ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 26/03/2009

L'UOMO NON E' SOLO UN DATO BIOLOGICO

Post n°1712 pubblicato il 26 Marzo 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Oggi possiamo lasciarci alle spalle sia l’autosufficienza degli scienziati, sia la pretesa onnicomprensiva dei teologi. Scienza, filosofia e teologia devono dialogare insieme, incrociando i loro percorsi con serietà e serenità. «In principio Dio creò il cielo e la terra – Il Signore Dio plasmò l’uomo», recita la Genesi. Come li fece? Si può conciliare l’evoluzionismo con la fede, a 200 anni dalla nascita di Darwin? Il dossier tenta una risposta. Il 12 febbraio 1809 a Shrewsbury, nell’Inghilterra occidentale, nasceva Charles Robert Darwin, lo scienziato che 50 anni dopo, nel novembre 1859, avrebbe pubblicato il libro destinato a scuotere la scienza, la teologia e la filosofia: L’origine delle specie. A 200 e 150 anni da quelle date, dopo un lungo itinerario di confronti e scontri, ecco una suggestiva occasione di dialogo interdisciplinare, per altro esaltata anche dal fatto che, sempre quest’anno, ricorre il quarto centenario delle rilevazioni astronomiche di Galileo, altro nervo scoperto in questo ambito. La questione potrà essere aggredita e dipanata da angolature differenti, senza sprezzanti prevenzioni nei riguardi degli altri approcci. Si deve ormai lasciare alle spalle l’orgogliosa autosufficienza dello scienziato che relegava la teologia nel deposito dei relitti di un paleolitico intellettuale, superato da chi correva gloriosamente sul luminoso e progressivo viale della scienza moderna. Ma si deve anche vincere la tentazione del teologo che si illudeva di perimetrare i campi della ricerca scientifica o di finalizzarne i risultati apologeticamente a sostegno delle sue tesi. Come scriveva il filosofo tedesco Friedrich Schelling (1775-1854), occorre che scienziato e teologo «custodiscano castamente la loro frontiera», rimanendo aderenti ai loro specifici canoni di ricerca, pronti però a rispettare e tenere in considerazione i metodi e i risultati degli ultimi approcci alla realtà umana in esame. Max Planck (1858-1947), nel suo saggio sulla Conoscenza del mondo fisico, scriveva che «scienza e religione non sono in contrasto, ma hanno bisogno una dell’altra per completarsi nella mente di un uomo che pensa seriamente». È necessario, perciò, che tutti ritornino a un atteggiamento che comprenda una virtù spesso sbeffeggiata, l’umiltà. Essa è alla base dell’autentica grandezza della ricerca, come insegnava Galileo in una sua famosa annotazione: «Infinita è la turba degli sciocchi, cioè di quelli che non sanno nulla e credono di sapere; pochi sono quelli che sanno qualche piccola cosetta; pochissimi quelli che sanno qualche particella; uno solo, Dio, è quello che sa tutto».

L’ominizzazione

Uno dei più celebrati studiosi di antropologia culturale, il francese Claude Lévi-Strauss, nell’opera Il crudo e il cotto (1964) ricordava che «lo scienziato non è l’uomo che fornisce vere risposte, è invece colui che pone le vere domande». Ebbene, riguardo al tema specifico dell’evoluzione umana, una delle questioni capitali che la scienza presenta, ma al cui svelamento contribuiscono in modo determinante sia la filosofia sia la teologia, è quella, delicata e fluida, del segnale o degli indizi che mostrano l’emergere dell’ominizzazione lungo la grande e complessa traiettoria evolutiva. In passato ci si appoggiava un po’ "quantitativamente" sullo sviluppo della capacità cranica e si parlava appunto di un "Rubicone cerebrale", cioè di una svolta legata alla crescita della massa del cervello. Poi, però, si è preferito puntare più sui "marcatori" culturali, come il primo apparire del linguaggio e dell’attività simbolica, con l’affiorare di una primordiale sensibilità estetica. Si tratterebbe, quindi, del superamento della mera fisicità con le sue pulsioni istintuali e meccaniche per assurgere a espressioni più libere e "gratuite". Ebbene, è proprio qui che la filosofia e la teologia possono dare un ulteriore contributo di comprensione. Innanzitutto lo può fare la filosofia che ci aiuta a individuare il trapasso dalla pura e semplice biologia, per cui l’organismo funziona secondo regole obbligatorie, alla elaborazione cosciente che giustifica, controlla e persino muta quei fenomeni primari. L’uomo riesce, allora, a rendersi ragione della sua realtà, a spiegarla e a dominarla, a scoprirne le regole che la reggono e a giustificarle. Ma a questo punto avviene qualcosa di più alto che sconfina nell’etica. Per descriverlo vorremmo ricorrere a quel grande pensatore, scienziato e credente che fu Blaise Pascal, che nei Pensieri (n. 829 ed. Chevalier) distingueva un triplice livello progressivo: l’ordine della carne, l’ordine dello spirito e quello della carità. L’ultimo livello con la sua gratuità non solo va oltre il meccanismo della carne, ossia della corporeità, già superato dall’ordine dello spirito, ma per il filosofo trascende anche «tutti gli spiriti insieme e tutte le loro produzioni», aprendo l’uomo all’infinito e all’eterno. Lo stesso pensatore, in una celebre battuta, ricordava che «l’uomo supera infinitamente l’uomo» e questo trascendimento lo si scopre proprio nella gratuità creativa dell’amore, che va oltre ogni rigida connessione biologica e contro la stessa logica dello spirito che riflette e argomenta. Si pensi alla grandiosa libertà etica esaltata dal cristianesimo col perdonare le offese, proteggere gli ultimi, aiutare anche il nemico o l’estraneo, «dare la stessa vita per la persona amata» (Gv 15,13). Questo atteggiamento, che fiorisce proprio dall’alta moralità dell’amore e da una scelta libera, smentisce nettamente quell’applicazione rigida e un po’ caricaturale della teoria evolutiva nota come "darwinismo sociale": il suo esempio più emblematico è nelle teorie di Herbert Spencer o di William G. Sumner che giustificarono le disuguaglianze sociali e le ingiustizie come esiti necessari della selezione naturale e stabilirono un parallelo meccanico tra evoluzione biologica ed evoluzione sociale.

Dalla biologia alla teologia

La gloriosa e drammatica grandezza etica dell’uomo, intessuto di miseria e di splendore, capace di "bestialità" e di eroismo, è il vero segnale dell’"umanità", il Rubicone che lo separa dal primate. Non è possibile ricondurre questa complessità e originalità sconcertante nel bene e nel male, tipica della creatura umana, questo "ordine della carità", affermata o negata, a una mera risultanza biologica, fermo restando che tutto questo non esclude i citati dati scientifici della paleontologia, della sistematica e della biologia molecolare, che confermano l’evoluzione progressiva delle varie forme strutturali del vivente ("l’ordine del corpo", sempre per usare il linguaggio pascaliano). Come è evidente, ormai siamo sul terreno teologico e qui iniziano a germogliare altri interrogativi che ci conducono alla comprensione "simbolica", cioè unitaria e piena, della persona umana (si pensi solo al tema della libertà e del peccato). Noi ci fermiamo qui ribadendo che mai come oggi scienza e teologia, sapere e credere devono incrociare i loro diversi percorsi con serietà e serenità, senza facili concordismi o istintuali rigetti. Per noi credenti valga sempre l’appello di sant’Agostino: «Intellectum valde ama!» L’amore appassionato per l’intelligenza, il sapere, il comprendere è fondamentale per la stessa fede che altrimenti si estinguerebbe in sentimentalismo, nella consapevolezza, però, che la verità è un Oltre che ci precede e ci supera. E agli scienziati può essere ricordato l’invito che Benedetto XVI proponeva per travalicare «la limitazione autoimposta alla ragione solo a ciò che è verificabile nell’esperimento», dischiudendosi all’orizzonte più ampio della verità. In questa luce – continuava il Papa – «la teologia vera e propria, come interrogativo sulla ragione della fede e del senso ultimo della realtà, deve avere il suo posto nell’università e nel vasto dialogo delle scienze». - donboscoland -

 

 
 
 

L'ERITREA A RISCHIO DI UNA CATASTROFE UMANITARIA

Post n°1711 pubblicato il 26 Marzo 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

KÖNIGSTEIN. L'Eritrea è sull'orlo della carestia e migliaia di persone stanno attraversando i confini per sfuggire alla fame e alle persecuzioni. In questo contesto, che rischia di trasformarsi in una catastrofe umanitaria per il Paese e per tutto il Corno d'Africa, l'associazione caritativa cattolica Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) ricorda in un comunicato inviato a ZENIT che sta offrendo aiuti d'emergenza mettendo a disposizione quasi 25.000 euro. L'Eritrea sta attraversando una grave crisi economica, resa ancor peggiore dai controlli sempre più serrati e dagli abusi dei diritti umani contro i cosiddetti dissidenti, soprattutto gruppi religiosi. Dopo un recente Rapporto del Dipartimento di Stato americano, fonti nella regione descrivono il Paese come stretto nella morsa della crisi alimentare, con il Governo che impedisce alla popolazione di accedere alle risorse fondamentali. I resoconti, i cui autori non possono essere rivelati per ragioni di sicurezza, affermano che le autorità hanno bloccato il trasferimento di cibo da una regione del Paese all'altra, hanno bandito i mercati all'aperto che vendono cereali e condotto ispezioni casa per casa alla ricerca di prodotti “ottenuti illegalmente”. “L'Eritrea è in ginocchio in termini di produzione alimentare”, afferma uno dei rapporti ricevuti da ACS sottolineando la gravità della scarsità dei raccolti a causa della siccità. “Si sta arrivando alla distruzione e al completo isolamento del Paese”, aggiunge il testo, che accusa il Governo di rifiutare gli aiuti esterni nonostante siano disperatamente necessari. Molti abitanti dell'Eritrea si rifugiano a sud, in Etiopia, dove ACS sta aiutando circa 20.000 rifugiati che hanno trovato alloggio in due campi nella zona settentrionale del Paese. A questo proposito, l'associazione sottolinea la necessità di avere dei mezzi di trasporto per portare derrate alimentari attraverso le zone montuose fino ai campi di rifugiati. “Possiamo solo iniziare a immaginare l'incubo che sta avvolgendo l'Eritrea – ha affermato un portavoce di Aiuto alla Chiesa che Soffre –. La popolazione ha urgente bisogno delle nostre preghiere e del nostro sostegno”. ACS si sta preoccupando sempre più per gli abusi dei diritti umani in Eritrea, soprattutto contro i cristiani. Come descrive il Rapporto del Dipartimento di Stato USA sui diritti umani del 2008 nel Paese, le forze di sicurezza hanno usato schiavitù, esposizione al calore e maltrattamenti per punire le persone arrestate per le loro convinzioni religiose, che sono state costrette a firmare dichiarazioni in cui rinnegano la propria fede. A volte sono state trattenute in container metallici sotterranei. Anche se la Chiesa cattolica è uno dei quattro gruppi religiosi approvati dal Governo, lo scorso anno circa una dozzina di sacerdoti e di suore è stata espulsa dall'Eritrea, in molti casi senza alcun avvertimento. Nel giugno 2008, il Governo si è impossessato delle proprietà della Chiesa cattolica. Le organizzazioni per i diritti umani e i gruppi religiosi si sono espresse in modo sempre più deciso contro i cosiddetti crimini contro l'umanità da parte del regime del Presidente eritreo Isaias Afewerki. Il Patriarca Antonios, leader della Chiesa ortodossa eritrea, il gruppo religioso principale del Paese, è stato posto agli arresti domiciliari e all'inizio del 2007 Dioskoros Mendefera è stato annunciato come suo successore in una nomina considerata da più parti una decisione governativa. - ZENIT -

 
 
 

INTERVISTA A GIAMPAOLO PANSA: ONORE AL PAPA CHE PARLA CON FRANCHEZZA, E DA' FASTIDIO AI FALSI LAICI

Post n°1710 pubblicato il 26 Marzo 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Un Papa solitario, un Papa anti-moderno, un Papa che non è più seguito nemmeno dai cattolici: più i giorni passano e più i giornali cercano di dipingere e confermare la figura di un Benedetto XVI lontano dal mondo e dalla Chiesa. D’altronde si sa: quando si decide che una persona non è bene accetta nel giro della grande opinione pubblica, per lui non c’è più speranza. Giampaolo Pansa questo lo sa. Lui che non è certo tacciabile di clericalismo, e che nemmeno condivide molte delle cose che il Papa dice, consoce però alla perfezione questo clima da pubblica accusa nei confronti di chi non si allinea al pensiero generale, alla vulgata dominante intorno a certi argomenti. E non esita a ravvisare, nei confronti di Ratzinger, questo stesso atteggiamento.

Pansa, c’è dunque secondo lei il rischio di un generale diffondersi di un "pensiero unico", soprattutto nei giornali, corredato da un catalogo precostituito di simpatici e antipatici (tra cui questo Papa)?

Questo rischio c’è sempre, non solo nei confronti del Papa. Se poi parliamo in particolare dei giornali italiani è una cosa che avviene normalmente, perché i nostri quotidiani sono animati da una faziosità che è sempre più stupefacente. E non sto parlando dei giornali di partito, bensì dei giornali che dovrebbero essere di informazione, i quali invece prima del dovere di informare sentono un altro dovere, sbagliato e intossicato, che è quello di esprimere sempre opinioni, dicendo chi è buono e chi è cattivo, chi è bello e chi è brutto.

E sul Papa in particolare che atteggiamento c’è secondo lei?

Per quanto riguarda il Papa naturalmente siamo tutti un po’ influenzati dalle ultime polemiche su quanto egli ha detto in Africa, a proposito della diffusione dell’Aids e dell’utilità o meno dell’uso del preservativo. Io, che pure non ho nessuna esperienza in tema di medicina e di Aids, penso che comunque l’uso del preservativo sia utile. Certo non è la soluzione del problema, e prova ne è il fatto che l’Aids non sia stato sconfitto: non ci sarebbe nulla di più facile che diffondere preservativi in quantità enormi in tutto il mondo, e se bastasse quello l’Aids non ci sarebbe più. Invece questo male c’è ancora, non solo in paesi poveri come quelli africani, ma anche in quelli evoluti come quelli occidentali. Quindi di certo il preservativo non basta.

E Ratzinger, in realtà, non ha detto una cosa molto diversa da questa. Ma allora le chiedo: perché tante reazioni così scomposte nei suoi confronti?

Perché è una persona franca, che parla con chiarezza. Ogni Papa, come anche ogni capo di Stato (anche se qui stiamo parlando di un personaggio che ha molto più peso in quanto capo della Chiesa cattolica, che va oltre le nazioni e in più coinvolge la vita delle persone e le tocca nel profondo, negli atteggiamenti e nei comportamenti) il Papa, dicevo, ha una propria personalità, diversa da quella di tutti gli altri Papi. A me, confesso, la franchezza di Ratzinger piace, seppure spesso io non condivida le sue conclusioni. È meglio avere un pontefice che parla chiaro che uno troppo cauto nel manifestare il proprio pensiero. Proprio per questo motivo, non mi stupisco che poi susciti delle reazioni. E mi sembra anche giusto che succeda; in fondo basta aspettare che passi il momento della polemica più aspra. Anche i cattolici devono evitare di scandalizzarsi, dicendo che il Papa è stato offeso: eviterei di parlare della cosa in questo modo.

Quindi è positivo che nascano polemiche…

Diciamo che il fatto di parlare con chiarezza, e quindi di suscitare polemiche per quello che dice, è una cosa che fa sicuramente onore a Benedetto XVI. Io personalmente sono abituato a suscitare polemiche, con i miei libri. Ma è meglio suscitare polemiche che indifferenza. E questo per chi pensa che il Papa sia una personalità utile al mondo (usiamo pure questi termini pure un po’ banali) dovrebbe essere un fatto positivo.

In realtà l’aggettivo "utile" è molto pertinente: significa che vale la pena per tutti ascoltare quello che dice, anche per i laici?

Certo, e guai se non fosse così. Un vero laico non può che guardare con attenzione quello che dice Benedetto XVI; poi può condividere o non condividere. Ma il laico che si infastidisce perché il Papa esprime la sua posizione, diventa un personaggio ridicolo. Anzi, semplicemente non è più un laico.

Torniamo ai giornali: perché è così difficile parlare di quello che accade, e si punta tutto su opinioni e interpretazioni?

Io penso che i giornalisti dovrebbero innanzitutto raccontare ai loro lettori quello che succede. E poi, se i lettori lo desiderano, fornire un commento. Invece in tante testate italiane si è capovolto questo principio: prima si commenta, e poi, se resta spazio, si dice quello che è successo. È una malattia terribile, anche se una malattia vecchia. Io ho scritto due libri su questo: nel ’77 "Comprati e venduti", e poi nell’86 "Carte false": ebbene, da allora ad oggi la situazione è enormemente peggiorata. Poi, più i giornali sono grandi e più si sentono obbligati ad essere i portatori di una bandiera politica. Il caso più evidente è quello di Repubblica.

Che non a caso è il giornale che ha condotto e conduce più di ogni altro la polemica sul Papa…

Ha spiegato bene la cosa, in un editoriale sul Riformista, Andrea Romano, il quale ha parlato della «pedagogia autoritaria» che questo giornale cerca di operare. In fondo è l’unico vero giornale di partito che è rimasto in Italia. Ma forse non si rendono conto che, continuando ad esporre questo "pensiero unico", poi alla fine i lettori si stancano. Non a caso, come ho visto di recente nelle statistiche per altro pubblicata dall’Unità, Repubblica è il giornale che perde di più, anno dopo anno. I lettori, in fondo, si stancano di vedere la vignetta di Elle Kappa che nei giorni pari è contro Berlusconi, e nei giorni dispari contro il Papa.

Alzano il tono della polemica faziosa per avere più lettori, e invece li perdono?

C’è una cosa anche peggiore di questa, che si vede ancora nelle critiche fatte a Benedetto XVI sulla questione dell’Aids, e cioè che c’è una sorta di concetto superbo del proprio mestiere. Non è solo la ricerca del clamore per attrarre lettori – che poi, appunto, non serve – ma è un’idea sbagliata del proprio mestiere per cui ci si concepisce come i "superman" dell’opinione pubblica italiana. Non per nulla, ora che in particolare l’opinione pubblica di sinistra è molto acciaccata e non sa più come riprendersi, si rifugiano allora nel dire che non esiste più un’opinione pubblica in Italia. Invece non è assolutamente così: una delle cose positive di questo Paese, nonostante tutto, è che ci sono molte opinioni pubbliche. Quindi, in conclusione, io sono per un giornalismo diverso: energico, coraggioso, ma che sappia distinguere le proprie opinioni da quello che accade nella realtà. - (Rossano Salini) - il Sussidiario -

 
 
 

L'AMORE CONTA, L'AMORE CONTA, CONOSCI UN ALTRO MODO PER FREGAR LA MORTE?

Post n°1709 pubblicato il 26 Marzo 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Oggi al centro dell’attenzione mediatica (e non solo) c’è il tema dell’eutanasia: si cerca di imporre una concezione di "qualità della vita" che risponde ad alcuni criteri che ne certificano la dignità. Verrebbe da domandarsi chi fissa questi criteri e se prima o poi anche noi ne saremo esclusi. La libertà è un diritto, ma nella scala dei diritti il diritto alla vita è prioritario; senza il diritto alla vita non si può esprimere neanche quello della libera scelta. La dignità dell’uomo è insita nell’essere umano in quanto tale, e quindi il diritto alla vita deve semplicemente essere riconosciuto dallo stato in quanto elemento di quei diritti che fanno parte della natura dell’uomo. Si sottolinea l’autodeterminazione del malato, ma perché non mettere al centro invece quella che è chiamata l’alleanza terapeutica tra medico e paziente, già regolata dalla pratica quotidiana e dal codice deontologico? Perché si cerca sempre di porre le questioni senza tener conto delle relazioni interpersonali e soprattutto delle relazioni affettive? Luciano Ligabue in una sua canzone dice: "L’amore conta, l’amore conta, conosci un altro modo per fregar la morte?". Il problema di fondo infatti rimane l’incontro tra la volontà del paziente e il dovere del medico di salvare e difendere la vita. Non si può paragonare un trattamento futile o sproporzionato, che è giusto poter rifiutare, ad un intervento salva-vita. Benedetto XVI in occasione dell’Angelus in piazza San Pietro il 4 febbraio 2007 ha detto: "Facendo eco ai Pastori della Chiesa in Italia, invito a non cadere nell’inganno di pensare di poter disporre della vita fino a legittimarne l’interruzione con l’eutanasia, magari mascherandola con un velo di umana pietà". Rivolgendosi alle migliaia di fedeli riuniti a piazza San Pietro per la XXXI giornata per la vita, il Pontefice ha sottolineato la necessità "di dire con chiarezza […] che l’eutanasia è una falsa soluzione al dramma della sofferenza, una soluzione non degna dell’uomo"."La vera risposta non può essere infatti dare la morte, per quanto "dolce", ma testimoniare l’amore che aiuta ad affrontare il dolore e l’agonia in modo umano". E questo in un tempo in cui si fa tanta propaganda sulla libertà di lasciarsi morire, e sul desiderio di morte dei malati. Diamo un messaggio di speranza invece di diffondere solo timori, ribadiamo che la vita ha un significato e va vissuta anche quando c’è la sofferenza, come dimostrano le testimonianze dei malati anche gravi, come ad esempio il dott. Melazzini o le esperienze degli Hospice e dei servizi di cure palliative. L’uomo è chiamato a vivere non da solo ma in relazione con gli altri. Non riduciamo la vita ad un concetto utilitaristico e di efficientismo. Si continuano a sottolineare le fatiche e le sofferenze che impediscono di scegliere la vita, allora per una volta vorremmo invece sottolineare che è un dovere di tutti impegnarsi per aiutare le persone che soffrono e le loro famiglie: per eliminare le sofferenze non si può eliminare il sofferente. Prima della sentenza della corte d’Appello di Milano che ha permesso la morte di Eluana Englaro non era necessaria una legge, e molti timori c’erano e ci sono in merito ad una legge sul fine vita, ma come aveva ricordato nel suo intervento presso la Cei il cardinale Bagnasco, bisognava prendere atto del nuovo contesto dopo la sentenza su Eluana. Una parte della magistratura ha scavalcato il diritto, norme costituzionali e codice di deontologia medica, posti a difesa dell’inviolabilità e indisponibilità della vita umana. Nella legge è necessario riaffermare l’importanza del rapporto fiduciario tra malato e medico, il dovere di curare, il divieto di richieste con finalità eutanasiche, come l’interruzione dell’alimentazione e dell’idratazione; si escluderanno richieste in contraddizione con le norme di buona pratica clinica, o che pretendano di imporre al medico pratiche per lui inaccettabili in scienza e coscienza; le dichiarazioni non potranno mai essere vincolanti per il medico. L’introduzione delle DAT, pur non essendo dal punto di vista etico corretta, può essere accettata se, come nel testo Calabrò, non sarà vincolante per il medico e limitata ad alcuni casi, richiederà scadenze temporali molto brevi e sottoscrivibili solo con l’ausilio di una commissione medica e l’esclusione di qualsiasi tipo di abbandono terapeutico in senso eutanasico. Questo potrebbe essere un compromesso che ne limita nei fatti l’uso e l’abuso. La richiesta di inequivocabilità tutela il malato contro l’arbitrarietà di tutori e giudici, oltre a richiedere la verifica che le dichiarazioni espresse siano attuali ed efficaci. La legge attesa vieterà l’eutanasia. Il caso Eluana è stata l’ennesima occasione per attaccare la Chiesa, ma quando la Chiesa dichiara che il rispetto incondizionato del diritto alla vita di ogni persona innocente - dal concepimento alla sua morte naturale - è uno dei pilastri su cui si regge ogni società civile, essa vuole semplicemente promuovere uno Stato che riconosca come suo primario dovere la difesa dei diritti fondamentali della persona umana, specialmente di quella più debole. E’ urgente un impegno educativo e di formazione, sono ancora oggi attuali le parole di Giovanni Paolo II nell’"Evangelium Vitae" (EV n. 95): "Urgono una generale mobilitazione delle coscienze e un comune sforzo etico, per mettere in atto una grande strategia a favore della vita. Tutti insieme dobbiamo costruire una nuova cultura della vita".
Noi continueremo a dire no alla cultura della morte e sì alla vita. La gravità della morte per eutanasia di Eluana riguarda tutta la società italiana, perché è un’azione che va contro la nostra cultura e la nostra civiltà. "La misura dell’umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente. Una società che non riesce ad accettare i sofferenti e non è capace di contribuire mediante la com-passione a far sì che la sofferenza venga condivisa e portata anche interiormente è una società crudele e disumana" (Spe Salvin. 38). Diventa urgente e prioritario l’aspetto educativo, senza contrapporre la carità materiale alla carità intellettuale è però necessario, per agire nelle coscienze degli uomini, scegliere strategicamente un progetto culturale che sappia far riscoprire chi è l’uomo, e sia rivolto a tutti facendo un appello alla ragione, come ha fatto il Movimento per la Vita. Bisogna puntare a costruire modelli di vita e di scelta che mettano l’uomo al centro, dobbiamo tornare alla centralità dei diritti personali, rispetto alla richiesta di diritti libertari svincolati da ogni responsabilità. L’urgenza è creare una cultura della vita. Oggi, in particolare i cristiani, ma non solo loro, hanno il dovere di informarsi e conoscere i temi della bioetica, della vita e della famiglia. Non possiamo farci condizionare da una disinformazione, che punta solo a falsi sentimenti e alla assolutizzazione della libertà sganciata da ogni responsabilità, ed ad un esasperato individualismo. - Leonardi Enrico - CulturaCattolica -

 
 
 

MATERNITA' E CRISI: SEMPRE PIU' ITALIANE BUSSANO AI CENTRI DI AIUTO ALLA VITA

Post n°1708 pubblicato il 26 Marzo 2009 da diglilaverita
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Lavoro instabile, casa in affitto, aumento del costo della vita rendono difficile l'impegno di crescere un figlio. Non solo per le straniere, ma anche per le italiane. Per evitare l'aborto, boom di richieste alla rete del Movimento per la vita. Se fino a qualche settimana fa erano soprattutto le donne straniere a chiedere aiuto, adesso il rapporto si è equilibrato e molte italiane chiedono un sostegno per non essere costrette ad abortire per motivi economici. E aumentano anche le richieste di Progetto Gemma, l'iniziativa di adozione prenatale a distanza. Fare un figlio, in tempi di crisi, è sempre più difficile. Non solo per le donne straniere, ma anche per le italiane, che nelle ultime settimane, sempre più spesso, bussano in tutta Italia alle porte dei Centri di aiuto alla vita (Cav) per chiedere un sostegno che permetta loro di affrontare con meno difficoltà economiche la gravidanza, rinunciando così anche all'eventualità di ricorrere all"aborto. A confermare il fatto che lavoro instabile, casa in affitto, aumento del costo della vita stanno facendo crescere anche fra le donne italiane la tendenza ad interrogarsi sull’opportunità di mettere al mondo un figlio è Erika Laura Palazzi Vitale, la responsabile nazionale di "Progetto Gemma", iniziativa gestita in collaborazione con la rete del Movimento per la vita italiano e degli oltre 300 centri operanti su tutto il territorio nazionale. "Nelle ultime settimane – spiega – sono nettamente in aumento le richieste di aiuto che ci provengono da donne italiane: a rivolgersi ai nostri centri per chiedere un sostegno legato alla gravidanza infatti fino all’anno scorso erano soprattutto le straniere, che al nord superavano anche percentuali pari al 70%. Negli ultimi tempi il numero delle richieste complessive è aumentato, e fra queste sono cresciute in modo particolare quelle provenienti dalle italiane, che sono ora la metà del totale". Per Palazzi Vitale la tendenza è la stessa su tutto il territorio nazionale, ma "è particolarmente visibile al nord, dove il numero delle straniere era finora particolarmente elevato". Il boom di richieste delle italiane è peraltro confermato anche nella capitale, dove al Cav Roma Eur – spiega il presidente Giorgio Gibertini – "abbiamo registrato un aumento di mamme e di giovani coppie italiane". "Non c’è dubbio – precisa sulle cause del fenomeno la responsabile di "Progetto Gemma"– che la chiusura di grandi centri lavorativi come supermercati o stabilimenti ad alta percentuale di occupazione femminile stia influendo enormemente: la diminuzione o la mancanza di lavoro è una costante nella situazione di difficoltà delle donne che bussano ai nostri centri". Le famiglie, insomma, fanno fatica a far quadrare i conti e "una gravidanza, cioè il presentarsi di un bambino, spaventa moltissimo". Parole che, sul versante del volontariato impegnato per "l’accoglienza alla vita", fanno il paio con quanto sostenuto nei giorni scorsi sul versante sanitario dal direttore della clinica Mangiagalli di Milano, Basilio Tiso, per il quale "mai come adesso la mancanza di soldi sta condizionando la decisione di tenere un bambino, anche e soprattutto tra le italiane". Difficoltà che si sta traducendo in un aumento delle richieste di abortire per difficoltà economiche, "soprattutto fra le italiane". Ognuno dei 300 Centri di aiuto alla vita ha assistito, secondo gli ultimi dati disponibili (2007), una media di 150 donne all’anno, per un totale di circa 45 mila donne. Le donne in gravidanza che chiedono aiuto sono per lo più sposate, hanno un’età fra i 25 e i 34 anni (il 54%), e dichiarano di essere prevalentemente casalinghe (37%) o senza lavoro (32%). Difficoltà economiche, disoccupazione e alloggio insufficiente o mancante sono i principali problemi che vengono segnalati. Quanto al numero di bambini nati da donne aiutate dai Cav, la stima è di circa 13 mila bambini venuti alla luce nel corso del 2007, per un totale di quasi 100 mila nascite "aiutate" dal 1975 (data di nascita del primo Cav a Firenze) ad oggi. - korazym -

 
 
 
 
 

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Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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