ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 23/03/2009

PADRE AMORTH: CHI DICE SONO CREDENTE MA NON PRATICANTE E' UN MENTITORE

Post n°1697 pubblicato il 23 Marzo 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Padre Gabriele Amorth, Decano degli esorcisti a livello mondiale “ scomunica” il profilattico e lo associa al demonio. Dice il noto sacerdote: “ il profilattico è satanico. È  una creazione del demonio fatta apposta per tentare l’uomo,allontanarlo da Dio e determinarne la perdizione. Il preservativo è satanico in quanto palesemente contrario alla legge di Dio ed ogni cosa che attenta alle legge di Dio, è opera  del demonio e porta la sua firma”. Il Papa BenedettoXVI, nel corso del suo recente viaggio in Africa, è stato criticato da molti organi di stampa ed esponenti di Governi esteri, per aver sostenuto che il semplice preservativo non basta nella lotta contro l’Aids. Come spiega queste censure,anche piuttosto energiche nella forma?: “  è la rabbia del Diavolo che si estrinseca in tutta la sua violenza. Sia ben intesto. I giornalisti in sé, coloro che propendono per il preservativo e gli autori delle critiche in sé stessi, non sono indemoniati né posseduti, sono solo  ...... vittime delle seduzioni di Satana. Poi esiste pur sempre il libero arbitrio, ognuno ha la facoltà di scegliere, in libertà, il bene o il male. In ogni caso Satana lancia la sua esca ed aspetta astutamente chi ci casca. E’ un essere perverso e pervertitore”. Va bene, Padre Amorth, ma come la mettiamo con le televisioni e quanto esse  trasmettono? “mi sembra opportuno chiarire. La televisione,la radio,internet, in sé stessi non sono un male. Ma quando vengono utilizzati a fini distorti, per esempio con programmi non compatibili con la morale cattolica, o in pieno disprezzo del corpo umano, allora mi sembra logico dire che si convertano in strumenti al servizio del demonio. Sappiate che Satana ha tentato persino Maria”. Quando? “dall’inizio, alla fine del Vangelo, ma la Madonna ha resistito, perché fedele alla legge di Dio. Chi realmente crede alla legge di Dio e la mette in pratica, non cede alle tentazioni di Satana. E qui apro una parentesi”. Quale?  "molte volte sento profferire, anche da gente istruita, sono credente, ma non praticante. Sono dei mentitori, non si può essere cattolico senza rispettare quello che dice il Signore. Siamo davanti a dei falsi modelli, da correggere e riprendere, con dolcezza, ma altrettanta fermezza”.
Poco fa lei accennava a falsi messaggi che lancia la Tv, dove spesso il corpo umano è trivializzato e banalizzato: “vero. Ecco la demoniacità di questi messaggi. Il corpo umano è Tempio dello Spirito e come tale va protetto e custodito. Ogni mercificazione va condannata, e se viene proclamata dalla Tv, ecco che ci troviamo davanti alla seduzioni del demonio”. Ma lei parla con i Demoni: “ certo ed ogni giorno scopro quanto sia subdolo Satana”. Pensa che le critiche ingiuste a Papa Benedetto XVI facciano parte del disegno satanico? “Satana teme ognuno che possa intralciare i suoi piani. E Papa Benedetto XVI lancia messaggi forti e chiari di santità, nel senso che invita a rispettare la legge di Dio e questo indispettisce Satana”. Nei suo esorcismi lei invoca spesso Giovanni Paolo II: “ di quel pontefice il demonio ha il terrore, come lo ha di Maria. Tutto ciò che sa di santità e Giovanni Paolo II è santo, disturba Satana che recalcitra a sentire il nome di Giovanni Paolo II, lo ho sperimentato. Ma con la stessa convinzione affermo che Papa Benedetto XVI è un importante baluardo contro le seduzioni del maligno. Insomma è sulla scia di Giovanni Paolo II e le immense masse che lo seguono all’Angelus o alle udienze del mercoledì lo confermano”. Da esorcista, ci dia una ricetta per una buona Quaresima e la Pasqua: “ praticare una degna, seria e dolorosa confessione”. Convinto che il profilattico è demoniaco? "certo, lo ripeto per l’ennesima volta. Il preservativo è una invenzione di Satana, per sedurre l’uomo e fargli violare la legge di Dio, dunque allontanandolo da Lui”. -  Bruno Volpe - Pontifex -
 

 
 
 

PAPA LEONE XIII E L'ARCANGELO SAN MICHELE

Post n°1696 pubblicato il 23 Marzo 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Il 20 febbraio 1878 al termine di un conclave durato solo 36 ore il cardinale Gioacchino Pecci fu eletto papa e prese il nome di Leone XIII ( 1810- 1903).  Molte persone, oggi anziane, ricordano che, prima della Riforma liturgica del Concilio Vaticano II, il celebrante ed i fedeli si mettevano in ginocchio, alla fine di ogni messa, per recitare una preghiera alla Madonna ed una al Principe degli Angeli, scritta dal papa Leone XIII, che diceva: “San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia, contro le malvagità e le insidie del demonio sii nostro aiuto. Ti preghiamo supplici: che il Signore lo comandi! E tu, Principe delle milizie celesti, con la potenza che ti viene da Dio, ricaccia nell’inferno Satana e gli altri spiriti maligni che si aggirano per il mondo a perdizione delle anime”. Uno dei segretari di Leone XIII, il padre Domenico Penchenino scrisse sull’origine di tale preghiera a San Michele: “Non ricordo l’anno preciso. Un mattino  ...... il grande pontefice Leone XIII aveva celebrato la Santa Messa e stava assistendone ad un’altra di ringraziamento, come al solito. Ad un tratto lo si vide drizzare energicamente il capo, poi fissare intensamente qualche cosa, al di sopra del capo del celebrante. Guardava fisso, senza batter palpebre, ma con un senso di terrore e di meraviglia, cambiando colori e lineamenti. Qualcosa di strano, di grande, avveniva in lui. Finalmente, come rinvenendo in sé, dando un leggero ma energico tocco di mano, si alza. Lo si vede avviarsi verso il suo studio privato. I familiari lo seguono con premura e ansiosi gli dicono sommessamente: Santo Padre, non si sente bene? Ha bisogno di qualcosa? Risponde: Niente, niente. Dopo una mezz’ora fa chiamare il segretario della Congregazione dei Riti e, porgendogli un foglio, gli ingiunge di farlo stampare e di farlo avere a tutti gli Ordinari del mondo. Che cosa conteneva? La preghiera che recitiamo al termine della invocazione al Principe delle milizie celesti, implorando Dio che ricacci Satana all’inferno”. Il cardinale Nasalli Rocca, a tal riguardo, testimoniò: “Leone XIII scrisse egli stesso quella preghiera. La frase “i demoni che si aggirano per il mondo a perdizione delle anime” ha una spiegazione storica, a noi più volte riferita dal suo segretario particolare, mons. Rinaldo Angeli. Leone ebbe veramente la visione degli spiriti infernali che si addensavano sulla Città Eterna, e da quella esperienza venne la preghiera che volle far recitare in tutta la Chiesa. Non solo, ma scrisse di sua mano uno speciale esorcismo contenuto nel Rituale Romano. Questi esorcismi, egli raccomandava ai vescovi e ai sacerdoti di recitarli spesso nelle loro diocesi e parrocchie. Egli lo recitava spessissimo durante il giorno”. E’ triste dover constatare che proprio oggi, nel primo decennio  del terzo Millennio, in un tempo in cui è più che mai urgente fare appello all’Arcangelo Michele in difesa della Chiesa contro i nemici diabolici all’interno o all’esterno di essa, vi è un grande decadimento della devozione a San Michele. Nel 1987 Giovanni Paolo II, in visita al santuario di San Michele Arcangelo, sul monte Gargano, ebbe a dire: “Questa lotta contro il demonio, che contraddistingue la figura dell’Arcangelo Michele, è attuale anche oggi, perché il demonio è tuttora vivo e operante nel mondo. In questa lotta, l’Arcangelo Michele è a fianco della Chiesa per difenderla contro le tentazioni del secolo, per aiutare i credenti a resistere al demonio che come leone ruggente va in giro cercando chi divorare”. Nel 1994, il Papa ebbe a dire, riguardo alla famosa preghiera a San Michele: “Anche se oggi questa preghiera non viene più recitata al termine della celebrazione eucaristica, invito tutti a non dimenticarla, ma a recitarla per ottenere di essere aiutati nella battaglia contro le forze delle tenebre e contro lo spirito di questo mondo”. L’associazione cattolica “Milizia di San Michele Arcangelo” che ha la sua sede centrale presso la parrocchia di Santa Maria la Nova nel comune di Campagna  in  provincia e diocesi di Salerno in questi mesi ha spedito migliaia di cartoline al Santo Padre Benedetto XVI chiedendo umilmente al papa di indire un anno in tutta la Chiesa, in onore di San Michele e di rimettere in obbligo di nuovo dopo la Santa Messa l’invocazione di papa Leone XIII all’Arcangelo. ( Per informazioni sulle cartoline da inviare a Benedetto XVI  telefonare a don Marcello Stanzione tel. Parrocchia 0828 44212 o cell. 333 63 00 481). Don Marcello Stanzione - Pontifex -

 
 
 

DICONO CHE SONO FOLLE PERCHE' CURO GLI INCURABILI, MA INVECE DI PARLARE VENGANO A VEDERE LA VITA DEI MIEI RIFIUTI UMANI

Post n°1695 pubblicato il 23 Marzo 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Questo prete ci darà un sacco di guai. Prossimo è il tempo in cui le sue lettere, le toccanti e terribili lettere in cui descrive le sofferenze dei suoi moribondi e l’amore che lo sospinge continuamente ai loro capezzali, là nell’ospedale della missione di San Rafael in Paraguay, verranno agitate nei talk-show per accusare i cattolici di sadismo e forse scrutate negli uffici dei magistrati come notizie di reato per chiudere i lazzaretti in cui i cristiani si compiacciono di assistere l’agonia di «esseri mostruosi e deformi», come li ha definiti Giorgio Bocca sull’Espresso. E il suo clamoroso gesto di protesta contro il capo dello Stato che si è rifiutato di firmare il decreto legge che avrebbe salvato la vita di Eluana Englaro (la restituzione della decorazione della Stella della solidarietà di cui era stato insignito) ci sarà rinfacciato come la prova della slealtà dei cristiani verso le istituzioni. Guai a chi, quel giorno, lo rinnegherà. Perché sarà la stessa cosa che rinnegare Cristo e se stessi. Padre Aldo Trento, 62 anni, quarant’anni di sacerdozio di cui venti di naufragio della vocazione e della salute sprofondate nel nero gorgo della depressione, è infatti un santo “per filiazione”. Figlio di don Luigi Giussani e figlio del popolo di don Giussani, cioè Comunione e Liberazione. Non è il santo che appare dal nulla come una folgore nella notte; è carne della carne di don Giussani e dei figli di don Giussani (primo fra tutti il sacerdote forlivese don Alberto Bertaccini), lentamente generato nella fatica e nell’umiltà davanti alla sofferenza incomprensibile della depressione. Don Aldo esercita il diritto e compie il dovere di scandalizzare mostrando ed esaltando il contenuto provvidenziale della sofferenza dei piccoli e degli innocenti, perché ha vissuto nella propria carne patimento analogo e ne ha infine abbracciato la verità per la Grazia della compagnia di chi gli è stato vicino sempre, fedelmente. La sua voce rauca e nebbiosa, così simile a quella del più famoso prete di Brianza da far trasalire, trasmette verità che non lasciano scampo, perché coincidono con la drammaticità di una vita vissuta.
Padre Aldo, nel contesto della vicenda che ha portato alla soppressione di Eluana Englaro lei ha compiuto un gesto di protesta clamoroso: ha restituito l’onorificenza di cui era stato insignito dal capo dello Stato. Perché lo ha fatto?

Perché l’uomo è un mistero, è relazione con l’Infinito. Io non posso pensare neanche per un istante che un presidente della Repubblica non rispetti la storia in cui questa coscienza dell’uomo come “io sono Tu che mi fai” ha creato il tessuto culturale e la civiltà non solo di un popolo, ma di un intero continente. Il gesto che ho fatto è stato come dire: «Caro presidente, guardi che lei non è il padrone della vita di nessuno. Anche lei in questo momento è fatto da un Altro, e mi duole che lei non possa capire questo». Anche perché io penso che col passare degli anni, avvicinandosi al giorno della propria morte, l’uomo se usa correttamente la ragione dovrebbe avere più acuto il senso dell’aldilà, il senso dei Novissimi, il senso del giudizio di Dio. E come può un uomo essere tanto arrogante da impedire che una persona umana, autenticamente umana, possa continuare vivere? Il secondo motivo della mia reazione è che mi sono sentito toccato nel cuore. Di Eluana si diceva che era allo stato vegetativo. Ma in fondo anch’io mi sono trovato allo stato vegetativo spiritualmente e moralmente per anni. Se è vero che la vita è vita quando ha un significato, io ho avuto momenti della vita in cui avevo perso il significato e avrei desiderato morire. Però ho incontrato un uomo, Giussani, che dallo stato vegetativo mi ha fatto rivivere, scoprire la bellezza della vita, il significato della vita. Facendomi anche capire che il significato non coincide con la funzione biologica, ma con il fatto che io possa essere cosciente di essere creatura divina. E se succedesse che io fossi incosciente, tuttavia farei ancora parte del Corpo mistico di Cristo che è la Chiesa. Il terzo motivo è che nella mia clinica non ho un caso Eluana, ma tanti. Eppure quando mi inginocchio davanti a queste piccole Eluana, penso all’Amore del Padre verso di me, che potendo offrirsi Lui come vittima d’Amore, ha preferito come segno di Amore ancora più grande di offrire suo Figlio sulla croce per me. Un giorno mentre dicevo Messa nella stanzetta di questi bambini malati ho letto il passo della Lettera agli ebrei dove si dice che Dio castiga quelli che ama. Non capivo. Ma ho guardato il crocefisso e ho guardato Victor, uno dei piccoli malati. E in quel momento ho capito che Victor è un privilegiato. Perché se Gesù è stato castigato per amore nei miei confronti, allora Victor è Gesù che sta soffrendo per me e per tutti, perché possa salvarmi io e salvarsi il mondo intero. Ma l’uomo di oggi non vuole sentire questo, ha eliminato Eluana perché vuole eliminare il crocefisso. C’è questa tendenza a eliminare il crocefisso dai luoghi pubblici perché si vuole eliminare tutto quello che ci ricorda il dolore. Ma il dolore è l’inevitabile condizione per la bellezza, perché uno possa incontrare il Mistero. Se io non avessi conosciuto la depressione per anni, se non avessi conosciuto in me l’odio alla vita, però sotto il manto di Giussani e della Madonna, credo che Dio non avrebbe potuto fare di me uno strumento di amore e di tenerezza verso tutti i rifiuti umani che riempiono la città di Asunción e dintorni, che porto con me come figli e fratelli, come altri Cristi.

Oggi la battaglia culturale è proprio su questo: ci sono intellettuali, come Lidia Ravera, che accusano le persone come lei di sadismo, dicendo che chi cura i malati incurabili lo fa per sfruttare le loro sofferenze, per sentirsi buono attraverso di loro. Oggi il giudizio morale va ribaltandosi: chi vuole curare i malati è crudele, perché vuole mantenerli nella sofferenza, chi li sopprime invece è veramente compassionevole.

Il problema è tutto nella risposta a una domanda: chi è l’uomo? Se l’uomo, come dice Sartre, è “una passione inutile”, un essere per la morte, allora non ho niente da obiettare. Però ci sono in noi delle cose inesplicabili come l’esigenza di amore, di infinito, di eternità, di bellezza. Questa nostalgia dell’eterno suggerisce che l’uomo è il frutto più bello del Mistero. Per cui, se Dio esiste, tutto ha un significato. In secondo luogo, questi signori non hanno conosciuto quello che ho conosciuto io, o che ha conosciuto Pavese, o che ha conosciuto Leopardi, o che hanno conosciuto tante persone: il “male del vivere”. Chi ha conosciuto il male del vivere ma ha avuto la Grazia, a differenza di Pavese, di incontrare un uomo come Giussani che lo ha amato, capisce bene che il sadismo è il loro, non il mio. Io sono uno che è resuscitato, che con molta facilità se non avesse avuto l’incontro con Giussani si sarebbe volentieri autoeliminato. Credo che quello che umilmente faccio io oggi sia l’espressione di un amore. Perché solo Dio sa quanto soffro, quanto soffro in questo dolore. Però non mi importa se non mi caspiscono. Forse grazie al mio dolore e al dolore dei miei figli anche per loro ci sarà, nell’ultimo istante della vita, un barlume minimo di lucidità per il quale si renderanno conto di ciò che ora, ubriachi di orgoglio come il demonio, disprezzano.
In questo momento storico drammatico è però successo anche un fatto inaspettato: mentre non pochi cristiani mostrano cedevolezza alla mentalità comune sui temi bioetici – l’ultimo caso è appunto quello dell’eutanasia a Eluana Englaro – ci sono stati degli atei e degli agnostici che mostrano sensibilità per la sacralità della vita. Il caso più clamoroso è quello del medico e cantante Enzo Jannacci, che si dichiara ateo, e che ha evocato «una carezza del Nazareno» per Eluana.
Ci sono uomini autentici che hanno una coscienza limpida di cos’è la ragione. Perché se la ragione è la capacità di guardare la realtà secondo la totalità dei fattori, allora capisco perché Jannacci ha detto quelle cose. Mentre tanti cattolici, proprio perché non fanno un uso corretto della ragione, non hanno neanche la coscienza della fede. La ragione ti apre la totalità dell’altro, te lo fa vedere come il riflesso del Mistero, qualcosa che sfugge alla tua portata. Jannacci mi ha commosso perché, come Leopardi, non è realmente un ateo. È più autenticamente religioso di migliaia di cattolici e anche di preti come quelli di Udine, favorevoli all’eutanasia su Eluana.

Il cristiano è chiamato alla testimonianza. Come deve essere la sua testimonianza nell’ambito politico, in questo momento storico drammatico? Che responsabilità deve esercitare?

È necessario prendere sul serio il magistero di Benedetto XVI e di Giovanni Paolo II, cioè prendere sul serio il cuore del cristianesimo, che è l’amore alla persona nella sua totalità. Dio vuole che la politica torni realmente ad essere per l’uomo, per la sua integralità. Ciò sarà possibile solamente se recupereremo un concetto chiaro di ragione. La sfida è lì: dobbiamo decidere chi è l’uomo. Se l’uomo è un numero che è uscito alla roulette, come dice Monod, allora è possibile tutto. Ma se l’uomo è relazione con il Mistero, le cose stanno diversamente. La politica deve decidere: o seguire quello che dice Monod, o decidere per quello che è l’uomo secondo la ragione: “Io sono Tu che mi fai”. La politica deve recuperare questa prospettiva del Mistero, altrimenti tutto diventa assurdo.

Lei ha fatto l’esperienza di quel che dice san Paolo: «Quando sono debole, è allora che sono forte per Cristo». Oggi la Chiesa è debole davanti alle potenze del mondo. Come può trasformare questa debolezza in forza?

A me impressiona quello che diceva Giussani: noi cristiani, e soprattutto molti pastori, vescovi, preti, religiosi, abbiamo vergogna di Cristo. Questo credo sia il delitto più grande. Se il mondo è quello che è, è perché noi, come dice Eliot, abbiamo abbandonato l’uomo. In America latina è evidente, anche nel mio paese: disobbedendo alle direttive del Santo Padre, un vescovo si è presentato alle elezioni e si è tirato dietro il 90 per cento del mondo cattolico. Invece dobbiamo recuperare la fedeltà effettiva e affettiva al Papa, superando quel complesso antiromano che da più di un secolo ci portiamo dietro. Quanto più saremo uniti al Papa, quanto più lo ameremo e lo seguiremo, tanto più il continente definito “il continente della speranza” da Giovanni Paolo II tornerà a rifiorire, mentre oggi è percorso da un asse del male che va da Raúl Castro a Chávez, a Rafael Correa, a Evo Morales e Lula.

Oggi la parola d’ordine della nostra cultura è “autodeterminazione”. Tutto va bene purché sia risultato di autodeterminazione. Va bene curare i malati inguaribili ma va bene anche sopprimerli; va bene abortire così come va bene tenere il bambino: basta che siano decisioni autodeterminate. In questo caso cade l’accusa di sadismo contro chi accudisce i sofferenti, ma a prezzo di un relativismo morale assoluto. Anche alcuni teologi e cristiani impegnati vedono nell’autodeterminazione una delle caratteristiche salienti dell’identità cristiana. Cosa ne pensa?

L’esistenza stessa documenta la menzogna, la diabolicità di questa posizione. Quando chiedo a un bambino in braccio ai suoi genitori “come ti chiami?”, lui guarda suo padre e sua madre come a dirmi: «Padre Aldo, hai sbagliato domanda, la tua domanda avrebbe dovuto essere: “Di chi sei?”». In ogni istante, io dipendo da qualche cosa: anche dagli elementi chimici, dagli elementi cosmici, da tutto. Ma ancora di più dipendo dal mio cuore, che mi porta inesorabilmente a cercare, a mendicare l’infinito. Poi io parto dalla mia esperienza di vita: se non avessi avuto la Grazia di qualcuno che mi ha aiutato a prendere coscienza di questa dipendenza ontologica, non sarei qui a parlare con lei. Perché l’autodeterminazione, nel caso della mia malattia, mi avrebbe spinto a farla finita con la vita. E tutto sarebbe finito. Invece è sorto un popolo che oggi gode di questa gioiosa dipendenza dal Mistero che io ho vissuto grazie a Giussani, che mi ha permesso di ritrovare il senso della vita e di farlo riscoprire a centinaia, a migliaia di persone. Quindi la posizione anarchica potrà anche appassionare, ma uno deve spiegarmi: prima non c’ero, adesso ci sono. Quindi Qualcuno mi ha creato. E poi, perché tutti cerchiamo un gesto d’amore? «Una carezza del Nazareno»: che cosa voleva dire Jannacci con questa frase, se non che l’uomo è dipendenza, proprio perché ha bisogno di una carezza? Aver bisogno di una carezza è già un desiderio, un grido di dipendenza. È dire “io sono Tu che mi fai”. Io sfido tutte queste persone a dirmi se c’è un momento della loro giornata in cui possono prescindere da una dipendenza, non importa da che cosa. Anche un ateo nel profondo di sé, arrivando alla sera e guardandosi allo specchio, capisce che da solo non può niente, che da solo si autoeliminerebbe, ma il cuore gli dice: “No, guarda che tu sei fatto da un Altro”, ed è da qui che origina la tristezza che in fondo tutta questa gente ha dentro. Io non ho mai incontrato nessuno, in quarant’anni che son prete, che non mi abbia mai chiesto: «Padre, mi benedica». Io ho assistito morire i fondatori di Ordine Nuovo rifugiati in Paraguay, Graziani e Massagrande. Più atei di loro non c’era nessuno. Eppure sul letto di morte questa dipendenza, questa affermazione del Mistero, l’ho ritrovata sulle loro labbra: mi hanno chiesto di confessarsi. Quando nella vita urge il momento decisivo, l’orgoglio si dilegua.

Recentemente è morto il figlio di 6 anni del capo dell’opposizione parlamentare in Inghilterra, David Cameron. Era nato con una grave disabilità. Il padre ha detto: «Quando è nato questo bambino, noi abbiamo pensato: “Avrà bisogno di tutte le nostre cure, dovremo fare tanto per lui”. Adesso che è morto, mi sono accorto che è lui che ha fatto tantissimo per noi. Chi ha ricevuto di più dal rapporto siamo stati noi». Che ne pensa?

È la stessa cosa che mi dicono le cento persone che lavorano nella nostra clinica. Credete che vengano a lavorare solo per lo stipendio? No. Mi dicono: «Padre, non possiamo più lasciare questo luogo, perché siamo noi che tutti i giorni torniamo a casa arricchiti, più umani». Cambia il rapporto fra marito e moglie: c’è gente che riscopre il valore della famiglia e chiede il matrimonio, ci sono madri che riscoprono l’amore per i figli, depressi che vengono anche dall’Italia e tornano a casa con un ritrovato gusto di vivere, imprenditori falliti che scendono da me e tornano in patria recuperati. Tutti mi dicono: «Padre, ma siamo noi i beneficiati di questo ospedale, non gli ammalati. Sono gli ammalati che assistono noi. Ci comunicano la bellezza della vita, il senso del dolore come cammino redentivo». Capisco benissimo quello che ha detto David Cameron. E vorrei che tutti venissero a vedere la Grazia che ha ricevuto quest’uomo che sono io: centinaia di figli deformi, bambini malati di Aids, che mi fanno riscoprire ogni giorno di più uomo. Io non mi sarei curato della mia depressione, non la affronterei se non vedessi tutti i giorni, più volte al giorno, quei malati terminali, quei bambini che mi guardano con gli occhi e mi dicono senza parlare “ma tu mi vuoi bene!” e “padre Aldo, noi soffriamo per te, perché tu possa andare avanti e aiutare gli altri”. Per queste mie parole sul Manifesto del 17 dicembre hanno scritto: “Le follie del prete del Paraguay”. Io vorrei che questa gente imparasse a parlare partendo da un’esperienza, non da un a priori. Perché a priori si possono dire un sacco di sciocchezze. Ma è la vita che parla, come dice quel bellissimo blues. Quello dove Richard diceva alla nonna: «Ma Dio non esiste», e la nonna rispondeva «È la realtà che dice che Dio esiste». - Rodolfo Casadei - tempi 

 
 
 

COME PREPARARSI ALLA RICONCILIAZIONE

Post n°1694 pubblicato il 23 Marzo 2009 da diglilaverita
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"Anche noi, dunque, circondati da un così gran nugolo di testimoni, deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede. Egli in cambio della gioia che gli era posta innanzi, si sottopose alla croce, disprezzando l'ignominia, e si è assiso alla destra del trono di Dio. Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d'animo. Non avete ancora resistito fino al sangue nella vostra lotta contro il peccato, e avete già dimenticato l'esortazione a voi rivolta come a figli: Figlio mio, non disprezzare la correzione del Signore e non ti perdere d'animo quando sei ripreso da lui". (Eb 12,1-5).
Nella Confessione il sacerdote ordina di solito una preghiera o un atto specifico che noi chiamiamo penitenza. Una persona adulta, che stimolata dagli avvenimenti di Medjugorje si è convertita e si è preparata per i Sacramenti, al momento della Confessione, quando il sacerdote le ha prescritto per penitenza una particolare preghiera, è rimasta sorpresa e con voce seria ha ripetuto: "la penitenza!? Ma non mi ha spiegato che la felicità consiste nel poter pregare ed essere invitati alla preghiera, e specialmente che la felicità più grande è quando possiamo dire: perdona e sarai perdonato? Pregherò dunque volentieri, e questo per me non sarà una penitenza". Un'altra persona che da tanto tempo aveva il solo desiderio di confessarsi, alla fine della confessione ha gentilmente chiesto: 'Ti prego, reverendo, che cosa devo fare ora per punizione?". Il sacerdote ha risposto: "Per punizione niente. Ma in segno della sua buona volontà e della promessa di non distruggere né annullare più se stessa, preghi...".
Ciò che si chiama penitenza non si deve intendere come una punizione, l'alienazione di un diritto o la negazione di qualcosa. La penitenza è la parte più bella della confessione, quando cioè possiamo offrire a colui che ci ha invitato a sedere di nuovo alla sua mensa, in segno di gratitudine da parte nostra, un atto concreto della nostra rinnovata disponibilità.
La Confessione è il momento gioioso della liberazione da un peso e della guarigione di una ferita; e la penitenza è solo la nostra testimonianza di un simile evento. E' il simbolo che Dio ci dona ancora tempo e possibilità di fare sviluppare e maturare la nostra vita. La penitenza, in se stessa, è il proseguimento della cura. Può essere dolorosa, ma è sempre meglio essere in cura che perdere ogni speranza. Avere vera coscienza della penitenza significherà essere pronti per la continua lotta contro quelle cose che sono fonte di peccato e che costituiscono offesa a se stessi, agli altri, a Dio.
Se ad esempio uno si dà all'alcool, insidia la sua pace interiore e quella della sua famiglia o della comunità a cui appartiene. Quale può essere allora la penitenza adatta a lui? Cercare ogni giorno con la preghiera di trovare la forza di dominare la tentazione dell' alcool fino a quando non guarisca completamente.
Per chi bestemmia o si inquieta sempre con gli altri, la relativa penitenza sarà: coltivare quotidianamente e con cura l'anima finché non riesca a mutare atteggiamento...
Laddove non esiste una viva coscienza della penitenza, può darsi che sia già accaduto ciò che non doveva succedere: cioè che il peccato non venga inteso seriamente e non costituisca, quindi, una ferita dalla quale sia necessario guarire. Ecco perché a volte si ha l'impressione che veramente non accada nulla nell'anima dopo la Confessione. Insieme al dono della pietà è necessaria la collaborazione. Se non si collabora, allora è inutile tutto, è inutile gettare sulla terra non coltivata o su quella pietrosa il seme migliore. La penitenza è quindi una disposizione interiore per ottenere pietà, guarigione e per poter ricominciare. Quando ci convinceremo che conviene essere sani, il che significa poter amare, perdonare, essere pietosi, allora non avremo più difficoltà a prendere alcun tipo di medicina, per una guarigione che dura tutta la vita.
"Del resto le opere della carne sono ben note: fornicazioni, impurità, libertinaggio, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere; circa queste cose vi preavviso, come già ho detto, che chi le compie non erediterà il regno di Dio". (Gal 5,19-21).
Chi si vuole confessare, deve prepararsi alla Confessione, o, in altre parole, esaminare la propria coscienza.
L' esame di coscienza può essere fatto in diversi modi, ma lo scopo è sempre lo stesso: vedere e considerare la propria vita e le azioni compiute davanti a Dio alla luce della Divina Verità, secondo le parole di Gesù Cristo, riguardare la propria vita e i propri atti e riflettere su di essi.
È utile mettere qui in evidenza due possibilità: l'uomo può esaminare la propria coscienza riportando alla mente tutto quanto da lui compiuto e riferirlo.
Ma può anche considerare la sua posizione davanti a Dio e cercare di vedere da dove viene il male.
Forse possiamo capire meglio quest'ultimo pensiero se per un attimo facciamo riferimento ad una relazione tipica nel campo della medicina: si dice che di frequente la medicina scolastica guardi solo i sintomi della malattia e proponga quindi il farmaco, ma esistono anche altri orientamenti. Uno di questi è la omeopatia, che non tiene tanto conto dei sintomi, ma piuttosto cerca di individuare le cause della malattia da cui provengono d'altra parte anche i sintomi. Ad esempio, si può avere mal di testa e far uso delle medicine adatte per combatterlo, ma il mal di testa può verificarsi per motivi specifici, a cominciare dalle forme di nevrosi, ecc. Lo stesso avviene con la Confessione. Possiamo dire di essere stati inquieti, ma quel che conta è vedere da che cosa deriva la nostra inquietudine. Forse perché non tutto va per il verso giusto nel campo del lavoro, oppure perché siamo egoisti o orgogliosi e dunque ci adiriamo con gli altri se non si comportano come vogliamo noi.
Quindi, per buona preparazione alla confessione, bisogna esaminare maggiormente i presupposti che favoriscono il peccato, invece di enumerare i peccati isolatamente.
Qualcuno infatti potrà dire che non prega e se ne accusa, ma è probabile che il problema sia più radicale a livello di fede e di bisogno emotivo di Dio. Perciò, invece di accusarsi perché non prega, quell'uomo dovrebbe considerare attentamente il fatto che la sua fede si è indebolita ed egli non si cura più della vera crescita spirituale. Solo quando si sarà esaminata la disposizione interiore, tutto diventerà più chiaro. E allora la vera domanda da porsi sarà sempre: "Sto facendo tutto in modo tale che dentro di me crescano l'amore, la fede, la speranza?" In conclusione: è pur vero che i peccati concreti costituiscono per noi la base di partenza per scrutare la nostra coscienza, ma lo scopo principale del nostro esaminarci a fondo è la continua rieducazione alla fede e all'amore. Noi non ci esaminiamo solo per trovare il peccato, ma anche per cercare le condizioni migliori per la nostra crescita come Cristiani. La preparazione alla confessione si fa in riferimento ai Dieci Comandamenti. Essi ci aiutano a creare l'esatto rapporto tra noi e Dio, gli uomini, le cose e noi stessi. Gesù nel comandamento dell'amore a Dio e al prossimo ha fornito un criterio assoluto per esaminare la nostra posizione. Questo comandamento contiene in sé tutta la Legge ed i Profeti. Per Gesù è l'unico criterio per mezzo del quale riconoscere i suoi, premiare e rifiutare. Tramite il comandamento dell'Amore consideriamo con la maggiore chiarezza possibile la nostra posizione, possiamo scorgere con maggiore facilità le mancanze personali e quelle degli altri, ma anche scoprire il fine della nostra vita cristiana e come metterlo in pratica.
Per una buona confessione il pentimento è una condizione essenziale. Esso non è nient'altro che il sincero dispiacere per esserci distrutti con il peccato e per aver annullato con esso i doni della Grazia, non impegnandoci a crescere nell'amore. Da qui deve scaturire una forte detenninazione contro il male che ci annienta ed anche la seria decisione di servirci dei mezzi che ci aiutano a crescere nell'amore. Solo quando capiremo che cosa significa non crescere e, oltre a ciò, distruggersi, potremo esclamare con tutto il cuore: "Mi dispiace, non mi comporterò mai più così". Nel frattempo qualcuno potrebbe cadere nel dubbio: "Ecco, io mi pento. Ma non posso promettere che un'altra volta non mi succederà la stessa cosa. Se dunque io so che potrà accadere di nuovo, allora non sono sincero e mi comporto da bugiardo davanti a Dio e a me stesso". Il fatto è che noi, così come siamo e nel mondo in cui viviamo, abbiamo molte difficoltà a raggiungere la condizione ottimale in cui operare conformemente alla legge dell'Amore a Dio e al prossimo. Non è bene comunque dar luogo ad una convinzione dalla quale poi dovessero nascere tensioni interne e paure, ma con fiducia, con l'aiuto di Dio e con la Divina Carità, bisogna andare avanti nella vita. La direzione della nostra vita e tutto il nostro impegno consistono nel fatto che ogni giorno ci miglioriamo e che con l'amore ci avviciniamo sempre di più a Dio e al nostro prossimo. Solo così ci renderemo conto in che modo quella distruzione di noi stessi, che è il peccato, offende e rattrista Dio. La possibilità e l'invito alla confessione mensile ci aiutano a capire che nel pentimento non si cerca una soluzione certa ed una realizzazione di vita lontana dal peccato; ogni volta, invece, dobbiamo affrontare la confessione con l'intima persuasione che faremo di tutto per crescere nell'amore, evitando il peccato ed il male. Quando ci mettiamo di fronte alla vita con questa convinzione e definitivamente decisi a combattere, sarà più semplice aver successo in questo campo. Nel pentimento è assolutamente inclusa la decisione di evitare i posti e le occasioni dove è più facile cadere. E la confessione regolare è, a questo scopo, una buona medicina e forma di protezione. Padre Slavko Barbaric - "Dammi il tuo cuore ferito" - *Io sono Amore*



 
 
 

L'ANTIDOTO ALLA BELLEZZA: "SCHIFIDOL PUZZ"

Post n°1693 pubblicato il 23 Marzo 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

La notizia risale alla scorsa settimana, in una scuola elementare di Torino 16 alunni sono stati intossicati, il colpevole? Un album di figurine - lo 'Schifidol Puzz' - lo hanno appurato i funzionari dell'Asl, intervenuti alla scuola europea Altiero Spinelli per accertare le cause del bruciore agli occhi e del mal di gola che aveva colpito gli alunni della 5/a elementare A e la loro insegnante. Ci pensate? I nostri bambini cresciuti a merendine e cellulare, che inorridiscono ai racconti dei nonni che non avevano il bagno in casa, ma dormivano con il pitale (o vaso da notte) sotto al letto, i nostri pargoli che si schifano davanti all’odore dei cavolfiori, che se transitate in autostrada nei pressi dei campi concimati da poco si lamentano "che schifo", proprio loro, sembrano impazzire per le figurine puzzolenti che riproducono l’odore di vomito, escrementi e altre cose simili…Sulle figurine c’è scritto ‘Strofina e svieni’, ma il suo ideatore spiega che si tratta di una trovata pubblicitaria, le figurine sono sicure, prodotte con tutte le certificazioni necessarie, sono realizzate completamente in Italia, insomma sono un prodotto altamente disgustoso, ma non pericoloso per la salute, un prodotto acquistato si stima, da circa 600/700 mila ragazzi. Caspita, chi l’avrebbe detto, il business del disgusto. Come sempre, il problema è un problema di adulti.
Noi le acquistiamo per loro, magari lamentandoci, ma le acquistiamo e comperiamo queste schifezze perché non sia mai che il piccolo si senta inferiore di fronte al compagnuccio che ne ha dieci bustine da portare in classe, e come per il cellulare a 6 anni, o il game boy, ci giustifichiamo dicendo "ce l’hanno tutti", incapaci di essere veri adulti, di giudicare cosa davvero è buono per loro e insegnare loro che c’è un’età in cui c’è bisogno di un adulto, di un maestro che ci aiuti a distinguere ciò che è buono da ciò che non lo è, perché è falso che non c’è distinzione, che va bene tutto, che quello che per il momento non ammazza non fa male. Ci lamentiamo delle generazioni di giovani senza gusto, senza amore per le cose buone e belle e ci scordiamo che quei giovani li abbiamo cresciuti noi, siamo noi i loro maestri.
I 7 milioni di figurine puzzolenti le hanno comperate con i nostri soldi, con il nostro permesso, lo stesso permesso o la stessa disattenzione che permette loro di passare ore davanti alla tv a guardare programmi ameni senza un adulto accanto che li aiuti a dare un giudizio, a fare una critica, la stessa distrazione educativa che fa in modo che anziché accompagnarli a guardare le bellezze che li circondano, si tratti di un fiore che sboccia, o di un quadro al museo dietro casa, li scorda davanti alla tv, o li parcheggia ai baby club dove insegnano loro ad imitare gli adulti ballando la macarena. Chi si rivolge all’infanzia deve avere la coscienza che si sta rivolgendo agli adulti di domani, non ad un segmento di marketing, ad una fascia di consumatori, ma alla pianta fragile e preziosa dell’albero del domani, chi dimentica questo ha una grande responsabilità, sia esso un genitore, un insegnante, un giornalista, un autore o un imprenditore.
Non esistono scuse.
Chi offre ai giovani brutture d’ogni tipo non può autoassolversi, giustificandosi perché in fondo non è l’unico a farlo, c’è già la cattiva televisione, la cattiva pubblicità, la cattiva musica, la cattiva educazione, non sarà certo la cattiva figurina a far la differenza, in fondo se le comperano vuol dire che piacciono.
Ma chiediamoci come potrà amare la musica chi non l’ha mai ascoltata, la storia chi non ha mai incontrato un maestro innamorato della storia che la sappia raccontare, si è tornati ad amare Dante quando Benigni l’ha recitato in tv, e si son riempite le piazze e i teatri per sentire Benigni e i ragazzi dei Cento Canti e il professor Nembrini declamare il canto 33 della Divina Commedia. Questo vuol dire che il bello piace, ma ci vuole qualcuno che lo sappia indicare. Quando a scuola si racconta la bellezza della musica, la magia del violino, la poesia del pianoforte, c’è sempre qualcuno a cui vien voglia di suonare. Se si ricominciasse a trasmettere l’entusiasmo per la matematica, per le scoperte scientifiche, forse non ci sarebbe il calo delle iscrizioni alle facoltà scientifiche universitarie.
Insomma, siamo alle solite, ci lamentiamo delle nuove generazioni che non sanno guardare al futuro e ci scordiamo che siamo noi ad averle cresciute -

Buggio Nerella - CulturaCattolica -

 
 
 

PREPARAZIONE SPIRITUALE ALLA CONSACRAZIONE AL CUORE IMMACOLATO DI MARIA DEL 25 MARZO 2009

Post n°1692 pubblicato il 23 Marzo 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Secondo giorno - 23 marzo 2009

"Imitare sempre di più le virtù di Maria racchiuse nel Suo Cuore Immacolato: La santità"

Preghiera iniziale

ORAZIONE AL SACRO CUORE DI MARIA

O Cuore immacolato di Maria sempre Vergine,
Cuore, in appresso a quello di Gesù,
il più puro, il più perfetto, il più nobile
che abbia formato la mano onnipotente del Creatore:
fonte inesausto di graza, di bontà, di dolcezza, di misericordia e di amore;
modello di ogni virtù, immagine perfetta del Cuore stesso di Gesù Cristo,
che tutti i Serafini, gli Angeli e i Santi insieme adorano,
prostrato avanti a Voi, col più profondo rispetto
io Vi ringrazio dei sentimenti d'amore e di misericordia
che aveste e vi prego umilmente di rendermi buono.

Lettura per la riflessione personale

Da: "Il segreto di Maria" di S. Luigi Maria Grignion de Monfort

Bisogna farsi santi: Dio lo vuole
3. O anima, immagine vivente di Dio e riscattata dal Sangue prezioso di Gesù Cristo, il tuo Signore vuole che tu diventi santa come Lui in questa vita, e gloriosa come Lui nell'altra.
L'acquisto della santità di Dio è la tua sicura vocazione; a questo devono dunque mirare tutti i tuoi pensieri, tutte le tue parole, tutte le tue azioni, tutte le tue pene, e tutti i movimenti della tua vita, altrimenti tu resisti a Dio, non facendo ciò per cui ti ha creata e ti conserva. Oh, quale opera stupenda! La polvere cambiata in luce, la sozzura in purezza, il peccato in santità, la creatura nel Creatore e l'uomo in Dio!
Oh, opera stupenda! Lo ripeto, ma opera difficile in se stessa ed impossibile con le sole forze della natura. Dio solo, con la sua grazia, ed una grazia copiosa e straordinaria, può venirne a capo; la creazione stessa dell'universo non è un capolavoro così grande come questo!
Per santificarsi, bisogna praticare la virtù

4. Come farai tu, anima predestinata? Di quali mezzi ti servirai per salire dove Dio ti chiama? I mezzi di salvezza e di santità sono noti a tutti sono scritti nel Vangelo, sono spiegati dai maestri della vita spirituale, sono praticati dai Santi e necessari a quanti vogliono salvarsi e giungere alla perfezione; essi sono l'umiltà del cuore, la preghiera continua, la mortificazione universale, l'abbandono alla divina Provvidenza, la conformità alla volontà del Signore. Per praticare la virtù, è necessaria la grazia di Dio

5. Per servirsi di tutti questi mezzi di salvezza e di santità, la grazia del soccorso di Dio è assolutamente necessaria, e questa grazia è concessa a tutti più o meno grande: nessuno ne dubita.
Dico più o meno grande, poiché il Signore, benché d'infinita bontà, non concede a tutti nella stessa misura ed intensità la sua grazia, sebbene a ciascuno ne dia a sufficienza. Ora, l'anima fedele con una grazia grande fa una grande azione, e, con una grazia debole, ne fa una piccola; quindi il valore e l'eccellenza delle nostre azioni sono in proporzione del valore e dell'eccellenza della grazia concessa da Dio e corrisposta dall'anima. Questi principi sono incontestabili.
Per trovare la grazia di Dio, bisogna trovare Maria

6. Tutto dunque si riduce a trovare un mezzo facile per ottenere da Dio la grazia necessaria per diventare santo: proprio questo mezzo voglio indicarti e dico che per trovare la grazia di Dio, bisogna trovare Maria.

Preghiera finale

Invocazione finale allo Spirito Santo

O Spirito Santo! Concedimi tutte queste grazie e pianta, innaffia e coltiva nella mia anima l'amabile Maria, vero Albero di Vita, perché cresca, fiorisca e rechi frutti di vita in abbondanza. O Spirito Santo! Dammi una grande devozione ed una grande appoggio sul suo seno materno ed un continuo ricorso alla sua misericordia, affinché in Lei Tu formi nella mia anima Gesù Cristo al naturale, grande e potente, fino alla pienezza della sua età perfetta. Amen.

 
 
 

CHI SALVA I BIMBI DAGLI SPOT PUBBLICITARI?

Post n°1691 pubblicato il 23 Marzo 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

La pubblicità non è una cosa da bambini. Più chiaro e diretto di così l’avvertimento non poteva essere. A ben analizzarlo il monito è anche più duro, un allarme del tipo: salviamo i bambini dalla pubblicità esattamente come li metteremmo al sicuro da una guerra; salviamoli dalla macchina da guerra del marketing che li bersaglia, li bombarda con un gioco di spot, mode e desideri tutti uguali e li trasforma in avidi e replicanti consumatori. Poiché questa guerra da anni la combatte in prima linea – come direttore della pubblicità di Benetton e anche come docente di Comunicazione e mercato al Politecnico di Milano – Paolo Landi sa bene di cosa parla quando cerca di convincere genitori, maestri ed educatori a tener fuori dall’orizzonte dei bambini il mondo delle merci e dell’omologazione, a non cedere alla tentazione intellettualistica di voler spiegare ai più piccoli i meccanismi della pubblicità, di smontare gli spot per vedere cosa c’è dietro. Semplicemente « perché non c’è proprio niente da smontare in uno spot pubblicitario che ripropone la sua forza nella capacità di colpire emotivamente e irrazionalmente chi lo guarda, sia egli un adulto o un bambino » . Non è un attacco alla pubblicità il nuovo libro di Paolo Landi intitolato proprio La pubblicità non è una cosa da bambini – in questi giorni in libreria ( La Scuola, pagine 96, euro 8,50) – nel solco e nello stile dei pamphlet con cui ama sorprenderci, prima a proposito della tv poi di internet. Né lui si dichiara pubblicitario pentito. Tutt’altro, ma rivendicandone la bellezza e l’utilità, con altrettanta passione, il pubblicitario si arroga il diritto di criticarla fino in fondo con l’onestà del professionista e la coscienza dell’educatore da cui non può prescindere. Accennando a una delle accuse più cordiali che gli vengono rivolte – « Lei è uno che sputa nel piatto in cui mangia » –, replica: « Solo chi conosce può criticare, solo chi sa può intervenire. E la diagnosi di uno specialista – medico ma anche idraulico – vale di più » . La pubblicità vuole i bambini in riga come soldatini da addestrare a mettersi in marcia docili e obbedienti agli imperativi del consumo? « Che in guerra ci vadano i grandi – sostiene Landi – perché i bambini vanno lasciati crescere e giocare nella pace » , cioè lontano dai valori materialistici e dalla cultura del consumo, rispettati nel loro diritto a essere bambini. Gli adulti devono capire che la pubblicità punta sui bambini, perché i bambini, come gli animali, fanno vendere: fanno breccia nelle emozioni degli adulti e spingono i coetanei all’emulazione. Aprono mercati interessanti e la pubblicità li usa doppiamente e li blandisce con un universo di prodotti e fantasia, di marche e di desideri che li abitua ad appropriarsi inconsapevolmente degli strumenti del consumo. Allora, si chiede Landi, siamo proprio sicuri di voler inculcare nei piccoli quei valori materialistici che ormai sappiamo alimentano la fragilità delle persone e condannano chi ha meno strumenti economici e culturali all’assuefazione consumista? Trascurando per giunta la dimensione spirituale. Siamo sicuri di riempire il suo immaginario con un mondo di merci? Siamo sicuri che questo sia il meglio per loro e non piuttosto quanto conviene agli adulti? Nessuno lo ammette, tutti si dichiarano al riparo dai poteri dei superbrand ma nessuno lo è davvero, tanto meno i bambini che ne restano affascinati e plagiati, salvo patire poi la frustrazione del divario tra i desiderio di possedere tutto – stesse scarpe, stesse magliette, stessi videogiochi, bibite e biscotti... – e l’impossibilità di soddisfarlo che equivale a una condanna all’infelicità. Nessuno si illuda che cresciuti alla scuola degli spot, diventati esperti di loghi, marche e marchietti i bambini si emancipino davvero e si presentino più smaliziati e competenti sulla scena della vita. « Trascurare la dimensione spirituale per mettere di fronte il bambino alla realtà del mondo significa, secondo Landi, impedirgli di percepire la coscienza di se stesso e lavorare contro la sua libertà. Istruirlo e instradarlo verso un destino di consumatore che finirà per imprigionarlo invece di renderlo libero » . Certo, per sganciarsi dal martellamento dei consumi ci vuole un po’ di coraggio, perché educare alla diversità, a guardare la vita da un punto di vista diverso da quello corrente è un esercizio impegnativo. La maggioranza per esempio ritiene che, per crescere, i bambini abbiano bisogno della tv e di internet, dei videogiochi o della Playstation. Anche in questo il pubblicitario è maestro: a casa Landi ( tre figli di quattordici, undici e otto anni) da dieci anni non c’è nulla del genere. - Rossana Sisti - Avvenire -

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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