ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 23/02/2009

ESSERE DONNA NELL'ISLAM E NELLA CHIESA CATTOLICA: TEOLOGHE ITALIANE E IRANIANE A CONFRONTO

Post n°1544 pubblicato il 23 Febbraio 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Un giovane si recò da un saggio credente e gli confessò, con un po' di timore, che nutriva dubbi sulla propria fede. Il saggio gli rispose: “Sono contento, perché è cercando le risposte ai dubbi che si arriva a credere”. “Nel Corano si sottolinea in più punti la necessità di domandare e ancora domandare”, ha spiegato la teologa iraniana Fariba 'Allasvand, dopo aver raccontato questo apologo nel corso dell'incontro “Essere donna nell'Islam e nella Chiesa cattolica: iraniane e italiane a confronto”.
Interrogare, confrontarsi, cercare risposte oltre la conoscenza più o meno superficiale che si ha del mondo dell'altro: sono stati questi gli obiettivi dell'incontro svoltosi lo scorso 18 febbraio a Roma, presso la sede nazionale dell'Azione Cattolica italiana, per iniziativa della stessa associazione e del Coordinamento delle teologhe italiane, con il patrocinio dell'Ambasciata della Repubblica islamica dell'Iran presso la Santa sede. L'occasione è stata offerta dalla visita in Italia di una delegazione di donne iraniane impegnate in campo teologico e nella difesa dei diritti di donne, famiglia e minori. Cresce, secondo Tahere Nazari, del Ministero degli affari esteri iraniano per le questioni internazionali inerenti ai diritti delle donne, dei fanciulli e della famiglia, la consapevolezza del ruolo sociale delle donne in Iran, “che deve conciliarsi con quello di moglie e di responsabile dell'educazione delle future generazioni”.
Le donne rappresentano in Iran il 40% della popolazione e una larga maggioranza di esse si colloca al di sotto dei 25 anni. “Il tasso di occupazione femminile – ha spiegato Nazari – nel 2007 era del 13, 6%, cioè il 12% in più rispetto a dieci anni fa”. Allo stesso modo “il tasso di alfabetizzazione della popolazione sopra i sei anni è pari all'80,3%, con una crescita del 126% rispetto a dieci anni fa”.
Nel Parlamento iraniano, dove le donne hanno accesso al pari degli uomini, siedono oggi otto deputate e sono 1491 i consiglieri donna, comunali e provinciali, presenti nel Terzo Consiglio, con una crescita dell'8,44% di presenze rispetto alle assemblee precedenti. Aumentano anche le studentesse in tutti i livelli d'istruzione, le docenti, le scrittrici. “Questi risultati – ha concluso Nazari –; non costituiscono il nostro punto d'arrivo, ma sono il segno che le donne hanno capito che devono aumentare lo sforzo per occupare il loro ruolo anche nella costruzione del Paese”. “Per il Corano – ha spiegato Fariba 'Allasvand – la donna ha la stessa dignità dell'uomo e la sharia, la legge islamica, attribuisce spesso a uomini e donne identici diritti e doveri”. “Le poche differenze esistenti – ha proseguito la teologa – nascono in ordine alle differenze fisiche e psicologiche che caratterizzano i ruoli diversi nella famiglia”. Alla maternità è riconosciuto un forte sostegno giuridico, perché legato alla trasmissione dei valori tra le generazioni, ma soprattutto morale: “Il Corano insegna che il rispetto per la madre è la chiave per risolvere tutti i problemi e un atteggiamento umile nei suoi confronti è condizione, per l'uomo, per l'ingresso in Paradiso”. All'uomo è attribuito il compito di guida e sostegno economico della famiglia, anche se entrambi i coniugi lavorano. Per l'Islam questa autorità si giustifica solo in termini di servizio e la sharia proibisce prevaricazione ed oppressione: “Consultarsi anche nelle più piccole cose – ha affermato Fariba 'Allasvand – deve essere la norma tra i coniugi”. “L'Islam – ha aggiunto la teologa – è un sistema fondato sulla giustizia equilibrata tra i sessi in rapporto alla loro natura”. Il contrasto tra ruolo familiare e sociale della donna nasce spesso “a causa della economia moderna che ha bisogno della donna come individuo e non come moglie e madre”. Per questo motivo., “il governo iraniano ha predisposto diverse misure a favore della maternità, tra le quali quella per la lavoratrice madre di poter lavorare, a parità di stipendio, due ore in meno dell'orario normale”. “E' la società – ha concluso la teologa – che deve adattarsi al ruolo di madre della donna e non il contrario. Ed è grazie ai precetti religiosi che riusciamo a superare il contrasto tra i due ruoli: una religione che non abbia un programma sociale, non può avere importanza per l'individuo”. “Incontri di questo tipo – ha affermato Marinella Perroni, presidente del Coordinamento delle teologhe italiane – sono il riconoscimento di quanto le donne possano dare al proprio Paese e alle tradizioni religiose, con la competenza teologica, affermando il diritto delle donne a riflettere su Dio e a parlare di Lui”.
E’ importante, ha continuato, “valorizzare la capacità femminile di mettere in rete la ricerca partendo da legami di solidarietà”.
“La nostra società che appare secolarizzata – ha concluso la teologa italiana – è caratterizzata dalla ricerca di Dio, dall’ansia per la giustizia e per ciò che dà risposta alle domande di senso della vita. In questa prospettiva, appare importante il contributo delle teologhe”.
Anche per le donne italiane il cammino di piena affermazione del proprio ruolo nella società e nella Chiesa non è finito. Chiara Finocchietti, vice presidente nazionale del settore giovani di Azione cattolica (Ac), ha ripercorso alcune delle tappe fondamentali di questo itinerario fino all’affermazione del “genio femminile” contenuto nella Mulieris dignitatem del 1988. “Tra carenza di politiche per la famiglia che aiutino a conciliare i ruoli di madre e lavoratrice – ha sostenuto la Finocchietti – e la difficoltà di misurarsi con una società dove si restringe lo spazio per un vissuto di fede, c’è ancora molta strada da fare per una pari dignità tra uomo e donna vissuta nel concreto e per dare continuità a quel protagonismo delle donne cattoliche espresso da grandi figure come quella di Armida Barelli”. “La fondatrice della Gioventù femminile – ha ricordato la vice presidente di Ac – riuscì raccogliere in un grande progetto milioni di donne in un’epoca, i primi del ‘900, in cui molte di esse erano scarsamente alfabetizzate e ancora meno abituate ad uscire di casa”. “La sfida che aspetta noi – ha concluso Finocchietti – è la costruzione di una società in cui prevalga il bene comune e ognuno, uomo e donna, possa trovare lo spazio per dare il meglio di sé”. - zenit -

 
 
 

NENNOLINA: STORIA DI UN MISTICA DI SEI ANNI

Post n°1543 pubblicato il 23 Febbraio 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

In pieno centro di Roma, vicino alla Basilica di San Giovanni in Laterano, si trova la casa in cui nacque e visse Antonietta Meo, meglio conosciuta come Nennolina. Lì vive Margherita, la sorella maggiore, che oggi ha 87 anni. Nennolina è stata riconosciuta come venerabile nel dicembre 2007 da Papa Benedetto XVI, che l'ha presentata come modello di ispirazione per i bambini (cfr. ZENIT, 20 dicembre 2007). Potrebbe essere la beata non martire più giovane della storia della Chiesa. Nacque nel 1930 e morì nel 1937, a sei anni e mezzo, dopo che le era stato diagnosticato un osteosarcoma al ginocchio, che quando le venne amputata la gamba aveva già fatto metastasi in tutto il corpo. Antonietta, bambina molto allegra e profondamente spirituale. Pregava offrendo i suoi dolori, come Gesù sul Calvario, per la conversione dei peccatori, per le anime del Purgatorio e per scongiurare il pericolo della guerra. Scrisse molte lettere a Gesù. Prima di imparare a scrivere le dettava a Maria, sua madre, poi le componeva personalmente. Le ultime erano firmate “Antonietta e Gesù”. Dietro a frasi semplici c'è un sorprendente contenuto mistico e teologico. “Gesù, dammi la grazia di morire prima di commettere un peccato mortale”, scriveva la piccola in uno dei testi. Nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme, che fu la sua parrocchia, si trovano la sua tomba e alcune reliquie: i suoi vestiti, i giochi e dei manoscritti. Lì Antonietta ricevette il Battesimo, la Confermazione e la Prima Comunione. ZENIT ha conversato con Margherita Meo, la sorella di Nennolina. Aveva 15 anni quando la piccola morì. La sua casa è piena di fotografie e ritratti della sorella venerabile, per la quale nutriva un affetto particolare.

UN'INFANZIA PIENA DI AMORE

L'infanzia di Antonietta fu tranquilla e molto felice. Nel diario scritto dalla mamma, pubblicato dall'associazione Apostolicam Actuositatem, si racconta come Nennolina, passando accanto al Colosseo, le abbia detto: “Guarda, una tazza rotta!”. Per la sua fede profonda e per quella dei suoi genitori, la piccola Antonietta venne iscritta a 4 anni nell'Azione Cattolica. Nell'ottobre 1934 iniziò a frequentare la scuola materna delle suore Zelatrici del Sacro Cuore. Le piaceva molto andare a scuola e diceva che obbedendo alle sue insegnanti obbediva anche al piano di Dio. Con i compagni si comportava come tutte le altre bambine. “C'era un bambino che si chiamava Michelino, andava sempre in castigo e lei chiedeva alla maestra di perdonarlo. 'Vai dalla direttrice', le disse la maestra. E lei andò. La direttrice rimase colpita e lo perdonò”, ricorda Margherita.

IL SENSO DELLA SOFFERENZA

A causa dell'osteosarcoma, il 25 aprile 1936 i medici dovettero amputare la gamba sinistra di Nennolina. Margherita ricorda che i suoi genitori soffrirono molto pensando al dolore della piccola. Quando Antonietta si svegliò dall'operazione, la madre le disse: “Figlia, hai detto che se Gesù ti avesse chiesto la mano gliel'avresti data. Ora ti ha chiesto la gamba”, e lei rispose: “Ho dato la mia gamba a Gesù”. “La prima notte dopo l'amputazione fu terribile”, testimonia Margherita. “Ma lei offriva tutti i suoi dolori, al punto che festeggiò molto contenta il primo anniversario dell'operazione, perché era un anno di offerte a Gesù”.
Alcuni mesi dopo iniziò ad andare a scuola con la protesi di legno. Nella notte di Natale fece la Prima Comunione. “Si inginocchiò per ricevere la Comunione e rimase in ginocchio anche nella seconda e la terza Messa di Natale”, racconta la sorella. Alla bambina provocava molto dolore camminare, ma ripeteva con gioia: “Ogni passo che faccio sia una parolina d'amore”. “Le medicine la facevano soffrire molto e diventava pallida, tremava”, aggiunge Margherita. Il 22 maggio 1937 Antonieta dovette abbandonare la scuola perché il tumore aveva prodotto metastasi. Entrò nell'ospedale di San Stefano Rotondo, dove poco dopo ricevette il sacramento dell'Unzione dei malati. Lì iniziò la sua agonia di un mese e mezzo. Sua madre racconta nel diario che molti si recavano a far visita alla piccola e che una delle religiose infermiere che si prendeva cura di lei le domandò: “Antonietta mia, come hai fatto a sopportare in silenzio? Se l'avessero fatto a me, le grida si sarebbero sentite da San Giovanni in Laterano”. Nella sua ultima lettera prima di morire, Nennolina scriveva a Gesù dicendo: “Io Ti ringrazio di avermi mandato questa malattia perché è un mezzo per arrivare in Paradiso. (...) Ti raccomando i miei genitori e Margherita”.

COS'E' LA SANTITA'?

Margherita ricorda che la morte di Antonietta commosse profondamente tutti coloro che la conoscevano: “I funerali furono in parrocchia. Il parroco non voleva il nero perché era un angelo, e per la liturgia preferirono il bianco”. La sorella di Nennolina afferma che questa piccola mistica continua a convertire molti cuori. Spiega che un pomeriggio un sacerdote suo amico commentò che qualche tempo prima aveva incontrato un fedele che aveva divorziato dalla moglie e viveva con un'altra donna. “Il sacerdote aveva in mano un libro di Antonietta e allora disse al signore, che era stato un ufficiale dell'Esercito, di leggerlo. Il signore rispose scandalizzato che lui, un alto ufficiale, non poteva leggere la storia di una bambina. Alla fine, per l'insistenza del sacerdote, accettò e prese il libro. La mattina dopo andò dal parroco: aveva letto il libro tutta la notte ed era tornato pentito dalla sua famiglia”. Margherita dichiara che la vita semplice e ricca di Antonietta è un esempio di santità nelle piccole cose: “Per me essere santa è accertare giorno per giorno quello che Dio vuole, è volere bene a tutti gli altri, anche alle persone che sembra che non ti vogliano bene – confessa –. Con l'amore si possono superare tutti gli ostacoli”. - Carmen Elena Villa - ZENIT -

 
 
 

LA NOTTE E’ OSCURA, MA LA MADONNA VIENE IN NOSTRO SOCCORSO: ANTONIO SOCCI INTERVISTA PAOLO BROSIO

Post n°1542 pubblicato il 23 Febbraio 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Una storia emblematica. Come Paolo Brosio è andato a Medjugorje… Pronto, Paolo? Sto cercando Paolo Brosio, uno dei volti più noti della televisione. Dall’altra parte del telefono si sentono forti folate di vento e un respiro affannoso. Infine un lontano: "Pronto, chi è?". Dico il mio nome e chiedo dove mai si trovi.
"Sono a Palermo" mi spiega "per una puntata di Stranamore, ma in questo momento sto salendo il Monte Pellegrino col rosario in mano alla ricerca del santuario di santa Rosalia".
Ma che ti è successo? Si dice di una folgorazione sulla via di Damasco.
"Ma io sono stato a Medjugorje", dice ridendo. "Ero provato da una grande sofferenza; ora però vivo un’immensa gioia, Antonio, perché ho trovato Gesù".
Puoi raccontarmi come è successo o – visto il fiatone che hai – rischi di stramazzare a terra?
"No, ce la faccio. Ti dico subito. La mia vita, fino ai 50 anni era trascorsa spensierata, con un certo connotato ludico da eterno ragazzo, anche se molto dedita al lavoro. Certamente senza problemi di fede o di coscienza. Ma cominciamo dall’inizio della storia: venti anni fa ho conosciuto una ragazza e me ne sono innamorato".
Poi cosa è successo?
"Per raggiungere lei, che lavorava a Milano, dalla Liguria, dove ero giornalista del Secolo XIX, nel 1990 sono andato al Tg di Emilio Fede. Avevo già fatto alcune cose buone, come la Moby Prince, ma con Mani Pulite cominciò la mia notorietà televisiva. Tuttavia già lì feci il primo naufragio. Io dico sempre – scherzando – che il mio primo matrimonio finì perché mi ‘misi’ con Fede e lasciai mia moglie".
In senso professionale…"Sì, si lavorava tutto il giorno, praticamente la mia vita coincideva col lavoro. Sia chiaro, sono grato a Fede che mi ha permesso di crescere professionalmente. Ma ho fatto veramente 900 giorni sul marciapiede, come poi ho titolato il mio libro". Il marciapiede davanti al Palazzo di giustizia da dove facevi i collegamenti. "Esatto".
Poi nel 1996 approdi al salotto di "Quelli che il calcio…" e fai l’inviato per Fabio Fazio.
"Sì, le cose vanno a gonfie vele. Scrivo libri che vendono un sacco di copie, faccio fior di programmi in Rai, dal Giro d’Italia a Domenica in, da Linea verde all’Isola dei famosi. Poi torno a Mediaset con lo sport, le prime serate, Stranamore. Insomma una carriera fortunatissima, durante la quale incontro un’altra ragazza che mi fa innamorare e che diventa mia moglie".
Stavolta una storia felice?
"In realtà seguono quattro anni di scontri familiari. Nel frattempo era morto mio padre. E’ stato un dolore fortissimo. Era una persona meravigliosa, al contrario del figlio scellerato che sono io. Era il mio punto di equilibrio".
Anche tua mamma è una persona straordinaria.
"Sì, un carattere forte, combattente, toscana verace, donna simpatica e sincera, di grande fede. Ma, come tutti quelli che hanno una forte personalità, non è facile starle vicino. Io ci ho litigato di continuo. Mio padre però era perfetto per lei, calmo, buono, umile pur essendo molto colto, un grande esperto di letteratura inglese antica. Era il pilastro della mia vita".
La sua perdita è stata una mazzata per te.
"Terribile. Ma poi è arrivata l’altra, il naufragio con mia moglie. Ognuno per la sua strada. Per me un dolore infinito. A cui ho reagito nel modo peggiore".
Cioè?
"Con la logica mondana che dice ‘chiodo scaccia chiodo’, cose contrarie al cammino con Gesù".
Era un tentativo di dimenticare, di lenire il dolore?
"Sì, accusavo un grande vuoto, sempre più grande. Io sono andato in crisi su tutto. Quell’abbandono mi ha spaccato il cuore. Oggi però ho capito che proprio da quella mia disperazione sono sbocciate sulle mia labbra quelle parole che mi hanno salvato: Ave Maria".
Eri religioso?
"Ma figurati. Ogni tanto capitavo distrattamente in chiesa, ma la mia vita era altrove. Ricordavo a fatica tre preghiere. Neanche il Gloria al Padre. Il Credo lo sto imparando ora. Ma quelle "Ave Maria" ripetute fra le lacrime, tante e tante volte, mi hanno salvato perché stavo percorrendo sentieri scuri, veramente brutti, credimi".
Di che tipo?
"Beh, sentieri brutti per dimenticare mia moglie. In realtà però, in quel modo, le cose per me andavano sempre peggio e l’angoscia era sempre più dilaniante".
Sai che ci sarà qualche sciocco che ironizzerà?
"Guarda, io non sono nessuno e non ho da insegnare niente, ma spero che raccontare questa mia vicenda possa servire anche ad altri, perché quando precipiti nel dolore sei più vulnerabile e rischi di più di finire a fare cose brutte e irrecuperabili".
Dicevi di quelle Ave Maria gridate nel pianto…
"Sì, mi è venuto naturale cercare la sua protezione perché di Gesù, di Dio avevo timore, invece sentivo lei come una mamma buona. La sua natura umana la sentiamo più vicina a noi, alle nostre sofferenze. Lei ha una pena infinita per chi soffre".
Ti eri raccomandato a lei altre volte?
"Io non avevo mai pregato. Ho cominciato a pregare continuamente la Madonna perché stavo male da piangere, non riuscivo più a lavorare e più cercavo di dimenticare più combinavo guai e stavo peggio. Non avere più mio padre e mia moglie al mio fianco mi aveva fatto smarrire me stesso…".
Poi cosa è successo?
"E’ successo che, pregando, ho sentito il bisogno fortissimo di incontrare la Madonna. E dov’è che si può incontrare? In un posto solo: a Medjugorje"
Quel tuo "bisogno di incontrarla" che hai avvertito – secondo chi è più esperto di Medjugorje – è la sua chiamata. Dunque colei che hai invocato fra le lacrime ti ha risposto, come una madre che prontamente tende le braccia al figlio caduto a terra e ferito…
"Sì. Prima di partire mi sono procurato dei libri su Medjugorje e ho letto tutto, subito, con un’avidità che ho provato solo da bambino quando leggevo Salgari".
In effetti iniziava un’avventura tutta nuova…
"Infatti mi sono detto: questa è la mia strada. Ho perfino rimandato di sei giorni l’inizio delle puntate di Stranamore". E Mediaset?
" (Ridendo) Quando alla riunione ho detto: ‘no fermi, io il 3 ho un appuntamento con la Madonna a Medjugorje’, tutti mi hanno guardato chiedendosi se ero impazzito. Ma alla fine hanno dovuto cedere".
A Medjugorje cosa è successo?
"Là, guidato da Milenko e Mirella, una quantità inimmaginabile di emozioni, di incontri, di storie. Non so come sia stato possibile in così pochi giorni. Un’esperienza fortissima della presenza della Madonna. Una pace, un silenzio, una gioia… Ho conosciuto anche Vicka (una dei veggenti). E poi i tanti ragazzi ex tossicodipendenti che là sono stati recuperati. I bimbi orfani di suor Cornelia. Insomma non ci sono parole umane per una cosa tanto sconvolgente. Appena sono tornato l’ho raccontato al mio amico Andrea Bocelli perché lui mi poteva capire: c’è stato anche lui e lì ha pure cantato".
Il luogo che più ti ha colpito?
"Tutti, ma davanti al crocifisso di bronzo che sta dietro la chiesina, davanti a quelle gocce d’acqua, quelle lacrime, che inspiegabilmente scendono da Lui, ho abbracciato le gambe di Gesù e piangendo non l’ho più mollato. Io mi ero affidato a Maria e lei mi ha portato a stringermi a suo Figlio. E lì, Antonio, ho trovato la pace".
E cos’hai fatto?
"Ho ricevuto i sacramenti e ho scritto su un foglio tutti i nomi delle persone amiche e dei malati che gli raccomandavo e l’ho dato a Vicka perché la Madonna li benedicesse durante l’apparizione. E l’ha fatto".
E ora?
"Ora voglio fare tutto quello che posso per quella terra che mi ha salvato. Anzi, tramite te lancio questo appello: a maggio farò un aereo per portare più gente possibile a Medjugorje. Il prezzo del viaggio organizzato, seppure basso, sarà maggiorato di un po’ di euro che verranno donati all’orfanotrofio di suor Cornelia".
Non ti ferma più nessuno… E tua madre? Chissà quanto avrà pregato quando tu stavi male?
"Oh sì, lei sente sempre Radio Maria. Da anni mi parlava di Medjugorje: guarda quanto tempo ho perso…". - Antonio Socci -

 
 
 

IL FUTURO IN OSTAGGIO DEL PENSIERO MALATO

Post n°1541 pubblicato il 23 Febbraio 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

La cultura dominante si trova impreparata di fronte ai progressi della tecnologia, perché le manca il «minimo etico»: quelle due o tre verità sull’uomo che possano fissare i paletti e definire la società nella quale alla fine si desidera vivere. ecco una riflessione del cardinal Ersilio Tonini

Qual è il rischio del futuro?

C’è un futuro che ormai è scritto e che è ancora tutto da risolversi, non si è ancora pronunciato in pienezza, ed è il grande tema della potenza tecnologica che l’uomo sta acquisendo, con prospettive incredibili. Pensate alle questioni più urgenti in materia di bioetica, nelle quali c’è la tentazione da più parti di ridurle ad argomento dei dibattiti parlamentari.

Ora, di fronte a questo grosso problema la cultura attuale è impreparata. Perché?

Perché non ha il mezzo per trovare quello che i filosofi del diritto chiamano il minimo etico: quelle due o tre verità sull’uomo che possano stabilire la norma per «fissare i paletti» e per definire la società nella quale si desidera vivere. Il fatto è che il pensiero è malato, che la cultura dominante non ha più nessuna stima, perché il pensiero è fatto per sua natura per nutrirsi di realtà, e perciò per offrire agli uomini una verità che esso scopre nelle cose. Ma questo oggi è intollerabile, perché nel frattempo è emerso un nuovo valore fondamentale: la libertà. Le cose, la natura non valgon più nulla; vale la seconda natura, quella che l’uomo crea con le sue mani. Sarà da Hegel in poi che si parlerà di cosivismo, di cose in sé che non valgono nulla, perché non hanno ricevuto l’impronta della mente umana. E poiché la libertà – ecco il grande tranello – è la condizione per compiere atti morali, la conclusione è quella descritta da Emanuele Severino: la volontà di dominio dell’uomo non può dispiegarsi completamente se esiste il limite invalicabile della verità definitiva proclamato dall’epistéme. Si noti bene, non dal dogma cattolico, ma dal pensiero greco: le verità di fondo che riguardano l’uomo. Continua dunque Severino osservando che la distruzione del pensiero certo e di ogni struttura eterna e immodificabile della realtà è la condizione del dispiegamento totale della volontà di dominio. È chiaro che qui Dio non ha più niente a che fare e tutto ciò che limita la libertà è perciò stesso disumano. Sarà Sartre poi a dare il tono, quando dirà che, poiché Dio non c’è, nessuno mi ha pensato. Se nessuno mi ha pensato, allora io sono condannato a essere libero, sono io che devo fare me stesso. L’uomo non è nient’altro che quel che progetta di essere, non esiste che nella misura in cui si realizza. Non è, dunque, nient’altro che l’insieme dei suoi atti, nient’altro che la sua vita. Questo – che ho appena accennato – è l’atteggiamento dominante della cultura istintiva ereditata proprio dentro il sangue, una specie di codice genetico della cultura attuale, codice che se fino a ieri era rimasto chiuso nelle biblioteche o limitato alle cattedre universitarie, attraverso i mass media è diventato un po’ il pensiero dominante, respirato senza volerlo. Segno di valore è la trasgressione: più trasgredisci, più eserciti libertà, volontà, potenza di libertà e pertanto sei più uomo; non conta ciò che tu abbia fatto. È chiaro che con questa mentalità sarà ben difficile porre dei «paletti». E i paletti, semmai, si potranno porre solo in base al consenso popolare. E qui entra in crisi la democrazia, perché essa, intendo la democrazia quantitativa moderna, è stata pensata supponendo che ci fossero dei valori stabili, fissi, condivisi da tutti. Non per niente Montesquieu dedica due o tre capitoli alla religione: «Quale religione può ispirare la civiltà di un Paese e dunque essere l’anima della legge». In essi, fatto il confronto ebraismo-islam-induismo, arriva a concludere che solo il cristianesimo può dare una civiltà con valori saldi, che val la pena mettere come anima di una Costituzione. Noi vogliamo, allora, prima di tutto ringraziare il Signore perché siamo nati in questa comunità dove fummo preparati con la purezza dell’animo, con la rettitudine della coscienza, a sentirci conformi alla verità, a non sentirla in stridore e perciò ad abbracciarla, ad amarla, a goderla, la verità. Ma sarà anche necessario farne oggetto esplicito di problema, preoccupandosi soprattutto della formazione dei sacerdoti, dei laici, dei ragazzi, al gusto della verità. Ritengo infatti che se il pensiero non è disciplinato non riusciamo più a far nulla e ci troveremo dinanzi solo i residui del ’68, i residui della mentalità soggettivistica che confonde sincerità, spontaneità con la bontà e con il valore, che prende la festa in sé come motivo, come valore, non curandosi poi se la festa distrugge l’uomo. Mentalità per la quale soltanto ciò che è assunto in proprio è valido; in altre parole, che fa l’uomo padrone di sé, per cui ogni impegno e ogni valore, anche i più sacrosanti, sono affidati alla libertà, alla volontà, alla spontaneità. Dinanzi a tutto questo occorre il coraggio di essere inattuali oggi per essere attuali domani, recuperando quel valore che per Grazia di Dio ci è stato trasmesso: la Verità. Le speranze nostre, infatti, che sono? Valgono soltanto per l’intensità che ci offrono, per un po’ di pace che ci portano, per un sogno? Poveri noi, se avessimo speranza in Cristo, ma senza essere sicuri che è la Verità, se avessimo fede e speranza in Cristo soltanto per questo mondo: noi saremmo i più miserabili degli uomini, come dice san Paolo. - Cardinale Ersilio Tonini -

 
 
 

SANREMO PARLA IL CANTANTE POVIA: HO SUBITO ATTACCHI DURISSIMI

Post n°1540 pubblicato il 23 Febbraio 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Giuseppe Povia ha 36 anni, un passato di dura gavetta nel mondo dello spettacolo e la tendenza a sbancare i botteghini con brani "controcorrente". Nel 2006 vinse il Festival di Sanremo con una canzone che esaltava la fedeltà coniugale; quest'anno ci ha provato con una canzone "Luca era gay "che ha fatto imbufalire le lobby omosessuali. Ma cosa ha detto di tanto orrido il mite e pur bravo Povia nella sua canzone? "Ho scavato nel mio passato, …… Mia madre con un bene diventato ossessione, …… Mio padre non prendeva decisioni…… stava fuori tutto il giorno ".
Un testo intelligente, che racconta di una storia vera come quella che capita a migliaia di ragazzi di tutto il mondo. Una storia che spiega il dramma di quanti nella vita si ritrovano privi della guida per eccellenza: il proprio padre. Una storia come tante che narra di una madre che cerca di prendere il posto del padre cercando di interpretare tutti e due i ruoli. Come ebbe modo di affermare la giornalista femminista Susan Faludi (Premio Pulitzer 1991) "Nella nostra società i padri svolgono un ruolo secondario. Nell'educazione dei figli, sempre più spesso dominano le madri e il rapporto con i padri è spesso disturbato ". Al punto che, come afferma la stessa autrice, una delle cause maggiori del disagio giovanile maschile deriva proprio dalla sofferenza della "mancanza del padre ". Per una vita a Sanremo tutti hanno cantato dell'omosessualità (Anna Tatangelo, Anna Oxa, etc.) ma nessuno è stato mai aggredito come Povia, certamente perché il suo testo non era omologato alla linea politica della lobby gay. E' bastato andare contro corrente e subito sono arrivati i siluri. Ascoltate il ritornello dello scandalo: "Luca era gay e adesso sta con lei; Luca parla con il cuore in mano; Luca dice: sono un altro uomo". Cosa c'è di strano??
Per le lobby, invece, un gay è un gay! E' un altro "genere"e mai sia detto che ritrovi la sua normalità.
Ma le cose a questo potentissimo club non vanno per niente bene a giudicare dagli insuccessi che stanno accumulando. Quasi che, dopo anni di ubriacature e trasgressioni, adesso moltissimi stanno ricercando la giusta rotta. Imma Battaglia, una dirigente dell'Arcigay, sul numero di settembre di Babilonia sostiene che l'offensiva omosessualista aveva raggiunto l'apice nel 2000 con il Gay Pride di Roma e sembrava ad un punto di non ritorno. Da allora invece si è assistito ad un rapido declino e ad un crescente rifiuto dell'opinione pubblica: "In 8 anni la percezione pubblica è cambiata da positiva a negativa ", ammette la Battaglia. E lo stesso sta accadendo nel mondo. La Lettonia ad agosto ha bocciato la legge che voleva legalizzare le nozze gay. Ad ottobre il Portogallo ha preso la stessa decisione. E per quanti fossero convinti che questi siano Paesi conservatori (cosa non vera), ricordiamo che la stessa cosa è successa negli USA. In tutti gli Stati degli USA dove si votava il referendum per legalizzare le nozze gay, l'omosessualismo è stato sconfitto, a cominciare dall'ultra progressista California. Per quanti non abbiano compreso la portata storica di questi referendum ricordiamo che si votava il 4 novembre, contemporaneamente alle elezioni del Presidente degli USA. E cosi gli stessi elettori che votavano per Obama (che si era dichiarato a favore della posizione omosessualista) contemporaneamente nell'altra scheda dicevano NO alle nozze fra omosessuali e alle adozioni da parte delle coppie gay. Insomma un po' tutti nel pianeta stanno dicendo: ognuno a casa sua è libero di fare ciò che vuole, ma non si può chiedere che l'omosessualità diventi sistema sociale. A chiudere la faccenda ad ogni critica comunque, ci ha pensato il coraggioso e sensibile Povia che incurante delle critiche già il 31 dicembre u. s. sul Corriere della Sera, dichiarava: "ho raccontato la storia di uno e comunque questo polverone ha dimostrato che quanti predicano democrazia e libertà di pensiero, non appena si tocca l'argomento gay subito aggrediscono e minacciano attacchi durissimi". - Alessandro Pagano - mascellaro -

 
 
 
 
 

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Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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