ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 03/11/2009

L'ARCIVESCOVO DI NEW YORK SCRIVE SUL BLOG CIO' CHE IL "TIMES" CENSURA

Post n°2592 pubblicato il 03 Novembre 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

L'anticattolicesimo – denuncia – diventa il nuovo “passatempo” nordamericano

“The Gospel in the Digital Age” (“Il Vangelo nell'era digitale”) è il nome del blog lanciato dal nuovo Arcivescovo di New York e che ha già gli ha dato la voce che il New York Times gli aveva negato. Tra il 10 ottobre e il 2 novembre, monsignor Timothy M. Dolan ha pubblicato dieci post, ma uno di questi, intitolato “Anticattolicesimo”, ha destato scalpore, perché riproduce in articolo la cui pubblicazione era stata rifiutata dal quotidiano più famoso della città. Nel testo, l'Arcivescovo considera che l'anticattolicesimo è diventato un nuovo “passatempo nazionale” (“national pastime”), cosa che è già stata confermata da accademici come Philip Jenkins, che lo definisce “l'ultimo pregiudizio accettabile” (“the last acceptable prejudice”). L'articolo dell'Arcivescovo riporta alcuni esempi di questo anticattolicesimo presenti nel New York Times. Il 14 ottobre, ad esempio, il quotidiano ha denunciato 40 casi di abusi sessuali di bambini in una piccola comunità ebrea ortodossa di Brooklyn nell'ultimo anno. Secondo il presule, l'atteggiamento del quotidiano di fronte a questo caso non ha niente a che vedere con quello che ha assunto in passato nei confronti della Chiesa cattolica quando si sono verificati casi di abuso da parte di sacerdoti. L'Arcivescovo riconosce di non avere né l'intenzione né il diritto di criticare la comunità ebraica, ma denuncia “questo tipo di indignazione selettiva”. Un altro caso è apparso sul quotidiano newyorkese il 16 ottobre, quando è stata pubblicata una storia in prima pagina, con sviluppo interno (dandole più spazio che alla guerra in Afghanistan o al genocidio in Sudan), sul triste caso di un sacerdote francescano che 25 anni fa ha avuto una relazione consensuale con una donna dalla quale è nato un figlio. “Nessun chierico di una religione diversa da quella cattolica ha mai meritato tanta attenzione”, riconosce l'Arcivescovo. Il 21 ottobre, segnala monsignor Dolan, il Times ha dedicato il suo titolo principale alla decisione della Santa Sede di accogliere gli anglicani che hanno chiesto l'unione con Roma. Il quotidiano ha attaccato duramente la decisione definendola una forma di proselitismo in un momento difficile per l'anglicanesimo, anche se il Cardinale Walter Kasper, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, ha dichiarato chiaramente: “Non stiamo pescando nello stagno anglicano”. Il presule menziona infine l'“esempio più esplosivo”, un articolo d'opinione di Maureen Dowd pubblicato dal quotidiano il 25 ottobre, in cui si rivolgono accuse che nessun editore permetterebbe mai contro islamici, ebrei o afroamericani. L'opinionista lancia ogni tipo di accuse, dall'Inquisizione all'Olocausto, dai preservativi all'ossesione per il sesso e la pederastia dei sacerdoti o all'oppressione delle donne, senza tralasciare le scarpe di Benedetto XVI o il fatto che, come tutti i tedeschi, da ragazzo venne reclutato nell'esercito del suo Paese. Tutto questo perché?, si chiede l'Arcivescovo. Perché l'autrice, come riconosce nel suo articolo, non è contenta del modo in cui si sta svolgendo l'attuale visita apostolica di rappresentanti vaticani alle religiose degli Stati Uniti. Un “pregiudizio” di questo tipo, spiega, non ha giustificazione in “una grande pubblicazione di oggi”. Dopo aver riconosciuto che questi casi “purtroppo” non si limitano al New York Times, Dolan afferma che “la Chiesa non è al di sopra delle critiche”. “Noi cattolici abbiamo già una buona capacità critica. Accogliamo le critiche e ce le aspettiamo. L'unica cosa che chiediamo è che siano giuste, razionali e idonee”. “I sospetti e i pregiudizi contro la Chiesa sono un passatempo nazionale che dovrebbe essere 'sospeso per cattive condizioni climatiche'”, ha concluso. In altri post del suo blog, l'Arcivescovo affronta questioni di vita quotidiana, sociale e liturgica, dagli argomenti razziali e caritativi alla difesa della vita umana minacciata dall'aborto o dalla guerra. - Zenit -

[Per ulteriori informazioni: www.archny.org/news-events/columns-and-blogs/ ]

 
 
 

"AMAREZZA" E PERPLESSITA' PER IL NO DELL'EUROPA AL CROCIFISSO ESPRESSA DALLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Post n°2591 pubblicato il 03 Novembre 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Con “amarezza” e soprattutto “perplessità” la Conferenza Episcopale Italiana (CEI) ha ricevuto la sentenza del Tribunale europeo per i Diritti Umani che ha condannato questo martedì l'Italia per il fatto di collocare crocifissi nelle scuole. Un comunicato stampa emesso dall'Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali, in base a una prima lettura, rileva nella sentenza “il sopravvento di una visione parziale e ideologica”. Il caso era stato sollevato alla Corte di Strasburgo da Soile Lautsi, cittadina italiana originaria della Finlandia, che nel 2002 aveva chiesto all'istituto statale "Vittorino da Feltre" di Abano Terme (Padova), frequentato dai suoi due figli, di togliere i crocifissi dalle aule. A nulla, in precedenza, erano valsi i suoi ricorsi davanti ai tribunali in Italia. Secondo la sentenza di Strasburgo, il Governo italiano dovrà pagare alla donna un risarcimento di 5.000 euro per danni morali. La sentenza è la prima in assoluto in materia di esposizione dei simboli religiosi nelle aule scolastiche. Il tribunale considera che la presenza del crocifisso nelle aule scolastiche costituisca una violazione della "libertà di religione degli alunni". Secondo la CEI, questa decisione “suscita amarezza e non poche perplessità”. “Risulta ignorato o trascurato il molteplice significato del crocifisso, che non è solo simbolo religioso ma anche segno culturale – aggiunge il comunicato –. Non si tiene conto del fatto che, in realtà, nell’esperienza italiana l’esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici è in linea con il riconoscimento dei principi del cattolicesimo come 'parte del patrimonio storico del popolo italiano', ribadito dal Concordato del 1984”. “In tal modo, si rischia di separare artificiosamente l’identità nazionale dalle sue matrici spirituali e culturali, mentre non è certo espressione di laicità, ma sua degenerazione in laicismo, l'ostilità a ogni forma di rilevanza politica e culturale della religione; alla presenza, in particolare, di ogni simbolo religioso nelle istituzioni pubbliche”, sottolinea il testo. Monsignor Vincenzo Paglia, Vescovo di Terni-Narni-Amelia e presidente della Commissione episcopale Ecumenismo e dialogo della CEI, ha affermato in alcune dichiarazioni alla Radio Vaticana che il Tribunale europeo ha una visione inappropriata della laicità. “La laicità non è l’assenza di simboli religiosi, semmai la capacità di accoglierli e di sostenerli”, ha dichiarato. Secondo il presule, la presenza del crocifisso è un aiuto per ricordare ai bambini e ai giovani valori fondamentali. “Di fronte al vuoto etico, morale, che spesso noi vediamo anche nei nostri ragazzi, pensare di venire in loro aiuto, come dire, facendo tabula rasa di tutto mi pare davvero miope, anche perché presuppone una concezione di una cultura che è libera solo nella misura in cui non ha nulla, o che ha solo ciò che resta sradicato da ogni storia, da ogni tradizione, da ogni patrimonio. Tanto più che le nostre piazze, le nostre strade sono stracolme di Crocifissi”. “Non credo ci sia nessuno che pretenda di distruggere i simboli religiosi nelle piazze, nelle strade, nei crocicchi perché ledono la libertà di religione di qualcuno”, confessa. “Preferisco allora quella civiltà mediterranea che vedeva nelle città, e ancora oggi l’abbiamo, la presenza di simboli, di segni di altre religioni. Quando Paolo VI ebbe qualche difficoltà quando si trattò di costruire una moschea a Roma, disse: 'E’ un grande segno di civiltà'”. “Credo che la grande battaglia che noi dobbiamo fare è che la Croce mostra, come dire, l’umiliazione da cui ancora oggi tanti giusti, tanti poveri vengono schiacciati: è un ricordo di cosa accade all’uomo quando la giustizia non viene rispettata e semmai qui emerge un valore di gratuità, quella gratuità di cui tutti abbiamo bisogno a qualsiasi fede apparteniamo. In questo senso, c’è una dimensione anche di peso culturale ed educativo che io credo sia davvero irresponsabile voler cancellare”, osserva monsignor Paglia. Dal canto suo Giuseppe Dalla Torre, rettore della Libera Università Maria SS. Assunta (LUMSA) di Roma, ha riferito al servizio informativo della CEI, SIR, che l'argomentazione del Tribunale rappresenta un “ragionamento viziato sul presupposto che il crocifisso possa costringere ad una professione di fede, mentre esso è un simbolo passivo, che cioè non costringe in coscienza nessuno”. “Prima ancora di essere un simbolo religioso – spiega Dalla Torre –, il crocifisso esprime la nostra cultura e identità. Abbiamo bisogno di elementi che facciano mantenere coesa la società intorno a valori tradizionali e fondanti”. Questo, precisa il rettore della LUMSA, “è peraltro il ragionamento che ha portato a numerose decisioni di giudici italiani che mi appaiono ancora del tutto condivisibili. Se il crocifisso non fosse anzitutto un simbolo culturale – e quindi non coercitivo per alcuno – dovremmo togliere tutte le croci presenti sulle nostre strade e piazze e questo sarebbe veramente ridicolo”. Secondo quanto ha dichiarato il giudice Nicola Lettieri, che difende l'Italia davanti alla Corte di Strasburgo, il Governo italiano ricorrerà contro la sentenza emessa dal Tribunale europeo per i Diritti Umani. - Zenit -

 
 
 

“ATTENTI ALL’ANTICRISTO”

Post n°2590 pubblicato il 03 Novembre 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

 

I pericoli dell’omologazione culturale, visti sullo sfondo dello scenario che si profila oggi per quello che una volta era il cuore pulsante del cristianesimo e che oggi è noto come "Unione Europea". Andiamo incontro infatti ad una standardizzazione della cultura che passerà per la relativizzazione del concetto stesso di verità. La tendenza in atto cioè non è quella di rafforzare il diritto di ogni cittadino alla libertà di pensiero e di parola, ma di imporre come corollario di questa libertà il fatto che la verità sia soggettiva. Tutto deve essere ritenuto soggettivamente vero e quindi nulla deve essere ritenuto oggettivamente vero .... tranne, naturalmente, per questa stessa opinione, che nulla sia vero. Ne consegue che alla fine non ci sarà più alcuna differenza neanche fra il bene e il male. Proviamo a corroborare le osservazioni sui fatti di oggi con le straordinarie parole profetiche scritte nel lontano 1900 dal filosofo russo Vladimir Sergeevic Soloviev. Pacifista ed ecumenista noto per la vita ascetica, la mitezza e la generosità, Soloviev visse il breve arco della sua esistenza nella seconda metà dell’ottocento, dedicandosi totalmente, anche a prezzo di molte incomprensioni e sofferenze, al servizio dell’unificazione del genere umano e della pace tra i popoli. Al termine della vita e al volgere del secolo, Soloviev pubblicò un’opera (a) in cui descriveva con sbalorditiva preveggenza avvenimenti che avrebbero effettivamente caratterizzato il corso del Novecento. Vediamone alcune. Scrisse che la nostra sarebbe stata "l’epoca delle ultime grandi guerre, delle discordie intestine e delle rivoluzioni". Alla luce dei gravi danni derivati dalle loro rivalità, secondo Soloviev i popoli della terra avrebbero cercato di limitare il rischio di ulteriori violenze dando origine alla formazione sovranazionale unitaria degli "Stati Uniti d’Europa". Prevedeva inoltre che sarebbero rimasti insoluti "i problemi della vita e della morte, del destino finale del mondo e dell’uomo, resi più complicati e intricati da una valanga di ricerche e di scoperte nuove nel campo fisiologico e psicologico". Per Soloviev infatti nel secolo nascente "viene in luce soltanto un unico risultato importante, ma di carattere negativo: il completo fallimento del materialismo teoretico." Nelle sue previsioni questo fallimento non avrebbe portato però all’irrobustirsi della fede, bensì al dilagare dell’incredulità. Pertanto per la civiltà europea del XX secolo ci sarebbe stata una situazione di vuoto, nella quale sarebbe emersa l’identità e l’azione dell’Anticristo (un uomo che viene eletto presidente dell’Europa unita, poi acclamato imperatore romano e financo coordinatore della vita e ell’organizzazione delle Chiese). Ecco: fra queste brevi pennellate i lettori non avranno difficoltà a rintracciare alcuni sorprendenti paralleli con lo snodarsi fino a questo momento della storia dell’epoca contemporanea, dalle guerre mondiali all’alta tecnologia, dal fallimento dei regimi comunisti alla tensione verso l’unione europea e al declino della fede religiosa come cardine della cultura imperante. Ciò che tuttavia interessa rilevare sono soprattutto le caratteristiche del Anticristo, delineate agli albori del secolo e riscontrabili nella realtà odierna. Si tratta infatti non di un malfattore patentato ma di un "convinto spiritualista" che crede nel bene e perfino in Dio ma che "non ama che se stesso"; asceta, studioso, filantropo, dotato di senso pratico e di scarse preoccupazioni moralistiche e nello stesso tempo prodigo di altissime dimostrazioni di moderazione, di disinteresse e di attiva beneficenza. Da notare che l’opera che procura fama e consenso universali a questo nuovo padrone del mondo ha per titolo "La via aperta verso la pace e la prosperità universale", aspirazione che oggi fa da filoconduttore a tantissime pubblicazioni della New Age. Nelle sue pagine si uniscono "il nobile rispetto per le tradizioni e i simboli antichi con un vasto e audace radicalismo di esigenze e direttive sociali e politiche, una sconfinata libertà di pensiero con la più profonda comprensione di ciò che è mistico, l’assoluto individualismo con un’ardente dedizione al bene comune, il più elevato idealismo in fatto di princìpi direttivi con la precisione completa e la vitalità delle soluzioni pratiche." E’ assente naturalmente ogni riferimento al Cristo, ma che importa: tanto il libro scritto dall’Anticristo "è permeato dal vero spirito cristiano, dall’amore attivo e dalla benevolenza universale - che volete di più?" Ecco prefigurata la caratteristica "moderna" dell’estremo inganno: il travestimento del male e la sua conseguente invisibilità agli occhi dei più. Previsto nelle Scritture, ripreso dal filosofo ottocentesco e confermato ai nostri tempi, il male mimetizzato dai proclami di buone intenzioni cerca e ottiene legittimazione con l’annullamento di ogni distinzione e barriera con il bene, nel nome di valori apparenti quali la non violenza e il pacifismo, l’ecumenismo e quello che oggi noi chiameremmo ecologia. Il successo dell’Anticristo soloveviano sta infatti nelle sue convincenti virtù. Capace di dialogare "con parole piene di dolcezza, saggezza ed eloquenza" il nuovo padrone della terra è anzitutto un filantropo, pieno di compassione, amico non solo degli uomini ma anche degli animali. Vegetariano, proibisce la vivisezione e sottopone i mattatoi a una severa sorveglianza. Le società protettrici degli animali sono da lui incoraggiate in tutti i modi." Convinto ecumenista, convoca i rappresentanti di tutte le confessioni cristiane a "un concilio ecumenico da tenere sotto la sua presidenza". Interessato a cercare il consenso di tutti attraverso la concessione dei favori concretamente più apprezzati, all’Anticristo riuscirà di compiere un ecumenismo "quantitativo" che farà stare al suo gioco anche le masse dei cristiani. "Se non siete capaci di mettervi d’accordo fra voi - dice infatti ai convenuti all’assise ecumenica - spero di mettere d’accordo io tutte le parti, dimostrando a tutti il medesimo amore e la medesima sollecitudine per soddisfare la vera aspirazione di ciascuno."

Ma cosa c’è esattamente di male in tutte queste attitudini al "buono", al dialogo e all’unione?

Intanto, il pacifismo non equivale alla pace. Soloviev, che si opponeva allo svuotamento del messaggio evangelico operato da Tolstoj, distingueva infatti fra la pace buona, quella cristiana, basata sulla divisione che Cristo è venuto a portare sulla terra con la separazione tra il bene e il male, tra la verità e la menzogna, e la pace cattiva, quella del mondo, fondata sulla mescolanza "di ciò che interiormente è in guerra con se stesso." Mentre la pace e la fraternità sono valori cristiani indiscutibili, la dottrina della non-violenza, invece, si risolve spesso in una resa alla prevaricazione, in cui i deboli vengono abbandonati all’arbitrio dei prepotenti. E al di là di questo, il male consiste fondamentalmente nel volere un cristianesimo senza Cristo. Come tanti cultori del "sacro" di oggi, il nuovo padrone del mondo delineato da Soloviev accetta i principi del cristianesimo ma non la divinità di Gesù Cristo. Di Cristo non gli va il "moralismo", che divide gli uomini secondo il bene e il male anziché "unirli" con i benefici che sono loro ugualmente necessari, non gli va la sua unicità, che cozza contro l’ambizione dell’Anticristo di considerarsi il suo successore, e non accetta il fatto che sia vivo. Infatti l’Anticristo de "I Tre Dialoghi" va ripetendo istericamente: "Non è tra i vivi e non lo sarà mai. Non è risorto, non è risorto! E’ marcito, è marcito nel sepolcro..." (Per sapere il lieto fine rimandiamo alla lettura di Soloviev stesso, oppure al libro dell’Apocalisse) L’opera di V.S.Soloviev è stata riassunta e commentata dal Cardinale Giacomo Biffi in un libretto dal titolo poco sfumato: "Attenti all’Anticristo!"(b) ed è a questa opera del noto porporato che siamo debitori per la sintesi sopra-riportata e anche per le conclusioni che seguono. Per l’umanità giunta alla fine del Novecento l’insidia mortale in sostanza è "il cristianesimo ridotto a pura azione umanitaria nei vari campi dell’assistenza, della solidarietà, del filantropismo, della cultura; il messaggio evangelico identificato nell’impegno al dialogo tra i popoli e le religioni, nella ricerca del benessere e del progresso, nell’esortazione a rispettare la natura; la Chiesa del Dio vivente, colonna e fondamento della verità (cfr. 1Tm 3,15) scambiata per un’organizzazione benefica, estetica, socializzatrice."(c). "Da questo pericolo, ci avvisa il più grande dei filosofi russi, noi dobbiamo guardarci. Anche se un cristianesimo ‘tolstojano’ ci renderebbe infinitamente più accettabili nei salotti, nelle aggregazioni sociali e politiche, nelle trasmissioni televisive, non possiamo e non dobbiamo rinunciare al cristianesimo di Gesù Cristo, il cristianesimo che ha al suo centro lo ‘scandalo’ della croce e la realtà sconvolgente della risurrezione del Signore." "Gesù Cristo, il Figlio di Dio crocifisso e risorto, unico Salvatore dell’uomo, non è traducibile in una serie di buoni progetti e di buone ispirazioni."(d) - Chi stempera il fatto salvifico nella esaltazione di "valori" generali come il culto della solidarietà, l’amore per la pace, il rispetto per la natura, l’atteggiamento di dialogo, ecc. "si preclude la connessione personale col Figlio di Dio crocifisso e risorto, consuma a poco a poco il peccato di apostasia e si ritrova alla fine dalla parte dell’Anticristo.(e)"

(a) "Una Voce Grida..." n.5

(b) "I Tre Dialoghi", ed....

(c) "Attenti all’Anticristo! L’ammonimento profetico di V.S. Soloviev" Edizioni Piemme, 1991

(d) Ibid. p.27

(e) Ibid.p.28

(f) Ibid. p.30

di Alessandra Nucci -

pubblicato da  Una voce grida...!

 
 
 

RETROCEDE IN OCCIDENTE LA LIBERTA' RELIGIOSA

Post n°2589 pubblicato il 03 Novembre 2009 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

La libertà religiosa retrocede nel mondo e soprattutto in Occidente. È quanto afferma il presbitero spagnolo Pedro María Reyes Vizcaíno, autore di e-libertadreligiosa.net, una pagina che raccoglie notizie e riflessioni da tutto il mondo su tale questione. Reyes Vizcaíno ha ottenuto la laurea in giurisprudenza presso l’Università autonoma di Madrid e il dottorato in diritto canonico presso l’Università di Navarra. Ordinato sacerdote nel 1992, risiede attualmente in Argentina. È anche autore di Ius Canonicum, una pagina Internet di consultazione su questioni di diritto canonico. Oltre alla sua attività di canonista, si dedica ad approfondire i temi della libertà religiosa "per interesse personale": un ambito che, a suo avviso, richiede maggiore attenzione da parte dell’opinione pubblica. Su questi temi ha concesso un’intervista a ZENIT.

In termini generali, secondo lei la libertà religiosa sta retrocedendo nel mondo? Quali fattori influiscono su questo fenomeno?

Pedro Reyes: Appare evidente che negli ultimi decenni abbiamo assistito ad una retrocessione della libertà religiosa nel mondo. Da una parte ci sono le persecuzioni contro i cristiani, che talvolta sono violentissime, con morti ed espulsioni dai loro territori. Il XX secolo è stato definito il secolo dei martiri. In occasione del Grande Giubileo del 2000, la Santa Sede ha raccolto in un libro le testimonianze di 12.692 persone dei cinque continenti. Dall’anno 2000 non sembra che le persecuzioni siano diminuite. Nell’ottobre del 2008 l’organizzazione evangelica Release International ha stimato che nel 2009 vi saranno 300 milioni di cristiani che nel mondo soffriranno di persecuzioni a causa della loro fede. L’Osservatore della Santa Sede presso le Nazioni Unite, monsignor Celestino Migliore, lo scorso 21 ottobre ha indicato tale cifra in 200 milioni. Esistono poi anche altri attentati contro la libertà religiosa, più subdoli anche se non violenti, che si verificano nell’Europa occidentale. In questa regione del mondo si sta diffondendo una dottrina laicista radicale che ha la pretesa di sradicare la fede cristiana – o qualunque altra credenza religiosa – dalla vita pubblica. In nome del laicismo si cerca di vietare qualunque manifestazione pubblica della fede. Vengono banditi i crocifissi dai luoghi pubblici, si vietano celebrazioni religiose per le strade, o, cosa ancor peggiore, si censura l’opinione dei vescovi per il solo fatto di essere vescovi. Si è arrivati a dei limiti del tutto ridicoli, come la denuncia alla FIFA del luglio scorso contro la squadra del Brasile, perché dopo aver vinto un trofeo ha rivolto una preghiera di ringraziamento a Dio. Oppure il tentativo in Catalogna di cambiare il nome delle vacanze di Natale e di Pasqua, in vacanze d’inverno e di primavera, in questo anno accademico.

Dopo il crollo del Muro di Berlino e la libertà recuperata dei Paesi dell’Est, soprattutto la libertà religiosa, sembrava che il sistema delle libertà dell’Occidente si andasse piano piano consolidando. Non è così?

Pedro Reyes: Effettivamente nel 1989 il mondo intero – e l’Europa in particolare – sembrava essersi risvegliato da un incubo, per iniziare una nuova era di libertà e di pace. Quell’anno ebbi la fortuna di vivere a Roma e ricordo con emozione il passaggio di Gorbaciov su Via della Conciliazione, verso il Vaticano, per incontrarsi per la prima volta con Giovanni Paolo II. Eravamo lì, centinaia di persone, laici sacerdoti, frati e suore, acclamando il leader dell’Unione Sovietica come un liberatore. Chi lo avrebbe detto uno o due anni prima. Ciò che è avvenuto in Europa orientale è un esempio di come non tutto negli ultimi decenni sia stato negativo. In quei Paesi vivevano decine di milioni di cristiani che praticavano la fede nelle catacombe e che ora possono esprimersi alla luce del giorno. Rimane tuttavia un compito davanti: coniugare la libertà religiosa con il pieno sviluppo della persona, senza cadere per esempio nel laicismo come sta avvenendo nel resto dei Paesi di cultura occidentale.

Da dove nasce politicamente il laicismo attuale? Quali scopi persegue? Perché uno degli obiettivi fondamentali in ogni parte ove si afferma sono i cosiddetti "diritti sessuali e riproduttivi"?

Pedro Reyes: La laicità positiva ha in realtà radici cristiane. Già nel lontano anno 494, Papa Gelasio I spiegava in una lettera all’imperatore Anastasio I che "sono due le autorità che reggono principalmente questo mondo: la sacra autorità dei vescovi e la potestà regale". E gli ricordava che, così come l’imperatore deve obbedire ai sacerdoti nelle questioni spirituali, così "nelle cose temporali, invece, riguardanti lo Stato, anche i preposti al culto di Dio prestano obbedienza alle tue leggi, perché sanno che per divino potere ti fu data la potestà imperiale affinché nelle cose temporali ogni resistenza venisse esclusa". Un altra questione è quella del laicismo radicale che adesso si diffonde nel mondo. Le sue origini si trovano nell’Illuminismo e nella Rivoluzione francese, che vedeva il Cattolicesimo come un nemico e che cercò di riorganizzare la Chiesa cattolica, richiedendo ai sacerdoti persino un giuramento di fedeltà alla nuova organizzazione. Da allora, in una forma o in un’altra, i poteri pubblici troppo spesso hanno avuto la tentazione di intervenire nelle questioni della Chiesa cattolica. Sembra che uno dei grandi desideri dei laicisti radicali sia di dire alla Chiesa cosa deve predicare dai pulpiti, come se le omelie o le dottrine religiose dovessero essere approvate nei parlamenti. È curioso che chi si scandalizza per un vescovo che critica una legge, lo fa in nome della piena autonomia dello Stato dalla Chiesa. Non si sopporta che una religione consideri peccato certi comportamenti. L’insistenza sui cosiddetti diritti riproduttivi e sessuali deriva dalle correnti che sono emerse dalla rivoluzione del maggio 1968, il Maggio francese. Da allora si cerca di introdurre questi concetti nell’ordinamento giuridico. A quell’epoca il quadro delle dichiarazioni internazionali dei diritti umani era già stato completato con la Dichiarazione universale approvata dalle Nazioni Unite nel 1948. Per questo i promotori di questi presunti diritti stanno cercando di ridefinire il contenuto stesso dei diritti umani, secondo il loro pregiudizio. Dal punto di vista della libertà religiosa, sembra chiaro il tentativo di limitare la libertà dei credenti di esprimere le proprie convinzioni sui temi morali (che è un diritto riconosciuto dall’articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e da tutti i trattati internazionali in materia) per tutelare un diritto che non è neanche riconosciuto.

Che peso ha avuto, nella Chiesa, la dichiarazione conciliare sulla libertà religiosa? È possibile che l’abbia preparata per i tempi attuali?

Pedro Reyes: Penso che la migliore risposta l’abbia data Joseph Ratzinger nel 1965. In quell’anno affermò: "Verrà il tempo in cui il dibattito sulla libertà religiosa sarà annoverato tra gli eventi più rilevanti del Concilio (...). In questo dibattito era presente nella basilica di San Pietro ciò che chiamiamo la fine del Medioevo, anzi, dell’era costantiniana. Poche cose degli ultimi 150 anni hanno inferto alla Chiesa un danno così ingente come la persistenza ad oltranza su posizioni proprie di una Chiesa statale, abbandonate nel corso della storia." (Joseph Ratzinger, Resultados y perspectivas en la Iglesia conciliar, Buenos Aires 1965). Ancora non abbiamo una prospettiva storica sufficientemente ampia per avvertire l’importanza della dichiarazione Dignitatis humanae sulla libertà religiosa. Se si avverano le previsioni, si potrà dire che con questa dichiarazione è stata inaugurata una nuova tappa nei rapporti tra la Chiesa e lo Stato, basati sul rispetto reciproco e sull’autonomia di entrambe le realtà. Penso che la Dignitatis humanae contenga in realtà anche un invito ai cattolici. In effetti, questo documento conciliare, oltre a dichiarare l’immunità dalla coazione in materia di libertà religiosa, proclama anche l’obbligatorietà per ogni uomo di seguire i dettami della propria coscienza. Dal momento in cui i cristiani hanno assunto il dovere di trasformare in senso cristiano le strutture della società – compito proprio dei fedeli laici – diventa fuori luogo delegare questo compito a un’istituzione politica come lo Stato. Gli Stati devono rispettare la legge naturale, ma sono i fedeli cristiani che devono fare in modo che la società sia ogni giorno più cristiana.-

Quali sono le forme più diffuse di violazione della libertà religiosa?

Pedro Reyes: In una prima categoria vanno collocate le azioni violente contro la libertà religiosa. Nei Paesi di tradizione musulmana, la libertà religiosa è assente in molti contesti. L’Arabia Saudita ne è l’esempio più lacerante, perché il culto non islamico è vietato persino nell’ambito privato e nell’intimità delle mura domestiche. Chi custodisce una croce in casa rischia pene severe. Non è un problema circoscritto: alcune fonti calcolano che esistono circa un milione di cristiani che risiedono in quel Paese; soprattutto filippini e immigrati di altre parti dell’Asia e dell’Europa orientale.

In quasi tutti gli altri Paesi musulmani, a causa di pressioni di gruppi islamici radicali, si stanno approvando leggi molto restrittive della libertà religiosa. In Pakistan esistono leggi anti-blasfemia che lasciano indifesi i cristiani di fronte a qualunque accusa. In Algeria e in Egitto esistono leggi anti-conversione; in Iraq vengono espulsi dal Paese; in Marocco, un gruppo di cristiani evangelici è stato espulso per aver commesso "proselitismo religioso"; ecc.

In India le popolazioni non induiste riscontrano crescenti difficoltà per il loro libero sviluppo. Diversi Stati hanno approvato leggi anti-conversione e, cosa ancora più grave, nell’estate del 2008 alcuni gruppi radicali indù hanno lanciato una violenta persecuzione contro i cristiani nello Stato di Orissa, facendo più di 500 morti, secondo alcune fonti. È significativo che questi fatti vengano appena accennati dai mezzi di comunicazione occidentali.

In Cina esiste attualmente una Chiesa delle catacombe, che è la Chiesa cattolica fedele a Roma e che non accetta i vescovi imposti dal regime. Inoltre è noto che in questo Paese i buddisti del Tibet godono di una libertà di culto molto ridotta.

Esiste anche un altro contesto in cui si è assistito ad una retrocessione della libertà religiosa, che è quello dei Paesi occidentali. Come già accennato, in questi Paesi si sta diffondendo una certa mentalità laicista contraria alla libertà religiosa.

Non mi riferisco alla sana laicità che propugna la separazione tra Chiesa e Stato, ed evita le reciproche ingerenze nell'ambito delle rispettive funzioni all'interno della società, cosa che è del tutto encomiabile. Come ha detto Benedetto XVI: "È fondamentale infatti, da una parte, insistere sulla distinzione tra l’ambito politico e quello religioso al fine di tutelare sia la libertà religiosa dei cittadini che la responsabilità dello Stato verso di essi e, dall’altra parte, prendere una più chiara coscienza della funzione insostituibile della religione per la formazione delle coscienze e del contributo che essa può apportare, insieme ad altre istanze, alla creazione di un consenso etico di fondo nella società" (Benedetto XVI, Incontro con le autorità dello Stato francese, Parigi, Eliseo, 12 settembre 2008).

Il laicismo radicale, che è contrario alla libertà religiosa, mira a relegare la fede religiosa al solo ambito privato, come se la fede non avesse manifestazioni esterne. Nei Paesi occidentali si vedono esempi di questo laicismo ogni giorno: per esempio, quando i vescovi vengono criticati nel fornire orientamenti ai cattolici sulle leggi in tema di aborto o di matrimonio omosessuale (come se esistessero leggi che vietano ai vescovi, e solo a loro, di esprimere opinioni sulle leggi), o quando si chiede ai cittadini o ai parlamentari di votare prescindendo da credenze religiose.

Secondo il Papa, "non si può limitare la piena garanzia della libertà religiosa al libero esercizio del culto; al contrario, deve esser tenuta in giusta considerazione la dimensione pubblica della religione e quindi la possibilità dei credenti di fare la loro parte nella costruzione dell’ordine sociale" (Benedetto XVI, Discorso all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, 18 aprile 2008).

Parlando in concreto della nuova proposta di legge sulla libertà religiosa in Spagna, a cui i cattolici guardano generalmente con diffidenza, come cambierebbero le cose?

Pedro Reyes: In realtà è difficile valutare le intenzioni del Governo che ha preannunciato questa nuova legge, considerato che la notizia risale a più di un anno fa e ancora non è stato presentato il progetto. Conosciamo unicamente le vaghe dichiarazioni della Vice Presidente del Governo, María Teresa Fernández de la Vega, secondo cui la legge assicurerà un miglior esercizio di questo diritto e promuoverà la sana laicità dello Stato. Queste dichiarazioni sono sufficientemente ambigue per impedirne una valutazione attendibile.

L’unico punto concreto che è stato rivelato è che la nuova legge prevederà il ritiro di tutti i simboli religiosi dalle scuole e istituti pubblici, ad eccezione di quelli che hanno un valore storico o artistico. Ritengo che questa misura configuri una discriminazione contro i cristiani, ma non si tratta di un grande cambiamento. Suppongo però che il disegno di legge che il Governo sta preparando includa novità più importanti.

La prevista riforma della Legge organica sulla libertà religiosa del 1980 dovrà tenere conto, in ogni caso, della Costituzione spagnola del 1978, la quale all’articolo 16 "garantisce la libertà ideologica, religiosa e di culto degli individui e delle comunità, senza altre limitazioni, nella loro manifestazione, di quelle necessarie al mantenimento dell’ordine pubblico tutelato dalla legge", e impone a tutti i pubblici poteri di tenere conto "delle credenze religiose della società spagnola e di mantenere i conseguenti rapporti di collaborazione con la Chiesa cattolica e le altre confessioni".

Se il Governo con la nuova legge ha realmente intenzione di attuare la Costituzione, in armonia con le esigenze attuali e alla luce della Dichiarazione universale dei diritti umani, promuoverebbe la sana laicità e limiterebbe il laicismo radicale. Mi auguro che sia così, ma bisognerà aspettare che il progetto venga presentato, per poter esprimere un giudizio.

Sembra che in America latina stia avanzando un laicismo sempre più aggressivo, soprattutto in Venezuela, in Colombia e altri Paesi. Quali sono le cause?

Pedro Reyes: In America latina si stanno sviluppando tendenze intellettuali provenienti da altri continenti, soprattutto dall’Europa occidentale. In termini generali, il laicismo dell’America latina ha l’obiettivo di escludere la Chiesa cattolica dalla sfera pubblica, così come cerca di fare anche nel resto del mondo. Tuttavia, in ogni Paese il fenomeno presenta caratteristiche particolari, dovute alla specifica esperienza storica di ogni nazione. Per esempio, il laicismo in Uruguay – che affonda le sue radici nella fondazione della Repubblica – non è identico al laicismo in Costa Rica, la cui Costituzione proclama all’articolo 75 la religione cattolica come religione ufficiale.

Il laicismo in America latina ha tra le sue fonti anche quelle derivanti dalla storia indigena. L'eredità culturale delle popolazioni originarie dell’America viene infatti sempre di più apprezzata e in questo senso si tende a rifiutare qualunque intervento culturale proveniente dalle culture straniere, soprattutto delle nazioni colonizzatrici. Gli indigenisti più radicali comprendono tra queste ingerenze anche il contributo derivante dall’evangelizzazione.

Sorprende che gli stessi gruppi che respingono la Chiesa cattolica come non appartenente al patrimonio ereditario dei popoli storici, accolgono senza alcun senso critico valori provenienti dall’Europa come l’anticoncezione, l’aborto, ecc., nonostante queste dottrine configurino un’autentica colonizzazione culturale.

Lei è un canonista. Da dove le è venuta l'idea di creare una pagina web sulla libertà religiosa?

Pedro Reyes: Ho avviato questo sito anzitutto come contributo alla lotta contro il laicismo radicale, che diventa sempre più aggressivo. Inoltre ho pensato che potesse essere un’occasione per aiutare tanti fratelli nella fede che, a causa di essa, stanno subendo numerose violenze, che sopportano con grande fedeltà a Cristo. Ho pensato che diffondere nell’opinione pubblica la consapevolezza di questi attacchi violenti costituisse un buon aiuto.

In questi anni mi sono reso conto che questa esigenza, che avevo collocato al secondo posto, si rivela in realtà sempre più urgente. Mi auguro, se Dio vorrà, che presto questa pagina Internet si renda del tutto inutile per la cessazione delle violenze a causa della fede. 

di Inma Álvarez - Zenit

 
 
 

CORTE EUROPEA: NO AI CROCIFISSI A SCUOLA, VIOLANO LA LIBERTA' DEGLI ALUNNI!!!????

Post n°2588 pubblicato il 03 Novembre 2009 da diglilaverita
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La presenza dei crocefissi nelle aule scolastiche costituisce «una violazione del diritto dei genitori ad educare i figli secondo le loro convinzioni» e una violazione alla «libertà di religione degli alunni». Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo nella sentenza su un ricorso presentato da una cittadina italiana. Il caso era stato sollevato da Soile Lautsi, cittadina italiana originaria della Finlandia, che nel 2002 ha chiesto all'istituto statale Vittorino da Feltre di Abano Terme (Padova), frequentato dai suoi due figli, di togliere i crocefissi dalle aule. A nulla in passato erano valsi i suoi ricorsi davanti ai tribunali in Italia. Ora i giudici di Strasburgo le hanno dato ragione.

MA QUALE VIOLAZIONE DI LIBERTA'!!!!

La libertà religiosa, ed il divieto di discriminazioni su base religiosa, costituiscono solo una delle manifestazioni della libertà di pensiero; uguale tutela costituzionale hanno la libertà di professare opinioni in campo politico e sociale. Questa semplice considerazione consente di verificare come sia del tutto fuori della realtà l’idea che possa esistere uno Stato del tutto "neutro" ed anodino, indifferente ad ogni valore (o disvalore) di carattere ideale, religioso o politico. In Italia si celebra ogni 25 aprile l’anniversario di una insurrezione popolare antifascista. In questa celebrazione è insita una visione politica che poteva –specie in passato- ferire i sentimenti di alcuni: nella mia generazione erano presenti ragazzi i cui genitori erano stati fucilati dai partigiani. E costoro venivano traumatizzati quando in classe l’insegnante celebrava le "radiose giornate" del 1945. Tuttavia nessuno dubita che si possano dedicare scuole, cerimonie, lezioni scolastiche alla Resistenza. Di più: in Italia vi sono scuole, piazze, ospedali dedicati a PalmiroTogliatti, a Marx, a Lenin. Nessun anticomunista mi risulta si sia rivolto alla giustizia per chiedere la rimozione di questi segni che riconducono ad una ideologia a molti sgradita. E dubito si troverebbe un giudice disposto ad accogliere simile protesta. Né alcuno si lagna del fatto che in Campo dei Fiori campeggi la statua di Giordano Bruno, o che in Piazza Savoia a Torino si elevi una colonna che ricorda le "leggi Siccardi", con cui si aprì il conflitto risorgimentale fra Stato e Chiesa. La libertà di pensiero, il principio di non-discriminazione vietano di imporre ad alcuno atti che possano suonare adesione ad una ideologia sgradita, vietano di subordinare l’esercizio dei diritti ad atti di consenso ad una Chiesa, ad un partito, ad un movimento politico. Se vogliamo spingerci più in la’, possiamo ammettere che la libertà religiosa, e di pensiero possa anche essere turbata (ancorchè certo non lesa) dalla ostentazione di segni o simboli che abbiano una carica polemica, o che manifestino adesione a specifiche affermazioni dogmatiche, in altre parole di segni "che dividono". Se nelle aule fosse stato esposto un ricordo della battaglia di Lepanto, o anche solo il simbolo dell’Ostia, della Trinità, il testo del Credo, si potrebbe forse ammettere che -come gesto di cortesia e non come riconoscimento di un diritto- questi oggetti siano rimossi o sostituiti. Quando i primi cristiani decisero di assumere la croce a proprio segno distintivo, operarono una scelta difficile, ma dal profondo significato religioso ed umano; una scelta che oggi, in una civiltà laica e pluralistica, appare particolarmente felice. La croce è un patibolo, non è un palco di trionfo; colui che pende da essa è per i credenti cattolici, protestanti, ortodossi, il Figlio di Dio, che con il suo sangue ha riscattato le colpe degli uomini. Ma non rivela nel crocifisso i segni ed il potere della Sua divinità, non è il Cristo Giudice della Cappella Sistina; al contrario, Colui che è crocifisso (come il Bambino del presepe) patisce i limiti e le sofferenze della Sua umanità. Perciò ciascuno può identificarsi in Lui e vedervi un frammento della propria umanità, delle proprie sofferenze. Per i mussulmani è il simbolo di un grande profeta di cui nel Corano Dio dice: "demmo a Gesù figlio di Maria prove evidenti e lo confermammo con lo Spirito di Santità (II,87). Possono vedervi l’immagine del sosia, che, secondo una tradizione cristiana eretica accolta dal Corano, sostituì Cristo sulla Croce (IV, 57). Per gli ebrei è l’immagine di un giusto. Per tutti, anche i non credenti, è il segno dell’umanità della moltitudine di "poveri cristi" che tribolano negli ospedali, nei campi profughi, nelle prigioni... Di tutti coloro che sono morti di una morte che Tacito definirebbe "turpe",cioè straziati dal dolore, sovente senza la consolazione di una dignità socratica. Non mi pare quindi che il crocifisso possa essere definito "un simbolo che divide". Nessuno può ragionevolmente dirsi offeso o leso dalla sua presenza in un’aula scolastica, in un ospedale, in un tribunale; ove ricorda ai giudici l’obbligo dell’umiltà, la possibilità dell’errore. Certo il crocifisso è un segno conforme alla nostra sensibilità, alle nostre tradizioni, alla nostra storia così come ricostruita in base ai documenti che possediamo (quali il famoso, e discusso, passo dello storico ebreo Giuseppe Flavio); a qualcuno forse il crocifisso può apparire "strano". Così come ad un giapponese può riuscire sgradevole il ricorso all’acqua lustrale. Il principio di tolleranza è certamente, in primo luogo, un valore a difesa delle minoranze; ma anche le minoranze debbono prender serenamente atto dei modi di essere, di sentire, di esprimersi della maggioranza. E rispettarli.

 

 
 
 

OGM/ POTRYKUS (Pontificia Accademia): POTREI SFAMARE IL MONDO MA GREENPEACE ME LO IMPEDISCE

Post n°2587 pubblicato il 03 Novembre 2009 da diglilaverita
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A chi troppo, a chi troppo poco: è la formula del tragico squilibro mondiale tra obesità e sottonutrizione. Ma è uno squilibrio che potrebbe essere ridotto se cadessero alcuni forti pregiudizi che bloccano innovazioni tecnologiche e rendono difficile ai Plant Scientist, ai biotecnologi vegetali, convincere l’opinione pubblica dei vantaggi di certe soluzioni ormai praticabili. Come quella proposta qualche anno fa da Ingo Potrykus e nota come Golden Rice. Potrykus è appunto un biotecnologo: è chairman della Humanitarian Golden Rice Board & Network e inoltre membro della Pontificia Accademia delle Scienze. La sua idea risale alla fine degli anni ’80 quando ha pensato di modificare geneticamente il riso per produrne delle varietà che contenessero la proVitamina A: varietà battezzate come Golden Rice. Da allora non ha avuto pace e ha dovuto reagire a critiche continue, anche di tipo contraddittorio: come quelle di Vandana Shiva, che accusava il suo riso di contenere troppa vitamina A, con potenziali rischi di tossicità (ignorando il fatto che il Golden Rice contiene proVitamina A, non tossica, e non Vitamina A); ma poi ci sono state le critiche opposte da parte di Greenpeace, che invece riteneva troppo esigua la quantità di proVitamina. Il professor Potrykus non sembra particolarmente provato da queste battaglie e ancora oggi, avendo lasciato l’incarico accademico all’ETH di Zurigo, non abbandona la sfida di contribuire al miglioramento delle condizioni alimentari dell’umanità. Ne ha parlato qualche giorno fa a Milano, nell’ambito delle manifestazioni per la giornata mondiale dell’alimentazione, alternandosi a Chiara Tonelli, Marisa Porrini e Piero Morandini, dell’università di Milano, nel delineare lo scenario mondiale del troppo-troppo poco. Incontrandolo, abbiamo avuto modo di cogliere la sua preoccupazione per una situazione dove i dati macroeconomici segnalano una riduzione degli investimenti nello sviluppo agricolo a livello mondiale; e ciò a fronte di una situazione globale con più di un miliardo di persone affamate o malnutrite. Il guaio è che anche gli occidentali, che godono di una sovrabbondanza alimentare, rischiano le gravi conseguenze di una dieta squilibrata: conseguenze che hanno i tristi nomi di obesità, malattie cardiovascolari, tumori. C’è da aggiungere che, se in molti Paesi le rese della produzione agroalimentare stanno aumentando, ciò non accade in Italia, che rischia di essere confinata, da questo punto di vista, ai margini dell’innovazione tecnologica. Potrykus ci parla di una fame nascosta, che si chiama carenza di micro nutrienti: «Le carenze di micronutrienti più devastanti sono frutto di una ridotta assunzione nella dieta di ferro, vitamina A, iodio e zinco. La carenza di vitamina A (Vitamin A Deficiency,VAD) è prevalente tra i poveri, la cui dieta è basata sul riso perché il riso non contiene proVitamina A (poi convertita in vitamina A). Una dieta basata principalmente sul riso comporta VAD e colpisce specialmente bambini e donne in gravidanza, portando a diverse conseguenze la cui gravità è proporzionale all'entità della carenza». La prima manifestazione é la xeroftalmia, cioè l'impossibilità di produrre lacrime con conseguente secchezza degli occhi, per poi passare alla cecità notturna fino ad arrivare alla cecità totale e irreversibile. Secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Salute), la VAD rende 250.000 – 500.000 bambini ciechi ogni anno. Ma la cecità è solo un sintomo di una malattia ben più grave: più della metà muore entro un anno da quando diventano ciechi. La carenza di vitamina A – osserva Potrykus - compromette il sistema immunitario di circa il 40% dei bambini con meno di cinque anni nei Paesi in via di sviluppo, aumentando grandemente la severità di comuni infezioni, causando spesso la morte. La VAD è molto grave nel SudEst asiatico e in Africa. Per i 400 milioni di poveri che consumano riso, le conseguenze mediche sono fatali: vista compromessa, nei casi estremi cecità irreversibile; integrità epiteliale compromessa, che espone ad infezioni; ridotta risposta immunitaria; ridotta emopoiesi e crescita dello scheletro». Si stanno, certo, facendo sforzi per rimediare. Potrykus cita l’OMS che investe 90-100 millioni di $ all‘anno per la distribuzione di pillole di vitamina A; ci sono azioni di educazione, per favorire una dieta diversificata; si parla di creazioni di orti domestici e di promozione di piante ricche in proVitamina A. «Ma non basta. Nonostante questo, 500.000 bambini ogni anno diventano ciechi per carenza di vitamina A e ne muoiono fino a 6.000 al giorno per malattie sempre legate a carenza della stessa vitamina. Servono nuovi approcci, a complemento di quelli tradizionali: ci vuole una biofortificazione, con l’aggiunta di micronutrienti per via genetica». Un esempio è proprio il Golden Rice. «Il riso è alimento fantastico ma non ha la proVitamina A: ecco allora il concetto transgenico: introdurre in modo opportuno tutti geni necessari. Abbiamo ingegnerizzato la sintesi di provitamina A nell’endosperma del riso, attivando enzimi che lì non erano attivi. Questo è il Golden Rice, che contiene due nuovi geni: uno del mais e uno da un batterio del suolo, ma non contiene un gene marcatore». La visione del nostro biotecnologo è grandiosa: «Semi di varietà di Golden Rice adattate alle condizioni locali potranno allora essere forniti gratuitamente e senza limitazioni ai contadini in un progetto umanitario; i contadini potranno usare parte del raccolto per la semina e non serviranno altri input, tipo fertilizzanti o agrochemical. Ma, ripeto, si tratta di una soluzione complementare, non alternativa». L’opposizione comunque è ancora forte e usa argomenti a effetto ma scorretti: come quello che i bambini dovrebbero mangiare 9 kg al giorno di questo riso per avere gli effetti voluti. Invece basterebbe neppure un grammo in più di quanto mangiano ora se avessero piante di riso anche con solo 2 microgrammi di proVitamina A; non c’è quindi il rischio del sovradosaggio. Così Potrykus continua la sua battaglia e indica le prossime tappe: «Nel 2010 avremo il completamento delle varietà, le prove di campo in diversi siti e la registrazione delle varietà. Nel 2011 l’approvazione dagli organismi competenti e la moltiplicazione e distribuzione del seme. Dal 2012 l’inizio della produzione in campo». - Ingo Potrykus -

 
 
 
 
 

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Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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