ASCOLTA TUA MADRELE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA |
VERGINE MADRE
«Vergine madre, figlia del tuo Figlio, umile e alta più che creatura, termine fisso d'eterno consiglio, tu se' colei che l'umana natura nobilitasti sì, che 'l suo fattore non disdegnò di farsi sua fattura. Nel ventre tuo si raccese l'amore per lo cui caldo ne l'eterna pace così è germinato questo fiore. Qui se' a noi meridïana face di caritate, e giuso, intra i mortali, se' di speranza fontana vivace. Donna, se' tanto grande e tanto vali, che qual vuol grazia ed a te non ricorre, sua disïanza vuol volar sanz'ali. La tua benignità non pur soccorre a chi domanda, ma molte fiate liberamente al dimandar precorre. In te misericordia, in te pietate, in te magnificenza, in te s'aduna quantunque in creatura è di bontate».
TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000
CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
Salve Regina,
Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
Angelo di Dio,
Eterno riposo.
“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)
Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II
O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II
AREA PERSONALE
Messaggi del 30/10/2009
Post n°2569 pubblicato il 30 Ottobre 2009 da diglilaverita
Due considerazioni. La prima è sul Vangelo di ieri. Un bravo sacerdote nota (lo riprendo da una mail): “L’immagine che Gesù dà di sé, paragonandosi a una chioccia, è la più umile e la più bella di tutte. Richiama le parole di Dio del Salmo 91,4: ‘Ti coprirà con le sue penne, sotto le Sue ali troverai rifugio’. Esprime la forza della sua tenerezza: l’aquila potente che salva (Dt 32,11) qui si fa chioccia. L’amore materno di Dio è tanto forte da renderlo debole, tanto sapiente da renderlo stolto, fino a dare la vita per noi”. Ma noi sappiamo che la “debolezza” di Dio sono i suoi figli, come lo sono per una madre e un padre. E le loro lacrime e le loro implorazioni Gli sciolgono letteralmente il Cuore…Questo spiega – ed è la seconda considerazione – quanto sono vere le parole del Servo di Dio padre Dolindo Ruotolo: “La preghiera è l’unica forza dell’uomo ed è l’unica debolezza di Dio. L’Onnipotente è vinto dalla preghiera, dona a chi prega, conforta chi prega”. E dice ancora: “l’insistenza della preghiera orienta l’anima a Dio, accresce il senso dell’umiltà, accende l’amore. Se non ti vedi esaudito non cedere alla tentazione di lasciare la preghiera: insisti con profonda umiltà, con vera fede, con forte amore”, “Tu non sei smarrito nella vita perché preghi”. |
Post n°2568 pubblicato il 30 Ottobre 2009 da diglilaverita
A Desenzano sul Garda c’è un sacerdote di 42 anni, che dopo aver lavorato in una parrocchia del Veronese e tre anni in Vaticano, ha dato vita ad un progetto che si chiama “Sentinelle del mattino per l’evangelizzazione di strada”. Sacerdote diocesano di Verona, don Aldo Brugnoli, dopo due lauree in filosofia, già assistente nazionale dell'Agesci (scouts), è ora responsabile della pastorale di primo annuncio per la diocesi di Verona, un incarico che svolge per tutta l’Italia e non solo. Per coinvolgere e motivare i giovani nella riscoperta delle verità cristiane, don Aldo ha organizzato delle “cene di evangelizzazione” dette Alpha, e poi l’Happy Hour dell’evangelizzazione con le Chiese aperte fino a tarda sera, i “Baywatch” della fede in spiaggia, “le fiaccole” nelle varie diocesi, e Holyween, per conoscere, imitare e diffondere le virtù dei santi. Tra i diversi libri scritti da don Aldo uno è dedicato proprio a dare un ordine alle forme moderne di nuova evangelizzazione e si intitola “Corso base di evangelizazione di strada” (Edizioni Paoline - San Paolo, Torino 2007). |
Post n°2567 pubblicato il 30 Ottobre 2009 da diglilaverita
Nel 16° secolo, i riformatori protestanti, nel loro nuovo culto cristiano ristabilirono la Comunione sulla mano per affermare due loro eresie fondamentali: 1) Essi assolutamente non credevano ci fosse la transustanziazione e che il pane usato era pane comune. In altre parole sostenevano che la reale presenza di Cristo nell’Eucarestia fosse solo una superstizione papista ed il pane fosse solo semplice pane e chiunque lo potesse maneggiare. 2) Inoltre affermarono che il ministro della Comunione non fosse affatto diverso, nella sua natura, dai laici. É invece insegnamento cattolico che il Sacramento dell’Ordine Sacro dona all’uomo un potere spirituale, sacramentale, imprime cioè un segno indelebile nella sua anima e lo rende sostanzialmente diverso dai laici. Al contrario il ministro protestante è un uomo comune che guida gli inni, fa sermoni per sostenere le convinzioni dei credenti. Egli non può trasformare il pane ed il vino nel Corpo e nel Sangue di Nostro Signore, non può benedire, non può perdonare i peccati, non può, in una parola, fare niente che non possa fare un qualsiasi semplice laico. Egli, dunque, non è veicolo di grazia soprannaturale. Il ristabilimento protestante della Comunione nella mano fu un semplice modo per manifestare il rifiuto di credere nella reale presenza di Cristo nell’Eucarestia, rifiuto del Sacerdozio Sacramentale, in breve il loro modo di rifiutare l’intero Cattolicesimo. Da quel momento in avanti, la Comunione sulla mano acquistò un significato chiaramente anticattolico. Era una pratica palesemente anticattolica, fondata sulla negazione della reale presenza di Cristo nell’Eucarestia e del Sacerdozio. Dopo il Vaticano II, in Olanda, alcuni preti cattolici di mentalità protestante cominciarono a dare la Comunione sulla mano, scimmiottando la pratica protestante. Ma alcuni Vescovi olandesi, anziché fare il loro dovere e condannare l’abuso, lo tollerarono e in tal modo permisero che l’abuso continuasse incontrollato, la pratica si diffuse dunque alla Germania, al Belgio, alla Francia. Ma se alcuni Vescovi parvero indifferenti a questo scandalo, gran parte del laicato di allora rimase oltraggiato. Fu l’indignazione di un grande numero di fedeli che spinse papa Paolo VI a prendere l’iniziativa di sondare l’opinione dei Vescovi del mondo su questa questione ed essi votarono unicamente per mantenere la pratica tradizionale di ricevere la Santa Comunione sulla lingua. É anche doveroso notare che, a quell’epoca, l’abuso era limitato a pochi Paesi Europei. Non era ancora iniziato negli Stati Uniti e in America Latina. Papa Paolo VI promulgò allora, il 28 maggio 1969, il documento Memoriale Domini in cui affermava testualmente: 1) I Vescovi del mondo sono unanimemente contrari alla Comunione sulla mano. 2) Deve essere osservato questo modo di distribuire la Comunione, ossia il sacerdote deve porre l’Ostia sulla lingua dei comunicandi. 3) La Comunione sulla lingua non toglie dignità in nessun modo a chi si comunica. 4) Ogni innovazione può portare all’irriverenza ed alla profanazione dell’Eucarestia, così come può intaccare gradualmente la dottrina corretta. Il documento afferma inoltre : Il Supremo Pontefice giudica che il modo tradizionale ed antico di amministrare la Comunione ai fedeli non deve essere cambiato. La Sede Apostolica invita perciò fortemente i Vescovi, i preti ed il popolo ad osservare con zelo questa legge. Ma poiché questa era l’epoca del compromesso ed il documento contiene il germe della sua stessa distruzione poiché l’Istruzione continuò dicendo che, dove l’abuso si era già fortemente consolidato, poteva essere legalizzato con la maggioranza dei due terzi in un ballottaggio segreto della Conferenza Episcopale Nazionale (a patto che la Santa Sede confermasse la decisione). Ciò finì a vantaggio dei sostenitori della Comunione nella mano. E si deve sottolineare che l’Istruzione diceva dove l’abuso si è già consolidato. Così i Paesi, in cui la pratica non si era sviluppata, furono ovviamente esclusi dalla concessione e tutti i Paesi anglofoni, compresi gli Stati Uniti, finirono in questa categoria. Naturalmente il clero di mentalità protestante in altri Paesi (compreso il nostro) concluse che, se questa ribellione poteva essere legalizzata in Olanda, poteva essere legalizzata ovunque. Pensarono che, ignorando il Memoriale Domini e sfidando la legge liturgica della Chiesa, questa ribellione non solo sarebbe stata tollerata, ma alla fine legalizzata. Questo fu esattamente ciò che accadde, ed ecco perché abbiamo oggi la pratica della Comunione sulla mano. La Comunione sulla mano, quindi, non solo fu avviata nella disobbedienza, ma fu perpetuata con l’inganno. La propaganda, negli anni ’70, fu usata per proporre la Comunione sulla mano ad un popolo ingenuo , con una campagna di mezze verità che: 1) Davano ai cattolici la falsa impressione che il Vaticano II avesse fornito una disposizione per l’abuso, quando, di fatto, non vi è accenno in nessuno dei documenti del Concilio. 2) Non dicono al lettore che la pratica fu avviata da un clero di mentalità filoprotestante e filomassone, in spregio alla Legge liturgica stabilita, ma la fanno suonare come una richiesta da parte del laicato. 3) Non chiariscono al lettore che i Vescovi del mondo, quando fu sondata la loro opinione, votarono unanimemente contro la Comunione nella mano. 4) Non fanno riferimento al fatto che il permesso doveva essere solo una tolleranza dell’abuso, laddove si fosse già instaurato nel 1969. Non vi era una via libera perché si diffondesse ad altri Paesi come l’Italia e gli Stati Uniti, ecc. Siamo ora arrivati al punto in cui la Comunione sulla mano è addirittura presentata come il modo migliore di ricevere l’Eucarestia ; la maggior parte dei nostri fanciulli cattolici è stata male istruita a ricevere la Prima Comunione sulla mano. Ai fedeli si dice che è una pratica facoltativa e se a loro non piace, possono riceverLa sulla lingua. La tragedia di tutto questo è che se questo è facoltativo per il laicato, non lo è per il clero. I preti sono chiaramente istruiti ad amministrare la Comunione sulla mano, che a loro piaccia o no, a chiunque lo richieda, gettando così moltissimi preti in una agonizzante crisi di coscienza. É dunque evidente che nessun prete può essere legittimamente forzato ad amministrare la Comunione sulla mano ; dobbiamo pregare affinché il maggior numero di preti abbia il coraggio di salvaguardare la riverenza dovuta a questo Sacramento e non venga intrappolato in una falsa ubbidienza che fa sì che essi collaborino alla perdità di sacralità di Cristo nell’Eucarestia. I preti devono trovare il coraggio di combattere questa nuova pratica che fa parte dell’occulta strategia di protestantizzazione del Cattolicesimo, ricordando che Papa Paolo VI, giustamente, predisse che, la Comunione sulla mano, avrebbe portato all’irriverenza e alla profanazione dell’Eucarestia e ad una graduale erosione della dottrina ortodossa. Questo abuso illegittimo si è così ben radicato come una tradizione locale, che anche papa Giovanni Paolo II non ebbe successo, nonostante un suo tentativo per frenare l’abuso. Nella sua Lettera Dominae Cenae del 24 febbraio 1980, il Papa riaffermò gli insegnamenti della Chiesa che toccare le Sacre Specie e amministrarLe con le proprie mani è un privilegio dei consacrati. Ma, per un qualsivoglia motivo, questo documento del 1980 non conteneva nessuna minaccia di sanzioni contro laici, sacerdoti o vescovi che avessero ignorato la difesa dell’uso della comunione sulla lingua come voleva il Papa. Una legge senza una pena non è una legge, ma bensì un suggerimento. Il documento di Giovanni Paolo II fu accolto da diversi membri del clero dei paesi dell’occidente, come un suggerimento non apprezzato e purtroppo trascurato - di Dom Marcello Stanzione - Pontifex - |
Post n°2566 pubblicato il 30 Ottobre 2009 da diglilaverita
Si sta avvicinando il centenario della nascita di madre Teresa di Calcutta e nel 2010 si prevedono in tutto il mondo numerose celebrazioni per ricordare questa santa della carità cristiana. Ganxhe Bojaxhiu nacque a Shkupi il 27 agosto 1910, terza e ultima figlia di Kolë e Drane Bojaxhiu. La bimba, il cui nome significa bocciolo, fu battezzata nella chiesa del Sacro Cuore, a 7 anni frequentò la scuola cattolica presso la parrocchia e poi la statale. Il fratello Lazër la ricorda così: "Era una ragazza normale, forse un po’ ritirata e introversa… già nella scuola elementare si notò il suo talento per lo studio. Era la prima della classe, sempre pronta ad aiutare gli altri…". La fanciulla era molto impegnata nella comunità parrocchiale: cantava nel coro, recitava nel teatro della chiesa e faceva parte della congregazione di Maria per la gioventù. Già verso i dodici anni incominciò a desiderare di appartenere completamente a Dio e, la decisione definitiva di consacrarsi come suora la prese presso il santuario della Madonna di Letnica il giorno 14 agosto del 1928, vigilia della festa dell’Assunzione di Maria. La ragazza aveva sentito in parrocchia molto parlare delle missioni cattoliche in India perché i padri gesuiti croati che reggevano la sua parrocchia avevano una missione nel Bengala ed essi l’indirizzarono presso le Suore di Loreto che avevano missioni a Calcutta. Dalla sua città natale Ganghe, insieme con la madre e la sorella, partì in treno per Zagabria dove rimase fino al 13 ottobre 1928. poi andò a Dublino, in Irlanda, precisamente a Rathfarmharm presso la Casa madre delle Suore di Loreto dove si fermò circa tre mesi per imparare l’inglese e fare il postulandato. Arrivò a Calcutta il 6 gennaio del 1929 w si recò a Darjeeling dove vi era la sede del noviziato, che fece per due anni, dove ricevette il nome di Suor Teresa del Bambin Gesù. Ricevette una buona valutazione da parte della maestra del noviziato e fu ammessa ai voti temporanei il 23 maggio 1931. il suo primo lavoro, dopo il noviziato, fu quello di infermiera: assistere ed aiutare i malati, più tardi fu impegnata nello studio universitario e contemporaneamente insegnava nella scuola di St. Mary di Calcutta frequentata da ragazze appartenenti alle caste ricche. Dopo i voti perpetui, emessi il 24 maggio 1937, Suor Teresa continuò ad insegnare e ben presto divenne anche direttrice della scuola. Tra il 1937 e il 1938 scrisse una lettera a Tirana, alla madre e alla sorella: "Mi dispiace di non essere insieme a voi, mia cara mamma e sorella…, ma la tua piccola Ganxhe è felice… questa è una vita nuova… sono insegnante e il lavoro mi piace. Sono anche direttrice di una scuola, qui tutti mi vogliono bene… ". La madre le rispose: "Mia cara figliola, non dimenticare che sei andata laggiù per i poveri. Ti ricordi della nostra Filja? E’ piena di piaghe, ma quello che la tormenta maggiormente è il sapere di essere sola al mondo. Noi facciamo quello che possiamo per aiutarla. In effetti, il peggio non sono le piaghe, ma il fatto che è stata dimenticata dai suoi… ". Dopo questa lettera e l’esperienza diretta della situazione di miseria a Calcutta, Suor Teresa si sentiva inquieta. Dopo vent’anni di vita e di attività missionaria, quasi sempre a Calcutta e nella scuola, la voce interiore diveniva sempre più esigente: "Tu devi uscire per servire i poveri". Viaggiando alla volta di Darjeeling per un ritiro spirituale, suor Teresa cercava la nuova strada da seguire e scrisse al suo padre spirituale: "Padre è successo così. Il 10 luglio 1946, mentre viaggiavo in treno per Darjeeling…, sentii la voce divina. Era la chiamata dentro la chiamata, la mia seconda vocazione. Il messaggio era chiaro: devo uscire dal convento di Loreto per poter liberamente e con tutta la mia vita servire i poveri". Poi comunicò la decisione anche ai superiori e alle suore, dicendo semplicemente: "Ho deciso di abbandonare il convento per poter più liberamente servire i poveri fra i poveri!". L’ingombrante avito delle suore di Loreto fu sostituito dal sari di rozza tela dei poveri. Sulla spalla sinistra appuntò una piccola croce tenuta ferma da una spilla da balia. Non portava calze ma solo un paio di sandali. Aveva trent’otto anni. Consacrò la sua unione con i poveri chiedendo e ottenendo la cittadinanza indiana nel 1948. nel 1949 si unirono a lei due sue ex allieve e nel giro di poco tempo Madre Teresa potè contare su un gruppo di dodici giovani donne che l’aiutarono ad aprire alcune scuole nella baraccopoli di Calcutta. Nell’ottobre del 1950, le Missionarie della Carità ottennero il riconoscimento ufficiale come nuova congregazione religiosa a livello diocesano. Ricordando quei tempi Madre Teresa affermò: "Nel decidere che cosa fare non ci siamo affidate a nessuna forma di programmazione né a idee preconcette. Abbiamo cominciato a lavorare in base alle necessità delle persone sofferenti. Dio ci indicò che cosa fare". Nel giro di pochi anni le Missionarie di Madre Teresa avevano esteso la loro opera assistenziale in 59 centri di Calcutta e oltre ai tradizionali 3 voti religiosi di povertà, castità e obbedienza, esse adempivano ad un quarto voto specifico della loro Congregazione che le impegnava "a servire in modo totale e gratuito i più poveri fra i poveri". Nel 1965 le Missionarie della Carità, che erano oltre 300 suore quasi tutte indiane, ottennero il riconoscimento pontificio e in circa un quarto di secolo la Congregazione riuscì ad allestire quasi cinquecento centri in oltre cento paesi del mondo. Le difficoltà, per quanto numerose, non riuscirono mai a fermarla. Ovviamente le critiche a lei e alla sua opera non mancarono. Fu accusata infatti di occuparsi dei singoli individui invece di combattere contro le strutture che generavano la povertà. Ma Madre Teresa con semplicità diceva: "Se la gente è convinta che la sua vocazione è quella di cambiare le strutture, allora è quello il suo compito". L’opera di Madre Teresa non poteva rimanere nascosta e cominciò una gara nel premiarla. Ecco alcuni dei riconoscimenti nazionali ed internazionali. 1962 Premio Pamada Shir; Un giorno del 1975, durante un’intervista, prese una matita lunga cinque centimetri e, tenendola in mano fra il pollice e l’indice, disse al giornalista: "Guardi quel che sono, una matita di Dio. Un mozzicone di matita con cui egli scrive quel che vuole". |
Post n°2565 pubblicato il 30 Ottobre 2009 da diglilaverita
+ Dal Vangelo secondo In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: Cos'è un santo? Noi dobbiamo uscire da un'immagine di cartapesta della santità, abbiamo una visione della santità un po' così, da divulgazione pubblicitaria da quattro soldi o peggio ancora da una certa pietà sentimentale e forse un po' troppo volontaristica. Si puo' talvolta notare che le vite dei santi spesso le scrivono quelli che non sono santi, e mettono addosso al santo qualcosa che forse non c'è. Tante volte noi guardando i santi ci vogliamo anche un po' giustificare: perché se sono tanto straordinari e tanto belli in fondo dobbiamo anche mettergli addosso delle qualità umane, perché così si spiega perché noi non siamo santi e loro sì, "eh noi non siamo dotati, cosa dobbiamo fare?" Il punto è che questa non è assolutamente la santità. E' bella la preghiera eucaristica che dice: "Padre veramente Santo e fonte di ogni santità". Cioè, la santità è un problema di rapporto con Dio, non è una qualità personale. E'' una felice risposta personale a un'opera di Dio. E in effetti perché le beatitudini sono un'ottima introduzione all'argomento santità? Perché qui noi vediamo persone che vengono descritte con questa meravigliosa proclamazione di come arriva il Regno dei Cieli, di come si entra in possesso della Gloria di Dio. Attraverso queste otto beatitudini noi abbiamo la struttura costante di cosa è la beatitudine. La parola beatitudine indica la felicità, la gioia! Infatti un santo prima di essere proclamato santo viene proclamato beato, dev'essere un uomo felice. Si dice che un santo triste è un triste santo. La santità e l'allegria devono essere connaturali, perché la fede e l'allegria sono cose connaturali, perché c'è una gioia che non è una gioia da pubblicità del dentrifricio, da sorriso, è una gioia vera, profonda, seria, autentica, non soggetta agli sbalzi dell'umore, è una cosa stabile. Ecco, questa gioia è una caratteristica fondamentale della santità, la santità si verifica nell'allegria. E sapienti e felici sono coloro che sono in queste condizioni: sono poveri in spirito, nel pianto, sono miti, hanno fame e sete di giustizia, usano misericordia, hanno un cuore purificato, operano la pace e sono perseguitati. Alcune di queste condizioni sembrano molto etiche, ma se noi andiamo a verificare, in realtà queste sono condizioni che scartiamo un pochino: il povero in spirito, il mendicante in spirito, non è una condizione tanto desiderabile, essere nel pianto certamente non lo è, essere mite vuol dire perdere uno scontro, essere alla mercè di qualcuno che è più aggressivo, avere fame e sete di giustizia vuol dire stare in un bisogno, in una mancanza, usare misericordia vuol dire aver subito un torto, essere un puro di cuore vuol dire avere un cuore che è stato circonciso, tagliato, dove una parte sanguina, essere operatori di pace vuol dire fare della propria carne uno strumento di pace, essere in mezzo alla guerra e operare per la pace. Sono condizioni scomode, dolorose, non desiderabili. Non sono la causa della beatitudine, bisogna stare molto attenti a questo. I poveri in spirito non sono beati perché sono poveri in spirito, ma perché di essi è il Regno dei Cieli. Gli afflitti non sono beati perché sono afflitti, ma perchè questa è la condizione per essere consolati. Chi è un santo? Uno che inizia a valorizzare tutte quelle cose che sono nella sua vita, sono nella sua avventura, e che gli danno occasione di passare a mettersi nelle Mani di Dio. Un povero in spirito e uno che scopre che Dio è il ricco a cui affidarsi. Uno che lascia che il pianto entri nella sua vita e non lo tiene lontano da sè con durezza di cuore, si mette nelle condizioni di lasciarsi consolare da Dio. Un mite, è colui che rimette la sua causa nelle mani di Dio. Chi ha fame e sete della giustizia, non è colui che sta cercando un tribunale migliore, ma è qualcuno che ha sete di un Regno che non ha, di una giustizia che non possiede, ne ha fame, ne ha bisogno, scoprire la nostra mancanza di giustizia finalmente ci fa trovare Dio, ci fa saziare da Lui. Chi usa misericordia è perché sta cercando misericordia, è perché ha scoperto di avere bisogno del perdono di Dio e per questo lo usa agli altri. E chi taglia il proprio cuore, recide dal proprio cuore le parti storte e sporche, è perché ha desiderio di vedere la luce, ha finalmente piantato in sè una sete autentica di vedere Dio. L'operatore di pace è colui che scopre che è questo che lo fa figlio di Dio. In pratica, tutte queste sono le condizioni in cui normalmente la gente, tutti noi, tante volte è lì che ci fermiamo. Di fronte a una condizione di povertà, di fronte a un conflitto, di fronte a una persecuzione, è lì che noi ci ritiriamo. La santità è scoprire che è lì che opera Dio. Questo elenco di beatitudini è un elenco di passivi.. è Dio quello che consolerà, è Dio quello che consegnerà il Regno dei Cieli, è Dio quello che sazierà. Un santo è una persona che si mette davanti a Dio e opera non secondo le proprie forze ma secondo la forza di Dio, secondo la sapienza di Dio, secondo la provvidenza di Dio. Non è lui il forte, il forte è Dio. Essere santi vuol dire sapersi appoggiare in Dio. Vuol dire sbilanciarsi dalla propria capacità al credere alla capacità di Dio. Mettersi nella condizione affinché Dio provveda, Lui consoli, Lui ci proclami Suoi figli, Lui ci dia quello di cui ha fame la nostra anima. Fondamentalmente, la santità è aprirsi a Dio. - Don Fabio Rosini, biblista - [Innamorati di Maria] |
Post n°2564 pubblicato il 30 Ottobre 2009 da diglilaverita
Il messaggio più importante della Madonna e Lei sempre lo ripete è la Santa Messa non solo di domenica. All’inizio a noi veggenti ha detto, quando eravamo ancora bambini: ‘..Se dovete scegliere tra vedere me e Santa Messa, sempre scegliete la Santa Messa , perché durante la Santa Messa, mio Figlio è con voi’. In questi 23 anni di apparizioni la Madonna non ha detto mai di pregare che Lei ci darà, ma sempre ripete: ‘Voi voi pregate affinchè io possa pregare mio Figlio per voi’. Sempre Gesù Cristo è al primo posto |
Post n°2563 pubblicato il 30 Ottobre 2009 da diglilaverita
Proponiamo questo triduo di preghiere alla Santissima Vergine, per i nostri fratelli del purgatorio. Il triduo inizia domani 30 Ottobre e termina il 1° Novembre, vigilia del giorno dedicato ai nostri cari defunti. --[Innamorati di Maria] - |
Post n°2562 pubblicato il 30 Ottobre 2009 da diglilaverita
“Al giorno d'oggi constatiamo purtroppo che la maggioranza dei cattolici è stata battezzata, ma non evangelizzata”, sostiene il Cardinale Odilo Scherer, Arcivescovo di San Paolo (Brasile). Battezzare e poi lasciare il cristiano a un'evangelizzazione 'generica' è insufficiente”. “E' come seminare un campo e poi abbandonarlo a se stesso; non permette di aspettarsi molti frutti; è anche come piantare un giardino e non curarlo: ci si possono aspettare fiori belli e abbondanti?”, si chiede in un articolo pubblicato sul numero di questa settimana della rivista arcidiocesana “O São Paulo”. Il Cardinale Scherer ha ricordato che il Battesimo “è una grazia di Dio, e la fede un dono dello Spirito Santo”. “Bisogna imparare a vivere la fede cristiana e questo rappresenta un processo continuo, che si estende a tutte le tappe della vita. Ha bisogno di imparare ad essere cristiano il bambino come la persona adulta o l'anziano”. “Oggi più che di evangelizzare catecumeni abbiamo bisogno di iniziare a evangelizzare la maggior parte di coloro che sono già battezzati”, riconosce il porporato. L'iniziazione alla vita cristiana “inizia con l'annuncio kerigmatico, mediante il quale la persona è condotta all'incontro con Gesù Cristo e posta davanti al nucleo centrale della fede cristiana: Gesù Cristo, Figlio di Dio fatto uomo, è il nostro Salvatore. Morto in croce per amor nostro, è risuscitato dai morti e siede alla destra di Dio Padre, da dove sarà nostro giudice”. “Attraverso di lui otteniamo la redenzione e il perdono dei peccati. Per ogni essere umano in questo mondo, Egli è la via, la verità e la vita. Il kerigma, annunciato e testimoniato con fede, suscita la fede in quanti lo ricevono, per azione dello Spirito Santo”, scrive monsignor Scherer. In seguito bisogna seguire l'iniziazione alla vita cristiana, “imparando a relazionarsi con Dio nella preghiera cristiana, a conoscere le verità della fede cristiana professate nel Credo e spiegate dalla Chiesa nel Catechismo”. Allo stesso modo, bisogna imparare “ad ascoltare e ad accogliere la Parola di Dio, con la comunità di fede, la Chiesa. L'iniziazione alla vita cristiana non può smettere di porre il fedele davanti alle implicazioni morali che derivano dalla sequela di Gesù e dall'appartenenza alla Chiesa”. Secondo il Cardinale Scherer, questa iniziazione “porta anche il fedele a 'imparare' l'atteggiamento proprio della vita cristiana, la mistica cristiana”. “In questo modo, il cristiano è per tutta la vita 'alla scuola del Vangelo' e impara a essere fedele a Gesù, seguendolo nel suo cammino; anche alla fine della vita, davanti alla morte, perché c'è anche un atteggiamento cristiano di ammalarsi e di morire...”. In tutto ciò, segnala il porporato, “è bene tener presente che non si tratta di un apprendimento meramente intellettuale, anche se questo aspetto fa comunque parte del processo, perché la fede ha anche bisogno di essere conosciuta con l'intelligenza. Più che altro, si tratta di un apprendimento esistenziale”. Il vivere cristiano, prosegue, “si esprime in una relazione filiale e familiare con Dio, nostro Padre. L'iniziazione alla vita cristiana sarà positiva se aiuterà i fedeli a vivere come figli e figlie di Dio”. Un altro “bel modo di comprendere la vita cristiana” è “l'amicizia” con Cristo, visto che la vita cristiana “è espressione di un rapporto familiare e intimo con Dio e con Gesù Cristo, mediante il dono dello Spirito Santo di Dio”. “La formazione del cristiano adulto nella fede è la nostra missione e il nostro compito, e quello della Chiesa: chi è già discepolo di Cristo aiuta gli altri a essere discepoli a loro volta”, ha concluso. - Alexandre Ribeiro - Zenit - |
INFO
LE LACRIME DI MARIA
MESSAGGIO PER L’ITALIA
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi
SAN GIUSEPPE PROTETTORE
A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione
ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua
santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre
di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne
preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo
sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù
Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che
ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere
delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla
morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa
di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di
noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso,
possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna
beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.
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il 30/12/2016 alle 23:44
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