ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 10/02/2009

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE IN OCCASIONE DELLA 17a GIORNATA MONDIALE DEL MALATO

Post n°1473 pubblicato il 10 Febbraio 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Cari fratelli e sorelle, la Giornata Mondiale del Malato, che ricorre il prossimo 11 febbraio, memoria liturgica della Beata Maria Vergine di Lourdes, vedrà le Comunità diocesane riunirsi con i propri Vescovi in momenti di preghiera, per riflettere e decidere iniziative di sensibilizzazione circa la realtà della sofferenza. L’Anno Paolino, che stiamo celebrando, offre l’occasione propizia per soffermarsi a meditare con l’apostolo Paolo sul fatto che, “come abbondano le sofferenze del Cristo in noi, così per mezzo di Cristo abbonda anche la nostra consolazione” (2 Cor 1,5). Il collegamento spirituale con Lourdes richiama inoltre alla mente la materna sollecitudine della Madre di Gesù per i fratelli del suo Figlio “ancora peregrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siano condotti nella patria beata” (Lumen gentium, 62). Quest’anno la nostra attenzione si volge particolarmente ai bambini, le creature più deboli e indifese e, tra questi, ai bambini malati e sofferenti. Ci sono piccoli esseri umani che portano nel corpo le conseguenze di malattie invalidanti, ed altri che lottano con mali oggi ancora inguaribili nonostante il progresso della medicina e l’assistenza di validi ricercatori e professionisti della salute. Ci sono bambini feriti nel corpo e nell’anima a seguito di conflitti e guerre, ed altri vittime innocenti dell’odio di insensate persone adulte. Ci sono ragazzi “di strada”, privati del calore di una famiglia ed abbandonati a se stessi, e minori profanati da gente abietta che ne viola l’innocenza, provocando in loro una piaga psicologica che li segnerà per il resto della vita. Non possiamo poi dimenticare l’incalcolabile numero dei minori che muoiono a causa della sete, della fame, della carenza di assistenza sanitaria, come pure i piccoli esuli e profughi dalla propria terra con i loro genitori alla ricerca di migliori condizioni di vita. Da tutti questi bambini si leva un silenzioso grido di dolore che interpella la nostra coscienza di uomini e di credenti. La comunità cristiana, che non può restare indifferente dinanzi a così drammatiche situazioni, avverte l’impellente dovere di intervenire. La Chiesa, infatti, come ho scritto nell’Enciclica Deus caritas est, “è la famiglia di Dio nel mondo. In questa famiglia non deve esserci nessuno che soffra per mancanza del necessario” (25, b). Auspico, pertanto, che anche la Giornata Mondiale del Malato offra l’opportunità alle comunità parrocchiali e diocesane di prendere sempre più coscienza di essere “famiglia di Dio”, e le incoraggi a rendere percepibile nei villaggi, nei quartieri e nelle città l’amore del Signore, il quale chiede “che nella Chiesa stessa, in quanto famiglia, nessun membro soffra perché nel bisogno” (ibid.). La testimonianza della carità fa parte della vita stessa di ogni comunità cristiana. E fin dall’inizio la Chiesa ha tradotto in gesti concreti i principi evangelici, come leggiamo negli Atti degli Apostoli. Oggi, date le mutate condizioni dell’assistenza sanitaria, si avverte il bisogno di una più stretta collaborazione tra i professionisti della salute operanti nelle diverse istituzioni sanitarie e le comunità ecclesiali presenti sul territorio. In questa prospettiva, si conferma in tutto il suo valore un’istituzione collegata con la Santa Sede qual è l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, che celebra quest’anno i suoi 140 anni di vita. Ma c’è di più. Poiché il bambino malato appartiene ad una famiglia che ne condivide la sofferenza spesso con gravi disagi e difficoltà, le comunità cristiane non possono non farsi carico anche di aiutare i nuclei familiari colpiti dalla malattia di un figlio o di una figlia. Sull’esempio del “Buon Samaritano” occorre che ci si chini sulle persone così duramente provate e si offra loro il sostegno di una concreta solidarietà. In tal modo, l’accettazione e la condivisione della sofferenza si traduce in un utile supporto alle famiglie dei bambini malati, creando al loro interno un clima di serenità e di speranza, e facendo sentire attorno a loro una più vasta famiglia di fratelli e sorelle in Cristo. La compassione di Gesù per il pianto della vedova di Nain (cfr Lc 7,12-17) e per l’implorante preghiera di Giairo (cfr Lc 8,41-56) costituiscono, tra gli altri, alcuni utili punti di riferimento per imparare a condividere i momenti di pena fisica e morale di tante famiglie provate. Tutto ciò presuppone un amore disinteressato e generoso, riflesso e segno dell’amore misericordioso di Dio, che mai abbandona i suoi figli nella prova, ma sempre li rifornisce di mirabili risorse di cuore e di intelligenza per essere in grado di fronteggiare adeguatamente le difficoltà della vita. La dedizione quotidiana e l’impegno senza sosta al servizio dei bambini malati costituiscono un’eloquente testimonianza di amore per la vita umana, in particolare per la vita di chi è debole e in tutto e per tutto dipendente dagli altri. Occorre affermare infatti con vigore l’assoluta e suprema dignità di ogni vita umana. Non muta, con il trascorrere dei tempi, l’insegnamento che la Chiesa incessantemente proclama: la vita umana è bella e va vissuta in pienezza anche quando è debole ed avvolta dal mistero della sofferenza. E’ a Gesù crocifisso che dobbiamo volgere il nostro sguardo: morendo in croce Egli ha voluto condividere il dolore di tutta l’umanità. Nel suo soffrire per amore intravediamo una suprema compartecipazione alle pene dei piccoli malati e dei loro genitori. Il mio venerato Predecessore Giovanni Paolo II, che dell’accettazione paziente della sofferenza ha offerto un esempio luminoso specialmente al tramonto della sua vita, ha scritto: “Sulla croce sta il «Redentore dell’uomo», l’Uomo dei dolori, che in sé ha assunto le sofferenze fisiche e morali degli uomini di tutti i tempi, affinché nell’amore possano trovare il senso salvifico del loro dolore e risposte valide a tutti i loro interrogativi” (Salvifici doloris, 31). Desidero qui esprimere il mio apprezzamento ed incoraggiamento alle Organizzazioni internazionali e nazionali che si prendono cura dei bambini malati, particolarmente nei Paesi poveri, e con generosità e abnegazione offrono il loro contributo per assicurare ad essi cure adeguate e amorevoli. Rivolgo al tempo stesso un accorato appello ai responsabili delle Nazioni perché vengano potenziate le leggi e i provvedimenti in favore dei bambini malati e delle loro famiglie. Sempre, ma ancor più quando è in gioco la vita dei bambini, la Chiesa, per parte sua, si rende disponibile ad offrire la sua cordiale collaborazione nell’intento di trasformare tutta la civiltà umana in «civiltà dell’amore» (cfr Salvifici doloris, 30). Concludendo, vorrei esprimere la mia vicinanza spirituale a tutti voi, cari fratelli e sorelle, che soffrite di qualche malattia. Rivolgo un affettuoso saluto a quanti vi assistono: ai Vescovi, ai sacerdoti, alle persone consacrate, agli operatori sanitari, ai volontari e a tutti coloro che si dedicano con amore a curare e alleviare le sofferenze di chi è alle prese con la malattia. Un saluto tutto speciale è per voi, cari bambini malati e sofferenti: il Papa vi abbraccia con affetto paterno insieme con i vostri genitori e familiari, e vi assicura uno speciale ricordo nella preghiera, invitandovi a confidare nel materno aiuto dell’Immacolata Vergine Maria, che nel passato Natale abbiamo ancora una volta contemplato mentre stringe con gioia tra le braccia il Figlio di Dio fatto bambino. Nell’invocare su di voi e su ogni malato la materna protezione della Vergine Santa, Salute degli Infermi, a tutti imparto di cuore una speciale Benedizione Apostolica. Dal Vaticano, 2 Febbraio 2009 BENEDICTUS PP.XVI

 
 
 

ELUANA E' MORTA IN SOLITUDINE. E NOI ADESSO DOBBIAMO COMPORTARCI PACATAMENTE!!??!!??!!

Post n°1472 pubblicato il 10 Febbraio 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Eluana è morta in solitudine, nella stanza in cui era stata confinata, a Udine, lontano dalle carezze delle suore e dall’ambiente familiare della clinica di Lecco. E’ morta in mani estranee, di gente che non l’aveva mai vista prima di lunedì scorso, e che si era messa a disposizione per farla morire di fame e di sete. Persone che l’hanno avvicinata, toccata, maneggiata, sapendo che dovevano lasciarla morire di fame e sete. Non c’era suo padre - che d’altra parte in questi anni l’aveva lasciata alle suore – lui stava a Lecco, per sicurezza. Non c’era la sua specialissima curatrice, l’avvocato Franca Alessio, che, per l’appunto, si è presa tanta cura di Eluana, in questi anni. Non c’era neanche Defanti, il cosiddetto medico curante, e neppure De Monte, il responsabile del protocollo di morte. Non c’era nessuno, insomma. Nel primo pomeriggio era stato comunicato che le sue condizioni erano stabili; sapevamo che non c’era ancora nessun blocco renale, e che non era ancora stato raggiunto il punto di non ritorno nel digiuno e nella disidratazione forzata. Un’agenzia Ansa delle 21.08 spiega che “la situazione di Eluana Englaro e’ rimasta stabile fino al primo pomeriggio, dopodiche’ sarebbe avvenuto un improvviso peggioramento” , ma si contraddice con agenzie che un’ora dopo dicono: “Eluana, ha riferito Defanti, ha smesso di vivere improvvisamente per subentrate complicazioni respiratorie: ha cominciato a respirare male, in maniera sconnessa fino all’arresto respiratorio. “E’ stato un arresto improvviso”, conclude Defanti” (AGI, 9.02). E d’altra parte, se è morta in solitudine, se nessuno è stato avvertito in tempo e non c’erano familiari o medici in stanza, delle due l’una: o è spirata in meno di due minuti, oppure l’attenzione dei volontari che la “accudivano” era tale che nessuno si era accorto che stava male. Eluana è morta molto prima del previsto, considerando anche che proprio oggi Defanti, quello convinto che morire disidratati è dolcissimo, ha dichiarato al Corriere che Eluana stava bene, a Lecco, i suoi esami erano perfetti. Eluana è morta – ma guarda un po’ che fatalità, che singolare coincidenza, quando si dice il caso, l’imprevisto, l’evento improvviso ed imprevedibile, ma che sorpresa signora mia – un attimo - letteralmente un attimo - prima del voto al Senato di un Disegno di Legge che avrebbe messo in mutande l’opposizione e avrebbe schiacciato l’imparzialità del Presidente della Repubblica sulla posizione dei suoi ex compagni di partito. Adesso si invoca la calma, il silenzio, la riflessione, si chiede di abbassare la voce, magari anche socchiudere gli occhi, chinare il capo, turarsi le orecchie e l ’avverbio del momento è “pacatamente”. Noi naturalmente siamo prontissimi a seguire gli inviti alla saggezza ed alla compostezza, e:
 
1. Pacatamente, ricordiamo che se il Presidente della Repubblica avesse firmato il decreto venerdì scorso, adesso Eluana sarebbe viva.
 
2. Pacatamente, ricordiamo che gli unici a poter fermare il protocollo di morte – oltre a Giorgio Napolitano - erano il sindaco di Udine, il Presidente della regione Tondo con i suoi assessori e il Procuratore di Udine, e non l’hanno fatto.
 
3. Pacatamente, chiediamo al Procuratore di Udine dove sono finite le testimonianze raccolte dopo l’esposto, quelle delle compagne di scuola e degli insegnanti che dichiaravano di non aver mai sentito Eluana parlare di morte e stati vegetativi dalla mattina alla sera, fin dalla più tenera età.
 
4. Pacatamente, vorremmo sapere che fine ha fatto la relazione degli ispettori ministeriali, dove ci risulta scritto, tra l’altro, che Eluana era sedata anche per via orale, cioè per bocca (perché lei deglutiva, ricordiamo).
 
5. Pacatamente, vorremmo chiedere allo stesso procuratore come mai chi ha tanto amorevolmente sedato per bocca Eluana, non si è preoccupato anche di darle da bere, visto che era in grado di ingoiare.
 
6. Pacatamente, temiamo che i risultati dell’autopsia facciano la fine degli esposti e delle relazioni di cui sopra e che l’eventuale cremazione impedisca per sempre di conoscere la verità.
 
7. Pacatamente, ricordiamo che il Presidente della Repubblica, mesi fa, aveva risposto ad una lettera di Carlo Casini dichiarando che non sarebbe mai intervenuto nel merito del caso Englaro. Tutto il mondo politico sapeva da tempo che Giorgio Napolitano non avrebbe mai firmato un decreto per impedire la morte di Eluana, e d’altra parte, se non l’ha fatto quando già avevano iniziato il digiuno e la disidratazione forzati, figuriamoci quanto poteva essere disposto a farlo quando Eluana stava ancora a Lecco dalle suore.
 
8. Pacatamente, ricordiamo che il Presidente Napolitano ha contestato che ci fosse il requisito dell’urgenza, necessario a fare un decreto, quando Eluana aveva già iniziato la disidratazione forzata. Non c’era niente di urgente, secondo lui.
 
9. Pacatamente, ricordiamo anche che il ministro Sacconi ha emanato un atto di indirizzo lo scorso dicembre, in attesa di una legge sul fine vita, che proibiva nei fatti di uccidere Eluana. Atto di indirizzo contestato dai compagni del PD (d’ora in poi Partito Disidratato) che prima hanno accusato Sacconi di violenza (c’è anche una denuncia per violenza privata nei suoi confronti, alla Procura di Roma, proprio per l’atto di indirizzo); gli stessi del PD adesso chiedono cosa ha fatto il governo per impedire la morte di Eluana. Se tutto il Parlamento veramente avesse voluto impedire la morte di Eluana, bastava difendere l’atto di indirizzo. Semplice, no? Molto pacatamente, vorrei far notare che il decreto di urgenza del governo di venerdì scorso è stato contestato con forza dal PD, che ha chiesto un confronto parlamentare per la legge sul fine vita. Ma se confronto deve essere – com’è giusto che sia – ci vuole tempo. Provate solo ad immaginare – pacatamente – come avrebbe reagito il PD se a novembre il PdL avesse detto: bene ragazzi, vogliono far morire Eluana di fame e sete, facciamo la legge in due settimane, senza tante storie.
 
10. Pacatamente, vorremmo sapere perché tanta ansia del Procuratore di Trieste – superiore di quello di Udine – nel gridare per monti e per mari che mai e poi mai si stava indagando sul caso Englaro, e che mai e poi mai si sarebbero sequestrate le stanze di Eluana, e che mai e poi mai si sarebbe impedito di attuare il decreto. Il Procuratore di Trieste, Beniamino Deidda, è fra i fondatori di MD, Magistratura Democratica, d’ora in poi Magistratura Disidratata (non è colpa nostra se Democratici comincia con la D, come Disidratati).
 
Abbiamo tante domande da farci, pacatamente. E cercheremo di rispondere a tutte, sempre pacatamente.
Adesso vogliamo solo piangere Eluana, morta innaturalmente per una sentenza dei magistrati ma soprattutto, come ha dichiarato Gustavo Zagrebelsky, ex presidente della Corte Costituzionale, e firma pacata di Repubblica, “la premessa più importante è che ciò che è accaduto fino ad ora è legale”. - www.stranocristiano.it -

 
 
 

BERNADETTE, L'ULTIMO MISTERO DI LOURDES: QUEL CORPO INTATTO DIMENTICATO

Post n°1471 pubblicato il 10 Febbraio 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

I pellegrini a Lourdes hanno superato i cinque milioni all' anno, sono soltanto mezzo milione - uno su dieci - quelli che visitano anche Nevers. Molti, da tempo, chiedono maggior impegno alle Associazioni perché vengano incrementati gli arrivi in questa città sulla Loira. Nevers ha in serbo per i devoti della Immacolata una sorpresa emozionante. Noi stessi abbiamo visto pellegrini scoppiare di colpo in singhiozzi a una vista imprevista e sconvolgente. Entrati nel cortile del convento di Saint Gildard, Casa madre delle «Suore della Carità», si accede alla chiesa attraverso una porticina laterale. La semioscurità, perenne in questa architettura neogotica dell' Ottocento, è rotta dalle luci che illuminano una artistica cassa funeraria in vetro. Il piccolo corpo (un metro e quarantadue centimetri) di una religiosa sembra dormire con le mani giunte attorno a un rosario e il capo reclinato sulla sinistra. Sono le spoglie, intatte a 124 anni dalla morte, di santa Bernadette Soubirous, colei sulle cui misere spalle di malata cronica poggia il peso del più frequentato santuario del mondo. Lei sola, infatti, vide, ascoltò, riferì il poco che le disse: Aquerò («Quella là», in dialetto della Bigorre), testimoniando con la sua sofferenza ininterrotta la verità di quanto le era stato annunciato: «Non vi prometto di essere felice in questa vita ma nell' altra». Al noviziato di Nevers, Bernadette giunse nel 1866. Senza mai muoversi, («Sono venuta qui per nascondermi», disse arrivando) vi trascorse 13 anni, fino alla morte, il 16 aprile 1879. Non aveva che 35 anni, ma il suo organismo era consumato da una serie impressionante di patologie, alle quali si erano aggiunte le sofferenze morali. Quando la sua bara fu calata nel caveau, scavato nella terra, di una cappella nel giardino del convento, tutto lasciava supporre che quel minuscolo corpo mangiato anche da cancrene si sarebbe presto dissolto. In realtà, proprio quel corpo è giunto intatto sino a noi, anche negli organi interni, sfidando ogni legge fisica. Uno storico e scienziato gesuita, il padre André Ravier, ha pubblicato di recente i resoconti completi delle tre riesumazioni, basandosi su una documentazione inattaccabile. In effetti, nella Francia anticlericale tra Otto e Novecento, a ogni apertura del sepolcro assistettero, sospettosi, medici, magistrati, funzionari della polizia e del Comune. I loro rapporti ufficiali sono stati tutti conservati dalla pignola amministrazione francese. La prima riesumazione, per l' inizio del processo di beatificazione, avvenne nel 1909, trent' anni dopo la morte. All' apertura della cassa, alcune anziane suore, che avevano visto Bernadette sul letto di morte, svennero e dovettero essere soccorse: ai loro occhi la consorella apparve non soltanto intatta, ma come trasfigurata dalla morte, senza più i segni della sofferenza sul volto. Il rapporto dei due medici è categorico: l' umidità era tale da avere distrutto gli abiti e persino il rosario, ma il corpo della religiosa non era stato intaccato, tanto che anche denti, unghie, capelli erano tutti al loro posto e pelle e muscoli si rivelavano elastici al tatto. «La cosa - scrissero i sanitari, confermati dai rapporti dei magistrati e dei gendarmi presenti - non appare naturale, visto anche che altri cadaveri, sepolti nello stesso luogo, si sono dissolti e che l' organismo di Bernadette, flessibile ed elastico, non ha subito nemmeno una mummificazione che ne spieghi la conservazione». La seconda riesumazione avvenne dieci anni dopo, nel 1919. I due medici, stavolta, erano famosi primari e ciascuno, dopo la ricognizione, fu isolato in una stanza perché scrivesse il suo rapporto senza consultarsi con il collega. La situazione, scrissero entrambi, era rimasta la stessa della volta precedente: nessun segno di dissoluzione, nessun odore sgradevole. La sola differenza era un certo scurimento della pelle, dovuto probabilmente al lavaggio del cadavere, dieci anni prima. La terza e ultima ricognizione fu nel 1925, alla vigilia della beatificazione. A quarantasei anni dalla morte - e alla consueta presenza delle autorità non solo religiose, ma anche sanitarie e civili - sul cadavere, ancora intatto, si poté procedere senza difficoltà all' autopsia. I due luminari che la praticarono pubblicarono poi una relazione su una rivista scientifica, dove segnalarono all' attenzione dei colleghi il fatto (che giudicavano «più che mai inspiegabile») della conservazione perfetta anche degli organi interni, compreso il fegato, destinato più di ogni altra parte corporea a una rapida decomposizione. Vista la situazione, si decise di mantenere accessibile alla vista quel corpo che appariva non di una morta, ma di una dormiente in attesa del risveglio. Sul viso e sulle mani fu applicata una leggera maschera, ma solo perché si temeva che i visitatori fossero colpiti dalla pelle scurita e dagli occhi, intatti sotto le palpebre, però un po' infossati. E' certo, comunque, che sotto quella sorta di maquillage e sotto quell' abito antico delle «Suore della carità», c' è davvero la Bernadette morta nel 1879, fissata misteriosamente, e per sempre, in una bellezza che il tempo non le ha tolto ma restituito. Qualche anno fa, per un documentario per Rai Tre, mi fu concesso di far girare di notte, per non disturbare i pellegrini, delle immagini ravvicinate mai permesse prima. Una suora aperse il vetro della cassa, capolavoro di oreficeria. Esitante, toccai con un dito una delle piccole braccia della minuscola Santa. La sensazione immediata di elasticità e di freschezza di quella carne, morta per il «mondo» da più di 120 anni, resta per me tra le emozioni incancellabili. Davvero, non sembrano avere torto, tra Unitalsi e Oftal, a voler richiamare l' attenzione sull' enigma di Nevers, spesso ignorato dalle folle che convergono sui Pirenei. - Messori Vittorio -

 
 
 

DOMANI 11 FEBBRAIO MARIA VERGINE DI LOURDES: "I SEGNI" CHE CI PARLANO DI LEI

Post n°1470 pubblicato il 10 Febbraio 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

LA LUCE...

In tante nostre case si accendevano i lumi… si aggiunge l’olio!

Oggi c’è la corrente… e non c’è più bisogno di tutto questo!

L’incontro con Cristo è… il nostro fare il pieno di energia elettrica…!!!

E’ lo stesso Signore Gesù che ci chiama… ‘LUCE’…

" Voi siete la luce del mondo"…

Proviamo a pensare ad una città senza luce:

· smarrimento…

· disorientamento…

· paura…

· cadute o sbattute di testa…

La LUCE è importante, decisiva…

A noi il Signore chiede di ‘portare’ la luce… di illuminare gli altri attraverso

le buone opere…

¨ di carità…

¨ di perdono…

¨ di gioia…

¨ di fraternità…

Siamo qui per ‘solarci’ e ‘solare’…

per ‘accenderci’ e ‘illuminare’…

Come MARIA, illuminata dallo SPIRITO, brilla per tutta la Chiesa

come STELLA MATTUTTINA, riaccendiamo in noi la luce che ci

guida e risplende per tutti…!!!

IL SILENZIO…

La logica del Signore è la… debolezza!

E la debolezza si prova nel silenzio.

Il silenzio ci fa capire il mistero della Croce di Cristo.

Il silenzio ci apre al ‘mistero’… non per capirlo, ma per accoglierlo.

Nei momenti più duri, difficili, incomprensibili, MARIA si mette IN

SILENZIO e conserva nel cuore ciò che vede e percepisce.

Lourdes è la patria del silenzio!

Tanta gente che si muove… ma il silenzio regna!

Il silenzio fa parlare il cuore e permette di offrire al Signore ogni nostra

debolezza.

La Croce si fa fatica a portarla parlando o ragionando… è più leggera se è

accompagnata dal silenzio.

La fede di Dio non va fondata su discorsi persuasivi di sapienza o di

intelligenza, ma si fonda sul forza e sulla potenza di Dio che si acquista

entrando in lui.

Tra Bernardette e Maria non ci sono lunghissimi discorsi o migliaia di parola… c’è

solo il silenzio

della concentrazione…

della contemplazione…

del grazie…

del sì…

della preghiera…

Come MARIA meditava e serbava nel cuore ogni cosa, recuperiamo la

dimensione contemplativa della vita cristiana inventando un po’ più

di silenzio in noi e attorno a noi…!!!

la PROCESSIONE…

L’esperienza della fede è paragonata all’esperienza del

‘cammino’…

Vivere la fede è vivere il nostro ‘pellegrinaggio’ da questa casa alla patria che

ci attende nei cieli.

Gesù, in questo cammino, è la… VIA… la STRADA da percorrere!

Sappiamo quanto spazio viene riservato a Lourdes alla ‘processione’.

il primo saluto alla grotta…

la processione dei malati…

la Via crucis…

la fiaccolata della sera…

l’ultimo saluto alla grotta…

Le ‘processioni’ le viviamo, in certe occasioni, anche nelle nostre comunità

cristiane. Sono importanti… perché?

- questo ‘camminare insieme’ dietro o davanti a Gesù eucaristia oppure

all’immagine di Maria o di qualche altro santo, è il segno della nostra vita che è

un ‘trascorrere’… un ‘passare’ dalla morte alla vita…

- il popolo d’Israele è sempre stato il ‘popolo in cammino’… soprattutto

nell’attraversare il ‘deserto’ per accedere alla ‘terra promessa’…

La processione, esperienza dinamica, è il segno del nostro camminare nella

vita che a volte è faticoso… a volte gioioso… a volte si fa di corsa… a volte

con il fiatone!

Maria, la donna in cammino, si mette davanti come guida e ci invita, ci

incoraggia, ci spiana la strada del Figlio nell’itinerario della vita.

l’ACQUA…

Ci capita di notare nelle visite ai santuari di trovare sempre una fontana con il

segno dell’acqua…

Sappiamo che importanza ha l’acqua di Lourdes. Dalla piccola cavità

provocata dal rassodamento a terra di Bernardette, sgorga una piccola

sorgente di acqua fresca e benedetta.

Come mai l’acqua? Cosa fa l’acqua?

L’acqua lava, disseta, ristora… ma soprattutto fa crescere… è

fonte di energia, di vitalità…

"Chi ha sete venga a me e beva",, ha detto Gesu’

"Io sono l’acqua viva",, ha ripetuto Gesu’.

L’acqua nuova per noi e’ quella del Battesimo…

E l’acqua delle piscine a Lourdes, ci ricorda come siamo stati ‘lavati’ in

Cristo, al punto che l’uomo vecchio non esiste più per dare spazio all’uomo

nuovo del Vangelo…

Oggi la nostra attenzione va diretta al Battesimo, il sacramento dell’acqua che ci

santifica, ci salva, ci purifica, ci rigenera…

Maria, la donna dell’alleanza, ci faccia riscoprire il nostro appartenere

a Dio in Cristo nell’esperienza del popolo dei ‘salvati’, dei ‘redenti’,

dei ‘battezzati’.

la PENITENZA…

"Penitenza, penitenza, penitenza…".

Per ben tre volte Maria ripete questa parola-chiave dell’itinerario di fede.

E’ il ‘cuore’ del messaggio di Lourdes.

PENITENZA: una parola che ha in sé un mucchio di significati e che si

riferisce a più svariate situazioni.

Vuol dire nella traduzione pratica:

CONVERSIONE… cioè ‘cambiamento radicale’ che parte… 1° dalla

scoperta del Signore… 2° dalla coscienza del peccato… 3° dalla decisione

di riprendere un cammino diverso…

Ma noi crediamo di essere bravi! Quanti dicono di essere peccatori, ma poi dicono di

non avere peccati!!!

La coscienza del peccato, nasce dalla coscienza dell’amore di Dio nella vita.

Non dalla ricerca a partire da se stessi…

MARIA, la donna della riconciliazione, ci metta nel cuore il desiderio

di purificazione e di ricostruirci nuovi nel dono del perdono di Gesù.

IL SANTUARIO…

Ogni costruzione materiale, Chiese, Santuari, Cappelle, richiamano alla ‘vera

costruzione’, non di mattoni o di pietre, ma di persone che è la… CHIESA!

La volontà del Signore è che non si edifichino solo chiese bellissime, ma che si

costruisca la ‘comunita’ dei credenti’… (cfr. S. Francesco e la chiesa di S.

Damiano).

La Chiesa è la dimora del Signore… dove il Signore continua a ricolmare di

favori la famiglia pellegrina sulla terra:

 il Pane…

 la Parola…

 il Perdono…

 la Pace…

 la Preghiera…

Sono i ‘doni’ indispensabili per costruire la ‘Chiesa

dei credenti’… che diviene la vera dimora di Dio nella

vita!

Noi siamo il ‘Tempio dello Spirito"… "la

dimora dell’Altissimo"… "le membra

di Cristo".

Noi siamo la ‘pietre vive’… che fanno il ‘tempio spirituale’ nel ‘tempio

materiale!

Quindi… quando il Signore chiede anche a noi di costruire la Chiesa, ci

chiede di costruire una comunità vera che ha al suo centro Cristo Signore… che si

raduna in Chiesa… che viene guidata dalla Parola… che celebra i

sacramenti… e che poi ‘esce’ per vivere la carita’!

Maria, madre della Chiesa, sia nei nostri banchi con noi, come nel

cenacolo degli apostoli, e ci faccia crescere nell’unità, nella fraternità e

nella pace.

l’IMMACOLATA…

E’ questa la rivelazione che Maria fa a Bernardette durante l’ultima

apparizione…

E a questo punto noi ci riempiamo di gioia, contemplando il dono che Dio ha fatto a

una figlia del nostro popolo, della nostra famiglia.

L’ha resa immune da ogni colpa di peccato!

Cosa vuol dire?

Dice la liturgia: "Il Signore si e’ preparata una degna dimora".

E’ un’immagine bellissima.

In vista della nascita di Cristo, Dio ha preparato questa dimora, questo

grembo purissimo, Maria.

In Maria noi scopriamo un’altra cosa interessante.

Troviamo la nostra vocazione alla santità… ad essere anche

noi santi e ‘immacolati’!

Cioè… persone che accolgano la volontà del Padre… che si lascino abitare

sempre di più dalla parola di Gesù… che si lascino guidare dallo Spirito!

Ecco la dimensione trinitaria della nostra vita!

Il Signore non si impressiona: sa che siamo peccatori… è decisivo che noi

abbiamo fiducia in lui e che con la stessa fiducia da caduti ci rialziamo per…

ricominciare!

Maria, la donna piena della grazia e della simpatia di Dio, ci conservi

un puro puro, come quello che piccoli, capace di attendere e accogliere

i regali di Dio.

 
 
 

L'IDEOLOGIA RADICALE. IL PERICOLO DEL TERZO MILLENNIO

Post n°1468 pubblicato il 10 Febbraio 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Un pugno di abili politici e intellettuali agguerriti ha trasformato il senso comune della nostra società. Chi sono, come giocano e che cosa vogliono. Strategia e contenuti dell’ideologia dei radicali. Questo articolo spiega perché l’ideologia radicale rappresenta il pericolo numero uno del Terzo Millennio.
«Lo Stato del Vaticano ha significato l’uso dell’aspersorio per benedire il manganello. Il manganello contro la scienza, la coscienza, la democrazia, la tolleranza. Il manganello, se non peggio, contro le vite di milioni di persone contro la Vita, con la v maiuscola. Lo Stato Città del Vaticano va cancellato con procedure di diritto, legali, giuridiche, popolari, democratiche, in tutto il mondo». Non c’è che dire: un bel progetto politico all’insegna della tolleranza e della non violenza. Correva il 27 novembre del 2000 - dunque era l’anno del grande Giubileo - quando Marco Pannella, leader storico dei radicali, affidava alle agenzie di stampa questo farneticante comunicato. Attenzione: non una sortita isolata ma l’ennesima provocazione di un personaggio e di un movimento politico sempre uguale a sé stesso, coerentemente schierato sulle medesime posizioni. In un’epoca in cui l’uomo medio - sia esso un cittadino tranquillo o un importante leader politico - soffre di amnesia cronica, non guasterà rinfrescarsi la memoria e riflettere insieme sul "patrimonio" storico del fenomeno radicale, in Italia e nel mondo.

Un’azione politica devastante

Ma chi sono veramente i radicali? Per valutare il fenomeno, partiamo dai fatti: politici e intellettuali radicali rappresentano una piccola pattuglia di agguerriti combattenti che, nell’arco di mezzo secolo, sono riusciti a imprimere una svolta decisiva al costume del nostro Paese.
In Italia, il partito radicale nasce a Roma nel 1955, da una costola del Partito Liberale. Vi confluiscono ex-azionisti, collaboratori del "Mondo", intellettuali e giornalisti dell’area laica e della sinistra liberale: Mario Pannunzio, Ernesto Rossi, Leo Valiani, Marco Pannella, Eugenio Scalfari. Fin dall’inizio, il gruppo dimostra una diversità evidente rispetto alle altre forze politiche: sembra del tutto marginale per quantità di consensi e per mezzi a disposizione, quasi un’avventura intellettuale destinata a rimanere rinchiusa nei salotti e nei circoli più esclusivi. Ma non è così. A cinquant’anni esatti dalla nascita, il bilancio della cultura radicale è clamorosamente in attivo. Può vantare alcune vittorie evidenti - la legalizzazione del divorzio e dell’aborto - e cimentarsi con fiducia in altre campagne di lunga durata dall’esito ancora incerto: le droghe libere e l’eutanasia fai-da-te. Ma il successo più importante è quello che si vede di meno: la trasformazione progressiva della cultura dominante, del senso comune, dei criteri di giudizio dell’uomo della strada. Che in genere non vota radicale e non ama gli eccessi dei suoi istrionici protagonisti; ma che assumendo a piccole dosi il veleno distillato dal nichilismo libertario, intossica la propria coscienza e si ritrova trasformato senza nemmeno rendersene conto. Oggi i punti fondamentali dell’ideologia radicale sono assunti pacificamente come programma politico dei partiti post comunisti - giustamente ridefinti "partiti radicali di massa" - ma hanno attecchito anche in significative fette della cultura liberale moderata.

La strategia dei radicali

I personaggi carismatici di questo movimento sono stati capaci di inserirsi in tutti gli snodi cruciali della nostra storia recente, tanto che spesso la documentazione fotografica che la correda ha per protagonisti i volti di Marco Pannella e di Emma Bonino. Dal dibattito sul divorzio al referendum abrogativo promosso da Gabrio Lombardi; dalla campagna per l’aborto libero al referendum del 1981; dallo spaccio in diretta Tv di droghe ai reiterati scioperi della fame e della sete: i radicali hanno saputo prendersi tutta la luce dei riflettori, scandalizzando l’opinione pubblica, e conducendola dalla reazione infastidita alla progressiva accettazione delle idee libertarie e antiproibizioniste. I radicali utilizzano con grande maestria alcune tecniche di combattimento. Vediamo le principali.

a. In medio stat malus. I radicali si collocano sistematicamente nel punto più estremo di un dibattito, per creare uno sbilanciamento della situazione e far cadere l’opinione pubblica in un effetto ottico distorsivo. Un esempio per capirci: in una società che ripudia l’aborto vietandolo per legge, i radicali ne invocano la totale liberalizzazione. A quel punto, le forze politiche tradizionali si mobilitano per affermare che il fenomeno "va regolamentato" e consentito "solo in certi casi". La gente vede così davanti a sé due estremismi - no all’aborto sempre/sì all’aborto sempre - e conclude che la posizione mediana - sì all’aborto in certi casi - sia quella saggia. È un modello che può essere ripetuto infinite volte, spostando a ogni passo la posizione "moderata" sempre più verso l’obiettivo finale dei radicali: la totale rimozione della percezione del bene e del male nella società.

b. La provocazione come stile di vita. I radicali usano candidare personaggi eccentrici. Non soltanto per attirare l’attenzione dei mass media, ma soprattutto per rendere normale ciò che è anormale. La pornostar in parlamento serve a "sdoganare" un fenomeno imbarazzante, a superare ogni vergogna e ogni pudore, a rimescolare le categorie del bene e del male in un colossale calderone dialettico dove la verità scompare nel vortice della provocazione più sguaiata e dissacrante.

c. Il disprezzo per l’ordine costituito. I radicali ricorrono frequentemente alla violazione plateale della legge, per forzare la mano del legislatore e instillare nell’uomo della strada una nuova idea di diritto: si deve rendere lecito ciò che accade nella prassi. Per cui sono le medie statistiche e le condotte - anche di sparute minoranze - a determinare ciò che lo Stato deve o non deve permettere.

d. La capacità di affascinare gli avversari. I radicali sono l’unica forza politica che ottiene sempre e comunque l’onore delle armi. Anche coloro che si dichiarano in disaccordo con Pannella & C. ammettono sempre che, sì, siamo di fronte a uomini che combattono per ragioni ideali di alto valore morale. In questo modo, le istanze radicali sono avvolte da un alone di rispettabilità che le rafforza e le porta ad affermarsi nel lungo periodo. Gli appelli a por fine ai digiuni del guru radicale sono piccoli trionfi dell’ipocrisia generale, che tuttavia rafforzano l’autorevolezza mediatica del personaggio, percepito dalla gente come un martire laico senza macchia, vittima del sistema partitocratrico corrotto.

I contenuti della ideologia radicale

Tanta astuzia sul piano strategico serve allo scopo di veicolare una serie di contenuti ben precisi, riassumibili nell’idea assai demagogica che "è vietato vietare". Rivestita però dei panni rispettabili di una borghesia operosa e onesta, che chiede solo di non essere disturbata da fastidiose istanze morali e religiose. Ecco una sintesi del "manifesto" radicale:

a. La scelta è già etica. Non conta il contenuto dell’azione, ma è sufficiente garantire al singolo di scegliere liberamente che cosa fare. II bene e il male diventano opinioni, gli assoluti morali scompaiono.

b. Diritto e morale non hanno nulla in comune. Dunque, le leggi degli Stati sono ispirate al più grigio positivismo giuridico. Le democrazie sono ridotte a procedure, a regolamenti di condominio nazionale.

c. Politeismo morale. Ogni sistema morale è parimenti valido. E, dunque, nessuno può pretendere di essere vero e giusto per disciplinare le relazioni tra i consociati.

d. Ostilità dichiarata verso la Chiesa. Il cattolicesimo è il nemico da battere, proprio perché afferma la connessione inscindibile tra vita e fede, tra singolo e società.

e. Individualismo nichilista. Ogni singolo è un’isola, occupa una sfera chiusa dentro la quale ognuno può fare ciò che gli aggrada.

f. Fare la rivoluzione nel cuore dell’uomo. Questo è, di tutti gli aspetti della cultura radicale, il più diabolico. Pur nascendo a sinistra - si apostrofano tra loro con l’appellativo di "compagni" - i radicali non sono marxisti. A differenza del pensiero comunista, i radicali portano l’azione rivoluzionaria nel cuore di ogni singolo uomo. È conquistando il suo territorio più intimo, solleticando la sua concupiscenza, separandolo dalle agenzie educative (la famiglia su tutte) e dal Magistero della Chiesa che i radicali intendono condurlo lontano dalla verità e da Dio. Per portarlo in un mondo agghiacciante, dove - come nel Paese dei balocchi di Collodi - si fa ciò che si vuole e non esistono né maestri, né doveri, né sanzioni. Ma dove ogni uomo è, disperatamente, solo con la sua miseria. - Mario Palmaro - "Il Timone

 
 
 

CIAO ELUANA, TI HANNO AMATA TUTTI IN UN MODO O NELL'ALTRO....

Post n°1467 pubblicato il 10 Febbraio 2009 da diglilaverita
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Diceva Jean Cocteau che il verbo amare è uno dei più difficili da coniugare: il suo passato non è semplice, il suo presente non è indicativo e il suo futuro non è che condizionale. Poche figlie sono state più amate di Eluana Englaro, nata a Lecco il 25 novembre 1970 e morta per fame e per sete a Udine il 9 febbraio 2009. L’ha amata disperatamente sua madre, al punto da voler scomparire con lei dalla scena pubblica ben prima che questa catastrofe collettiva avesse un prologo e un epilogo. L’ha amata suo padre, tanto da pretendere per lei la morte pur di sottrarla alla cosiddetta «non vita». L’hanno amata suor Albina e le suore misericordine di Lecco, che l’hanno accudita con eroica abnegazione per 17 anni e se la sono vista portar via con la forza, avendo solo il tempo d’inviarle un’ultima carezza via etere, dal Tg1: «Eluana, non avere paura di quello che ti succederà». L’hanno amata i medici, che si sono prodigati prima per restituirla alla sua gioventù, poi per alleviarne le sofferenze e infine per «liberarla» dal suo corpo trasformatosi in gabbia. L’hanno amata i magistrati, che hanno decretato che cosa fosse buono e giusto per lei. L’hanno amata gli amici, che si sono presentati puntualmente nelle corti di giustizia per parlare a suo nome, per testimoniare che Eluana aveva detto così, che Eluana avrebbe voluto cosà. L’ha amata il signor presidente della Repubblica, che con accenti dolentissimi s’è preoccupato acciocché la sostanza non avesse a prevalere sulla forma. L’hanno amata gli eletti dal popolo, anche se non fino al punto di rinunciare al loro week-end. L’hanno amata i giornali, che si sono industriati per spiegare ai lettori argomenti per lo più oscuri alla maggioranza di coloro che vi lavorano. L’abbiamo amata noi, gli italiani, equamente divisi fra quelli che fino all’ultimo non si sono rassegnati a vederla condannata al più atroce dei supplizi e quelli che hanno ostinatamente cercato in tutti i modi di farla ammazzare per il suo bene. Povera Eluana, uccisa dall’eccesso di amore! Accadde la stessa cosa ad Alessandro Magno, di cui i libri di storia ancor oggi narrano che morì grazie all’aiuto di troppi medici. Proprio come te. L’evidenza, sotto gli occhi di tutti, è che gli italiani non sanno più coniugare il verbo amare. Né al passato, né al presente, né al futuro. Dovrebbero andare a ripetizione. Già, ma da chi? Io un’idea, politicamente scorretta ai limiti dell’osceno, mi permetto di suggerirla: da Dio. Sì dall’Onnipotente, un tempo Onnipresente, che invece è divenuto il Grande Assente in questa nostra società, e non certo per Sua volontà. Ma poiché il signor Beppino Englaro ha spiegato che nessuno gli può imporre i valori della trascendenza, mi fermo sull’uscio del suo cuore, da ieri sera più vuoto che mai. Se solo questo padre sventurato ce l’avesse consentito, se solo avesse lasciato che sua figlia continuasse a sperimentare lo scandalo di mani pietose che per anni l’hanno lavata, pettinata, nutrita, vestita, girata nel letto, portata a spasso in giardino, oggi avrei provato a consolarlo, pur reputandolo il primo responsabile di questa tragedia, con le parole di don Primo Mazzolari, un parroco di campagna col quale si sarebbe inteso al primo sguardo: «Due mani che mi prendono quando più nessuna mano mi tiene: ecco Dio». Può non crederci, ma dalle 20.10 di ieri sera Eluana è in mani sicure. E anche con le parole di un Papa che passava per buono e che un giorno confortò così i malati radunati davanti al santuario della Madonna di Loreto: «La vita è un pellegrinaggio. Siamo fatti di cielo: ci soffermiamo un po’ su questa terra per poi riprendere il nostro cammino». Può non crederci, ma sua figlia era fatta più di cielo che di materia. Purtroppo gli uomini del terzo millennio ormai bastano a loro stessi. Hanno la Costituzione, il Parlamento, le Leggi, la Società Civile, la Laicità, le Opinioni, la Libertà di Coscienza e insomma un po’ tutto quel che gli serve per essere felici su questa Terra. Non hanno più bisogno di Dio. Per questo Dio è stato abrogato. Allora ascoltino almeno le parole di uno psicoanalista, Carl Gustav Jung. Così saggio da ricordare a se stesso e ai suoi pazienti che «il timor di Dio è l’inizio della sapienza». Così lungimirante da far scolpire sei parole nella pietra sulla porta della propria casa: «Vocatus atque non vocatus, Deus aderit». Invocato o non invocato, Dio verrà. Giorno d’ira, sarà quel giorno. - Stefano Lorenzetto - Il giornale -

 
 
 

UNA MORTE ANNUNCIATA, VOLUTA, PERSEGUITA E REALIZZATA.

Post n°1466 pubblicato il 10 Febbraio 2009 da diglilaverita
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Parla l’onorevole Paola Binetti, del Partito democratico, la morte di Eluana Englaro la ha scioccata, ma sino ad un certo punto Con la consueta sincerità, commenta: " guardi, tutto era stato già scritto, il finale lo sapevamo in anticipo". Trattiene il fiato e di un sol colpo afferma: " una morte annunciata, voluta, perseguita e infine realizzata". Andiamo con ordine. Per quale ragione annunciata?: " erano anni che il padre della ragazza sbandierava la volontà di farla fuori, affiancato in questo progetto da una serie di circoli politici radicali e da strani scienziati. Insomma lo aveva detto e lo ha fatto". Voluta, perché?: " per la semplice ragione che si era prefisso questo obiettivo, lo ha cercato con assoluta volontà, circondato dai suoi amici del partito radicale al quale ho appena accennato, medici, bioetici che evidentemente credono poco nel valore della vita". Passiamo ...... al perseguita: " bene, coerente con questo programma di morte e non di vita, Beppino Englaro la ha perseguita con ogni mezzo, dico ogni mezzo". Anche illecito?:" guardi io non voglio aizzare polemiche e se si saranno delle responsabilità penali queste le accerterà la Magistratura inquirente, a me come Parlamentare non interessano. Vedo l’aspetto politico e non giuridico del fatto". Parlo di evento perseguito nel senso che è stato cercato con ogni mezzo e con assoluto accanimento". Infine, realizzato: " come avete visto l’evento si è realizzato con un assoluto spregio della vita. Insomma,tutto il progetto e il castello che nel tempo si era andato costruendo, grazie alla complicità di medici, padre, bioetica e strane coincidenze è andato in porto. La cosa assurda è che in Italia, paese cattolico, dobbiamo assistere con sconcerto, al primo caso conclamato di omicidio, dico omicidio avvenuto non per morte naturale, ma per decreto. Insomma è stata ammazzata sotto i colpi di una sentenza, una eutanasia ammessa per carta bollata, ecco la verità". Le sembra strano che la sua morte sia avvenuta,con un’ improvvisa accelerazione di ritmo, quando il Parlamento si apprestava ad approvare una legge?: " era già in pericolo di vita da tempo, il dibattito è iniziato con lei agonizzante e lei è morta quando noi non abbiamo fatto in tempo a salvarla. Certo qualche cosa di meglio si poteva fare". Non le sembra strano che in Italia si dia la grazia ai terroristi e non si usi clemenza con Eluana?: " non le rispondo, non voglio polemizzare con nessuno, meno con col Presidente della Repubblica". - Bruno Volpe - Pontifex -

 
 
 

LA VEDOVA COLETTA: UN SACRIFICIO MISTERIOSO CHE CI FA SPERARE

Post n°1465 pubblicato il 10 Febbraio 2009 da diglilaverita
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«Mio padre e mia madre mi hanno abbandonato, ma il Signore mi ha raccolto». Basterebbe la profonda e infinita sapienza del salmista per capire che nulla è senza speranza, e che anche l’umanità più abbandonata e desolata trova accoglienza nelle braccia del Mistero. Ma non sono solo le parole dei salmi a dirci di questa speranza: c’è anche la testimonianza di persone speciali, che in quello che fanno e dicono sanno dare concretezza ed evidenza a tutto questo. Margherita Coletta è una di queste persone. Lei sa cos’è il dolore: un marito ucciso nella strage di Nassiriyah, un figlio morto di leucemia, di cui oggi ricorrerebbe il compleanno. Solo pochi giorni fa, in un’intervista al quotidiano Avvenire, Margherita aveva parlato del proprio rapporto con Eluana, e con il padre Beppino. E degli ultimi, disperati, tentativi di distoglierlo dal suo proposito. Ora, che non rimane più nulla da fare, è il momento di ricordare, e di capire.

Margherita, che ricordo le rimane di Eluana?

Io non potrò mai dimenticare questo giorno. Non solo per il legame che avevo con Eluana, per tutto l’affetto che mi legava a lei. Ma anche perché domani (oggi, ndr) sarà il compleanno di mio figlio Paolo, morto di leucemia. Quindi questo mio legame con Eluana diventa ancor più grande, e più misterioso. Non so perché mi sia successo questo, e perché le nostre esistenze si siano intrecciate in questo modo. È un grande mistero, che mi segnerà per sempre.

Ma cosa rappresenta per tutti noi Eluana, ora che non c’è più?

Il problema ora non è più Eluana: lei stava bene prima, nelle condizioni in cui era, e sta bene anche ora, nel luogo in cui adesso si trova. Il vero problema non è lei. Il problema sono quelli che rimangono, e che hanno il peso di questo omicidio che è stato commesso. È stata una cosa disumana, e non riesco a capire come si sia potuto permettere tutto questo. Si sapeva che stava morendo, eppure non si è potuto fare nulla. Siamo dunque in balia di cosa? Chiunque da un giorno all’altro può prendere una decisione così tragica, e nessuno può fare nulla? Ma tanto, dove fallisce la legge degli uomini, non fallisce la legge di Dio.

Si è parlato molto, in tutto questo periodo, del rispetto nei confronti del dolore del padre.

Il dolore di un padre lo si può capire, perché è comprensibile che di fronte a situazioni così drammatiche si possa perdere il controllo. Ma quello che veramente non riesco a capire è la posizione di quelli che gli sono accanto.

Che cosa la ferisce maggiormente?

Quello che io intravedo di disumano è che sembra di essere tornati indietro di sessant’anni, a qualcosa di simile all’Olocausto, ma che viene eseguito in maniera più lenta. Sembra cioè che si voglia fare una selezione naturale delle persone: quelle che sono buone le teniamo, quelle che non sono buone le buttiamo via. In un paese come il nostro, che dovrebbe essere un paese civile, questo non dovrebbe accadere. Per questo mi auguro che venga approvato il disegno di legge di cui si discute in questi giorni, e che questo possa non accadere mai più

Dopo tanto dolore, come guardare al futuro?

Dobbiamo sicuramente continuare a guardare con speranza al futuro. Eluana, pur senza agire e senza dire nulla, ha comunque fatto in modo che cose del genere possano non accadere mai più. Possiamo dire che il suo è stato un vero e proprio sacrificio, che servirà per tutti i casi che sarebbero potuti accadere in futuro, e che invece ora, grazie al suo silenzioso esempio, saranno evitati.

Quindi da questa tragedia nasce una speranza?

Sì. E speriamo soprattutto che le cose che diciamo possano servire alla gente. Ma una cosa è certa: come ho detto prima, Eluana sta bene. - ilsussidiario -

 
 
 

LA COSA PIU' BELLA DI UNA STORIA TRISTE

Post n°1464 pubblicato il 10 Febbraio 2009 da diglilaverita
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L'hanno conosciuta e l'hanno amata, così come era. Non hanno amato le belle foto della ragazza solare e sorridente, come in assoluta buona fede abbiamo fatto tutti, anche noi, ma hanno amato lei nella sua condizione più fragile e delicata, nel suo essere indifesa, volubile, delicata. L'hanno presa con loro e ogni giorno, per lunghissimi anni, le hanno parlato, l'hanno pulita, lavata, vestita, curata, accarezzata. Con tutta la fatica che ci vuole. Hanno fatto in modo che intorno a Eluana continuasse a manifestarsi amore, cura, affetto. Tutto questo tutti i giorni: non un solo momento di pausa, non un solo momento di riposo. Loro stavano là, con Eluana: amata di un amore misterioso e intenso, quello che racconta della grande dignità di ogni essere umano, a maggior ragione se fragile e debole. Nella serata della morte di Eluana Englaro, a Lecco le suore Misericordine della clinica Beato Luigi Talamoni hanno pianto. E con le lacrime hanno scelto la strada della preghiera e del silenzio. Non hanno partecipato al momento di preghiera organizzato nella basilica di San Nicolò, situata a poche decine di metri da loro, ma hanno preferito pregare nella riservatezza della cappella della clinica lecchese. E hanno recitato il rosario. Al Senato, in quegli stessi minuti, urla, boati, insulti, fischi. Nella cappella della clinica che è stata a lungo la casa di Eluana Englaro, riflessione, dolore, silenzio e preghiera. Sono il meglio, loro, di tutta questa storia. Il meglio è il loro amore, la loro dedizione, la loro cura, la loro fede. una fede in Dio e una fede nell'essere umano, nella sua grande e straordinaria grandezza, nel senso del rispetto, della condivisione, del sacrificio. Non una parola fuori posto, non un cedimento in tutte queste settimane al rito mediatico che intorno a quella ragazza si è consumato. Loro erano ancora disposte ad accudirla in ogni istante, a riprenderla con loro per prendersene cura fino a che non sarebbe sopraggiunta la morte. La morte naturale. E invece no. Eluana è morta altrove, e di naturale quella morte ha poco. Ma nella durezza e nella crudezza di quanto accaduto, nella terribile considerazione che qualcosa di indegno si è consumato, insieme al pensiero di lei, Eluana, porta conforto il pensiero di quelle povere, umili, quasi insignificanti suore. Capaci di portare amore e di testimoniarlo nel silenzio e nella presenza. Fateci aggrappare allora alla consapevolezza e alla speranza - speranza squisitamente cristiana - che il male trionfa solamente in apparenza, e che anche di fronte a quanto accaduto non manca la testimonianza di un amore che sa riconoscere, anche nelle piaghe della sofferenza e della apparente inutilità, la grandezza di ogni essere umano. Molti non comprenderanno, molti rideranno o ironizzeranno su queste parole e su queste righe: non importa. Il Dio dei cristiani è un Dio sofferente che muore in croce, non è un Dio sfolgorante che scende dalla croce o che si risveglia da uno stato vegetativo durato 17 anni. Quello cristiano è un Dio che muore e poi risorge, e si fa rivedere vivo solamente agli amici. Non si prende rivincite umane, il Dio cristiano: si "limita" a fare una cosa. Lui risorge. Lo fa anche oggi, nella macabra quiete di una clinica italiana. - korazym -

 
 
 

10 FEBBRAIO "GIORNO DEL RICORDO" DELLE FOIBE

Post n°1463 pubblicato il 10 Febbraio 2009 da diglilaverita
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Finalmente, dopo più di 60 anni di oblio e di colpevole silenzio, il 10 febbraio di ogni anno sarà celebrato, per legge, il "Giorno del ricordo" , con riferimento ai martiri delle foibe e all’espulsione degli Italiani dalla Venezia Giulia, dall’Istria e dalla Dalmazia; lo ha stabilito il Parlamento su iniziativa con un ampio voto trasversale, contrario solo un gruppuscolo di comunisti, forse per una forma di incomprensibile e antistorica solidarietà con i partigiani titini che si macchiarono allora di orrendi crimini. Il riferimento è il 10 febbraio 1947, data in cui a Parigi fu firmato il trattato di pace che impose all’Italia, sul confine orientale, la cessione alla Jugoslavia di Zara in Dalmazia, dell’Istria con Fiume e di gran parte della Venezia Giulia, con Trieste costituito in Territorio Libero e ritornato poi all’Italia alla fine del 1954. Si trattò di una rinuncia dolorosa a terre italianissime, già della Repubblica di Venezia e aggregate alla madrepatria dopo la vittoria nella prima guerra mondiale, a compimento dell’epopea risorgimentale.
Ma la rinuncia fu ancora più dolorosa perché su quelle terre furono perpetrati atti di inaudita ferocia slava e comunista ai danni degli Italiani con il benestare del PCI e di Togliatti, condizionati dall’ affinità ideologica con Tito. Il dramma inizia nel 1943 e si protrae sino al 1954. L’obiettivo è preciso: procedere ad una radicale pulizia etnica per eliminare quelle persone che in un modo o nell’altro avrebbero potuto opporsi all’annessione di quei territori allo Stato jugoslavo comunista. L’operazione si sviluppa su due fronti: eliminazione fisica ed esodo. Le uccisioni riguardano oltre ventimila connazionali, tra infoibati, ritrovati nelle fosse comuni, fucilati o affogati in mare e nei natanti fatti affondare. Tra essi persone di ogni condizione e persino 17 partigiani "bianchi", colpevoli di opporsi all’annessione di quelle terre di confine alla Jugoslavia di Tito. 5.000 persone sparirono da Trieste nei 40 giorni di feroce occupazione titina della città nel maggio/giugno 1945, quindi a guerra conclusa. Nella sola foiba di Basovizza, alle spalle della città, furono rinvenuti 400 metri cubi di cadaveri. Le foibe (dal latino fovea = fossa) sono delle voragini rocciose, a forma di imbuto, create dall’erosione di corsi d’acqua e profonde sino a 200 metri. In quei luoghi, dall’8 settembre 1943 sino a tutto il 1946 e per qualche caso anche oltre, in Istria e nei territori di Trieste e di parte della Venezia Giulia i partigiani delle formazioni titine, cui erano spesso aggregati partigiani italiani, usarono tali pozzi per eliminare, gettandoveli dentro, militari e civili italiani. Prima di essere infoibati uomini e donne, condannati senza alcun processo e solo per il torto di essere italiani, venivano sottoposti ad ogni forma di violenza fisica e di torture; alcuni, legati con il filo spinato ad altri falciati con la mitragliatrice, finivano trascinati vivi nei crepacci e morivano dopo una lunga e dolorosa agonia.
L’esodo fu il risultato di una serie di abbandoni di massa delle popolazioni di tradizione e di lingua italiana per effetto delle intimidazioni, persecuzioni, spoliazione dei propri beni, violenze ed eliminazione fisica, ma anche per cacciata diretta da parte di Tito. Pertanto il drammatico fenomeno dell’esodo di 350.000 persone, private di tutto, fu determinato da un insieme di ragioni che vanno dal terrore psicologico per le foibe ed i massacri in genere, alle deportazioni e alla perdita della cittadinanza e della propria cultura. L’identità italiana veniva sradicata con ogni mezzo e per mantenerla bisognava andarsene: non si poteva più vivere da Italiani nella Jugoslavia comunista. L’ultimo esodo di 50.000 profughi avvenne da Capodistria nel 1954, dopo il passaggio della zona B alla Jugoslavia e ulteriori massacri di intere famiglie italiane.
Purtroppo i disagi e l’angoscia degli esuli furono resi ancora più drammatici dalla cattiva accoglienza che essi ebbero in Italia su istigazione del PCI (temeva la verità sul "paradiso comunista" e il loro voto contrario alle elezioni) e l’indifferenza "strategica" della DC (calcoli politici internazionali), tanto che molti di essi furono costretti ad espatriare ancora e gli altri riuscirono a sistemarsi faticosamente sul territorio nazionale.

 
 
 

COMPLIMENTI PRESIDENTE NAPOLITANO

Post n°1462 pubblicato il 10 Febbraio 2009 da diglilaverita
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È morta all’improvviso, è morta da sola. È morta mentre il Parlamento discuteva e i soliti noti, da Dario Fo a Umberto Eco, firmatari di ogni sciagurato appello di questo Paese, si apprestavano a scendere in piazza per un girotondo. È morta, e se non altro la sua vita non ha dovuto subire anche l’ultima offesa di Oscar Luigi Scalfaro sul palco mentre lei moriva. È morta e suo padre era lontano. È morta di fame e di sete, con il respiro ridotto a un rantolo e il corpo disidratato che cercava acqua dentro gli organi vitali. È morta in fretta, troppo in fretta per non generare sospetti. E intanto suona tragicamente beffardo leggere adesso, a tarda sera, le parole del suo medico curante che di prima mattina assicurava: «Lo stato fisico è ottimo, Eluana è una donna sana, pochi rischi fino a giovedì». Evidentemente la conosceva poco. Troppo poco. E forse per questo ha potuto toglierle la vita. È arrivata la morte, e la morte non è presunta. La volontà di morire di Eluana sì, invece, quella era e resta presunta: l’ha decisa un tribunale, sulla base di una ricostruzione incerta e zoppicante, con una selezione innaturale di testimonianze. Tre amiche (solo tre, le altre no), la determinazione del padre, un po’ di azzeccagarbugli: tanto è bastato per decidere di ucciderla nel modo più atroce. Ricordiamolo: nessuna proposta di legge di quelle presentate in Parlamento, neppure quelle più favorevoli all’eutanasia, prevede la possibilità di una morte così. Eluana è stata la prima esecuzione di questo genere nella storia della Repubblica. E sarà l’ultima. Forse. Arriverà la legge, e non sarà presunta. Arriverà la legge e impedirà questo scempio. Ma oggi l’affannarsi di parlamentari alla Camera e al Senato, quel rincorrersi di cavilli e regolamenti, quelle riunioni di capigruppo, l’alternarsi di dichiarazioni e di emendamenti, appare soltanto quel che in realtà è: il nulla. Nulla di nulla. Un nulla che fa venire le lacrime agli occhi, però. La corsa contro il tempo, la convocazione notturna, i calcoli sui minuti: tutto inutile. Eluana è stata uccisa. Eluana era viva e adesso non c’è più. E allora, mentre molti chiedono il silenzio solo per nascondere le loro vergogne, non può non venire voglia di urlare le responsabilità che ricadranno su chi non ha fatto niente per impedire questo orrore. In primo luogo i medici che non hanno accettato di ridare acqua e cibo a Eluana in attesa dell’approvazione della legge, nonostante i numerosi appelli. Poi Procura di Udine e Regione Friuli che hanno giocato per due giorni a scaricabarile. E infine, sia consentito, anche il capo dello Stato che non ha firmato il decreto legge: in questa vicenda il Quirinale ha anteposto le ragioni di palazzo alla salvezza di una ragazza, ha preferito la cultura della morte al valore della vita. Siamo sicuri che se una responsabilità del genere se la fosse assunta il presidente del Consiglio, qualcuno della sinistra in questi minuti già chiederebbe le sue dimissioni. Ora, invece, vogliono che si taccia. D’accordo, ora taceremo. Non abbiamo nemmeno più voglia di parlare. Ma prima lasciateci dire un’ultima cosa. Prima lasciateci dire: complimenti, presidente Napolitano. - Mario Giordano, il Giornale -

 
 
 

MORTE ELUANA: SI E' APERTO UN VARCO ALL'EUTANASIA

Post n°1461 pubblicato il 10 Febbraio 2009 da diglilaverita
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"Certo che negando la somministrazione di cibo ed acqua ad Eluana si sia aperto un varco alla eutanasia. Per parlare di omicidio bisognerebbe vedere le cause e la volontà, lo vedranno i Magistrati, ma sicuramente si è aperto un varco alla eutanasia,la dolce morte". Lo afferma Monsignor Elio Sgreccia, ex Presidente della Pontificia Commissione per la Vita. Dice Monsignor Sgreccia: " indubbiamente si tratta di una morte non casuale,ma voluta e perseguita". Che fare ora?: "Ora da cristiano e da Vescovo prego per Eluana affidandola alle braccia misericordiose di Dio,perché la accolga nella sua gloria. Ma prego anche per coloro i quali hanno spinto per la sua morte. Prego perché si ravvedano ed eventualmente si pentano di quello che hanno commesso. Prego perché nel futuro fatti del genere non abbiano mai più ad accadere, senza dubbio si è aperto un varco alla eutanasia ammessa per legge e l’eutanasia, ...... come riduzione della vita rappresenta sempre un peccato gravissimo". Lei afferma che bisogna sempre tutelare la dignità della vita: " la vita va difesa sempre dall’inizio sino alla fine naturale ed è sacra. Credo che bisogna tutelarla sempre ed in ogni momento,compresa la sua qualità". Che conclusione trae dalla tragica morte di Eluana Englaro?. " intanto che un essere vivente,perché era vivente, un essere vivo, non è più tra di noi e questo mi genera immensa tristezza. Eluana non era un morto,ma un essere vivo. Quindi lo ribadisco, togliere acqua e cibo ad una persona rappresenta un atto gravissimo. Ora non resta che raccogliersi in preghiera fervente e costante perché questa nostra figlia e sorella sia accolta nella misericordia di Dio e degli angeli. Credo anche che tutto questo serva di lezione per la classe politica affinché venga finalmente fatta una legge equilibrata, seria e rispettosa per troppo tempo elusa". Preghiamo dunque per la povera Eluana e che riposi in pace". - Bruno Volpe - Pontifex -

 
 
 
 
 

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Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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