ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 05/09/2009

NOVENA PER L'ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE DAL 5 AL 13 SETTEMBRE

Post n°2298 pubblicato il 05 Settembre 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

 La Croce sulla nostra strada deve essere il segno indicatore che ci conduce all'amore e all'uniformità della nostra volontà con quella di Dio, attraverso le quali viene la vera pace. Se guardiamo la Croce vediamo che ha una dimensione verticale (amore verso Dio) ed una orizzontale (amore verso il prossimo). Queste due dimensioni ci indicano la strada dell'Amore. Colui che ama Dio è pronto a soffrire, pronto a perdonare, a riconciliarsi, è pronto a portare la croce. Chi ama Dio potrà realizzare anche l'altra dimensione: amerà il prossimo, amerà anche la creazione. E quando avremo realizzato questa unità fra le due dimensioni, quando queste s'incontrano nel nostro cuore, avremo la vera pace e comunicheremo pace attorno a noi. Cristo ci ha salvato con la Croce , segno di Amore. Il centro di unità fra la dimensione verticale e quella orizzontale è Gesù. E se Lui è al centro della nostra vita, allora le preghiere, i digiuni, le veglie, tutto sarà illuminato alla presenza di Gesù che crea la pace vera. La croce deve essere il nostro innamoramento. Con la follia dell’innamoramento tutto potremo osare, perché per amore si riesce a morire. Sulla croce c’è pienezza di vita perchè Gesù pur essendo di natura divina svuotò se stesso assumendo la condizione di servo e umiliandosi fino alla morte di croce e il Padre ha riempito questo svuotamento con la gloria e la vita in pienezza.

PREGHIERE (dal 5 al 13 settembre)


Mi abbandono o Dio nelle tue mani.

Gira e rigira questa argilla, come creta nelle mani del vasaio.
Dalle una forma e poi spezzala, se vuoi.
Domanda, ordina, cosa vuoi che io faccia?
Innalzato, umiliato, perseguitato, incompreso, calunniato, sconsolato,
sofferente, inutile a tutto, non mi resta che dire, sull'esempio di tua Madre: "Sia fatto di me secondo la tua parola".
Dammi l'amore per eccellenza, l'amore della Croce, ma non delle croci eroiche che potrebbero nutrire l'amore proprio
ma di quelle croci volgari che purtroppo porto con ripugnanza...
di quelle che si incontrano ogni giorno nella contraddizione, nell'insuccesso, nei falsi giudizi, nella freddezza,
nel rifiuto e nel disprezzo degli altri, nel malessere e nei difetti del corpo, nelle tenebre della mente e nell'aridità di cuore.
Allora solamente Tu saprai che Ti amo.
Ti adoro, o Croce Santa,
che fosti ornata del Corpo Sacratissimo del mio Signore,
coperta e tinta del suo preziosissimo sangue.
Ti adoro, mio Dio, posto in croce per me.
Ti adoro, o Croce Santa per amore di Colui che è il mio Signore.
Amen

 

 
 
 

SAN MICHELE ARCANGELO E LE ANIME DEL PURGATORIO

Post n°2297 pubblicato il 05 Settembre 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Quante poche anime, in mezzo alle più sante, salgono dalla terra al cielo senza passare per le fiamme del Purgatorio? San Luigi Gonzaga stesso, questo angelo di purezza, questo martire di carità e di penitenza, temette nei suoi ultimi istanti di andare in quel luogo di espiazione.A quel grande numero di anime che la giustizia divina scarta ancora dalla soglia del Paradiso, poiché esse non hanno abbastanza illuminante biancore nella veste del loro battesimo, San Michele è particolarmente soccorrevole. Egli raddoppia la sollecitudine per consolarli, sollevarli ed affrettare la loro liberazione. "Simile ad un ministro plenipotenziario inviato in delegazione, dice il papa San Pio V parlando del ruolo ammirabile di San Michele di fronte alle anime del Purgatorio, questo potente arcangelo applica ed interpreta, secondo le circostanze, le volontà del suo sovrano; Egli grazia talvolta i colpevoli che hanno implorato la sua protezione, abbrevia la detenzione di talune altre; in una parola, egli è come il mediatore tra il capo supremo ed i suoi sudditi, ed anche, con la sua mediazione, egli ottiene delle grazie che la dignità del sovrano sembra non poter accordare senza un intermediario". Col dogma del Purgatorio, la Chiesa ci insegna che la pena più crudele che vi perdura è quella del danno, ossia l'orribile stato dell'anima che, violentemente strappata da questo mondo, si trova improvvisamente in mezzo ad un vuoto spaventoso in cui, tremante, essa rotola incessantemente attraverso turbini di fiamme livide, cercando il suo appoggio in Dio, che ella chiama con tutte le potenze del suo essere, ma da cui è respinta da una forze inesorabile. Sarebbe l'inferno, se non ci fosse la speranza di uscirne. San Michele ha pietà di questa sfortunata che egli ha forse strappata a Satana; la illumina, la consola nelle sue sofferenze, nella sua dolorosa attesa, ricordandole che dopo l'espiazione, egli la condurrà, gioiosa, e trionfante, nel celeste paradiso. Allora l'anima, riconfortata nella sua speranza, considera amorevolmente la grandezza, la santità di Dio, e benedice la sua misericordia, anche nel castigo della sua giustizia. Se è una grande gioia per l'infelice che giace in fondo ad un'oscura prigione, quella di ricevere sulla sua fronte alcuni raggi di luce, o per il marinaio perduto nell'oceano, in mezzo alla tempesta, percepire da lontano il faro del porto, quale dolce visione quella dell'arcangelo nel lamentevole soggiorno del purgatorio! La sua presenza illumina e dona a queste sante anime, come un riflesso della gioia del Paradiso. Ecco perché la Chiesa chiede, nelle sue preghiere liturgiche per i defunti, che San Michele faccia splendere alle loro anime quel dolce chiarore, la cui brillantezza va crescendo fino al momento in cui queste care prigioniere possono andare a rallegrarsi eternamente nel seno di Dio; A lato della pena del danno, vi è la pena del senso; nulla di sporco entra in cielo, ed il purgatorio non è che una buca in cui l'anima si spoglia da ogni alleanza impura. Ella ripassa, dice San Paolo, come attraverso il fuoco, ossia con una sofferenza in cui la giustizia di Dio impedisce alla sua misericordia di intervenire. Con le nostre preghiere e le nostre buone opere, noi possiamo diminuire l'intensità delle sofferenze delle anime del purgatorio ed anche liberarle dalle fiamme espiatici; ma San Michele e gli Angeli sono i primi ad addolcirne il rigore, con la loro presenza ed i loro incoraggiamenti. Sant'Alfonso, spiegando la preghiera dell'offertorio della messa dei defunti, dichiara che la tradizione è unanime nel riconoscere che San Michele scende nel purgatorio, per sollevare da se stesso e dai suoi Angeli le anime prigioniere in quel luogo di esilio e di espiazione. Sant'Anselmo dice anche: "Non possono accusarci di pia esagerazione, quando noi sosteniamo che il Principe della milizia celeste è onnipotente in purgatorio, poiché Dio lo ha così deciso, e che allora egli può consolare ed abbreviare le pene delle anime che la giustizia e la santità dell'Altissimo ritengono in quel luogo di supplizi. Vi regna da re, poiché è principe e padrone di tutte le anime che devono entrare nel regno dei cieli". Dopo la dolce Vergine Immacolata, bisogna dunque riconoscere a San Michele il più zelante e potere nel portare soccorso alle anime del Purgatorio. Ma ve ne sono certamente di privilegiati vicino al glorioso Arcangelo: sono quelle che, durante il loro pellegrinaggio terreno, lo hanno onorato in modo particolare con la loro fiducia, o che, con le loro preghiere e le loro buone opere, hanno dato sollievo alle anime del Purgatorio, ed hanno meritato dapprima i suoi favori. Sì, grida San Bernardo, chi è stato devoto a San Michele non rimane per molto tempo in purgatorio, poiché questo Arcangelo, facendo uso del suo privilegio, guiderà ben presto la sua anima nel celeste soggiorno". Chi non vorrebbe sforzarsi di essere un giorno in questo numero? Preghiamo sovente, preghiamo il più che possiamo per le anime del Purgatorio. Queste preghiere, molto gradite a San Michele, ci meriteranno, dopo la nostra morte, un potente soccorso e ben dolci consolazioni. Tratto da "L'Angelo Custode" - Pontifex -

 
 
 

LA VERGINE MARIA E GLI ULTIMI ANNI DI VITA DEL CURATO D’ARS

Post n°2296 pubblicato il 05 Settembre 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Stabilito oramai in maniera definitiva alla sua parrocchia di Ars, Don Vianney non poteva che rifugiarsi sempre più di giorno in giorno nel suo fervore mariano. Ben presto, d’altronde, egli stava per veder realizzarsi uno dei suoi più ardenti voti. Da lunga data, la sua devozione alla Vergine aveva messo l’accento sull’Immacolata Concezione. Questo privilegio di Maria “era ben caro al suo cuore, nota Caterina Lassagne; egli era contento ed onorava, faceva onorare per quanto poteva la Santa Vergine sotto il titolo di Immacolata Concezione”. A questo riguardo già nel 1959 il papa Giovanni XXIII nella sua lettera enciclica “Sacerdotii nostri primordia” aveva osservato: “Poco prima che il Curato d’Ars concludesse la sua lunga carriera piena di meriti, la Vergine immacolata era apparsa, in un’altra regione della francia, ad una fanciulla umile e pura, per trasmetterle un messaggio di preghiera e di penitenza, di cui è ben nota, da un secolo, l’immensa risonanza spirituale. In realtà la vita del santo sacerdote, di cui celebriamo il ricordo, era in anticipo un’illustrazione vivente delle grandi verità soprannaturali insegnate alla veggente di Massabielle. Egli stesso aveva per l’Immacolata concezione della Santissima Vergine una vivissima devozione, lui che nel 1836 aveva consacrato la sua parrocchia a Maria concepita senza peccato, e doveva accogliere con tanta fede e gioia la definizione dogmatica del 1854”. Sotto lo zoccolo della statua che si leva al di sopra del portale della sua chiesa, si legge l’iscrizione: Maria sine labe concepta. Quando fece benedire la cappella dell’istituto La Provvidenza da parte di Monsignor Devie, e che questi, nel corso della cerimonia, chiese sotto quale titolo occorreva porla, la sua risposta fu netta: “Sotto quello dell’Immacolata Concezione”. Si era nel 1848. il vescovo manifestò il suo imbarazzo “visto che Roma non aveva ancora parlato”. Il titolo finalmente scelto fu quello della Santa Famiglia “ma, sottolinea l’abate Renard, l’idea originaria del santo sacerdote era “l’Immacolata Concezione”. Si immagini, fin d’allora, la gioia che gli procurò la proclamazione dogmatica formulata da Pio IX. La data dell’ 8 dicembre 1854 segnò uno dei più bei giorni della sua vita. Per celebrare l’avvenimento, Don Vianney aveva comandato ad un negozio di articoli religiosi di Lione un ornamento liturgico specifico che voleva chiamare ”la casula dell’Immacolata Concezione”. In pochi giorni, la sottoscrizione economica aperta ad Ars presso i parrocchiani ed i pellegrini ne assicurava il pagamento. “Don Vianney aveva lui stesso tracciato il progetto di questo ornamento di cui l’architetto Bossan eseguì il disegno. Si vede sullo sfondo di velluto blu, il colore della Vergine, una guarnitura d’oro riccamente orlata. Sul dorso della casula è rappresentata la Vergine Immacolata”. Nel giorno indicato, l’ornamento era pronto, ed è con tutta la solennità possibile che le cerimonie liturgiche dell’umile parrocchia si svolsero. Caterina Lassagne scrive: “Quello stesso giorno che si è celebrata quell’amabile festa, dopo il decreto, era un entusiasmo di felicità ad Ars il signor Curato ha voluto che la chiesa fosse preparata coi suoi più bei ornamenti. Si è fatta un’illuminazione la sera davanti alla chiesa e nelle case. Si sono suonate le campane al punto che le parrocchie vicine sono accorse pensando che vi fosse un incendio. E Don Vianney camminava con piacere col suo ausiliario ed il fratello della Sacra Famiglia alla luce delle torce che circondavano al di fuori la chiesa”. La promulgazione solenne da parte del papa Pio IX del privilegio mariano, al quale era particolarmente legato, doveva essere per i suoi ultimi anni un nuovo motivo di fervore. Molto tempo prima, egli si era legato nei confronti di Maria con due voti. Caterina Lassagne gli aveva “sentito dire che non vi era mai mancato: era di celebrare tutti i sabati la messa in onore della Santa Vergine – o, se non fosse stato possibile, la faceva celebrare – l’altro era di dire un certo numero di volte, ogni giorno: Benedetta sia la santissima e purissima Immacolata Concezione”. Man mano che si avvicinava alla sua fine, le sue disposizioni devozionali ordinarie non potevano che intensificarsi.
La sua messa del sabato, all’altare della Vergine, era sotto gli occhi di tutti. Essa provocava, al dire dell’abate Renard, “un aumento di pietà, perché ognuno si affrettava nell’imitare il santo sacerdote, che era come rapito quando celebrava nella cappella di Maria”. (Si può intravedere qualcosa delle intenzioni che portava il Curato d’Ars nella celebrazione di questa messa settimanale, richiamando quelle ch’egli aveva formulate per le sue fondazioni di messe in onore della Santa Vergine: 1. Si devono celebrare ogni anno 20 messe in onore dell’Immacolata Concezione della Santa Vergine, al fine di ottenere per intercessione di questa buona Madre di Gesù che i bambini non muoiano prima di aver ricevuto il battesimo; 2. Si devono celebrare ogni anno 19 messe in onore del Sacro Cuore di Maria, per implorare la sua potente protezione su tutti i sacerdoti della diocesi; 3. Si devono celebrare ogni anno 30 messe in onore del Sacro Cuore di Maria, per implorare la sua protezione su tutti i sacerdoti delle missioni straniere; 4. Si devono celebrare ogni anno 20 messe in onore dei dodici privilegi di Maria, al fine di ottenere che tutti i parrocchiani portino buone disposizioni al sacramento della penitenza; 5. Si devono celebrare ogni anno 19 messe in onore della Madonna dei 7 Dolori, per implorare la sua protezione in favore dei morenti. Abate Raymond, Vita di Don Vianney, pp. 137-138, Archivi del vescovado di Belley). Il suo ricorso all’Immacolata si trovava sempre più affermato. Diverse volte, durante quest’ultima fase della sua esistenza, è nella sua intercessione che il buon curato si rifugiò. Il pensiero che dovesse passare ben presto dalla sua parrocchia al tribunale di Dio riaccendeva la sua antica angoscia. Malgrado l’amore con cui il suo cuore era rapito, egli avanzava con timore e tremore. Scrivendo al superiore dei missionari di Pont-d’Ain, M. Camelet, egli esprimeva così il suo spavento: “Io che sono così miserabile, come voi sapete… non desidero che di andare a nascondermi in un angolo per piangervi la mia povera vita, per cercare se il buon Dio vorrà ancora perdonare la mia ignoranza, la mia ipocrisia e la mia golosità. Quante opere, quante penitenze e lacrime da versare! Pregate che io non sia dannato!”. Queste frasi potrebbero dar da pensare che il Curato d’Ars sia sull’orlo della disperazione. Ma una formula finale ci rassicura. Il santo in effetti aggiunge: “Sia benedetta Maria che è stata concepita senza peccato!”. Egli può allora firmare: “J.-M.-B. Vianney, povero vecchio curato d’Ars”. Nella sua miseria, la Vergine come madre amorosissima  rimane sempre presso di lui.
Egli sgranava la sua corona, ripeteva instancabilmente le sue Ave Maria, insistendo sulle parole più amate di tutte: Prega per noi, poveri peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte. Le aveva spesso commentate nei suoi catechismi: “Vedete, figli miei, quando voi dite: prega per noi nell’ora della nostra morte, è tutto”. “Oh, figli miei, tutta la vita dell’uomo è un apprendistato per ben morire”. “Oh, figli miei, quando la morte verrà, noi saremo ben contenti di essere ben preparati”. Ma lui stesso era in regola con quella che implorava come la custode della sua ultima ora? Il problema lancinante della apparizioni di La Salette non lasciavano affatto tranquilla la sua coscienza. Contestando gli avvenimenti che i due vescovi successivi di Grenoble avevano riconosciuti, non faceva la figura di oppositore degli interventi misericordiosi della Vergine? Quello che aveva creduto cogliere dalle confidenze di Massimino non poteva cancellare le testimonianze concordanti  e rigorosamente esaminate all’indomani delle apparizioni. Diversi miracoli avevano d’altronde dato al dire dei ragazzi un’autorità che li sorpassava infinitamente e distaccavano il fatto stesso dalle imperfezioni personali che si rimproveravano loro.
Il Curato d’Ars ha dichiarato, negli ultimi mesi del 1858, al sacerdote che gli aveva inviato il vescovo di Grenoble: “Io non saprei esprimervi quali angosce, quali tormenti la mia anima ha passato a tal proposito. Ho sofferto al di là di tutto ciò che si possa dire: per darvene un’idea, immaginatevi un uomo in un deserto, in mezzo a spaventosi turbinii di sabbia e di polvere, non sapendo da quale lato voltarsi”. Una spinta dall’alto era senza dubbio all’origine di quella tortura d’animo. Egli ne ebbe, alla lunga, la certezza. “Infine, egli concluse, in mezzo a tante agitazioni e sofferenze, mi sono gridato: Credo, e allo stesso istante ho ritrovato la pace, il riposo che avevo interamente perduti”. Straordinari favori ottenuti dalla preghiera, e nelle quali discernette dei segni del Cielo, lo confermarono nella sua riscoperta fiducia nella Salette. 1859, l’ultimo anno della vita del santo, giunse. Questi aveva il presentimento che l’ora della sua partenza fosse vicina. “Pare- ha notato Caterina Lasagne- che Dio gli avesse dato la vittoria sulle sue pene interiori così terribili che, fin dal primo o dal secondo anno che era ad Ars, non avevano smesso di tormentarlo. Ha lavorato con coraggio e perseveranza fino alla fine”. Il pensiero del Cielo era incessantemente presente al suo spirito. Quello sguardo di speranza sull’aldilà segnava il suo desiderio dell’eterna beatitudine. Egli manifestava l’attesa del suo incontro col Signore, ed anche con la Vergine Maria. “Quanto sarei deluso se non andassi in Cielo per vedere la Santa Vergine, quella bella creatura!”, egli sospirava. In un suo catechismo, egli aveva detto: “L’uomo era creato per il cielo; il demonio ha spezzato la scala che vi conduceva. Cristo, con la sua passione, ce ne ha formato un’altra. Maria è al vertice della scala, ella tiene a due mani e ci dice: Venite! Venite! Oh, il bell’invito! Vediamo il cielo aperto. non vi è che la scala da salire”. E’ nella notte del 4 agosto 1859 che il vecchio Curato d’Ars giunse all’ultimo gradino della scala. La Vergine Maria  l’aspettava sulla soglia della Casa del Padre. - don Marcello Stanzione - Pontifex -

 
 
 

MALATI TERMINALI SENZA CIBO, E' CHOC IN GRAN BRETAGNA

Post n°2295 pubblicato il 05 Settembre 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Un gruppo di medici britannici, specializzati in cure palliative, ha denunciato qualche giorno fa una serie di autentici attentati contro la vita e contro la deontologia professionale che sarebbe stati perpretati da alcuni ospedali in Gran Bretagna. Secondo i medici, i malati in fin di vita sarebbero stati abbandonati a se stessi fino a morire di fame. Secondo gli esperti i pazienti, in alcuni casi erroneamente dichiarati in gravissime condizioni, sarebbero privati di acqua e cibo e sedati in attesa della fine. Gli ospedali in questione seguirebbero alcune direttive introdotte dal sistema sanitario nazionale, (Nhs) secondo le quali ai malati terminali è possibile togliere idratazione e medicine, per poi lasciarli sotto sedativi fino alla morte. Il problema, hanno scritto i medici al quotidiano inglese The Daily Telegraph, è che «queste particolari terapie possono mascherare eventuali segni di un miglioramento». Il sistema si chiama Liverpool Care Pathway (Lcp), ed è stato studiato, ha dichiarato ieri un portavoce della Sanità, «per alleviare le sofferenze del malato terminale». Nel 2004 il modello è stato raccomandato dal National Institute for Health and Clinical Exellence (Nice) e oggi viene adottato in oltre 300 ospedali, 130 ospizi e 560 case di riposo. I medici che hanno lanciato l’allarme, tra cui il professor Peter Millard della University of London e il dottor Peter Hargreaves, primario di medicina palliativa al St Luke’s cancer centre di Guildford, parlano di «crisi nazionale» nella cura dei pazienti e sottolineano la gravità di diagnosi potenzialmente scorrette.
«Prevedere la morte – scrivono nella missiva al Telegraph – non è scienza esatta. I pazienti vengono diagnosticati in fin di vita senza prendere in considerazione che la diagnosi potrebbe essere sbagliata». Il risultato di queste direttive, continuano, «è che provocano un disagio nazionale perché le famiglie vedono negate le cure ai loro cari». L’avvertimento dei medici giunge una settimana dopo la pubblicazione di un rapporto della Patients Association secondo il quale più di un milione di pazienti ha ricevuto «cure scarse e in alcuni casi crudeli da parte del sistema sanitario nazionale». Attualmente in Gran Bretagna un paziente viene diagnosticato 'in fin di vita' da un team medico, dopo che gli specialisti ne hanno constatato alcuni sintomi, tra cui la perdita di conoscenza o l’impossibilità di ingerire farmaci. «Il metodo avrebbe lo scopo di far morire le persone dignitosamente, ma rischia di diventare una profezia che si auto alimenta», sostiene il dottor Hargreaves, che lavora nel settore delle cure palliative da oltre vent’anni. «I pazienti che vengono privati di idratazione diventano confusi e possono essere inseriti erroneamente in questo 'sentiero della morte'. Capisco che le direttive vogliano evitare che le persone malate siano curate in maniera accanita, ma in alcuni casi i medici se ne lavano praticamente le mani. Mi è capitato più di una volta – conclude il medico – di lavorare con pazienti che erano stati diagnosticati in fin di vita e che, ricevendo le giuste attenzioni, hanno continuato a vivere decentemente per molto tempo. Spesso purtroppo alcuni medici non controllano abbastanza il progresso dei loro pazienti per vedere se questi hanno riportato un qualche miglioramento». Secondo uno studio pubblicato recentemente dalla Barts and the London School of Medicine and Dentistry, nel 2007 e nel 2008 il 16, 5 per cento delle morti nel Regno Unito è stato causato da forti e costanti dosi di sedativi, il doppio di quelle utilizzate in Belgio e in Olanda. - Elisabetta Del Soldato -  Avvenire -

 
 
 

RICORDANDO MADRE TERESA......

Post n°2294 pubblicato il 05 Settembre 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Una matita nelle mani di Dio. Come lei stessa si definiva.Ma piccola. Così si sentiva la suorina in sahari bianco, bordato di celeste, nel momento in cui rovistava povertà, per affrancarla nell’amore. Madre Teresa di Calcutta, beatificata da Papa Giovanni Paolo II, un’altra figura di spicco del nostro tempo, per la Santità. Nata nell’ex Jugoslavia da famiglia albanese, 99 anni fa, subitoil trasporto verso i lontani. Le missioni, il suo chiodo fisso. E quando finì in India, di lì non venne più via. Dando vita, nel 1950, alle feconde Missionarie della Carità. Che ben presto pullularono in tutto il mondo. Suore animate dall’unico desiderio di sottrarre all’inedia della strada, alla solitudine del freddo, vite umane crocifisse dalla povertà. Corpi cestinati dopo il decesso di pochi anni. Questo il drammatico spettacolo che l’India le offriva e che lei, senza mai chieder denaro, cercava di rendere meno pietoso con quel poco che possedeva. Quel tanto che regalava. Il sorriso, la stretta di mano, una ciotola di riso, un pasto caldo, un tetto sulla testa, medicinali contro la lebbra. Le Missionarie della Carità, dai lontani padiglioni indiani, alle periferie metropolitane. Dai bassifondi, alle bicocche senza igiene. Una piccola grande donna Madre Teresa, dinanzi alla quale si son inchinati grandi. Una luce che, senza imporre il credo cattolico, con la pretesa di convertire, amatò senza confini. Fino all’oblazione totale del proprio tempo, della propria umanità, spezzata tra i migliaia di barboni, raccolti ovunque ed i poveri ricchi, in cerca di una sua benedizione. Come la principessa Diana, che dopo averla conosciuta, non si staccò da lei. Oggi, la suorina indiana, ancora sorride al volontariato meno generoso. A chi sostiene che senza fondi, non ci sia carità. A chi si antepone obiettivi ambiziosi, prima di agire. Il grembiule del Venerdì Santo, l’accompagnò fino agli ultimi giorni. Ed ancora oggi, le suore che ne ricordano l’esempio, raccolte in corale preghiera, non lo ripongono mai! - Rita Occidente Lupo - Pontifex -

 
 
 

FELTRI GROSSOLANO E IRRIVERENTE NELL'ACCOSTARE CRISTO AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

Post n°2293 pubblicato il 05 Settembre 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

“Ho letto in un  editoriale di Feltri un paragone e un accostamento tra Cristo e il Presidente del Consiglio: francamente lo trovo grossolano e irriverente”: lo afferma l’onorevole Paola Binetti, del Partito Democratico e membro numerario della Opus Dei. Onorevole Binetti, che idea si è fatta del conflitto a tutto campo tra Il Giornale e Avvenire?: “ molto semplice, quello di uno stile di lavoro molto diverso tra le due testate. Da una parte, metto Avvenire che ha sempre,sottolineo sempre, tenuto una linea editoriale equilibrata e prudente. Sono della opinione che Avvenire abbia criticato con la giusta fermezza l’operato del Governo su sicurezza e immigrazione,mentre abbia lavorato con estrema prudenza e delicatezza nei confronti del Presidente del Consiglio a livello personale. In parole povere, Avvenire pur non risparmiando critiche allo stile di vita di Berlusconi, non ha mai tirato a lupara”. E Il Giornale di Feltri?: “ al contrario, è entrato a gamba tesa con uno stile durissimo, che sa di vendetta. Insomma, una roba del tipo: avete maltrattato il mio padrone, ed io vi rendo la pariglia”. Aggiunge: “ ho letto anche un singolare accostamento fatto da Feltri, in un editoriale, tra Cristo e Berlusconi, lo trovo irriverente e grossolano. Dimostra che quel giornale non ha delle vere radici cristiane, si ciba di una cultura ed una ideologia governativa che fa a pugni oggi con il cristianesimo”. I Vescovi hanno mostrato piena solidarietà al Direttore Boffo: “ hanno ragione e del resto se la ha data il Papa non vedo il motivo per il quale loro non avrebbero dovuto farlo”. Il Giornale afferma di aver pubblicato del materiale legittimo: “ assolutamente non è così, si tratta di una vera patacca, contenente falsi e grossolanità prive di alcuna prova”.  In un editoriale Vittorio Messori parla anche di scarsa prudenza da parte di Boffo: “ credo che il Direttore abbia operato solo una scelta di opportunità all’epoca decidendo di dare,con molta nobiltà ad un ragazzo di comunità un’ultima possibilità. Questa almeno è la tesi di Boffo, ovviamente di parte,ma io gli credo”. Perché gli crede?: “ guardi, lo conosco e lo reputo un galantuomo, una persona delicata che ha sempre scelto nel lavoro uno stile sobrio ed equilibrato. Peccato che la stessa cosa non si possa dire di tutti”. Il Papa nella ultima udienza del mercoledì ha detto che solo cambiando radicalmente stile di vita è possibile salvarsi. A chi crede che si riferisse il Santo Padre?: “ al Presidente del Consiglio. Mentre, come le ho detto, Boffo ha sempre dato prove ed evidenze di laboriosità, serietà, capacità giornalistiche, sobrietà ed equilibrio, altrettanto ancora attendiamo con ansia dal Presidente del Consiglio, relativamente alla sua personale condotta”. Poi aggiunge: “ anche se credo che stia cambiando poco alla volta, sarà magari perché ormai è sotto i riflettori o perché si è pentito, chissà. Ma noto un certo positivo cambiamento”. - Bruno Volpe - Pontifex -

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 26
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Settembre 2009 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
  1 2 3 4 5 6
7 8 9 10 11 12 13
14 15 16 17 18 19 20
21 22 23 24 25 26 27
28 29 30        
 
 
 

ARTICOLI DI FEDE MOLTO BELLI

 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963