ASCOLTA TUA MADRELE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA |
VERGINE MADRE
«Vergine madre, figlia del tuo Figlio, umile e alta più che creatura, termine fisso d'eterno consiglio, tu se' colei che l'umana natura nobilitasti sì, che 'l suo fattore non disdegnò di farsi sua fattura. Nel ventre tuo si raccese l'amore per lo cui caldo ne l'eterna pace così è germinato questo fiore. Qui se' a noi meridïana face di caritate, e giuso, intra i mortali, se' di speranza fontana vivace. Donna, se' tanto grande e tanto vali, che qual vuol grazia ed a te non ricorre, sua disïanza vuol volar sanz'ali. La tua benignità non pur soccorre a chi domanda, ma molte fiate liberamente al dimandar precorre. In te misericordia, in te pietate, in te magnificenza, in te s'aduna quantunque in creatura è di bontate».
TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000
CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
Salve Regina,
Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
Angelo di Dio,
Eterno riposo.
“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)
Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II
O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II
AREA PERSONALE
Messaggi del 05/05/2010
Post n°3520 pubblicato il 05 Maggio 2010 da diglilaverita
Nella confusione del dibattito scientifico sull'autenticità o meno della Sindone interviene Andrea Tornielli, vaticanista del Giornale. «In ogni caso è necessario un approccio multidisciplinare. Altrimenti si finisce per affermare che la scienza ha dimostrato che la Sindone è un falso medievale a partire dal risultato del radiocarbonio». L'uomo della Sindone, dice Tornielli, è realmente Gesù di Nazareth. |
Post n°3519 pubblicato il 05 Maggio 2010 da diglilaverita
Dire che la bestemmia è una gravissima offesa al Nome santo di Dio è dare una definizione esatta, ma un po' fredda, arida, scheletrica, che non riesce a esprimere a sufficienza la drammaticità e la gravità mostruosa di questo fenomeno diabolico. Come non ci sono parole che possano esprimere fino in fondo la grandezza e la maestà infinita di Dio, così non ci sono parole che possano esprimere fino in fondo l'abisso di malizia e di miseria morale che è racchiuso nella bestemmia. Ogni definizione, per quanto precisa, dirà sempre troppo poco: la realtà dell'offesa a Dio è sempre molto più grande di quanto si possa esprimere. Si può e si deve comunque cercar di dare della bestemmia un'idea che sia il più vicina possibile alla realtà. Tentiamo allora, con poche pennellate, di tratteggiarne il ritratto. La bestemmia è l'urlo rabbioso di Satana che esce dalla bocca di un uomo per cercar di sporcare la gloria di Dio. Non è a caso che S. Caterina da Siena ha definito il bestemmiatore un "demonio incarnato". La bestemmia è il frutto più velenoso che può scaturire da un lampo di follia. C'è una forma di pazzia stabilizzata e cronica e c'è una forma di follia che va a sprazzi e rende l'uomo capace di manifestare in un attimo abissi di stoltezza. La bestemmia è il segno più palese dell'odio e del disprezzo verso Dio, e questo al di là delle intenzioni di chi vomita quell'espressione blasfema. La bestemmia è il supremo atto di superbia che un uomo possa compiere, perché lui, così piccolo, sporco e imponente, tenta di mettersi sotto i piedi il Signore Dio, infinitamente grande, infinitamente santo e onnipotente, quel Dio che, se solo lo volesse, potrebbe stritolarlo in un attimo e con ottime ragioni. La bestemmia è il più grande atto di stupidità, perché fa dell'uomo un nemico di Colui che vorrebbe essergli amico, padre, benefattore e salvatore. La bestemmia è anche il segno rivelatore di un animo bovino, è manifestazione di volgarità, di grossolanità e di poca intelligenza, perché una persona fine, intelligente e perciò non volgare, sa trovare altri modi leciti per far sbollire un momento di tensione. La bestemmia è una barriera innalzata tra il bestemmiatore e tutti quelli che si sentono offesi dal linguaggio blasfemo, vedendo colpito quel Dio in cui credono e che amano come Padre. "La bestemmia - ha detto qualcuno - è il cancro dell'anima". Come il cancro infatti invade tutto l'organismo fino a portare alla morte, così la bestemmia quanto meno annebbia, ma quasi sempre paralizza tutte le facoltà dell'anima e uccide in essa il gusto delle cose di Dio. La bestemmia è anche, quasi sempre, una malattia contagiosa che infetta altri. Nessuno mai infatti ha cominciato a bestemmiare per il gusto di bestemmiare, ma tutti i bestemmiatori sono diventati tali sotto la spinta del cattivo esempio ricevuto, e cioè perché infettati da collaudati bestemmiatori che sono stati i loro maestri di vizio e di imbecillità. La bestemmia è "un'offesa diretta a Dio, offesa che sarebbe qualcosa di inconcepibile se non fosse una tristissima realtà" (+ Costantino Caminada). B - IL CONTRARIO DEL NOSTRO DOVERE Dopo aver creato l'uomo, Dio non lo ha condannato all'isolamento, prigioniero della terra, ma lo ha invitato al dialogo, a librarsi verso il Cielo, a ricambiare il suo amore, a vivere nel conforto di un pieno abbandono e di una piena fiducia in Lui. In questo dialogo, in questo rapporto di amore a cui Dio ci chiama, dobbiamo prima di tutto lodare il Signore: "Benedetto sei tu, Signore ...Benedetto il tuo nome glorioso e santo, degno di lode e di gloria nei secoli" (Dn 3, 52-53). Per migliaia di volte Dio ci invita nella Bibbia a lodare il Suo nome: in particolare i Salmi straripano di lodi al Signore. E tutta la vita di Gesù, di sua madre Maria e dei Santi è stata un cantico di lode al nostro Creatore e Padre. Se Dio è così grande da meritare ogni lode possibile, tanto che gli stessi angeli lo adorano (cfr.: Eb 1,6), e noi così piccoli, ne deriva come logica conseguenza e come segno di umiltà, il dovere che abbiamo di coltivare un profondo spirito di adorazione: "Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto " (Mt 4,10). Poi il Signore ci esorta alla riconoscenza per i molti, moltissimi beni che ci ha offerto in dono: "In ogni cosa rendete grazie; questa è infatti la volontà di Dio" (lTs 5, 18). Amandoci come Padre, e come il migliore dei padri, il Signore ci invita inoltre a chiedergli tutto ciò di cui abbiamo bisogno: "In ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste" (Fil. 4, 6). E infine, essendo noi peccatori, il Signore ci insegna a chiedere perdono, con umiltà e con fiducia, per il cattivo uso che abbiamo fatto dei suoi doni: "Rimetti a noi i nostri debiti" (Mt 6, 12). Ebbene, se a tutto questo siamo invitati da Dio, con la bestemmia si fa l'esatto contrario. Dio ci invita alla preghiera di lode, ma con la bestemmia lo si disprezza e si cerca di sprofondarlo nella fogna del disonore. Dio ci invita alla preghiera di adorazione, ma con la bestemmia, invece di riconoscere la sua infinita grandezza e la sua superiorità nei nostri confronti, si tenta di abbassarlo sotto il livello delle bestie. Dio ci invita alla preghiera di ringraziamento, ma con la bestemmia lo si ricambia con la peggiore ingratitudine. Dio ci invita alla preghiera di richiesta, ma con la bestemmia ci si mette in condizione di non poter ricevere i suoi doni. Dio ci invita alla preghiera per avere il perdono, ma con la bestemmia si pongono le basi per attirare su di sé e sul mondo intero non il perdono, ma i più tremendi castighi. Che cosa resta di cristiano in un cristiano che bestemmia? Più nulla! E che cosa resta di umano in un uomo che offende chi l'ha creato? Solo una pallida ombra di umanità, un rottame di umanità e nulla più! Immagina che un grande pittore porti un amico in visita a un museo in cui sono esposte le sue opere perché veda i suoi capolavori e quell'amico, invece di ammirare quelle opere e lodare chi le ha fatte, cominci a dire parole di disprezzo verso l'artista. Un comportamento assurdo! Una delusione completa! Ancora più grave è la responsabilità e la colpa di chi offende il migliore degli artisti, il Signore Dio, il Creatore di ogni cosa, la fonte di ogni bellezza, il datore di ogni dono. Non è esagerato dire che il bestemmiatore ha fatto di se stesso un mostro! C - VARI TIPI DI BESTEMMIA La più grave forma di bestemmia è quella che unisce al Nome santo di Dio (o di Gesù, o dell'Ostia Santa, o del SS.mo Sacramento) parole cariche di disprezzo. Non è il caso di fare esempi, anche perché purtroppo ne abbiamo fatto più volte amara esperienza sentendo alcune di queste mostruosità sulla bocca di qualche persona. È bestemmia anche dire contro Dio parole che non portano il marchio del disprezzo, ma che comunque il Signore non merita. Quante volte mi è capitato di sentire qualcuno che nel momento del dolore manifesta la sua delusione o la sua rabbia dicendo: "Dio è crudele", o "Dio è ingiusto"! Espressioni come queste, o altre simili, che negano delle verità di fede riguardo a Dio, sono dette bestemmie eretiche. E quante volte capita di sentire il nome "Cristo" senza alcun titolo, ma pronunciato con una tale carica di rabbia che, per la violenza del tonò, rasenta la bestemmia! Vera e propria bestemmia è anche l'offesa che colpisce i Santi, e in particolare la Madonna, o persone (ad es.: il Papa) che per la loro sacralità sono un riflesso di Dio nel mondo. Pur non essendo Dio il bersaglio diretto, colpendo la santità o la sacralità si colpisce Dio, che è fonte tanto dell'una quanto dell'altra. Giovanni Paolo II, parlando del disprezzo rivolto contro il Nome di Dio, elenca, dopo la bestemmia, gli "spettacoli dissacranti" e "pubblicazioni altamente offensive del sentimento religioso" (21 marzo 1993). Potremmo definirle bestemmie a mezzo stampa, bestemmie cinematografiche, bestemmie teatrali. Basti qui citare il "gran maestro" della dissacrazione, Dario Fo che, nel suo "Mistero Buffo", ha deriso Gesù, la Madonna e altri personaggi del Vangelo. Queste bestemmie, a differenza della bestemmia comunemente intesa, che può avere l'attenuante di sfuggire in un attimo, in un lampo, quasi senza accorgersene, sono bestemmie ragionate, meditate, volute, infiocchettate col fascino dell'arte e quindi con un potere devastante per il linguaggio suggestivo con cui sono confezionate e per l'altissimo numero di lettori o di spettatori che raggiungono. Non si può parlare invece di bestemmia quando il Nome di Dio viene nominato invano, senza un serio e ragionevole motivo, ma anche senza alcun titolo offensivo. Non è raro, infine, sentire qualcuno che pronuncia il nome "zio", o qualcosa di simile, e subito vi aggiunge una parolaccia come quelle che altri affibbiano al Nome di Dio. L'espressione che ne risulta non è una bestemmia, ma è molto facile che come tale venga avvertita da chi la sente. Perciò, anche se non c'è la bestemmia, può esserci lo scandalo. In ogni caso, chi parla in questo modo, oltre ad essere ambiguo e ipocrita (una ipocrisia alla rovescia!), perché vuol apparire bestemmiatore senza esserlo, contribuisce a diffondere un tipo di linguaggio che favorisce l'espandersi della bestemmia. Quand'ero bambino sentivo spesso parlare dai pulpiti contro la bestemmia. I sacerdoti di quel tempo avevano una lucida percezione della gravità del fenomeno e una chiara coscienza del loro dovere di scagliarsi spesso e in tono forte contro il più infame dei peccati. Ricordo anche che si veniva educati a salutare i sacerdoti e le suore con parole che lodavano il Signore: "Sia lodato Gesù Cristo". E come un 'eco, la risposta: "Sempre sia lodato ". È lo stesso saluto a Gesù con cui Giovanni Paolo II ha iniziato il suo pontificato. [Tratto dal testo "La Bestemmia - L'urlo dell'Inferno" di Don Enzo Boninsegna] - Carlo Di Pietro - Pontifex - |
Post n°3518 pubblicato il 05 Maggio 2010 da diglilaverita
La madre suicida. Il padre eterno bambino. La nonna che predicava la rivoluzione armata. Poi la perversa avventura con l’anziano insegnante progressista che la spinge a "liberarsi" tagliando tutti i legami. Anche quelli con i figli che porta in grembo. Per quindici volte. «In un’ora imparai che la famiglia era un nodo di sofferenze, l’istruzione una presa in giro, Dio un sogno scaduto. Il mio compagno mi diceva che per essere libera dovevo dimenticare il passato e non avere figli, così abortii quindici volte in soli dieci anni. Mai avrei pensato di reinnamorarmi e avere due figlie». Lo racconta a Tempi Irene Vilar, 42 anni, americana di origini portoricane, direttrice della collana The Americas per la Texas Tech University Press, autrice di Scritto col mio sangue, (Corbaccio, 254 pagine, 17,60 euro). Autobiografia che esce ora in Italia dopo essere stata pubblicata negli Stati Uniti, tradotta in trenta lingue e aver venduto oltre un milione di copie. Un bestseller che però a stento ha trovato un editore. Ben cinquantuno case editrici lo hanno respinto, sebbene i precedenti della Vilar siano stati guardati con favore dal New York Times e i suoi libri abbiano goduto delle buone recensioni dei giornali più illustri degli States. Finché Irene Vilar ha raccontato «di una donna del sud, oppressa dagli adulti e tormentata dal passato», tutto è filato liscio. Lo scandalo di Scritto col mio sangue è che non è un sequel di quella bambina portoricana sbarcata a New York che si emancipa grazie al college progressista, alla cultura femminista, alla filosofia di Bertrand Russell e ai libri di Borges. Non è più solo la "vittima" di una madre morta suicida davanti ai suoi occhi, di un padre alcolista, di due fratelli tossicodipendenti e di una nonna idealista. Irene è una ex quindicenne che da una relazione amorosa intrecciata con un cinquantenne, professore liberal e sintesi di molte "cose democratiche", diventa donna al passo di quindici aborti. Fino a maturare la coscienza di «un’aborto-dipendenza, di un’autodistruzione di sé e dell’altro Irene Vilar, lei ha scritto che le volte che rimaneva incinta ritrovava «la speranza». Ma il suo compagno le diceva che per essere liberi non bisogna avere legami. Che razza di libertà è quella che chiede di sacrificare l’esperienza di una speranza? Allora non avevo strumenti per capire. La mia immagine di libertà era falsata. Avevo una nonna che voleva liberare Portorico dall’oppressione americana con la rivoluzione. Avevo una madre che, sterilizzata a sua insaputa e vittima (come il 37 per cento delle donne portoricane) delle sperimentazioni per il controllo delle nascite, si è "liberata" dal suo dolore scappando dalla vita. Avevo un padre che dopo la morte di mia madre ha sposato una mia coetanea. Così mi sono legata a un uomo che predicava il femminismo e il progressismo avendo costruito la sua libertà sulla rottura con il padre e la fede ebraica. Perciò, anche se le prime gravidanze mi davano speranza, le interrompevo sapendo che altrimenti avrei perso l’unica cosa che mi dava sicurezza nella vita. Il paradosso è che, illudendomi di vivere un processo di liberazione, diventai schiava di quell’uomo. Dopo un ennesimo aborto il medico la rimprovera con un «signorina, la prossima volta stia all’erta, sa che ha rischiato di abortire un bambino?». Non le è mai sembrata buffa questa idea che bambini si diventa a una certa settimana? Sì, io sceglievo, sapevo cos’era il bene e non lo facevo. Se mi chiedi cosa sia un feto ti dico che quella è vita. Anche se non ne parlo nel mio libro. Avevo momenti di lucidità, ma poi cancellavo la realtà. Alla fine è diventata una vera e propria nevrosi: tu capisci cos’è il bene, lo vuoi, ma non riesci più a farlo. Per smettere di abortire ho dovuto sottopormi ad anni di analisi. Scrivere, invece, mi ha aiutato a guardare in faccia me stessa e la realtà. A slegarmi da mio marito. Il narcisismo per cui non si riesce ad accogliere nulla che non sia gestibile, l’incertezza dilagante e quindi il bisogno di ipercontrollo sono malesseri molto diffusi. Le tante anoressiche, bulimiche, le terrorizzate dalla maternità ne sono un esempio. La cosa pazzesca è che possono essere funzionali, sposarsi, fare carriera. E nello stesso tempo vivere privatamente una vita infelice. Questa schizofrenia è comune. Dopo aver scritto questo libro, ho scoperto che la mia più cara amica, sposata con figli e avvocato affermato, ha una nevrosi da automutilazione. Non l’avrei mai sospettato. Molti mi dicevano: ma perché non hai usato la pillola, perché ti facevi del male? Come se il corpo fosse slegato dalla mente. Purtroppo di questo non ne parla nemmeno il movimento femminista perché vorrebbe dire ridiscutere i presupposti di quanto difende: l’esclusiva materialità e il pieno controllo del corpo. Nessuno dice che il corpo è una realtà organica legata alla mente, e che se la mente viene piegata a un’idea innaturale, ciò fa soffrire. Lei chiama l’aborto «uno strano diritto» e, come scrive la femminista Robin Morgan nella postfazione del libro, la sua esperienza sembra la dimostrazione che l’aborto è innanzitutto «l’aborto di sé». Perché continua a dichiararsi pro-choice? Non voglio fare la filosofia dell’aborto. Io ho compiuto quindici anni e dentro di me c’erano due braccia. Di colpo capisci che sei diversa da un uomo, che hai dentro di te un potere, quello riproduttivo, grandissimo. Ti incuriosisce, ne sei contenta, ma non sai dargli un senso, nessuno te lo ha dato, non hai un linguaggio per descrivere quella realtà. Quando non abbiamo un linguaggio non capiamo e facciamo cose devianti e distruttive. Quando una relazione amorosa non va, se non riesci ad affrontare il perché e non riesci a descrivere cosa ti sta capitando (cioè che quell’uomo non ti basterà mai), non sarai in grado di affrontare la situazione e magari inizierai a tradire quell’uomo pensando di risolvere l’insoddisfazione. E la relazione si disintegrerà. Lo stesso avviene con il corpo, la libertà, la maternità. Ma nessuno sembra disposto a fare la fatica di capire e definire le cose. I pro-life dicono che l’aborto non deve esistere e non affrontano il nocciolo del problema. Ugualmente, i pro-choice si vergognano di parlarne seriamente. Penso a Hillary Clinton e Jimmy Carter. Per loro l’aborto è un diritto ma da tenere ben nascosto. Così il problema si ingigantisce: le statistiche britanniche, canadesi e americane dicono che la maggioranza di chi ha abortito sono donne educate e benestanti con sei o sette gravidanze interrotte alle spalle. Forse ci si dovrebbe chiedere perché, pur istruite su come evitare la gravidanza, queste donne abortiscano. Lei aveva amici chic, girava in barca, vinceva premi letterari, frequentava i salotti liberal, i suoi scritti venivano pubblicati dal New York Times. Eppure dice che la sua vita, all’apparenza ricca e libera, era una vita disperata. Perché? Perché una vita senza confini sembrava riempire il mio bisogno di libertà e di essere amata. In realtà era disperante perché illudendomi di rimarginare le mie ferite le lenivo dimenticando e diventando schiava delle barche, dei salotti, delle idee. Così, a lungo andare, invece che rimarginarsi le ferite si aprivano ancora di più. Aveva un padre che non le ha mai detto un "no", ed è la cosa che meno gli perdona. Adesso dice che per amare i figli bisogna scontrarsi con loro. Come è arrivata a queste conclusioni? Per me libertà significava mancanza di limiti e di confini. Nessuno mi ha mai guidata. I miei genitori erano due bambini. Vivevano come in una soap opera. I genitori dicono ai figli: "Ti voglio bene". Ma questo non ha implicazioni. Così, non conoscendo il significato delle cose, i genitori mandano ai figli messaggi confusi. Dare argini ai figli, dare loro una lingua per esprimere e capire quello che vivono, penso sia questo il compito di un genitore. Mio padre non sapeva capire il suo disagio davanti al mio. Così, pur dandomi ogni attenzione materiale, girava la testa. Se ci pensiamo, l’ingiustizia è solo il riflesso di questa lotta tra la volontà di distruzione e quella di dare i confini alle cose per rispettarle. Ho dovuto leggere, studiare, lavorare su di me per comprendere, per dare nomi alle cose. Lei aveva diciassette anni e lui cinquantuno quando siete andati a vivere insieme. Poi lui, invecchiando, le ha chiesto di sposarlo, cosa che prima diceva impossibile, e si è pentito di non averle lasciato avere un figlio. La sua amica diventa incline a capire i dolori altrui davanti a un cancro. Cosa pensa di questi mutamenti? Nel caso di mio marito posso dire che, vedendo che io non ero più schiava di lui, che mi stava perdendo, ha capito che anche lui dipendeva da me e che anche lui non era così libero come teorizzava. Mercedes, femminista rigida ma come me sottomessa a un marito autoritario, davanti alla malattia e al fatto che io mi stavo liberando prendendomi cura di me, ha vissuto la mia rinascita come la sua. Ha iniziato a provare compassione. Nel libro spiega la sua vita da sottomessa citando Camus: «Per chi è solo senza Dio né padrone, il peso dei giorni è terribile. Perciò visto che Dio non è più di moda, bisogna scegliersi un padrone». Ma mentre la sua biografia è piena di "padroni", Dio vi compare solo quando racconta dei mesi dell’infanzia trascorsi nei boschi del New Hampshire: «Certa della sua esistenza, ho vissuto il periodo della vita in cui mi sono sentita più in pace e in armonia con me stessa». Che ne è di quella bambina? Sembra che la decennale e ancora persistente (specie contro i preti cattolici) campagna antipedofila in America abbia contribuito a elevare un muro tra adulti e bambini. Qualunque espressione di affetto rischia di essere interpretata come un abuso. Non crede che il suo paese sia in marcia verso una società di orfani? Mi occupo di una collana chiamata The Americas, edita dalla Texas Tech University Press, che sta per pubblicare un mio progetto a riguardo. È la raccolta di scritti di grandi autori americani che tentano di ottenere una fotografia precisa dell’infanzia negli Stati Uniti. Emerge come fino a cento anni fa la compassione verso il bambino non è mai stata un valore per la maggioranza. Ora in teoria lo dovrebbe essere, ma sembra stia scomparendo. In America c’è davvero un muro tra adulti e bambini. La ragione è l’iperindividualismo a cui siamo giunti. Ogni diritto viene assicurato al cittadino dallo Stato, dalle banche e dalle compagnie assicurative. La società ti dice: "Non ti preoccupare, farò valere ogni tuo diritto, non hai bisogno d’altro che di me". Però c’è un paradosso. Invece che essere sicuri, tutti hanno paura degli altri e nella vita pubblica si sono instaurati dei sistemi di controllo iperinvasivi. Se un alunno ha un livido, la maestra è obbligata a indagare, non tanto per il bene del bambino, ma per difendersi da una possibile querela. I piccoli ne sono così consapevoli che arrivano addirittura a chiamare i servizi sociali per vendicarsi della mamma che li sgrida. Non sanno però che, senza bisogno di prove, possono essere tolti ai genitori. Così accade che l’adulto preferisce mantenere le distanze per non incorrere in cause legali. Si capisce che abisso si crea. Viviamo in un mondo come quello descritto da Orson Welles, dove la democrazia è apparente e i cittadini rinunciano all’esercizio di parte della propria libertà in cambio di altre ridotte. Solo pochi giorni fa ero dal dentista e c’erano otto mamme coi loro figli. I bimbi continuavano a chiamarle e loro, tutte prese dai loro cellulari, sembravano rispondere in coro: "Un minuto, un minuto". Va bene dire ad un figlio di aspettare se devi cucinare per lui o dedicarti a cose importanti. Ma se gli chiedi continuamente di essere lasciata in pace per usare l’iPhone, lui crescerà convinto che l’importante è essere lasciati in pace. Tutto questo è perfetto per il consumismo: una società fatta di uomini soli, che non obbediscono a nessuno se non al mercato. L’ingiustizia, dice lo scrittore caraibico Chamoiseau, «fa parte del patrimonio genetico dell’umanità ed è invincibile, a meno che intervenga un amore incondizionato». La storia ci mostra che siamo così pieni di male stratificato che mi chiedo: ma un amore incondizionato avrebbe spazio in una società secolarizzata come la nostra? È davvero abbastanza potente? Non lo so. - Benedetta Frigerio - Tempi- Segnideitempi -
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Post n°3517 pubblicato il 05 Maggio 2010 da diglilaverita
Alle volte siamo angosciati, abbiamo un grosso dispiacere per la perdita o la malattia di qualche persona cara; e siamo senza pace o sul punto di perderla. Allora, sarà bene ricordarci delle parole di Gesù: "Imparate da me... e troverete la pace per le vostre anime" (Mt 11,28), La Madonna, che meditava ogni parola del suo Gesù, ci aiuti a ricordarla: sono mite e umile di cuore? Senza mitezza e senza umiltà, niente pace. È il consiglio che ogni confessore dà ai suoi penitenti. Ma arrivare alla mitezza e umiltà di Gesù, attraverso quelle di Maria... oltre tutto la Madonna è la Riconciliatrice. Nell'Antico Testamento, Dio inviava i patriarchi, Mosè, i profeti. Ora manda sua Madre, quale ambasciatrice di pace, di riconciliazione. I Santi e la stessa liturgia paragonano Maria all'arcobaleno che è messaggero di sereno, di pace. La Madonna è certamente lieta nel vederci così fedeli, puntuali, raccolti. Ci attende ogni sera coi suoi doni di Paradiso. Per tutti ha un sorriso, un rimedio, una grazia. Un Santo la vide con le mani cariche di doni, di grazie e chiese: "O mamma, perché non le distribuisci?". "Perché nessuno me le chiede!", rispose. Abbiamo tante cose da chiedere... tante cose da dirle. E’ una mamma e noi siamo suoi figli. Un figlio ha diritto di chiedere tutto alla sua mamma proprio come fanno i bambini con le loro mamme della terra. La Madonna è sempre sollecita del nostro bene, sempre in ansia che ci facciamo del male, che il demonio ci tenti. Dicono i Santi che Maria si riposerà solo quando vedrà tutti i suoi figli, sani e salvi, accanto a lei, alla fine del mondo. Fioretto: Ad imitazione della Madonna cercherò di riconciliare col mio esempio e con la preghiera quanti fossero in disaccordo fra loro. Giaculatoria: "Lasciate, o Vergine, che anch 'io vi onori, Voi siete la gioia dei cuori. Dalla rivista mensile religiosa "PAPA GIOVANNI" n. 4, realizzata dai ‘Sacerdoti del S. Cuore’ (Dehoniani) |
Post n°3516 pubblicato il 05 Maggio 2010 da diglilaverita
Nella Repubblica popolare cinese anche il mercato delle "madri in affitto" è in forte espansione. Nelle zone più ricche del paese, vale a dire in metropoli come Pechino, Shanghai e nella regione del Guangdong, le agenzie che si occupano di gestire le "madri a contratto" raccontano di ricevere una media di cinque richieste al mese. Gli uteri più richiesti sarebbero quelli di donne giovani, sposate e in salute che vivono nelle campagne. Tra il 2008 e il 2009, infatti, un medico di un ospedale rurale nello Hunan ha presentato più di cinquanta potenziali madri ai colleghi di Guangzhou, nel Guangdong, che continuano a rivolgersi a lui e ad altri medici che operano nell’interno del Paese per far fronte a una domanda che non è destinata a calare. Quanto costa una madre in affitto in Cina? In genere con una cifra che oscilla tra i 400.000 e i 550.000 yuan (circa 45/60.000 euro) i ricchi clienti cinesi si assicurano almeno un neonato. Ma in caso di gemelli il secondo figlio viene solitamente affidato alla stessa coppia a fronte del pagamento di un extra stabilito in un momento successivo. Un’inchiesta condotta da un settimanale del Guangdong ha rivelato che tra i clienti abituali di queste agenzie ci sono anzitutto funzionari del partito, gelosissimi della propria privacy, poi i nuovi ricchi, quelli che scelgono per principio il pacchetto più costoso. Infine le coppie normali, quelle che non possono avere figli e che solo in pochissimi casi possono permettersi di pagare una somma così alta per soddisfare il sogno di maternità. E le giovani madri in affitto, invece, quanto guadagnano? Non più di 100.000 yuan (circa 11.000 euro) se la gravidanza non presenta complicazioni. Un compenso senz’altro dignitoso per chi viene dalle regioni dell’interno, visto che corrisponde più o meno al reddito percepito in dieci anni da un nucleo familiare che vive nelle campagne. Ma sempre troppo poco rispetto a quello che le agenzie ricevono dai clienti. - Claudia Astarita, 30 anni, lavora da quattro come ricercatrice presso il Centro di Studi Asiatici della prestigiosa Hong Kong University. È sposata con un diplomatico italiano in Cina. - Segnideitempi - |
Post n°3515 pubblicato il 05 Maggio 2010 da diglilaverita
Nei giorni in cui la nostra vita procede senza alcuna difficoltà materiale certamente il nostro cuore è rivolto a ben altri interessi. Ci sentiamo autonomi e autosufficienti. Non abbiamo bisogno di niente e di nessuno. Ma basta un disguido, una malattia o un problema economico per farci riflettere, sentire una nullità. E in questi momenti che comprendiamo la povertà, la miseria e la disperazione di chi non ha un boccone per sé o per i propri figli. Maria ci viene incontro con la sua vita vissuta nella semplicità e povertà di Nazaret. Perciò Maria è madre dei poveri. Del povero che non ha casa, del povero che non ha pane, che non trova lavoro, che sta alla porta della chiesa. Maria è madre dei poveri perché li soccorre, muove i cuori e la mano in loro favore, li consola. Li incoraggia, li guida, e li ammaestra con la sua vita, col suo esempio. Mostra loro la casa umile e povera di Nazaret; fa vedere l'umile grotta di Betlemme, l'esilio verso l'Egitto... insegna un segreto per sopportare la povertà e tramutarla in vera ricchezza. Se sono povero e mi rivolgo a Maria, la povertà non sarà per me una croce. Se desidero che Maria mi ami vuoterò il mio cuore di tutte le cose terrene, per riempirlo dell'unico grande tesoro: Gesù. Maria paziente e materna continua a offrire a tutti il dono che fa ricchi: Gesù. Bisogna invocare Maria, amarla. Attaccarsi al suo manto materno, prendere quella mano che ci porge e non lasciarla mai più. Raccomandiamoci ogni giorno a Maria, nostra Madre, rallegriamoci, lavoriamo con Maria, soffriamo con Maria. Desideriamo di vivere e di morire tra le braccia di Gesù e di Maria. Fioretto: Pregherà di più, cercherò di arricchire questo mio povero cuore pieno solo di miserie e di aspirazioni terrene. Giaculatoria: "Dischiudimi, o Maria, del ciel le porte quando sarà vicino alla morte". Dalla rivista mensile religiosa "PAPA GIOVANNI" n. 4, realizzata dai ‘Sacerdoti del S. Cuore’ (Dehoniani) |
INFO
LE LACRIME DI MARIA
MESSAGGIO PER L’ITALIA
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi
SAN GIUSEPPE PROTETTORE
A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione
ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua
santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre
di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne
preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo
sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù
Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che
ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere
delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla
morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa
di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di
noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso,
possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna
beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.
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