ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 19/03/2009

LA REGINA DELLA PACE CI INSEGNA A MEDITARE LA PRGHIERA DEL PADRE NOSTRO

Post n°1678 pubblicato il 19 Marzo 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Dal messaggio del 14 marzo 1985 dato dalla Madonna al gruppo di preghiera:

[…]<

“Padre nostro che sei nei cieli”: Dio è proprio il Padre vostro! Perché avete paura di lui? Tendetegli le vostre mani perché egli si è concesso a voi come Padre e vi ha dato tutto. Se i vostri padri terreni fanno tanto per voi, pensate quanto più fà il vostro Padre celeste! I vostri padri terreni vi amano, ma il vostro Padre celeste vi ama ancora di più. I vostri padri terreni possono anche adirarsi con voi, Dio no. Dio vi offre solo e sempre amore, misericordia e tenerezza.

“Sia santificato il tuo nome”: se dunque il Padre celeste vi ha donato tutto, come potete non rispettarlo, come potete non amarlo? Lodate e benedite il suo santo nome! Testimoniate anche ai peccatori che egli è Padre, il Padre di tutti, e come tale va servito e glorificato.

“Venga il tuo regno”: siate consapevoli che senza di lui non potete far nulla. Siate coscienti che se il suo regno non è presente in voi, siete deboli. I vostri “regni” passano, il suo no. Ristabilite il suo regno nel vostro cuore.

“Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra”: pregate Dio perché vi faccia comprendere che i regni che voi vi costruite sono destinati a finire. Fate sprofondare questi vostri regni perché la volontà di Dio possa essere per voi l’unico vero regno. Impegnatevi a fare subito, da questo momento, ora, la volontà di Dio. Pregate perché i vostri cuori si aprano al Signore e possiate rispettarlo e ubbidirgli come lo fanno gli angeli. E pregate perché qui sulla terra tutto possa diventare santo come in Cielo.

“Dacci oggi il nostro pane quotidiano”: chiedete al Padre celeste specialmente il pane per la vostra anima. Chiedetegli che questo pane non vi manchi mai affinchè possa diventare cibo che nutre la vostra vita spirituale e che vi santifichi per la vita eterna. Il pane quotidiano vi aiuta a capire ciò che si deve fare ma sappiate che questo nutrimento non vi può essere dato se non pregate.

“Rimetti a noi i nostri debiti”: voi pregate che vi siano rimessi i vostri peccati nella stessa misura in cui voi li rimettete ai vostri debitori, senza rendervi conto che se i vostri peccati fossero rimessi veramente così come voi li rimettete agli altri, sarebbe una ben misera cosa. Dio invece perdona sempre e subito quando voi glielo chiedete affinchè anche voi possiate perdonare a coloro ai quali finora non eravate capaci di farlo. Supplicatelo per questa grazia!

“E non ci indurre in tentazione”: supplicate Dio affinchè non permetta che siate tentati con grandi prove. Riconoscete la vostra debolezza. Pregatelo che possiate superare ogni prova per non cadere in peccato.

“Ma liberaci dal male”: Pregate Dio che vi protegga da ogni forma di male. Supplicatelo perché vi faccia comprendere quanto di positivo c’è nelle prove che egli permette così che possiate trarne giovamento e compiere un ulteriore passo verso la vita eterna.

“Amen”: Così sia, Signore! Tutto sia fatto come vuoi tu'!

 
 
 

IL BOMBARDAMENTO SUL VATICANO E SUL PAPA E' DIVENTATO IL PASSATEMPO QUOTIDIANO DEI GIORNALI

Post n°1677 pubblicato il 19 Marzo 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Ormai il bombardamento sul Vaticano e sul Papa è diventato il passatempo quotidiano dei giornali. In mancanza di fatti vanno bene pure le opinioni o i gusti soggettivi. Ieri, per esempio, La Stampa ha fatto una paginata – con richiamo in prima – che aveva questo titolo: “Maxi-schermi: piazza San Pietro come lo stadio”. Sottotitolo: “Installati per l’Angelus, restano anche in settimana”. Di che si tratta? Nell’immensa piazza San Pietro, da tempo, per permettere ai pellegrini di seguire le udienze e gli Angelus del papa sono stati collocati dei cosiddetti maxischermi, che, date le dimensioni colossali della piazza, del colonnato del Bernini e della Basilica vaticana, in realtà appaiono davvero piccoli e (pur rendendo un buon servizio ai pellegrini) nell’insieme si vedono appena perché si confondono con il bianco dei marmi.
Ma c’è chi si è stracciato le vesti e, come certi esponenti Radicali, è arrivato addirittura a evocare la presunta violazione dei Patti Lateranensi da parte della Santa Sede per questa sciocchezza. A loro dire il Vaticano, che pure è uno stato sovrano, sul suo territorio non può neanche collocare qualche pannello (che non copre assolutamente nulla) perché ai Radicali non piace. Il Papa dovrà forse sottoporre al gradimento di Pannella pure il colore dei suoi paramenti per le liturgie della prossima Pasqua e la collocazione del grande baldacchino davanti al portale, dove si celebra la Messa? O si dovrà chiedere a Emma Bonino di che colore vuole che siano le sedie con cui si allestisce la piazza per la cerimonia di Pasqua? Occorrerà domandare l’autorizzazione a Marco Cappato, d’ora in poi, per calare giù dalla loggia di San Pietro i grandi ritratti dei nuovi canonizzati? E se i Radicali diranno che trovano brutte le transenne che regolano le lunghe file d’ingresso e bloccano l’accesso al colonnato? E se eccepiranno su quei grossi macchinari della polizia (fra le colonne del Bernini) con i quali si controllano i visitatori e i bagagli come all’aeroporto?
Non stiamo esagerando. Non sono domande surreali. Tiriamo solo le somme di quanto asserisce esplicitamente Marco Staderini, della Direzione di Radicali italiani, facendosi addirittura giudice dell’ortodossia del Papa rispetto alla tradizione cattolica: “Questa gerarchia vaticana sembra aver perso le ‘nobili tradizioni artistiche della Chiesa cattolica’ ”. Difficile capire quali titoli possa esibire Staderini per emettere simili sentenze. Ma il politico radicale aggiunge: “In una situazione analoga Antonio Cederna affermò che ‘per il paesaggio urbano non può valere l’assoluta sovranità della Chiesa sui beni culturali all’interno del Vaticano’ ”.
E con ciò tanti saluti non solo alla sovranità dello Stato vaticano, ma pure al principio cavourriano – sbandierato a parole – “libera Chiesa in libero Stato”. Ritengo francamente che dei politici esperti come Pannella e la Bonino si rendano conto dell’assurdità della polemica. Tuttavia Staderini è deciso: “Non è solo questione di gusto” ribadisce “ma anche di rispetto del Trattato lateranense, il Vaticano è infatti obbligato, ai sensi dell’articolo 18 del Trattato, a rendere fruibili tesori d’arte come il colonnato del Bernini, senza nasconderlo con megaschermi da stadio”. Sorvolando sull’errata (a mio parere) interpretazione di quell’articolo e sul fatto che i Radicali sono da sempre contro i Patti Lateranensi e contro i Concordati, resta il fatto che nulla impedisce la visuale del colonnato. I pannelli non saranno un abbellimento come una statua michelangiolesca, ma non sono neanche uno scempio. Né coprono alcunché. Quindi il problema neanche esiste. Ma figuriamoci se gli indignati speciali si placheranno. Supportati, secondo La Stampa, da Italia Nostra hanno già fatto un’interrogazione al ministro Bondi. Maurizio Turco si aspetta addirittura “che l’ambasciatore vaticano in Italia chiarisca”. Ma perché non investire l’Unione europea o addirittura l’Onu dell’apocalittica questione?
C’è pure una dichiarazione di appoggio raccolta dal giornale torinese, che ha, appunto, toni apocalittici: “E’ uno scempio assurdo che deturpa la piazza”, protesta Giorgio Muratore storico del’architettura, “siamo davanti ad uno spettacolo osceno, un’intrusione di smaccata modernità in un capolavoro senza tempo”. C’è da chiedersi dove vivano questi critici e se veramente in Italia e nella Roma delle laiche amministrazioni di questi decenni, manchino i veri scempi e le vere oscenità architettoniche cosicché ci si debba indignare per quei banali e transitori schermi. Al giornale torinese, da sempre custode della tradizione risorgimentale, verrebbe pure da chiedere se, per caso, i piemontesi dopo la conquista militare di Roma non combinarono pasticci architettonici e urbanistici che sarebbero molto più adatti a essere analizzati per una discussione critica. Ma la storia sembra non interessare a nessuno. Così la Chiesa che – accanto alle persecuzioni fisiche e ai massacri degli ultimi 200 anni – ha subìto lo scempio, la profanazione e il saccheggio dei suoi tesori artistici e architettonici con la rivoluzione francese, con l’invasione napoleonica dell’Italia e di Roma (un immenso ladrocinio di opere d’arte), con la conquista militare piemontese e poi – in tutta Europa – con le grandi distruzioni di opere d’arte e chiese da parte dei regimi comunisti, senza che nessuno abbia mai chiesto scusa e senza che nessun intellettuale abbia mai ricostruito l’enormità di questa devastazione, questa Chiesa – dicevo – che per secoli ha fatto fiorire l’arte e ha coperto il nostro Paese di capolavori e di bellezza, si vede puntare il dito accusatore per quei banali schermi di piazza San Pietro. In un Paese, peraltro, dove, da decenni, accade di tutto ai nostri Beni artistici e architettonici. La Stampa ha rubricato quella sua incredibile pagina di ieri sotto la formula “fede e spettacolo”. Vorremmo capire a quale spettacolo si riferiscono questi zelanti puritani subalpini. E comunque, a proposito di spettacolo e opere d’arte, ora ci aspettiamo che insorgano, con pari indignazione, per il consueto megaspettacolo sindacale del 1° maggio, l’assordante e invasivo concerto allestito da anni a ridosso di San Giovanni in Laterano, la più antica basilica della cristianità, un tesoro dell’arte e dell’architettura. Si indigneranno se verrà fatto di nuovo lì? Non ricordo di aver sentito alcuna lagnanza negli anni passati e penso che nemmeno quest’anno ne sentiremo. Sui giornaloni laici sono troppo impegnati a sorvegliare i due piccoli, innocui e marginali pannelli di Piazza San Pietro. - Antonio Socci -

 
 
 

SOLENNITA' DI SAN GIUSEPPE: IL SILENZIO DI FRONTE AL MISTERO

Post n°1676 pubblicato il 19 Marzo 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

È sempre difficile parlare di qualcuno che non parla mai. San Giuseppe è il santo del silenzio; un silenzio che percepiamo leggendo i testi evangelici che lo riguardano; un silenzio che ci interpella. In che cosa consiste il silenzio di Giuseppe?
Una cosa è evidente: Giuseppe vive il suo silenzio di fronte al mistero. Tace perché si trova messo a confronto con la totalità del mistero, con la totalità del mistero di Dio che si esprime nel Verbo che si fa carne, che si fa uomo, che si fa presenza; e in quel Verbo, in quella Parola, viene detto tutto, viene espresso tutto.
Ma questo atteggiamento, in san Giuseppe non è soltanto una questione di parole espresse o taciute: è un atteggiamento esistenziale, l’espressione di tutta la sua persona. Di fronte alla notizia che Maria, la sua fidanzata, è incinta, Giuseppe agisce nella giustizia umana. Fa tutto ciò che un brav’uomo può e deve fare. Non capisce e decide di ritirarsi. Non ripudia pub­blicamente Maria perché è lui che si ritira, che si allontana da un mistero che non può cogliere, ma del quale avverte, nella sofferenza, la santità.È nel cuore di questo silenzio di giustizia e di dolcezza umane, nel cuore di questo silenzio di un uomo che non capisce, di un uomo che confessa il proprio limite, è nel cuore di questo silenzio che fa irruzione una Parola nuova, una Parola di Dio per lui: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». Questa Parola non elimina il mistero; essa non spiega ciò che è realmente accaduto, né come, Questa Parola introduce Giuseppe nel mistero che ha già assorbito Maria. Giuseppe non si trova più di fronte al mistero: è al suo interno. Non è più come il popolo di Israele davanti alla Nube nel deserto: è dentro la Nube, come Mosè o come i tre Apostoli sul monte Tabor. Il mistero cristiano non è tanto qualcosa che non si capisce, quanto qualcosa di umanamente incomprensibile, ma che non si può più negare.
Il mistero cristiano coincide con una vocazione, una vocazione che consiste nell’essere presi all’interno del mistero del Verbo di Dio che si fa carne. In questo senso Giuseppe vive un po’ la stessa esperienza della Vergine Maria. Anche Maria, dopo l’annuncio dell’angelo, prima di dire “sì”, si trova ancora al di fuori del mistero. Dopo il suo Fiat, è dentro: non potrà più negarlo, e tutta la sua vita sarà presa in questo Avvenimento e sarà determinata da esso. Anche Giuseppe, prima dell’annuncio che si rivolge a lui, è al di fuori del mistero: esita, ha paura, è sicuramente triste e angosciato. Ma, dopo l’annuncio, la sua vita si lascerà condurre docilmente dall’Avvenimento, senza paura, dolcemente, anche attraverso prove pesanti come la fuga in Egitto.
Com’è possibile ciò? Come può una persona cambiare così radicalmente a livello della propria coscienza, della propria libertà, della propria fiducia? È che Maria e Giuseppe ricevono essenzialmente uno stesso annuncio, vale a dire che ciò che accade è opera dello Spirito Santo. Come se l’angelo dicesse loro: «È lo Spirito che realizza ciò che vi viene annunciato; è lo Spirito, non siete voi, che compie ciò che vi viene chiesto». Infatti, è sol­tanto grazie allo Spirito Santo che diventa possibile a degli esseri umani di entrare nel mistero del Verbo incarnato. E questa è la sostanza di ogni vocazione cristiana, della vocazione straordinaria di Maria innanzitutto, ma anche, dopo di lei e grazie a lei, di Giuseppe e di ognuno di noi. Già al momento del battesimo, per ognuno di noi lo Spirito realizza l’entrata nel mistero del Verbo incarnato che riconduce al Padre tutta l’umanità. Spesso si pensa a Giuseppe con una certa commiserazione. «Poverino, ha dovuto subire la vocazione di Maria e starsene lì, al suo fianco, a sottomettersi a un destino che non ha scelto...». Una certa iconografia favorisce questa commiserazione, presentandoci un san Giuseppe non solo anzianotto, ma anche pensieroso, o addirittura addolorato, a fianco della grotta della Natività. Invece, il Vangelo, pur nella sua sobrietà, ci mostra un san Giuseppe in pieno possesso della sua capacità di pensare, di discernere, di decidere e di agire. E dopo l’annuncio che riceve, dopo aver preso coscienza che lo Spirito Santo era all’opera, non esita più. La sua libertà è in perfetta azione di fronte alle circostanze della vita, e lui si impegna a fondo in ciò che valuta essere la cosa migliore e la più giusta: decide liberamente di licenziare Maria in segreto; decide, dopo la morte di Erode, che sarebbe meglio rientrare in Galilea piuttosto che in Giudea. È un uomo libero, che usa la sua libertà. Ma sa anche che Io Spirito Santo richiede un’obbedienza che, lungi dal cancellare la sua libertà, le dà compimento in scelte di verità e di bontà che l’uomo da solo non saprebbe sostenere. La libertà di Giuseppe si esprime come quella di Abramo, così come san Paolo ce l’ha descritta nella nostra seconda lettura: «Egli ebbe fede sperando contro ogni speranza». La fede che spera, la fede che crede nel presente e per il futuro, la fede come atto che si pone adesso, ma che abbraccia anche il futuro, non annulla la libertà: la vive in una relazione, la relazione con Dio. E una libertà vissuta ed esercitata all’interno di una relazione non è più una libertà che deve bastare a se stessa: vive anche di ciò che l’altro le dona. Così, una libertà che acconsente alla relazione di amore e di obbedienza nei confronti del Signore, permette un’esistenza in cui anche la libertà del Signore può esprimersi. E qual è l’espressione suprema della libertà di Dio nei confronti degli uomini se non la grazia, il dono dello Spirito Santo? Allora possiamo essere sicuri che san Giuseppe non era solo un uomo buono e generoso: era anche un uomo felice, di quella gioia dello Spirito Santo che nessuna circostanza negativa e nessun sacrificio possono sminuire. - Lepori - donboscoland -

 
 
 

19 MARZO FESTA DI SAN GIUSEPPE LA SUA FIGURA E MISSIONE

Post n°1675 pubblicato il 19 Marzo 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Sotto la sua protezione si sono posti Ordini e Congregazioni religiose, associazioni e pie unioni, sacerdoti e laici, dotti e ignoranti. Grande, eppure ancor oggi piuttosto sconosciuto. Il nascondimento, nel corso della sua intera vita come dopo la sua morte, sembra quasi essere la "cifra", il segno distintivo di san Giuseppe. Come giustamente ha osservato Vittorio Messori, "lo starsene celato ed emergere solo pian piano con il tempo sembra far parte dello straordinario ruolo che gli è stato attribuito nella storia della salvezza". "Qualunque grazia si domanda a S. Giuseppe verrà certamente concessa, chi vuol credere faccia la prova affinché si persuada", sosteneva S. Teresa d’Avila. "Io presi per mio avvocato e patrono il glorioso s. Giuseppe e mi raccomandai a lui con fervore. Questo mio padre e protettore mi aiutò nelle necessità in cui mi trovavo e in molte altre più gravi, in cui era in gioco il mio onore e la salute dell’anima. Ho visto che il suo aiuto fu sempre più grande di quello che avrei potuto sperare..."( cfr. cap. VI dell’Autobiografia). Difficile dubitarne, se pensiamo che fra tutti i santi l’umile falegname di Nazareth è quello più vicino a Gesù e Maria: lo fu sulla terra, a maggior ragione lo è in cielo. Perché di Gesù è stato il padre, sia pure adottivo, di Maria è stato lo sposo. Sono davvero senza numero le grazie che si ottengono da Dio, ricorrendo a san Giuseppe. Patrono universale della Chiesa per volere di Papa Pio IX, è conosciuto anche come patrono dei lavoratori nonché dei moribondi e delle anime purganti, ma il suo patrocinio si estende a tutte le necessità, sovviene a tutte le richieste. Giovanni Paolo II ha confessato di pregarlo ogni giorno. Additandolo alla devozione del popolo cristiano, in suo onore nel 1989 scrisse l’Esortazione apostolica Redemptoris Custos, aggiungendo il proprio nome a una lunga lista di devoti suoi predecessori: il beato Pio IX, S. Pio X, Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo V. Il Nuovo Testamento non attribuisce a san Giuseppe neppure una parola. Quando comincia la vita pubblica di Gesù, egli è probabilmente già scomparso (alle nozze di Cana, infatti, non è menzionato), ma noi non sappiamo né dove nè quando sia morto; non conosciamo la sua tomba, mentre ci è nota quella di Abramo che è più vecchia di secoli. Il Vangelo gli conferisce l’appellativo di Giusto. Nel linguaggio biblico è detto "giusto" chi ama lo spirito e la lettera della Legge, come espressione della volontà di Dio. Giuseppe discende dalla casa di David, di lui sappiamo che era un artigiano che lavorava il legno. Non era affatto vecchio, come la tradizione agiografica e certa iconografia ce lo presentano, secondo il cliché del "buon vecchio Giuseppe" che prese in sposa la Vergine di Nazareth per fare da padre putativo al Figlio di Dio. Al contrario, egli era un uomo nel fiore degli anni, dal cuore generoso e ricco di fede, indubbiamente innamorato di Maria. Quando noi guardiamo al sì di Maria dobbiamo anche pensare al sì di Giuseppe al progetto di Dio. Forzando ogni prudenza terrena, e andando al di là delle convenzioni sociali e dei costumi del suo tempo, egli seppe far vincere l’amore, mostrandosi accogliente verso il mistero dell’Incarnazione del Verbo. Nella schiera dei suoi fedeli il primo in ordine di tempo oltre che di grandezza è lui: san Giuseppe è senz’ombra di dubbio il primo devoto di Maria. Una volta conosciuta la sua missione, si consacrò a lei con tutte le sue forze. Fu sposo, custode, discepolo, guida e sostegno: tutto di Maria.

 
 
 

IL SUCCESSO DELL'UGANDA DA RAGIONE AL PAPA

Post n°1674 pubblicato il 19 Marzo 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

INTERVISTA A CIANTIA MEDICO DI AVSI

La posizione del Papa sull’Aids? Realista, ragionevole e scientificamente fondata. Parola di un medico che da anni si misura col problema in uno dei Paesi africani dove il virus ha colpito più duramente, l’Uganda, e dove le strategie di contrasto hanno portato a risultati molto significativi, fino a farne un modello. Filippo Ciantia ci vive dal 1980 con la moglie e otto figli. È il rappresentante regionale dell’ong italiana Avsi per la Regione dei Grandi laghi ed è autore di numerosi interventi su riviste scientifiche. In uno di questi, pubblicato su Lancet, ha messo in evidenza l’efficacia della dottrina cattolica nell’affronto dell’Aids.

In che senso Benedetto XVI esprime una posizione realista?
La strategia vincente di fronte al virus non può essere meramente sanitaria e farmacologica. Si vince tenendo conto di tutti i fattori che costituiscono la persona. I dati dimostrano che l’Aids è diminuito solo nei Paesi in cui si è lavorato per modificare i comportamenti sessuali e gli stili di vita delle persone, cosa che a sua volta deriva da un lavoro di informazione e educazione che coinvolge le famiglie, le donne, le scuole. È accaduto così in Kenya, Etiopia, Malawi, Zambia, Zimbabwe e soprattutto qui in Uganda. Ma per ottenere risultati bisogna avere il coraggio di scelte forti, come hanno fatto da queste parti...

Quali scelte?
Il cuore del problema sta nella modificazione dei comportamenti, per esempio i rapporti sessuali a rischio contemporanei con più partner, che in Africa sono molto diffusi. C’è una notevole ritrosia a intervenire su questo terreno perché si dice che in nome della libertà non è lecito intromettersi nelle scelte della gente. Ma questa è una posizione ipocrita. Come la mettiamo allora con le campagne contro il fumo, l’alcol, la droga che si vanno moltiplicando? Anche questa è invasione di campo? Se un comportamento mette a rischio la salute, astenersi dall’intervenire per cercare di modificarlo significa in realtà danneggiare le persone che lo mettono in atto e l’intera società.

Quindi la Chiesa non fa invasione di campo parlando di astinenza e fedeltà al partner?
La Chiesa fa il suo mestiere e, facendolo, contribuisce al bene di tutti. Non c’è un posto al mondo dove l’Aids sia diminuito senza un cambiamento radicale dei comportamenti sessuali. Ma per arrivare a questo si deve lavorare a livello educativo, non ci si può certo accontentare di distribuire preservativi, confidando nel loro effetto taumaturgico e deresponsabilizzando la gente. Lo ha capito bene il governo ugandese che ha laicamente lanciato con successo la strategia dell’ABC.

In cosa consiste l’ABC?
Alle persone viene consigliata l’astensione dai rapporti (Abstinence), la fedeltà al partner (Being faithful) e – in casi molto particolari e solo per certe, limitate categorie di persone – l’uso corretto del profilattico (Condom use). Risultato? La prevalenza dell’Hiv è passata dal 15% del 1992 al 5% del 2004. E sa qual è stato il costo dei programmi avviati per favorire la modifica degli stili di vita? 23 centesimi di dollaro a testa. Ha ragione il Papa: siamo di fronte a una tragedia che non può essere vinta solo con i soldi. Serve una strategia multilaterale che metta al centro il bene della persona.

Cosa vuol dire concretamente?
Promozione della condizione femminile, sostegno a chi è colpito dal virus con i farmaci (la gratuità è un elemento fondamentale e rischia di venire colpito dagli effetti della crisi economica), lotta allo stigma e alla discriminazione nei confronti dei malati, campagne di educazione preventiva nelle scuole primarie raggiungendo i bambini prima che diventino sessualmente attivi. E per raggiungere questi obiettivi, non si può prescindere dal fattore comunitario.

Perché è fondamentale questo elemento?
In una società come quella africana è necessario coinvolgere i leader religiosi e le comunità locali. In Uganda molte organizzazioni si sono prese cura degli orfani (che sono due milioni e mezzo), hanno aiutato le famiglie colpite, si sono prodigate nell’attività educativa e soprattutto hanno fatto compagnia ai malati. Come fanno quelli del Meeting Point, il partner locale di Avsi, che da anni aiutano migliaia di donne a Kampala e in altre città.

Cosa fanno?
Promuovono corsi di igiene e salute, prestiti per piccole attività lavorative, distribuiscono cibo. Molte donne sono state aiutate a capire che la loro esistenza è più grande della malattia, hanno cominciato il trattamento antiretrovirale che prima rifiutavano perché si sentivano finite, si aiutano a vicenda a prendere le medicine. Se una di loro muore, i figli vengono presi in casa da un’altra. Si sentono amate da qualcuno che le considera importanti. È un piccolo miracolo quotidiano, un’esperienza d’amore più contagiosa del virus.

Filippo Ciantia

 
 
 

PARLA IL PAPA FORZA DIAMOGLI CONTRO!!!! TANTO VA DI MODA

Post n°1673 pubblicato il 19 Marzo 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Possiamo immaginarci la scena. Una redazione qualsiasi. Stanze ex fumose (ora è vietato). Giovanotti trafficano ai computer chiacchierando di quant’era bella la professione e quanto non lo sarà più. Facciamoci due passi fino al bar. Sussurri sulle prossime nomine in Rai che daranno il via alla classica (e sempre attuale) "rumba dei direttori" (un gioco che si svolge a porte chiuse e al quale accedono da sempre gli stessi sette-otto nomi, a proposito di caste). La tv è accesa, su Sky o Rainews. Giornata media, noia media. Fino a che sui monitor compare un flash d’agenzia, il cui titolo, presumiamo, sarà: "Papa in Africa: no al preservativo". Ehi, esclama il caposervizio addetto al controllo delle notizie, abbiamo un titolo, finalmente! Già, i titoli. Con il titolo si fa tutto. Si condanna una persona (stupratore, ladro, corrotto, pedofilo, in questo caso viene meglio se prete). Si esaurisce un mondo. Si distrugge un pensiero. Generalmente parlando i titoli "funzionano" (si dice proprio così) quando sono negativi e devastanti. Ne sa qualcosa lo stesso Papa, da Ratisbona all’affaire lefebvriani si sarà accorto di quanto costa, di quanto pesa un titolo. Ormai pochissimi leggono gli articoli per intero o ascoltano tutto il telegiornale. Bastano i titoli "per far capire". L’evento, l’uomo, la storia e la filosofia. In tre o quattro parole, una o due righe, ecco fatto. Non serve altro. Se il giornalismo fosse un mondo onesto e leale li dovrebbe abolire. O obbligarsi a usare solo una parola. L’altro ieri, sulla notizia che ha svegliato il caposervizio di turno in un giorno medio avrebbe dovuto esserci la parola Africa, o Papa, o anche Aids, o persino Preservativo (piuttosto parziale, ma almeno oggettivo). E così sui giornali e telegiornali di ieri. Niente altro, né occhielli, né sommari. Una parola per segnalare e basta, non una mannaia per decapitare. Che bellezza, che liberazione, essere costretti a leggere tutto, ad ascoltare tutto. O a ignorare tutto. Però tutto. Certo, si può truffare anche scrivendo diecimila caratteri, ma noi lettori-telespettatori-ascoltatori siamo disposti a rischiare. Vogliamo tutto, dateci tutto. Non più giochi di parole, non più buchi della serratura da dove guardare l’immensità del reale, non più tramezzi di cartone dai quali origliare la faticosa esistenza dei vicini, non più strizzatine d’occhio compiaciute e sadiche, non più letture condizionate pregiudicate guidate. Parlando in aereo con i vaticanisti, Benedetto XVI ha risposto a cinque domande. Nell’ordine: la "solitudine" del Papa, la crisi economica, la prossima enciclica, il cristianesimo e le sette in Africa, la posizione della Chiesa rispetto all’Aids. Ed ecco cosa ha risposto (lo riprendiamo dal Vatican Information Service, attendibile perché ufficiale e letterale): «Penso che la realtà più efficiente, più presente sul fronte della lotta contro l'Aids sia proprio la Chiesa cattolica, con i suoi movimenti. [...] Direi che non si può superare questo problema dell'Aids solo con slogan pubblicitari. Se non c'è l'anima, se gli africani non si aiutano, non si può risolvere il flagello con la distribuzione di profilattici: al contrario, il rischio è di aumentare il problema. La soluzione può trovarsi solo in un duplice impegno: il primo, una umanizzazione della sessualità, cioè un rinnovo spirituale e umano che porti con sé un nuovo modo di comportarsi l'uno con l'altro, e secondo, una vera amicizia anche e soprattutto con le persone sofferenti, la disponibilità, anche con sacrifici, con rinunce personali, ad essere con i sofferenti». C’è qualcuno che possa dire che il giudizio del Papa non sia vero? Che possa sostenere che si può risolvere il flagello dell’Aids solo con i profilattici? Che non sia necessaria una «umanizzazione della sessualità»? Non desideriamo tutti «un nuovo modo di comportarsi»? E l’amicizia con i sofferenti è forse sbagliata? Anche i più accaniti mangiapreti, se sono uomini, devono essere d’accordo. Ma poi su queste parole è arrivato il titolo che le ha demolite prima e annichilite poi (come accade ormai per ogni titolo di ogni notizia). Ed è stato il solito teatrino di commenti e notazioni intelligenti, tipo "è la prima volta che il Papa usa la parola profilattico" o "si vorrebbe evitare di cadere nella trappola che quella parola mette sul sentiero di una delle rare occasioni che si hanno in Italia di parlare delle realtà e dei problemi dell’Africa". Già, si vorrebbe evitare, ma non si può. La trimurti del giornalismo "moderno", vouyerismo-cinismo-giustizialismo, lo vieta. In fondo, che ce ne frega dell’Africa?

(PS. Come titolo per questo articolo propongo: "Questo articolo non dovrebbe avere un titolo". Confido in voi, amici deI Sussidiario)

 
 
 

CHI ASSICURA SESSO SICURO CON IL CONDOM MENTE ECCO ULTERIORI DATI

Post n°1672 pubblicato il 19 Marzo 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Il professor Lelkens è confermato da uno studio compiuto da C.M. Roland, capo della sezione "Proprietà dei polimeri" del Naval Research Laboratory di Washington, apparso in un articolo della rivista specializzata Rubber World del giugno del 1993. "Sulla superficie del preservativo - scrive Roland - la struttura originale appare al microscopio come un insieme di crateri e di pori. Più importante per la trasmissione dei virus è la scoperta di canali del diametro medio di 5 micron, che trapassano la parete da parte a parte. Ciò significa un collegamento diretto tra l'interno e l'esterno del preservativo attraverso un condotto grande 50 volte il virus". La notizia va presa con estrema attenzione: il preservativo presenta fori 50 volte più grandi del virus dell'AIDS e quindi questo virus può benissimo attraversare la parete di gomma del profilattico. La maniera migliore per verificare la veridicità di questi dati era testare nella realtà la presunta sicurezza offerta dai preservativi. Questo è appunto ciò che ha fatto la dottoressa Susan C. Weller che ha studiato la frequenza della trasmissione del virus, usando sempre il preservativo per un anno, tra coppie di marito e moglie nelle quali uno solo dei due partners è sieropositivo. In questo studio è emerso che ben il 30% delle persone sane si è ammalato nell'arco di un anno; ciò a dimostrare che questi soggetti, nonostante l'uso continuato del preservativo, sono stati contagiati dal loro coniuge.

La Federal Drugs Administration (Fda), per esempio, l'ente che negli Stati Uniti controlla i medicinali, nota che il preservativo di gomma può fare qualcosa per prevenire le malattie veneree, ma non elimina il rischio FDA, Letter to U.S. Condom Manufacturers, 7 aprile 1987. Il contatto diretto con sperma infetto è la causa principale della trasmissione per via sessuale del virus dell’Aids. In una eiaculazione vengono emessi circa 3,5 milliuitri di sperma, e il liquido seminale di un uomo sieropositivo contiene più o meno 100.000 particelle di virus per microlitro (0,001 millilitri). Una caratteristica dei virus è proprio la loro dimensione incredibilmente ridotta. Al microscopio elettronico si è potuto costatare che ii virus Hiv è una pallina del diametro di appena 100 nm (nanometri), cioè 0,1 micron (1 micron = 0,001 mm e 1 nanometro è un miliardesimo di metro). Ciò significa che il diametro della parte più grossa dello spermatozoo, la testa, che è di 3 micron, è trenta volte più grande dello Hiv (3). Il che è come dire che, se lo spermatozoo ce la fa a oltrepassare la parete del preservativo, il transito è trenta volte più comodo per il virus.

Altra considerazione:

- Diametro del virus HIV: circa 0,1 micron.

- Diametro della testa dello Spermatozoo: circa 2,5 micron.

Negli i anni ‘60, con la scoperta della pillola anticoncezionale, il preservativo venne largamente soppiantato perché considerato molto meno sicuro: la percentuale di insicurezza veniva valutata dal 13% (uso corretto) fino al 20% ( considerando anche i casi di uso scorretto). In altre parole, un certo numero di spermatozoi riusciva comunque a passare fino a provocare, in una percentuale dal 13 al 20 per certo, gravidanze indesiderate. Ma se passano loro (gli spermatozoi ), dovrà passare anche il virus che abbiamo visto essere ben 25 volte più piccolo! I produttori di preservativi, nella loro pubblicità, parlano di assoluta sicurezza e citano il rigoroso test ai quali i loro preservativi vengono sottoposti prima di essere immessi sul mercato (anzi al supermercato). Il "test di permeabilità" consiste nei riempire un preservativo con 300 ml di acqua distillata, tenerlo appeso per qualche ora e verificare che non vi siano perdite. La molecola dell’acqua è ancora più piccola dei virus, quindi se non passa quella...!

Qualsiasi esperto, però, sa che nei liquidi intervengono anche altri fattori fisici, come capillarità e tensione superficiale. G. B. Davis e L . W. Schroeder hanno allora condotto una semplice prova e hanno pubblicato il lavoro ancora nel 1990. Con l’aiuto di un microscopio elettronico hanno praticato dei forellini di 1 micron (10 volte più grandi del virus HIV quindi) nei preservativi e li hanno sottoposti di nuovo al "test di permeabilità" che hanno brillantemente superato. R. F. Carey, in un altro esperimento pubblicato nel 1992 su Scientific American, ha preso dei preservativi nuovi di diverse marche e li ha riempiti con delle microsfere fluorescenti di politstirene del diametro di 0,1 micron (le dimensioni del virus HIV) e li ha sottoposti poi a stiramenti e pressioni simili a quelle del coito: la perdita di sferule risultò essere di circa 1 miliardesimo di litro al secondo. In due minuti passano qualcosa come 12.000 sferule, in mezz’ora ne passano 180.000.

In conclusione?

L’European Study Group ha pubblicato uno studio ancora nel 1989 sull’autorevole British Medical Journal da cui risulta in definitiva, una "protezione" intorno al 69% (quindi il 31 % di insicurezza nei confronti di un ipotetico virus di 0,1 micron di diametro).Di un parere analogo é l’FDC (ente federale americano che controlla la validità dei prodotti farmaceutici) che afferma in una circolare che "Il preservativo può solo ridurre il rischio di malattie veneree, ma non lo elimina". Molti scienziati, tra cui premi Nobel, affermano, con prove alla mano, che quest’ultima malattia ha ben altre cause, anche se i loro studi non godono della stessa risonanza della vasta campagna di opinione che afferma che L’AIDS sia dovuto al virus HIV.

Ecco un elenco di pubblicazioni specializzate e certamente non di parte

(1) J. TRUSSEL - K. KOST, Contraceptive Failure in the United States: a Critical Review of the Literature, in «Studies of Family» 18 (1987), pp. 237-283.
(2) FDA, Letter to U.S. Condom Manufacturers, 7 aprile 1987.
(3) JOHN HOPKINS UNIVERSITY, «Population Reports», vol. XVIII, n. 3, serie H, n. 8, 1990; «American Journal of Nursing», ottobre 1987, p. 1306.
(4) G.B. DAVIS - L.W. SCHROEDER, in «Journal of Testing and Evaluation», 18 (1990) 352.
(5) R.F. CAREY e altri, Sexually transmitted Diseases, 19 (1992), p. 230.
(6) C.M. ROLAND, The Barrier Performance of Latex Rubber, in «Rubber World», giugno 1993, p. 15.
(7) «Washington Post», 39 (1992), 3 luglio, p. 22.
(8) M. STEINER e altri, Contracception, 1992. pp. 46,279.
(9) SUSAN C. WELLER, A Meta-Analysis of Condom Effectiveness in reducing sexually transmitted Hiv, in «Soc. Sci. Med.», vol. 36 (1993), n. 12, pp. 1635-1644.
(10) EUROPEAN STUDY GROUP, Risk Factors for Male to Female Transmission of Hiv, in «British Medical Journal», 298 (1989), pp.411-415.

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 26
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Marzo 2009 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
            1
2 3 4 5 6 7 8
9 10 11 12 13 14 15
16 17 18 19 20 21 22
23 24 25 26 27 28 29
30 31          
 
 
 

ARTICOLI DI FEDE MOLTO BELLI

 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963