ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 12/03/2009

RENZO ALLEGRI:LE CONVERSIONI A MEDJUGORJE BASTANO DA SOLE A DIMOSTRARE LA PRESENZA DI CRISTO

Post n°1642 pubblicato il 12 Marzo 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Il fenomeno Medjugorje: chi lo esalta e chi invece rimane scettico. Ne abbiamo parlato con Renzo Allegri, noto   giornalista e scrittore, esperto di fenomeni religiosi e molto addentro alle cose di Medjugorje. Allegri, a Medjugorje si registra il più elevato numero di conversioni e la Chiesa ufficiale mantiene una certa prudenza. Come lo spiega? : “ credo che bisogna intanto distinguere tra Chiesa ufficiale e Chiesa di base che poi è il popolo di Dio, quelli delle parrocchie, quelli che credono nella pietà e nella devozione popolare. La Chiesa ufficiale su Medjugorje non ha detto ancora no, e neppure sì. Ma ha sospeso per cautela, anche giustificata, il suo parere”. A che cosa si deve questa prudenza?: “ al fatto che le apparizioni continuano nel tempo e quindi ,in fatto, il fenomeno non può considerarsi esaurito e dunque ha bisogno di ulteriori approfondimenti e verifiche”. Coloro che mostrano scetticismo verso ...... Medjugorje affermano che i  veggenti sono un poco troppo chiacchieroni, ovvero parlano troppo: “ guardi, io ho conosciuto personalmente i veggenti e ritengo che siano persone semplici,bravi e che soprattutto sono sani di mente e onesti. Dal punto di vista teologico penso che riportino cose in linea col Magistero della Chiesa, dunque non li trovo per niente fuori della ortodossia”. Si ferma un attimo e aggiunge: “ ma io vorrei dire questo. Considerato che a Medjugorje si registra il più alto fenomeno di conversioni e si raggruppano masse di fedeli, di cui molti cambiano stile di vita,  anche senza la presenza dei veggenti, quel luogo sarebbe meta e luogo della presenza divina. A Medjugorje si sente la presenza del trascendente e dello spirituale, e ricordo a me stesso oltre che a voi che il Vangelo recita: dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”. E allora in che chiave spiega che la Chiesa ufficiale non gradisce, anzi scoraggia i pellegrinaggi guidati da Vescovi diocesani?: “ la misura è stata adottata proprio per non dare ufficialità al fenomeno in relazione con la sospensione del giudizio. Ma a livello individuale ai sacerdoti, vescovi e cardinali non è vietato recarsi a Medjugorje”. Ultimamente sono state adottate misure disciplinari verso alcuni sacerdoti a Medjugorje, che cosa le pare?: “ lo so che sono finiti sotto inchiesta ed hanno subito sanzioni. Ma  non mi sorprende, anche Padre Pio è stato sottoposto a vessazioni da parte di chi non gli credeva e poi è salito agli onori degli altari. Nella storia del cristiano sono contemplate le persecuzioni, sono naturali. Ma non diluiscono il grande valore spirituale di Medjugorje”. Le risulta che Giovanni Paolo II credesse in Medjugorje?: “ lo so per certo che il Papa polacco era fermamente convinto della validità e bontà di quelle apparizioni e che avrebbe voluto recarsi in quel posto”. Un Vescovo emerito italiano ha definito Medjugorje inganno satanico, lei che  cosa dice?: “ mi sembra assurdo e non condivido. Mi pare di recare offesa a tanti fedeli che credono nella Madonna. Poi se Satana vuole separarci da Dio, come spiega, il Vescovo che a Medjugorje la gente si avvicina a Dio”? Lei ha studiato molto Giovanni Paolo II, che cosa si attende per dichiararlo beato?: “ che io sappia il processo è esaurito, manca il placet del Papa. Ma non escluderei una sorpresa per il prossimo due aprile, ovviamente non ho prove,vado per sensazioni”. - Bruno Volpe - Pontifex -

 
 
 

CHI GIOCA AD UMILIARE IL SANTO PADRE?

Post n°1641 pubblicato il 12 Marzo 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

E' stata resa pubblica oggi una lettera del Papa indirizzata a tutti i Vescovi del mondo sulla remissione della scomunica ai lefebvriani. In questa missiva severa e chiara quella di Benedetto XVI; è la prima volta che un Pontefice si veda costretto a chiarire con un Lettera ufficiale alcuni avvenimenti di appena qualche settimana fa. Ovviamente anche Papa Benedetto ha avuto netta l’impressione che tra i suoi Collaboratori qualcosa non abbia funzionato a dovere. Lo stesso cardinale Walter Kaspr - responsabile dell'ecumenismo e delle relazioni con gli ebrei - aveva lamentato uno scarso o nullo scambio di opinione all'interon della Curia sul problema, così come l'arcivescovo di Vienna, il cardinale Christoph Schonborn aveva parlato di errori commessi da parte di ''alcuni dei collaboratori del Papa''. Tutto ciò aveva costretto il Papa a intervenire personalmente nel corso di una udienza generale per ...... chiarire la sua posizione. Aveva patito e sofferto per il fatto che il suo gesto di misericordia non era stato compreso dalla Sua Chiesa, da alcuni Vescovi, che dovrebbero essere i Suoi primi collaboratori. E lo dice: ''Sono rimasto rattristato dal fatto che anche cattolici, che in fondo avrebbero potuto sapere meglio come stanno le cose, abbiano pensato di dovermi colpire con un'ostilità pronta all'attacco”. Nonostante i tentativi di chiarificazione anche da parte della Segreteria di Stato Benedetto XVI ha pensato prendere carta e penna e indirizzare Lui stesso una lettera che si anticipa mite nei toni ma forte nel contenuto. Una parola di forte e definitiva chiarezza del Papa sulla questione dei lefebvriani. Spiega il Papa che dalla Fraternità San Pio X da molto tempo sono venute «molte cose stonate: superbia, saccenteria, unilateralismi», e si dice inoltre «rattristato» dal fatto che «anche cattolici, abbiano pensato di dovermi colpire con un'ostilità pronta all'attacco». Ma Papa Benedetto non teme la verità e dice chiaramente che due sono gli errori principali commessi in occasione della pubblicazione del decreto di revoca della scomunica e  entrambi sono relativi a una maldestra gestione comunicativa della vicenda.
1. La Santa Sede ha prestato scarsa attenzione allo strumento di internet, attraverso il quale sono state rispolverate le dichiarazioni antisemite di Williamson sovrapponendole alla remissione della scomunica e così generando il «caso».
2. Non è stato spiegato in modo sufficientemente chiaro il significato della remissione della scomunica.
In sostanza il Papa fa capire che non è stato ben illustrato il carattere personale dell'atto;  si trattava, cioè, di un gesto che ha esclusivamente riguardato i quattro vescovi senza implicare in nessun modo il riconoscimento canonico della Fraternità di San Pio X. Un tale riconoscimento, secondo il pensiero di Benedetto XVI, sarà possibile solo dopo un ufficiale riallineamento dottrinale dei lefebvriani, con la loro totale accettazione del Concilio Vaticano II e del magistero post-conciliare dei Papi.
Nel testo della Lettera si legge: “Il gesto discreto di misericordia verso quattro vescovi, ordinati validamente ma non legittimamente, è apparso all'improvviso come una cosa totalmente diversa: come una smentita della riconciliazione tra cristiani ed ebrei, e quindi come la revoca di ciò che in questa materia il Concilio aveva chiarito per il cammino della Chiesa''. Il Papa, nella Lettera Pontificia non manca di ringraziare  « gli amici ebrei che hanno aiutato a togliere di mezzo prontamente il malinteso e a ristabilire l'atmosfera di amicizia e di fiducia». E d’altra parte il Suo magistero sul rapporto con gli ebrei è stato chiarissimo fin dall'inizio del pontificato.
Similmente, «per amore di verità - aggiunge il Papa - devo aggiungere che ho ricevuto anche una serie di testimonianze commoventi di gratitudine, nelle quali si rendeva percepibile un'apertura dei cuori». Ma la lettera del Papa dovrebbe contenere parole estremamente forti quando afferma: «a volte si ha l'impressione che la nostra società abbia bisogno di un gruppo almeno, al quale non riservare alcuna tolleranza; contro il quale poter tranquillamente scagliarsi con odio». Inoltre, sottolinea con forza il Papa «se qualcuno osa avvicinarglisi - in questo caso il Papa - perde anche lui il diritto alla tolleranza e può pure lui essere trattato con odio senza timore e riserbo».  
Chi ne farà le spese sarà – assai probabilmente -  la commissione Ecclesia Dei, l'organismo vaticano che ha curato il caso lefebvriani, che dovrebbe essere collegata [come lo fu in un recente passato!] alla Congregazione per la dottrina della fede che garantirà una più stretta collaborazione con gli altri dicasteri vaticani su tutte le questioni relative alla Fraternità di San Pio X. - mons. Tommaso Stenico - Pontifex -

 
 
 

PREGHIERA PER IL DIGIUNO

Post n°1640 pubblicato il 12 Marzo 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Signore, fa' digiunare il mio cuore
che sappia rinunciare a tutto quello
che l'allontana dal tuo amore, Signore,
che si unisca a Te
più esclusivamente e più sinceramente.

Fa' digiunare il mio orgoglio
tutte le mie pretese, le mie rivendicazioni,
rendendomi più umile e infondendo in me,
come unica ambizione, quella di servirTi.

Fa' digiunare le mie passioni
la mia fame di piacere, la mia sete di ricchezza,
il possesso avido e l'azione violenta;
che mio solo desiderio sia di piacere a Te in tutto.

Fa' digiunare il mio "io",
troppo centrato su se stesso, egoista indurito,
che vuole trarre solo il suo vantaggio:
che sappia dimenticarsi, nascondersi, donarsi.

Fa' digiunare la mia lingua
spesso troppo agitata, troppo rapida nelle sue repliche,
severa nei giudizi, offensiva o sprezzante:
fa' che esprima solo stima e bontà.

Che il digiuno dell'anima,
con tutti i miei sforzi per migliorarmi,
possa salire verso di Te come offerta gradita,
meritarmi una gioia più pura, più profonda. Amen
(Jean Galot)

 
 
 

UN'APPASSIONANTE STORIA D'AMORE

Post n°1639 pubblicato il 12 Marzo 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Il divino amore non vuole operare nel mondo senza venire coltivato nel cuore delle persone. Il suo amore è pegno e condizione assoluta per la nostra crescita nell'amore. In ciò consiste la grande, ineffabile, universale possibilità per l'uomo, che nel Cristianesimo è chiamato a divenire completo e compiuto. Siamo dunque giunti al punto di poter affermare: il Cristianesimo non cerca l'uomo per modellarlo secondo una sua forma, neppure secondo un suo preciso scopo. Bensì è l'uomo che cerca il Cristianesimo, perché esso riesce con amore divino ad animare l'uomo proprio secondo lo stesso amore che gli è stato seminato nel cuore. E quando l'uomo si rende consapevole che il seme è stato gettato e che può crescere nel giardino della sua vita, allora non si stancherà mai di coltivarlo ed accrescerlo con l'educazione e l'esercizio.

LA SANTA FIAMMA: Ora mi sembra sia giunto il momento opportuno per leggere insieme una storia. Consideratela attentamente, come è scritta qui. Credo che servirà a comprenderci meglio ed a proseguire più utilmente la nostra meditazione.

C'era una volta nella appena nata repubblica di Firenze, un uomo che si chiamava Raniero de' Ranieri. Lasciato dalla moglie, che lo temeva, Raniero andò con i crociati a conquistare il Sepolcro di Cristo a Gerusalemme. Raniero si distingueva per la sua prepotenza. Fu il primo a salire con Goffredo di Buglione sulle mura di Gerusalemme, perciò la sera stessa gli spettò l'onore di accendere la sua torcia sulla fiamma del Sepolcro di Cristo. La liberazione per molti crociati era un pretesto per il saccheggio. Secondo le parole di un burlone, che in quelle sere gironzolava da una tenda all'altra, tanti tra i crociati erano assassini e banditi prima ancora di partire dalla patria. Intrattenendosi nella tenda di Raniero, il burlone con abilità e spigliatezza spinse Raniero a fare il voto di portare da solo la Fiamma fino a Firenze. Tra le risa e il divertimento generale dei cavalieri ubriachi, Raniero si intestardì affermando che avrebbero fatto l'impossibile. E la sua natura selvaggia e dispettosa lo costrinse al passo che lo fece di più assomigliare ai selvaggi. Così, all'alba, Raniero, di nascosto dagli altri, prese la torcia che aveva acceso al Sepolcro di Cristo. Ammantato con il mantello da pellegrino per riparare la fiamma dal vento, intraprese nella foschia mattutina il lungo viaggio verso Firenze. Capì subito che la fiamma gli si sarebbe spenta se avesse cavalcato velocemente. Ma il suo puledro da guerra non era abituato a cavalcare piano. Perciò Raniero decise di montarlo al contrario, in modo da riparare con il petto la fiamma dal vento. Ma attraversava la steppa lo attaccarono i banditi, gente maledetta e malata che seguiva le tracce dei soldati. Raniero era naturalmente in grado di scacciarne da solo una dozzina per volta, ma temeva che nel frattempo gli si spegnesse la fiamma. Allora offrì loro tutto ciò che possedeva: il vestito, il cavallo e l'armatura, lasciandosi solo le candele e chiedendo di essere lasciato in pace. Per quei delinquenti andò bene così, perché anche loro non erano pronti per il conflitto e gli presero dunque tutto fuorché le candele, il mantello da pellegrino e la torcia accesa. Lo misero poi su un ronzino al posto del suo bel cavallo. Raniero cominciò a meravigliarsi di se stesso: "Non mi sto comportando come un cavaliere - si disse -, condottiero di gloriosi crociati, ma proprio come un mendicante. Forse è meglio che io smetta. Perché chissà che cosa avverrà di me a causa di questa fiamma". Ma non si arrese. E per la sua strada incontrò umiliazioni ed angosce di ogni sorta. I suoi compaesani, pellegrini verso Gerusalemme, gli gridavano nella lingua materna: "Pazzo!" Quando poi veniva attaccato da pastori agguerriti, Raniero si preoccupava solo di salvare la fiamma. Una volta dormì in una locanda dove erano solite fermarsi le carovane dei pellegrini e dei mercanti. Il proprietario, nonostante l'affollamento della locanda, trovò una sistemazione per Raniero ed il suo cavallo. Raniero pensò: "Quell'uomo ha avuto pietà di me. Se possedevo ancora il mio prezioso abbigliamento ed il cavallo bianco, avrei avuto sicuramente molte più difficoltà nell'attraversare questo paese. Posso quasi credere che i briganti mi abbiano fatto un favore". Quella notte era molto stanco, era riuscito solo a rinforzare la candela con dei sassi. E sebbene avesse pensato di trascorrere la notte vegliando il fuoco, cadde in mezzo al fieno e si addormentò. Al mattino il suo primo pensiero fu per la fiamma. La candela non si trovava più dove l'aveva lasciata. Quasi era contento, poiché in tal modo il suo viaggio era così concluso, ma in verità non poteva essere contento. Gli sembrava inutile tornare nella sua tenda di guerriero. Proprio in quel momento giunse il padrone della locanda con la candela accesa. Gli disse che l'aveva protetta perché aveva capito che era importante che rimanesse accesa. Raniero risplendeva di felicità. Allora prese la fiamma e montò a cavallo. Ma si meravigliava ancora al pensiero di quello che ormai rappresentava per lui quella fiamma e al modo in cui essa lo proteggeva. Quando minacciava infatti la pioggia, quando attraversava le montagne del Libano, Raniero riusciva a trovare sempre un nascondiglio nelle grotte. Una volta per poco non morì assiderato. Aveva nascosto la candela in una tomba saracena, perché non voleva accendere con essa della legna per riscaldarsi. E quando già stava cominciando a congelarsi dal freddo, cadde un lampo che incendiò un albero vicino. Così ebbe il fuoco senza bisogno di accenderlo con la Santa Fiamma. Alla fine non si meravigliò neanche più. Vicino Nicea incontrò alcuni cavalieri provenienti dall'Oriente, tra cui c'era anche un trovatore girovago. Essi, vedendo Raniero cavalcare la sella al contrario, con il mantello sfilacciato, coperto dalla barba e con la candela in mano, cominciarono al solito a gridargli: "Pazzo". Solo il poeta girovago fece loro segno di tacere. Si avvicinò, cavalcando, a Raniero e gli chiese da quando tempo viaggiasse in quel modo. "Da Gerusalemme, Signore", rispose umilmente Raniero. "E la fiamma non si è mai spenta durante tutto il viaggio?". "La mia candela arde della stessa fiamma di cui l'ho accesa alla tomba di Cristo", affermò Raniero. Il trovatore aggiunse: "Anch'io sono di quelli che portano solo una fiamma. Perciò mi piacerebbe se potesse ardere per sempre. Dimmi, tu che conduci innanzi la tua fiamma da Gerusalemme, che cosa devo fare per non far spegnere la fiamma? " "Signore, replicò allora Raniero, gravoso è questo compito, anche se sembrava irrilevante. Poiché questa fiammella esige che voi smettiate totalmente di pensare a qualcos'altro. Lei non vi permette di avere un'amante, se avete deciso di mantenerla accesa. E per volontà di questa fiamma non potrete neppure sedervi ad una allegra tavolata. Non potrete avere nient'altro in mente se non la fiamma. E nessun altro potrà essere più importante per voi. Ma il motivo per cui vi sto sconsigliando dall'avere una simile intenzione, è che non sarete mai sicuro di riuscire a portare la fiamma fino alla fine del viaggio. In nessun momento, anzi, dovrete esserne sicuro, ma restar sempre pronto all'eventualità che già nell'istante successivo la fiamma vi potrà essere rubata". Così rispose Raniero. Ma Roberto, il poeta trovatore, alzò orgoglioso la testa e disse: "Quello che hai fatto tu per la tua fiamma, saprò fare anch'io per la mia!" Gli avvenimenti successivi si svolgono in Italia. Raniero cavalcava per un sentiero isolato attraverso le colline, quando accorse da lui una donna che gli chiese il fuoco della sua candela: "Il mio camino è spento - esclamò la donna -, i miei bambini hanno fame. Prestami il fuoco per riscaldare il forno e cuocere il pane". Ed ella allungò la mano verso la candela. Ma Raniero si ritrasse, perché si era messo in testa che la fiamma della sua candela non avrebbe acceso nessun altro fuoco se non all'altare della Beata Vergine del Duomo fiorentino. Allora la donna aggiunse: "Dammi il fuoco pellegrino, perché la vita dei miei bambini è la fiamma che mi è stata ordinata di mantenere accesa!" Grazie a queste parole Raniero le permise di accendere alla candela lo stoppino della sua lampada. Dopo qualche ora, in un villaggio, un contadino gettò a Raniero un mantello in segno di carità. Ma il mantello cadde sulla candela e la spense. In quell'istante Raniero si ricordò della donna a cui aveva offerto il fuoco. Tornò da lei e riaccese la sua candela dal fuoco del camino di costei. Ormai cavalcava già tra le colline azzurre di Firenze. Pensava che tra breve si sarebbe liberato della fiamma. Riandava con la memoria al suo bottino di guerra ed ai suoi compagni di Gerusalemme che di sicuro erano rimasti meravigliati dalla sua scomparsa. Ma si accorse che simili pensieri non lo divertivano più. Come non lo attraeva più la sua vita di conquiste e di avventure. Alla fine si rese conto che lui non era più lo stesso uomo che era uscito a cavallo fuori delle mura della Città Santa. Adesso era felice solo per le cose buone apportatrici di pace. A Pasqua, Raniero finalmente giunse a cavallo a Firenze. Ma improvvisamente, proprio alla fine, cominciarono le angosce peggiori. Appena oltrepassata la porta della città, i ragazzetti ed i familiari che si trovavano lì, si alzarono in piedi e con gran clamore andavano dietro al pellegrino, cercando di spegnere la candela. Raniero sollevava il suo fuoco per ripararlo da quella gente maledetta che lanciava cappelli e soffiava a viva forza contro la candela. Era una scena squallida e meschina. Il povero cavaliere sembrava veramente un pazzo. La massa della persone, folla brutale, si divertiva. Le finestre si riempivano di facce desiderose di sollazzarlo. Raniero appariva come un selvaggio. Si sollevava sulla sella per riparare la sua fiamma. Ma una donna da un balcone basso, prese la candela con le mani e di corsa rientrò dentro casa. Tutti scoppiarono a ridere e presero ad esultare. Ma Raniero cominciò a dondolarsi sulla sella e cadde per terra. La strada divenne d'un tratto deserta. In quel momento Francesca, la moglie di Raniero, uscì fuori con la candela accesa in mano. Era lei quella che aveva afferrato la candela sporgendosi dal balcone, con l'intenzione di salvarla. Quando la luce della candela cadde sul viso di Raniero, egli trasalì ed aprì gli occhi. Francesca gli porse la fiamma: egli non riconobbe la donna perché non la guardava. Guardava solo la fiamma. La voleva portare al duomo. Francesca lo aiutò a rimettersi in sella. Ella lo aveva riconosciuto subito. Pensava però che fosse diventato veramente pazzo, perché non aveva distolto gli occhi dalla fiamma. Raniero sobbalzò allorché sentì la donna accanto a lui piangere. Le rivolse allora lo sguardo e si avvide che la donna che lo stava conducendo alla Cattedrale e colei che aveva salvato la fiamma erano in realtà una sola persona: sua moglie. La guardò un momento, ma non disse nulla. Con la fiamma entrò in Chiesa. Presto sarebbe stato annunciato al popolo che era tornato il cavaliere Raniero de' Ranieri con la fiamma da lui accesa al Sepolcro di Cristo. Francesca, dalla più profonda disperazione e miseria si trovò improvvisamente al centro di un miracolo ed al colmo della felicità. Si sollevarono però voci polemiche, soprattutto da parte di persone a cui Raniero prima aveva fatto del male con la sua brutalità. Queste chiesero così le prove che Raniero aveva realmente compiuto quella missione. Egli però non aveva pensato a questo. "Chi posso chiamare a testimoniare?! - disse - Nessuno scudiero volle seguirmi. Deserti e montagne sono i miei testimoni!" Nella Chiesa si generò la confusione. Raniero temeva che ora, a poca distanza dall'altare, gli venisse spenta la fiamma. In quel momento sbatté contro la candela un uccello che per sbaglio era entrato attraverso la porta aperta della Chiesa. La fiamma si spense, le mani di Raniero ricaddero lungo i suoi fianchi, sfinite, ed i suoi occhi si riempirono di lacrime. Ma nella chiesa si udì il grido della gente: le ali dell'uccellino si erano incendiate, accese dalla santa fiamma. Volava cinguettando disperatamente, finché non cadde bruciato sull'altare. E prima che la fiamma si spegnesse, dalle sue ali Raniero corse a riaccendere la sua candela nella fiamma che si stava smorzando. Questa era la prova che cercavano. Da quel giorno Raniero divenne il protettore delle vedove e degli orfanelli, visse nella pace e nella felicità con Francesca e i suoi concittadini lo amavano e lo rispettavano. A ricordo dell'impresa di Raniero, tutta la sua famiglia fu soprannominata pazzo di Raniero, e questo fu il soprannome più autorevole per i suoi discendenti ". (V KRMPOTIC 114, 118, tratto del libro di Vesna Krmpotic "La camicia dell'uomo felice").
Questo racconto è chiaro: il cavaliere si era entusiasmato per la fiamma accesa sul sepolcro di Cristo. Nulla gli è sembrato difficile per conservare la fiamma e portarla nella sua patria. Non esisteva dunque più nessun ostacolo che egli non potesse affrontare e superare. Ma tutte le volte che non sapeva come agire, le cose si sistemavano da sole, senza di lui ma per lui, perché aveva un desiderio buono e nobile. Non gli fu difficile abbandonare il suo abito da cavaliere e neppure la sua armatura da guerra. Tutto questo per condurre nel modo più sicuro e con più tranquillità la fiamma dell'amore. Dopo aver rinunciato a tutto, scomparsi i nemici esterni che minacciavano le cose materiali, giunsero i pericoli del di dentro: il vecchio orgoglio, i vecchi nemici che non credevano nella verità delle sue affermazioni o che lo chiamavano pazzo. Ma alla fine si formò e si rinnovò ogni cosa. Applicare il valore di questa storia ad un cristiano significherà entusiasmarsi per la crescita nell' amore, nella pace e nella carità. Quante volte sono solo le piccole cose ad allontanarci gli uni dagli altri! E proprio allora, occorrerà essere pronti a sacrificare tutto per crescere nell'amore, nella pace e nella carità. Quante volte il vecchio orgoglio soffoca la fiamma dell'amore, mentre a noi tutto sembra normale: questo è vero peccato! - P. Slavko Barbaric - "DAMMI IL TUO CUORE FERITO" - *Io sono Amore*

 
 
 

IN RIPARAZIONE ALLE BESTEMMIE VERSO CRISTO GESU'

Post n°1638 pubblicato il 12 Marzo 2009 da diglilaverita
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DEVOZIONE AL SANTO NOME DI GESU’

Gesù rivelò alla Serva di Dio Suor Saint-Pierre, carmelitana di Tours (1843), l’Apostola della Riparazione:

" Il mio Nome è da tutti bestemmiato: gli stessi fanciulli bestemmiano e l’orribile peccato ferisce apertamente il mio Cuore. Il peccatore con la bestemmia maledice Dio, lo sfida apertamente, annienta la Redenzione, pronuncia da sé la propria condanna. La bestemmia è una freccia avvelenata che mi penetra nel Cuore. Io ti darò una freccia d’oro per cicatrizzarmi la ferita dei peccatori, ed è questa:

SEMPRE SIA LODATO, BENEDETTO, AMATO, ADORATO, GLORIFICATO, IL SANTISSIMO,

IL SACRATISSIMO, L’ADORABILISSIMO - EPPURE INCOMPRENSIBILE- NOME DI DIO

IN CIELO, IN TERRA O NEGLI INFERI, DA TUTTE LE CREATURE USCITE DALLE MANI DI DIO.

PER IL SACRO CUORE DI NOSTRO SIGNORE GESU’ CRISTO

NEL SANTISSIMO SACRAMENTO DELL’ALTARE.

AMEN.

Ogni volta che ripeterai questa formula ferirai il mio Cuore d’amore.

Tu non puoi comprendere la malizia e l’orrore della bestemmia. Se la mia Giustizia non fosse trattenuta dalla Misericordia, schiaccerebbe il colpevole verso il quale le stesse creature inanimate si vendicherebbero, ma Io ho l’eternità per punirlo! Oh, se sapessi quale grado di gloria ti darà il Cielo dicendo una sola volta:

O ammirabile Nome di Dio!

In spirito di riparazione per le bestemmie!"

Nel 1846 la Madonna appariva piangente a La Salette lamentandosi che ormai non poteva più trattenere il braccio della divina giustizia irritata contro i bestemmiatori, e minacciava gravi castighi se non si cessava di insultare il Nome Santo di Dio.

CORONCINA RIPARATRICE AL SANTISSIMO NOME DI GESU’

Sui grani grossi della Corona del Santo Rosario si recita il Gloria e la seguente efficacissima preghiera suggerita da Gesù stesso:

"Sempre sia lodato, benedetto, amato, adorato, glorificato il Santissimo, il Sacratissimo, l’Adorabilissimo – eppure incomprensibile- Nome di Dio in cielo, in terra o negli inferi, da tutte le creature uscite dalle mani di Dio. Per il Sacro Cuore di nostro Signore Gesù Cristo nel Santissimo Sacramento dell’altare. Amen."

Sui grani piccoli si dice 10 volte:

"Cuore Divino di Gesù, converti i peccatori, salva i moribondi, libera le Anime sante del Purgatorio".

Si conclude con: Gloria, Salve Regina, Eterno riposo…. - *Io sono Amore* -

 
 
 

MARIA E QUI E HA BISOGNO DI NOI: INTERVISTA CON PADRE JOZO

Post n°1637 pubblicato il 12 Marzo 2009 da diglilaverita
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Padre Jozo, qual è il dono di Medjugorje?
I doni e i progetti divini rimangono sempre per noi un mistero, ma dai frutti prodotti possiamo in molti casi capirne lo scopo. Per esempio, dai frutti degli ultimi duemila anni si può comprendere lo scopo dell’incarnazione, resa possibile dalla scelta della Vergine Maria: un nuovo testamento, una nuova strategia della salvezza. L’Incarnazione ha ricondotto l’uomo nel centro della creazione e ha reso possibile che la grazia di Dio passi attraverso Cristo, attraverso l’uomo.
Ma veniamo all’oggi: si dice che l’umanità sta vivendo un tempo di grande crisi, ed è vero: ci sono tante difficoltà nella famiglia, nella scuola, nell’educazione, di fronte alle quali persino noi cristiani sembriamo aver perso le risposte, perché la mentalità comune ci ha influenzato, ha intaccato i valori della nostra fede. Tutto oggi è contro l’uomo, contro la natura: la politica, la scienza, l’informazione, con i mass media che sono inquinati come l’aria, come il cibo. Tutto è contro l’uomo: non possiamo dire che il Signore ha creato una mucca pazza, o una pecora malata... Il Signore non ha affidato il mondo così all’uomo. E triste constatare che l’uomo ha gestito male queste cose, che ha prodotto male. Ed è triste anche vedere che di fronte a tutto questo non diamo il massimo per porvi rimedio... il problema è che quando l’uomo esce dai suoi confini, non tiene conto del suo li mite, perde di vista la sua missione e succedono cose gravi sulla terra.
In questa situazione anche la Chiesa ha sofferto e soffre. In questa situazione si sono verificati i fatti di Medjugorje. Ecco, dopo vent’anni Si può cominciare a vedere quale è lo scopo di queste apparizioni della Vergine: milioni e milioni di persone che hanno incontrato la Madonna sono ritornate a Dio. C’è un fiume di grazia che è partito da Medjugorje e che ha raggiunto tutto il mondo, tutte le nazioni, tutte le comunità e le culture.
Oggi vengono a Medjugorje uomini e donne da ogni dove: dal Giappone, dall’Indocina, dalla Corea e, segretamente e a rischio della incolumità, perfino dalla Cina. E ogni anno molti fra questi, che neppure erano cristiani, ricevono il battesimo.
Maria si è posta qui come luce delle genti, per risollevarci dai nostri problemi per aiutarci a sbrogliare le più differenti e ingarbugliate situazioni. E noi non possiamo far altro che dirle grazie, pieni di riconoscenza per questa donna per la gioia che ci ha donato con la sua presenza. A Lei, sempre obbediente al progetto del Padre, alla volontà di Dio, che anche in questo caso ha rinnovato con Gesù il suo «Eccomi, sia fatta la tua volontà».


Qual è il cuore di questo dono e dei messaggi della Vergine?
La presenza fisica della Madonna in questo luogo. La Madonna in carne e ossa ha fatto visita alla parrocchia fa visita alle case dei veggenti, come ha fatto visita a Elisabetta. Come in quella circostanza, anche a Medjugorje Maria si è fatta incontro con un saluto di pace con « Shalom». E come a Elisabetta, anche ai veggenti, alla gente di Medjugorje e, a tutti noi, Maria, attraverso quel «Shalom» ha trasmesso, ha iniziato la sua azione di grazia.
La sua presenza, poi, è presenza orante: attraverso il suo esempio costante Maria ci chiede di pregare. E se l’uomo risponde a questa chiamata e incomincia a pregare, qui immancabilmente per grazia riceve o rinnova il dono della preghiera. «Per grazia», perché la preghiera è un dono, e così è stato per noi della comunità parrocchiale: un grande dono.
Maria viene per renderci certi che Lei ci è vicina, e che attraverso di Lei l’uomo può ricevere tutto l’aiuto di cui necessita: è già questo il primo dei messaggi, il suo essere con noi, tra di noi. E a Medjugorje si sperimenta questa sua presenza: la si sente nell’ aria, la si respira nella preghiera, la si riconosce nella comunione tra i pellegrini. È una sensazione tangibile, come il calore del sole in estate, e la pioggia di settembre. E questo lo conoscono tutti coloro che vengono a Medjugorje con cuore aperto.
Poi vengono i messaggi: essi servono per aiutarci a correggere i nostri errori, a mettere a posto le situazioni che abbiamo compromesso lasciate in sospeso. Maria parla per ricordarci gli aspetti fondamentali per la vita cristiana e per il nostro futuro; ci ricorda la preghiera, i sacramenti come l’Eucaristia , la confessione, ci invita a leggere la Parola di Dio, ad aprirci alla conversione del cuore: aspetti senza i quali la Chiesa non esiste.
Ho appena incontrato un pellegrino che mi ha confidato «Da quando sono stato a Medjugorje sto amando la Bibbia, vivo la Bibbia»... Ecco il dono, ecco il messaggio: si crea un clima nuovo in cui possono germogliare doni di fede, di pace, di conversione, di amore. Ecco il più grande messaggio, la notizia più importante: l’uomo che rinasce.

Come ha risposto il villaggio di Medjugorje in questi anni?
Che cosa Medjugorje ha fatto in vent’anni? Medjugorje ha pregato e ha fatto digiuno. Medjugorje ha imparato a inginocchiarsi davanti al Santissimo e alla Croce. Medjugorje è il luogo dove si trova la Madre celeste, dove si sente la Madre, dove l’uomo torna a Dio.

C’è chi dice che queste apparizioni sono un po’ lunghe... e che ciò è strano...
Ma come lunghe? Non lo sono affatto: ne abbiamo bisogno, e di più, per ché la partita in cui ci giochiamo la nostra vita spirituale, fortunatamente, non è una gara cronometrica. Perché perdere tempo a chiedersi se le apparizioni sono o non sono lunghe: Maria è qui per indicarci la via, approfittiamone. Non è forse molto lungo il tempo necessario per disintossicare chi è diventato dipendente, «inquinato» dalla droga? Quanto ci vuole per purificare il suo sangue, per ricostruirne la mentalità, rimetterne in sesto il corpo e l’anima? C’è bisogno di tempo, c’è bisogno che Maria appaia.

Maria attraverso i veggenti ci ha messo molte volte in guardia da Satana. Dalle Scritture sappiamo che sarà lei a sconfiggerlo. perché tanta preoccupazione?
La Madonna desidera liberare tutti gli uomini dal male, e per prima cosa dice che Satana c’è, esiste, ed è furbo e meticoloso. Mette in guardia in particolare coloro che ritengono che la vittoria ascetica della Madonna e personale su Satana sia semplice. No, non è semplice: la Madonna trionferà, ma gli uomini devono aiutarla. La Madonna interpella attraverso questi veggenti loro e tutti noi a farci suoi angeli, per aiutarla a sconfiggere il Maligno come è descritto nel racconto dell’Apocalisse. E ci dice: «Cari miei angeli, mi dovete aiutare, dovete vigilare con me».
Che è poi la medesima attenzione che ci è chiesta da Gesù con la parabola della zizzania: il contadino torna a casa dal campo appena seminato e se ne va felice a dormire per il lavoro svolto senza preoccuparsi che il nemico è sempre in agguato; e questi, la stessa notte, trovando la porta sguarnita, viene e sparge il seme cattivo... C’è il Nemico se l’uomo non è disattento lo vede, lo riconosce. Ma se l’uomo è disattento si sveglierà un giorno pieno di spavento con il campo infestato di zizzania, di ciò che non ha seminato.

Dove colpisce il Nemico?
Nelle esistenze di giovani senza vita e senza scopo. Guarda quanti suicidi , quanta disperazione quanta droga. Per fortuna Maria ci mette in guardia. Quante sono oggi le famiglie crollate: genitori e figli che vivono separati in casa, che non si parlano; sposi che non vogliono figli, bambini che vengono uccisi ancor prima di nascere. Sembrerebbe che l’egoismo abbia vinto. Ma, per fortuna, Maria ci dice che non è così e indica una via di uscita, ma ha bisogno di noi.

In che senso ha bisogno di noi?
La Madonna viene a Medjugorje per ricordare i valori che abbiamo smesso, che non si praticano più, e ci dà la grazia di poterli riconoscere e vivere. Ce lo dice con messaggi pieni di tenerezza: «Cari figli, voglio dividere la gioia, il mio amore per voi». La Madonna è piena di gioia perché è piena di grazia. E la grazia è un dono. E a Medjugorje milioni li persone hanno effettivamente trovato e testimoniato questo dono, insieme con il dono della preghiera: ed è per questo che Medjugorje non può essere ridotta ad argomento di chiacchiere e di discussione. Non dipende dagli uomini la verità di Medjugorje, non dipende da un parroco, non dipende dal vescovo. Non dipende dalla tua simpatia o dalla tua propaganda Medjugorje, ma piuttosto dalla tua risposta, dalla tua vita. Se nessuno vivesse Medjugorje sulla terra, essa non esisterebbe, ma grazie al Signore ci sono milioni di persone che cercano di vivere bene messaggi, il digiuno e di pregare di nuovo insieme in famiglia. E ogni settimana aumenta il numero di coloro che rispondono all’invito di fare li più per Dio. Di questi sì ha bisogno la Madonna per i suoi progetti.
Quando san Francesco tornò dalla Verna con le stigmate, i confratelli 1o videro piangere: «Ti fanno male?», gli chiesero. «No», rispose, «piango perché l’Amore non è amato». Gesù non è amato: per questo soffriva san Francesco, per questo il Papa è andato a Gerusalemme a pregare, a cercare il perdono dagli avversari di Cristo. Anche nella Chiesa oggi si ama poco Gesù: l’Amore non è amato. San Francesco in punto di morte fu interrogato dai suoi per conoscerne l’ultimo testamento; e lui, nonostante le sofferenze, disse: «Fino a oggi abbiamo fatto poco; cominciamo a darci da fare di più». Questa è la risposta dei santi e del nostro Papa, oggi.
Che cosa ho fatto io nei miei venti, quaranta, settanta anni di vita come cristiano? Occorre una nuova evangelizzazione perché il paganesimo è rifiorito proprio a partire da quei Paesi che si dicevano cristiani. Bisogna decidersi per Cristo e amare Lui. Ma sta a noi la scelta. Preoccupiamoci di portare frutto: pensate alla parabola del seminatore e cercate di portare molto frutto. Così cresce la Chiesa, non attraverso Internet o la Tv. Non ci sono nuove conversioni grazie alla Tv cattolica o a Radio Vaticana: questi sono strumenti buoni per i credenti, ma che gli atei rifiutano. La fede di pende dai testimoni. Non mancano le università, le scuole, le emittenti, i libri, i programmi, i giornali religiosi; ma mancano i santi nelle università, nelle scuole, nelle parrocchie, nei giornali, anche in quelli religiosi.
Per questo chi viene a Medjugorje ed è toccato dalla grazia, deve do mandarsi: «Chi sono io? Che cosa posso fare per la Madonna?». Quanti sacerdoti sono venuti in questi anni a Medjugorje, e quanti vescovi anche, e hanno fatto poco, e non hanno fatto nulla nelle parrocchie e nel le diocesi. Noi pensiamo: «La Madonna viene, farà Lei». E invece no, perché Lei sempre ripete: «Ho bisogno di voi».

Che cosa dobbiamo fare?
Maria è molto chiara. Come prima cosa vuole la nostra conversione, che lasciamo cadere le lusinghe del male, che ci allontaniamo una volta per tutte dalle sue sorgenti. L’uomo può vincere il peccato solo quando crede e si affida a Dio, quando si lascia guidare come figlio, mano nella mano della mamma. Allo stesso modo del figlio prodigo, che finalmente riconosce la bontà del padre, che finalmente si accorge di quanto lui tratti bene persino i servi e che non gli permetterà più di vivere peggio dei porci, così anche tu torna a casa da Dio tuo Padre.
Ma sappi che Satana ti farà da ostacolo perché è forte della sua gelosia. E evidentemente forte: come possiamo capire sempre dai frutti, in questo caso da quelli cattivi, che sono sotto i nostri occhi. Per questo dobbiamo rompere gli indugi, vincere la pigrizia, essere attivi: e prega re, pregare molto. Perché l’uomo che prega non permette che il Maligno gli entri in casa, che gli insidi la famiglia. Sono quasi cinquanta ormai i messaggi in cui Maria ci ha invitati a mettere la preghiera al primo posto nelle famiglie. E poi il digiuno. Chi fa digiuno e prega, come ha detto Cristo stesso, è più forte del Male: Satana trema di fronte all’uomo e prega e pronuncia con fede il nome di Cristo.

La Madonna, proprio nel giorno del Capodanno del 2001, all’alba del nuovo millennio, ha detto a Marija che Satana è come «libero dalle catene»? Che significa?
Ricordati che Satana non è onnipotente e che l’uomo unito a Dio e a sua Madre è più potente di lui. Ma questa unione ancora manca, e per questo motivo Satana è in qualche modo svincolato, ha libertà di intromettersi fra l’uomo e Dio: per questo occorre rinnovare la preghiera e il digiuno , come Gesù ha insegnato; e per questo, dietro Lui, oggi sua Ma Ire ripete: «Rinnovate la preghiera e il digiuno, con entusiasmo».

Pregare, digiunare, vivere ogni giorno i Sacramenti: se è fatto bene è un programma molto impegnativo...
Impegnativo. La realtà è che noi non siamo capaci più di offrire, di soffrire un po’ con Cristo. Uno dei primi giorni la polizia segreta ha fatto irruzione nelle case e strappato dai letti i giovani veggenti. Spaventati, tristi , senza scarpe, feriti, mi ritrovo in canonica i genitori e i fratelli: «Padre, che cosa possiamo fare?». Soltanto pregare. Ma fu difficile perché il tempo passava e i ragazzi non tornavano: mezzogiorno, niente; le cinque, niente. Al tramonto fummo presi da agitazione e a mezzanotte dallo sconforto. Io non riuscivo a trovare una parola di speranza. Finalmente, all’una e mezzo, per primo un ragazzo e poi tutti gli altri cominciammo a sentire un canto lontano. Erano loro: entrarono in canonica pieni di gioia mentre i genitori scoppiavano in lacrime. A quel punto Vicka si fece incontro alla mamma che si chiama Aurelia e disse: «Perché piangi?». Le fu risposto: «Ma non vedi che ora è? E tu domandi perché piango?». Ma la figlia, fattasi seria, aggiunse: «Non soffrire così; se questo è un tempo di prova, mettiamolo a frutto: chiediamoci che cosa possiamo soffrire per la Madonna, se possiamo offrirle quello che ci accade». E poi ripeté con fermezza: «Mamma è importante soffrire qualche cosa per la Madonna». Fu questo l’insegnamento che una ragazzina seppe dare a sua madre e a noi tutti. Di tutte le domande che avrei voluto fare ai veggenti quella sera non ne ricordo una; invece, da vent’ anni mi accompagna sempre più presente un solo interrogativo: Che cosa posso fare oggi per la Madonna, che cosa posso offrire oggi per lei, per Cristo, per la mia Chiesa? lo sono sacerdote: se non sono capace di soffrire niente la mia vita religiosa non vale niente, è falsa. L’abito che porto mi impone questa riflessione. Un sacerdote che non sa offrire un po’ della sua sofferenza crolla.

Lei è sacerdote: nella crisi che attraversa l’umanità anche tanti sacerdoti e religiosi sembrerebbero oggi disorientati. Non a caso la Madonna avrebbe chiesto a Marija di pregare tanto per loro...
L’uomo che ha ricevuto il dono del sacramento del sacerdozio ha una grande responsabilità che lo rende non confrontabile con nessun altro. Non lo si può paragonare al maestro che insegna, al catechista che predica, al medico che guarisce; no, perché il sacerdote è sacramento, è segno visibile della grazia. Lui è segno che la Chiesa sta camminando sul la strada giusta, che il Signore non l’ha lasciata sola. Ecco il motivo per cui ogni sacerdote è un grande dono, una grande cosa.
Molti sacerdoti sono disorientati, e così molti religiosi. Dobbiamo levare le mani, congiungerle e chiedere nuove vocazioni. La Chiesa, se vuole avere santi sacerdoti, deve pregare per i sacerdoti; tante vocazioni sacerdotali non sono frutto del caso, ma frutto della preghiera. Guarda Anna nell‘Antico Testamento che, nella vecchiaia, chiede a Dio il dono di un figlio: che cosa fa? Prega. Quando è nato l’ha chiamato Samuele, frutto della preghiera, e Samuele è diventato sacerdote, dono per la Chiesa ricevuto attraverso la preghiera. E a questo punto, però, voglio dirvi che a Riga il seminario è di nuovo pieno, non c’è un letto vuoto. Grazie a Maria che ci ha invitato a chiedere con lei questa grazia.
Desidero ricordare ai sacerdoti il messaggio della Madonna del marzo 2001, in cui ci sprona a «deciderci per la conversione e la santità»: cari sacerdoti, la nostra chiamata è essere santi, tutto il resto è un vuoto inutile, è un correre in tondo, è un vento che si disperde. Essere santi non è solo normale, è del tutto normale, come il frutto sull’albero: è normale dare frutto, è normale darlo buono, è normale che la nostra vita sia fruttuosa per gli altri. Se Dio è santo è inevitabile che ci chiami, allora, a essere santi.
Io voglio osservare il sacerdote al vaglio delle Scritture, attraverso la tradizione cristiana: ogni qualvolta la Chiesa ha avuto un santo sacerdote. ha potuto contare su un segno sicuro sulla sua strada; e questo avviene ancora oggi, per fortuna. Dove c’è un santo sacerdote vedi delle comunità ricche di giovani che fondano il loro cammino in una certezza. Gesù ha detto «siete i miei testimoni»: il sacerdote è dono suo, è grazia; non possiamo dimenticarcene o farne a meno. Eppure, oggi, molti sacerdoti sono paventati dalle sfide della cultura contemporanea: si sentono rifiutati e non accettano l’indifferenza. Finiscono per stancarsi, per spegnersi. Trascinano la loro tenda nel deserto e ci si infilano dentro; e la loro voce per le la facoltà dell’ annuncio della Parola, e si svilisce in un grido senza eco E soffrono, e tornano indietro, ma di nuovo non sono accettati. La Chiesa deve accompagnare i sacerdoti, e qui per Chiesa intendo anche i singoli parrocchiani. Il sacerdote è un uomo che, come tale, ha bisogno degli altri; è un uomo che per dare tutto ha bisogno di incontrare la Chiesa di sentirsene parte di essere bene accetto; ha bisogno di essere amato, incoraggiato, aiutato con amore, con amicizia, con sostegni spirituali, con preghiere che supportino i suoi progetti. Il sacerdote non può realizzare le idee che riceve attraverso lo Spirito Santo se poi la Chiesa, i parrocchiani gli voltano le spalle, le menti e il cuore. Viviamo — è vero — in un’epoca che mette a dura prova l’identità del sacerdote, ma chi ha a cuore la Chiesa si prenda cura dei sacerdoti. E Maria che ce lo chiede.

Ma Maria stessa a volte è messa in disparte nella Chiesa, magari in nome dell’unità dei cristiani, dell’ecumenismo...
Non esistono errori altrettanto grandi come quelli commessi dagli uomini contro la Madonna e il suo figlio Gesù. Gesù e stato addirittura crocifisso e non a caso è stato definito pietra di scandalo. Ma anche la Madonna ha dovuto sopportare l’ingiustizia. Perfino Giuseppe all’inizio non ha riconosciuto il piano di Dio attraverso di Lei.
Quanti errori: gli anglicani hanno cancellato la Madonna completamente, relegandola alla funzione di un taxi che ha traghettato Gesù sulla terra. Così i Luterani e tutte le ramificazioni delle chiese protestanti che hanno rifiutato la Madonna. Quanti errori e quanti peccati contro di Lei anche oggi, e nella stessa Chiesa, ogni qualvolta la Madre di Gesù viene messa da parte in nome di un falso ecumenismo. Ogni qualvolta si sente dire, in nome di una futuribile e presunta unità dei cristiani: «Lasciamo un pò nell’ ombra la Madonna e saremo più vicini ai nostri fratelli anglicani, e ci riavvicineremo ai fratelli protestanti». Quanti errori.
Ma è Gesù stesso che ci ha indicato Maria. Sulla Croce ha detto «ecco vostra Madre»: appoggiateVi a Lei. Non può che essere Lei, che grazie al suo «sì» è stata nell’Incarnazione ponte tra Dio e gli uomini, a porsi ora nella Chiesa come ponte di conversione tra gli uomini e Dio. Non è forse per questo che appare a Medjugorje? Lasciamo che ci conduca a suo Figlio...
Quanti peccati... Non possiamo farcela senza la Madonna, senza la Madonna non c’è la Chiesa, così come senza l’Eucaristia non c’è la salvezza, non c’è l’alimento di salvezza. Guardate Elisabetta come ha esultato perché ha riconosciuto che era la Madre di Dio quella donna che veniva a farle visita. La Madre di Dio è venuta a visitarci anche a Medjugorje per insegnarci a purificare la nostra vita dall’egoismo, dall’orgoglio, per riscattarci dalla sterilità. Lei ci vuole capaci di portare frutto e ci dà la grazia per innamorarci del suo «programma», dei suoi messaggi.
In quest’ottica, che non è quella delle polemiche, va inquadrata la dichiarazione pontificia Dominus lesus che è molto importante perché pone rimedio a un errore ormai molto diffuso, quasi legalizzato, che crea va grande confusione. I cattolici non devono rinunciare alla pienezza della Rivelazione, e con essa alla loro identità, perché è in essa che risiede la verità. Come potremmo, per esempio, immolare la Madonna sull’altare di un vuoto ecumenismo, se è Lei stessa il nostro tifoso più fedele, l’instancabile sostegno nel nostro cammino verso il Cielo?
Ascoltiamo la Madonna che ci dice «convertitevi, tornate al Padre»: è questa la meta a cui gli uomini devono tendere per un autentico ecumenismo; è solo attraverso una nuova conversione che i fratelli cristiani potranno ritrovare l’unità.

Perché la Chiesa è così provata in questo tempo senza Dio, in cui molto potrebbe fare?
Ma perché è in crisi la famiglia, che è la cellula originaria della società umana a cui il sacerdote si rivolge. Se vacilla la famiglia il sacerdote cade nel buio. Più di ogni cosa la Chiesa ha bisogno di santi sacerdoti e di santi genitori. Dal cuore del prete inizia il rinnovamento del mondo, un nuovo mondo; e dal cuore dei genitori inizia il rinnovamento della famiglia umana, una nuova famiglia.

Una nuova famiglia. La vita di questi veggenti, così straordinaria nel quotidiano, non è illuminante sul senso della chiamata universale alla santità sottolineata dal Concilio?

Ma certo. Dio ci vuole tutti santi e la via da percorrere sta nell’assecondare la sua volontà secondo il proprio stato e i propri talenti. Ma occorre la nostra disponibilità. Se il Signore sarà presente nella nostra vita saremo sempre a posto; ma permettiamogli di entrare come l’aria nei polmoni. Dipende da noi, perché Dio ci rispetta. La Madonna però dice «ho bisogno di voi» e sollecita con materna cura una nostra risposta.
Vogliamo essere degli strumenti nelle mani di Dio? Senza dite Dio non può realizzare ciò che vuole, non perché non è onnipotente, ma per ché ti rispetta; senza dite Dio non può salvarti. La Madonna è diventata grande quando ha accettato il disegno che il Padre aveva per lei, i santi sono diventati tali dopo aver detto sì.
Vicka è nota a tutti per aver attraversato malattie molto gravi. La prima volta la stavano portando in ospedale dopo che era caduta in coma e ai medici sembrava in fin di vita L’autista può raccontare che a un certo punto si è svegliata all’improvviso e ha chiesto di scendere. Di lì a poco le e apparsa la Vergine ma Vicka dopo la visione, per nulla contenta di essere guarita, e ritornata all’auto in lacrime. Più tardi — dimessa subito dall’ospedale — ci spiego che la Madonna in quell’occasione le aveva chiesto se avesse preferito la salute o la Croce avvertendola che se avesse scelto la salute le apparizioni si sarebbero concluse. Vicka, memore delle sue sofferenze e di quelle dei suoi cari, lì per li chiese la salute. La Madonna allora la benedisse e le disse che le sarebbe apparsa dopo quaranta giorni. Ma già durante quel saluto Vicka si pentì della sua scelta e pianse lacrime inconsolabili per tutto quel tempo, perché il desiderio di Maria era più forte di qualsiasi prova o sacrificio che le sarebbe stato chiesto. E cos’i, dopo quaranta giorni, rimise la sua scelta nelle mani della Madonna.
Da allora sappiamo come è andata: Vicka ha sofferto per malattie molto dolorose, per diversi tumori considerati letali, e più volte è stata sul punto di morire, ma al tempo stesso il suo sorriso si è dilatato, e ci sono migliaia di pellegrini e forse molti di più che si sono convertiti grazie proprio a quel sorriso di chi vive la vita dì Dio. È il sorriso di chi sceglie Dio, nonostante la strada della Croce aperta da suo Figlio.
Con questo voglio dire che non può iniziare la tua vita nuova se tu non la scegli; la fede non è opinione né ideologia, né discussione: la fede è Fiat, è risposta ogni giorno, è pratica, ed è sacrificio, sempre; è rinuncia, è il seme che deve morire, è l’uomo che deve morire a sé stesso e nel corpo, per poi risorgere in Dio.

 
 
 

LEFEBVRIANI, IL PAPA SCRIVE AI VESCOVI DEL MONDO

Post n°1636 pubblicato il 12 Marzo 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Sarà resa pubblica a mezzogiorno una lettera di sette pagine che Benedetto XVI invia a tutti i vescovi della Chiesa Cattolica per affrontare il caso della revoca della scomunica ai vescovi lefebvriani e le polemiche che ne sono seguite, in particolare per l'intervista negazionista delle camere a gas rilasciata dal vescovo Richard Williamson. Ne danno notizia Il Foglio e Il Giornale. Nella missiva, il papa ammette in prima luogo gli errori che hanno accompagnato la revoca: il non essersi accorti, in Curia, delle dichiarazioni negazioniste, gia' ampiamente disponibili su internet, e il non aver spiegato in modo ''sufficientemente chiaro'' le ragioni e il contenuto del gesto di ''misericordia'' del pontefice. La revoca, scrive infatti il pontefice, ''ha suscitato all'interno e fuori della Chiesa cattolica una discussione di tale veemenza quale da molto tempo non si era piu' sperimentata'' e ha scatenato una ''valanga di proteste'' per quello che e' stato percepito come un passo indietro deciso rispetto al Concilio Vaticano II. "Il gesto discreto di misericordia verso quattro vescovi, ordinati validamente ma non legittimamente, - scrive Benedetto XVI - e' apparso all'improvviso come una cosa totalmente diversa: come una smentita della riconciliazione tra cristiani ed ebrei, e quindi come la revoca di cio' che in questa materia il Conciloio aveva chiarito per il cammino della Chiesa''.
Il pontefice lamenta anche il mondo in cui il suo gesto sarebbe stato 'strumentalizzato' come un insulto alla comunita' ebraica mondiale: ''Sono rimasto rattristato dal fatto che anche cattolici, che in fondo avrebbero potuto sapere meglio come stanno le cose, abbiano pensato di dovermi colpire con un'ostilita' pronta all'attacco. Proprio per questo ringrazio tanto piu' gli amici ebrei che hanno aiutato a togliere di mezzo prontamente il malinteso e a ristabilire l'atmosfera di amicizia e di fiducia''. In realta', spiega il pontefice, la riconciliazione tra cristiani ed ebrei ''fin dall'inizio era stato un obbiettivo del mio personale lavoro teologico''. Nella lettera, il papa annuncia anche - come era stato ventilato da piu' parti negli ultimi mesi - che la Pontificia Commissione ''Ecclesia Dei'', formata da Giovanni Paolo II per trattare con i lefebvriani, verra' adesso ricondotta direttamente sotto la Congregazione per il Culto Divino. Una mossa che portera', con ogni probabilita', alla partenza del card. Dario Castrillon Hoyos, attuale presidente di Ecclesia Dei, e da alcuni indicato come responsabile del 'fiasco' lefebvriano. Alla Commissione saranno affidate, a quanto pare, le discussioni ''dottrinali'' sul Concilio Vaticano II annunciate in occasione della revoca della scomunica, durante le quali la Fraternita' San Pio X potra' spiegare i motivi del proprio dissenso dalle riforme e innovazioni conciliari, dall'ecumenismo alla liberta' religiosa, dal dialogo interreligioso all'accettazione della democrazia all'apertura al mondo moderno. Per il momento, scrive infatti il pontefice secondo le anticipazioni, ''il fatto che la Fraternita' San Pio X non possieda una posizione canonica nella Chiesa, non si basa in fin dei conti su ragioni disciplinari ma dottrinali'' e i suoi preti , anche se ''sono stati liberati dalla punizione ecclesiastica, non esercitano in modo legittimo alcun ministero nella Chiesa''. ''Non si puo' - prosegue - congelare l'autorita' magisteriale della Chiesa all'anno 1962, cio' deve essere ben chiaro alla Fraternita'''. Ma papa Ratzinger critica alcuni dei ''difensori del Concilio'', che dovrebbero ricordare che ''il Vaticano II porta con se' l'intera storia dottrinale della Chiesa. Chi vuole essere obbediente al Concilio, deve accettare la fede professata nel corso dei secoli e non puo' tagliare le radici di cui l'albero vive''. E ancora: ''Puo' lasciarci totalmente indifferenti una comunita' - i lefebvriani - nella quale si trovano 491 sacerdoti, 215 seminaristi, 117 frati, 164 suore e migliaia di fedeli? Dobbiamo davvero lasciarli andare alla deriva lontani dalla Chiesa?''. Il Papa non si nasconde che dalla Fraternita' da molto tempo siano venute ''molte cose stonate, superbia, saccenteria, unilateralismi. Per amore di verita' devo aggiungere che ho ricevuto anche una serie di testimonianze commoventi di gratitudine, nelle quali si rendeva percepibile un'apertura dei cuori''. Ma rileva che anche nell'ambiente ecclesiale sono emerse stonature: ''a volte si ha l'impressione che la nostra societa' abbia bisogno di un gruppo almeno, al quale non riservare alcuna tolleranza; contro il quale poter tranquillamente scagliarsi con odio. E se qualcuno osa avvicinarglisi - in questo caso il Papa - perde anche lui il diritto alla tolleranza e puo' pure lui essere trattato con odio senza timore e riserbo''.

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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