ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 10/03/2009

PECHINO VUOLE DISTRUGGERE IL DALAI LAMA, MA SENZA DI LUI NON CI SARA' PACE IN TIBET

Post n°1630 pubblicato il 10 Marzo 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Carri armati, internet oscurato, frontiere chiuse, posti di blocco, 100 mila militari che controllano strade e monasteri: con una situazione da legge marziale il Tibet celebra quella che la Cina chiama i 50 anni dalla liberazione dello schiavismo e che i tibetani definiscono invece l’inizio del genocidio culturale del loro popolo, con milioni di morti, prigionieri, esecuzioni sommarie, emarginazione economica e sociale. Il Tibet, con cultura, lingua, religione specifiche, per secoli ha avuto un rapporto di vassallaggio con l’impero cinese. Ma solo con Mao Zedong, e con un’invasione militare nel 1950 esso è stato definito parte integrante della Cina. Nel marzo del ’59, una rivolta contro l’occupazione militare viene soffocata nel sangue e il Dalai Lama fugge in India, diventando il profugo più illustre del mondo.
Per Pechino il Dalai Lama è un  lupo vestito da agnello, un demonio sotto vesti di angelo; un capo politico e non il capo religioso di una minoranza; uno che gira il mondo per convincere le diplomazie alla secessione e l’indipendenza del Tibet. In realtà, da molti anni, il Dalai Lama chiede di continuo che venga salvata solo l’autonomia culturale e religiosa del Tibet, lasciando alla Cina tutto il potere e il territorio. Ma Pechino non si accontenta: vieta le foto del Dalai Lama e i canti in suo onore; controlla i monaci e le reincarnazioni, e appena scatta una manifestazione, scatena la repressione violenta, come l’anno scorso prima delle Olimpiadi, quando sono state uccise 200 persone.
L’interesse della Cina per il Tibet è anzitutto economico: la regione himalayana, oltre che per il turismo, è ricchissima di minerali di rame, alluminio, uranio. Ma è anche nazionalistico: il timore del Partito è che se il Tibet guadagna l’autonomia, altre regioni della Cina potranno chiederla, sbriciolando l’unità della nazione e il potere del Partito. Lo stesso presidente Hu Jintao ha affermato ieri che è urgente “costruire una Grande Muraglia nella nostra lotta contro il separatismo e salvaguardare l’unità della madrepatria”. Egli stesso, nell’89capo del Partito in Tibet, ha decretato la legge marziale, sopprimendo con le armi le manifestazioni tibetane. Nell’attuare la legge marziale in questi giorni, il ministro degli esteri Yang Jiechi ha messo in guardia anche i Paesi del mondo perché non ospitino più il Dalai Lama, nemmeno come capo religioso. Data la sua importanza per l'economia mondiale, sempre più Stati ubbidiscono alla Cina. Fra questi l’India, il Nepal, la Corea del Sud e si vede già qualche segnale fra i Paesi europei e gli Stati Uniti. Il problema è che, soprattutto fra i giovani tibetani, la disperazione e l’impazienza sta spingendo alla lotta violenta. E soltanto il Dalai Lama potrebbe ricondurli a un dialogo pacifico. Senza di lui, e con le pretese totalitarie di Pechino, ci si può aspettare solo nuovo sangue e nuova violenza. - AsiaNews -

 
 
 

L'EX PROSTITUTA BAMBINA CHE LOTTA PER SALVARE LE SCHIAVE DEL SESSO DEL SUD-EST ASIATICO

Post n°1629 pubblicato il 10 Marzo 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

La legge ha un articolo unico: prima della violenza, silenzio; dopo la violenza, silenzio. Ci insegnano fin da piccole che bisogna essere come un albero, il capoc. Fare l’albero di capoc significa che, per sopravvivere, bisogna essere sordomuti e, naturalmente, anche ciechi. Io mi soffoco, mi strangolo, balbetto, ma rompo questo silenzio». Sono le parole di un giuramento, quello di Somaly Mam, giovane donna cambogiana, ex bambina prostituta. Abusata a soli dieci anni e poi venduta dal nonno per pochi riel, prima a tre mariti, poi a un bordello di Phnom Penh. Quindici, venti clienti al giorno, una ciotola di riso e botte e torture se si sottraeva a un cliente. Dopo quattro anni, Somaly fugge e incontra Pierre Legros, un giovane biologo di Médecins sans frontières che la porta in Francia a curare le ferite, quelle evidenti e quelle più profonde. Pierre diventa suo marito, ma lei non abbandona il sogno di liberare “tutte le altre”. Inizia a girare i bordelli della Cambogia facendo credere ai protettori di essere un’infermiera. Vuole convincere le ragazze (per lo più adolescenti e bambine) che il loro non è un destino segnato, che esiste un’alternativa, un futuro diverso. Ne organizza la fuga, altre volte riesce a pagare il loro riscatto. Nel 1996 fonda l’Afesip (Agir pour le femmes en situation précaire) per assicurare, fornendo assistenza e istruzione, una vita autonoma e dignitosa alle vittime strappate dai luridi bordelli della Cambogia, del Vietnam o della Thailandia. Paesi del sorriso per alcuni turisti affascinati dall’affabilità della gente, paradiso del sesso proibito per altri. Tra gli “estimatori del genere”, gli italiani detengono il primato. Stando al rapporto presentato recentemente a Milano da Ecpat Italia, sono 80 mila quelli che ogni anno partono dal Belpaese per la grande caccia. Spesso sono giovani, godono di un reddito medio-alto e soprattutto sono insospettabili: civilissimi signori che come molti altri civilissimi europei non hanno vergogna dello scempio che compiono – dopo tutto non c’è nessun grande fratello ad osservarli. L’evoluto uomo moderno dunque è anche questo: predatore di innocenti in paesi poveri come la Cambogia.
«Il problema della prostituzione nel mio paese ha radici lontane», spiega a Tempi Somaly Mam. «La Cambogia ha conosciuto trent’anni di guerra, dittatura e assoluta povertà. Dopo Pol Pot, con l’intervento dell’Onu sono arrivati anche i soldi, ma la Cambogia non era preparata a questo. Dove c’è povertà la gente sopravvive, e pur di sopravvivere molte donne si vendono e molte bambine vengono vendute. Chi entra nel giro della prostituzione magari riesce a sfamare la propria famiglia o i propri genitori, ma oltre al sacrificio non ha nient’altro. Queste ragazze non sanno né leggere né scrivere, non hanno alcun tipo di risorsa né tanto meno diritti. Tornare a casa poi è impensabile, non solo perché lasciare un bordello significa essere uccise ma anche perché le loro famiglie non le riprenderebbero mai. Il peso della cultura e del pregiudizio spesso le spinge al suicidio. Qui il numero di ragazze che si ammazzano è enorme. Le donne non hanno potere e c’è chi ne approfitta: con il denaro si può comprare tutto, anche le persone».

Signora Somaly Mam, lei ha deciso di tornare in Cambogia per impegnarsi personalmente nel salvataggio delle ragazze prigioniere di tenutari senza scrupoli. Riceve sostegno dal governo o ciò che fa è lasciato esclusivamente alla sua iniziativa e a quella dell’équipe dell’Afesip?

La situazione in Cambogia sta migliorando, perché il governo è sotto pressione e i dirigenti iniziano a valutare il prezzo del loro lassismo. È stato firmato un accordo che impegna la Cambogia a lottare contro il traffico di esseri umani, ma per difendere questo risultato le assicuro che bisogna lavorare moltissimo. L’Afesip cerca di esercitare pressioni a livello internazionale in modo che le dichiarazioni di intenti non rimangano lettera morta. Il nostro compito è anche quello di denunciare che ci sono enormi bordelli, che non si riesce a chiuderli e che all’interno centinaia di vergini vengono vendute all’asta. La cosa più semplice è dire sempre la verità mostrando quello che facciamo. Fortunatamente anche la popolazione sta iniziando a cambiare.

A che tipo di cambiamento si riferisce?
I genitori hanno un unico insegnamento da trasmettere alle figlie femmine: tuo marito può farti tutto quello che vuole. Le ragazze, di conseguenza, crescono e si sposano senza avere alcuna idea di come funzioni il loro corpo e della loro sessualità. Gli uomini, invece, fanno le prime esperienze nei bordelli e quello che imparano non è certo il rispetto. Per queste ragioni nel matrimonio spesso si instaurano relazioni brutali e frustranti per entrambe le parti. Molti uomini frequentano i bordelli perché alla moglie non piace fare l’amore e la moglie frustrata insegna alle figlie la sottomissione: è un circolo difficile da spezzare. Tuttavia siamo riusciti ad avere dei fondi per l’educazione degli uomini. Partendo da zero, abbiamo affrontato ogni tipo di problematica, dalle malattie veneree alle credenze diffuse e ai preconcetti. Parallelamente portiamo avanti il centro dove accogliamo le donne e i bambini vittime della prostituzione. Diamo loro una formazione professionale, li aiutiamo a reinserirsi. Lavoriamo anche nei bordelli. Lottiamo su tutti i fronti.

E in quali condizioni lavorate?
Abbiamo un sacco di problemi. Per vendetta una volta mi hanno bruciato la casa e hanno rapito mia figlia. È una situazione di costante pericolo, perché lottare contro lo sfruttamento delle donne significa lottare contro il crimine organizzato. Loro hanno i soldi, hanno amici nel mondo della politica o nella polizia. Lavorare in queste condizioni è pesantissimo. Rischiamo la vita ogni giorno tra minacce e pedinamenti. Un giorno un protettore mi puntò la pistola alla tempia: mi aveva vista parlare con alcune delle sue ragazze. Gli dissi che se mi avesse sparato avrebbe avuto talmente tanti problemi da dover chiudere. Me la cavai. Mi creda, non ci protegge nessuno ma non possiamo lasciare le cose come stanno, la gente deve sapere cosa succede. Molte ragazze muoiono per i maltrattamenti subiti, ma nessuno dice niente, nemmeno quando vengono ritrovate nelle discariche. Vige la legge del silenzio. Ci sono momenti in cui non ce la faccio ad andare avanti ma non posso smettere di pensare alla sorte di queste povere disgraziate. Tutto quello che vivono, io l’ho vissuto. Io e loro condividiamo le stesse stigmate.

L’Afesip esiste solo in Asia?
Per l’esattezza siamo in quattro paesi dell’Asia: Vietnam, Cambogia, Thailandia e Laos, dove il traffico delle schiave si muove maggiormente. Ma abbiamo raggiunto anche l’Europa con sedi in Francia e Spagna. E ora siamo pure in America.

Quanto è difficile creare delle collaborazioni internazionali per porre fine, se fosse mai possibile, a questa tragedia?
E difficile comunicare alla gente la reale dimensione di questo dramma e di tutto ciò che implica, perciò ho bisogno di andare di persona a spiegare cosa succede. Devo essere sul posto. In Europa la gente parla molto ma fa poco. Ogni volta che siamo invitati tutto è organizzato alla perfezione, dall’accoglienza all’albergo a cinque stelle. Tutto bellissimo. Ma quando torniamo, i problemi sono sempre gli stessi. Quanto è difficile per me ascoltare la gente che parla tanto e non fa nulla. Abbiamo bisogno dei politici. Loro hanno il potere per lottare contro il crimine organizzato. Da sola non posso fare niente, per mille ragazze che salviamo, altre mille entrano nei bordelli. Ho l’associazione, non il potere di fermare tutto questo. Il problema è che in Europa e in America si organizzano meeting senza fare nulla di concreto. Ho da poco creato un’altra associazione che si chiama “La voce delle vittime”, perché io non sono più una vittima, la gente ascolta Somaly, ma io non sono più una vittima. Sono le vittime stesse che devono parlare usando la loro immagine e non un’altra. Adesso ho più di venti ragazze, ex schiave che lavorano nei media o tra la gente. Ritornano nei luoghi di prostituzione per convincere le altre che anche per loro esiste un’alternativa e che non è un sogno impossibile. Questo progetto si chiama “Le vittime sostengono le vittime”. Sono fortissime, molto coraggiose, sono mille volte meglio di me, veramente super, dinamiche, attive. Hanno tra i 18 e i 20 anni, la responsabile ne ha 23. È stata sfruttata quando era bambina e siccome dobbiamo avere la speranza, la speranza deve essere testimoniata. La gente mi manda un sacco di lettere ed e-mail per esprimermi solidarietà e infondermi fiducia. Il problema è che non abbiamo alcun sostegno politico. Peccato. Però ho il sostegno della gente.

Cosa significa per lei la parola giustizia?
Secondo me non c’è giustizia per i poveri. La giustizia c’è ma solo per i ricchi. Giustizia è solo una parola. Ho appena visto una ragazzina di 14 anni morta dopo uno stupro, per lei non c’è giustizia. Cos’è la giustizia? - Tempi -

 
 
 

LA GIORNALISTA AZZARITI: LA VITA UMANA VA SEMPRE DIFESA E IN OGNI SUO STADIO

Post n°1628 pubblicato il 10 Marzo 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Il caso della povera Eluana Englaro ha portato alla ribalta vari temi: la sacralità della vita, dal momento della nascita sino alla sua fine naturale, ed anche della grave lacuna nell’ordinamento giuridico italiano in tema di testamento biologico. Con incredibile ritardo sulla tabella di marcia, oggi il Legislatore sta cercando di tappare la falla nella quale, vedi caso Englaro, la Magistratura ha messo il dito decretando la messa a morte di Eluana, con buona pace di suo padre Beppino che chiede a suo piacimento i silenzi stampa, ed oggi minaccia assurde querele. Di tanto abbiamo parlato con la giornalista Livia Azzariti,per altro medico anestesista e conduttrice tempo fa della fortunata e bella rubrica medica  Rai, Check- Up. Dottoressa Azzariti, lei crede nel valore della vita?: “ certamente, da cristiana, sono convinto che la vita umana  sia un dono da esaltare e rispettare sempre e comunque e che nessun essere umano ne sia il ...... padrone”. Dunque una vita da difendere sempre: “ certo, la vita necessita della difesa e di saldi principi. Per questo sono contraria alla eutanasia che mi sembra una falsa soluzione, una finta pietà, che spesso maschera e nasconde problemi di egoismo”. Il caso Englaro ,ha portato in evidenza il tema del testamento biologico: “ credo che bisogna parlarne. In ogni caso ritengo che sia un tasto delicato, molto problematico e che urta sensibilità diverse. Penso che una legge sia necessaria, ma io stessa sul tema ho idee confuse e poche certezze”.
Spesso il Papa Benedetto XVI ha sottolineato la urgenza di provvedere alla cura dei malati terminali: “ sino a qualche tempo fa, effettivamente, la medicina non ha fatto molto per i malati terminali, per coloro i quali sono in fin di vita e soffrono dolori tremendi. Ritengo che il malato ,allo stadio ultimo della sua esistenza, abbia il diritto a morire con dignità e soffrendo il meno possibile. L’infermo terminale non va considerato più né un peso, né un ostacolo. Bisogna comprendere che il malato in fase terminale ha la medesima dignità degli altri, proprio in  difesa della buona qualità della vita alla quale ognuno ha diritto. Sono felice che da ultimo, anche per impulso della Chiesa e del Papa, si stia dando maggior rilevanza e l’importanza che merita, alla medicina del dolore”.
Parliamo della sanità in Italia. Ultimamente ci sono stati casi di quella che si definisce malasanità, un bilancio negativo?: “ io non sarei tanto pessimista”. Ci illustri i motivi del suo ottimismo: “ il mio è l’ottimismo della ragione e motivo: intanto in Italia esiste una concezione solidaristica, ovvero anche i non abbienti possono permettersi una tutela sanitaria, cosa che persino in Paesi considerati all’avanguardia non avviene”. Vediamo i lati negativi: “ uno dei punti deboli è questo. In Italia abbiamo tante brave teste, bravi medici, persone  capaci,  che fanno furore e danno ottima prova di sé in altre nazioni. Quello che ancora non gira al meglio sono i mezzi, le strutture spesso precarie. Credo che i medici siano di eccellente livello, ma  bisogna potenziare mezzi e strutture. Penso che sia difficilmente tollerabile attendere tempi biblici per una operazione o un esame”. Però è ancora diffusa  la mentalità che per essere assistiti meglio bisogna andare alla clinica privata: “ lo so, ma non accetto questa forma di pensare. Ritengo che l’Ospedale pubblico abbia e garantisca sempre mezzi più funzionali e più avanzati che nelle emergenze garantiscono maggior sicurezza rispetto alle case di cura private. Quello che bisogna correggere sono le carenze di organici, limitare i tempi di attesa per esami e interventi. Mi sembra il minimo che si possa fare per garantire una visione più cristiana e solidaristica della sanità. I non abbienti hanno gli stessi diritti di coloro che possono  permettersi costose cure a pagamento”. - Bruno Volpe - Pontifex -

 
 
 

BARATTARE GLI EMBRIONI PER DISTOGLIERE L'ATTENZIONE SULLA CRISI AMERICANA

Post n°1627 pubblicato il 10 Marzo 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Un ordine esecutivo promesso in campagna elettorale, rimandato a data da destinarsi dopo la vittoria e poi nuovamente inserito nella lista delle priorità, dopo la minaccia di rivolta dell'ala più "progressista" del partito democratico. Così il presidente statunitense, Barack Obama, ha rimosso tutti i limiti al finanziamento pubblico per la ricerca sulle cellule staminali embrionali voluti dall'amministrazione Bush. Via libera al protezionismo in economia, dunque, ma stop a ogni forma, anche minimale, di protezione degli embrioni umani. Con lo stesso provvedimento, inoltre, Obama ha dato mandato al National Institute of Health di mettere a punto, entro 120 giorni, le linee guida per le modalità di erogazione dei finanziamenti federali. Resta prerogativa del Congresso, infine, rimuovere o meno il divieto di creazione di embrioni per la ricerca (il cosiddetto emendamento "Dicker-Wicker"). Obama ha dedicato questa decisione (annunciata con 24 ore d'anticipo alla stampa americana) a Christopher e Dana Reeve, i due attori"paladini"della libertà di ricerca sulle staminali morti tra il 2004 e il 2006. «L'America - ha dichiarato il presidente - guiderà il mondo verso le scoperte che questo tipo di ricerca potrà un giorno offrire. Da credente credo che sia necessario alleviare le sofferenze. La completa potenzialità della ricerca sulle cellule staminali resta sconosciuta e non deve essere esagerata. Ma gli scienziati ritengono che queste piccole cellule possano avere il potenziale di aiutarci a capire, e possibilmente a curare, alcune delle più devastanti malattie». «Non posso promettere - ha continuato Obama - che troveremo i trattamenti e le cure che cerchiamo, ma la mia amministrazione farà tutto il possibile per favorire la ricerca e recuperare il tempo perduto». Il presidente ha anche firmato un memorandum che mira a «ristabilire l'integrità scientifica nell'iter delle decisioni del governo», per impedire che scelte motivate da politica e ideologia possano limitare la scienza. Con questo documento, Obama ha dato incarico al direttore dell'Office of Science and Technology Policy della Casa Bianca di sviluppare (sempre in quattro mesi) una strategia per assicurare che la selezione di scienziati scelti a ricoprire incarichi governativi sia basata unicamente sulle loro «doti scientifiche». Una strategia che, nelle intenzioni dell'amministrazione democratica, dovrebbe permettere la massima trasparenza nelle scelte del governo in materia scientifica e garantire che le scelte vengano fatte sulla base di informazioni che hanno seguito «procedure scientifiche ben stabilite». In pratica, si tratta di un complesso atto d'accusa nei confronti dell'amministrazione Bush, tacciata - come ha spiegato domenica ai giornali Usa il capo dei consiglieri scientifici di Obama, Harold Varmus - di «utilizzare i dogmi religiosi, invece del pragmatismo scientifico, nello sviluppo delle politiche federali». La scelta di Obama, che è chiaramente uno dei "prezzi" da pagare alla sinistra del suo partito, è stata accolta dalla grande maggioranza dei media come il "trionfo della scienza nei confronti della politica". Ma i critici del presidente sostengono l'esatto contrario. Più di un anno fa gli scienziati hanno scoperto un metodo che permette alle cellule staminali adulte di comportarsi esattamente come quelle embrionali (nella loro capacità di trasformarsi in qualsiasi tipo di tessuto umano). E la gran parte dei finanziamenti privati si è mossa verso questa nuova frontiera. Forse proprio per questo motivo, i ricercatori che ancora insistono sulle staminali embrionali avevano un disperato bisogno di tornare a disporre dei finanziamenti pubblici. Amore disinteressato per la scienza? Niente affatto, secondo i vescovi statunitensi, che per bocca del cardinale di Philadelfia, Justin Rigali, parlano di «una triste vittoria della politica sulla scienza e sull'etica». E sulle colonne dell'Osservatore Romano si legge che «il riconoscimento della dignità personale deve essere esteso a tutte le fasi dell'esistenza umana». Embrioni compresi. Più pragmatico il "numero due" repubblicano alla Camera, Eric Cantor, che parla di una mossa per «distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica dai problemi dell'economia». - Andrea Mancia -

 
 
 

SPESSO MI HA TERRORIZZATO UNA DOMANDA: QUAL E' IL PECCATO PIU' GRANDE?

Post n°1626 pubblicato il 10 Marzo 2009 da diglilaverita
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L'ho cercato nella Sacra Scrittura. Ed in tempi diversi ho trovato diverse risposte. Adesso mi sembra di aver trovato la risposta esatta: tutto ciò che è nell'oscurità è solo il risultato di qualche altra cosa! E la causa è sempre più grave e più pericolosa del risultato. Inoltre, non possiamo eliminare il risultato se non annulliamo la causa.
In concreto, ecco cosa voglio dire: tutti i peccati possibili sono solo il risultato della mancanza di amore. E tutti i problemi possibili sono solo derivanti dall'assenza di amore. Quando non c'è l'amore, tutte le porte sono aperte al male ed a ogni peccato. Tutte le guerre, tutti gli scontri familiari, tra individui, tutte le mancanze, le ingiustizie, gli assassini, gli aborti: tutto è esito diretto della mancanza di amore per la vita e per l'Animatore della vita, il Creatore di tutte le cose! Ciò significa: la mancanza d'amore è il peccato più grande.
L'odio non è così pericoloso come è rischiosa invece la mancanza d'amore. Perché, può anche capitare che per un momento l'odio prenda il sopravvento, ma se c'è l'amore, esso può rimettere a posto le cose e donare la salvezza. Invece, se l'amore non cresce affatto, allora non c'è nessuna speranza che le cose si mettano bene, piuttosto ci si apre ancora di più verso il peccato. Se vogliamo proporre un paragone, possiamo dire così: è più pericoloso non avere la luce, che non sviluppare un sistema di illuminazione (anche se per un attimo si potrà rimanere al buio e perdere talvolta la strada). Dio ha ispirato nel cuore dell'uomo non solo il dono della capacità di amare, ma anche un profondo desiderio di essere amati ed accettati dagli altri. C'è grande differenza tra l'essere amati o non esserlo affatto! Nel Battesimo ci è stato dato il divino seme dell'amore, della fede e della speranza. Dio ha preparato la terra per far crescere e sviluppare questo seme. Solo in virtù di esso, cioè facendolo germogliare, possiamo essere ad immagine e somiglianza del Padre. Se invece non agiamo in questo modo, allora la fede, l'amore e la speranza rimangono solo un chicco, che resta camuffato e nascosto, ed anche se si conserva bene, tuttavia non dà fiotto, non è più seme! Ma se avviene questo nell'amore, allora è stato commesso il primo peccato, scintilla di tutti i peccati, di tutti i guai e distruzioni! Se non ci si impegna quotidianamente a far crescere l'amore, allora la morte dello spirito è già arrivata, e con essa tutti gli altri mali. Intanto, per l'uomo non esiste nulla di così entusiasmante e così importante, del rendersi conto della propria crescita nell'amore. Quando fa ogni cosa in virtù di questo dono verso Dio e verso il suo prossimo, verso sé stesso e tutte le creature, diventa maturo. Quando sta sulle sue gambe e nel momento in cui si stacca da tutti i condizionamenti che il mondo può generare. Ma quando ridurrà il suo amore solo alle persone che gliene dimostrano a loro volta e lo rifiuterà a coloro dai quali si vede non corrisposto, allora non si distinguerà dai pagani che sanno amare solo coloro che li amano, che sanno dare solo a coloro che certamente restituiranno il dovuto. Entusiasmarsi per l'amore e sforzarsi di renderlo forte, vuol dire essere capaci di compiere le più belle azioni nel mondo e agire per l'unica vera efficace lotta contro lo sterminio e la distruzione. Contro il peccato in ogni campo! Non sarebbe difficile ora immaginare per un momento che tutte le guerre potrebbero finire, tutti i digiuni sarebbero saziati, tutti i malati sarebbero degnamente accettati e curati. Che tutti gli abbandonati troverebbero qualcuno disposto a prenderli con sé, che tutti gli esiliati sarebbero rispettati per la loro libertà, che tutte le persone tristi diventerebbero felici, che tutti gli infermi tornerebbero sani. Solo l'amore può tutto questo: se adesso non ne siamo convinti e non abbiamo il coraggio per sognare, è semplicemente segno che non abbiamo neppure idea della potenza dell'amore! Quell'amore che è innestato nel nostro cuore, come ci insegna San Paolo: "L'amore di Dio è versato nel nostro cuore" (Rm 5.5). Dove esso accenni a venir meno, tutte le angosce interiori od esteriori cadranno sull'uomo e lo distruggeranno. Dunque è il peccato, nel modo più assoluto, il pericolo maggiore. Perché di qualunque natura esso sia, soffoca l'amore. - P. Slavko Barbaric, "Dammi il tuo cuore ferito" -*Io sono Amore*

 
 
 

NOVENA A SAN GIUSEPPE DAL 10 AL 18 MARZO (SOLENNITA' IL 19 MARZO)

Post n°1625 pubblicato il 10 Marzo 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Da recitarsi tutta intera per nove giorni consecutivi a partire dal 10 marzo o tutte le volte che si desidera esprimere la propria devozione al Santo Patrono della Chiesa Universale.

Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen

O Dio, vieni a salvarci.

Signore, vieni presto in nostro aiuto.

Gloria al Padre

Invocazione allo Spirito Santo

Vieni, Santo Spirito
Vieni, Santo Spirito, manda a noi dal cielo un raggio della Tua luce. Vieni, Padre dei poveri; vieni, Datore dei doni; vieni, Luce dei cuori. Consolatore perfetto, Ospite dolce dell’anima, dolcissimo sollievo: nella fatica, riposo; nella calura, riparo; nel pianto, conforto. O Luce beatissima, invadi nell’intimo il cuore dei Tuoi fedeli: senza la Tua forza, nulla è nell’uomo, nulla senza colpa. Lava ciò che è sordido, bagna ciò che è arido, sana ciò che sanguina. Piega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido, drizza ciò che è sviato. Dona ai Tuoi fedeli, che solo in Te confidano, i Tuoi santi doni: dona virtù e premio, dona morte santa, dona gioia eterna. Amen

Credo

Credo Apostolico Io credo in Dio Padre Onnipotente, Creatore del cielo e della terra e in Gesù Cristo, Suo Unico Figlio, nostro Signore, il quale fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto, discese agli Inferi; il terzo giorno risuscitò da morte, salì al Cielo, siede alla destra di Dio Padre Onnipotente, di là verrà a giudicare i vivi e i morti. Credo nello Spirito Santo, la Santa Chiesa Cattolica, la Comunione dei Santi, la remissione dei peccati, la resurrezione della carne, la vita eterna. Amen

San Giuseppe, protettore e avvocato nostro, a te ricorriamo, per domandarti le grazie di cui abbiamo bisogno. Nonostante il peso dei nostri peccati, supplichiamo il Signore di venire in nostro aiuto. Su consiglio della tua grande devota, Santa Teresa d’Avila, da poveri peccatori ci rivolgiamo in qualunque bisogno alla tua efficace intercessione. Anche in questo momento ricorriamo a te, con la certezza di essere esauditi. Ci presentiamo davanti al tuo trono, implorando misericordia e pietà. San Giuseppe, Patrono della Chiesa universale, soccorri la tua chiesa nelle tribolazioni e nelle persecuzioni che subisce. Vieni in aiuto della nostra comunità, provvedi ai suoi bisogni, ravviva nei suoi membri la fede, la speranza e l’amore. Supplisci alle nostre mancanze, e, potente come sei, fa che una volta ottenute le grazie che imploriamo per tua intercessione, non dimentichiamo di offrirti la nostra riconoscenza davanti al tuo altare.

Padre Nostro

Ave Maria

Gloria al Padre

San Giuseppe, Patrono della Chiesa Universale, prega per noi!

Non dimenticare, misericordioso San Giuseppe, che nessuna persona al mondo è ricorsa a te rimanendo delusa nelle speranze in te riposte. Quante grazie e favori hai ottenuto agli afflitti, ammalati, oppressi, calunniati, traditi, abbandonati, i quali ricorrendo alla tua intercessione sono stati esauditi nelle loro domande. Concedi anche a noi, come agli altri, di non rimanere privi del tuo conforto. Mostrati buono e generoso anche verso di noi e verso la nostra comunità, e noi, per ringraziarti, esalteremo in te la bontà e la misericordia del Signore.

Padre Nostro

Ave Maria

Gloria al Padre

San Giuseppe, Patrono della Chiesa Universale, prega per noi!

Ti veneriamo profondamente e di cuore di invochiamo, San Giuseppe capo della Santa Famiglia e Protettore della Chiesa. Agli afflitti che ti pregano con fede offri conforto e pace, grazie e favori. Degnati, pertanto, di consolare anche i nostri cuori, che non trovano riposo in mezzo alle angustie e agli affanni della vita. Tu, o sapiente Santo, vedi in Dio tutti i nostri bisogni e quelli della tua Chiesa, prima ancora che ti vengano esposti con la preghiera. Tu, dunque, sai di cosa necessita la nostra comunità, di quali grazie abbiamo bisogno tutti noi, suoi membri. Nessun cuore umano ci può consolare, da te aspettiamo di essere confortati. San Giuseppe, nostro consolatore, accresci il nostro amore verso Dio e la Sua Chiesa.

O San Giuseppe, consolatore degli afflitti, prega per noi il Signore!

Padre Nostro

Ave Maria

Gloria al Padre

San Giuseppe, Patrono della Chiesa Universasle, prega per noi!

Preghiamo:

O Padre, che hai donato alla Chiesa San Giuseppe come suo speciale protettore e patrono, fa che per sua intercessione e sul suo esempio cresciamo nell’amore alla Santa Madre Chiesa, per prodigarci al suo servizio e sovvenire ai suoi bisogni ciascuno secondo le proprie possibilità. Per Cristo nostro Signore. Amen

"Qualunque grazia si domanda a San Giuseppe verrà certamente concessa, chi vuol credere faccia la prova affinché si persuada" - (Santa Teresa d’Avila)

 
 
 

PAPA' E' BUONA?

Post n°1624 pubblicato il 10 Marzo 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Carissimi , ieri sera stavo amministrando l'eucarestia, durante la messa solenne, quando si è presentato un papà con la figlioletta in braccio. Il Corpo di Cristo. Amen. E gli ho fatto la comunione. La bambina allora, che osservava con occhi colmi di stupore, si è rivolta a suo padre e gli ha chiesto: «È buona?».

Sono rimasto letteralmente bruciato da quell'interrogativo. A tal punto, che mi son dovuto fermare. Poi, con la pisside in mano, mi son fatto largo fra la gente, ho raggiunto quel signore che si era già allontanato, e ho sentito il bisogno di dare un bacio alla sua bambina. Quella domanda mi è parsa splendida. E siccome nell'omelia avevo detto che in fatto di fede possiamo trasmettere agli altri solo ciò che sperimentiamo noi stessi, ho pensato che il Signore, con la battuta ingenua di una bambina e nel linguaggio spontaneo dei semplici, avesse voluto restituirmi la sintesi del mio lungo discorso. In effetti, ciò che rende credibili sulle nostre labbra di annunciatori la trasmissione del messaggio di Gesù è soltanto l'esperienza che noi per primi facciamo della sua verità. Una verità che non passa, se chi la trasmette non ne pregusta un assaggio e non se ne nutre in abbondanza. La domanda di quella bambina, perciò, ci stringe d'assedio, perché chiama in causa non tanto il nostro sapere religioso, quanto lo spessore del nostro vissuto concreto.
«È buona?».
Perché, se la mensa di cui tu parli ti riempie di forze, desidero sedermi anch'io alla tua tavola. Spezzane un po' anche per me di quel pane che tu gusti avidamente. Fammi bere alla stessa brocca, se è vero che quell'acqua toglie la sete e ti placa l'arsura dell'anima.
«È buona?».
Perché se l'hai già provato tu che la legge del Signore è perfetta e rinfranca l'anima, come dicono i salmi, o che gli ordini del Signore fanno gioire il cuore, e le sue parole sono più dolci del miele e di un favo stillante... fa' assaporare pure a me queste delizie del palato e non escludermi da condivisioni di così squisita bontà.
Carissimi, io non so bene cosa ieri sera, a messa, avesse voluto da me il Signore, il quale per dirla ancora con le Scritture, si esprime spesso con la bocca dei bimbi e dei lattanti.
Ha voluto provocarmi a uscire dall'assuefazione ad un cibo troppo distrattamente consumato? Ha inteso rimproverarmi la sistematica assenza di gratitudine per il Suo Pane disceso dal cielo? Ha voluto farmi prendere coscienza con quanto poco stupore accolgo la ricchezza dei suoi doni? Non lo so.
Certo è che, se quella bambina avesse potuto capirmi e io mi fossi sentito meno indegno di accreditarmi certi meriti, avrei risposto per conto del suo papà, rimasto muto, e avrei voluto dirle: «Sì che è buona l'eucarestia. Così come è buona la sua Parola. Così come è buona la sua amicizia. Così come è buona la sua croce. Te lo dico io che non posso più resistere senza quell'ostia. Che non so più fare a meno della sua Parola di vita eterna. Che sperimento la sua amicizia, sia nel gaudio di quando Lui mi è accanto, come nella nostalgia quando mi manca. Te lo dico io che ho una croce leggera sul petto, e una pesante sulle spalle. Quest'ultima, però, da quando ho capito che è una scheggia di quella portata da Lui, da simbolo delle mie sconfitte, si è tramutata in fontana di speranza. Per me e per gli altri. Parola di uomo!». -(don Tonino Bello) -

 
 
 

VI RACCONTO LA MIA QUARESIMA NELL'ERA DELL'HAPPY HOUR

Post n°1623 pubblicato il 10 Marzo 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

In un’epoca in cui si parla più del Ramadan che dei quaranta giorni di penitenza dei cattolici, c’è ancora qualcuno che rispetta il precetto del digiuno: il venerdì pane e acqua senza gas. Sì, sono un anormale. Non che abbia mai avuto dubbi in proposito, sono da sempre consapevole di essere un po’ strano: il calcio non mi interessa, non possiedo un’automobile, non guardo la televisione e le sere d’inverno, quando in Val Padana l’umido minaccia di entrare nelle ossa, esco in tabarro. Ve lo ricordate? Il rustico mantello nero sfoggiato da Verdi e da Guareschi, che io ho arricchito con un bel collo di astrakan, tanto per dare un dispiacere agli animalisti. Da quando è iniziata la quaresima la gente mi guarda strano, più strano del solito. Il motivo è che ogni venerdì digiuno a pane e acqua, cosa piuttosto difficile da nascondere avendo il sottoscritto una discreta vita sociale. Se un eremita digiuna quaranta giorni e quaranta notti, come Gesù nel deserto, non se ne accorge nessuno. Se io la sera entro in vineria e al posto delle ostriche francesi o dei prediletti formaggi erborinati chiedo una fetta di pane e un bicchier d’acqua del rubinetto, ecco che faccio la figura dell’eccentrico, dell’esibizionista. Venerdì prossimo verranno a trovarmi dei signori da Bergamo, dobbiamo metterci d’accordo per l’organizzazione di un convegno. Arriveranno in tarda mattinata, già pregustando la cucina parmigiana, e non posso mica deluderli, all’una mi toccherà portarli in trattoria. Dietro mio consiglio i bergamaschi ordineranno salami strolghini e tortelli di zucca (se è ancora buona, altrimenti di erbette o di patate) e Lambrusco e Sangiovese e Nocino, io invece una bottiglia di acqua naturale, perché l’aggiunta di anidride carbonica mi sembra una pericolosa deroga al digiuno stretto. Dubito che San Francesco bevesse acqua gasata: non che io voglia imitarlo, delle stimmate faccio volentieri a meno, ma quando si fa qualcosa è giusto farlo senza trucchi. Devo stare attento a questi dettagli, già mi hanno riferito voci di calunniatori, orribili persone secondo le quali io faccio il furbo e una volta tornato a casa, al riparo da sguardi indiscreti, mi metto a stappare barbere e affettar culatelli. Praticamente mi accusano di prendere in giro Cristo. Meno male che non me lo dicono in faccia, non potrei garantire una reazione pacifica: è il Natale che rende più buoni, la Quaresima semmai rende più mistici, che non è la stessa cosa, santa Giovanna d’Arco parlava con l’arcangelo Michele e subito dopo impugnava lo spadone, e lo usava. Mi innervosiscono anche quelli che mi chiedono perché lo faccio, però tocca rispondere, insegnare agli ignoranti è la seconda opera di misericordia spirituale. Gli italiani sono in maggioranza ateo o ateosimili, non contano le statistiche, il numero dei battesimi, dei matrimoni religiosi, dei funerali in chiesa, contano la soppressione per sete della disabile Eluana Englaro (nell’Italia cattolica sarebbe stata impedita da una sollevazione popolare) e, nel suo piccolo, lo stupore che il mio digiuno suscita. Il digiuno quaresimale non è nulla di straordinario, è semplicemente un precetto, un dovere del cristiano, lo si trova nel catechismo, nel codice di diritto canonico, nei libri dei Padri della Chiesa, nelle vite dei Santi, lo si trova ovunque salvo che nella testa e nella pancia di alcuni milioni di cattolici-fai-da-te, ex cattolici e semicattolici seguaci di una religione personale che se ne frega del Vangelo e del Papa preferendo ascoltare il cardinale Martini e la voce dei propri colesterolici comodi. Perfino una studentessa di teologia mi ha guardato come fossi matto o lefebvriano: matto può darsi, lefebvriano no di sicuro, mi fa senso la maligna ambiguità di chi ha tradito la Chiesa in nome della fedeltà alla Chiesa. È scritto, non me lo sono mica inventato io: «Si osservi l’astinenza dalle carni in tutti i singoli venerdì dell’anno; l’astinenza e il digiuno, invece, il mercoledì delle Ceneri e il venerdì della Passione e Morte del Signore Nostro Gesù Cristo». Se poi qualche prete omette di ricordarlo, la domenica dal pulpito, è un problema suo, io me lo ricordo perfettamente. Anche perché è bellissimo. Il digiuno quaresimale è talmente bello che forse è da sconsigliare a chi soffre di tendenze anoressiche, potrebbe prenderci troppo gusto. Il primo giorno ti sembra di impazzire e aspetti la mezzanotte per avventarti sul cibo più grasso e insano che trovi in frigorifero ma già il venerdì successivo le cose vanno meglio, percepisci che stai disintossicando il corpo e l’anima. Sia chiaro, non basta il digiunino senza carne che è il minimo sindacale (in giro si friggono cotolette che rinunciarvi non è un sacrificio, è un premio). Certi fioretti sono più patetici che ascetici, c’è una mia amica con tanti rotoli di ciccia che in quaresima rinuncia ai dolci e nel suo caso non è un digiuno, è una dieta. Per non parlare delle quaresime alternative predicate da vescovi e preti con l’ansia da aggiornamento: l’astinenza dagli sms, l’astinenza da facebook... Ideuzze modaiole che nascono e muoiono sui media. Bisogna ascoltare la Madonna che da Medjugorje invoca il digiuno pane e acqua, ventiquattr’ore senza niente altro. E allora sì che cambi, che ti elevi, liberandoti dalle zavorre del ticket restaurant, dal panino prosciutto mozzarella indigeribile, dallo spumantino acido che brucia lo stomaco, dal caffè che raschia i nervi. Non si può servire Dio e Trippona contemporaneamente. Nessuno ha mai avuto visioni celesti dopo essersi riempito fino all’orlo di polenta e costine, casomai incubi. Io non aspiro a tanto, però il venerdì percepisco che tutte le energie di solito impegnate nella digestione affluiscono altrove, dallo stomaco allo spirito. Con effetti sul mondo circostante. Una giornalista del Corriere della Sera mi ha telefonato il mercoledì delle Ceneri all’ora di pranzo, scusandosi per il momento inopportuno. Nessun problema, ho risposto, oggi digiuno a pane e acqua, nemmeno mi siedo a tavola. Dall’altra parte c’è stato un lungo silenzio imbarazzato. L’avrò traumatizzata ma adesso sa che anche nel 2009, anche in Italia, ci sono persone che ogni tanto cercano di seguire Cristo. Magari adesso digiuna anche lei. - Camillo Langone -

 
 
 

LA CAMPAGNA PUBBLICITARIA "MORIRE E' BELLO". GLI SPOT GIULIVI PER L'EUTANASIA

Post n°1622 pubblicato il 10 Marzo 2009 da diglilaverita
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Come cambiano le cose. Fino a un po’ di tempo fa, se c’era un argomento tabù per eccellenza, questo era la morte. Non se ne parlava tra gente perbene, e nemmeno sui giornali, stando ai quali non muore mai nessuno: il tale si è spento, il tal altro ci ha lasciati, qualcuno scompare e qualcun altro dà l’addio. Ma quelle cinque maledette lettere - emme, o, erre, t, e - non le metteva mai in fila nessuno. Veramente anche adesso si fa fatica a esplicitare. A un certo punto abbiamo appreso, ad esempio, che Eluana era «finalmente libera», la stessa espressione usata per la Betancourt. Però il tema del trapasso sta diventando sempre più presente, sui media. Sabato ad esempio, su Repubblica, c’era una bella (per dire) paginata in cui la parola «morte» era finalmente esorcizzata già nel titolo: «Morire in coppia nella clinica dell’eutanasia». Il servizio, da Londra, dava conto dell’ultima avventura di una coppia di sposi, entrambi malati di cancro all’intestino, che hanno deciso di farla finita con un viaggio in Svizzera. Alla clinica Dignitas hanno potuto ricevere il consueto cocktail di pentobarbital-natrium, un barbiturico che in pochi minuti, e senza dolore, interrompe le funzioni respiratoria e cardiaca. Lui aveva 80 anni, lei 70.
È la seconda coppia inglese che sceglie il suicidio assistito in Svizzera. La prima era andata a porre fine ai propri giorni alla Dignitas nel 2003: erano entrambi cinquantenni, lui soffriva di epilessia, lei di sclerosi multipla, nessuno dei due - insomma - era malato terminale. Ma volevano farla finita, ed essendo l’eutanasia vietata per legge in Gran Bretagna, sono volati a Zurigo. Domenica è stato il Times a dare seguito alla vicenda spiegando com’è possibile aggirare il divieto inglese per coloro che non possono permettersi il viaggio in Svizzera. È nata un’associazione di medici che si chiama «Amici alla fine» e dispensa consigli pratici a coloro che vogliono farla finita restando a casa propria. La tecnica è la stessa utilizzata per Eluana: si sospendono alimentazione e idratazione. Le istruzioni per l’uso sono contenute in un libro che negli ultimi quattro mesi è già stato ricevuto da trenta sudditi di Sua Maestà. I medici Libby Wilson e Nan Maitland spiegano: è necessario che i parenti collaborino, e che vigilino sui loro congiunti affinché non sgarrino sulla tabella di marcia (funebre). La 75enne Lily, ad esempio, ha disobbedito: aveva promesso che un gelato di mirtilli sarebbe stato il suo ultimo nutrimento, e invece l’hanno beccata mentre succhiava un cubetto di ghiaccio. I familiari hanno raccontato ai medici la propria delusione: «Ha impiegato 25 giorni per andarsene». Molto meglio è andata con Efstratia Tuson, 85 anni: voleva andare alla Dignitas di Zurigo ma c’era una lista d’attesa di un mese. Troppo. Così ha seguito per bene le indicazioni e in cinque giorni ha raggiunto l’obiettivo. Naturalmente gli «Amici alla fine» hanno esternato al Times «la rabbia e il dolore» dei familiari per questo tipo di morte, che gli stessi medici pro death definiscono «un processo orribile». L’obiettivo è evidente: siccome la sospensione dell’alimentazione è «orribile», tanto vale introdurre l’eutanasia attiva, un bel cocktail stile-Dignitas. E questo spiega anche l’improvviso proliferare di articoli sulla «fine» su così tanti giornali. È partita la campagna per sdoganare per legge, in più Paesi, l’eutanasia. Sulla quale, intendiamoci, ognuno può pensarla come crede. Colpiscono però certi toni entusiastici, quasi giulivi. «I miei genitori hanno fatto una cosa bella e importante», ha detto la figlia dei due inglesi che hanno appena scelto il suicidio assistito in Svizzera. «È una storia meravigliosa», ha infine commentato.
È un linguaggio così leggero da ricordare la cena di gala organizzata nei dintorni di Udine dall’avvocato di Beppino Englaro quando la povera Eluana era ancora all’obitorio. Un linguaggio che ci pare inadatto per un non lieto evento come la morte. Ma, ripetiamo, è in atto una campagna, e marketing e pubblicità hanno le loro esigenze di comunicazione: quando si deve vendere un prodotto, bisogna farlo desiderare. -  Michele Brambilla -

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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