ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 13/07/2009

PADRE AMORTH: SATANA SI OPPONE ALLA BEATIFICAZIONE DI GIOVANNI PAOLO II

Post n°2068 pubblicato il 13 Luglio 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Padre Gabriele Amorth, il più famoso degli esorcisti viventi, non ha dubbi: " Giovanni Paolo II è santo, anzi rappresenta l'icona della santità". Con la sua voce calma e modenese ,afferma: " tutta la sua vita e la sua opera hanno rappresentato un inno alla santità nel senso pieno ed evangelico". Ma rivela un retroscema relativo alla sua nota attività di esorcista: " come ben sapete, Padre Pio è invocato durante gli esorcismi e il demonio lo teme, diventa furioso, schiuma rabbia. Ma quando nelle mie sedute nomino Giovanni Paolo II ,Satana diventa ancor più brutale, incontrollabile, lo detesta e lo dice: quello, ovvero Giovanni Paolo, II lo odio com maggior intensità di Padre Pio". Come si spiega questo?: " Satana è la somma della iniquità, della bassezza, quello che pretende di allontanarci da Dio ed è molto intelligente. Ma Satana teme come la peste tutto quanto è legato alla idea della santità, tanto che i posseduti si divincolano davanti ad oggetti ed immagini sacre". E allora, perchè proprio Papa Giovanni Paolo II ,che santo non è ancora?: " per contrastare satana non vi è bisogno di una dichiarazione canonica di santità. Ma il semplice fatto che il Diavolo tema Giovanni Paolo II molto più di Padre Pio dimostra chiaramente e con i fatti la sua reale santità". In una intervista al nostro sito, Monsignor Pieronek affermò che, pur non avendo prove specifiche, era pensabile ritenere che ci fosse un movimento di opinione che remava contro la sua beatificazione: " intanto, grazie a Dio, di Giovanni Paolo II si parla bene e il suo processo, da quanto ne so, va spedito. Poi Papa Benedetto XVI ha reso giustizia accorciando i tempi. Tuttavia qual che lei dice e che Pieronek ha avanzato è vero". In che senso?: " dunque non esistono nemici reali di Giovanni Paolo II, era tanto buono e mistico da non averne. Ma spesso Satana che lo odia in quanto incarnazione del bene, potrebbe influenzare malignamente anche persone per bene o uomini di Chiesa per mettersi di traverso. Insomma, non escludo ed anzi lo ritengo possibile, che Satana non voglia la beatificazione di Giovanni Paolo II, il suo grande nemico". Padre Amorth, che cosa pensava Giovanni Paolo II di Medjugorje?: " tutto il bene possibile, riteneva che da parte di alcuni vescovi del posto per motivi di mero potere vi fosse una asssurda antipatia e che comunque se egli non fosse stato papa ci sarebbe andato". IL famoso brogliaccio con la Poltawska: " guardi, Giovanni Paolo II ha perso subito tutta la sua famiglia e quindi la Poltawska era come una sorella maggiore. Io non ci trovo nulla di scandaloso e trovo fuor di luogo ogni falso moralismo. Quelle lettere sono assolutamente innocenti. Ne sono convinto, Giovanni Paolo II è santo e lo dimostra l'odio di Satana nei suoi riguardi". - Bruno Volpe - Pontifex -

 
 
 

DUE SEGNI PREOCCUPANTI

Post n°2067 pubblicato il 13 Luglio 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Il Tg5 di sabato, alle 20 aveva un titolo emblematico, un vero segno dei tempi. Accostava due notizie provenienti, nello stesso giorno, dal mondo dello sport (che poi è un concentrato del nostro tempo e dei suoi veleni). Ecco la prima notizia. Un famoso e importante dirigente della Formula 1, il miliardario Bernie Ecclestone, ha rilasciato dichiarazioni che hanno sconcertato su Hitler e altre cose discutibili sulla democrazia.
Francamente la reazione non è stata quella attesa. Doveva esserci una sollevazione di tutto il mondo dell’automobilismo e dello sport e invece quasi da solo il Congresso mondiale ebraico ha chiesto le sue dimissioni. L’interessato ha replicato ieri con la solita "precisazione" che parla – com’era prevedibile - di "grande malinteso" e prova a mettere una toppa di dubbia efficacia: "In quell'intervista abbiamo parlato di strutture e di come a volte possa essere positivo prendere decisioni senza limitazioni di sorta". Ha pure aggiunto a proposito di Hitler: "Mi è stato domandato se conoscessi un dittatore e io mi sono limitato a dire che prima dei suoi orribili crimini agì con successo contro la disoccupazione e la crisi economica".

Goleada

La seconda notizia, che il tg5 ha legato alla prima, annunciava invece un provvedimento punitivo preso sempre nel mondo dello sport.
Il presidente della Fifa, lo svizzero Blatter, ha mandato un "ammonimento" alla Federcalcio brasiliana dopo la vittoria della nazionale carioca nella finale della Confederations Cup.
Di quale "crimine" si erano macchiati i giocatori? Semplice: a partita conclusa (particolare molto importante) si sono messi in cerchio e abbracciati hanno ringraziato Dio insieme per quel momento di gioia.
La ridicola "ammonizione" della Fifa ha preso spunto dalla segnalazione della federazione danese che si è sentita allarmata per quel terribile gesto di fede.
Con tutte le manifestazioni e i simboli di violenza, intolleranza e fanatismo che si vedono negli stadi, pare che la preghiera cristiana sia quella che merita il pugno di ferro.
Sì, la preghiera cristiana, perché non risulta che sia stata fatta un’analoga segnalazione e sia stato inviato un analogo ammonimento alla nazionale egiziana i cui giocatori platealmente, nella partita con l’Italia, si sono prostrati nel prato per ringraziare Allah. Questa particolare antipatia per i cristiani è ricorrente in Europa, a tutti i livelli, specie fra le elite. Il giurista ebreo-americano J. H. Weiler ha definito il clima del nostro continente "cristianofobia" nel libro "Un’Europa cristiana". Fenomeno che è stato illustrato, nelle sue mille manifestazioni, da George Weigel in "La cattedrale e il cubo" e da Philip Jenkins in "The new Anti-Catholicism".

Fischi e fiaschi

Naturalmente c’è anche un contributo originale dei giornali. La Repubblica (4/7), descrivendo la scena della preghiera dei brasiliani, ha scritto. "Fosse stata una preghiera islamica, è il caso di dirlo, apriti cielo. Invece la faccenda è passata quasi sotto silenzio, almeno da noi". Risponde Michele Brambilla, sul Giornale (5/7): "davvero stupefacente lo stravolgimento dei fatti e della realtà. Qui, è il caso di dirlo, è accaduto esattamente il contrario di quel che fa intendere Repubblica. Il cielo si è aperto proprio contro la preghiera cristiana dei brasiliani, mentre nessuno, tantomeno la Fifa, ha detto bah per una manifestazione altrettanto plateale e anch’essa trasmessa in mondovisione, cioè la preghiera islamica dei calciatori egiziani". I quali non risulta si siano affatto offesi della preghiera dei loro colleghi brasiliani, come i cristiani brasiliani non si sono affatto offesi del ringraziamento ad Allah fatto dagli egiziani. In pratica siamo di fronte alla solita intolleranza del partito laicista della tolleranza. L’unico divieto è sempre contro chi si mostra cristiano. - Antonio Socci -

 
 
 

RELATIVISMO DILAGANTE DEI GIOVANI

Post n°2066 pubblicato il 13 Luglio 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Secondo un’indagine del Censis, i giovani (18-30 anni) pensano che avere successo nella vita significa soprattutto realizzare le proprie aspirazioni (37,9%), in subordine fare qualcosa di utile per gli altri (26,1%) e, quasi a pari merito, essere se stessi (25,4%). Il 56,4% degli italiani (Censis 2007) si dice d’accordo con l’affermazione «bisogna pensare più ai propri interessi e a quelli della famiglia: meglio un egoismo pragmatico e familistico a scapito di un civismo vago». L’affermazione della propria personalità è un valore che in sé svincola il successo dal raggiungimento di obiettivi specifici e concreti. Il modello «vincente» che la società propone è quello di diventare ricchi e famosi (lo pensa il 31,3%). Le opinioni dei giovani riflettono il relativismo dilagante, così per il 75,2% la società esprime una debole condanna per il manager cocainomane, per la donna che si concede per affermarsi e fare carriera (73,3%), per lo studente modello che si «sballa» tutti i fine settimana (67,2%), per l’imprenditore che sfrutta il lavoro nero (65,4%), per il magistrato con amicizie poco raccomandabili (65%), per l’uomo politico con una vita trasgressiva nascosta (63,1%) o il professore universitario che fa carriera con i concorsi truccati (58,4%).
Il disorientamento valoriale e comportamentale, si legge nell’indagine, «sembra sempre più accettato dal corpo sociale, sulla scia di una malintesa retorica della libertà di essere se stessi. In una generale deregulation dei comportamenti, la ritualizzazione del tempo libero (il fine settimana, la vacanza) si accompagna a un’ampia gamma di azioni fortemente a rischio». Il sabato sera si registra il picco di giovani (di ambo i sessi) che consumano alcol. Si può stimare che il 22,4% dei ragazzi e il 13% delle ragazze tra 11 e 18 anni (quasi 839.000 persone) consumano alcol a un livello rischioso o dannoso. Anche sul fronte delle droghe appare sempre più diffuso un modello di consumo «compatibile», di trasgressione controllata, con l’incremento dell’uso di droghe da prestazione (la cocaina o le anfetamine) e la diffusione continua di nuove forme di ritualizzazione dei consumi (l’ecstasy nei fine settimana). Tra il 2001 e il 2007 le dosi di droghe sintetiche sequestrate sono passate da 315.779 a 393.457. E si concentrano nel fine settimana anche le sregolatezze più gravi sulle strade: quasi la metà dei morti per incidenti stradali, il 70,7% delle contravvenzioni per guida in stato di ebbrezza e il 47,4% di quelle per guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. Il relativismo, tanto spesso stigmatizzato da Benedetto XVI, ha divorato ogni riferimento assiologico al punto che per le giovani generazioni anche la trasgressione non scandalizza più. Unico richiamo collettivo condiviso è il primato del soggetto, unico criterio di legittimità del comportamento è la scelta individuale. Una fotografia dalle tinte drammatiche perché rivela il trionfo del virtuale, l’apoteosi del "reality-show", dell’affermazione della propria opinione e immagine, qualunque essa sia. Alle selezioni per partecipare al Grande Fratello si sono registrate oltre 20.000 presenze per ciascuna delle 9 edizioni realizzate dal 2000 al 2009. Anche il boom di Facebook può essere inserito in questa tendenza al casting personale di massa, per amplificare l’auto-rappresentazione di sé. In Italia gli utenti sono 9.700.000, con un’articolazione per età che evidenzia una maggiore diffusione tra i giovani (il 26,9% degli utenti ha 18-24 anni e il 31,2 25-34anni). In un solo anno gli utenti di Facebook in Italia sono passati dal 2% al 44% dei navigatori del web. Giuseppe De Rita, presidente del Censis, parla di «solipsismo individuale» nei giovani. Una ricerca di libertà e di sregolatezza gratuite, ormai svincolate anche da impianti ideologici o pseudo-ideologici. - corrispondenzaromana

 
 
 

SAN GIOVANNI MARIA VIANNEY ED IL SUO MINISTERO PARROCCHIALE AD ARS

Post n°2065 pubblicato il 13 Luglio 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Nel 1817 don Balley improvvisamente morì e don Giovanni Maria Vianney, suo vicario da due anni, rimase del tutto disorientato. Essendo la parrocchia di Ecully considerata troppo elevata per le sue capacità, l’ 11 febbraio 1818, fu nominato Cappellano di Ars-en-Dombes, villaggio di appena 230 abitanti, soggetto alla Parrocchia di Mizèrieux e vi si installa il 13 dello stesso mese, vi resterà fino alla sua morte per quarantun’anni. Al suo arrivo ad Ars, al vedere dall’alto di un posto panoramico il suo nuovo campo di lavoro esclamò: "Come è piccolo…". Nell’anno 1818 il villaggio di Ars era meschino e di triste aspetto: contava una quarantina di case basse, costruite con materiale argilloso e sparse in mezzo ai frutteti; a mezza costa stava la chiesa parrocchiale, se con questo nome poteva essere indicata una costruzione dall’aspetto giallastro con comuni finestre, sormontata da quattro travi che dovevano sostenere una campana. Secondo l’antica abitudine, le croci del cimitero erano applicate ai muri esterni della chiesetta che era intitolata a due santi compatroni: Biagio e Sisto, risaliva al dodicesimo secolo e probabilmente era stata una dipendenza della famosissima abbazia di Cluny. Di fuori era una piccola piazza sulla quale si elevavano ventidue magnifiche piante di noci. Solo nel 1821 Ars divenne parrocchia a se stante e nel 1823 passa dalla diocesi di Lione a quella di Belley. Il Vicario generale, nel comunicargli la sua nomina aveva esclamato: "Voi andate in una parrocchia dove non c’è molto amor di Dio ma ce ne metterete".
Infatti, i parrocchiani di Ars non tardarono a capire di avere un nuovo curato "molto particolare". Lo osservarono con stupore ritornare i vecchi mobili alla castellana d’Ars che li aveva donati alla canonica. Inoltre, lo vedevano mangiare poco o niente e stare ore ed ore in preghiera in chiesa. Don Giovanni non aveva voluto una domestica, non andava a pranzo al castello dei signori come avevano fatto tutti i suoi predecessori. Chi voleva incontrarlo doveva andare a cercarlo in chiesa dove, ogni giorno, per lunghe ore di preghiera implorava da Dio la conversione della gente di Ars. Il curato cercò fin dall’inizio del suo ministero pastorale ad Ars di avere un contatto diretto con le anime a lui affidate dal vescovo. Alle persone più generose comunicò un po’ del proprio zelo spirituale, portandole alla comunione eucaristica frequente. Rifondò le confraternite del Rosario e del Santissimo Sacramento. All’inizio del suo ministero a preparazione delle sue omelie gli prendeva lunghe ore del giorno e della notte che poi declamava con voce stridula, rendendosi conto che i suoi uditori non erano affatto soddisfatti. Sensibile come era al problema della salvezza eterna, nei primi anni trattò di frequente il tema dell’inferno e della dannazione con eccessivo rigorismo e solo dopo lunghi anni di unione con Dio e di contatto con i peccatori, riuscì a disfarsi di una certa mentalità rigorista, che aveva ereditata da un certo giansenismo di Don Balley.
Da giovane Vianney si diede ad eccessive penitenze che nell’età matura definì "follie di gioventù". Faceva cuocere alcune patate, le metteva in un paniere e durante la settimana le mangiava fredde; dormiva per terra e appena sveglio si flagellava; d’abitudine portava il cilicio con l’intenzione che dalla sua parrocchia fossero debellati i balli, le osterie ed il lavoro festivo. Per tutta la sua vita fu ossessionato dallo scrupolo di non avere né la formazione culturale né le virtù richieste per fare degnamente il parroco e così di mettere in pericolo la salvezza personale ed altrui. Era affascinato dalla vita di solitudine nella trappa dove trovare pace e contemplare Dio in preghiera. Eppure, per tutta la vita, egli sarà il confessore "mangiato dai penitenti", confessando anche fino a sedici ore al giorno. Fin dall’arrivo ad Ars aveva provveduto al restauro della chiesa, ristrutturando l’altare ed il tabernacolo ed acquistando la biancheria e le suppellettili per il culto.
Nel 1821 la cappellania di Ars fu eretta in parrocchia e divenne soggetta alla nuova curia episcopale di Belley, retta allora da monsignor Alessandro Devie, da allora Giovanni Maria Vianney ebbe il titolo canonico di curato d’Ars. Negli anni precedenti alla venuta di Vianney, non pochi preti erano passati per Ars, ma tutti si erano fermati per poco tempo. Non si pensava neppure più a mandarvi un prete e così la casa canonica era stata affittata ad una famiglia. Nessun festeggiamento aveva accolto il nuovo arrivato: Nel giovane pretino di appena trentadue anni la gente vedeva unn’ennesima presa in giro da parte della curia. La casa canonica, ora visitabile come museo, era formata da un piccolo cortile, un piano terra con cucina e sala da pranzo ed un piano superiore con tre camere. La piccolezza del luogo non scoraggiò don Giovanni che preparò un programma pastorale che era stato meditato a lungo ai piedi del tabernacolo: prendere contatto col suo popolo al più presto ed assicurare la cooperazione delle famiglie migliori; perfezionare i buoni, richiamare gli indifferenti e convertire i peccatori, ma specialmente pregare Dio, dal quale vengono con abbondanza tutti i doni e santificare se stesso, per riuscire a santificare gli altri; infine fare penitenza per i peccatori. Vianney cominciò con la visita e la benedizione delle famiglie, una ad una. Il curato comprese che alla sua opera evangelizzatrice si opponeva l’indolenza della gente fossilizzata nelle proprie abitudini religiose. Quelli che già andavano alla Messa avrebbero continuato ad andarvi, ma che egli non pretendesse di più. La seconda sua mossa pastorale fu l’abbellimento della chiesa, senza pesare sulle offerte degli abitanti di Ars ma con il proprio denaro e con quello di benefattori che gli aveva fatto conoscere don Balley, provvide ad un nuovo altare maggiore. Spesso poi si recava a Lione per acquistarvi stoffe e pizzi per le tovaglie liturgiche. Poi passo alle persone, la catechesi della gioventù lo entusiasmò per tutta la vita. Ad Ars i fanciulli venivano abituati al lavoro dei campi molto presto: a sei o sette anni erano pastori; a dodici anni ogni ragazzino aiutava i propri genitori nella semina e nella raccolta. Ben pochi sapevano leggere: venivano al catechismo nei mesi piovosi d’inverno, ma di quell’istruzione religiosa non si interessavano molto, anche perché non erano in grado di studiare. Alla domenica non si vedevano a Messa, perché venivano mandati al lavoro dei campi, o perché trattenuti da altre occupazioni, per cui la celebrazione della prima comunione, nella loro vita, non era che un episodio qualunque. Arruolò persone buone e organizzò il catechismo parrocchiale dando per primo il buon esempio: sarà il primo catechista dei suoi catechisti di Ars fino al 1845, quando gli verrà affiancato un viceparroco. Dedicò moltissime energie al catechismo al punto di imporre ad alcuni parecchi anni di istruzione supplementare, ritardando così la loro prima Comunione, se ne trovava di quelli che non erano ben preparati era inflessibile, senza alcun riguardo alla loro età, e li rimandava ad un altro anno. Altra grande sua preoccupazione fu la predicazione. Pur non essendo fornito di grandi capacità oratorie, fin dal lunedì si metteva a preparare l’omelia per la domenica: leggeva, appuntava, scriveva e poi imparava a memoria ripetendo ad alta voce come uno scolaretto. Si impegnò al massimo per ottenere che il contegno dei fedeli presenti in chiesa fosse serio e devoto. Al momento del suo arrivo ad Ars invece in quasi tutti i frequentatori della parrocchia si notava una penosa trascuratezza, indice della loro scarsa devozione. I ritardatari lasciavano sbattere la porta con fracasso, alcuni troppo frettolosi uscivano a metà messa, i giovani erano intenti ad osservare l’abbigliamento altrui…Ad Ars l’alcoolismo era una piaga molto diffusa e le mogli ed i figli ne erano le vittime. Don Vianney tanto fece guerra alle osterie che alla fine dovettero chiudere i battenti. Intanto, mentre la casa canonica appariva sempre più fatiscente, egli continuava a pensare al restauro e all’abbellimento della chiesa: nel 1820 era stata la volta della costruzione del nuovo campanile, poi negli anni seguenti furono costruite le cappelle laterali della Madonna, di san Giovanni Battista, pagata tutta di tasca del curato, poi quella dell’ecce Homo, di santa Filomena e infine quella degli Angeli. Poi sarà la volta della sistemazione della scalinata e della piazzetta antistanti la chiesa; i lavori si concluderanno con la nuova facciata con la statua dell’immacolata. Nel 1845 sarà ingrandito il coro. Lo zelo del curato provvide poi la sacrestia di nuovi e splendidi paramenti ed accessori liturgici da far invidia ad una cattedrale. Don Giovanni Maria sentiva molto forte la responsabilità della formazione delle coscienze, diceva: " Se un pastore non vuole dannarsi, bisogna che, allorquando gli capita un disordine in parrocchia, metta sotto i piedi il rispetto umano ed il timore di essere disprezzato ed odiato dai suoi parrocchiani; fosse anche sicuro di essere messo a morte quando discenderà dal pulpito, questo non lo dovrebbe trattenere…un pastore che vuole adempiere tutta la sua missione deve avere sempre la spada in mano". I parrocchiani di Ars non tardarono ad accorgersi che il metodo pastorale del curato era ben diverso da quello usato dai suoi predecessori. Ed ovviamente il primo effetto nelle famiglie fu la mormorazione contro di lui, ritenuto troppo severo. Se non voleva vivere come vivevano tutti gli altri era affar suo, ma almeno lasciasse in pace gli altri. Queste erano le considerazioni che si facevano nelle osterie del paese. Ben presto don Vianney imparò che se un sacerdote vuol far conoscere ai genitori le loro colpe e quelle dei loro figli, essi si incolleriscono con lui, lo disapprovano, ne parlano male e lo contraddicono in mille modi. Se qualcuno ha qualche difficoltà contro il suo parroco, che probabilmente gli ha detto qualche cosa per il bene della sua anima, lo seguirà con odio, ne parlerà male ed ascolterà volentieri chi ne dice male. Pettegolezzi, calunnie, accuse infondate, indagini da parte della curia, umiliazioni e sofferenze morali furono la prova del fuoco del curato d’Ars. Più tardi avrebbe confidato: "Se giungendo ad Ars io avessi saputo tutto quello che qui dovevo patire, sarei morto sul colpo". Don Giovanni si mise allora con maggiore fiducia nelle mani di Dio, e, mentre nel suo cuore si sollevava la rivolta contro l’ignominia, che aveva cercato di infangare il suo onore sacerdotale, egli perdonò ai colpevoli e li trattò da amici.
Il santo si impegnava molto anche ad aiutare i parroci vicini nel periodo delle missioni popolari. Normalmente egli non predicava, ma restava a disposizione dei penitenti fino a notte inoltrata. Una volta un altro parroco che lo aveva chiamato per una missione popolare disse di lui: "Ho un buon operaio che lavora bene e mangia niente". Proprio per la sua partecipazione alle missioni popolari egli si fece una fama eccezionale di santo confessore ed Ars incominciò ad accogliere numerosi pellegrini in cerca del perdono dei loro peccati. Tutti si impressionavano nel vederlo indossare la sua talare piena di rammendi e di contemplare la grande povertà della sua canonica. Qualche confratello sacerdote un po’ invidioso lo denunciò al vescovo affermando che c’era dell’esibizionismo in tali manifestazioni esterne.
Un giorno il santo pregò Dio che gli concedesse la grazia di conoscere in profondità lo stato della sua anima, fu esaudito, ma affermò candidamente : "Se il Signore non mi avesse sostenuto, sarei caduto all’istante nella disperazione". Nonostante che il vescovo gli avesse detto: "Non si prende il cielo con la fame", egli continuò a darsi a dure penitenze, a mangiare una volta al giorno un po’ di verdura e raramente della carne. Per lui mortificazione e zelo pastorale procedevano di pari passo. Il diavolo, che egli chiamava ironicamente "il grappino" cercava di infastidirlo, provocando, per molti anni, rumori in canonica impedendogli anche le pochissime ore di sonno ristoratore. In mezzo a tante prove il santo passava buona parte della notte in chiesa a pregare dinnanzi al Santissimo Sacramento.
Fin dal suo arrivo ad Ars egli si preoccupò dell’educazione sia cristiana che scolastica dei fanciulli. Eresse una scuola per le ragazze con l’aiuto di alcune brave contadine che egli aveva formato spiritualmente, tra cui Caterina Lassagne, prima direttrice dell’Istituto "La Provvidenza". Il curato fu lui stesso l’architetto, il muratore ed il finanziatore. Spesso il Signore all’ultimo minuto gli mandò dei benefattori per pagare i debiti oppure quando non vi era assolutamente nulla da mangiare arrivava il rifornimento alimentare. Alle orfane ed alle alunne del "La Provvidenza", tutti i giorni Vianney faceva il catechismo delle 11 che, in seguito, divenne tanto frequentato dai pellegrini che fu costretto a tenerlo in chiesa. Nel 1830, con la caduta di Carlo X e l’ascesa al trono di Luigi Filippo ci fu una confusione generale e sette parrocchiani di Ars ebbero l’arroganza di recarsi dal loro curato per intimargli perentoriamente di andar via dalla parrocchia perché la gente si era ormai stancata del suo rigore. Altri giunsero al punto di scrivergli volgarità sulla porta di casa. Una volgare campagna di calunnie si prolungò per diversi mesi, ed il santo era accusato di essere un ipocrita ed anche la sua magrezza era dovuta a dissolutezze sessuali. Più tardi Giovanni Maria confiderà ad un religioso: "Se il buon Dio mi avesse fatto prevedere quel che avrei dovuto soffrire ad Ars sarei morto sul colpo". A Caterina Lassagne confidò: "Pensavo che sarebbe venuto il giorno, prima o poi, in cui sarei stato cacciato da Ars a colpi di bastone, in cui monsignore mi avrebbe interdetto e io avrei finito i miei giorni nelle prigioni". Comunque, il pellegrinaggio ad Ars dei penitenti andò crescendo sempre più che fu opportuno iniziare un servizio di vetture tra Lione ed Ars. Fu allora che il curato, nel tentativo di distogliere dalla sua persona il rischio del culto della personalità, che lo rattristava più ancora delle calunnie, instaurò nella sua chiesa il culto di santa Filomena, attribuendo tutti i prodigi a questa martire. Il lavoro spossante a cui si vedeva condannato continuava a gettarlo nell’angoscia tanto che più volte aveva chiesto al vescovo di avere un altro incarico. Se si considera il lavoro estenuante di confessore che faceva, lo scarso alimento che prendeva, le spaventose coliche e i dolori di testa da cui frequentemente era assalito, le poche ore di sonno durante la notte, il freddo da cui era intorpidito, il caldo da cui era soffocato nel confessionale, bisogna dire che veramente era sostenuto da una speciale grazia nel portare avanti un ministero sacerdotale così pesante. Più volte pensò alla fuga, ma il pensiero dei peccatori che lo cercavano per confessarsi da lui ed il sostegno morale ed economico di cui aveva bisogno l’orfanotrofio de "La Provvidenza" lo trattenevano ad Ars. I malati erano condotti dinnanzi a lui da ogni parte della Francia perché numerosi grazie alle preghiere di Vianney recuperavano la salute. Ovviamente i pellegrini riconoscenti gli lasciavano molte offerte in denaro che Vianney utilizzava non solo per la sua parrocchia e l’orfanotrofio ma soprattutto per la fondazione delle missioni popolari nelle parrocchie prive di risorse economiche. Il doloroso ministero presbiterale al quale si sobbarcava dall’una del mattino fino a sera inoltrata, lo portarono a sfiorare la morte nel 1843. Dopo aver ricevuto gli ultimi sacramenti, fece voto di far celebrare cento Messe in onore di santa Filomena se si fosse ristabilito in salute. Il cielo lo accontentò. Superò la pleuro-polmonite. I parrocchiani di Ars ne furono tanto contenti che incominciarono ad esporre e vendere i ritratti del loro curato. L’Istituto de "La Provvidenza" che, con la malattia del curato, era stato sul punto di chiudere, rifiorì e, per volontà del vescovo, fu affidato, nel 1848, alla cura delle Suore di San Giuseppe di Bourges. Il flusso dei pellegrinaggi continuò ad aumentare a tal punto che il vescovo ritenne necessario dare al santo curato un vice parroco che si prendesse cura della comunità dal momento che Giovanni Maria doveva restarsene tutto il giorno in confessionale. Il primo suo vicario fu l’abate Antonio Raymond, una personalità rude, autoritaria. Col suo temperamento difficile e con la sua corporatura imponente per ventun anni tenne in soggezione il santo curato che, per la sua grande bontà, era incapace di mantenere la disciplina tra la massa scostumata dei pellegrini. Nonostante che Don Raymond lo contrariasse, Vianney si mostrò sempre con il vescovo soddisfatto di lui e dell’aiuto che gli prestava, pur dovendo ingoiare parecchi rospi a causa del carattere ambizioso del suo vicario. Nonostante l’ostilità di Dom Raymond, il curato realizzò una fondazione caritativa per avere due Fratelli della Sacra Famiglia, fondati a Belley da Fratel Gabriele Taborin, affinché uno facesse da istitutore della gioventù maschile e l’altro da sacrestano, inoltre un gruppo di missionari diocesani verranno ad aiutarlo nell’esercizio delle sue pesanti funzioni sacerdotali. Infatti sempre più pellegrini si recavano da lui per farsi confessare. Si può affermare che verso il 1850, Vianney era il prete più conosciuto, più stimato e più ricercato di tutta la Francia. Persino il suo vescovo si rivolgeva a lui per la confessione e la direzione spirituale. Nell’ultimo anno di vita del santo, i pellegrini che arrivarono con i mezzi pubblici furono circa ottantamila, circa ventimila invece utilizzarono mezzi propri: centomila pellegrini l’anno dunque! Tra questi pellegrini diversi in seguito furono canonizzati o beatificati. - don Marcello Stanzione - Pontifex -

 
 
 
 
 

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Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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