevole coerenza ed è reso operante nella carità - ci renda cari agli occhi del mondo e ci concili l'approvazione e la lode dell'opinione pubblica. Sta scritto piuttosto: «Guai a voi, quando tutti gli uomini diranno bene di voi» (Lc 6,26). Questo è un richiamo opportuno per un tempo come il nostro, che pare identificare il pregio di un atto con il consenso più esteso e più conclamato; la misura del valore con gli indici di gradimento; la bontà di un comportamento con le convergenze che emergono dalle inchieste. Il che senza dubbio non significa che noi siamo cristiani tanto più autentici quanto più risultiamo indisponenti di fronte agli altri per i nostri modi urtanti, le nostre rigidità, le nostre personali insofferenze. Ma certamente significa che non possiamo ridurre il messaggio di Cristo all'abilità di farci accogliere e apprezzare da chi si mantiene su posizioni che con questo messaggio sono in aperto contrasto. Il credente diventa un "testimone" autentico - e se è necessario anche un "martire" - quando dimostra di essere ben persuaso che non si tratta di salvare la verità di Dio mediante il consenso degli uomini, ottenuto o carpito in qualunque modo; si tratta di salvare gli uomini mediante la verità di Dio annunciata a ogni costo. Il credente diventa un "testimone" autentico quando domanda al Signore che cosa sia il bene e che cosa sia il male; al Signore, non alle indagini sociali e ai sondaggi di opinione, compiuti entro un'umanità che dal peccato di Adamo ha sempre gli occhi un po' ottenebrati.

Il "culto della personalità"

Una seconda causa storica del martirio in epoca romana è data dal deciso diniego dei cristiani di riconoscere con omaggi esterni o anche solo con dichiarazioni verbali la divinità degli imperatori. La divinizzazione dei sovrani è un fenomeno che Roma ha mutuato dal mondo ellenistico. Si afferma e si generalizza soprattutto a partire da Domiziano, ed è subito contestata dalla Chiesa. Il rifiuto di adorare, con riti o con giuramenti, il "genio" imperiale è spesso addotto dagli atti dei processi come motivo per la condanna. Anche Plinio il Giovane, scrivendo a Traiano nella sua celebre Lettera 96, dichiara di ritenere indizio sufficiente della ritrattazione degli accusati, «se facevano sacrifici con incenso e vino alla tua immagine». C'è qui la radice della riprovazione di ogni culto della personalità, che è dovere dei discepoli di Gesù in tutti i tempi, quali che siano le effettive o supposte grandezze di coloro che pretendono la nostra venerazione. Chi canta al Figlio di Dio: «tu solo il Signore», non può riconoscere nessuna "signoria" dell'uomo sugli uomini se non in loro servizio. Il cristiano ama e stima ogni uomo, perché ogni uomo è immagine viva di Cristo. Onora ogni legittima potestà, perché in ultima analisi essa proviene sempre da Dio. Riconosce con gioia le manifestazioni eccezionali dell'intelligenza, della capacità artistica, dell'abnegazione eroica per il bene degli altri. Ma non adora nessuno che non sia colui che solo deve essere adorato; non si considera suddito in senso assoluto, se non dell'unico Re dell'universo; e, propriamente parlando, non coltiva fanatismi nei confronti di nessun "divo" né della politica, né della cultura, né dello spettacolo, né dello sport.

L'adesione senza compromessi alla verità

La terza e più decisiva causa delle persecuzioni dei primi secoli è l'intransigenza cristiana a proposito della verità; un'intransigenza che non deve mai diventare intolleranza, ma è irrinunciabile consapevolezza dell'avvenuto ingresso del Verbo di Dio nelle tenebre e nelle nebbie della storia umana. L'impero romano non era affatto chiuso nei confronti delle religioni diverse da quella della tradizione latina: non faceva alcuna fatica ad accogliere gli altri dèi che provenivano dalla Grecia, dall'Egitto, dall'Asia Minore. Nel suo "pantheon" c'era posto per tutti. Come mai allora ci si accanisce contro il Dio dei cristiani? Perché è un Dio che non accetta di essere uno dei tanti; non si accontenta nemmeno di essere il più potente e il migliore. Esige di essere l'unico: l'unico da adorare, perché è l'unico che davvero esiste. E così ogni altro culto viene svuotato e squalificato. Si capisce allora come i discepoli di Gesù, che non pregavano nessuna delle divinità presenti nei sacri edifici di Roma, potevano essere accusati di empietà e addirittura di ateismo. E come tali fossero condannati. Quando nella nostra mente si affaccia l'idea oggi così diffusa che "tutte le religioni in fondo sono uguali" - ciascun popolo ha la sua, si dice, e anzi ogni uomo ha il diritto di scegliere quella che più gli aggrada - allora pensiamo seriamente al sangue dei martiri, che è stato versato appunto per asserire e difendere la verità del contrario. Chi è stato illuminato dalla divina Rivelazione non può ridursi a quella che può sembrare larghezza di idee, ed è soltanto rassegnata disperazione. È la disperazione di quanti non hanno più fiducia che esista e sia attingibile una verità indiscutibile; e dunque non hanno più fiducia che ci sia autentica salvezza per l'uomo, creatura ragionevole che ha il diritto di conoscere senza equivoci il suo Creatore e la strada giusta per arrivare a lui.

L'unico Signore e l'unico Salvatore

Il cristiano coglie e avvalora tutti i fremiti di luce e di bene che si trovano sparsi in tutte le religioni, in tutte le culture, in tutti gli animi; ma non dimentica mai che «non vi è sotto il cielo altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che possiamo essere salvati» (At 4,12), all'infuori di quello del nostro Redentore, unico Signore dell'universo, della storia, dei cuori. Il sangue dei martiri oggi ci implora di aver misericordia dell'uomo contemporaneo e di fargli arrivare efficacemente la notizia che non si tratta di scegliere tra l'una o l'altra religione, tra l'una o l'altra pratica esoterica, tra l'una o l'altra visione culturale: si tratta di lasciarsi afferrare e coinvolgere dal solo evento risolutivo e centrale della vicenda umana, che è la Pasqua dell'Unigenito del Padre, morto in croce e risorto per noi. Card. Giacomo Biffi - Fattisentire -

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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