ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 19/05/2010

TI ODIO: ANALISI DEGLI ODIATORI DI FACEBOOK

Post n°3597 pubblicato il 19 Maggio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Il fenomeno non è quantitativamente molto rilevante e, forse, ha anche già esaurito la sua effimera fase di notorietà. Sta di fatto che per qualche giorno ha trovato spazio sui giornali e negli articoli dei commentatori dell’italico costume. Sto parlando della pagina di Facebook sulla quale chiunque può pubblicare una specie di manifesto di protesta contro qualcuno o qualcosa che lo infastidisce pesantemente. Il sistema è semplice: la base fissa del manifesto è un riquadro nero, in fondo al quale campeggia la grande scritta: TI ODIO, tutto in maiuscolo; all’utente il compito di completare il proclama, inserendo l’oggetto della propria avversione. Non credo che sia né interessante né significativo cercare di fare un’analisi di persone e cose detestate che sono comparse dal 27 gennaio fino a oggi. Prima di tutto perché il campione è decisamente ridotto e poi perché francamente gli oggetti di odio sono esattamente quelli che ci si poteva aspettare: Trenitalia (che vanta di essere stato il primo in ordine di apparizione), la compagna secchiona, l’autista disattento, il compagno d’autobus col fiato puzzolente e via di seguito.E non alza certo la media che tra gli oggetti d’odio ci siano, come c’era da aspettarsi, i ciellini e perfino Dio (che però è ricordato solo come ventiseiesimo, preceduto da Gigi Marzullo). Insomma, mi sembra una stupidaggine che ha solo goduto di un brevissimo lampo di fortuna e su cui non conviene soffermarsi più di tanto. Ritengo più interessante, invece, considerare la banalizzazione della lingua (e quindi del ragionamento) che un episodio come questo dimostra. Intendo dire che è preoccupante osservare che parole pesanti, come il verbo odiare, vengono svilite a modi di dire del tutto superficiali, insignificanti, dietro i quali non c’è nessuna realtà proporzionata al peso della parola. Si parla in fondo a vanvera, cioè come un fanfarone che non sa bene quello che dice, che la deve sparare grossa per farsi ascoltare dagli altri avventori del bar globale. È preoccupante che dilaghi questo modo superficiale e irresponsabile di parlare. Ma come si fa a dire che si odia lo spigolo della camera contro cui si inciampa al mattino o la cassiera scortese o la trota (tutte cose esecrate nella pagina di Facebook)? Vuol dire che non si sa di cosa si sta parlando e non ci si accorge neppure di non saperlo. Vuol dire che la res, la cosa di cui la parola dovrebbe essere espressione, non è neanche lontanamente presente alla coscienza. Odiare è una cosa seria, molto seria. Odio è quello di Caino per il fratello Abele, che segna tragicamente il principio della convivenza umana. Odio - per stare nel campo della letteratura - è quello di Jago che spinge Otello a uccidere la donna prima amata; odio è quello di Stavrogin, il “demone” in cui Dostoevskij ha sintetizzato la figura del nichilista contemporaneo. Quando costoro dicevano “Ti odio” sapevano di cosa parlavano. E non era certo lo sfogo un po’ adolescenziale, un po’ epidermico e tanto stupido dei piccoli odiatori di Facebook. Il triste sospetto è che costoro siano altrettanto irresponsabili anche quando dicono “Ti amo”. - Da un articolo di Pigi Colognesi - ilsussidiario.net -

 
 
 

NELLA SOCIETA' DEI NARCISI LE RELAZIONI IMPAZZISCONO. GLI EPISODI DI VIOLENZA E LE CONVIVENZE "LIQUIDE".

Post n°3595 pubblicato il 19 Maggio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Il tasso di violenza nella società postmoderna liquida è aumentato? Secondo alcuni osservatori, sì: delitti intrafamiliari, derive del tifo, bullismo, eccessi di violenza nell’esecuzione di alcuni reati, mobbing, uso della forza per la risoluzione dei conflitti, stalking, aggressioni correlate all’abuso di cocaina e di altre sostanze psicotrope..., riportati con risalto dai media, sembrerebbero confermare questa ipotesi. Insomma, i dati disponibili segnalano che la violenza e l’aggressività interpersonale presentano indici di incremento: che cosa sta succedendo? I fenomeni in gioco si intrecciano fra loro per costituire la gelatinosa realtà che consente lo sviluppo di un’impressionante espressione della violenza dell’uomo sull’uomo. Essi sono riconducibili a una forte crisi della relazione interpersonale, propria della «condizione liquida» (come è stata definita) dei tempi postmoderni, con il conseguente trionfo da un narcisismo che esalta i desideri individuali e l’ineluttabile necessità di soddisfarli. Cosa ha determinato la crisi della relazione interpersonale? Molte osservazioni inducono a pensare che alla radice ci siano almeno tre fenomeni, essi stessi amplificati a dismisura dalla rivoluzione digitale. Il primo è senz’altro costituito dall’incremento del tema narcisistico, dell’amore egoistico per se stessi (di cui gli innamoramenti in chat e le amicizia in facebook sembrano essere i corrispettivi telematici), sostenuto da una civiltà dell’immagine senza precedenti nella storia dell’umanità, con la conseguenza che l’agire è determinato e sostenuto dalla necessità quasi incontrollabile di soddisfare i propri desideri a qualunque costo. Il secondo fenomeno è quello della ricerca di emozioni, anche estreme, capace di scomporre l’esperienza delle relazioni interpersonali, facendola coincidere con l’emozione stessa (è come se tutta la relazione coincidesse con l’emozione). La ricerca esasperata di emozioni e la lotta contro il vuoto interiore si traducono spesso in comportamenti antisociali e violenti. Infine, il terzo fenomeno è legato al tema dell’ambiguità, cioè alla rinuncia all’identità e al ruolo in favore di un’assoluta fluidità dell’identità stessa e dei ruoli, con la conseguente rinuncia alle responsabilità che la relazione inevitabilmente comporta. Le relazioni diventano così prevalentemente irresponsabili, trasformandosi in caricature grottesche, incapaci di consentire l’elaborazione dei conflitti, che possono facilmente degenerare in comportamenti violenti, a volte apparentemente incomprensibili. Relazioni narcisistiche, fondate sull’esperienza emotiva 'forte' e sull’ambiguità, non lasciano spazio all’empatia, cioè alla capacità di capire e di condividere (anche emotivamente) il dolore altrui e, di conseguenza, di mettere in atto comportamenti solidali e di aiuto verso l’altro. In questo contesto, il conflitto si risolve con la fuga e la rottura, oppure con la violenza. Perciò la sfida urgente di questi anni è proprio questa: la liquidità delle relazioni ucciderà la solidarietà, costringendoci a relazioni sempre più virtuali e mediate dalla comunicazione via Internet come unica soluzione per limitarne l’espressione violenta?
Oppure l’uomo saprà riscoprire la fatica, ma anche il piacere, di guardarsi negli occhi e di entrare in relazioni autentiche e solidali con il suo prossimo? - Tonino Cantelmi -«Avvenire» - segnideitempi -

 
 
 

SONDAGGI E BIOETICA: LA PRETESA DI RENDERE L'UOMO PADRONE DI SE E DEL MONDO

Post n°3594 pubblicato il 19 Maggio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Una recente indagine IARD-SWG spiega, in termini numerici, quanto la bioetica funga da spartiacque tra credenti e non credenti. Si scopre così, ad esempio, che il’88% dei non credenti si dichiara favorevole all’eutanasia, mentre soltanto il 29% dei cattolici praticanti accetta l’idea della dolce morte. Non cambia sostanzialmente la situazione in tema di aborto. Favorevoli l’87% dei non credenti e tendenzialmente contrari i cattolici praticanti, tra i quali solo il 22% esprime un consenso all’interruzione volontaria di gravidanza. A favore della fecondazione assistita eterologa, invece, si schiera il 77% degli atei, mentre tra i cattolici praticanti solo il 31% la dichiara ammissibile. Interessante è il fatto che le opinioni degli agnostici non siano poi così lontane dai credenti che non si riconoscono in una chiesa e dai non praticanti. Le percentuali, ad esempio, di quanti dicono sì all’aborto, all’eutanasia e alla fecondazione assistita eterologa, tra gli agnostici, vanno dal 56 al 78%. C’è, invece, un tema su cui la maggioranza degli intervistati, indipendentemente dalla propria appartenenza religiosa, si dice contraria. Si tratta della pena di morte. La quota più elevata di assensi emerge tra i cattolici non praticanti (36%), mentre per tutti gli altri si aggira attorno al 20%. Il commento dell’indagine giunge alla conclusione che «tra gli atei è radicata l’opinione che l’uomo sia l’artefice unico delle proprie scelte e che spetti appunto ai singoli individui prendere decisioni anche in materia di vita e di morte». La considerazione non è nuova e non aggiunge molto a quello che già si conosceva. Consente semmai di confermare quanto una prospettiva antropocentrica possa incidere nel campo della bioetica. L’individuo eretto a parametro morale di se stesso diventa artefice del proprio destino, faber suae quisque fortunae, padrone assoluto della propria esistenza. Si comprende bene anche l’opinione sulla pena di morte. In realtà non vi è alcuna contraddizione da parte dei non credenti. La prospettiva antropocentrica, infatti, pretende che sia lasciata all’individuo e soltanto all’individuo la disponibilità della propria esistenza. Nella pena di morte, invece, la decisione ultima appartiene allo Stato. Ciò spiega come molti militanti in favore dell’eutanasia – ad esempio i radicali italiani – siano al tempo stesso strenui oppositori della pena di morte. Per essi, infatti, soltanto l’individuo nella sua piena autodeterminazione può stabilire quando cessare di vivere e nessun’altra autorità – che si chiami Stato o Dio è indifferente – può arrogarsi il diritto di farlo al posto suo. Il fatto è che la bioetica, oggi, è diventata un campo primario e cruciale della lotta culturale tra relativismo etico e responsabilità morale dell’uomo. Si tratta, come ricordava Benedetto XVI, di un ambito delicatissimo e decisivo, in cui emerge con drammatica forza la questione fondamentale: se l’uomo si sia prodotto da se stesso o se egli dipenda da Dio. Si impone un aut aut decisivo, la scelta tra le due razionalità: quella della ragione aperta alla trascendenza o quella della ragione chiusa nell’immanenza. Ma è proprio la razionalità immanente dell’uomo, che pretende di essere misura di tutte le cose, a rischiare di apparire irrazionale, giacché giunge ad implicare un rifiuto deciso del senso e del valore della realtà. Non a caso la chiusura alla trascendenza si scontra con la difficoltà a pensare come dal nulla sia scaturito l’essere e come dal caso sia nata l’intelligenza. La visione dell’individuo artefice del proprio destino, in realtà, lascia senza adeguata risposta i quesiti più profondi dell’animo umano. Infatti, è soltanto attraverso l’apertura al mistero di Dio, puro Amore, che può colmarsi la sete di verità e di felicità del cuore dell’uomo. E solo la prospettiva dell’eternità riesce a conferire valore autentico alla realtà, alla Storia e soprattutto al mistero della fragilità umana, della sofferenza e della morte. Senza questa prospettiva l’uomo è destinato a smarrirsi. In un interessante saggio del filosofo scozzese Alasdair MacIntyre, intitolato After virtue, la visione antropocentrica moderna viene contrapposta all’etica aristotelico-cristiana. MacIntyre paragona l’attuale società, in cui domina un esasperato soggettivismo ed una visione totalmente relativistica dell’etica, a quella che ha visto il tramonto dell’impero romano. Allora – secondo MacIntyre – fu la geniale intuizione di San Benedetto, alla luce dell’originale apporto del cristianesimo, a recuperare l’etica delle virtù praticata nella polis aristotelica, mentre fu proprio l’epoca moderna a mutare radicalmente la Weltanschauung benedettina, introducendo la visione illuminista di uomini separati e soggetti astratti. Visione totalmente opposta alla prospettiva di una società fondata su una dimensione comunitaria e unita da valori universalmente condivisi. La pretesa di rendere l’uomo artefice del proprio destino, padrone di sé e del mondo, ha finito per distruggere la società. Lo spiega bene MacIntyre: «L’Io specificamente moderno, nell’acquistare la sovranità nel suo proprio reame, ha perduto i confini tradizionali che gli erano stati forniti da un’identità sociale e da una visione della vita come processo orientato verso un fine prestabilito». L’individuo sprofonda in una drammatica dimensione di solitudine e tenta disperatamente di trovare in se stesso una dimensione trascendente. La tentazione di sostituirsi a Dio, del resto, è antica quanto l’uomo. Riecheggia nelle parole del tentatore: «Eritis sicut dii», come nel mito di Prometeo. L’eterna tentazione di impadronirsi del segreto del fuoco sottraendolo agli dei, perché essi non possano più dominare l’uomo in virtù della supremazia dovuta al possesso esclusivo di quel segreto. Ricordo di aver letto che proprio Karl Marx, quintessenza della modernità fino al delirio dell’ideologia che porta il suo nome, nella sua tesi di laurea in filosofia, conseguita il 15 aprile 1841 presso l’Università di Jena, dal titolo Differenz der demokritischen und epikurischen Naturphilosophie nebst einem Anhang (Differenza fra la filosofia della natura di Democrito e di Epicuro con un’appendice), cita espressamente il verso del poeta greco Eschilo in cui il titano Prometeo, dopo il sacrilego furto del fuoco, afferma: «Io odio tutti gli dei». «La confessione di Prometeo», commenta Marx, «è la confessione della filosofia, il suo verdetto contro tutti gli dèi celesti e terrestri che non riconoscono l’autocoscienza umana come la deità suprema». Epicuro è presentato da Marx come «il più grande illuminista greco», come colui che portò fino in fondo la critica della religione a favore dell'autocoscienza umana. E se ci fossero dubbi sulla prospettiva prometeica di Marx, basterebbe leggere la sua poesia giovanile intitolata Menschenstolz, orgoglio umano: «Sdegnosamente, getterò il mio guanto / in faccia al mondo / e vedrò crollare questo gigante pigmeo / la cui caduta non spegnerà il mio ardore. / Poi come un Dio vittorioso andrò alla ventura /fra le rovine del mondo / e, dando alle mie parole potenza di azione, / mi sentirò uguale al Creatore». Tutti sappiamo quale sia stata la "potenza creatrice" di Marx, e quali siano stati gli effetti devastanti che ha lasciato nella Storia dell’umanità. Ogniqualvolta l’uomo ha preteso di sostituirsi a Dio ha lasciato dietro di sé soltanto rovine, polvere e cenere. Ma questa – ahimè – è una lezione che l’umanità si ostina a non voler imparare. - Amato Gianfranco - culturacattolica -

 
 
 

LA PREGHIERA DELL'ANGELO DI FATIMA INSEGNATA AI PASTORELLI

Post n°3593 pubblicato il 19 Maggio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Quale è allora la preghiera che l'Angelo insegnò ai ragazzini di Fatima? È un'orazione semplice di adorazione e di intercessione: "Mio Dio io credo, adoro, spero e ti amo, ti chiedo perdono per tutti quelli che non credono, non adorano, non sperano e non ti amano". Possiamo apprezzare l'efficacia di questa preghiera in maniera corretta quando concepiamo questa preghiera come il compimento dei due comandamenti più grandi, dell'amore a Dio e al prossimo, dalle quali "deriva tutta la Legge e i profeti" (Mt 22, 39). Allo stesso modo insegna San Paolo: " Tutta la legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: amerai il prossimo tuo come te stesso" (Gal 5, 14; cf Rm 13, 8. 10). Se comprendiamo qualcosa di questa verità, allora non ci meraviglieremo più che dei ragazzini quasi analfabeti, per mezzo di questa orazione che recitavano per ore intere, fecero in pochissimo tempo tanto bene in virtù e santità. Però l'Angelo non ci dà soltanto una formula semplice di preghiera per il compimento di questo comandamento, in modo che possiamo realizzarlo per noi stessi. No, quello che l'Angelo desidera ardentemente è che crediamo con lui. Così come lo desidera anche il nostro Angelo custode, che noi ci inginocchiamo e preghiamo insieme a lui. Se facciamo questo, il Signore potrà realizzare una delle promesse più belle, "dove sono due o tre riuniti nel mio nome, mi ci sono io in mezzo a loro" (Mt 20). La preghiera indicata dall'Angelo di Fatima è molto breve, di modo che la possiamo recitare molte volte durante il giorno come una giaculatoria insieme al nostro Angelo e camminare così alla presenza di Dio. La maniera in cui l'Angelo di Fatima, non solamente si inginocchiò, ma toccava anche il suolo con la sua fronte, sarà per noi un'indicazione di come dobbiamo pregare, con tutta la devozione, affinché la nostra preghiera non sia solamente un'orazione delle labbra. Nella chiesa Ortodossa si sono conservati dei gesti che, un tempo, erano diffusi anche in Occidente. Uno di questi è la metania nella sua forma piccola e grande. La grande metania può essere compresa con il termine di " prostrazione". Questi gesti sono particolarmente frequenti durante il periodo quaresimale ma possono trovarsi anche al di fuori di tale tempo liturgico come, ad esempio, nei giorni precedenti il 15 agosto durante il canto del Canone Paracletico alla Madonna Theotokos. Ad essi deve essere associato un senso di compunzione e di serena penitenza. Attraverso questi gesti il corpo viene particolarmente coinvolto nella preghiera dei cristiani ortodossi. durante il periodo quaresimale L'Angelo diceva ai ragazzini: "Pregate così! I cuori di Gesù e di Maria sono attenti alla voce della vostra supplica". Queste parole "recitate così" ripetono letteralmente le parole di Gesù ai suoi apostoli quando insegnò loro a recitare il Padre Nostro (Mt 6, 9). Come scrive Sant'Agostino, il Padre Nostro non solo è la migliore di tutte le preghiere, ma anche esempio di tutte le preghiere. Per questo neanche l'Angelo del Portogallo ha voluto imporre ai ragazzini una formula determinata, ma ancora meglio volle insegnare che l'amore a Dio e al prossimo sarà il cuore di tutte le orazioni. Alcune persone si lasciano facilmente scoraggiare nella preghiera, si sentono sole e abbandonate, è meglio che ascoltino queste verità di fede e sappiano che tutto il bene ci viene attraverso la preghiera. Sant’Alfonso, grande devoto di san Michele Arcangelo, ci assicura che sempre e in tutti i luoghi ci viene offerta una grazia, cioè la grazia della preghiera; per mezzo della preghiera possiamo ricevere tutto il bene di Dio. Dopo l’Angelo scomparve e lasciò i ragazzini soli per un mese per vedere se rimanevano fedeli alla grazia ricevuta e al loro proposito. Senza parlare con nessuno, eccetto che tra di loro, senza altre visite consolatrici dell'Angelo, i ragazzini si mostrarono fedeli al loro intento. Lucia notò: "Le parole dell'Angelo segnarono così profondamente i nostri cuori, che mai abbiamo dimenticato. A partire da questo momento molte volte recitiamo la preghiera, prostrati a terra, come l'abbiamo visto fare all'Angelo e ripetiamo le sue parole fino a quando non ci sentiamo esausti". Con questo esercitavano una generosità eroica a favore della conversione dei peccatori. - Don Marcello Stanzione - Pontifex -

 
 
 

MESE DI MAGGIO CON MARIA: DIGNITA’ ECCELSA - 19 MAGGIO -

Post n°3592 pubblicato il 19 Maggio 2010 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Maria è la Madre di Dio, la "Sancta Mater Dei". Pio XI, per il 15° Centenario del Concilio di Efeso, nel 1931, ha riaffermato questa verità dogmatica dandone la ragione teologica: "Infatti se il Figlio della Beata Vergine Maria è Dio, per certo colei che lo generò, deve chiamarsi con ogni diritto Madre di Dio. Se una è la persona di Gesù Cristo e questa è divina, senza alcun dubbio Maria deve da tutti chiamarsi non solamente Madre di Cristo uomo, ma Madre di Dio e Theotocos ". Il Beato Papa Giovanni nella sua professione di fede, dice: "La gloriosa, santa e sempre Vergine Maria viene proclamata dai cattolici Madre di Dio nel senso più vero e più proprio della parola, perché da lei egli prese umana carne. Pertanto, poiché propriamente e veramente il Figlio di Dio si incarnò in lei, noi la riconosciamo come Madre di Dio, che da lei fu concepito e venne alla luce". San Tommaso dice: "Maria è Madre, secondo l'umana natura, di una persona che possiede a un tempo la divinità e l'umanità". Dunque Maria è la Madre di Dio. Questo titolo è il maggiore dei privilegi, il più alto degli onori, la dignità più eccelsa che possa avere una semplice creatura della terra. Per il fatto che Maria è Madre di Dio - scrive il Dottore Angelico - la Beata Vergine è rivestita di una dignità quasi infinita, a motivo del bene infinito che è Dio stesso. Perciò non si può concepire nulla di più alto di lei, come nulla vi può essere di più eccelso di Dio". Come la nave di Cristoforo Colombo, la Santa Maria, attraverso l'Oceano scoprì un nuovo mondo; così la Santa Madre di Dio, è la nostra nave con cui noi, attraverso le tempeste e traversie della vita, approdiamo all'Eterno.

Fioretto: In ogni momento della mia vita devo ricordanni di avere una tenera Madre che guida i miei passi in modo da percorrere sempre le vie del bene.

Giaculatoria: "Madre di Dio, Madre bella, dei miei passi, sei la vera luce, il sentiero, la stella"

Dalla rivista mensile religiosa "PAPA GIOVANNI" n. 4, realizzata dai ‘Sacerdoti del S. Cuore’ (Dehoniani)

 

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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