ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 09/03/2009

LA VERGINE AD AKITA RIVELA CIO' CHE NON E' STATO SPIEGATO DEL TERZO SEGRETO DI FATIMA

Post n°1621 pubblicato il 09 Marzo 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Le apparizioni di Akita, in Giappone, hanno per protagonista suor Agnese Katsuko Sasagawa, una religiosa dell’Ordine delle Serve dell’Eucarestia.
Il 12 giugno 1973, suor Agnese sente una voce (la religiosa è completamente sorda), e mentre prega vede una luce brillante provenire dal tabernacolo, questo fenomeno si verifica per diversi giorni.
Il 28 giugno, sulla sua mano sinistra appare una ferita a forma di croce, è molto dolorosa e le provoca una copiosa perdita di sangue.
Il 6 luglio, il giorno della prima apparizione, vede prima il suo angelo custode e poi sente una voce provenire dalla statua della Vergine Maria. Lo stesso giorno alcune delle sue consorelle notano del sangue uscire dalla mano destra della statua. Il sangue fuoriesce da una ferita a forma di croce identica a quella di suor Sasagawa. Di lì a poco suor Agnese riceve dalla Madonna un messaggio nel quale le viene chiesto di pregare per il Papa, i vescovi e i sacerdoti e in riparazione ai mali degli uomini.
Nella seconda apparizione, il 3 agosto, la Vergine dice tra l’altro a suor Agnese: "…Affinché il mondo possa conoscere la Sua ira, il Padre Celeste si sta preparando a infliggere un grande Castigo su tutta l’umanità…".
Il 13 Ottobre 1973, riceve l’ultimo e più importante messaggio nel quale la Madonna dà alcune importanti indicazioni sulla natura e sulle conseguenze del Castigo. Si tratterà di una punizione più grande del Diluvio (dei tempi di Noè) e avrà luogo per mezzo del fuoco dal Cielo che annienterà gran parte dell’umanità, buoni e cattivi, senza risparmiare né religiosi né fedeli. Inoltre la Santa Vergine parla delle divisioni, della corruzione e delle persecuzioni che interesseranno la Chiesa, ad opera del Maligno, in un futuro prossimo.
L’angelo che visitò la prima volta suor Agnese, ha continuato a parlarle per i 6 anni seguenti.
Il 4 gennaio 1975 la statua di legno dalla quale suor Agnese aveva udito provenire la voce della Vergine inizia a lacrimare. La statuetta ha pianto per 101 volte nel corso dei sei anni e 8 mesi successivi.
Una truppe televisiva giapponese, mentre realizzava un servizio sugli eventi di Akita, ha potuto filmare la statua della Madonna mentre piangeva. In diverse occasioni, la statua della Madonna, ha anche sudato profusamente e, secondo vari testimoni, il sudore emanava un dolce profumo. Sul palmo della mano destra è apparsa una ferita a forma di croce dalla quale stillava del sangue. Centinaia di persone sono state testimoni dirette di questi eventi prodigiosi.
Diverse indagini scientifiche sono state eseguite sul sangue e sulle lacrime prodotte dalla statua. Le analisi condotte dal professor Sagisaka della Facoltà di Medicina Legale dell’Università di Akita, hanno confermato che il sangue, le lacrime e il sudore erano veri e di origine umana. Erano di tre gruppi sanguigni: 0, B e AB.
Nel 1981, una donna coreana, la signora Chun, con un cancro al cervello in fase terminale ottenne una guarigione immediata mentre pregava davanti alla statuetta. Il miracolo venne confermato dal dottor Tong-Woo-Kim dell’ospedale St. Paul Hospital di Seul e da don Theisen presidente del Tribunale Ecclesiastico dell’Arcidiocesi di Seul. Il secondo miracolo fu la completa guarigione dalla totale sordità di suor Agnese Sasagawa.
Nell’aprile del 1984 monsignor John Shojiro Ito, vescovo di Niigata in Giappone, dopo un’ampia e approfondita investigazione durata diversi anni, dichiarò che gli avvenimenti di Akita sono da considerarsi di origine soprannaturale e autorizzò nell’intera diocesi la venerazione della Santa Madre di Akita. Il vescovo affermò: "Il messaggio di Akita è la continuazione del messaggio di Fatima".
Nel giugno del 1988 il Cardinale Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede presso la Santa Sede, espresse un giudizio definitivo sulla vicenda definendo gli eventi di Akita attendibili e degni di fede.

Messaggio del 13 ottobre 1973 (terza e ultima apparizione)
"Mia cara figlia, ascolta bene ciò che ho da dirti. Ne informerai il tuo superiore".
Dopo un attimo di silenzio la Madonna continua dicendo:
"Come ti ho detto, se gli uomini non si pentiranno e non miglioreranno se stessi, il Padre infliggerà un terribile castigo su tutta l’umanità. Sarà un castigo più grande del Diluvio, tale come non se ne è mai visto prima. Il fuoco cadrà dal cielo e spazzerà via una grande parte dell’umanità, i buoni come i cattivi, senza risparmiare né preti né fedeli. I sopravvissuti si troveranno così afflitti che invidieranno i morti. Le sole armi che vi resteranno sono il Rosario e il Segno lasciato da Mio Figlio. Recitate ogni giorno le preghiere del Rosario. Con il Rosario pregate per il Papa, i vescovi e i preti.
L’opera del diavolo si insinuerà anche nella Chiesa in una maniera tale che si vedranno cardinali opporsi ad altri cardinali, vescovi contro vescovi. I sacerdoti che mi venerano saranno disprezzati e ostacolati dai loro confratelli…chiese ed altari saccheggiati; la Chiesa sarà piena di coloro che accettano compromessi e il Demonio spingerà molti sacerdoti e anime consacrate a lasciare il servizio del Signore. Il demonio sarà implacabile specialmente contro le anime consacrate a Dio. Il pensiero della perdita di tante anime è la causa della mia tristezza. Se i peccati aumenteranno in numero e gravità, non ci sarà perdono per loro.
Con coraggio, parla al tuo superiore. Egli saprà come incoraggiare ognuna di voi a pregare e a realizzare il vostro compito di riparazione. E’ il vescovo Ito, che dirige la vostra comunità".
E dopo aver sorriso aggiunge:
"Hai ancora qualcosa da chiedere? Oggi sarà l’ultima volta che io ti parlerò in viva voce. Da questo momento in poi obbedirai a colui che ti è stato inviato e al tuo superiore.
Prega molto le preghiere del Rosario. Solo io posso ancora salvarvi dalle calamità che si approssimano. Coloro che avranno fiducia in me saranno salvati".

 
 
 

COSA C'E' DIETRO IL RITORNO DELLA MESSA IN LATINO

Post n°1620 pubblicato il 09 Marzo 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Cosa c’è dietro la storica decisione di Benedetto XVI di restituire alla Chiesa il suo tradizionale rito millenario? E’ una scelta di portata epocale, contro la quale il papa ha subito pressioni pesanti da vescovi progressisti (pochi giorni fa Enzo Bianchi, con sicumera, annunciava alla Stampa: “Ratzinger non lo farà”. In effetti il Motu proprio è di Benedetto XVI). La scelta era già stata prefigurata e legittimata da Giovanni Paolo II con i primi passi degli anni Ottanta. E proprio nello stretto rapporto fra questi due papi bisogna indagare per capire. Bisogna scoprire i retroscena degli ultimi mesi di pontificato di papa Wojtyla. L’8 gennaio 2005, sentendo ormai avvicinarsi la fine, Giovanni Paolo II, durante un pranzo con alcuni prelati di Curia (Herranz, Castrillon Hoyos, Lopez Trujillo e lo stesso Ratzinger), esprime la sua preferenza, come successore, proprio per il suo braccio destro bavarese. Vede in lui non solo l’amico fedele e prezioso (anche per le valutazioni critiche da lui espresse), ma l’unico che può tentare di riportare la barca di Pietro fuori dalla tempesta del post Concilio.
Un segreto da svelare
Il mese successivo, il 13 febbraio, muore a Coimbra suor Lucia, l’ultima veggente di Fatima, la depositaria del messaggio profetico della Madonna sui nostri anni, messaggio che – secondo Giovanni Paolo II – va accostato addirittura alle profezie bibliche, il cui valore non è affatto “facoltativo” riconoscere se lo stesso papa Wojtyla affermò solennemente che bisogna “ascoltare il comando che fu dato (a Fatima, ndr) da Nostra Madre, preoccupata per i suoi figli. Ora questi comandi sono più importanti e vitali che mai”. Anzi, disse il Papa, “l’appello fatto da Maria, nostra Madre, a Fatima è più attuale di allora e persino più urgente… fa sì che tutta la Chiesa si senta obbligata a rispondere alle richieste di Nostra Signora. Il Messaggio impone un impegno su di essa”. Espressioni decisamente gravi, che impediscono di declassare il “segreto” a semplice e non-vincolante materia per appassionati. E fanno capire perché, per 40 anni, senza che ciò trapelasse, dentro le mura vaticane quel messaggio è stato un’autentica ossessione, oggetto di mille riunioni, timori e inquiete considerazioni. Ebbene, la morte di suor Lucia nel febbraio 2005 pone a papa Wojtyla un problema di coscienza. Suor Lucia infatti aveva consegnato alle autorità ecclesiastiche il testo del “terzo segreto” nel 1944 esigendo da loro l’impegno a rivelarlo nel 1960 (secondo quanto le aveva detto la Madonna) o al momento della sua morte. Nel 1960 non fu rivelato per decisione di Giovanni XXIII che – atterrito dal suo contenuto – espresse il dubbio se fosse di origine soprannaturale o un pensiero di suor Lucia. Contiene, per quanto si è capito, una profezia sull’apostasia nella Chiesa e, collegata, un’altra profezia agghiacciante sul mondo, come il papa svelò a Fulda. In un recente colloquio monsignor Capovilla – che da segretario di Giovanni XXIII ha conosciuto quel testo – ci ha confidato che lì la suora (perché lui non lo attribuisce alla Madonna, ma alla veggente) avrebbe “scritto le sue riflessioni sul vescovo vestito di bianco”.
Un commento alla visione? O sulla strana e ambigua espressione “vescovo vestito di bianco”? Quando Giovanni Paolo II si recò a Fatima nel 1982 suor Lucia tornò a chiedergli la pubblicazione del Terzo Segreto e il papa le rispose di no perché “potrebbe essere male interpretato”. Evidentemente una simile espressione si riferiva a qualcosa che imbarazzava la Chiesa, come poi confermarono la parole di Ratzinger del 1996 sui “dettagli” di quel testo che potevano nuocere.
Nel 2000 fu svelata la parte della visione, come si è detto, ma non quelle impressionanti parole pronunciate dalla Madonna di cui conosciamo l’incipit che suor Lucia aveva già rivelato (“In Portogallo si conserverà sempre il dogma della fede ecc”). Alla morte di Lucia il papa si sentì in dovere di tener fede all’impegno assunto con la veggente che quel 13 maggio 2000, davanti alle telecamere di tutto il mondo, gli consegnò una lettera il cui contenuto resta tuttora misterioso (come molti suoi scritti e memorie segretati). Ma come rendere nota quella parte del terzo segreto che ha atterrito tutti i papi che l’hanno letta? Questo era il problema.
Indiscrezioni vaticane
Da notizie riservate in nostro possesso, confermate da tre autorevoli fonti vaticane, risulta che papa Wojtyla e il cardinale Ratzinger decisero di tener fede all’impegno rivelando quel contenuto in una forma velata, cioè nei contenuti essenziali, ma senza dichiararne la fonte. L’occasione scelta fu la Via Crucis del venerdì santo che nel 2005 cadeva il 25 marzo. Fu infatti una Via Crucis molto insolita non solo perché, stranamente, a scriverne il testo fu il card. Ratzinger, ma anche perché segnò il passaggio di consegne fra papa Wojtyla (che sarebbe morto una settimana dopo) e lo stesso prelato. Sicuramente quel drammatico testo fu scritto o riveduto a quattro mani, una sorta di testamento comune dei due pastori. I passaggi che fecero più impressione furono proprio quelli dov’era racchiuso il “quarto segreto”. Fin dalla prima stazione c’è un riferimento penitenziale all’infedeltà di Pietro: “Quante volte abbiamo, anche noi, preferito il successo alla verità, la nostra reputazione alla giustizia. Dona forza, nella nostra vita, alla voce sottile della coscienza, alla tua voce. Guardami come hai guardato Pietro dopo il rinnegamento”. Quindi viene “alla storia più recente”, a riconoscere “come la cristianità, stancatasi della fede, abbia abbandonato il Signore”. Denuncia “il potere delle ideologie, intessute di menzogne” che “hanno costruito un nuovo paganesimo” e per eliminare Dio, hanno eliminato l’uomo. Ma, aggiungono i due autori, “non dobbiamo pensare anche a quanto Cristo debba soffrire nella sua stessa Chiesa? A quante volte si abusa del santo sacramento della sua presenza, in quale vuoto e cattiveria del cuore spesso egli entra! Quante volte celebriamo soltanto noi stessi senza neanche renderci conto di lui! Quante volte la sua Parola viene distorta e abusata! Quanta poca fede c’è in tante teorie, quante parole vuote! Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui!... Il tradimento dei discepoli, la ricezione indegna del suo Corpo e del suo Sangue, è certamente il più grande dolore del Redentore”. E ancora: “Signore, spesso la tua Chiesa ci sembra una barca che sta per affondare, una barca che fa acqua da tutte le parti… Con la nostra caduta ti trasciniamo a terra e Satana se la ride, perché spera che non riuscirai più a rialzarti. Tu però ti rialzerai”.
Il senso del Motu proprio
Come si deduce anche da queste parole, qualcosa di grave dev’esserci, nel messaggio di Fatima, che si riferisce alla liturgia e alla crisi del clero (a migliaia lasciarono l’abito dopo il Concilio). Non è un caso se il cardinal Ratzinger – sempre molto misurato – sul colpo di mano della riforma liturgica del 1969 è stato durissimo: “Sono convinto che la crisi ecclesiale in cui oggi ci troviamo dipende in gran parte dal crollo della liturgia, che talvolta viene addirittura concepita ‘etsi Deus non daretur’: come se in essa non importasse più se Dio c’è e se ci parla e ci ascolta. Ma se nella liturgia non appare più la comunione della fede, l’unità universale della Chiesa e della sua storia, il mistero di Cristo vivente, dov’è che la Chiesa appare ancora nella sua sostanza spirituale?”. Dunque l’attuale Motu proprio rappresenta un grande tentativo di riparazione e un grido di aiuto al Cielo. I due autori della Via Crucis del 2005, confessavano che “proprio in quest’ora della storia viviamo nell’oscurità di Dio” e poi citavano quello stesso apocalittico versetto del Vangelo di Luca che citò Paolo VI in riferimento al nostro tempo, laddove Gesù si chiede: “Ma il Figlio dell’Uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?”. Il testo della Via Crucis faceva un chiaro riferimento alle parole della Madonna a Fatima (“Alla fine il Mio Cuore Immacolato trionferà”). Infatti sotto la croce “i discepoli sono fuggiti, ella non fugge. Ella sta lì, con il coraggio della madre, con la fedeltà della madre, con la bontà della madre e con la sua fede che resiste nell’oscurità… Sì, in questo momento Gesù lo sa: troverà la fede”. C’è l’eco delle parole che la Madonna disse a S. Caterina Labouré nel 1830 parlando del nostro tempo: “Il momento verrà, il pericolo sarà grande, si crederà tutto perduto. Allora io sarò con voi”. Come si vede la successione fra i due pontefici avviene nel segno di Fatima. Lo fa pensare anche l’inquietante frase pronunciata dal nuovo papa nella messa di insediamento, il 24 aprile 2005 (“pregate per me, perché io non fugga per paura davanti ai lupi”) che ricorda il papa martirizzato del terzo segreto. - di Antonio Socci e Solideo Paolini - oratoriodonbosco -

 
 
 

UN CARDINALE NELLE TENEBRE E UNA FEDE A RISCHIO

Post n°1619 pubblicato il 09 Marzo 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Come nell’intervista al settimanale L’Espresso dell’aprile 2006, anche nel suo ultimo libro Conversazioni notturne (2008), il card. Martini rivela abilmente il suo profondo dissenso dal Magistero ecclesiale e dalla Tradizione cattolica. Dietro belle parole, in modo paternalistico e morbido, Martini auspica di fatto una Chiesa totalmente “nuova” in cui regni il libero esame di Martin Lutero. Questo soggettivismo investe tutto il pensiero martiniano e se applicato coerentemente alla teologia e alla vita etica conduce alla perdita della vera fede cattolica. Su contraccezione, omosessualità, ordinazione sacerdotale delle donne, Martini si sbilancia e svela il suo dissenso dalla Chiesa Romana. Nel clero italiano ci sono molti “martiniani”...
Da molti anni circolano “voci” secondo cui il cardinale Carlo Maria Martini, gesuita, celebre biblista, sarebbe l’anima (o almeno uno degli esponenti di spicco) del movimento neo-progressista serpeggiante nella Chiesa italiana, con forti agganci presso altri ambienti “liberali” teologici ed ecclesiali europei e non.
Ora abbiamo una prova lampante del progressismo del cardinal Martini ed è il suo recentissimo libro, scritto “a quattro mani” con padre Georg Sporschill, SJ, intitolato Conversazioni notturne a Gerusalemme. Sul rischio della fede, edito da Mondadori (2008).
In quel libro-intervista, il cardinale Martini mostra in modo più chiaro (sia pure con scaltrezza) il suo progressismo teologico. Le idee di Martini costituiscono, in un certo senso, la magna charta del neo-«modernismo» teologico che, da 40 anni a questa parte, sta imperversando in larghi settori ecclesiali, anche a causa di un errato intendimento dello spirito del Concilio Vaticano II.
Martini auspica «una Chiesa coraggiosa e degna di fede», una Chiesa aperta ai giovani e che guardi lontano...
Dopo aver letto l’intero libro, indichiamo le note della “fede coraggiosa” proposta da Martini. Eccole: esistenzialistica, problematica, biblicistica (il sola Scriptura di Lutero), fiduciale (Martini elogia apertamente Martin Lutero e biblisti protestanti), giovanilistica (cioè, troppo dipendente ed indulgente verso mentalità e passioni mondane dei giovani), “aperta” al mondo secolarizzato, “libera” dall’insegnamento morale del Magistero della Chiesa (es. circa: rapporti prematrimoniali, contraccezione, omosessualità), ecumenistica (favorevole all’ordinazione in sacris delle donne). Dogmi, Magistero, Tradizione della Chiesa, vita di grazia, Sacramenti, devozione e quant’altro di “tradizionale” (o “pre-conciliare”, come direbbero in tanti) non trovano spazio vitale e manifesto nella fede-morale-pastorale “aperta e coraggiosa” dei gesuiti Martini-Sporschill. Certo, Martini scrive anche di esercizi ignaziani, orazione, meditazione, esame di coscienza, pentimento dei propri peccati, ecc., cose che tuttavia, nel quadro globale del pensiero martiniano, rischiano di deviare verso un intimismo soggettivista.
Parlare ai giovani e agli uomini del mondo d’oggi, di peccato, ascesi, devozione, grazia... non ha senso nell’ottica martiniana; anzi, bisognerebbe evitare – secondo Martini – di moraleggiare, giudicare, dogmatizzare... Martini è apertamente ostile alla Enciclica Humanæ Vitæ di Paolo VI in cui è dichiarata l’illiceità della contraccezione in tutte le sue forme. Martini sa ostentare la sua “modernità” con parole e atteggiamenti “morbidi”, accattivanti, paternalistici, giovanilistici, indulgenti... Nonostante ciò, scoraggiamento, delusione, fiducia (protestantica) aleggiano nelle Conversazioni notturne di Martini.
Secondo Martini Dio non è cattolico poiché è al di là dei limiti e delle definizioni che noi stabiliamo. Per proteggere l’«immensità» di Dio, l’unico modo migliore proposto dal Porporato gesuita è sempre la Bibbia.
Concili, dogmi, Magistero... non c’è spazio per tutto ciò. Per Martini (come già per Lutero) conta sola Scriptura. A questo punto potremmo dire che anche Martini (conforme all’immagine del suo Dio) non è cattolico ed è al di là delle definizioni dogmatiche...
Secondo Martini è certo che Gesù aiuterà «tutte le Chiese, tutte le religioni» a «realizzare il bene nel mondo» e a renderlo «più luminoso». Ma, allora, tutte le religioni avrebbero una missione divina? In tal caso, che senso avrebbe ancora l’evangelizzazione?
Martini vede nel «buddhismo» e nello «yoga» possibili «meravigliosi aiuti per una vita spirituale profonda»...
Martini condivide la linea di dissenso dei vescovi austriaci e tedeschi (e di molti altri vescovi) contro l’Humanæ Vitæ.
In fatto di etica sessuale, evitare i divieti...
Sul tema omosessualità, Martini mostra maggior scaltrezza ma non minor dissenso dalle posizioni del Magistero.
Condannare l’omosessualità in quanto tale, sarebbe per Martini una tesi generale da non difendere...
Il cardinale Martini sostiene che la condanna biblica dell’omosessualità è motivata dalla tutela per la famiglia per la donna e per i figli. Che scaltro Martini! In realtà, Bibbia, Tradizione e Magistero della Chiesa Cattolica insegnano che la condanna dell’omosessualità non è motivata semplicemente dalla tutela della famiglia, bensì dall’intrinseca e grave empietà della stessa omosessualità.
Sul tema del celibato sacerdotale, Martini si mostra aperto ad un eventuale matrimonio per preti...
Martini si mostra favorevole all’ordinazione in sacris delle donne (diaconato, sacerdozio). Lui stesso dichiara che su questo punto, negli anni ’90, incoraggiò l’allora primate della Chiesa d’Inghilterra, il Dr. George L. Carey. Il cardinale Martini fa capire che la riforma della Chiesa dovrebbe avvenire nella direzione luterana. Elogia (l’eretico) Martin Lutero e i biblisti protestanti...Secondo Martini bisogna liberare la pratica del Sacramento della Confessione «dai pesanti fardelli del passato» (moralismi e divieti)... Martini fa intravedere, insomma, un’amministrazione a buon mercato della Confessione, con assoluzione anche per coloro che, tutto sommato, vogliono continuare ad avere rapporti: pre-matrimoniali, contraccettivi, omosessuali...Purtroppo, nonostante le loro ottime intenzioni, dobbiamo constatare che, oggettivamente, il duo Martini-Sporschill sia rimasto nell’oscurità... Le loro riflessioni non proteggono affatto i cattolici dal rischio di perdere la Fede, anzi, al contrario, suppongono e favoriscono tale perdita...
Il cardinal Martini dice che vuole «pregare per la Chiesa»... Ma farà ancor meglio la Chiesa a pregare per il cardinal Martini. - di  M. Piesse - settimanaleppio - 

 
 
 

L'INCUBO DI ESSERE DONNE IN ARABIA SAUDITA QUANDO SI FINISCE NEL MIRINO DELLA "POLIZIA RELIGIOSA"

Post n°1618 pubblicato il 09 Marzo 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

«Quando ho visitato le carceri femminili saudite per la prima volta era il 2004. Volevo scrivere un’inchiesta giornalistica sulle donne che erano finite in carcere per colpa di un “uomo”. (…) Chiesi tutte le autorizzazioni necessarie per potere raccogliere le dichiarazioni. Devo ammettere che l’amministrazione è stata molto collaborativa se si considera che la maggior parte dei giornalisti del mondo arabo non può entrare nelle prigioni né incontrare i carcerati. In Arabia Saudita le porte sono aperte, ma bisogna avere enorme coraggio a rendere note le dichiarazioni raccolte all’opinione pubblica». Sono parole di Samar al Mogren, scrittrice e giornalista saudita, balzata all’onore delle cronache per avere pubblicato il romanzo Donne del peccato (Saqi, Beirut 2008), che parla della condizione e delle storie di vita delle donne nelle carceri saudite. L’indice di Samar è puntato contro la Commissione per la promozione della virtù e la proibizione del peccato, un’istituzione nata nel 1926 composta di circa diecimila membri che agiscono come una “polizia religiosa”. Diecimila agenti che controllano che i precetti dell’islam integralista wahabita siano rispettati nel Regno.
Samar al Mogren, che cosa l’ha maggiormente colpita nei suoi incontri con le carcerate saudite?
Ho incontrato donne accusate di oltraggio ai costumi e che non erano in carcere per la prima volta. Alcune mi hanno confessato di trovarsi in carcere per la sesta, la settima, addirittura la decima volta. La prima volta si era trattato magari di una detenzione per un motivo banale, che in molti casi non aveva determinato alcuna condanna: si era trattato di qualche giorno in cella, cui aveva fatto seguito il rilascio. Tuttavia quei poche ore trascorse dietro le sbarre avevano cambiato la loro vita. In modo particolare se erano state arrestate dalla polizia religiosa (ovvero dalla Commissione per la promozione della virtù e la proibizione del peccato), poiché il suo compito non si limita semplicemente a condurre le donne in carcere, ma anche a pedinarle, a contattare il loro posto di lavoro o di studio con lo scopo di escluderle dalla società. Ho scoperto addirittura che la donna accusata di omicidio ritornava al proprio lavoro dopo essere uscita dal carcere, al contrario di quella accusata di oltraggio alla morale. Perché mai? Mi fu spiegato che la donna omicida non viene arrestata dalla polizia religiosa, ma dagli organi preposti alla sicurezza, che non si intromettono in altre questioni e soprattutto non mirano ad annientare l’accusata come invece fa la polizia religiosa. Dopo essere stata arrestata da quest’ultima la donna è un essere distrutto sotto vari punti di vista.
Che cosa ci può dire delle carceri femminili saudite?
Ebbene, sono luoghi che non auguro nemmeno al mio peggior nemico. Sono i luoghi del dolore estremo. Nelle carceri di Riad ci sono responsabili e direttrici che trattano con clemenza le donne. L’ho riscontrato con i miei occhi e mi è stato confermato da donne che una volta liberate non ho più incontrato.
Il suo romanzo, Donne del peccato, è ispirato a una storia vera? È vero che una volta lei è stata fermata con il suo figlio più piccolo per strada con l’accusata di passeggiare in compagnia di un uomo?
Donne del peccato trae spunto dalle esperienze vissute dalle donne che ho incontrato. Il romanzo è la conseguenza di un’inchiesta giornalistica. Come ho scritto sul mio sito personale, «ho visitato le carceri femminili e i racconti che ho ascoltato mi hanno uccisa. Mi hanno penetrata al punto tale che non sarò più la stessa». L’evento che ha coinvolto mio figlio ha avuto luogo tre anni fa, per la precisione dopo la mia comparsa sul canale satellitare al Hurra nel programma al Majlis, durante il quale avevo appunto raccontato la situazione delle donne saudite incarcerate per via della polizia religiosa. Da quel momento avevo iniziato a subire violenti attacchi da parte dei membri di questa istituzione. Avevano preso a sorvegliarmi, pedinarmi per strada, quando uscivo dal lavoro. Quel giorno dovevo seguire una manifestazione che si teneva in collaborazione con l’ambasciata olandese a Riad. Dovevo intervistare il responsabile e mi sono trovata a subire un attacco brutale da parte della polizia religiosa in una sala pubblica in cui si trovavano più di cento persone, uomini e donne. Ero accompagnata da mio figlio, che ancora oggi porta le conseguenze psicologiche dell’episodio. Entrambi abbiamo trascorso la notte in osservazione all’ospedale, in stato di choc. Ho i certificati medici che attestano quanto ho appena affermato. Ho anche una fotografia che mi ritrae durante l’intervista e che attesta che ero vestita in modo islamicamente corretto.
Lei ha affermato che dietro molti arresti di donne saudite si cela la Commissione per la promozione della virtù e la proibizione del peccato. Questa istituzione colpisce solo le donne? Come opera?
Non colpiscono solo le donne, attaccano uomini e donne deboli per via delle loro idee ritenute ingiuste e errate. Operano in una maniera semplice che non è conforme ad alcuna legge specifica. Sono loro che stabiliscono che cos’è il male, ad esempio i capelli che fuoriescono dal velo per strada. Pedinano le donne, chiedono loro di coprirsi i capelli e talvolta il viso.
A parte lei, qualcuno sta combattendo questa istituzione?
Sì, un gruppo di intellettuali e giornalisti sta chiedendo l’eliminazione di questo organismo e chiedono a chi vi lavora di trovarsi un lavoro degno di questo nome.
Non ha paura delle conseguenze delle sue opere? Che lei scriva per un quotidiano kuwaitiano è dovuto al fatto che nel suo paese, l’Arabia Saudita, non le permettono di scrivere?
Scrivo per il giornale, Awan, che non è una testata politica. Collaboro con un quotidiano kuwaitiano perché sono ostacolata nel mio paese. La battaglia contro di me è quella contro il mio essere donna. In Arabia Saudita si teme la donna “potente”, di successo. La paura, però, io l’ho superata da molto tempo. Comunque chi è latore di un messaggio forte e nobile deve avere anche coraggio.
È mai stata minacciata?
Non voglio sfruttare questi fatti per mettermi in mostra come un’eroina, ma… sì, ho ricevuto minacce tramite e-mail e sms. Ma non ci faccio caso.
Qualcosa, anche grazie a lei, lentamente cambia. Di recente all’Istruzione femminile è stata nominata la prima donna ministro saudita ed è stato allontanato Ibrahim al Ghaith, presidente della “polizia religiosa”. Come vede il futuro delle donne saudite?
Ho fiducia. Il cambiamento verrà, la vita migliorerà. Bisogna continuare a sperare. - Tempi -

 
 
 

DIO HA CREATO I DESERTI AFFINCHE' GLI UOMINI POSSANO CONOSCERE LA LORO ANIMA

Post n°1617 pubblicato il 09 Marzo 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Ogni anno ci ritroviamo a vivere questo tempo di Quaresima, tempo di conversione e di pentimento. Sembra quasi che questo tempo si debba vivere solo in questo periodo e che il resto dell’anno tutto possa scorrere senza ripensamenti. Eppure ogni giorno il Signore ci chiede di convertici, tutti i giorni della nostra vita ci chiede il pentimento dei nostri peccati. Ma sappiamo riconoscere il peccato? Sappiamo fare un cammino di vera conversione? Sembrerebbe di no, visto che la Chiesa tutti gli anni deve proporci questa tappa: LA QUARESIMA. Ogni anno ci ritroviamo ad attraversare il deserto, ma lo facciamo con la piena convinzione di cambiare (conversione non vuol dire altro che cambiare, tornare sui propri passi)? Prendiamo decisioni che ci portano al cambiamento? Cosa è necessario fare in questo tempo offerto a tutti?
Per prima cosa ci viene proposto il deserto: Gesù una volta che riceve il battesimo da Giovanni il Battista, viene sospinto dallo Spirito nel deserto. Siamo capaci di seguire Gesù nel deserto?

Cos'è questo deserto che ci viene proposto.

Il deserto è, nella realtà, un luogo dove non c’è altro che sabbia e cielo: una grande distesa di sabbia, dove tutto è ostile all’uomo. Caldo asfissiante, mancanza di acqua e di cibo, solitudine assoluta. Nel deserto si diventa facile preda delle tentazioni, dei miraggi … allora perché Gesù ci spinge nel deserto? Lui stesso va nel deserto, si sottopone alle tentazioni e le vince. Risponde al tentatore: “Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”. Dice così non perché l’uomo non debba nutrirsi del pane, gli occorre per la vita; ma ci ricorda che l’essenziale non è il pane ma Dio, l’essenziale non è la vita terrena ma quella eterna. Allora se decidiamo di recarci nel deserto dobbiamo essere convinti di ritrovare l’essenzialità della vita: dobbiamo deciderci a lasciare non solo il superfluo ma, delle volte, anche il necessario se vogliamo seguire Cristo, se davvero vogliamo compiere un cammino di conversione. Nel deserto si va con poche cose, si sta soli con se stessi: la solitudine occorre per trovare ed ascoltare Dio. Gesù prima di iniziare la missione affidatagli dal Padre, si reca nel deserto per istruirsi, per comprendere il progetto del Padre. Quante volte noi partiamo, decidiamo i nostri progetti senza interpellare il Padre, senza ascoltare la Sua Voce. Per poi lamentarci con Lui se le cose non vanno come speravamo!

Gesù è sempre in ascolto, è Maestro di ascolto.

Prima di pronunciare un discorso, prima di operare un miracolo: fa deserto, si allontana, si stacca da tutto e da tutti per entrare in intima relazione con il Padre. Solo così sa cosa fare, cosa è bene non solo per Lui ma anche per i fratelli. Andare nel deserto è quindi necessario, indispensabile per il cristiano che vuole fare esperienza di Dio, che vuole incamminarsi seguendo le orme di Cristo. Niente paura, perché se nel deserto ci sono le fiere feroci, ci sono anche gli angeli che corrono in soccorso, che si mettono al nostro servizio. Nutrimento nel deserto la Parola di Dio, che sostiene, illumina e guida il cuore dell’uomo. Andare nel deserto comporta però accettare anche di essere luce e sale per i fratelli. Uscire dal deserto dopo aver ascoltato la Parola di Dio è come scendere dal monte Tabor dopo aver assistito alla trasfigurazione di Gesù.
L’esperienza va poi comunicata: chi incontra Cristo nella sua vita, chi sperimenta le Sue Parole, non può tenerle tutte per sé, ecco la missione. Gesù ti manda ad annunciare la Buona Novella, non con le parole ma con la tua vita. Niente convince di più di una vita che risplende di Vangelo, che risplende di coerenza, di buoni principi. Non sbattuti in faccia, ma annunciati con molta pazienza e cortesia. Offrendo sempre un abbraccio misericordioso, un volto gioioso che non accusa ma che comprende e perdona tutto con la stessa carità di Cristo. Sembra una cosa impossibile ma a Dio, che opera nei suoi figli, nulla è impossibile se lo lasciamo fare.
Spesso tutto questo costerà sofferenza, derisione, incomprensione: nei momenti di scoramento, di delusione, di tristezza guardate Lui, il crocifisso. Cristo che si è umiliato, facendosi uomo. Che si è abbassato pur essendo il Figlio di Dio, non considerando un tesoro geloso la Sua uguaglianza con Dio. Ma anzi spogliò se stesso assumendo la condizione di servo. Arrivò a farsi crocifiggere per riscattare l’uomo, per ottenergli la vita eterna. Nella sconfitta Gesù trae la vittoria, ciò che agli occhi del mondo appare una perdita è per Lui un guadagno: anche per noi la sconfitta diviene vittoria. Per giungere alla conversione, alla sconfitta del peccato bisogna passare necessariamente dal Calvario: ripercorrere la stessa strada di Gesù, mettere i nostri piedi sulle orme che Lui ha lasciato sul sentiero.
Sicuramente accettare la sofferenza non è facile: nessuno vuole soffrire! Tutti noi cerchiamo vie alternative per giungere alla meta: ma è inutile! Cristo non poteva forse trovare un’altra via per riscattarci? Una via più facile, meno dolorosa? Eppure ha scelto di dare la vita per i suoi amici, perché non c’è amore più grande di questo!
Quindi guardando alla sua Croce, portandola con Lui il giogo diventa leggero e soave; il cammino si fa più agevole e comodo. Cristo infatti dice di andare a Lui quando si è affaticati e stanchi. In questa quaresima cerchiamo di fare tesoro della Parola di Dio. Ritagliamoci dei momenti di deserto, allontaniamoci da tutto e da tutti, per riprendere il vigore, per ristorarci, e soprattutto per ascoltare la voce di Dio. Solo così possiamo tornare alla vita di tutti giorni con la consapevolezza di essere figli di Dio, costruttori del Regno di Dio. Solo così possiamo essere testimoni dell’amore di Dio, di quel amore che sa come donarsi ai fratelli senza ripensamenti o tornaconti personali.
Sia per tutti una quaresima che porti frutti di conversione duraturi, che siano un cambiamento radicale del nostro modo di vedere e sentire la fede, di vivere il cristianesimo. Non lasciamoci prendere dall’emozione del momento, da quel sentimento superficiale di commozione che non arriva fino alla profondità del nostro essere e che una volta passata, non si ricorda più. Ma sia un dardo che ferisca il cuore, che porti tutto il nostro essere a comprendere e toccare con mano il costato di Cristo risorto. Così da gridare con gli apostoli: “E’ risorto come aveva promesso!” - pastoralespiritualità -

 
 
 

CAMMINO DI CONVERSIONE PER OGNI STAGIONE DELLA VITA: QUARESIMA - SECONDA PARTE

Post n°1616 pubblicato il 09 Marzo 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

L’asino giocherellone

Il problema è che l’anima non può salvarsi da sola, ma per farlo ha bisogno della collaborazione del corpo. E qui casca l’asino. L’anima, e cioè la ragione deve guidare il corpo, ma il corpo coi suoi istinti che non capiscono ragione vuol comandare lui e, appena può, s’impunta, e si ribella. E se l’anima non è forte e decisa è lui a vincere.
Mi viene in mente la storia del ragazzino e del asinello, una storia vera d’altri tempi. Il ragazzino ci giocava continuamente con l’asinello e questi sembrava si divertisse pure lui. Le cose però cambiavano se c’era di mezzo il lavoro. In autunno il nonno usava l’asinello per portare la legna al paese. Ora tutto andava bene se era il nonno ad accompagnarlo. Quando invece toccava al ragazzino, a metà strada l’asinello si fermava e si buttava per terra. Voleva giocare. Il ragazzo gridava, piangeva gli dava pure delle frustate, ma l’asino forse le considerava carezze e non si alzava fin quando per caso, sul sentiero non sopraggiungeva una persona adulta. Allora, mogio mogio, riprendeva il suo cammino. Gli istinti sono forze cieche e pericolose che vanno imbrigliate. Se stai al loro gioco e ti diverti con loro, una cosa è certa: tu dici “good by!” alla tua anima.

Di poco inferiore agli angeli

Per non perdersi, l’anima, richiede la collaborazione del corpo, una collaborazione totale e assoluta, dove il corpo serve fedelmente le esigenze spirituali dell’anima. Il corpo è come lo strumento musicale e l’anima il musicista. Il corpo fornisce all’anima le senzazioni e questa, tramite l’intelligenza e la volontà vi costruisce su una rete di rapporti con quanto è vero, bello, giusto e buono. La vita umana, frutto della collaborazione fra corpo e anima, diventa così una sinfonia di bellezza e di amore, il punto d’incontro fra la materia e lo spirito, il capolavoro di Dio. Non per nulla il salmo 8 parlando della grandezza dell’uomo esclama “Signore: L’hai fatto di poco inferiore agli angeli”. Naturalmente questa cooperazione è sudata. Al corpo basterebbe soddisfare gli istinti animali che porta in sè: quella che una volta chiavano l’arte di Michelaccio, “Mangiare, bere, dormire ed andare a spasso”. Pancia mia fatti capanna. E' il trionfo della bestia. Segna il massimo degrado del corpo. Come quell’uomo della foresta che aveva trovato una chitarra e se ne serviva per attingere acqua dal fiume. Il corpo serve a ben altro. Quasi mille anni fa, il più grande poeta italiano, Dante Alighieri, scrisse: “Fatti non foste per viver come bruti, ma per seguir virtude e conoscenza”. E aveva ragione.

Sempre a galla

Ormai è un ritornello: “Che serve, se guadagni tutto il mondo e poi perdi l’anima?”
Son parole dure che possono anche mettere in crisi perché il mestiere di essere uomo è difficile. Gli animali sono guidati dall’istinto e vanno avanti ripetendo sempre le stesse cose senza problemi di coscienza. Così, senza cambiare o migliorare la loro tecnica, da sempre, il gatto mangia il topo ed il lupo sbrana la pecora, e poi, con la pancia piena, si fanno un tranquillo sonnellino. L’uomo invece non ci riesce. Inventa in continuazione situazioni nuove di sfruttamento e di soddisfacimento, ma non ne ha mai basta e non è mai tranquillo. La coscienza, come un invisile baco, continua a roderti dentro: perché ti comporti così? In certi momenti preferiresti addirittura essere un animale, senza preoccupazioni e pensieri, ma non ti riesce di abolire la ragione, non riesci a spegnere la luce della tua intelligenza. Ci hai provato col vino, con i vizi, con il sesso, con la droga, ma l’anima non si lascia azzerare. Nei momenti di lucidità ti riprendono i dubbi ed i magoni, senti che hai bisogno di qualcosa di diverso, di più alto, di una boccata di aria pura. Quando tu pensi di averla uccisa, l’anima torna a galla, e ti ricorda che sei uomo, e che la vita delle bestie non fa per te. Così incomincia il disgelo quaresimale, il ritorno della primavera dello spirito, e per chi lo vuole veramente, e arranca contro vento arriva anche la Pasqua, il giorno dell’uomo nuovo. - del Prof. Luigi Pautasso di Radio Maria Canada

 
 
 

I BAMBINI DIMENTICATI NELLA LOTTA ALL'HIV/AIDS

Post n°1615 pubblicato il 09 Marzo 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

La Caritas sta lanciando la campagna globale “HAART for Children: Greater Access to Pediatric HIV and TB testing and treatment”, chiedendo ai Governi e alle compagnie farmaceutiche di sviluppare le cure per l'Hiv/Aids e la tubercolosi che potrebbero salvare ogni giorno la vita di 800 bambini affetti da queste malattie. HAART è l'acronimo di Highly Active Anti-Retroviral Therapy, cioè Terapia Antiretrovirale Altamente Attiva, definizione con cui si indicano i regimi curativi per contenere la proliferazione virale e rallentare lo sviluppo dell'Hiv. I bambini dei Paesi poveri non hanno accesso ai medicinali che permetterebbero loro di vivere più a lungo e in modo più sano. Spesso non riescono ad accedere a test accurati se non quando è troppo tardi. La maggior parte dei bambini che muoiono ogni anno non avrebbe neanche contratto l'Hiv se la madre fosse stata curata. Per questo motivo, la Caritas esorta i giovani di tutto il mondo a scrivere ai Governi e alle compagnie farmaceutiche attraverso risorse disponibili sul suo sito web. I Governi e le compagnie giocano un ruolo di primo piano per l'accesso alle cure da parte dei bambini. La Caritas vuole che sviluppino medicinali per affrontare l'Hiv e la tubercolosi nei bambini, aumentare la prevenzione della trasmissione materno-filiale ed eliminare le barriere che escludono donne e bambini dalla diagnosi e dalle cure. Il delegato di Caritas Internationalis presso le Nazioni Unite a Ginevra, Francesca Merico, ha affermato che “senza cure adeguate un terzo dei bambini nati con l'Hiv morirà prima del primo compleanno, e metà prima di aver compiuto due anni”. “Le cure antiretrovirali pediatriche per l'Hiv e la co-infezione Hiv/tubercolosi nei bambini non è considerata redditizia visto che il mercato per queste cure riguarda prevalentemente i Paesi poveri. Come possiamo permettere che venga data priorità al profitto anziché alle persone? Vogliamo che i leader politici dicano ai bambini del mondo come hanno promosso e rispettato il diritto alla salute dei bambini”. “Dobbiamo continuare ad esercitare pressioni di modo che tutte le donne affette da Hiv possano essere curate e si possa evitare la trasmissione del virus ai loro figli, tutti i bambini possano avere una diagnosi tempestiva dell'Hiv e tutti quelli che ne sono affetti possano accedere alle cure salvavita che meritano”. La Convenzione sui Diritti del Fanciullo festeggerà il suo 20° anniversario il 20 novembre. Riconosce il diritto dei bambini a godere del più alto standard sanitario possibile e l'accesso alle cure e alla riabilitazione. La Caritas sta esortando i leader politici ad approfittare di questa occasione speciale per dire ai bambini del mondo come hanno promosso e rispettato il diritto dei bambini alla salute rendendo gli strumenti per la diagnosi e la cura dell'Hiv accessibili a tutti. - ZENIT - 

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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