ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 27/09/2009

IDEAVA SPOT DI FRANK SINATRA..... "MA POI HO FOTOGRAFATO LA MADONNA DI MEDJUGORJE"

Post n°2402 pubblicato il 27 Settembre 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Il 1° maggio del 1987 uno scetticissimo Gianni Romolotti, pubblicitario di Milano rotto a tutte le esperienze al punto da dichiararsi «agnostico e vigliaccone», si trovava per la prima volta a Medjugorje in compagnia della moglie Marina, ancora più incredula di lui. Accanto c’era Grazia Viola, un’amica che il giorno prima li aveva tirati fuori dalla loro barca a vela nel porto ligure di Varazze e costretti a imbarcarsi su un volo charter Orio al Serio-Spalato, ultimi due posti disponibili, con la promessa di fargli passare un week-end fuori dall’ordinario. Erano circa le 18.40, l’ora in cui a partire dal 24 giugno 1981 la Madonna sarebbe cominciata ad apparire con frequenza mensile nel villaggio della Bosnia Erzegovina a sei ragazzi che all’epoca avevano tra i 10 e i 16 anni. «Grazia Viola si dimostrò di parola. Vidi qualcosa di straordinario. Guardavo il sole a occhio nudo, cosa normalmente impossibile a farsi. Tutti gli altri, eravamo in centinaia, lo stesso. E il sole prese a roteare, danzare, pulsare, assumendo varie colorazioni, prima azzurra, poi rossa, quindi rosa, e infine precipitò verso di me, tanto da costringermi a ripararmi istintivamente il volto con le mani. In pratica la stessa cosa che fu osservata alla Cova da Iria il 13 ottobre 1917 dalle migliaia di persone radunate intorno ai tre pastorelli di Fatima, incluso Avelino de Almeida, redattore capo di O Século, un quotidiano di Lisbona, che ne scrisse in prima pagina. Fu l’unica volta in cui non mi sentii costretto dal tempo e dallo spazio. Mi dissi: Gianni, la tua casa è qui. Mia moglie balbettò: “Mi sembra l’Apocalisse”». L’indomani, alla stessa ora, Gianni Romolotti si mise in testa di voler documentare fotograficamente lo sbalorditivo fenomeno con la sua Olympus. «Un tentativo infantile», ammette adesso, «forse dovuto a una deformazione professionale: le immagini sono state la mia vita». Ma quello che accadde in camera oscura, al ritorno in Italia, lo lasciò senza fiato: «Un’inquadratura né verticale né orizzontale, mentre io ricordavo perfettamente d’aver puntato l’obiettivo perpendicolare al terreno, in direzione della canonica e della chiesa. Accanto alle cuspidi dei due campanili, una nuvola formava una silhouette di donna. Dal velo e dal manto si direbbe la Vergine. Ma io sono arcisicuro che quel giorno il cielo era terso, neanche una nube». Da allora Romolotti tiene il negativo della foto in cassaforte e si dichiara «un fulminato». È convinto che la Regina della Pace di Medjugorje lo abbia guarito da un melanoma. Un risarcimento che gli era in qualche modo dovuto, visto che fu lui negli Anni 90 ad andare per primo dalla figlia di Darix Togni con in mano 15 milioni di lire per farsi noleggiare il Palatrussardi, trasformato da tendone del circo in tempio dello spirito: «Pullman da tutta Italia, a ogni raduno 10.000 persone avide di preghiera, rosari e litanie dalle 9 di mattina alle 7 di sera e un solo discorso: la meditazione di padre Slavko Barbaric, un francescano carismatico oggi sepolto a Medjugorje, che se non si fosse fatto frate sarebbe finito con i miliziani a strappare i testicoli ai nemici durante la guerra in Bosnia». Guai però a definire Romolotti il boss della cupola (intesa come sommità del tempio) di Medjugorje in Italia, anche se, da quando vive a Celle Ligure, la chiesa di San Pietro, in via Untoria a Savona, certe sere è illuminata a giorno dalla presenza di tantissimi fulminati. Di sicuro sta facendo più lui per la fede mariana che non tanti tiepidi pastori d’anime. Alcuni, come don Luigi Negri, oggi energico vescovo di San Marino-Montefeltro, si può dire che li abbia convertiti: «Me lo ricordo quando veniva con le braghette corte a Celle. Roba da matti! I preti devono passare le vacanze in montagna, non al mare. Gli raccomandavo: don Luigi, vada a Medjugorje. Ma lui niente. Poi qualche tempo fa lo incontro e mi dice: “Sai Gianni, ci sono stato. È sorprendente”. Mi ha confessato d’averne parlato con Benedetto XVI in questi termini: “Santo Padre, se, come dicono, a Medjugorje c’è Satana, ebbene le assicuro che sta lavorando per noi”». Nella visione di Romolotti, perfino Cl è già moderatamente eretica. Eppure fu a casa sua, in via Ripamonti a Milano, che il fondatore don Luigi Giussani trovò rifugio negli Anni 70, quando gli extraparlamentari di sinistra lo cercavano per fargli la pelle. «Fu costretto a togliersi la talare e a mettersi in abiti civili. Prestai la mia Simca a Paolo Volpara, che lo accompagnava, il quale mi lasciò in garage la sua vecchia Mercedes. E partirono verso destinazione ignota». Conosciuto come grafomane nei vescovadi e nelle redazioni di mezza Italia, che tempesta di lettere dai toni apologetici quando non millenaristici inviate in copia anche al Papa, Romolotti non ama le mezze misure. Al cardinale Carlo Maria Martini, fautore dell’ecumenismo: «Ma è possibile che i vari imam musulmani si permettano di definirci “antropofagi” perché mangiamo il nostro Dio? Non è vero che le religioni sono tutte uguali: occorre che lo diciate e con chiarezza». Al cardinale Dionigi Tettamanzi, che da arcivescovo di Genova aveva assolto i contestatori del G8: «Oggi la gente ha letteralmente fame di Dio, non di posti di lavoro! Diamoglielo, questo Dio, altrimenti se ne vanno dai guru, dagli arancioni, nel Tibet e dai maghi». Ma la sua bestia nera è don Antonio Sciortino, direttore di famiglia Cristiana, come la chiama lui: «Mi mandò l’invito per un happening in occasione del lancio della nuova veste grafica. Si teneva nella discoteca Alcatraz, presenti le ragazze-cubo, all’insegna dello slogan “Né casa, né chiesa”(Hai capito il Don Sciortino quanto è spirituale!!!! questa battuta è mia ..diglilaverità). Ciumbia! Gli scrissi: “Questo infelice payoff, così si chiama nella soave terminologia pubblicitaria che purtroppo conoscete bene, è un pessimo suggerimento che qualche creativo vi ha proposto e che voi avete accolto con entusiasmo. Si spiega con l’ossessiva mania che ha preso tanta parte della Chiesa, quella di voler scimmiottare il mondo. Un cristiano invece dovrebbe essere scomodo e dare scandalo, così almeno la pensava San Paolo”. E don Sciortino è un paolino». Lei di payoff se ne intende.
«Un pochino. Ho lavorato in molte agenzie italiane e straniere, Studio Sigla, Ted Bates, Lspn di Eugenio Cefis, Odg. Sono stato account di Perugina, Buitoni, Agip, Mobil, Ip, Bic, Manetti & Roberts, Locatelli, Dreher. Il mondo dei lustrini l’ho conosciuto bene. Negli Anni 60 ho accolto Frank Sinatra a Roma, reduce da una tournée in Israele. Doveva cantare un motivetto negli studi della Rca di via Tiburtina e ripartire subito. Sull’asfalto fu incollato un tracciato di orme rosse, dall’elicottero alla sala di registrazione: non voleva sbagliare direzione e perdere tempo. Invece Raffaella Carrà, che faceva i caroselli per l’Agip, pretese una Rolls-Royce bianca per andare a pettinarsi dai parrucchieri Vergottini di Milano».
Quelli che crearono il «casco d’oro» di Caterina Caselli.
«Ma guardi che sono tutti uguali, eh, tutti. Compreso il rifondarolo Citto Maselli, regista degli spot Perugina: votava Pci e collezionava auto di lusso».
Lei è anticomunista, mi par di capire.
«Sono nato a Pontinia, provincia di Littoria, poi Latina, nel 1936. Mio padre si occupava del personale impegnato nella bonifica delle paludi e mio zio curava col chinino i poveri contadini immigrati dal Veneto che si prendevano la malaria. Famiglia cattolica: mia madre andava a caccia di bufali nell’Agro pontino col vescovo locale. Ma anche laica: nel dopoguerra papà fu chiamato a Bergamo dal cementiere Carlo Pesenti a dirigere Il Giornale del Popolo, che si opponeva all’Eco di Bergamo, il quotidiano della curia. Sono cresciuto a Reggio Emilia, nel triangolo rosso, e ho visto con i miei occhi che cosa facevano i compagni. Avevo 9 anni quando una mattina, andando a servire messa da don Iori, vidi un uomo con le braccia spalancate appiccicato al muro: l’avevano inchiodato a mitragliate, come su una croce. Un’altra mattina, al numero 28 di via Emilia Santo Stefano, c’era un morto per terra con un pezzo di cervello che pendeva dal pomolo dorato del portone: gli avevano spaccato il cranio in quel modo».
Si parlava di Carosello.
«Alla fine nel 1979 fondai una mia agenzia, Realtà. Il principale cliente era Salmoiraghi & Viganò, ottica. Dopo due mesi Silvio Berlusconi mi convocò nel suo ufficio in via Rovani: “Venga a lavorare con me. Le offro il doppio del suo fatturato”. Il mio giro d’affari allora era di 700 milioni di lire, rivalutati a oggi 2 milioni di euro. Quindi è come se mi avesse offerto quasi 8 miliardi di lire. Da non dormirci la notte. Risposi: grazie, ma con la testa che mi ritrovo preferisco lavorare sul mio. “La capisco, è quello che faccio anch’io”, concluse. Tentò di reclutarmi anche l’Aga Khan. Cercava un coordinatore per la nascente Costa Smeralda. Le sembro il tipo che d’estate s’infila un vestito bianco e con una flûte di champagne in mano vende villette ai nababbi?».
Come s’è convinto che la Madonna appare tutti i mesi a Medjugorje?
«Potrei risponderle: perché cessa d’improvviso il cinguettio di migliaia di passeri, che riprendono a cantare solo ad apparizione conclusa. O perché la mia amica Isabella Orsenigo, ex sofisticata direttrice di Grazia, ora assiste 3.000 orfani di guerra su un’isoletta della Croazia. Ma è il clima d’entusiasmo ad avermi conquistato, la voglia d’abbracciarsi che pervade i fedeli. A Medjugorje avverti una presenza reale. Altrimenti non si spiegherebbero i 40 confessionali dove i pellegrini si mettono in coda per confidarsi con sacerdoti di tutte le nazionalità. Come dice Cristo, è più difficile convertire un peccatore che resuscitare un morto. Le grane cominciano quando torni a casa».
In che senso?
«Gli amici ti guardano storto: ma come, eri un puttaniere e adesso fai il santerello? I clienti non ti dicono nulla, però te lo fanno capire. E dopo un po’ ti mollano. Per fortuna a me ne sono arrivati di nuovi. D’altronde non si può essere cristiani moderati. “Il vostro parlare sia sì, sì; no, no. Il di più viene dal maligno”, prescrive il Vangelo. Ecco perché preferisco rischiare di parlare troppo piuttosto che troppo poco».
Il Vangelo non prescrive anche alle pecorelle di amare i loro pastori? Invece lei bastona il cardinale Tettamanzi, che resta pur sempre il suo vescovo.
«Venne in visita alla Marconi di Genova, industria elettronica di cui curavo l’immagine istituzionale. Non ricordo d’averlo visto benedire i reparti. Parlava solo di disoccupazione. Quando i musulmani sono andati a pregare davanti al Duomo di Milano, lui ha fatto chiudere le porte. Doveva uscire e recitare il rosario, invece. Lo saprà che adesso quella piazza per l’Islam è diventata terra consacrata? Aveva ragione Paolo VI: “Attraverso qualche fessura, il fumo di Satana è entrato nella Chiesa”. Basta guardarla come edificio, per rendersene conto. Ma lei ha visto i nuovi templi che le gerarchie fanno progettare ai vari architetti Fuksas? Seguii per conto di Cefis la campagna pubblicitaria Dio cerca una casa da dividere con te della diocesi di Milano e l’unica cosa che dissi al cardinale Giovanni Colombo, un grande parroco, fu che occorreva fabbricare nuovi cristiani, non nuove chiese. Quelle esistenti bastavano allora e bastano oggi. È la fede che manca. Abbiamo bisogno di pastori che ci sveglino, che ci diano la dottrina. E che si affidino ad architetti cattolici praticanti, non atei».
 Ma se suo figlio non vuole andare a messa, che fa? Lo ammazza?
«Mia moglie frequenta la chiesa ma non si confessa e non si comunica. Mia figlia è divorziata e risposata civilmente davanti a un sindaco vestito da pinguino. I nipoti appena apro bocca si danno di gomito. Non creda che la mia situazione sia facile. Sono il matto di famiglia. Cristo crocifisso è scandalo per i giudei e stoltezza per i pagani, dice San Paolo. I cristiani sono improponibili».
Mi racconti del suo melanoma.
«Mi fu diagnosticato nel giugno del 2001. Una macchiolina sulla fronte. Mia sorella: “Mettiti nelle braccia del Signore come un bambino”. Mia moglie: “Adesso andiamo dal concessionario e compriamo un’auto nuova”. Dopo qualche mese: “Non preoccuparti, saprò cavarmela, ho le spalle larghe”. Mia figlia: “Stai tranquillo, papà, tu sei come la gramigna che non muore mai”. E lì subentra il narcisismo. Chi terrà l’orazione funebre? Quali nobili parole dirà? Si può sorriderne, ma viene in mente anche questo. Leggersi in proposito Il povero Piero di Achille Campanile, un monumento al paradosso della morte». Era già rassegnato al destino ineluttabile.
«La sofferenza aiuta ad avvicinarsi a piccoli passi all’appuntamento che conta di più. Ti trasforma giorno dopo giorno in un’altra persona. Cammini per strada col tuo bel melanoma e vedi tutti tranquilli e sereni: chi compra il giornale, chi conversa, chi litiga per un posteggio. Pazzi, autentici pazzi. Offrire la vita per una buona causa? Forse un giorno, prima dell’arrivo del cancherotto, devo aver pensato a qualcosa del genere. Oggi mi confermo che non ho implorato la guarigione: ho solo chiesto di morire soffrendo il giusto per le mie spalle, pensando che si trattava di poco, un attimo, e poi sarei stato in pace. Quando, dopo il secondo intervento chirurgico, mi hanno informato che gli esami erano negativi, ecco l’idea vincente: allora muoviti, cambia vita, fai del bene, ti sono ancora concessi dei giorni preziosi. “Attenti a non disperdere l’utilità del dolore”, ammonisce Sant’Agostino. Era un uomo piuttosto intelligente». (468. Continua) - stefano.lorenzetto@ilgiornale.it  - medjugorje.altervista -

 
 
 

PADRE AMORTH: IL DIVORZIO E' SATANICO IL DEMONIO INFRANGE CON INGANNO QUELLO CHE DIO HA UNITO.

Post n°2401 pubblicato il 27 Settembre 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Papa Benedetto XVI, parlando con la tradizionale sincerità ai Vescovi del Brasile in visita ad limina, ha ammonito sui rischi del divorzio, sulle nefaste conseguenza della cosiddette famiglie allargate che causano danni alla società ed anche ai bambini, vittime innocenti. Le parole sagge del Papa non potevano lasciare indifferente padre Gabriele Amorth, decano mondiale degli esorcisti che parla del divorzio. Padre Amorth, è lecito e soprattutto teologicamente corretto parlare di divorzio quale creazione satanica?: “ esattissimo. Il divorzio è satanico per eccellenza, è figlio di Satana e dunque mi sembra giusto corretto definire la pratica del divorzio come prodotto e derivazione del diavolo”. Per quale ragione a suo parere il divorzio è satanico?: “ intanto perché è un grande  sacramento. E questo di per sé basterebbe ed avanzerebbe. Poi con il divorzio, che significa vanificare una promessa fatta a Dio e alla Chiesa, il demonio vanifica il Vangelo, lo ridicolizza. Nella formula del matrimonio, presa dal Vangelo, si legge non osi dividere l’uomo quel che Dio ha unito. Bene, se l’uomo divide un sacramento voluto da Dio riesce a separarsi dalla natura divina e quindi rompe l’alleanza, si allontana da lui, proprio quello che Satana vuole e di cui se la ride. Ecco perché, insisto, il divorzio oltre che biasimevole, è satanico, diabolico e maligno”. E la famiglia allargata?: “ io francamente questo termine lo capisco poco. Io sono per la famiglia tradizionale. Ogni altro succedaneo mi da fastidio, lo trovo configgente con la legge di Dio. Mi domando, se due persone, liberamente, hanno scelto il matrimonio, che bisogno esiste di cercare altre vie?. Quando avvengono storie di tradimenti, infedeltà, esiste da un lato la responsabilità individuale dovuta spesso a immaturità, ma anche la tentazione del diavolo che gode di queste situazioni, ci mette alla prova e tenta lo stesso Dio. Ogni divorzio, ricordatelo, è una vittoria di Satana, un successo satanico”. Che cosa è il tradimento nel concreto?: “ una offesa a Dio e all’altro coniuge gravissima e blasfema. Nessuno obbliga a sposarsi, ma una volta scelta con maturità questa opzione, bisogna rispettarla. Lo ripeto, l’uomo non ha alcun motivo né in sede civile né in altra, di rompere quello che Dio ha unito”. Molto spesso le vere vittime sono i bambini: “ pagano colpe non loro e mi dispiace, scontano la superficialità di genitori non sempre adatti e delle insidie di satana. Molto spesso ne rimarranno marchiati a vita nel carattere”. Che fare per rimediare?: “ non credo che ci siano correttivi, la società va a carte quarantotto anche per via di programmi televisivi e mentalità rilassate. Forse bisognerebbe pregare maggiormente e resistere alle seduzioni del diavolo”. La Chiesa fa per intero la sua parte?: “ i bravi sacerdoti esistono, anche se una mentalità lassista e giustificazionista ha fatto capolino anche tra la Chiesa tralasciando che l’adulterio e quindi il divorzio sono peccati gravissimi e condotte sataniche. Il divorzio è firmato e voluto da satana. Chi divorzia è vittima di una condotta diabolica e il divorzio è derivazione di satana”. - Bruno Volpe - Pontifex -

 
 
 

IL SANTO PADRE DENUNCIA "L'ASSEDIO ALLA FAMIGLIA"

Post n°2400 pubblicato il 27 Settembre 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Ricevendo questo venerdì nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo i Vescovi della Conferenza Episcopale del Brasile (Nordeste 1 e Nordeste 4) in occasione della loro visita ad limina apostolorum, Benedetto XVI ha denunciato la difficile situazione che attraversa la famiglia nel Paese latinoamericano. Nel discorso che ha rivolto ai presuli, il Pontefice ha infatti riconosciuto che nella società attuale ci sono "forze e voci" che sembrano voler "demolire la base naturale della vita umana", provocando una situazione di "assedio della famiglia, con la vita che esce sconfitta da numerose battaglie". Nonostante questo, "è incoraggiante percepire che, malgrado tutte le influenze negative, il popolo delle Regioni Nordeste 1 e 4, sostenuto dalla sua caratteristica pietà religiosa e da un profondo senso di solidarietà fraterna, continua ad essere aperto al Vangelo della Vita". "In ogni casa il padre e la madre, intimamente irrobustiti dalla forza dello Spirito Santo, continuino ad essere la benedizione di Dio nella propria famiglia, cercando l'eternità del loro amore nelle fonti di grazie affidate alla Chiesa", ha auspicato il Vescovo di Roma.

Il dramma del divorzio

Anche se la Chiesa "paragona la famiglia umana alla vita della Santissima Trinità - prima unità di vita nella pluralità delle persone - e non cessa di insegnare che la famiglia trova il suo fondamento nel matrimonio e nel piano di Dio", "nel mondo secolarizzato si vive nell'incertezza più profonda a questo riguardo, soprattutto da quando le società occidentali hanno legalizzato il divorzio", ha riconosciuto il Papa. "L'unico fondamento riconosciuto sembra essere il sentimento o la soggettività individuale che si esprime nella volontà di convivere", ha aggiunto, sottolineando che in questa situazione "diminuisce il numero dei matrimoni, perché nessuno impegna la vita su una premessa così fragile e incostante", "crescono le unioni di fatto e aumentano i divorzi". "Su questa fragilità si consuma il dramma di tanti bambini privati del sostegno dei genitori, vittime del malessere e dell'abbandono, e si diffonde il disordine sociale", ha segnalato. La Chiesa, dal canto suo, "non può restare indifferente di fronte alla separazione dei coniugi e al divorzio, davanti alla rovina delle famiglie e alle conseguenze provocate dal divorzio nei figli". Questi ultimi, "per essere istruiti ed educati, hanno bisogno di riferimenti estremamente precisi e concreti" ed "è questo principio che la pratica del divorzio sta minando e compromettendo con la cosiddetta famiglia allargata e mobile, che moltiplica i 'padri' e le 'madri' e fa sì che oggi la maggior parte di coloro che si sentono 'orfani' non sia rappresentata da figli senza genitori, ma da figli che ne hanno troppi".

Ritornare alla famiglia cristiana

Secondo il Papa, i problemi attuali che le coppie devono affrontare e che indeboliscono la loro unione "trovano la loro vera soluzione in un ritorno alla solidità della famiglia cristiana, luogo di fiducia reciproca, di dono reciproco, di rispetto per la libertà e per l'educazione alla vita sociale". Per aiutare le famiglie, il Papa ha esortato i presuli del Brasile a "proporre loro, con convinzione, le virtù della Sacra Famiglia: la preghiera, pietra angolare di ogni famiglia fedele alla propria identità e missione; la laboriosità, asse di ogni matrimonio maturo e responsabile; il silenzio, cemento di ogni attività libera ed efficace". Allo stesso modo, chiede ai sacerdoti e ai centri pastorali delle Diocesi dei Vescovi brasiliani di "accompagnare le famiglie, perché non siano illuse e sedotte da certi stili di vita relativisti promossi dalle produzioni cinematografiche e televisive e da altri mezzi di informazione". Il Papa ha confidato di avere "fiducia nella testimonianza di quelle famiglie che traggono la propria energia dal sacramento del matrimonio", con cui è possibile "superare la prova che soggiunge, saper perdonare un'offesa, accogliere un figlio che soffre, illuminare la vita dell'altro, anche se debole o in difficoltà, mediante la bellezza dell'amore". In questo contesto, ha esortato i Vescovi a lavorare "con intelligenza e zelo" senza risparmiare sforzi "nella preparazione di comunità attive e consapevoli della propria fede". In questo modo, ha concluso, si consoliderà la fisionomia della popolazione del Nordeste "secondo l'esempio della Santa Famiglia di Nazareth". -  Roberta Sciamplicotti - ZENIT.org -

 
 
 

L'IRLANDA SALVERA' L'EUROPA DAI MANDARINI DI BRUXELLES (ANCORA UNA VOLTA)

Post n°2399 pubblicato il 27 Settembre 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Fra pochi giorni, l’Irlanda terrà il destino dell’Europa nelle proprie mani, almeno per un momento. Il prossimo 2 ottobre, infatti, gli irlandesi saranno di nuovo chiamati a votare sul Trattato di Lisbona, 15 mesi dopo la sonora vittoria del NO allo stesso Trattato, che non è stato mutato di una virgola. Il Wall Street Journal ha intervistato Declan Ganley, uno dei fautori della campagna del No dello scorso referendum, tornato nuovamente in azione per difendere un’Europa incentrata, non sulle elite dei burocrati, ma su ‘Noi cittadini’…. Grazie ad un cavillo della procedura costituzionale irlandese, il prossimo 2 ottobre la Repubblica di Irlanda sarà l’unica nazione dell’Unione Europea a tenere un referendum sul trattato per rinnovare il funzionamento dell’UE,  che oggi riunisce mezzo miliardo di persone. Il Trattato di Lisbona, dunque, resisterà o cadrà in base ai voti di circa un milione e mezzo di uomini e donne irlandesi. Dal punto di vista di Bruxelles, tutto questo è assolutamente ingiusto – una mancanza di democrazia mascherata da democrazia. Gli irlandesi hanno già ostacolato gli inquilini dello European Quarter di Bruxelles in altre occasioni, la più recente delle quali risale al voto contro il Trattato di Lisbona dello scorso anno. Facendo un salto indietro a quell’occasione, l’establishment di Bruxelles ha dato la colpa di quella sconfitta soprattutto ad un uomo. Il suo nome è Declan Ganley. Si tratta di uno dei fautori della campagna del No dello scorso referendum, che è già pronto a tornare nuovamente in azione. Mi sono seduto a un tavolo con lui, per cercare di capire quali sono i motivi per cui sta lottando affinché l’Irlanda voti nuovamente No per Lisbona – e costringa così l’UE, almeno nelle sue speranze, a intraprendere un percorso differente.
***
Ho fatto presente a Ganley, un irlandese di 42 anni calvo e impeccabilmente vestito, che agli occhi di Bruxelles questo referendum risulta profondamente ingiusto. Perché mai un milione e mezzo di irlandesi dovrebbe avere l’opportunità di far indietreggiare i progressi ottenuti da 500 milioni di cittadini d’Europa?
La sua risposta è stata molto decisa: “Io la vedo in maniera molto diversa. E’ assolutamente poco democratico cercare di calpestare la democrazia… Gli irlandesi hanno avuto la possibilità di votare sul Trattato di Lisbona. E hanno votato no. E si tratta di un voto che è stato espresso da una percentuale dell’elettorato più alta di quella che ha votato per Barack Obama negli Stati Uniti d’America. Eppure nessuno sta pensando che il presidente americano dovrebbe partecipare ad una nuova elezione il prossimo mese. Ma – voilà! – 15 mesi dopo il primo voto, ci viene richiesto di votare nuovamente sullo stesso identico trattato”. E Ganley, a tal proposito sottolinea con enfasi, battendo il pugno sul tavolo: “Non è cambiata neanche una sola virgola in quel documento”.
Ma l’insulto alla democrazia, nella sua ottica, è ben più grave della semplice richiesta agli irlandesi di votare due volte – era già successo lo stesso all’Irlanda con il Trattato di Nizza nel 2002. In questo caso, non vengono calpestate solamente le prerogative democratiche degli irlandesi, ma anche quelle dei francesi e dei tedeschi, tra gli altri. Nel 2005, sia la Francia che i Paesi Bassi hanno respinto la Costituzione dell’UE proposta nei referendum. Lisbona, secondo l’opinione di Ganley, “è lo stesso trattato”. Qual è la prova di un’affermazione del genere? “Bene, innanzitutto lo hanno sostenuto gli stessi autori della bozza della Costituzione Europea. Come, ad esempio [l’ex presidente francese Valery] Giscard d’Estaing, che l’ha definita il medesimo documento in un involucro differente. E di certo sapeva bene di cosa stesse parlando, avendo presieduto il comitato che ha progettato la Costituzione”.  E c’è dell’altro. “Giscard d’Estaing ha anche dichiarato riguardo al Trattato di Lisbona che l’opinione pubblica sarebbe stata indotta, senza saperlo, ad adottare politiche che non avremmo mai avuto il coraggio di presentare direttamente. Tutte le proposte avanzate inizialmente per la nuova Costituzione si sarebbero ritrovate nel nuovo testo, il Trattato di Lisbona, ma sarebbero state nascoste o camuffate in qualche modo. Questo è quello che ha detto. Ed ha assolutamente ragione. Non c’è nessuna legge che può essere adottata sotto la Costituzione che non possa essere adottata sotto il Trattato di Lisbona. Nessuna”. Così nel tentativo di spingere il Trattato di Lisbona, l’Unione Europea sta anche cancellando la scelta democratica dell’elettorato francese e tedesco. “Milioni di persone in Francia, che costituiscono la maggioranza, hanno votato No a questa Costituzione Europea. Nei Paesi Bassi, altri milioni di persone hanno fatto la stessa identica cosa. Quando è stata posta la medesima domanda agli irlandesi, anche loro hanno votato No. Tutte e tre le volte in cui è stata proposta all’elettorato, la gente ha sempre espresso parere contrario”. Lungi dall’opporsi alla volontà delle centinaia di milioni di membri dell’Unione Europea, allora, dal punto di vista di Ganley l’Irlanda ha il dovere nei loro confronti di difendere i risultati di quelle prime votazioni. Approvare il trattato sarebbe un tradimento nei confronti di coloro che hanno votato in Francia e nei Pesi Bassi – per non parlare di tutti gli altri milioni di cittadini a cui non è stata offerta l’opportunità di votare sulla Costituzione o su Lisbona. Ganley mantiene un tono di voce basso e pacato, anche quando, come in questa occasione, scivola nell’atteggiamento retorico di chi vuol lanciare una bomba. “Perché”, si chiede, “sebbene sia francesi che tedeschi e irlandesi abbiano votato No, noi siamo ancora costretti a mandare giù la stessa formula?  Non è necessario grattarsi la testa interrogandosi riguardo alla democrazia, in modo filosofico e vago, chiedendosi se ci sia qualche oscura minaccia che incombe”. E poi aggiunge, senza alzare il tono della voce, “questa è una chiara manifestazione di disprezzo della democrazia. E’ un vero atto di odio contro la democrazia… Si tratta di una presa di potere tanto ardita che è letteralmente quasi inverosimile”. La natura di questa presa di potere a cui Ganley si riferisce merita alcune considerazioni. Cosa c’è, esattamente, di sbagliato nel Trattato di Lisbona così com’è? “Il trattato è il prodotto di un insieme di principi e di un modo di governare l’Unione Europea che mostra chiaramente la mancanza di volontà o di propositi a favore della democrazia”, sostiene Ganley. “Potreste sentirne parlare tranquillamente a tavola, a cena in alcuni quartieri di Bruxelles o altrove, dove si afferma che stiamo entrando in un’era post-democratica, che la democrazia non è il meccanismo o lo strumento perfetto con cui affrontare le sfide della globalità, in questo quello e quell’altro ancora. Questa idea di entrare in una qualche forma di post-democrazia è molto pericolosa. E’un atto imprudente. E ingenuo”. Il Trattato di Lisbona, così come avrebbe fatto anche la Costituzione UE, mette in pratica questa idea di post-democrazia in diversi modi concreti. Il più impressionante è l’articolo 48, universalmente noto con il soprannome francese di “clausola passerella”. Quello che stabilisce è che “anche solo attraverso accordi intergovernativi, senza la necessità di richiedere il parere dei cittadini e in qualunque momento, è possibile apportare qualsiasi cambiamento al documento costituzionale, aggiungendo qualsiasi nuovo potere, senza bisogno di consultare l’elettorato”, spiega Ganley. “Una volta approvata tale clausola, pensate forse che abbiano intenzione di richiedere nuovamente il parere ad un qualche elettorato? Ovviamente no”. Se gli irlandesi votassero sì, in altre parole, il 2 ottobre rappresenterebbe l’ultima data in cui Bruxelles si sia preoccupata di dare voce agli elettori sulle scelte e sul modo in cui l’Unione Europea agisce. L’Irlanda, in effetti, avrebbe dato via l’ultima traccia di democrazia diretta europea non solo per se stessa, ma per il continente intero.
 La clausola passerella non è la sola prova che nel trattato prevale una mentalità post-democratica. “Un altro elemento da evidenziare”, continua Ganley, “è il modo in cui si sceglie il proprio presidente – il presidente del Consiglio Europeo, che generalmente viene considerato il presidente dell’Unione Europea”. Questo presidente UE, sottolinea Ganley, “rappresenterà la comunità europea sullo scenario mondiale. E sarebbe quindi una delle due persone che Henry Kissinger dovrebbe chiamare, in risposta alla sua famosa domanda,  – quando voglio parlare all’Europa, chi devo chiamare? – Adesso Kissinger avrà un numero di telefono a cui rivolgersi, una voce che parla in nome dell’Europa, perché quella voce rappresenterà mezzo miliardo di cittadini, legalmente”.
 L’altra persona che dovrebbe parlare per l’Europa è colui che, in maniera altisonante, viene chiamato Alto Rappresentante per gli Affari Esteri e della Sicurezza, che in effetti altri non è che il ministro degli esteri dell’Unione Europea. Ganley, stando a quello che dichiara, è “tranquillo nei suoi confronti”. Ma c’è da aggiungere qualcosa: “Presumibilmente parleranno a nome mio, a ragione, perché io sono un cittadino”, spiega. “Ma io non ho dato il mio voto né a favore né contro queste persone. E allora, visto che non sono stato io, come cittadino, né tu a sceglierli, chi ha deciso che avessero questo mandato? Ah sì, in realtà qualcuno che è lontano da me non so neanche quanto, seleziona le persone all’interno della propria cerchia. E queste non devono mai competere con qualcun altro o affrontare un dibattito. In questo modo a me non viene data alcuna opzione, non posso scegliere se preferisco Tom, Joe o Anne. Mi vengo semplicemente a trovare di fronte al mio presidente.  Posso camminare all’indietro per uscire dalla stanza adesso?”. Effettivamente, se l’Irlanda voterà sì ogni futura espansione dei poteri dell’UE non dovrà più essere sottoposta al parere di alcun elettorato, e in base a ciò gli europei non avranno mai l’opportunità di eleggere i loro più alti rappresentanti. E’ facile comprendere perché Ganley non goda di grande popolarità a Bruxelles. Eppure dichiara: “Io sono un convinto europeista. Non sono assolutamente un euro-scettico, sotto nessun aspetto. Sono convinto che l’obiettivo più sensato a cui puntare per il futuro sia quello di un’Europa unita”. Il fatto è che Ganley teme che l’Europa, così come è costituita oggi, si stia preparando ad un’inevitabile caduta. “Sono assolutamente sicuro di una cosa”, continua l’irlandese. “Ovvero del fatto che, se l’Europa non viene costruita su solide fondamenta di democrazia, affidabilità e trasparenza di governo, allora certamente crollerà. E si tratta di un progetto dal valore troppo alto, che è costato troppo in termini di sangue e risorse, per permettere che questo possa accadere, creandone le condizioni”.
L’intera dinamica politica nell’Unione Europea per Ganley è antiquata. Parlare esclusivamente di euroscettici e di europeisti a dire il vero significa fare l’interesse dei mandarini a Bruxelles, dato che non permette l’esistenza di una opposizione leale o di un dissenso costruttivo. Ma è proprio quell’opposizione leale che Ganley spera di riuscire a creare. “Quello che sto continuando a ripetere, sin dall’inizio della scorsa campagna di Lisbona, manda in tilt i funzionari di Bruxelles”, ha dichiarato. “Semplicemente non riescono a seguire un processo logico. Il loro sistema non funziona. Devono farlo ripartire ogni volta perché io non rientro nella definizione di euroscettico. La loro mentalità è quella di amico-nemico”. E, puntando il dito su sé stesso: “Io sono un amico - un vero amico, perché ti sto dicendo la verità. Ti sto dicendo che hai un problema e che dobbiamo trovare il modo di risolverlo”.
E aggiunge, riferendosi all’establishment di Bruxelles: “Ho una notizia per loro. Questo piccolo cittadino europeo, insieme ad altri milioni in Francia, Paesi Bassi e Irlanda, ora ha qualcosa da dire. E a questo punto possono scegliere di continuare sulla via già intrapresa, e cadere, oppure possono decidere di ascoltare la gente, di renderla partecipe, e di fare le scelte tutti insieme.”
Al posto di un trattato così lungo, quasi illeggibile, che rimarrà a prendere polvere nel palazzo di Berlaymont a Bruxelles, quartier generale della Commissione, a Ganley piacerebbe vedere un documento di 25 pagine, che si presti alla lettura e che preveda l’elezione diretta del presidente UE, oltre ad una maggiore trasparenza nel processo decisionale e ad una voce più forte per i cittadini dell’Europa. “Dobbiamo chiedere di più ai cittadini,” sostiene Ganley. Ma allo stesso modo “dobbiamo dargli fiducia. Si parla di deficit democratico. La mancanza di fiducia è una delle maggiori lacune in Europa proprio in questo momento. E la più grande perdita di fiducia si è registrata tra coloro che governano e la gente, e non il contrario. Come diceva Bertold Bretch? ‘Che la gente aveva perso la fiducia del proprio governo’? Questa è una mentalità identica”.
Inoltre, nonostante tutte queste discussioni sulla democrazia e sui più alti principi, gli abitanti dell’Irlanda hanno anche i loro problemi interni da considerare. Ci sono stati molti dibattiti riguardo al fatto che il voto per il No potrebbe in qualche modo danneggiare l’economia del paese. E diverse grandi multinazionali in Irlanda hanno esortato gli irlandesi a ratificare il trattato e a lasciare che vada avanti. Forse Ganley sta mettendo a rischio il proprio paese, spingendo perché prevalga il voto per il No?
 Lo stesso Ganley rifiuta questa ipotesi con enfasi. “Le uniche persone a rischio nel Trattato di Lisbona sono quelle delle elite a Bruxelles”, sottolinea. “Qualcuno l’ultima volta ha sostenuto che l’Irlanda sarebbe diventata lo zimbello dell’Europa se avessimo votato No. Ebbene, noi abbiamo votato No, e a dire il vero sono state proprio quelle elite di Bruxelles a diventare uno zimbello in Europa. Questo è quello che ho potuto vedere nelle settimane successive al voto” . E va avanti: “Le uniche persone che rischiamo di infastidire sono un gruppetto di burocrati non eletti, che costituiscono quella che io definisco la tirannia della mediocrità che sperimentiamo oggi in Europa”. Ed inoltre, sempre nella sua opinione, “gli irlandesi nel corso della storia non hanno mai avuto paura di porre domande scomode e di lottare per la libertà e per la giustizia, contro avversari ben più potenti. In effetti, sembra che noi proviamo piacere nel ribellarci”. Tuttavia, era di certo più semplice provare quel piacere quando l’Irlanda viveva un boom economico di proporzioni storiche. Cosa decideranno questa volta gli irlandesi, forse riterranno più sicuro mantenere la testa bassa e allinearsi al programma? Dal punto di vista di Ganley questo rappresenterebbe un auto-sconfitta nella maniera più assoluta. Se l’Irlanda votasse Sì, è convinto che “non avremmo niente in cambio, tranne che qualche pacca sulla spalla da parte dei mandarini, sentendoci dire che siamo dei bravi cittadini europei. Ma significherebbe davvero agire da bravi Europei se votassimo Sì?”. Ganley pensa di no. “Se questa domanda fosse posta ai cittadini dell’Europa, chiedendo se davvero vogliono questa costituzione, sappiamo quasi per certo che voterebbero in massa per il No”. Ed ancora: “E’ come se ci stessero letteralmente trattando come ostaggi, con la pistola puntata alla testa, dicendoci che se non firmiamo questo documento, ci accadrà qualcosa di spiacevole. Ma quello che ci stanno chiedendo di fare è di svendere il resto dei cittadini d’Europa”. E l’intero progetto europeo – che Ganley sostiene – “deve essere incentrato su ‘Noi cittadini’ sottolinea l’irlandese. “Deve partire dal basso. E l’Unione Europea in questo momento è esattamente il contrario, parte dall’alto verso il basso. Non gode, infatti, del sostegno in massa dei suoi cittadini. Non c’è la loro partecipazione. Addirittura non sanno neanche cosa sta succedendo. E l’UE non fa che condurre i suoi affari letteralmente a porte chiuse. Tutto ciò deve finire, e deve finire adesso”. Se Ganley ha ragione, finirà fra tre settimane, in un piccolo paese chiamato Irlanda, nella periferia occidentale dell’Europa. - di Brian M. Carney - The Wall Street Journal - Traduzione Benedetta Mangano - Fattisentire -

 
 
 

COME LIBERARSI DAL PECCATO, CANCRO CHE CI PORTA ALLA MORTE DELL'ANIMA (E DEL CORPO)

Post n°2398 pubblicato il 27 Settembre 2009 da diglilaverita
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Tra i discorsi del padre Raniero Cantalamessa, predicatore ufficiale del Papa, ce n'è uno tenuto ai giovani, che ha particolarmente colpito e che cerchiamo di riassumere. La sua riflessione parte dalla condanna che Gesù fa dell'ipocrisia degli scribi e farisei “sepolcri imbiancati”. Queste parole ci permettono di riconoscerci tutti peccatori; ma il cristiano ha anche una grande speranza: “Cristo è morto per tutti i nostri peccati”, ma risorgendo ha abbattuto il muro della morte e ci ha spalancato le porte della speranza. E San Giovanni aggiunge: “Chiunque ha questa speranza purifica se stesso come Egli è puro” (1 Gv.3). Dunque, partendo dalla morte e resurrezione di Cristo dobbiamo purificarci, cioè deporre il peccato. Immaginate una folla di condannati ai lavori forzati, in un campo grigio e nebbioso, che si trascinano un'enorme palla di ferro ai piedi e perciò non possono scappare. A un certo punto arriva qualcuno che tocca i ferri, si sciolgono le catene e le persone sono libere, camminano, e non credono neppure loro di essere liberi. Ecco, anche noi dobbiamo vivere qualcosa del genere e sentire che ci cade di dosso una palla di piombo. Immaginate ancora dei buoi che haimo lavorato tutto il giorno e arrivano alla sera sfiniti. Viene qualcuno e li scioglie dal carro. Ecco, questo carro è il nostro peccato, è il tumore che ci fa morire per sempre. Come possiamo essere liberati? Emigriamo dall'Egitto del peccato, facciamo un esodo. Il risultato sarà l'entrata nella Terra promessa.

La 1° tappa è riconoscere il peccato, ammettere che abbiamo peccato e ciò non è facile perchè ci viviamo dentro, viviamo in un mondo che ha fatto del peccato la quintessenza della sua vita. Il mondo non ha più paura del peccato e ci scherza. La stessa lingua italiana ha coniato espressioni per minimizzare il peccato, chiamandolo vizietto, peccatuccio ecc., rendendo così tutto una cosa innocente! Viviamo in un mondo che ha paura di tutto (AIDS, guerre ecc.) ma non ha paura del peccato, che è la guerra dichiarata a Dio, all'Eterno, a Colui che ti tiene la mano al punto che, se ti lasciasse un attimo, tu ripiomberesti nel nulla. Noi non abbiamo più paura di questo. Siamo tutti sotto narcosi e invece dobbiamo svegliarci. La Parola di Dio vuole che chiamiamo il peccato peccato, che ci accorgiamo che esiste ed è una cosa seria... Il peccato è quella cosa tremenda che è l'odio, la violenza, l'ingiustizia, la povertà, la lussuria, l'abuso... La Parola di Dio ci dice che se vogliamo liberarci dal peccato dobbiamo riconoscerlo; esso non è una cosa astratta, ma il vero pericolo della nostra vita. Il mondo dirà il contrario, ma noi sappiamo dove porta il mondo, che “è tutto sotto il potere del maligno” (1 Gv.5).

Il 2° passo da compiere: pentirsi del peccato. Solo lo Spirito Santo, che conosce Dio, sa cos'è il peccato e il pentimento. Quando lo Spirito Santo viene, per prima cosa “convincerà il mondo di peccato” (Gv. 16,8), il mondo cioè l'uomo. Pentirsi significa cambiare mente, giudizio...: ma non è solo sostituire un giudizio a un altro; pentirsi significa sostituire il nostro giudizio con quello di Dio..., significa gettarsi dentro l'abisso del giudizio di Dio e dire: “Signore, io non mi conosco... Tu sai tutto di me... mi getto in questa verità, accetto il tuo giudizio su di me. Questo è il miracolo del cuore contrito, che per Dio diventa una villa, un palazzo... Dio guarda al cuore contrito”. Così, dopo aver riconosciuto il nostro peccato e esserci pentiti, non ci resta che compiere il 3° passo.

3° Tappa: rompere con il peccato definitivamente. Rompere con quel peccato che ci incatena, che appanna i nostri rapporti con Dio... La catena deve essere spezzata. Questa tappa consiste nel dire un bel “basta” al peccato. Dio ci invita a un divorzio santo tra noi e il peccato, specialmente da quel peccato che diventa per noi una catena e senza il quale abbiamo paura di vivere, perchè poi saremmo costretti a cambiare: e allora lo teniamo ben nascosto in noi.
Adesso dobbiamo decidere: voglio stare col Vangelo o con me stesso? Questo peccato può essere diverso in ciascuno, ma c'è nella vita di ognuno di noi. Quindi dobbiamo dire: “Signore aiutami Tu, da oggi voglio fare senza questo peccato!” Potremo ricadere.., ma sarà diverso perchè adesso il Signore sa che il tuo cuore non è più lì... Appena abbiamo capito qual'è questo peccato, bisogna correre subito a fare un contrario a quel peccato. Se un uomo ha, supponiamo, il vizio del gioco, per liberarsene non deve dire: Signore, da domani non giocherò più, ma deve decidere di non giocare subito,adesso, in questo momento. Ecco così è possibile la liberazione. Il Signore ci aiuterà, ma noi dobbiamo offrirgli la nostra decisione di non compiere il peccato. Alla fine il padre ci invita all'ultimo passo necessario perchè la nostra liberazione sia completa.

4° tappa: distruggere il corpo del peccato. Continuando a peccare ogni giorno, ripetutamente.., nella nostra vita si è formata una crosta calcarea... che si infiltra nei nostri atti... Confessandoci, andando a messa, il più viene eliminato.., ma siccome la contrizione non è sempre perfetta, succede che rimane un po' di calcare che fa massa, che forma il cuore di pietra. Allora ciò che bisogna distruggere è il nostro cuore di pietra, quello che ci siamo fatti da soli, coi nostri peccati... dicendo di no alle beatitudini...
Dobbiamo andare da Dio nella Santa Confessione per cambiare questo cuore di pietra... là dove il Sangue di Cristo scioglie il nostro cuore di pietra...; la Passione di Cristo è una fornace: gettiamo in essa il nostro cuore di pietra per vederlo disciolto... e ottenerne uno nuovo... Quando gli ebrei hanno cominciato l'esodo avevano paura, ma quando sono entrati nel Mar Rosso ne sono usciti liberi... Diventiamo liberi anche noi per la grazia di Cristo che è morto per noi - riassunto da Paola - iosonoconvoiognigiorno -

 
 
 

NUOVO FASCICOLO "SPECIALE MEDJUGORJE"

Post n°2397 pubblicato il 27 Settembre 2009 da diglilaverita
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AVVISO IMPORTANTE: Padre Livio ha comunicato stamattina durante la Rassegna Stampa di Radiomaria che da giovedi 1 otttobre uscirà una nuova edizione nelle edicole del fascicolo "Speciale Medjugorje", redatto per settimanale Oggi dai giornalisti Caniato e Sansonetti con la collaborazione anche di Padre Livio, che già in giugno ha venduto più di 100.000 copie. Segnala questo messaggio
*Io sono Amore*

 
 
 

SAN VINCENZO DE' PAOLI L’EVANGELISTA DEI POVERI, L’ONORE DEL SACERDOZIO.

Post n°2396 pubblicato il 27 Settembre 2009 da diglilaverita
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Evangelizzatore dei poveri ed onore del sacerdozio, ecco due tratti tolti dalla Preghiera della festa per caratterizzare il grande santo della carità, Vincenzo de’ Paoli nato in Francia nel 1581 e morto nel 1660. Egli è patrono dei carcerati, degli orfani e degli schiavi, nonché di tutte le opere di carità e del volontariato cristiano. Ci torna utile cercare di conoscerlo, di capirlo al modo della Chiesa e della sua liturgia. Nessuno è così atto nel darci il ritratto autentico come la Chiesa, sua madre, ch’egli ha servito con un cuore di figlio e con tutte le forze soprannaturali attinte in essa dal suo battesimo e dal suo sacerdozio, dalla sua fede, dal suo amore di Dio e del prossimo, dalla sua dimenticanza di se stesso e dalla sua umiltà. Un santo così popolare, con la sua virtù e col suo genio della carità, al di sopra di ogni critica e di ogni opposizione, rischia di essere presentato, con la migliore buona fede ed una simpatia indiscutibile, sotto dei tratti deformati od incompleti. L’incomprensione è facile per degli uomini estranei all’intima profondità d’una anima di cristiano, di prete, di santo. Le parole di Vangelo e di Sacerdozio sono ben caratteristiche d’un San Vincenzo de’ Paoli. Questo santo ha veramente avuto il Vangelo, tutto il Vangelo nello spirito, nel cuore, in tutta la sua vita, tutti i giorni. È il Vangelo che gli ha dato il senso della carità fraterna, non come una filantropia benefica e distaccata d’un principio superiore, ma come l’espressione normale dell’amore di Dio, continuato e verificato nella sua sincerità, nella sua generosità e nel suo dinamismo dall’amore dato al prossimo. Il prossimo è ogni uomo, ma per Vincenzo de’ Paoli è il più bisognoso, il più debole, il più piccolo, il più misero. La carità di San Vincenzo de’ Paoli è un appello al compito di tutti, dei ricchi e degli umili, una messa in presenza di cuori nobili e scrupolosi di servire Dio e di portare soccorso alle miserie della povera umanità sofferente. È anche una domanda diretta ma efficace del denaro indispensabile e più ancora della dedizione personale. La carità di San Vincenzo de’ Paoli è la fondazione delle Figlie della Carità, delle Dame serve dei Poveri. Ed è questo veramente del Vangelo e non altro. Ma San Vincenzo de’ Paoli è prima di tutto sacerdote di Cristo. Egli vive del suo sacerdozio. La riforma del clero, gli esercizi spirituali per gli ordinandi, il seminario detto “dei Buoni Fanciulli”, ecco il senso delle sue preoccupazioni : egli vuole dare alla Francia un clero più santo, più santificato, più santificante. L’umile prete, chiamato a sedere alla corte reale al Consiglio di Coscienza della Regina Madre, l’amico dei Gondi, il punto di riferimento di tutto quello che c’è di più alto e meglio nella società del suo tempo, intende restare lontano dagli onori, dalle dignità, nella povertà, nella semplicità della sua sottana sdrucita. Essa ricopre un cuore bruciante dell’amore di Dio, degli uomini suoi fratelli, un cuore rianimato quotidianamente dal sangue del suo Dio e dall’immolazione rinnovata d’un Sacerdozio che costituisce per lui, col Santo Vangelo, la doppia sorgente della sua infaticabile attività. Egli è unito intimamente al suo Divino Maestro. È penetrato di carità per le sue membra sofferenti, i poveri, divorato di zelo, mai soddisfatto davanti ad un compito sempre risorgente. Il suo scrupolo è di dare e di darsi sempre... di più. - don Marcello Stanzione - Pontifex -

 
 
 

ANTONIO SOCCI: CATERINA HA DATO UN SEGNO, MA HO BISOGNO DI AIUTO

Post n°2395 pubblicato il 27 Settembre 2009 da diglilaverita
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Sono stato incerto se riferire questa cosa sul blog, ma penso possa essere utile per chiedere a tutti voi, amici miei, un aiuto particolare. Nel tardo pomeriggio del 24 settembre qualcosa è accaduto. E qualcosa di importante. Vi racconto istante per istante. Io e Alessandra eravamo stati alla messa che si celebra ogni giorno alla 17 nella cappellina sottostante il reparto di Caterina, dove avevamo pregato con una certa angoscia nel cuore. La messa era iniziata con questa antifona d’ingresso: “Io sono la salvezza del popolo – dice il Signore – in qualunque prova mi invocheranno, li esaudirò e sarò il loro Signore per sempre”. Quando siamo entrati nella sua cameretta abbiamo cominciato a carezzarla e parlarle dei suoi amici e di noi e di lei e il suo respiro si è fatto sempre più intenso, il cuore ha cominciato a galoppare, gli occhi non sembravano persi nel vuoto come qualche ora prima, lei appariva molto emozionata. Le macchine stesse che fanno il monitoraggio del battito, della pressione sanguigna e del respiro hanno cominciato a suonare e ci siamo resi conto, con l’infermiere, che Caterina aveva riconosciuto le voci della mamma e del babbo e che capiva quello che le stavamo dicendo. Così – ricordando che il passo fondamentale per l’uscita dal coma si ha quando il malato esegue un gesto richiesto – abbiamo cominciato a chiederle di stringere la mano di sua mamma che le teneva la destra. Abbiamo assistito a un enorme sforzo di concentrazione di Caterina, che è diventata rossa in volto, e con un’ulteriore intensificazione del battito cardiaco e del respiro, facendo enorme fatica ha infine eseguito quello che le avevamo richiesto. Commossi, abbiamo esultato tantissimo, poi le abbiamo detto che era stata bravissima e di calmarsi e di lasciare e così lei ha fatto. Dopo mezzo minuto circa abbiamo riprovato – per verificare – e Caterina ha di nuovo ripetuto tutto. Così pure all’altra mano, la sinistra, che tenevo io. La stessa cosa è accaduta un’oretta dopo con Stefano e Maria e anche loro hanno notato dall’espressione dei suoi occhi che proprio c’era Caterina, che era presente e si sforzava con grande fatica di farci capire che ci riconosceva e ci stava capendo. Addirittura commovente è stato il momento in cui è entrata una sua amica del coro che ha cominciato a cantarle una loro canzone “Give me Jesus” (Dammi Gesù) e ogni volta che cominciava a cantare Caterina si emozionava tanto che le macchine di misurazione cominciavano a suonare. Abbiamo poi saputo dal medici che tutto questo si chiama “stati minimi di coscienza”, che è una cosa molto importante, ma che – per essere decisiva – dovrebbe stabilizzarsi e diventare ripetibile così da segnare l’uscita dal coma. Per noi è un segno emozionante che la nostra bambina c’è, è presente e vuol riemergere. Allora vi chiediamo – con le mani giunte – se potete e volete, di pregare particolarmente con questa intenzione: che la Santa Vergine non lasci che sprofondi di nuovo, ma che torni prestissimo a riemergere quella coscienza e l’aiuti a stabilizzarsi almeno in quel livello, dal quale poi possiamo aiutarla con la riabilitazione a recuperare. Non importa il tempo che ci vorrà a recuperare, con tutto l’amore l’aiuteremo. Ma questo passo è fondamentale. Noi continuiamo a chiedere al Signore il miracolo del risveglio e della guarigione completa subito, ma se quello che Lui vuole da noi è un lungo e paziente cammino di riabilitazione e un lungo abbraccio d’amore per arrivare alla guarigione completa, va bene. Però è necessario non fare passi indietro. Perciò abbiamo bisogno ancora una volta, come mendicanti (e ce ne scusiamo), del vostro aiuto, certi che le vostre e nostre preghiere, i vostri e nostri sacrifici, già stanno aiutando Caterina. In particolare voglio trascrivere qui una segnalazione di Roberto Zandomeneghi che mi ha mandato alcuni brani sull’efficacia della preghiera di Don Didimo Mantiero che don Giussani ci ha fatto conoscere. Eccoli qua:

“Dio nella sua infinita perfezione ha quasi una debolezza: non sa resistere a chi fortemente prega”. “Quando pregate, vi scongiuro, fatelo con fede vivisima”…”non importa che non vediamo i frutti della nostra preghiera, Dio è con noi e ci esaudirà” “Il tutto fate con la più grande confidenza, come se aveste già ottenuto ciò che domandate”…”non resterete ingannati, ve lo assicuro”…”anche quando ci sembra di non essere esauditi, è allora che Dio ci sta preparando i più grandi favori” (Citando San Giovanni): “Dinanzi a Lui è questa la sicurezza che noi abbiamo: qualunque cosa gli chiediamo conforme alla volontà Sua egli ci esaudisce. E se sappiamo che ci concede qualunque cosa gli domandiamo, sappiamo di avere già da lui quanto abbiamo richiesto”

E inoltre: “Gesù ci insegna a pregare fino a diventare seccatori. Come il richiesto finisce con il cedere [...] così Dio finisce per esaudire. [...] Dio cui parlate è lì e Vi ascolta. DiteGli tante cose. [...]. Non dubitate mai; una volta pregato, già ottenuto. Era così che i santi facevano miracoli”.  ”La preghiera che scaturisce dalla fede incrollabile è la forza più grande a disposizione dell’uomo per cambiare il mondo”. (da La “Dieci” di Don Didimo Mantiero a cura di Ludmila Grygiel, pp. 52-56).
Forza, amici miei !!! Le tante testimonianze che mi mandate dimostrano che quelle parole di don Didimo, che poi sono identiche a quelle pronunciate dalla Madonna a Medjugorje e da tanti santi, sono vere.  Me lo dimostra per esempio questa struggente testimonianza di una madre con cui ci identifichiamo totalmente:

Caro Antonio, oggi ho letto Libero e subito mi sono letteralmente inginocchiata: ho detto un rosario per Caterina e ho aspettato pregando che si facessero le ore 15 per recitare la coroncina della Divina Misericordia per lei, nell’ora in cui la Divina Misericordia ama di più essere contemplata. Credo fermamente che non sia “magia”, ma richiesta di miracolo e compassione al nostro Dio misericordioso  e alla nostra Madre, che è Consolatrice degli afflitti e Speranza di chi dispera. Anche io ho tre figli dell’età della tua e nel 1999 ho avuto in fin di vita la mia piccola…, ora ventenne. finita in rianimazione intubata per una conseguenza di una brutta influenza. Quando ha avuto un arresto cardiaco e un blocco renale e i dottori hanno comunicato a me e a mio marito che non c’era speranza, mi sono strappata letteralmente i capelli dalla testa dal dolore, poi ho cominciato a pregare e con me tutti quelli che ci conoscevano, sino in America… I suoi compagni di 5a elementare entravano in chiesa e poi in classe! Le ho fatto dare l’unzione del malato e ho iniziato a rendermi conto che forse il Signore la rivoleva davvero con sé. Credo di essere diventata “adulta”  nel momento che mi sono arresa e affidata totalmente a Lui e a Maria e riuscendo a dire “Sia fatta la Tua volontà” e questo l’ho detto non perché sono pazza, ma per Grazia, come se le cose vere che nella vita mi erano state dette, fossero ritornate a galla nel mio cuore. Non è magia: dall’estrema unzione in poi la mia bimba ha ripreso piano piano a vivere. E’ guarita, per miracolo non ha riportato danni cerebrali nonostante la mancanza di ossigeno (pensa che ancora porta le cicatrici sulla carne di dove i tessuti stavano andando in necrosi – stava veramente morendo..). Ora frequenta l’università e spesso, quando la guardo, penso alla nostra pochezza e a quanto siamo “dimentichi” della Misericordia nelle nostre giornate. Continuerò a pregare in ginocchio Maria e Gesù per Caterina e per te e tua moglie. Vicina nella fede. ....................

Ringrazio dal profondo dell’anima chi mi manda queste testimonianze così confortanti e tutti voi per quello avete fatto e per quello che vorrete e potrete fare per aiutarmi a ottenere dalla Madonna la grazia per Caterina. Certi che Lei, Salus infirmorum, che ha fatto accadere quel segno il giorno dopo la Sua visita, alla stessa ora, ascolta, protegge e soccorre i suoi figli! - Antonio Socci -

 
 
 

QUANDO LO SPINELLO FINISCE IN TRAGEDIA

Post n°2394 pubblicato il 27 Settembre 2009 da diglilaverita
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Capita spesso di ascoltare inesattezze plateali, che crescono fino a diventare «verità» accreditate, su droghe pesanti e droghe leggere, una sorta di accettazione della anormalità, della canna che non fa più male di una sigaretta o di un bicchiere di vino, del «calare giù» settimanale, come fosse davvero un semplice gesto sporadico che non ingabbia in alcuna dipendenza fisica o psicologica. Questa evidente menzogna è propagata da persone mature ma che vivono male. Quando parliamo dell’adolescenza, non bisogna lasciare spazio a confusioni e a ritardi: occorre sbarrare la strada a una società incattivita e stanca, annoiata ancor più dei suoi adolescenti. Rammento un incontro con i ragazzi di una scuola; la contrapposizione tra i fautori dello spinello che ne banalizzavano l’uso, e quelli che non ci stavano a ritenere la droga una cosa normale. Non mi colpì tanto la percentuale di giovani che amavano sballarsi, quanto la confusione che riempiva le loro teste. Può aiutare a fare chiarezza la storia di tre ragazzini, che a gambe larghe marciano per la città, in cerca di adrenalina, di una botta forte. Un auto sul ciglio della carreggiata, le chiavi inserite, uno sguardo, è un attimo, ridendo sgommare via, schiacciati dal delirio di onnipotenza, scavalcando luci e regole mandate a quel paese; divertimento di una serata diversa, vissuta contromano. Le mani sul volante sono assalite da piccole scosse elettriche, le voci nell’abitacolo somigliano a tamburi martellanti; non ci sono più centimetri da tenere a bada. Le curve sono una danza da condurre senza bisogno di vederci chiaro; gli ostacoli sono dietro, mai davanti agli occhi del ragazzo che guida, mentre stringe tra le dita lo spinello passato dai compagni. Tre giovani e una canna, l’impatto improvviso, un centro pieno, che fa accartocciare la macchina intorno al platano. Non ci sono più risate, neppure lamenti, il silenzio avvolge quell’ammasso di ferraglia. In tre sono saliti su quell’auto in preda all’ansia di arrivare, dove? Ne sono discesi due, per uno di loro non c’è più domani. Forse quei tre ragazzi avrebbero rubato ugualmente la macchina; da qualche parte era già scritto l’incontro con la devianza; non è stata la droga a fare di loro dei piccoli criminali. Forse però, se non c’era quello spinello, non sarebbe venuta meno la capacità funzionale della testa e degli occhi, quell’alterazione fisiologica che modifica la percezione della realtà. Forse quel botto non ci sarebbe stato, forse da quella macchina sarebbero scesi ancora in tre. Pronunciare quel «forse» è già una buona cosa, una riflessione da svolgere con cura ovunque ne abbiamo la possibilità. - Vincenzo Andraous - mascellaro -

 
 
 

RIFLETTIAMO SULL'ULTIMO MESSAGGIO DA MEDJUGORJE DI SETTEMBRE

Post n°2393 pubblicato il 27 Settembre 2009 da diglilaverita
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"Cari figli, insistentemente lavorate con gioia sulla vostra conversione. Offrite tutte la vostre gioie e tristezze al mio cuore Immacolato cosicchè vi possa guidare tutti al mio Figlio prediletto affinchè nel suo cuore troviate la gioia. Sono con voi per insegnarvi e guidarvi verso l’eternità. Grazie per aver risposto alla mia chiamata."

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            Gli ultimi messaggi della Madonna mi fanno chiaramente capire che non c’è più tempo per essere distratti o superficiali. Non possiamo abusare più della pazienza di Dio. I buontemponi devono cominciare ad aprire gli occhi sullo scopo della loro esistenza e imparare a darsi una regolata. I cristiani “part tyme” devono capire che è arrivato il momento di fare sul serio. Un po’ tutti si lamentano che la situazione economico politica e quella socio religiosa sono fortemente in crisi in tutto il mondo e a causa di queste c’è troppa gente che soffre, ma ci si lascia prendere da una sorta di fatalismo e si finisce con il lasciarsi trasportare dalla corrente, senza reagire in maniera positiva. Ebbene, non è questo che il Signore  vuole dai suoi figli. Se può essere vero che il singolo cristiano (o il gruppetto) non può, con le sue sole forze, cambiare  certe situazioni , è pur vero che ognuno di noi può e deve, impegnarsi per dare una diversa impostazione alla propria esistenza. Riflettiamo sul fatto che, come diceva San Paolo, “noi siamo morti e la nostra vita è nascosta con Cristo in Dio” (Col  3, 3). Allora bisogna che diamo un nuovo indirizzo al nostro andare e invece di tenere gli occhi bassi, verso le cose della terra, impariamo a guardare in alto “dove è Cristo, assiso alla destra di Dio” (Col 3, 1). Adesso è necessario impegnarsi a lavorare seriamente alla propria conversione adottando un comportamento  consono al “perfetto cristiano” (quale dovrebbe essere ogni cresimato).  Non per niente abbiamo ricevuto “la ricchezza dello Spirito Santo”. Come fare? Da che parte cominciare? Basta lasciarsi guidare dalla Mamma celeste che ci consiglia sui passi da fare. Ad esempio, nella nostra vita ci sono tante tristezze ed angosce? Ebbene, offriamole al Cuore della Madonna. Subiamo ingiustizie, più o meno gravi? La persona di cui ci fidavamo ci ha tradito? Qualcuno che ci ha preso in antipatia ci sta perseguitando? Offriamo ogni pena al Cuore della nostra Santa Madre. Ci accorgeremo di esserci veramente sollevati da tutto questo e, in più, scopriremo di essere più vicini al Signore e più graditi al Padre che riconoscerà nella creatura sofferente l’immagine del Figlio suo benedetto. Nella vita però non ci sono solo tristezze ma anche momenti lieti e la gioia diventa più bella quando possiamo condividerla con la Madonna che, da vera madre, partecipa pienamente alle nostre emozioni. Conversione dunque per vivere da perfetti  cristiani, certo. Ma il cristianesimo non è tristezza anzi, è gioia. Allora lavorare alla nostra conversione deve essere un impegno lieto perché quando rinunciamo al peccato, quando sopportiamo pazientemente le sofferenze, quando facciamo del bene senza guardare chi è quello che ci chiede aiuto, quando ci sforziamo di perdonare chi ci ha fatto del male, allora possiamo sentirci veramente figli del Padre (Mt 5, 45) e, quando sarà il Giorno, potremo dire: Padre, ho seguito il tuo Figlio. Ho confidato in Te.   Buon “lavoro …!”.  (don  Manlio Maglio) - [Innamorati di Maria] 

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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