ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 03/07/2009

IN ABRUZZO E' CROLLATO IL MONDO. MA LA FAMIGLIA RESTA IN PIEDI

Post n°2038 pubblicato il 03 Luglio 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Chi ha percorso le strade di Onna e ha visto le case sventrate, i letti in bilico sul vuoto, i guardaroba aperti e assurdamente in ordine mentre il muro davanti non c’era più; chi ha camminato per i vicoli dell’Aquila e si è accorto di affrettare involontariamente i passi, angosciato dall’innaturale silenzio di una città da cui tutti se ne erano andati; chi ha visto, ecco, con i suoi occhi lo sfacelo di tante dimore e famiglie e vite, non ha potuto non restare almeno per qualche momento atterrito. E chiedersi, di fronte a case di cemento crollate insieme a chiese millenarie, chiedersi che cosa regga, quando la terra, la docile terra su cui piantiamo le nostre case, si ribella e imbizzarrisce con questa ferocia. A Onna un’anziana signora raccontava sconvolta d’avere visto dalla sua casa la terra, nei campi, aprirsi in una sottile frattura e poi richiudersi. Che cosa regge, quando si apre la terra?
Eppure, qualcosa tiene. Ci ha raccontato un giovane sacerdote, don Luigi Epicoco, una storia che lo ha visto testimone in quella tragica notte all’Aquila. Un palazzo accanto alla sua chiesa, in piazza San Biagio, nel centro storico, è crollata. Ci abitava fra gli altri una famiglia con due bambini, di 7 e 10 anni. Nella polvere e nel buio, subito dopo la scossa, don Luigi ha sentito dei lamenti. Soccorsi ancora non se ne vedevano, in quella notte che sembrava eterna. Allora il prete e dei suoi giovani amici hanno preso a scavare con le mani, disperatamente. Fino a quando tra le travi e le macerie hanno sentite più nette e vicine le voci - voci di bambini. Scavando ancora, con furia, hanno incontrato però, per primi, dei corpi inerti, già freddi. Ma i lamenti da sotto continuavano. Quei corpi erano del padre e della madre, che nell’istante fatale avevano avuto una intuizione: potevano salvare i figli, proteggendoli col loro stesso corpo dalle travi che crollavano. Così è stato. I due bambini si sono salvati. Solo il maggiore, nella paura e nel buio, ha domandato inquieto cos’era, quella cosa morbida che lo aveva protetto. “È un materasso”, gli hanno detto i ragazzi, pietosi. Ma il bambino ha capito. E dopo un momento ha detto, piano: “Non ditelo a mio fratello. Sapete, lui è piccolo”.
E allora tu che ascolti pensi che c’è qualcosa che tiene anche quando il mondo crolla addosso. È il bene dei genitori per i figli: quando tutto è perduto, il proprio povero corpo può ancora servire a proteggere loro. È il bene di un fratello di dieci anni per il più piccolo, quello con cui magari ogni giorno, come tutti i bambini, litigava. E però, cresciuto quel ragazzino in una notte, sorge in lui quell’accento improvvisamente adulto: “Non ditelo a mio fratello, lui è piccolo”. Quasi in una responsabilità paterna, ereditata in un istante. Com’è possibile? È possibile se quel ragazzo aveva visto i suoi, da sempre, prendersi cura di lui e del fratello. In un amore imparato per osmosi, nella semplice quotidianità dei gesti in una casa. In quel tessuto di affetti così rinnegato oggi, e ritenuto da tanti superato; quel tessuto fatto da un padre, da una madre uniti da una promessa solida e fedele, e dai figli.
Si chiama famiglia, è una cosa antica. Non s’è saputo inventare di meglio, per crescere i bambini, educarli, sostenersi reciprocamente, proteggere i vecchi e i malati. Non s’è saputo trovare altro, di così grande, e rispondente alla natura istintiva degli affetti degli uomini. Niente di così forte, che il terremoto non lo possa neanche scalfire. Quei due così lucidi nell’ultimo istante, chini sui loro figli. Quel figlio bambino sfiorato dalla morte che, in salvo da un attimo, cosciente da un attimo, ha un sussulto: “Non ditelo a mio fratello. Sapete, lui è piccolo”.
 Noi genitori e figli -  donboscoland -

 
 
 

MESSAGGIO DEL 2 LUGLIO 2009 A MIRJANA

Post n°2037 pubblicato il 03 Luglio 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Cari figli! Io vi chiamo perché ho bisogno di voi. Ho bisogno di cuori pronti ad un amore immenso. Di cuori non appesantiti dalla vanità. Di cuori che sono pronti ad amare come ha amato mio Figlio, che sono pronti a sacrificarsi come si è sacrificato mio Figlio. Ho bisogno di voi. Per poter venire con me, perdonate voi stessi, perdonate gli altri e adorate mio Figlio. Adoratelo anche per coloro che non l’hanno conosciuto, che non lo amano. Per questo ho bisogno di voi, per questo vi chiamo. Vi ringrazio.


AVVISO IMPORTANTE!

La trasmissione a RAI DUE di sabato 4 luglio su Medugorje e Nuovi Orizzonti registrata questi giorni, è stata anticipata alle ore 9.45! Vi chiedo di fare un passaparola tra i vostri amici.
Ci saranno contributi di Nek, Paolo Brosio, dei Veggenti e tanti altri.. 

 
 
 

FANTOZZI E LA HACK: IL MISCREDENTE E L’ATEA

Post n°2036 pubblicato il 03 Luglio 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Paolo Villaggio, alias ragionier Fantozzi, non è certamente un personaggio attendibile, quando parla spesso si contraddice e nelle interviste che rilascia quasi sempre rinnega le precedenti. Domenica 28 giugno sul quotidiano Libero nella rubrica di Barbaro Romano, alla domanda dell’intervistatrice: “ A 77 anni non si pone il problema dell’aldilà? Da perfetto miscredente ha risposto: “Certo. Ma non c’è niente. Niente alla portata dell’intelligenza dell’uomo. Mi piacerebbe vivere nel 34.000 dopo Cristo. Allora sì che ci si avvicinerebbe all’idea del Creatore, a capire se c’è o non c’è. Ma non è giusto dire “sono ateo”, come fa Margherita Hack”. Ovviamente tra Villaggio e la Hack c’è un abisso incolmabile, l’astrofisica è un pozzo di cultura nella sua specifica disciplina, sottolineo cultura perché la vera intelligenza è un’altra cosa…, ed il “comico” invece spesso ragiona come un diabetico…  La famosa astrofisica Margherita Hack si avvia verso i 90 anni, ma per le affermazioni che fa riguardo alla fede cristiana, alla Chiesa e soprattutto al Santo Padre Benedetto XVI dimostra di essere nata almeno due secoli fa, è infatti un residuo storico del sorpassato scientismo.
Qualche tempo fa in uno dei numeri di Famiglia Cristiana (n° 17 del 27 aprile 2008) la giornalista Laura La Pietra l’intervista e la propone a modello di scienziato per tutti i nostri ragazzi. Sono rimasto scandalizzato e strabiliato: come è possibile che un periodico che si dice cattolico presenti la Presidente onoraria dell’Unione Atei e Agnostici Razionalistici, un’estremista di sinistra, anticlericale e anticattolica, come modello di cultura e di vita per i nostri ragazzi? Per l’ennesima volta Famiglia Cristiana dimostra la propria superficialità e poi ci si meraviglia se si vendono sempre meno copie del settimanale e poi bisogna chiudere le varie redazioni. Molti cattolici e moltissimi sacerdoti che una volta diffondevano la rivista nelle scuole e nelle parrocchie, tra cui la mia, non ne vogliono più sapere di divulgarla, perché non condividono una linea editoriale che spesso non è in sintonia con il Magistero e la Tradizione Teologica della Chiesa. Non è il numero delle foto del Papa sulle copertine di un giornale che lo fa cristiano ma la qualità dei suoi articoli. Ma veniamo alla Hack. Il sito www.indicius.it/religioni/margherita_hack.htm riprende un’intervista sulla fede cristiana rilasciata dalla suddetta. Alla domanda: “Per la pace, argomento di grande attualità, non serve credere in Dio?”. La Hack risponde:”Al contrario, è proprio la scienza che permette di superare tutti i fanatismi. La scienza, con il suo linguaggio matematico universale. Le religioni, semmai, li alimentano. E per rendersene conto, basta vedere quello che sta succedendo oggi”. “Che cos’è, allora, Dio secondo lei, e soprattutto perché tanti sono credenti?”. (R).: “Le divinità sono state create per dare un senso a tutti i fenomeni naturali dei quali l’uomo non sapeva trovare una spiegazione. Dalla pioggia in poi… Ma la scienza, un passo dopo l’altro, ha progredito nel sapere. Ha trovato risposte e continua a trovarle. Così Dio è diventato qualcosa di meno fisico, di più etereo, di più spirituale. E via via che sono state svelate le manifestazioni naturali, si è sentito sempre meno il bisogno di Dio”. (D) “Ritiene che sia soltanto questo il motivo per cui tanta gente crede?”. (R) “No, naturalmente. C’è anche la paura della morte. Unita alla speranza di avere una vita migliore nell’aldilà che ricompensi le sofferenze patite”.  (D) “La paura della morte è una inconfutabile realtà. La religione consola, lo fa anche la scienza?”. (R) “Certo. Perché accetta l’evidenza, dice che la lunghezza della vita è “quella” e a questa verità bisogna adeguarsi. Spiega che la persona muore, ma le sue molecole, i suoi protoni rimangono nell’universo”. (D) “Però non aumenta la fiducia nel sopravvivere di una qualche coscienza dopo la morte?”. (R) “No, in compenso fa di tutto per rendere migliore la permanenza in vita. Cosa che la religione non fa”. (D) “Sta pensando alle interferenze della Chiesa nelle questioni scientifiche?”. (R) “Proprio a quelle. Basti citare Galileo. Sono sempre interferenze gravi. Perché la scienza deve essere totalmente libera. Non si possono fermare certi studi”. (D) “Per esempio?”. (R) “Quelli sulle cellule staminali embrionali. Da queste si ricaverebbero conoscenze fondamentali per la cura di malattie che fanno soffrire l’uomo. La scienza è vera libertà”. (D) “Quando il suo percorso di scienziata ha incrociato l’ateismo?”. (R) “Non è un quando. Da bambina credevo a quello che mi dicevano: come si crede a Babbo Natale ma non sono mai stata molto interessata all’argomento religione”.
E’ evidente a qualsiasi persona dotata di un minimo di intelligenza e di cultura che le affermazioni della Hack sono frutto di ideologia e non di seria riflessione intellettuale. Non voglio rubare il mestiere agli psicologi ma la Hack mi è sempre sembrata una persona che non sta bene con se stessa… E’ certo comunque che la Hack è un’esponente di primo piano dello scientismo. Con questo termine si intende quella corrente ideologica che, a partire dal 1800, afferma l’onnipotenza della scienza e pretende di ottenere con essa la soluzione piena e definitiva di tutti quei problemi che per secoli hanno angustiato la mente umana. Augusto Comte, il padre del positivismo, sosteneva che l’umanità è in continuo progresso ed esso corrisponde al miglioramento dei suoi procedimenti conoscitivi che sono di tre generi: mitologico-religioso; metafisico-speculativo; ed infine positivo-sperimentale o scientifico. Secondo Comte, l’umanità è progredita attraverso questi stadi. Inizialmente l’umanità, usando il metodo mitologico, dava una spiegazione dei fenomeni naturali ricorrendo a cause soprannaturali e religiose. Successivamente, ricorrendo al metodo metafisico, l’umanità spiegò gli stessi fenomeni escogitando principi e concetti filosofici (sostanza, essere, fine ultimo, causa prima, ecc.). Infine, nell’epoca moderna, con la scoperta del metodo scientifico, l’umanità spiega ogni cosa per mezzo delle leggi naturali, che – a parere di Comte – sono gnoseologicamente sufficienti e non necessitano di rimandi metafisici. Con questo metodo, per Comte e per la sua “nipotina” Margherita Hack, l’uomo potrà risolvere tutti i suoi problemi e vincere tutti i mali.
Contro questa corrente ideologica di pensiero definita “scientismo” si schierarono numerosi studiosi, per la maggioranza non confessionali, che mostrarono con argomenti irrefutabili che non esiste un’unica forma di sapere, quella scientifica, né esiste un unico tipo di scienza, quella sperimentale, né un solo metodo, quello positivo, ma i saperi sono molteplici, come pure le scienze ed i metodi. L’errore madornale dello scientismo è quello di aver ampliato eccessivamente la portata del metodo scientifico e di aver preteso di applicarlo non solo al mondo della quantità e della materia, ma anche a quello della qualità e dello spirito. Oggi gli epistemologi, cioè gli studiosi del meccanismo della conoscenza umana, hanno ampiamente mostrato non solo che la scienza, in tutte le sue forme, non è onnisciente né onnipotente e che pertanto non può conoscere tutto né risolvere tutti i problemi, ma che in realtà la scienza è incapace di garantirsi le sue stesse basi conoscitive, per cui la scienza può conservare perennemente solo un carattere ipotetico, oppure, deve ricorrere ad una forma di sapere che oltrepassi quello scientifico, cioè deve cadere nei lacci della ideologia di cui Margherita Hack, Marcello Chini e gli “scienziati” che non vollero il Papa alla Sapienza, sono esempi mirabili ma assolutamente da non additare quali “modelli per i giovani di oggi”. Sono veramente dei “falsi maestri”, come ebbe a dire, di essi, il Magnifico Rettore della Sapienza stessa.
In molti strati sociali lo scientismo è ancora di moda; molti “professori” di scienze biologiche o chimiche, nelle scuole di media inferiore o superiori, hanno spesso una formazione culturale globale molto limitata e sono i maggiori diffusori dello scientismo presso una massa di studenti che, apaticamente ed acriticamente, accettano e spesso condividono ciò che sentono. In realtà lo scientismo è un’esperienza culturale ormai superata, perché non è riuscita a mantenere fede alle sue promesse. Gli stessi scienziati hanno constatato che non solo le loro teorie sono sempre limitate, fallibili e rivedibili, ma anche che le loro scoperte procurano sia dei vantaggi che degli inconvenienti per l’umanità. Di fatto, uno scienziato non sa per quali usi le sue scoperte potranno essere impiegate in seguito ed è praticamente impossibile prevederlo con certezza. Le opinioni inesatte di Margherita Hack sulla religione cristiana ci offrono la possibilità di fare una breve storia sul rapporto tra scienza e fede cattolica. Oggi il discorso su Dio è particolarmente difficile proprio per il prevalere di una mentalità popolare influenzata dallo scientismo e dal tecnicismo. Già in passato altre volte si è presentata la difficoltà di conciliare il messaggio cristiano con la cultura e la mentalità profana. Il cristianesimo primitivo ha vissuto tale conflitto quando ha dovuto decidere se accogliere o meno la cultura “classica” o servirsene per l’inculturazione della fede; infatti, in seguito, si utilizzeranno, nella teologia e nella filosofia cattolica, non pochi elementi forniti dalla cultura filosofica greco-latina. Altra conflittualità culturale risolta positivamente avvenne nel XIII secolo, quando, ad opera di Alberto Magno e di Tommaso d’Aquino, si riuscì ad inserire gli elementi della visione aristotelica nell’ambito di una filosofia e cosmologia aperta alla trascendenza di Dio. Va notato però che il contrasto tra la cultura pagana e il cristianesimo si collocava a livello di valori ispiratori della sfera religiosa, a cui si riconosceva la legittimità di una presenza a pieno titolo. Ai nostri giorni, la sfera della scienza e della tecnica sembra proporre, attraverso alcuni suoi esponenti ideologizzati, come Margherita Hack, un modo di concepire il mondo in cui il trascendente sarebbe tenuto a non essere più presente in quanto il parlare di Dio sarebbe un discorso privo di senso, cioè inutile. Alla base di tale concezione ateistica, secondo molti studiosi, ci sarebbe l’utilizzazione del metodo cartesiano, basato sulla distinzione netta tra il mondo dello spirito e quello della corporeità (rex cogitans et res extensa) che accelerò il processo di piena autonomizzazione della ricerca naturale del trascendente, e quindi favorì la visione materialistica del mondo e dell’uomo che avrebbe purtroppo caratterizzato il secolo XVIII. Il principio metodologico cartesiano di non ammettere se non quando appare con tutta chiarezza e distinzione all’intelletto del ricercatore, aprirà – da una parte – la strada ai diritti dell’analisi soggettiva delle varie questioni filosofiche e teologiche, e, dall’altra, darà inizio a quello spirito razionalistico che, a poco a poco, in nome della suprema autorità della ragione, si rivolgerà contro ogni realtà di fede e in genere rifiuterà tutto ciò che l’intelletto umano non riesce a comprendere e a dimostrare. Tale atteggiamento intellettuale può essere sintetizzato nella risposta data da Place a Napoleone che l’interrogava sulla sua esposizione della teoria cosmologica: “Che posto avete riservato a Dio nel vostro sistema?”. “Sire, non ho avuto bisogno di questa ipotesi”.
In conclusione, nonostante le affermazioni della Hack, l’attuale crisi irreversibile dello scientismo e la constatazione dell’incapacità dell’uomo a dominare il progresso tecnico-scientifico, sono le condizioni della cultura attuale che ripropone i problemi dei fini, del perché ultimo, del senso della vita e della storia. Sono queste, in ultima analisi, alcune componenti del problema di Dio che è un problema di conversione, di orientamento alla salvezza, di scelte radicali per le quali vale la pena di giocare la propria esistenza. Il cristiano deve essere veramente convinto che la civiltà contemporanea, per non andare in completa decadenza e rovina, non può fare a meno di Dio e della Chiesa. Qualora il credente ritenesse suo compito quello di “difendere” Dio e la Chiesa, mostrerebbe di non credere nell’assolutezza di Dio, che è ricercato anche da coloro che pubblicamente dichiarano di rifiutarlo. Abbiamo quindi bisogno di recuperare il senso profondo di Dio. Certamente ciò richiede una notevole fatica, soprattutto nel riscoprire le sembianze del volto assunto da Dio nella storia del XXI secolo, le quali non sono forse quelle alle quali eravamo abituati nei secoli precedenti. Al giorno d’oggi la civiltà è improntata dalla mentalità scientista e tecnicista, mentre in futuro assumerà altre caratteristiche. Proprio per questo, il proporre Dio oggi, in misura notevole, significa proporre delle risposte alle domande che la scienza e la tecnica hanno reso più acute riconoscendo, nello stesso tempo, di non essere in grado di dar loro delle risposte valide. Scheler diceva che l’umanità è da sempre “malata di Dio”. Tale malattia diventa oggi più acuta perché il mondo che circonda l’umanità minaccia di travolgerla. L’umanità ha bisogno di quei valori culturali e religiosi a cui Dio soltanto può assicurare un solido fondamento per gettare le basi di una nuova cultura capace di condurre l’umanità verso un livello più elevato di umanizzazione che la scienza e la tecnica, per buona pace di Margherita Hack, sono incapaci di fornire. - don Marcello Stanzione - Pontifex -

 
 
 

IL SANTO PADRE RICORDA I VALORI ETICI E MORALI PER UN POLITICO

Post n°2035 pubblicato il 03 Luglio 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Ieri il Papa ha detto cose importantissime sulla fede, la grazia, la concretezza del sostegno ai poveri e ai perseguitati. Soprattutto ha spiegato chi è il sacerdote cattolico, il prete di Cristo e della Chiesa. Inizia infatti, dopo l’anno dedicato a San paolo, quello dedicato ai presbiteri (che sono appunto coloro che hanno ricevuto il sacramento dell’ordine). Lo so, c’ero. Ero in piazza mentre il sole batteva, sul sagrato di piazza San Pietro.
A un certo punto, nei saluti finali, il Papa ha ricordato la presenza di un Gruppo interparlamentare e ho scommesso: le notizie giornalistiche punteranno a questo, anche se è una perfetta banalità. Infatti Benedetto XVI testualmente ha pronunciato queste parole: «Saluto poi gli esponenti dell’Associazione interparlamentare "Cultori dell’etica", la cui presenza mi offre l’opportunità di sottolineare l’importanza dei valori etici e morali nella politica». Sarebbe stata una notizia se avesse detto: i valori etici e morali non vanno rispettati dai politici. Ma tant’è, è passata questa frase.
Che cosa vuol dire rispettare i valori etici e morali per un politico? Il Papa in passato ha elencato con precisione i tre principi non negoziabili: la difesa della vita dal concepimento fino alla morte naturale; la famiglia così come è stata voluta da Dio, senza cedimenti alle mode psicosessuali; la libertà di educazione, sia in via di teoria che di sostegno pratico della parità scolastica. Ma questo non è ancora la morale in politica, se non nei punti di sbarramento decisivi.
Da cardinale, ha mostrato come la moralità in politica sia la rinuncia all’utopia. Ha scritto: «Essere sobri e attuare ciò che è possibile, e non reclamare con il cuore in fiamme l'impossibile, è sempre stato difficile; la voce della ragione non è mai così forte come il grido irrazionale. Il grido che reclama le grandi cose», spiega Ratzinger, «ha la vibrazione del moralismo; limitarsi al possibile sembra invece una rinuncia alla passione morale, sembra il pragmatismo dei meschini. Ma la verità è che la morale politica consiste precisamente nella resistenza alla seduzione delle grandi parole con cui ci si fa gioco dell'umanità dell'uomo e delle sue possibilità. Non è morale il moralismo dell'avventura, che intende realizzare da sé le cose di Dio. Lo è invece la lealtà che accetta le misure dell'uomo e compie, entro queste misure, l'opera dell'uomo. Non l'assenza di ogni compromesso, ma il compromesso stesso è la vera morale dell'attività politica». Strano, vero? La moralità è un comportamento adeguato alla verità dell’oggetto di azione. In politica è quanto appena citato: il compromesso per il bene comune.
Ma a me come politico non basta questo. Non basta l’etica a farmi essere un uomo, non è quella la strada della pienezza. Anche se mi interessa- essendo deputato - essere il massimo come deputato. Perché la pienezza del mio essere uomo non può che esprimersi dentro la circostanza in cui mi tocca essere, dando testimonianza lì. E allora dico che la moralità in sommo grado è riconoscere che non è la morale il centro della questione. Mettere al centro la morale è la cosa più immorale, perché falsa, che ci sia. Sostituisce all’utopia sociale, l’utopia della perfetta coerenza.
Mi colpisce molto quanto detto nella splendida lezione di Benedetto XVI su chi sia il sacerdote. Parlava del prete ma anche di tutti noi. Ha detto: «Anche per i presbiteri vale quanto ho scritto nell’Enciclica Deus caritas est: "All'inizio dell'essere cristiano non c'è una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva"». L’essere cristiano, che è poi il modo per il compimento delle domande del cuore, è quel che abbiamo appena letto. E non lo ripeto o sintetizzo onde evitare di stravolgere o banalizzare il Papa.
Un’altra piccola frase ha pronunciato il Papa. Eccola: «…È urgente il recupero di un giudizio chiaro e inequivocabile sul primato assoluto della grazia divina, ricordando quanto scrive san Tommaso d’Aquino: "Il più piccolo dono della grazia supera il bene naturale di tutto l’universo" (Summa Theologiae, I-II, q. 113, a. 9, ad 2)». Il primato è della grazia. Il resto segue. - Il Sussidiario -

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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