ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 10/10/2009

11 OTTOBRE BEATO GIOVANNI XXIII (ANGELO GIUSEPPE RONCALLI) PAPA: RICORDIAMO IL SUO ENTUSIASMO PER IL ROSARIO

Post n°2469 pubblicato il 10 Ottobre 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Nell’aria c’era già l’odore dell’estate, ma il giorno era triste. Quel 3 giugno 1963 una luce si spegneva nel mondo: il “Papa buono” era morto. Calde lacrime solcavano il viso delle tante persone che appresero in quei momenti la notizia della sua scomparsa. Nel suo breve ma intenso pontificato, durato poco meno di cinque anni, Papa Giovanni era riuscito a farsi amare dal mondo intero, che adesso ne piangeva la perdita. `` Ma già subito dopo la sua morte incominciava il fervore della devozione popolare, che doveva avvolgere la sua figura di una precoce quanto indiscussa aureola di santità, e prendeva avvio il processo di beatificazione: un lavoro ciclopico, durato ben 34 anni, con l’avvicendarsi di diversi Postulatori e montagne di documenti da vagliare prima di pronunciarsi sulla sua eroicità. `` (…)Il 12 ottobre 1958 Angelo Roncalli era partito alla volta di Roma per partecipare insieme agli altri cardinali al conclave, ma non immaginava assolutamente di essere eletto Papa. Il suo desiderio era sempre stato quello di essere un pastore di anime, modesto e semplice come un parroco di campagna. `` Era nato a Sotto il Monte, piccolo borgo del bergamasco, il 25 novembre 1881, figlio di poveri mezzadri che lo battezzarono il giorno stesso della sua nascita nella locale Chiesa di S. Maria; la stessa dove, divenuto prete, avrebbe celebrato la sua prima Messa, il 15 agosto 1915, festa dell’Assunzione. `` Angelino era molto intelligente e terminò le scuole in un lampo, tanto che in seminario era il più giovane della sua classe. A 19 anni aveva completato i corsi, ma per la legge ecclesiastica non poteva essere ordinato sacerdote prima dei 24 anni, così fu mandato a Roma per laurearsi alla Gregoriana. `` Divenuto prete, rimase per quindici anni a Bergamo, come segretario del vescovo e insegnante al seminario. Allo scoppio della prima guerra mondiale fu chiamato alle armi come cappellano militare. `` Nel 1921 Roncalli è a Roma e, successivamente, viene inviato in Bulgaria e in Turchia come visitatore apostolico: iniziava così la sua carriera diplomatica. Nominato Nunzio a Parigi nel 1944, diventa Patriarca di Venezia nel 1953. `` Un’esistenza piuttosto appartata, senza fatti eclatanti, fino all’elezione al soglio di Pietro. Aveva allora 77 anni ed aveva già fatto testamento. Intendeva essere sepolto a Venezia e si era fatto costruire la tomba, nella cripta di S. Marco. Era naturale che ritenesse ormai imminente il suo commiato dal mondo. L’anno prima, 1957, aveva scritto infatti nel suo diario: “O Signore, siamo a sera. Anni settantasei in corso. Grande dono del Padre celeste la vita. Tre quarti dei miei contemporanei sono passati all’altra riva. Dunque anch’io mi debbo tener preparato al grande momento…”. `` Ma le vie del Signore sono sovente imprevedibili. Il 28 ottobre 1958 l’allora cardinale e patriarca di Venezia salì al soglio pontificio, come successore di Pio XII, e molti ne restarono sorpresi. Un vecchio avrebbe dovuto reggere la Chiesa?`` I giornali presto ci ricamarono su perché veniva da una famiglia di contadini. “Il papa contadino”, cominciarono a chiamarlo. Ma Roncalli aveva ben chiara la propria missione da compiere. `` “Vocabor Johannes…”. Mi chiamerò Giovanni, esordì appena eletto. Era il primo punto fermo del suo pontificato. Un nome che era già tutto un programma. E non si smentì. `` Nel 1959, un anno soltanto dopo la sua elezione, “tremando un poco di commozione, ma insieme con umile risolutezza di proposito”, come disse ai cardinali riuniti, annunciò il Concilio Vaticano II. Un evento epocale, destinato a cambiare il volto della Chiesa, a segnare un netto spartiacque nella storia della cristianità. `` (…) Fu il leit-motiv della sua vita e del suo pontificato. Dopo la S. Messa, nulla era per lui più importante del Rosario. Ogni giorno lo recitava per intero, meditando su ogni mistero. “Sono entusiasta – egli diceva - di questa devozione, soprattutto quando è capita ed appresa bene. Il vero Rosario è il cosiddetto Rosario meditato. Questo supplisce a molte altre forme di vita spirituale. È meditazione, supplicazione, canto ed insieme incantesimo delle anime. Quanta dolcezza e quanta forza in questa preghiera!”.
`` Mons. Loris Capovilla, suo segretario e fedele custode di memorie, ha detto che Papa Giovanni “durante tutta la sua esistenza si comportò con Maria di Nazareth come un figlio con la madre, uno di quei figli che un tempo davano del lei o del voi alla propria genitrice, manifestando amore dilatato dalla venerazione e rispetto alimentato dall’entusiasmo”. `` Una venerazione tenera e forte, delicata e incrollabile, in cui possiamo vedere racchiuso il segreto della sua santità. `` Durante il suo pontificato fu pubblicato su “L’Osservatore Romano” un suo “Piccolo saggio di devoti pensieri distribuiti per ogni decina del Rosario, con riferimento alla triplice accentuazione: mistero, riflessione ed intenzione”: in una scrittura limpida e chiara c’è il succo delle riflessioni che egli veniva maturando nella personale preghiera del S. Rosario. `` “Nell’atto che ripetiamo le Avemarie, quanto è bello contemplare il campo che germina, la messe che s’innalza…”, diceva con efficace metafora presa da quel mondo contadino a lui così familiare. “Ciascuno avverte nei singoli misteri l’opportuno e buon insegnamento per sé, in ordine alla propria santificazione e alle condizioni in cui vive”.
`` Papa Giovanni auspicava che il Rosario venisse recitato ogni sera in casa, nelle famiglie riunite, in ogni luogo della terra. Ma quanti oggi si radunano per fare questo? Il vento gelido della secolarizzazione ha finito per spazzare via questa antica consuetudine. Le case assomigliano oggi a isole di solitudine e incomunicabilità e se ci si riunisce è per celebrare i rituali del “caminetto” televisivo che mescola con la stessa indifferenza massacri etnici e telequiz, futilità e orrori. `` (…)Il suo paese natale da oltre un trentennio è meta incessante di pellegrinaggi. Lo si era immaginato come un papa di transizione, che sarebbe passato in fretta, presto dimenticato, ma non è stato così. Per un disegno provvidenziale di Dio la giovinezza della Chiesa si è realizzata attraverso l’opera di un vecchio. Fu veramente un dono inatteso del Cielo. `` Attento ai segni dei tempi, Papa Giovanni promosse l’ecumenismo e la pace. Uomo del dialogo e della viva carità, fece sentire a tutti gli uomini, anche ai non cattolici e ai lontani, l’amicizia di Dio. `` La sua spiritualità, delicata e robusta al tempo stesso, aveva, come abbiamo visto, le sue radici in Maria. A Lei sempre si rivolgeva, in Lei confidava. Non si staccava mai da Lei, né mai si macerava nel dubbio: la sua fede era limpida e sorgiva, riposava in Maria, attraverso il Rosario. `` Anche il miracolo, la guarigione “clinicamente inspiegabile” di una suora malata di cancro, grazie a cui è ora elevato alla gloria degli altari, si è realizzato nel segno di Maria. `` Suor Caterina Capitani, delle Figlie della Carità, era affetta da un tumore allo stomaco che l’aveva ridotta in fin di vita. Papa Giovanni era morto da soli tre anni e la suorina con le consorelle l’aveva pregato a lungo, con grande insistenza e fiducia. Quel giorno, era il 25 maggio 1966, il “Papa buono” le apparve e le disse di non temere, perché sarebbe stata guarita, aggiungendo: “Me l’avete strappato dal cuore questo miracolo”. `` Prima di scomparire però le fece una grande raccomandazione: di pregare sempre il rosario. Era il suo chiodo fisso durante la vita, era il segreto della sua santità nell’alba eterna che non conosce tramonto. Il Martirologium Romanum pone la data di culto al 3 giugno, mentre le diocesi di Bergamo e Milano celebrano la memoria del Beato Giovanni XXIII per la Chiesa locale in data 11 ottobre, anniversario dell'apertura del Concilio Vaticano II avvenuta l'11 ottobre 1962. - Maria Di Lorenzo - santiebeati -

 
 
 

TOMMASO D'ACQUINO IL "DOTTOR ANGELICUS": LEZIONE SU DEMONI E ANGELI

Post n°2468 pubblicato il 10 Ottobre 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Le attività degli Angeli sono state uno degli oggetti preferiti della contemplazione di San Tommaso d’Aquino (1225-1274). Il massimo genio di tutti i tempi della teologia cattolica era talmente affascinato dal mondo angelico che i posteri lo definirono ‘Doctor Angelicus’ . Nella biografia del Santo Aquinate si narra che una donna perfida aveva teso delle trappole maliziose alla sua castità, San Tommaso aveva pregato Dio con le lacrime agli occhi di preservarlo per sempre dal vizio dell’impurità sessuale. Si era addormentato e durante il sonno vide due Angeli che gli stringevano le reni con una cintura dicendogli che la sua preghiera era stata esaudita. Ora, il dolore che percepì in quel momento fu così vivo che emise grandi urla di sofferenza. Egli confidò più tardi a fra Reginaldo, suo segretario, il favore angelico che aveva ricevuto e vicino alla morte, dichiarò al suo confessore l’immunità dal vizio impuro con cui Dio lo aveva gratificato. In se stessa, la visione in sogno potrebbe essere stata immaginativa, ma l’azione esercitata dagli Angeli sui suoi reni fu incontestabilmente fisica, poiché il Santo domenicano testimoniò con grandi urla il dolore che soffrì. Per ricompensare la dedizione del suo affezionato segretario, Fra Reginaldo da Priverno, compose il “De substantis Separatis”, che è un magnifico trattato sugli Angeli dei quali tratterà spesso sia nella Somma teologica che nella Somma filosofica. Gli Angeli Custodi, egli scrive, ci istruiscono illuminando le nostre immagini, fortificando il lume della nostra intelligenza, portandoci ad una migliore conoscenza della realtà.  Invece il suo pensiero riguardo gli angeli cattivi o demoni può essere raccolto in quattro temi fondamentali: il primo riguarda la descrizione della colpa dei demoni; il secondo la pena conseguente; il terzo riguarda la loro azione sugli uomini; il quarto cerca di far luce sul mistero del male. I primi due punti sono esposti principalmente nel Commento alle Sentenze, nella Summa Theologiae e nella Summa contra Gentes; mentre gli ultimi due sono affrontati nella questione specifica De malo e nel commento al De Divinis Nominibus dello Pseudo-Dionigi. Tommaso ha dichiarato che il peccato angelico è stato quello di superbia, precisando che non si tratta del desiderio di essere uguale a Dio;  ma piuttosto della deliberazione di non sottostare alla volontà superiore di Dio, volendo l’angelo essere la regola di se stesso, il che compete unicamente a Dio. Oppure egli ha desiderato di essere simile a Dio, nel senso di portare in sé la somiglianza divina, però lo ha desiderato non secondo l’ordine stabilito da Dio per mezzo della grazia, ma con le forze della propria natura. In altre parole l’angelo non ha accettato di accogliere il dono divino della beatitudine soprannaturale, ma ha voluto ottenerlo da se stesso. E questo è un vero peccato di superbia. Alla superbia segue l’invidia che consiste nel considerare il bene dell’altro un impedimento del proprio bene. Per questo il diavolo è invidioso della beatitudine umana e della perfezione divina. È possibile afferma Tommaso che l’angelo abbia peccato nel primo istante della creazione, per un atto disordinato del libero arbitrio, poiché quando una cosa comincia ad esistere, contemporaneamente inizia la sua possibilità di agire. Ora, se l’angelo avesse agito male dal primo momento della sua esistenza, ciò significherebbe che tale azione cattiva è stata causata da Dio. Ma Dio, che ha creato gli angeli non può essere causa del peccato. Bisogna ammettere perciò che l’angelo ha peccato dopo il primo istante della sua creazione. Tommaso è del parere che il primo a peccare fu l’angelo superiore a tutti, poiché ha peccato di superbia e chi è più perfetto è più portato a rendersi autonomo e indipendente dagli altri, anche del più grande di lui. Lucifero , il più bello degli angeli è stato causa del peccato degli altri, non per costrizione, ma per persuasione. Tommaso afferma poi che gli angeli caduti sono meno numerosi di quelli rimasti fedeli, perché il peccato è contro l’inclinazione naturale. I demoni non hanno corpi naturali ma sono del tutto incorpori anche se possono assumere, come gli angeli,  in qualche circostanza un corpo per essere visti dagli uomini. Tommaso è il primo autore cristiano che in maniera esplicita e radicale afferma la piena spiritualità dei demoni, nel senso che la loro natura non è mista con elementi di ordine naturale neanche di materia leggera o sottile. Questa novità non venne facilmente accolta, perché poteva prestarsi a errate interpretazioni, quasi che i demoni quali enti puramente spirituale fossero esseri divini, come hanno inteso gli avverroisti. Per tale ragione essa fu contrastata da altri maestri, quali Bonaventura e Scoto, e non accettata subito dall’autorità ecclesiastica anche, se in seguito divenne patrimonio comune a tutta l’ideologia. La concezione della spiritualità dei demoni consente a Tommaso di liberare la demonologia dall’influsso del pensiero platonico che poneva i demoni tra gli esseri intermedi della sfera celeste e quella terrena. Per Tommaso essi sono esseri spirituali, i quali vivono e agiscono secondo le caratteristiche specifiche dello spirito: conoscere, volere ed essere liberi. La prima pena, che i demoni hanno dovuto subire, dopo il peccato, riguarda l’ottenebramento e la diminuzione dell’intelletto, non a livello della capacità naturali, che sono rimaste illese, ma nella possibilità di conoscere verità superiori del mistero divino. Quanto a queste verità gli angeli cattivi, per la loro disordinata e orgogliosa volontà, possono avere false opinioni, in quanto esibiscono presuntuosamente il loro intelletto per giudicare alcune cose eccedono la loro natura. Anche la  volontà angelica, dopo al peccato, ha subito un deterioramento: i demoni sono ostinati nel male in modo definitivo e stabile, senza possibilità di ritornare al bene. Tommaso precisa che,  per i demoni, non si può parlare di dolore in senso sensibile o passionale, poiché essi non possiedono sensi né passioni. Il loro dolore non è altro che la rinuncia della volontà a molte cose che vorrebbe ottenere o ad altre che vorrebbe rifiutare, come nel caso in cui i demoni vogliono che gli uomini si dannino, mentre si salvano. La loro sofferenza sta precisamente in tutto ciò che si oppone alla loro volontà e non può essere vinto.  Il tormento dei demoni è il fuoco che li tiene legati a sé come se fossero prigionieri. Tommaso parla poi di una gerarchia dei demoni, perché il grado ove erano posti secondo la natura non è stato distrutto dal peccato. Da ciò deriva l’influsso o l’azione di un demone sull’altro secondo il loro ordine naturale, influsso però non secondo la verità di Dio, ma sempre nella perversità. In particolare va ritenuto che gli angeli buoni, in quanto più vicini alla perfezione divina, abbiano potere sui demoni e li governino. I demoni sono in lotta contro gli uomini a causa della loro invidia e malizia, ma anche con il permesso di Dio. Le tentazioni rientrano dunque nel piano sapiente di Dio. Egli precisa anche che non tutti i peccati sono causati direttamente dal diavolo, poiché l’uomo possiede il libero arbitrio con cui dominare le sue passioni. Il diavolo agisce solo esteriormente attraverso i sensi dell’immaginazione, ma non può giungere nell’intimo dell’anima, come invece fanno la grazia divina e lo Spirito Santo. Per quanto riguarda la conoscenza delle cose future, Tommaso dice che solo Dio conosce ciò che dovrà accadere; il demonio quindi non può sapere l’accadere degli eventi futuri, né conoscere direttamente i pensieri del cuore umano. Per cui i pensieri intimi e le movenze della volontà restano irraggiungibili ai demoni e a qualunque altro, ma aperti solo a Dio e all’uomo stesso che li vuole. I demoni possiedono però una potenza superiore alle semplici capacità umane, in quanto sono capaci di arti magiche che possono illudere i sensi umani. Tommaso , in riferimento alla filosofia platonica e alle concezioni dello Pseudo-Dionigi, afferma che il male non esiste, non è una sostanza reale, ma è semplicemente la privazione di un qualche bene particolare. Tutto ciò che esiste è buono; il male dunque corrisponde a ciò che non esiste, in quanto è il contrario del bene. Tutti gli enti desiderano il bello e il buono; tutto quello che fanno, lo fanno per il bene o perlomeno per ciò che loro sembra buono. Nessun esistente desidera il male per se stesso; anche quando di fatto compie azioni cattive, ha di mira il proprio bene particolare. Il male, in quanto privazione del bene, esiste nel bene, nel senso che può essere considerato come un bene parziale, ridotto nella sua perfezione, privato di una parte del proprio bene. Esiste l’occhio cieco, cioè privo della vista, dice Tommaso, ma in quanto esiste è una cosa buona. Così l’uomo malvagio, in quanto uomo, è sempre una creatura che esiste ed è perciò buona, tuttavia è deficiente di una certa virtù, e sotto tale aspetto lo si chiama cattivo. I demoni sono quindi cattivi a causa di una deficienza del bene che però non è totale, poiché partecipano del bene in quanto esistono, vivono, desiderano e ragionano. Sono cattivi perché hanno agito in modo deficiente rispetto alla loro volontà, la quale è regolata dalla volontà divina. Allontanarsi da questa regola è stato il male dei demoni. Da qui il loro essere imperfetto e malvagio. Tale privazione del bene è stata causata unicamente dalla loro libera decisione di rifiutare il bene universale dato ad essi e di non seguire il bene voluto da Dio. In tal senso i demoni sono cattivi, perché manca ad essi un certo bene, cioè la perfezione del loro essere secondo l’ordine divino. La disgrazia di Lucifero e degli altri angeli decaduti consiste nel continuare a scegliere il non essere, restando prigionieri del male da loro liberamente voluto. - don Marcello Stanzione - Pontifex -

 
 
 

10 OTTOBRE/ DANIELE COMBONI: L'AFRICA E GLI AFRICANI

Post n°2467 pubblicato il 10 Ottobre 2009 da diglilaverita
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Il 10 ottobre nel 1881 moriva Daniele Comboni. Mentre l’Italia cercava ancora una sua identità politica e culturale e gli Stati europei si dedicavano all’esplorazione dei territori africani, dando inizio a quello che sarà poi conosciuto come Imperialismo, un contadino veneto in forza della sua vocazione cristiana, dà vita alla più originale azione a favore dell’Africa, quella dell’ordine che da lui prende il nome. Ecco le parole usate dalla Chiesa per ricordarlo. Daniele Comboni: un figlio di poveri giardinieri-contadini che diventò il primo Vescovo cattolico dell'Africa Centrale e uno dei più grandi missionari nella storia della Chiesa. È proprio vero: quando il Signore decide di intervenire e trova una persona generosa e disponibile, si vedono cose nuove e grandi. Daniele Comboni nasce a Limone sul Garda (Brescia - Italia) il 15 marzo 1831, in una famiglia di contadini al servizio di un ricco signore della zona. Papà Luigi e mamma Domenica sono legatissimi a Daniele, il quarto di otto figli, morti quasi tutti in tenera età. Essi formano una famiglia unita, ricca di fede e valori umani, ma povera di mezzi economici. Ed è appunto la povertà della famiglia Comboni che spinge Daniele a lasciare il paese per andare a frequentare la scuola a Verona, presso l'Istituto fondato dal Sacerdote don Nicola Mazza. In questi anni passati a Verona, Daniele scopre la sua vocazione al sacerdozio, completa gli studi di filosofia e teologia e soprattutto si apre alla missione dell'Africa Centrale, attratto dalle testimonianze dei primi missionari mazziani reduci dal continente africano. Nel 1854 Daniele Comboni viene ordinato sacerdote e tre anni dopo parte per l'Africa assieme ad altri 5 missionari mazziani, con la benedizione di mamma Domenica che arriva a dire: «Va', Daniele, e che il Signore ti benedica». Dopo 4 mesi di viaggio, la spedizione missionaria di cui il Comboni fa parte arriva a Khartoum, la capitale del Sudan. L'impatto con la realtà africana è enorme. Daniele si rende subito conto delle difficoltà che la sua nuova missione comporta. Fatiche, clima insopportabile, malattie, morte di numerosi e giovani compagni missionari, povertà e abbandono della gente, lo spingono sempre più ad andare avanti e a non desistere da ciò che ha iniziato con tanto entusiasmo. Dalla missione di Santa Croce scrive ai suoi genitori: «Dovremo faticare, sudare, morire, ma il pensiero che si suda e si muore per amore di Gesù Cristo e della salute delle anime più abbandonate del mondo è troppo dolce per farci desistere dalla grande impresa». Assistendo alla morte in Africa di un suo giovane compagno missionario, Comboni invece di scoraggiarsi si sente interiormente confermato nella decisione di continuare la sua missione: «O Nigrizia o morte», o l'Africa o la morte. Ed è sempre l'Africa e la sua gente ciò che spinge il Comboni, una volta ritornato in Italia, a mettere a punto una nuova strategia missionaria. Nel 1864, raccolto in preghiera sulla tomba di San Pietro a Roma, Daniele ha una folgorante illuminazione che lo porta ad elaborare il suo famoso Piano per la rigenerazione dell'Africa, un progetto missionario sintetizzabile nella frase «Salvare l'Africa con l'Africa», frutto della sua illimitata fiducia nelle capacità umane e religiose dei popoli Africani. In mezzo a non poche difficoltà e incomprensioni, Daniele Comboni intuisce che la società europea e la Chiesa cattolica sono chiamate a prendere in maggior considerazione la missione dell'Africa Centrale. A tale scopo, si dedica ad una instancabile animazione missionaria in ogni angolo d'Europa, chiedendo aiuti spirituali e materiali per le missioni africane tanto a Re, Vescovi e signori, quanto a gente povera e semplice. E come strumento di animazione missionaria crea una rivista missionaria, la prima in Italia. La sua fede incrollabile nel Signore e nell'Africa lo porta a far nascere, rispettivamente nel 1867 e nel 1872, l'Istituto maschile e l'Istituto femminile dei suoi missionari, più tardi meglio conosciuti come Missionari Comboniani e Suore Missionarie Comboniane. Come teologo del Vescovo di Verona, partecipa al Concilio Vaticano I facendo sottoscrivere a 70 Vescovi una petizione a favore dell'evangelizzazione dell'Africa Centrale (Postulatum pro Nigris Africæ Centralis). Il 2 luglio 1877 Comboni viene nominato Vicario Apostolico dell'Africa Centrale e consacrato Vescovo un mese dopo: è la conferma che le sue idee e le sue azioni, da molti considerate troppo coraggiose se non addirittura pazze, sono quanto mai efficaci per l'annuncio del Vangelo e la liberazione del continente africano. Negli anni 1877-78, insieme ai suoi missionari e missionarie, soffre nel corpo e nello spirito la tragedia di una siccità e carestia senza precedenti, che dimezza la popolazione locale e sfinisce il personale e l'attività missionaria. Nel 1880, con la grinta di sempre, il Vescovo Comboni ritorna, per l'ottava e ultima volta, in Africa, a fianco dei suoi missionari e missionarie, deciso a continuare la lotta contro la piaga dello schiavismo e a consolidare l'attività missionaria con gli stessi africani. Un anno dopo, provato dalla fatica, dalle frequenti e recenti morti dei suoi collaboratori e dall'amarezza di accuse e calunnie, il grande missionario si ammala. Il 10 ottobre 1881, a soli cinquant'anni, segnato dalla croce che mai lo ha abbandonato come fedele e amata sposa, muore a Khartoum, tra la sua gente, cosciente che la sua opera missionaria non morirà. «Io muoio, dice, ma la mia opera non morirà». Daniele Comboni ha visto giusto. La sua opera non è morta; anzi, come tutte le grandi cose che «nascono ai piedi della croce», continua a vivere grazie al dono che della propria vita fanno tanti uomini e donne che hanno scelto di seguire il Comboni sulla via dell'ardua ed entusiasmante missione tra i popoli più bisognosi di fede e di solidarietà umana. — Il 6 aprile 1995 viene riconosciuto il miracolo operato per sua intercessione a favore della ragazza afro-brasiliana Maria José de Oliveira Paixão. — Il 17 marzo 1996 viene beatificato da Giovanni Paolo II in San Pietro. — Il 20 dicembre 2002 viene riconosciuto il secondo miracolo operato per sua intercessione a favore della mamma musulmana sudanese Lubna Abdel Aziz. — Il 5 ottobre 2003 viene canonizzato da Giovanni Paolo II in San Pietro. - Restelli Silvio - culturacattolica -

 
 
 

GIORNATA NAZIONALE DELLA PERSONA CON SINDROME DI DOWN

Post n°2466 pubblicato il 10 Ottobre 2009 da diglilaverita
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Un messaggio di cioccolato nelle piazze italiane per promuovere la conoscenza della diversità e favorire l’integrazione lavorativa delle persone con sindrome di Down. Si rinnova anche quest’anno, domenica 11 ottobre, l’ormai consueto appuntamento con la Giornata Nazionale delle persone con sindrome di Down, organizzata dal CoorDown - Coordinamento Nazionale Associazioni delle persone con sindrome di Down Onlus sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica. Saranno oltre 200 i punti d'incontro in tutta Italia, nelle piazze e in diversi centri commerciali, dove verrà distribuito materiale informativo sulla sindrome di Down e offerta una tavoletta di cioccolato (realizzato con cacao proveniente dal commercio equo e solidale), in cambio di un contributo per sostenere i progetti delle 80 associazioni che fanno capo al CoorDown. La Giornata Nazionale fa parte di un progetto più ampio che prevede, nei giorni che precedono e seguono l’11 ottobre, un’agenda di appuntamenti che coinvolgerà localmente le associazioni con l’organizzazione di convegni, mostre, eventi sportivi, spettacoli, incontri nelle scuole e nelle università, per promuovere gli obiettivi della giornata, reperire volontari, far conoscere le associazioni che operano sul territorio, raccogliere fondi per sostenere le varie attività a favore delle persone con sindrome di Down tra cui:
- servizi di consulenza per le famiglie
- servizi di supporto all’integrazione scolastica e all’inserimento lavorativo
- corsi di educazione all’autonomia
- eventi e attività di formazione e informazione per operatori socio-sanitari e scolastici
- avvio di comunità alloggio per adulti.

Il CoorDown ha scelto il lavoro come tema degli eventi e delle campagne di sensibilizzazione del 2009. L’obiettivo principale della giornata nazionale è quello di promuovere l’integrazione nel mondo del lavoro delle persone con sindrome di Down. L’attrice e conduttrice Carla Signoris è la testimonial e protagonista, insieme a Mario, dello spot e della campagna stampa. Questo lo slogan: “Mario è un lavoratore come tutti gli altri, mettiamolo alla prova”. Ad oggi il numero di persone con sindrome di Down che riesce a trovare una giusta occupazione è molto inferiore alle reali potenzialità. Da una recente indagine condotta da CoorDown emerge che, su un campione di 1167 persone maggiorenni con sindrome di Down, solo il 10% lavora con un regolare contratto di lavoro. Inoltre, un altro 8% circa del campione si sta affacciando al mondo del lavoro attraverso tirocini formativi, tirocini finalizzati all’assunzione, borse lavoro. Ma per far sì che anche queste esperienze si traducano in concrete opportunità di lavoro occorrono interventi tecnici e politici utili ad attivare una rete di servizi nei territori che possa coordinare l’intero processo. Una rete di orientamento e formazione per creare reali opportunità di lavoro. Ma è anche un invito alle aziende del settore pubblico e privato, affinché possano vedere nelle persone con sindrome di Down una risorsa in ambito lavorativo. Il CoorDown offre ai datori di lavoro la piena collaborazione delle associazioni a supporto dell’inserimento lavorativo. Questo ha permesso, con l’avvio della campagna di sensibilizzazione 2009, di concretizzare già diverse significative collaborazioni con alcune aziende. Lo slogan della Giornata Nazionale +1 vale uno vuol significare che è un cromosoma in più a determinare la caratteristica genetica delle persone con sindrome di Down e che +1 vale uno è un invito al rispetto e alla conoscenza della diversità, per scoprire e riconoscere il valore di ognuno in quanto persona. Le persone con sindrome di Down sono in grado di avere una propria identità e degli affetti, di praticare lo sport anche in forma agonistica, di portare avanti con soddisfazione lo studio e il lavoro. Meritano di essere messe alla prova e di avere le stesse opportunità di chiunque altro. La Giornata Nazionale vuole sensibilizzare l’opinione pubblica per creare una nuova cultura che superi i pregiudizi e luoghi comuni che ancora accompagnano le persone con sindrome di Down. La Giornata Nazionale, con il suo “messaggio di cioccolato”, aderisce a Chocoday, rinnovando anche in quest’occasione il gemellaggio con la Giornata Nazionale del Cacao e del Cioccolato, ideata e promossa da Eurochocolate in collaborazione con Fairtrade Italia, per celebrare e promuovere, in Italia e nel mondo, il cioccolato buono, cioè prodotto secondo criteri di economia sostenibile e di qualità delle materie prime. Per avere maggiori informazioni sulla Giornata Nazionale del 11 ottobre, sulla sindrome di Down, per conoscere il calendario degli appuntamenti organizzati in tutte le città, per sapere quali sono le associazioni che partecipano, si può visitare il sito internet: www.coordinamentodown.it
Ufficio Stampa Coordinamento Down Federico De Cesare Viola (responsabile) Annalisa Comparato - Ufficiostampa@coordinamentodown.it - Segreteria Operativa via Alessandro Volta 19/4 - 16128 Genova t. 010 5705461 fax 010 5956693 - noicattolici.it. -

 
 
 

MESSAGGIO DEL 2 OTTOBRE 2009 CON IL COMMENTO DI PADRE LIVIO DI RADIO MARIA

Post n°2465 pubblicato il 10 Ottobre 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Molti pellegrini si sono radunati fin dalle prime ore dell’alba a Medjugorje presso la Croce Blu il 2 ottobre. Verso le ore 9 di mattina la veggente Mirjana Dragicevic ha avuto l’apparizione. La Madonna ha dato il seguente messaggio: Cari figli,  mentre vi guardo, il cuore mi si stringe dal dolore. Dove andate figli miei? Siete così immersi nel peccato che non sapete fermarvi? Vi giustificate col peccato e vivete secondo esso. Inginocchiatevi sotto la Croce e guardate mio Figlio. Lui ha vinto il peccato ed è morto, affinché voi, figli miei, viviate. Permettete che vi aiuti perché non moriate, ma viviate con il mio Figlio per sempre. Vi ringrazio.” La Madonna era molto triste.


Vedete, cari amici, prosegue almeno da un anno a questa parte, la serie dei messaggi accorati della Madonna, e non soltanto attraverso la veggente Mirjana ma anche attraverso la veggente Marja il 25 del mese. Si tratta di messaggi accorati dove la Madonna è triste: “mentre vi guardo, il cuore mi si stringe dal dolore” è triste, addolorata. E’ addolorata perché siamo affetti dalla malattia più grave che una persona possa avere: il peccato. Il peccato è un tumore che distrugge la persona, non soltanto nel corpo, ma anche nel cuore e anche nell’anima e lo porta alla morte spirituale, alla morte eterna. Non è la prima volta che la Madonna sottolinea questa situazione esistenziale: “dove andate figli miei?” si chiede. A questa domanda aveva dato la risposta qualche mese fa: “vi siete persi!” Ci siamo persi sulla via della perdizione, sulla via della rovina, come la chiama la Madonna, la via del peccato, la via della morte. Questa volta però l’attenzione è centrata sulla parola peccato che è ripetuta più volte e sta ad indicare che questo è il cuore del messaggio e cioè che ciò che la Madonna vede è che noi,  nonostante magari preghiamo, nonostante andiamo a Messa, nonostante facciamo gli esercizi di pietà, siamo tuttavia nel peccato, siamo nel peccato grave! Quando la Madonna parla del peccato, parla di peccato mortale, cioè la Madonna ci vede nel peccato mortale, ci vede morti spiritualmente come quei sepolcri imbiancati di cui Gesù parla nel Vangelo, che al di fuori sembrano belli ma dentro sono ossa di morti, putridume. La Madonna dunque ci vede (naturalmente ci saranno anche quelli che sono in Grazia di Dio) però la situazione che la Madonna vede è che gli uomini sono immersi nel male, sono immersi nel peccato, sono prigionieri del peccato e quindi sotto l’influsso del maligno e questa situazione è una situazione di morte; tant’è vero che la Madonna dice: “Permettete che vi aiuti perché non moriate”. Naturalmente il peccato è una malattia che comunque ripetuta si diffonde, mette radici, distrugge l’organismo fino a diventare una malattia irreversibile, una malattia mortale che quindi porta alla morte. Questa è una malattia spirituale che si evolve come le normali malattie solo che è una malattia mortale che si evolve e porta alla morte! La Madonna è qui come medico delle nostre anime perché vuole aiutarci a non morire! La diagnosi che la Madonna fa della malattia è quella di una malattia tale per cui noi neanche ci rendiamo conto di averla, cioè siamo immersi nel peccato e neanche ce ne accorgiamo, neanche ce ne rendiamo conto; siamo così immersi nel peccato che anche quando ce ne accorgiamo, o lo sottovalutiamo o lo scusiamo, o comunque non siamo in grado di dire basta! Di dire rinuncio al male, di fare una frenata, di dare un colpo di cesoia, di tagliare la mala radice! “Siete così immersi nel peccato che non sapete fermarvi” cioè, stiamo sprofondando, siamo come in una palude inghiottiti dalle sabbie mobili nelle quali fin quando uno è dentro solo fino alle caviglie può anche tentare di uscirne fuori, ma quando uno sprofonda e arriva fino al collo, come fa a uscire? E la Madonna dice: “Siete così immersi nel peccato che non sapete fermarvi”. E perché questo, cari amici, avviene? Perché voi lo giustificate, dite che non è    peccato, lo giustificate e vivete nel peccato. Cioè lo giustifichiamo, diciamo che non è peccato, lo sottovalutiamo, ne siamo schiavi e continuiamo in questa situazione di schiavitù di morte. Questa è una diagnosi che a mio parere ci tocca da vicino, ma che riguarda anche l’insieme del mondo oggi. La Madonna è qui, nella Luce dello Spirito Santo, come inviata di Dio per convincere il mondo del peccato; vorrei chiedere se anche noi sacerdoti nella nostra predicazione convinciamo il mondo del peccato. Dunque questa è la prima parte del messaggio che indica una malattia che è talmente grave da far sì che stiamo per morire, però come sempre la Madonna nella seconda parte del messaggio ci apre il cuore alla speranza e, come sempre, ci indica Colui che ci può aiutare in queste situazioni disperate che è suo Figlio. Qui si vede veramente il compito di Maria, quello di portarci a quella fonte della salvezza che è Gesù Cristo e ci dice: “Inginocchiatevi sotto la Croce e guardate mio Figlio”. Mi viene in mente Santa Caterina da Siena che diceva guardando il crocefisso: “chi è quello stolto bestiale che vedendosi così amato non ricambia con l’amore?” Cioè Gesù Cristo ha preso su di sé i nostri peccati, li ha espiati al nostro posto, li ha espiati per amore di noi, per liberarci dalla schiavitù del peccato. Ci ha ottenuto dalla Croce il perdono dei peccati e ha donato agli Apostoli, il giorno della Pasqua, lo Spirito Santo per la remissione dei peccati: “Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi” (Gv. 20,23). La Madonna ci invita dunque alla confessione, ci invita ad inginocchiarci davanti alla Croce, a guardare Suo Figlio, Lui che ha vinto il peccato, che è morto per noi per espiare i nostri peccati perché noi avessimo la vita. Qui, se vogliamo, a mio parere, concretizzare veramente il messaggio della Madonna e far sì che non passi invano, dovremo fare una revisione di vita, identificare con molta lealtà davanti a Dio, senza nasconderci dietro un dito, le situazioni di peccato, le situazioni di peccato mortale nelle quali ci troviamo, guardandole alla luce dei Dieci Comandamenti e alla luce della Parola di Dio. Si sa benissimo che quello che per Dio sono peccati, per il mondo sono virtù, si sa benissimo che il mondo giustifica il peccato, che il mondo è nel peccato. Però noi non dobbiamo dire “fanno tutti così”, noi siamo figli di Dio, siamo figli di Maria, dunque dobbiamo con molta lealtà metterci davanti alla Croce e vedere dove dobbiamo migliorare, dove dobbiamo tagliare le radici del male e dobbiamo deciderci per la conversione. E quindi mi pare che sia nella logica del messaggio, che se siamo nel peccato mortale, se sappiamo che satana attraverso qualche vizio capitale ci tiene legati a sè, ci tiene imprigionati, perché chi fa il peccato è schiavo del peccato, dobbiamo decidere in questo fine settimana, senza aspettare tanto, dobbiamo decidere la confessione, dobbiamo decidere la conversione, dobbiamo decidere una vita nuova e saremo tanto felici perché questa è sicuramente un’esperienza che si è fatta, che molti hanno fatto, che tutti possono fare e cioè deciderci per la conversione. E decisa la rinuncia al male, ci si sente leggeri, liberi, ci si sente gioiosi. La Madonna con la Sua delicatezza materna che non vuole imporre ma proporre dice “Permettete che vi aiuti perché non moriate”, e si tratta di una morte che incomincia in questa vita ma poi diventa morte eterna se moriamo nel peccato. La Madonna vuole che viviamo “con il mio Figlio per sempre” oggi e per sempre.  “Vi ringrazio”. Non c’è bisogno di tante parole, bisogna adesso, alla luce di questo messaggio e alla luce della diagnosi che la Regina della Pace ha fatto della nostra situazione spirituale, vedere la nostra situazione spirituale, prendere in mano la cesoia, tagliare le radici del male, decidere la conversione, fare la confessione, iniziare una vita nuova! Che la Madonna ci accompagni in questo mese di Ottobre, in questo rinnovamento radicale perché, senza la rinuncia al male, uno non può salvarsi. Bisogna rinunciare al male ed affidarsi alla Divina Misericordia. -   www.medjugorjeliguria.it -

 
 
 

LA SAPIENZA E' UNO SGUARDO D'AMORE SULLA VITA

Post n°2464 pubblicato il 10 Ottobre 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

 “Mentre andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: 'Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?'. Gesù gli disse: 'Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre'. Egli allora gli disse: 'Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza'. Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: 'Una cosa sola ti manca: va’ vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!'. Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni. Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: 'Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!'. I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: 'Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! E’ più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel regno di Dio'. Essi, ancor più stupiti, dicevano tra loro: 'E chi può essere salvato?'. Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: 'Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio'” (Mc 10,17-27) .

“Per questo pregai e mi fu elargita la prudenza, implorai e venne in me lo spirito di sapienza. La preferii a scettri e troni, stimai un nulla la ricchezza al suo confronto,..l’ho amata più della salute e della bellezza, ho preferito avere lei piuttosto che la luce, perché lo splendore che viene da lei non tramonta. Insieme a lei mi sono venuti tutti i beni; nelle sue mani è una ricchezza incalcolabile” (Sap 7,7-11). Il versetto d’inizio (Sap 7,7) della prima Lettura, testualmente dice “Per questo pregai...”: un significativo ed esplicativo riferimento a quanto precede, omesso per brevità, che però è opportuno andare a leggere. Infatti, il messaggio dei versetti 1-6 non riguarda solo l’ovvia constatazione fatta da Salomone (il “sapiente” per antonomasia) di essere nato come un comune mortale, fatto di quella creta nella cui fragilità non può trovarsi il tesoro divino della sapienza, ma annuncia, anche e soprattutto, la verità dell’uomo concepito, la verità della sua origine: creato dal Vasaio divino come un prodigio, ogni uomo è una viva impronta della Sapienza creatrice, il Logos Eterno, riconoscibile nel dono della coscienza spirituale.
Sì, perchè la coscienza non è meramente vigilanza e bagaglio cognitivo, una struttura della psiche umana, ma è la voce stessa di Dio che parla nella voce del cuore, ma di un cuore percorso dalla luce della verità, come insegna la Costituzione Conciliare “Gaudium et spes”: “La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli è solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità...” (n° 16). Quando una persona guarda l’altra con puro amore, il suo sguardo fa entrare in lei la luce della verità, e ne può aprire il cuore come un fiore al sole. Allora la vita vince e la gioia dilaga. E’ l’Amore di Dio che agisce in questa comunione reciproca, rigenerando o aumentando la “sapienza della vita”, cioè il gusto inebriante del vivere, quella pura gioia che i bambini conoscono così bene da far invidia a tutti i grandi. Se tuttavia questo sguardo amoroso trova le palpebre del cuore serrate, allora la luce non ha accesso e rimane solo tanta tristezza e buio, come vediamo oggi nell’incontro tra Gesù ed “il giovane ricco”.Con questa premessa, desidero commentare la Parola di oggi raccontando quanto mi è accaduto di recente. Se avessi fatto leggere le parole di Salomone alla ragazza moldava incontrata presso il convento giorni fa, penso che il suo commento sarebbe stato più o meno in questi termini: certamente Salomone finchè stava nel grembo e poi alla nascita era povero e nudo come tutti, tuttavia era figlio di un re e nella sua casa non mancavano e non mancheranno mai in seguito quegli scettri, troni e ricchezze incalcolabili che da grande giudicherà privi di valore al confronto con la vera sapienza…Quando mi ha visto avanzare, Mirjam mi è subito venuta incontro sorridendo con dolcezza, umile, con la mano stesa. Credo che senza difficoltà si sarebbe “gettata in ginocchio davanti a me” se non glielo avesse impedito il pancione scoperto sul quale finiva per riposare la mano: “padre, che cosa devo fare per questo bambino?”. “Fissando lo sguardo su di lei e su di lui” le ho chiesto: “sei alla fine della gravidanza?”. “Ancora due settimane, padre” ha risposto, e subito mi raccontava tutte quelle ricchezze che non possedeva e non avrebbe potuto dare al suo bambino. L’ho ascoltata a cuore aperto, e dico la verità: ero incerto se fosse tutto così drammaticamente vero.., ma il bambino, a 17 anni, l’aveva tenuto, e se fossi stato il professionista di un tempo le avrei svuotato in mano il portafoglio. Mi sono limitato a farle un po’ di buona compagnia, finchè ho potuto, contento che mi desse “del tu”. Qualche giorno dopo, su un altro marciapiede, ho fatto un incontro simile con “un giovane povero”. Invitato a pranzo con i miei tre confratelli dalla Superiora delle Suore di san Vincenzo de’ Paoli, sono stato fermato da un giovane sulla trentina (gli abiti, la barba e i capelli lunghi e trasandati ne aggiungevano dieci in più), evidentemente reduce da un incontro felicissimo che non poteva trattenersi dal comunicare. Con due occhi azzurri in volto radioso mi mostrava le nuove scarpe nere che portava ai piedi, dono di un benefattore generoso, impietosito dalla vista delle impossibili ciabatte precedenti. L’avrei abbracciato. Lo strano era che Franz, uditi i miei complimenti per il dono ricevuto, non mi stava chiedendo nulla di aggiunto, se non il motivo della mia evidente invalidità fisica. In verità, dei due era più lui a fissare me con amore! Di tale limpida e cristallina benevolenza ho capito la fonte cinque minuti dopo, quando la Superiora, venutami incontro sul cancello, mi ha raccontato che san Vincenzo, nel giorno della sua festa, le aveva fatto incontrare un povero senza scarpe, e lei non ne aveva di maschili da dargliene: allora è andata a prenderne un paio nuovo di sue, e il povero le ha provate, e andavano benissimo, e se ne era andato felicissimo, non senza aver ricevuto anche un po’ di soldi. Il commento finale della suora è stato questo: “Noi siamo ricchi, loro non hanno niente”. “Dove non c’è amore, metti amore e nascerà l’amore”, esortava il carmelitano san Giovanni della Croce. Ecco: il povero Franz aveva bussato, gli aveva aperto l’amore, l’aveva ricolmato della sua ricchezza incalcolabile, e così, pieno di gioia me l’aveva donata arricchendomi. Mirjam, Franz, questo è il Regno di Dio in mezzo a noi: lo sguardo del suo amore che avvolge e fissa ogni uomo come la luce del giorno. Ma come la luce non potrebbe illuminare la realtà se non fosse riflessa dalla materia, così lo sguardo di Dio si serve del nostro volto, dei nostri occhi, del nostro cuore, per raggiungere come Luce il cuore del fratello che se ne sta solo e al buio. Così Dio potrà illuminarne la coscienza ed aiutarlo a sua volta ad accogliere il fratello, specialmente il più povero ed emarginato, come colui che, nel grembo, ha solo la voce della sua esile vita.
- padre Angelo del Favero - Zenit -

 
 
 
 
 

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Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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