ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 01/03/2009

UNA SINISTRA DELL’ODIO CHE DEVE FAR PAGARE AI CRISTIANI PERFINO LA QUARESIMA

Post n°1577 pubblicato il 01 Marzo 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

In Italia circa l’80-90 per cento della popolazione si definisce cattolica, mentre il 5 per cento circa si dichiara atea. I giornali però ragionano e informano come se la proporzione fosse esattamente inversa. Ignorano così anche la tendenza rilevata dalle indagini sociologiche, pure fra i più giovani: per esempio i “non credenti” fra i 18 e i 30 anni sono passati dal 17,2 per cento del 1981, al 5,8 per cento del 2000. E la fiducia nella Chiesa da parte degli italiani è cresciuta dal 57 per cento del 1981 al 67 per cento di questi anni. Ma i giornali sembrano rappresentare più il mondo delle redazioni che quello reale, il quale infatti poi si schiera agli antipodi dei media: vedi il referendum sulla legge 40 e le elezioni. I giornali sono totalmente disinteressati al cattolicesimo. Anzi, sono vistosamente ostili. I “cattolici” a cui danno voce sono solo quelli che picchiano sulla Chiesa e sul Papa: ieri, fra gli altri, c’era Hans Kung sulla “Stampa” che se n’è uscito con l’evocazione del “Concilio di Nizza del 325”. Temo si sia confuso col famoso Concilio di Nicea del 325, ma nei giornali non se ne accorge nessuno. Nessuna parola si è letta ieri sul fatto che era il mercoledì della ceneri e l’inizio della Quaresima per la quale il Papa ha scritto un Messaggio stupendo. Capita di essere informati dai giornali dell’inizio del Ramadan (il periodo di digiuno islamico), ma non dell’inizio della Quaresima. L’unico articolo che ne parlava è uscito sulla Repubblica e mi pare un esempio di faziosità ideologica. Dunque è accaduto che per le mense scolastiche del Comune di Roma, nel periodo di Quaresima, ovvero per sei venerdì, siano stati scambiati i menù fra il giovedì e il venerdì, cosicché il filetto di manzo va al giovedì e il pesce alla mugnaia va al venerdì. Spalancati cielo. La Repubblica è insorta con un’intera pagina: “Scuole, è quaresima anche nel piatto, fino a Pasqua in mensa niente carne”. Già questo titolo è sbagliato e fuorviante, perché la carne è sostituita dal pesce solo al venerdì. Ma oltretutto è davvero pretestuoso perché l’alimentazione dei bambini non cambia: fra le pietanze stabilite dai dietologi c’è sia la carne che il pesce. Collocare il pesce al venerdì anziché al giovedì in questo periodo è, oltreché una nostra antica tradizione (perfino molto salutare), un semplice accorgimento pratico per evitare che tante famiglie cattoliche debbano fare la domanda di variazione nei diversi municipi. Non toglie niente a nessuno. Ma contro questa scelta di buon senso si è scatenata la solita “guerra di irreligione” del giornale di Ezio Mauro. Con il contorno di politici, come Paolo Masini del Pd, che si lancia all’attacco dell’assessore capitolino Laura Marsilio: “Il suo è un pretesto pericoloso e irresponsabile” tuona Masini. “Imporre a tutti i bambini una scelta dettata da motivi religiosi rischia di acuire i problemi specie in una città come Roma, dove le difficoltà di integrazione sono ogni giorno più evidenti”. A me pretestuosa sembra la faziosità della sinistra giacobina che puntualmente cerca di usare l’argomento musulmani per dare sfogo al suo pregiudizio anticristiano. Come ha fatto in Gran Bretagna, per fare un esempio, il comune di Oxford quando ha cancellato il Natale chiamando quella del 25 dicembre “Festività della luce invernale”. A protestare contro la ridicola decisione non sono stati solo cattolici e anglicani, ma anche ebrei e musulmani. “I fedeli islamici e di altre confessioni – ha affermato il Consiglio musulmano di Oxford – “aspettano con trepidazione il Natale”, una festa che “non può essere cancellata con un tratto di penna”.
Nel caso di Roma non risulta che abbiano protestato i musulmani. Ma la loro presenza viene usata come pretesto da altri in funzione anticattolica. Secondo una certa Sinistra, infatti l’integrazione non è solo il riconoscere e garantire gli usi e costumi delle minoranze, ma anche la cancellazione della millenaria tradizione della stragrande maggioranza degli italiani. Coloro che si scatenano contro il Comune di Roma per il semplice scambio di menù del giovedì e del venerdì, non risulta che siano insorti quando un istituto scolastico piemontese ha addirittura sospeso le lezioni nel giorno di inizio del Ramadan e nel giorno di conclusione. E neanche quando, nel 2006, il Comune di Milano ha preso una iniziativa ancor più esplicita e importante per il Ramadan islamico diffondendo nelle scuole una specie di decalogo dove si espongono i valori alla base di questa tradizione religiosa, aiutando gli insegnanti a valorizzare i ragazzi che desiderano avvicinarsi a questa pratica. Il Comune ha pure esortato gli insegnanti che hanno studenti musulmani a spiegare a tutta la classe il significato del Ramadan facendo un paragone con la Quaresima cristiana. Una professoressa milanese ha riportato su internet (condividendoli) alcuni contenuti di una circolare (probabilmente è la stessa) sul Ramadan: “Le linee guida di questa circolare suggeriscono al punto 2: ‘Sono molti i valori positivi che stanno alla base di questo precetto (ramadan ndr). Esso è innanzitutto rispettato per uniformarsi alla volontà di Dio, educa a dominare i propri desideri, rende partecipe della sorte di chi è povero, allena alla pazienza…’. Tra i suggerimenti pratici leggiamo: ‘la rinuncia alla merenda o a dolci e caramelle durante il giorno (eventualmente partecipata da chi volesse, anche se non musulmano) andrebbe incoraggiata al posto della rinuncia al pasto’ ”. Si può immaginare cosa sarebbe successo se ad essere così valorizzata dalle pubbliche autorità fosse stata la Quaresima dei cristiani. Allora sì che Repubblica e i “politici democratici” sarebbero insorti in difesa della “laicità della scuola” e contro quello che avrebbero definito vero e proprio indottrinamento confessionale. Ovviamente pericoloso e irresponsabile. E’ infatti la stessa scuola italica dove ogni anno tanti insegnanti “progressisti” (e pure i libri di testo) inventano mille modi per trasformare la festa del Natale in festa dell’inverno e della neve e quella di Pasqua in festa della primavera o della “colomba della Pace”. Intanto Repubblica si compiace che si venga incontro con sollecitudine alle necessità del Ramadan islamico perfino per i detenuti. Titolo del 4 luglio 2005: “Col ramadan dietro le sbarre cambia tutto per pasti e orari”. E perché allora dobbiamo cancellare la nostra millenaria tradizione?
La vera integrazione non è prodotta dalla cancellazione della nostra antica cultura popolare e cattolica, come vorrebbe questa sinistra, ma dalla sua conoscenza e dallo scambio sereno fra diverse culture e diverse fedi, anche nell’ambito della scuola. Voglio raccontare un aneddoto significativo. Ho frequentato la facoltà di lettere e filosofia dell’università di Siena dove mi sono laureato e dove ho seguito per anni le lezioni di un grande professore di “critica letteraria”, il famoso Franco Fortini. Le sue idee marxiste erano note (scriveva peraltro sul Corriere della sera). Lui era oltretutto di origini ebraiche, non certo cattoliche. Ebbene, un giorno di febbraio, inizio di Quaresima, arrivato in aula, cominciò a declamare (magistralmente) un poema. Solo alcuni di noi – ciellini - sapevano che era “Il mercoledì delle ceneri” di Thomas S. Eliot e seppero spiegare cosa significa questo giorno cristiano. L’altra parte degli studenti (di sinistra) lo ignorava. A loro Fortini si rivolse spiegando (energicamente) che non è ammissibile vivere in Italia e addirittura studiare letteratura, storia e arte italiane senza conoscere tutto del cattolicesimo. “Qualunque idea politica o convinzione si abbia” disse “dovete conoscere a menadito la tradizione cristiana”.

Post scriptum

Una breve osservazione supplementare. Considerate quante volte sui quotidiani trovate un punto di vista cattolico, una delle tantissime storie del popolo cristiano, un articolo sulla Chiesa o la fede non pregiudizialmente ostile. A me pare che non accada quasi mai. Clamoroso fu quello che si verificò durante il referendum sulla legge 40: tutti, dico tutti, i media da una parte e la stragrande parte del popolo italiano dall’altra. Infatti guardate come quegli stessi media hanno poi totalmente rimosso quella vicenda. Non un solo editoriale autocritico. Mai un ricordo, una menzione. Com’è che quella ristretta minoranza (5 per cento) che si definisce atea impronta alla sua visione del mondo tutti i media? E tutto questo non somiglia a un soffocante regime ideologico monocolore? -  Antonio Socci -

Riflessione dal Blog: Il protagonista come sempre è il giornale "La Repubblica" con la sua ben nota faziosita' ideologica. Ci lamentiamo spesso degli articoli di Famiglia Cristiana e alcuni Cattolici fanno sapere che è meglio non comprarla. Ma quanti Cattolici vediamo passeggiare orgogliosi con sotto il braccio il quotidiano la Repubblica..sarà bene avvisarli..(casomai non l'avessero capito..ma ne dubito!!!)..che sarà bene leggere qualcosa che faccia bene alla Fede Cristiana..e magari..comperare un altro giornale invece di dare soldi al nemico!!!..voi che ne pensate?

 
 
 

IL SANTO PADRE: GLI ANGELI CI SOSTENGONO NEL SEGUIRE GESU'

Post n°1576 pubblicato il 01 Marzo 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Cari fratelli e sorelle! Oggi è la prima domenica di Quaresima, e il Vangelo, con lo stile sobrio e conciso di san Marco, ci introduce nel clima di questo tempo liturgico: "Lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana". In Terra Santa, ad ovest del fiume Giordano e dell’oasi di Gerico, si trova il deserto di Giuda, che per valli pietrose, superando un dislivello di circa mille metri, sale fino a Gerusalemme. Dopo aver ricevuto il battesimo da Giovanni, Gesù si addentrò in quella solitudine condotto dallo stesso Spirito Santo, che si era posato su di Lui consacrandolo e rivelandolo quale Figlio di Dio. Nel deserto, luogo della prova, come mostra l’esperienza del popolo d’Israele, appare con viva drammaticità la realtà della kenosi, dello svuotamento di Cristo, che si è spogliato della forma di Dio. Lui, che non ha peccato e non può peccare, si sottomette alla prova e perciò può compatire la nostra infermità. Si lascia tentare da Satana, l’avversario, che fin dal principio si è opposto al disegno salvifico di Dio in favore degli uomini. Quasi di sfuggita, nella brevità del racconto, di fronte a questa figura oscura e tenebrosa che osa tentare il Signore, appaiono gli angeli, figure luminose e misteriose. Gli angeli, dice il Vangelo, "servivano" Gesù; essi sono il contrappunto di Satana. "Angelo" vuol dire "inviato". In tutto l’Antico Testamento troviamo queste figure, che nel nome di Dio aiutano e guidano gli uomini. Basta ricordare il Libro di Tobia, in cui compare la figura dell’angelo Raffaele, che assiste il protagonista in tante vicissitudini. La presenza rassicurante dell’angelo del Signore accompagna il popolo d’Israele in tutte le sue vicende buone e cattive. Alle soglie del Nuovo Testamento, Gabriele è inviato ad annunciare a Zaccaria e a Maria i lieti eventi che sono all’inizio della nostra salvezza; e un angelo, del quale non si dice il nome, avverte Giuseppe, orientandolo in quel momento di incertezza. Un coro di angeli reca ai pastori la buona notizia della nascita del Salvatore; come pure saranno degli angeli ad annunciare alle donne la notizia gioiosa della sua risurrezione. Alla fine dei tempi, gli angeli accompagneranno Gesù nella sua venuta nella gloria. Gli angeli servono Gesù, che è certamente superiore ad essi, e questa sua dignità viene qui, nel Vangelo, proclamata in modo chiaro, seppure discreto. Infatti anche nella situazione di estrema povertà e umiltà, quando è tentato da Satana, Egli rimane il Figlio di Dio, il Messia, il Signore. Cari fratelli e sorelle, toglieremmo una parte notevole del Vangelo, se lasciassimo da parte questi esseri inviati da Dio, i quali annunciano la sua presenza fra di noi e ne sono un segno. Invochiamoli spesso, perché ci sostengano nell’impegno di seguire Gesù fino a identificarci con Lui. Domandiamo loro, in particolare quest’oggi, di vegliare su di me e sui collaboratori della Curia Romana che questo pomeriggio, come ogni anno, inizieremo la settimana di Esercizi spirituali. Maria, Regina degli Angeli, prega per noi! - Angelus prima domenica di Quaresima - [Innamorati di Maria]

 
 
 

L'ORA DEL SOSTEGNOI AL VICARIO DI CRISTO: SVELATA LA STRATEGIA CONTRO IL SANTO PADRE

Post n°1575 pubblicato il 01 Marzo 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Le nubi che si sono addensate su Papa Benedetto XVI e sulla Santa Sede dopo la revoca della scomunica contro i quattro vescovi della Fraternità San Pio X sono l’inquietante preannuncio di più gravi tempeste pronte a scatenarsi sulla Barca di Pietro. Iniziamo dai fatti. Nella Chiesa Cattolica esiste un “caso Fraternità San Pio X”, esploso il 30 giugno 1988, dopo la consacrazione di quattro vescovi (Bernard Fellay, Alfonso de Galarreta, Bernard Tissier de Mallerais, Richard Williamson), da parte di mons. Marcel Lefebvre. La Santa Sede considera tali consacrazioni valide, ma illegittime, perché avvenute contro la volontà pontificia. Il Codice di Diritto Canonico prevede in questi casi la scomunica “latae sententiae”.  Questo provvedimento, formalmente dichiarato il 1 luglio 1988, è stato revocato, il 21 gennaio 2009 da un Decreto della stessa Congregazione per i Vescovi che lo aveva emanato. La Chiesa ha una sua legge interna, il Diritto Canonico, che regola la vita di ogni battezzato e, a maggior ragione, di ogni religioso e sacerdote. Di fatto, dal 1988, il movimento che fa capo ai quattro vescovi consacrati da mons. Lefebvre ad Ecône si muove al di fuori delle strutture ecclesiastiche e della legge canonica della Chiesa, amministrando in piena autonomia sacramenti come il Matrimonio e la Penitenza, che esigono un preciso mandato giurisdizionale. Il Papa, rimuovendo la scomunica, non ha sanato la confusa situazione canonica in cui si trova la Fraternità San Pio X, ma ha voluto dare un chiaro segno della sua buona volontà di risolvere il problema, nell’interesse della Chiesa universale. Si tratta innanzitutto di un problema di riconoscimento della suprema autorità di governo della Chiesa di Roma.  «Con questo atto – si legge nel decreto – si desidera consolidare le reciproche relazioni di fiducia e intensificare e dare stabilità ai rapporti della Fraternità San Pio X con questa Sede Apostolica». L’intenzione del gesto è dichiarata dallo stesso Pontefice: facilitare la ricomposizione di una dolorosa frattura all’interno della Chiesa, chiedendo altrettanta buona volontà all’altra parte. È chiaro che si è trattato di un gesto unilaterale, che non risolve il “caso” della Fraternità San Pio X, ma si propone di favorirne la soluzione. Nessuno può dubitare della retta intenzione del Papa, e tanto meno del suo diritto, come Sommo Pontefice, di esercitare il suo potere all’interno della Chiesa. Il problema naturalmente non è soltanto di ordine giuridico. La situazione di anarchia canonica in cui versa la Fraternità ha la sua origine in due questioni di fondo che per molti anni sono rimaste irrisolte sul tappeto. Il problema della valutazione del Concilio Vaticano II e quello della legittimità della Messa secondo il Rito Romano Antico. Ma proprio a questi due problemi si riferiscono due tra gli atti più significativi del Pontificato di Benedetto XVI.
Per circa quarant’anni, dopo la conclusione del Concilio Vaticano II, la teologia progressista ha affermato l’esistenza di una “discontinuità” tra la Chiesa “costantiniana” e l’era conciliare, inaugurata dal pontificato di Giovanni XXIII. Con l’epiteto spregiativo di “tradizionalisti”, ma anche di “lefebvriani”, venivano indicati tutti coloro che non rinunciavano alla Tradizione e volevano rimanere fedeli al Magistero perenne della Chiesa, ai suoi insegnamenti morali e ai suoi usi liturgici. Nel suo ormai storico discorso alla Curia Romana del 22 dicembre 2005, il Papa ha frantumato la mitologia progressista, affermando che il Concilio Vaticano II deve essere interpretato secondo l’ermeneutica della “continuità”, ovvero alla luce della Tradizione. Il Papa assicura dunque, e nessuno meglio di lui ha il diritto di farlo, che i documenti conciliari possono e debbono essere letti solo in coerenza con il Magistero immutabile della Chiesa. Ciò non toglie che il Concilio possa essere giudicato, sul piano storico, per le sue conseguenze all’interno della Chiesa. Il Motu Proprio Summorum Pontificum del 7 luglio 2007 ha da parte sua ribadito che il Rito Romano non è mai stato abrogato e che ogni sacerdote ha il pieno diritto di celebrarlo, in qualsiasi parte del mondo. La Messa tradizionale è stata dunque pienamente riabilitata. Il decreto di revoca della scomunica è stato firmato il 21 gennaio, ma l’annuncio, anticipato da qualche indiscrezione, è stato reso ufficiale il 24 gennaio. Poche ore dopo la firma del documento, l’emittente pubblica svedese SVT mandava in onda un’intervista sul negazionismo dell’olocausto ebraico, registrata quasi tre mesi prima, a uno dei quattro vescovi mons. Richard Williamson. Si trattava di una bomba a orologeria innescata perché scoppiasse esattamente all’indomani del gesto di riconciliazione del Papa con la Fraternità San Pio X. A partire dal 25 gennaio, per circa due settimane, i giornali di tutto il mondo hanno sovrapposto il “caso Williamson” all’evento della revoca della scomunica.
L’obiettivo non era mons. Williamson e neppure la Fraternità San Pio X, ma la persona stessa del Papa, colpevole di una ennesima “apertura” nei confronti del mondo tradizionale. La manovra mediatica montata a partire dall’intervista è analoga a quella messa in atto per squalificare Pio XII, accusato di collusione con il nazismo e i suoi crimini. Il sillogismo si presenta in questi termini: Papa Pacelli, ultimo esponente di una concezione arcaica e reazionaria della Chiesa fu complice del nazismo. Benedetto XVI, che vuole restaurare la Chiesa pacelliana, è complice di chi oggi, negando l’Olocausto, si fa erede dei crimini del nazismo. A nulla valgono le precisazioni della Santa Sede, che ricorda come la remissione della scomunica nulla ha che vedere con la legittimazione delle posizioni negazioniste, da Benedetto XVI chiaramente condannate. A nulla valgono le stesse dichiarazioni del superiore della Fraternità mons. Fellay, che ha imposto il silenzio a  mons. Williamson ed espulso un sacerdote “negazionista” dalla Fraternità. Che cosa si esige da parte di coloro che affermano che, con il Concilio Vaticano II, la Chiesa ha finalmente superato l’epoca dell’Inquisizione, dell’intolleranza e delle censura? Si pretende forse che la Chiesa aggiunga al Credo di Nicea, che ogni domenica viene recitato nelle chiese, l’articolo di fede nell’olocausto ebraico? Si chiede che nei confronti degli “eretici” che mettono in discussione il genocidio del popolo ebraico si applichino con severità quelle misure canoniche che sarebbe giudicate retrive e inammissibili se esercitate verso chi nega l’infallibilità o l’Immacolata Concezione della Madonna? Ciò che in realtà si esige dalla Chiesa non è la dissociazione dalle tesi “negazioniste”, che mai essa ha fatto proprie, ma la sua dissociazione dalla Tradizione e la rinuncia ad esercitare pubblicamente e con pienezza la sua missione di Governo e di Magistero. La missione della Chiesa non si esercita sui fatti storici e non si limita alla condanna dei crimini e dei genocidi. Custode della fede e della morale, la Chiesa risale agli errori ideologici che di quei crimini costituiscono le cause. Condannando, nel 1937, il comunismo con l’enciclica Divini Redemptoris e il nazionalsocialismo con la Mit Brennender Sorge, la Chiesa prevedeva le nefaste conseguenze che avrebbero avuto i sistemi totalitari, proprio mentre tanti altri Capi di Stato e di Governo democratici si illudevano di patteggiare con quei regimi. La Chiesa ebbe nei campi di concentramento nazisti i suoi martiri, come san Massimiliano Kolbe e santa Teresa Benedetta della Croce, e nella resistenza al nazismo i suoi eroi, come il beato cardinale Clemens August von Galen. Oggi un terribile olocausto è in atto, quello del popolo dei non nati, milioni di vittime sacrificate ogni anno, mediante aborto, agli altari dell’edonismo contemporaneo. La Chiesa denuncia le drammatiche conseguenze del relativismo contemporaneo, ma essa, invece di essere ascoltata, è posta sotto accusa e sottoposta a linciaggio mediatico. Eppure, in questo inizio di XXI secolo, la Chiesa Cattolica, rappresentata da Benedetto XVI, si erge come la sola autorità morale che possa parlare in termini di principi e di valori, di vita e di morte delle anime e dei corpi. È l’ora di un grande movimento di sostegno e di solidarietà verso il Capo della Chiesa, nella certezza che nuove e più drammatiche tempeste giungeranno, ma che niente e nessuno riuscirà a sopprimere questa voce che si leva verso l’eternità. - (radicicristiane)

 
 
 

DOPO LE BANCHE ORA E' CRISI PER LE ASSICURAZIONI: MA I MEDIA ITALIANI PREFERISCONO IL SILENZIO?!?!?

Post n°1574 pubblicato il 01 Marzo 2009 da diglilaverita
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Come anticipato, la crisi bancaria mondiale è ormai giunta al punto di non ritorno. Il problema del default sul debito di molti paesi dell’ex blocco sovietico è stato l’argomento principale dell’ultimo vertice dei ministri delle Finanze Ue a Berlino ma i 200 miliardi che dovrebbero giungere dal Fondo Monetario Internazione, come annunciato dal premier britannico Gordon Brown, non si sa come e quando arriveranno. Resta irrisolto il nodo dell’Irlanda (70 miliardi di debito e 350 punti basi sui credit default swaps, praticamente un morto che cammina), il cui fallimento innescherebbe un effetto domino sugli altri paesi dell’area euro a forte indebitamento: Grecia, Italia, Gran Bretagna e Spagna. Per Simon Johnson, ex capo economista del Fmi, o si interviene in fretta o sarà l’inizio della fine dell’eurozona. Da Bruxelles come da Francoforte non giungono segnali né risposte. Anche l’euforia per il rinnovamento incarnato da Barack Obama comincia a scemare vista la palese incapacità del nuovo segretario al Tesoro, Tim Geithner, nel gestire la questione degli asset tossici nei bilanci delle banche: l’idea di semi-nazionalizzare Citigroup e Bank of America è quantomeno campata in aria visto che un ingresso al 40% nel capitale di Citi non servirebbe a nulla se non a prolungarne l’agonia. Tanto più che nessuno sa veramente quantificare la mole di asset tossici che il gigante del credito Usa ha nei bilanci: la via della ripresa non passa dallo Stato, il caso Aig sta lì a dimostrarlo. Nazionalizzata all’80% ad ottobre per evitarne il crollo, ora l’istituto è tornato a battere cassa nel quadro del Tarp voluto da Hank Paulson. Insomma, un fallimento. La facile demagogia della fine degli speculatori alla Gordon Gekko serve solo alle anime belle: senza gli speculatori che con le loro operazioni al ribasso hanno mostrato a tutti la nudità del Re, la bomba della finanza creativa sarebbe esplosa con un anno di ritardo e ci avrebbe travolti senza alcuna ipotesi di intervento. Ora siamo sul Titanic, senza short-sellers saremmo stati sull’Hindenburg. I cosiddetti “Tremonti bond”, tanto per tornare a casa nostra, sono nulla più che un abile trucco del governo per mettere mani e uomini nella governance delle banche: un tasso annuale del 7,5% rappresenta da un lato la volontà di fare cassa punendo i banchieri cattivi (i quali, ovviamente, si rifaranno sui correntisti, come la bufala del tasso Euribor ha dimostrato: gli spread sui mutui indicizzati Ue viaggiano ormai al 2,5-3%) e dall’altro un ricatto in piena regola che infatti vede i principali istituti italiani restii nell’accedere a questo strumento (anche se ormai l’acqua sta superando la gola e saranno obbligati a tornare a Canossa). Desta invece sorpresa il silenzio dei media italiani su quanto sta accadendo in Gran Bretagna, vero laboratorio della crisi in atto. Ieri Mervyn King, governatore della Bank of England, ha infatti sparato due siluri senza precedenti contro il governo laburista e i mercati: il primo sarebbe stato infatti complice delle banche e delle loro gestioni allegre, visto che non ha garantito il necessario supporto agli organismi di vigilanza come la Fsa, mentre il secondo deve prepararsi al peggio, visto che «è impossibile quantificare la mole di denaro che sarà necessaria per stabilizzare il comparto bancario». Bingo. L’attacco non è giunto a caso visto che nella mattinata di ieri il governo è stato obbligato a rendere noto che dovrà iniettare altri 25 miliardi di sterline di denaro pubblico nelle casse di Royal Bank of Scotland, salendo al 95% del capitale: insomma, una banca di Stato che nei fatti è solo un pozzo di debiti e perdite e che è costata ai cittadini britannici già 45 miliardi di sterline. A questo, poi, va aggiunta l’ormai certa nazionalizzazione parziale anche di Lloyds Tsb, vittima del matrimonio incestuoso con l’iper-indebitata Hbos. E per unire oltraggio ad oltraggio il governo sembra restio nell’intervenire per bloccare la pensione da 650mila sterline garantita all’ex presidente di Royal Bank of Scotland, Sir Fred Goodwin, artefice principale del disastro in atto. E sempre da Londra, dalla parti di Southwark, giunge la conferma che il sistema bancario è ormai al collasso totale e che la prossima bolla ad esplodere sarà quella delle assicurazioni. I principali hedge fund operanti nella capitale britannica, infatti, si stanno concentrando con le scommesse al ribasso proprio sui titoli di questo comparto: a dare il via alle danze dello short-selling ci ha pensato Lansdowne Partner, il fondo speculativo che per primo cominciò a scommettere sul crollo di Northern Rock. Insomma, gente che sa il fatto suo quando si tratta di soldi. Tutti i principali gruppi assicurativi del Regno Unito sono entrati nei portafogli di prestito titoli dei trader che sperano nel crollo del prezzo delle azioni per quando avranno concordato la chiusura della posizione: Prudential, Aviva (l’ex Norwich Union), Legal&General e Old Mutual. E tutti, ad eccezione di Prudential che sembra per ora tenere, stanno perdendo significativamente in Borsa. Anche se queste posizioni di shorting sono limitate come imposto dalle nuove regole della Fsa, il regolatore del London Stock Exchange (Lansdowne Partner ha scommesso 10,5 milioni di sterline su Prudential e 26,2 milioni su Aviva in attesa di aprire contratti sugli altri operatori), ma lanciano un segnale allarmante rispetto a quella che sembra essere a tutti gli effetti la “next shoe to drop”. Insomma, la crisi è solo all’inizio: per ogni focolaio che pare isolato, se ne scatena subito un altro. Endemico e più resistente. -ilSussidiario -

 
 
 

CONFRONTO TRA IL RITO ROMANO E IL RITO AMBROSIANO PER CONDIVIDERE INSIEME IL TEMPO DI QUARESIMA

Post n°1573 pubblicato il 01 Marzo 2009 da diglilaverita
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Il rito ambrosiano è un rito liturgico della Chiesa cattolica milanese, che si distingue da quello utilizzato nel resto dell'Occidente, detto invece rito romano.
Il rito ambrosiano deriva dalla tradizione che si è stratificata nella liturgia milanese. La sua sopravvivenza vide molti critici, quando vennero soppressi altri riti locali. Quando papa Gregorio I, alla fine del VI secolo, modificò, riordinò ed estese a tutta la chiesa occidentale la liturgia romana, il rito ambrosiano, data la grande importanza e il peso della chiesa milanese, riuscì a sopravvivere alla soppressione dei riti occidentali minori, insieme al rito mozarabico. La sua legittimazione definitiva si ebbe comunque con il Concilio di Trento (occorre tener conto che il papa Pio IV era milanese e che l'anima del Concilio fu il vescovo di Milano san Carlo Borromeo).
La celebrazione della Messa presenta gli stessi elementi della Messa del rito romano, ma alcuni di essi sono disposti diversamente. Lo scambio della pace, ad esempio, non è immediatamente prima della comunione dei fedeli, ma viene anticipato al termine della Liturgia della Parola, prima della preparazione dei doni. Altre minori differenze sono la mancanza dell'Agnus Dei e la triplice invocazione Kyrie eleison senza il Christe eleison presente nel rito romano. Il giorno di sabato inoltre non è considerato feriale ma festivo, seppur in modo minore rispetto alla domenica, in continuità con la tradizione ebraica.
L'Avvento ambrosiano dura sei settimane, contro le quattro del rito romano, mentre la Quaresima inizia la domenica successiva al "mercoledì delle ceneri" con l'imposizione delle ceneri al termine della Messa festiva. L'avvento termina con le feriae de Exceptato (ferie dell'Accolto) che costituiscono in sostanza la novena di Natale. La Settimana Santa è chiamata Hebdomada Authentica (Settimana Autentica), in quanto vi si celebrano gli eventi centrali della storia.
Vi sono altre differenze che riguardano i paramenti liturgici ed il loro colore:

    * ad esempio, nel rito ambrosiano il colore per le celebrazioni del SS.mo Sacramento è il rosso, a differenza del rito romano dove il colore liturgico previsto è il bianco.
    * al posto del viola si utilizza il morello.
    * nelle ferie quaresimali, ad eccezione del sabato (non considerato feria), si può usare il nero.
    * non si usa il colore rosaceo.
    * l’amitto è indossato sopra il camice, che alle maniche e nell'orlo inferiore (sia anteriore che posteriore) può presentare applicazioni di tessuto, dello stesso colore dei paramenti, decorate con i c.d. “aurifregi”
    * infine è possibile che ci sia il Cappino, striscia di tessuto nei vari colori liturgici, applicata intorno al collo della dalmatica (il paramento liturgico dei diaconi) e della pianeta o casula (il paramento liturgico dei sacerdoti). Anticamente il Cappino era unito all’amitto, secondo l'uso tuttora vigente in alcune chiese orientali.
    * La croce astile nel rito romano viene portata con il crocifisso volto in avanti, nel rito ambrosiano volto indietro (verso il celebrante).

Vi è una differenza anche nella veste talare dei sacerdoti, abbottonata fino in fondo nel caso del rito romano, con soli 5 bottoni nella parte superiore e poi lasciata libera e fermata sempre da una fascia nera nel caso dei sacerdoti di rito ambrosiano.

La Quaresima ambrosiana con tutte le sue differenze ritorna alle radici della fede

Il rito ambrosiano non ha mai conosciuto il “mercoledi delle ceneri” come inizio del tempo quaresimale, ma ha sempre fatto iniziare questo periodo liturgico dalla sesta domenica prima di Pasqua, o prima domenica di Quaresima, nella quale si legge la tradizionale pagina di Vangelo che ci presenta il digiuno di Gesù nel deserto e le tre tentazioni da parte del demonio.
Bisogna inoltre tener presente che, nell’antichità cristiana, la Quaresima si caratterizzava soprattutto in senso battesimale: infatti durante la Quaresima i catecumeni (cioè quei pagani adulti che si convertivano alla religione cristiana e che chiedevano di entrare nella Chiesa) si preparavano a ricevere i sacramenti dell’iniziazione cristiana (cioè battesimo, confermazione e prima eucaristia) che sarebbero stati loro amministrati proprio al termine del cammino quaresimale nella veglia di Pasqua.
Di questa dimensione battesimale la Quaresima ambrosiana ha sempre conservato tracce eloquenti, ancor oggi feconde di frutti spirituali sia per chi è già cristiano (e può quindi compiere un itinerario di riscoperta del proprio battesimo), sia per chi provenendo da altre religioni o culture, o non avendo da bambino ricevuto il battesimo chiede di aderire liberamente e responsabilmente alla fede cristiana.
In effetti le quattro domeniche centrali della Quaresima ambrosiana (dalla seconda alla quinta) sviluppano una raffinata catechesi battesimale attraverso i Vangeli proposti (tutti tratti dal testo di Giovanni), dai quali le domeniche stesse prendono nome: e così nella domenica della Samaritana (seconda di Quaresima) troviamo il tema dell’acqua viva e della rinascita interiore; nella domenica di Abramo (terza) il tema della nuova identità del cristiano come vero figlio di Abramo, o meglio vero figlio di Dio; nella domenica del cieco nato (quarta) il tema del battesimo come illuminazione e vittoria sulla cecità del peccato; nella domenica di Lazzaro (quinta) il tema della vittoria sulla morte e del battesimo come inizio della vita eterna.
Un discorso analogo si può fare per i giorni feriali. Innanzitutto si può notare che in essi è stata conservata una particolare “struttura ternaria” nella liturgia della Parola, che non trova riscontro in alcun altro rito liturgico occidentale:
il Vangelo infatti è preceduto da due letture entrambe tratte dall’Antico Testamento.
Per le prime quattro settimane tali letture si inseriscono anch’esse all’interno di una precisa catechesi battesimale. Infatti viene proposta la lettura continua (giorno dopo giorno) dell’intero “discorso della montagna” tratto dal Vangelo secondo Matteo, commentato dalle prime due letture con pericopi tratte rispettivamente dal libro della Genesi e da quello dei Proverbi. Sappiamo che questo era un uso già in vigore a Milano nel secolo IV, all’epoca di S. Ambrogio e aveva una precisa finalità catechetica: aiutare il pagano che si era convertito e chiedeva il battesimo a confrontarsi, anche dal punto di vista morale, con le esigenze di una vera vita cristiana quale il Vangelo la propone (a partire precisamente dal “discorso della montagna”, da sempre riconosciuto e presentato come la sintesi del cristianesimo stesso).
La quinta settimana di Quaresima invece introduce al tema della Passione: la prima lettura dei giorni feriali, tratta sempre dai libri storici dell’Antico Testamento, presenta varie figure di “giusto sofferente” (si pensi solo ad Abele, il giusto ingiustamente ucciso dal fratello omicida). come prefigurazione profetica di Cristo, il giusto per eccellenza ingiustamente perseguitato e condannato; la seconda lettura tratta dai libri sapienziali, offre un primo tentativo di spiegazione del “dolore innocente”; infine il Vangelo passa in rassegna le profezie fatte da Cristo stesso sulla sua imminente passione.
Val la pena inoltre ricordare che la Quaresima ambrosiana ha conservato più di quella di rito romano, un clima di austera e rigorosa severità: per questo non vi si celebra alcuna festa della Madonna o dei santi, così che l’attenzione dei fedeli resti sempre e solo concentrata sul mistero di Cristo, che per noi offre se stesso nel sacrificio della Croce. Uniche eccezioni (per altro recenti) sono le solennità di S. Giuseppe (19 marzo) e dell’Annunciazione (25 marzo).
Con la domenica immediatamente precedente la Pasqua - la domenica “delle palme, nella Passione del Signore” - inizia la settimana santa, i cui primi tre giorni (lunedi, martedì e mercoledì) sono caratterizzati da un’antica tradizione catechetica che affonda le sue radici ancora una volta nell’epoca di S. Ambrogio: la proclamazione, durante la liturgia eucaristica, del libro di Giobbe e di Tobia, i giusti sofferenti dell’Antico Testamento, prefigurazioni profetiche del giusto sofferente per eccellenza, Cristo Signore. Il Vangelo di questi primi tre giorni ripercorre invece con aderenza cronologica le tappe che porteranno al tradimento di Giuda e che preludono ai fatti della Passione.
Secondo il computo antico, la Quaresima ambrosiana termina al giovedì santo, perché al tramonto di questo giorno, con la messa che ricorda l’istituzione dell’eucaristia e l’inizio della Passione, comincia il sacro triduo pasquale, vertice e centro di tutto l’anno liturgico cristiano.

Il calcolo dì quei quaranta giorni

Nel rito romano la Quaresima inizia con il mercoledì delle ceneri quando i fedeli ricevono sul capo le ceneri benedette. Ma nel rito ambrosiano nello stesso giorno si è ancora in pieno Carnevale e la Quaresima inizia solo la domenica successiva. Perché questo diverso computo? Semplificando notevolmente, se prendiamo il calendario e, partendo a ritroso dal giovedì santo, contiamo quaranta giorni, giungiamo esattamente alla prima domenica di Quaresima: dunque, i quaranta giorni di penitenza iniziano alla sesta domenica prima di Pasqua e giungono fino al triduo pasquale escluso, che comincia per l’appunto ai vespri del giovedì santo. Questo è, a grandi linee, il computo originario della Quaresima, conservato nel rito ambrosiano. In questa prospettiva si in tende la Quaresima come un periodo di quaranta giorni di penitenza, ma non di stretto digiuno, dato che, secondo un ‘antichissima tradizione, di domenica non si doveva digiunare. Nel Medioevo subentrò l’idea dei quaranta giorni effettivi di digiuno; inoltre la Quaresima fu in tesa più come periodo di preparazione alla domenica di Pasqua, che non al triduo pasquale. Di qui derivò la necessitò di un nuovo computo: se infatti partiamo dal sabato santo e contiamo a ritroso quaranta giorni, saltando però le domeniche in cui non si digiunava, giungiamo proprio al mercoledì precedente la prima domenica di Quaresima. Il computo fu accolto dalla Chiesa romana e si diffuse in tutto l’Occidente, tranne che a Milano.

Il significato dei venerdì “aliturgici”

Una delle particolarità più caratteristiche del rito ambrosiano, durante la Quaresima, è quella dei cosiddetti venerdì ‘aliturgici’, parola un po’ tecnica che significa “senza liturgia eucaristica”. Chi entra, in un venerdì di Quaresima, in una chiesa di rito ambrosiano, trova sull’altare maggiore una grande croce di legno, con il sudano bianco: simbolo suggestivo del Calvario e segno di lutto e di abbandono. Si crea così un vero e proprio senso di vuoto, acuito dal fatto che, per tutto il giorno, non si celebra la Messa e non si distribuisce ai fedeli la comunione eucaristica.
Ricercare l'origine storica di questa tradizione non è facile. Per alcuni studiosi, in questo la liturgia ambrosiana si avvicinerebbe alle chiese orientali, nelle quali in Quaresima tutti i giorni della settimana, eccetto il sabato e la domenica sono aliturgici.
Secondo altri, e tra questi il più eminente è il Beato card. Schuster, l'origine sarebbe molto antica e risalirebbe ai tempi in cui la liturgia eucaristica, sempre in Quaresima, era celebrata al calar del sole: poiché di venerdì la preghiera vespertina si prolungava con una veglia composta di salmi, letture ed orazioni che, di fatto, terminavano con una celebrazione eucaristica quando ormai spuntava l'aurora del sabato, il venerdì restava privo della celebrazione della Messa.
Comunque stiano le cose da un punto di vista storico, in pratica la Chiesa ambrosiana ha sempre gelosamente conservato questa particolarità della sua liturgia quaresimale.
A questo proposito si esprimeva l'allora arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini, con parole che ancora oggi conservano la loro attualità e la loro carica spirituale:
"La proibizione di celebrare la santa Messa e di distribuire la santa Comunione nei venerdì di Quaresima fa parte dell'estrema accentuazione del carattere penitenziale della Quaresima: si arriva alla coscienza dolorosa della propria indegnità ed all'esperienza, che sa di morte, della perdita del Dio vivo. La devozione di chi comprende il mistero del peccato e della croce deve arrivare a questa tremenda avvertenza, che rasenta il confine dello spavento e della dispersione".
A questa disciplina, che la Chiesa ambrosiana conserva fin dai tempi antichi, soggiace un profondo significato spirituale. I venerdì della Quaresima ambrosiana, infatti, richiamano più che mai alla meditazione del cristiano il mistero della morte di Cristo in croce, il dramma della Chiesa-Sposa che si ritrova desolatamente privata del suo sposo e Signore. E così l’assenza della celebrazione eucaristica (concretamente: il non poter fare la comunione), da un lato provoca un senso di vuoto e di mestizia, e dall’altro costringe a riflettere sull’essenziale; fa sperimentare, in un certo senso, che cosa significhi essere privati della presenza di Cristo strappato dalla morte alla sua Chiesa; aiuta, quasi pedagogicamente attraverso una specie di “digiuno” dall’eucaristia, a comprendere più profondamente il valore di questo sacramento alla luce del sacrificio di Cristo in croce.

I sabati e la preparazione dei catecumeni

La dimensione battesimale della Quaresima ambrosiana si è conservata non solo nelle domeniche, ma anche nella liturgia dei sabati. Fin dall’epoca di S. Ambrogio (e con ogni probabilità anche prima) nella Milano cristiana il sabato è sempre stato considerato in qualche modo ‘giorno festivo”, più vicino alla domenica che non agli altri giorni feriali, tanto che, a differenza di quanto avveniva a Roma e nel resto delle Chiese occidentali, nella Chiesa milanese il sabato era proibito digiunare, persino in Quaresima. In questo gli storici indicano una preziosa consonanza con le tradizioni liturgiche orientali e, più a monte, con quella ebraica. Proprio nei sabati di Quaresima, inoltre, fino al Medioevo si tenevano i cosiddetti “scrutinii”, particolari celebrazioni nelle quali i catecumeni si sottoponevano a puntuali verifiche nel loro cammino di preparazione al battesimo. Ancor oggi, durante i sabati quaresimali, vengono proclamate letture scelte per i loro riferimenti battesimali e che quindi completano quella catechesi che già le letture domenicali vanno delineando. Infine bisogna ricordare che l’ultimo sabato di Quaresima (quello precedente la domenica delle palme) ha conservato l’antico titolo di sabato “in traditione symboli”, perché in esso ai catecumeni veniva consegnato il “Credo”, simbolo della fede cristiana. - MARCO NAVONI Biblioteca Ambrosiana - [Innamorati di Maria]

 
 
 
 
 

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Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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