ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 11/01/2012

NEI GUAI CARLA BRUNI E IL MEDICO KAZATCHKINE: NEL 2009 CRITICARONO IL SANTO PADRE SUL CONTAGIO DI AIDS

Post n°6576 pubblicato il 11 Gennaio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Durante il suo viaggio in Africa nel marzo 2009, Benedetto XVI pronunciò alcune parole che sono ancora tra le più citate (seppur appositamente modificate) del suo Pontificato. In merito al diffuso contagio di AIDS, spiegò il proprio punto di vista: «non si può superare questo problema dell’Aids solo con soldi, pur necessari, ma se non c’è l’anima, se gli africani non aiutano (impegnando la responsabilità personale), non si può superarlo con la distribuzione di preservativi: al contrario, aumentano il problema. La soluzione può essere solo duplice: la prima, una umanizzazione della sessualità [...], la seconda, una vera amicizia anche e soprattutto per le persone sofferenti».

A causa di questa riflessione molti lo hanno accusato di “crimini contro l’umanità” e attribuito la morte di migliaia e migliaia di persone contagiate dall’AIDS. Poco importa se l’antropologo di Harvard Edward C. Green pochi giorni dopo ha voluto confermare dal punto di vista scientifico la visione del Papa: «Il Papa è corretto, o per metterlo in un modo migliore, la migliore evidenza che abbiamo è di supporto alle dichiarazioni del Papa. C’è un’associazione costante fra una maggior disponibilità e uso dei condoms e tassi di infezioni HIV più alti, non più bassi». Un anno dopo uno studio realizzato da ricercatori dell’Università di Navarra, ha evidenziato il fallimento nel fermare la diffusione dell’Hiv in Africa con il preservativo, puntando invece sull’efficacia dell’educazione ad una sana sessualità. Nel febbraio 2011 Daniel Halperin, docente alla Harvard University, ha a sua volta dato ragione a Benedetto XVI e alla importanza prevalente dell’educazione rispetto al condom per sconfiggere la diffusione dell’Aids. Nel giugno 2011 l’American Public Health ha pubblicato una relazione in cui è stato quantificato il numero di infezioni che avrebbero potuto essere evitate in Africa se si fossero attuate politiche per promuovere l’astinenza e la fedeltà al posto che la distribuzione di massa di preservativi. Pochi mesi fa Suor Miriam Duggan è stata premiata dallo University College di Cork (e prima dall’università di Harvard) per aver diminuito notevolmente il numero dei contagi in Uganda con il programma di prevenzione Youth Alive. Poche settimane fa, infine, il virologo italiano Carlo-Federico Perno ha spiegato: «Il problema non è l’AIDS, ma l’AIDS è l’epifenomeno di un problema ben più ampio, legato primariamente ad una visione positivista e libertaria [...]. Giustificando la libertà dell’uomo di essere pieno artefice della propria vita, di fatto autorizza qualsiasi comportamento, con la sola precauzione di limitarne le conseguenze (appunto, la cultura del preservativo)».

Tornando al 2009, tra i più scandalizzati delle parole di Benedetto XVI ci fu Michel Kazatchkine, immunologo francese e direttore esecutivo del Fondo mondiale per la lotta all’Aids, alla tubercolosi e alla malaria. Arrivò ad intimare al Papa di ritrattare le sue parole sui profilattici, eppure secondo una recente inchiesta si è scoperto che lui è il responsabile principale dell’erogazione di fondi per 3,5 milioni di dollari a progetti caldeggiati da Carla Bruni, ambasciatrice dell’Onu per la lotta all’Aids, assegnati senza gara d’appalto a società francesi di uno stretto collaboratore della Bruni, Julien Civange. Frédéric Martel, l’autore dell’inchiesta, afferma che Michel Kazatchkine in persona gli ha dichiarato nel corso di un’intervista che «Carla Bruni personalmente mi ha detto che aveva totale fiducia in Julien Civange, al quale aveva delegato il dossier Aids. Lei ha chiesto di passare attraverso di lui per tutto ciò che riguardava l’Aids; è con costui, dietro richiesta di lei, che ho trattato». Perciò «abbiamo firmato i diversi contratti che Civange mi ha portato per il sito della fondazione Carla Bruni, per delle agenzie di comunicazione fra le quali Mars Browsers (di proprietà di Civange – ndr), o per differenti operazioni, fra cui il progetto “Born Hiv Free”». Lo stesso Kazatchkine ammette di non aver informato il consiglio d’amministrazione del Fondo mondiale di questi flussi finanziari verso Parigi. E riconosce che «due gare a cui ha partecipato Julien Civange» non erano effettivamente conformi alle regole del Fondo mondiale.

Il sito di Tempi.it spiega che  Kazatchkine è stato uno dei primi immunologi in Francia a occuparsi di Aids, ma non ha alcuna esperienza sul terreno in Africa al di fuori dei summit del Fondo mondiale e di Unaids. Nonostante questo, nel marzo 2009 a proposito delle parole del Papa affermò: «Dire queste cose in un continente come l’Africa dove, sfortunatamente, si trova il 70% delle persone affette dall’Aids, è assolutamente incredibile». Ricordiamo che anche l’ex top model “profondamente laica” -come si fa chiamare Carla Bruni-, nel 2009 facendo finta di essere interessata al  contagio di AIDS in Africa, criticò il Papa dicendo che il Papa aveva “danneggiato” i paesi in Africa con la sua posizione sul controllo delle nascite. Ad essi risposte immediatamente Rene Ecochard, professore di medicina, epidemiologo, responsabile del Dipartimento di Biostatistica dell’Ospedale Universitario di Lione, dicendo su “Le Monde“ (assieme ad altri specialisti): «il discorso di Benedetto XVI sul preservativo è semplicemente realistico».

- uccronline.it -

 
 
 

ESSERE COPPIA: IMPEGNARSI PER COSTRUIRE LA MATURITA'

Post n°6575 pubblicato il 11 Gennaio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

La maturità della coppia è una maturità che non si trova, ma che si costruisce, quando due si incontrano subito sono convinti di andare bene, ma quell'andare bene è legato a sensazioni, emozioni, quell'andare bene è l'innamoramento, che vuol dire investimento emotivo... ma la capacità di stare bene insieme è legato al tempo ed al lavoro che si fa assieme.

Il matrimonio è la più grande, completa, unica, perpetua ed esclusiva donazione.

La maturità della coppia è una maturità che non si trova, ma che si costruisce, quando due si incontrano subito sono convinti di andare bene, ma quell'andare bene è legato a sensazioni, emozioni, quell'andare bene è l'innamoramento, che vuol dire investimento emotivo... ma la capacità di stare bene insieme è legato al tempo ed al lavoro che si fa assieme.

Si possono dare quattro suggerimenti per conservare l'amore che nasce, spontaneo, tra due.

Ecco il primo suggerimento: all'inizio una coppia si piace e non esige di più. In seguito l'uno impara a conoscere l'altro sino a che giunge ad un punto nel quale ritiene di poter dire: "Io ti conosco". Tuttavia io ti conosco come sei oggi e non come sarai domani. La maturità avviene attraverso il tempo, esige continuamente una nuova comprensione, l'uomo e la donna sono chiamati a conoscersi l'un altro per tutta la vita! Una conoscenza ferma nel tempo è rischiosa perché rischia di fermarsi a come è una persona in un determinato momento, all'idea della persona in un determinato momento, mentre l'individuo è in continua trasformazione e l'amore esige sempre che si esca da se stessi per giungere all'altro. La conoscenza quindi deve essere continuamente rinnovata, in continua trasformazione. E' necessario che l'uomo e la donna raccontino continuamente all'altro la propria vita in modo che questi lo possa comprendere, capire, accogliere, continuamente. Allora l'amore sarà continuamente stupore, meraviglia, scoperta dell'unicità ed identità dell'altro della bellezza e profondità del suo cuore.

Il secondo suggerimento è questo: se la conoscenza deve essere dinamica anche l'uomo e la donna debbono esserlo. La persona non può essere dinamica, statica, ma deve continuamente sforzarsi di crescere, di migliorare il suo mondo interiore per poter continuamente offrire all'altro un giardino sempre diverso, un mosaico che continuamente si compone, si amplia, mette a frutto appieno le sue qualità, i tesori piccoli e grandi del suo animo, del suo carattere. Così si sconfigge la monotonia, la noia. Se non si è sempre nuovi, vitali lo spirito dell'uomo muore e con lui l'amore.

Il terzo suggerimento è questo: difendete l'amore. L'amore umano è fragile e mai come oggi è continuamente in pericolo. E' necessario essere prudenti, intelligenti, vigilanti per non dover mai dire: non so come è capitato. E' facile lasciarsi trasportare dalle emozioni che sanno di novità, di avventura e poi accorgersi di aver perso qualche cosa di grande. Dite, gridate, sono fragile e devo stare attento. Dire all'altro non ti sento più, non sei più attento, il mio cuore si stacca da te, aiutami! Difendiamo l'amore da tutte le invasioni, da tutti i pericoli, da tutte le stupidità. Siamo forti e fragili, anche un bicchiere forte, trasparente, puro, se cade a terra si rompe. Anche l'amore può rompersi..

Quarto suggerimento: l'amore, l'affetto va chiesto! Ma l'affetto non è un sentimento spontaneo? Sì, ma con il nostro egoismo a volte questo sentimento tende ad avere a non a dare. Ormai i coniugi non si baciano più: troppi baci prima del matrimonio e troppo pochi dopo. Il coniuge che chiede all'altro un amore nuovo esprime le carenze all'altro e si impegna ad amare di più. A volte basta un sorriso, una carezza, basta una verifica fatta insieme di una settimana per far capire all'altro di aver vissuto male quella giornata, quella settimana perché l'altro non c'è stato, non era presente, non ha fatto sentire la sua ricchezza, la sua luce.

- turriseburnea.it - donboscoland.it -

 
 
 

IMMIGRAZIONE FEMMINILE: UNA GRANDE RISORSA

Post n°6574 pubblicato il 11 Gennaio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

La presenza di donne straniere, nel nostro paese, è aumentata in maniera esponenziale. Solo vent’anni fa il numero di straniere residenti in Italia era inferiore alle 400.000 unità, oggi arrivano ad un numero vicino ai 2 milioni e 370 mila. A conferma di questo “boom” immigratorio c’è anche un altro dato: negli ultimi anni la presenza femminile ha superato quella maschile ( il 51% degli stranieri è donna).

Grazie ai dati forniti dal ministero dell’Interno e del Dossier Statistico Caritas si può studiare bene questo fenomeno migratorio che caratterizza il mondo femminile. Si può facilmente capire da dove provengono queste donne che, cosa importante, posseggono il permesso di soggiorno. La comunità nazionale che conta il maggior numero di donne al suo interno è quella dell’Ucraina: ben l’81% della collettività ucraina è femminile. Le altre comunità straniere che vantano un numero maggiore di donne rispetto agli uomini sono: quella moldava (68%), quella peruviana e quella proveniente dall’Ecuador (entrambe sul 60% di presenza femminile). Ma anche se si guarda alle collettività minori come Russia, Georgia, Cuba, Bielorussia e Brasile si evidenzia una maggior presenza femminile. Queste sono le collettività che hanno la maggiore incidenza femminile, mentre i primi posti per numero di straniere (escludendo il confronto con il sesso maschile) sono detenuti da Romania, Albania e Marocco.

Queste donne sono, ormai, diventate una forza lavoro imprescindibile per il nostro paese. C’è un vero e proprio “esercito” di colf e badanti che lavora ogni giorno presso 2 milioni e mezzo di famiglie italiane. Oggi le donne che hanno queste occupazioni sono circa 1 milione e 554 mila (con un aumento decennale del 43%). Di queste il 40% lavora in nero (percentuale che però sta diminuendo). Le nazionalità prevalenti sono: Romania, Ucraina, Moldavia e Filippine. Grande, dunque, è la loro importanza nel mondo della collaborazione domestica. Senza la loro presenza e i servizi che offrono alle famiglie, gli italiani avrebbero molte più difficoltà domestiche visto che poche sono le donne del nostro paese che decidono di lavorare come badanti o colf.

A dimostrazione di questo ruolo fondamentale c’è l’aumento, negli ultimi anni, di assunzioni delle donne immigrate. Solo nel 2010 le nuove assunte sono state circa 163.000. Da ammirare la forza di queste donne che per uno stipendio non altissimo (guadagnano dai 600 ai 1000 euro mensili) si occupano delle nostre case, dei nostri anziani e dei nostri malati. Va particolarmente sottolineata l’importanza delle badanti che, spesso, lavorano 24 ore su 24 al servizio degli anziani e svolgono una funzione determinante nel mondo familiare.

Lo studio fatto dal Dossier Statistico della Caritas mette in luce un altro aspetto positivo della presenza di donne immigrate in Italia: il grande contributo delle straniere alle nascite. Queste donne permettono al nostro paese di avere una ripresa demografica; basta vedere la media di figli per donna. Le straniere hanno in media 2,13 figli ciascuna mentre le donne italiane si fermano a quota 1,3. Il 18% dei nati nel nostro paese, nel 2010, sono di madre straniera (anche in questo caso l’aumento è vertiginoso: nel 2000 erano solo il 6,4%). Questo fenomeno si vede bene nelle regioni del Nord Est (dove l’insediamento di stranieri è più significativo). In regioni come la Lombardia e il Veneto la percentuale di nati da madri straniere sfiora il 30% (nel dettaglio 28,5% e 27,2%).

Un altro dato che segna una distanza tra le italiane e le straniere è l’età media del primo parto: 31 anni per le prime e 28 anni per le seconde. In un paese che sta invecchiando sempre di più, l’apporto che le famiglie straniere possono dare al tasso di natalità italiana è sempre più da tenere in considerazione. Nei prossimi anni, secondo gli esperti, il contributo delle donne straniere alle nascite aumenterà. Dunque lavoratrici ma anche madri: lavorano molto e contemporaneamente badano ai loro figli nonostante il deficit che esiste ancora tra famiglie italiane e famiglie straniere (che hanno meno accessi ai servizi di welfare garantiti dallo Stato). La loro forza è quella di continuare a combattere e lavorare per il proprio futuro e quello dei loro figli. - di Alessandro Luciani - lottimista.com -

 
 
 

IL CARCERE E' UN RECINTO PER MORTI VIVENTI

Post n°6573 pubblicato il 11 Gennaio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Al di là delle tante parole e delle cifre che si sentono nel dibattito sul problema delle carceri italiane, abbiamo chiesto una testimonianza a Vincenzo Andraous, che da anni vive sulla propria pelle la difficile situazione dei luoghi di detenzione.

Rimangono ancora tanti problemi e non di poco conto sul carcere italiano: troppi extracomunitari da riconsegnare ai propri paesi, la miriade di tossicodipendenti abbandonati dentro le celle in attesa del prossimo buco, l’esercito di persone miserevoli con le tasche vuote, tanti rumori nella testa, la sofferenza nel cuore da curare, da accompagnare fuori da un carcere che non si piega a nessuna utilità, scopo e prevenzione sociale.

Chi scrive vi è ristretto da quarant’anni e ha visto chi muore strozzato e disperato in una cella o chi ci entra come cittadino adulto e ne esce come un adulto bambino. In carcere ci si va e come, si resta in un angolo dimenticato, non per pensare al male fatto agli altri ed a se stessi, ma perché schiacciati nella violenza del nulla. Oggi si è arrivati al punto da accettare passivamente la tesi di un recinto dove ognuno è potenzialmente un morto che cammina.

Non si tratta di emanare un atto di clemenza, occorre ripensare davvero ai tetti spropositati delle condanne, alle celle anguste che devastano ciò che è già sufficientemente ammaccato, ai benefici carcerari ridotti al lumicino. E’ necessario pensare ai programmi, ai progetti fattibili perchè chi esce non abbia a ritornarvi. Quel che è sotto gli occhi di tutti induce a richiedere subito questo balzo in avanti, perché nelle carceri le persone muoiono, esse non scontano soltanto una condanna, ma un sovrappiù che consiste nelle sofferenze fisiche e psicologiche, negli abbandoni e nelle rese di una sconfitta che non esprime alcuna pietà.

Ci sono situazioni devastanti, degradanti: alcune assolutamente non scelte, né mai totalmente descritte dalla cronaca o dalla romanzata fiction televisiva, permane il parassitismo strutturale che non consente responsabilizzazione nell'irresponsabile, ma altera e compromette ogni processo cognitivo, creando un arretramento culturale galoppante e una sorda commiserazione. Allora è davvero urgente una riforma che sottenda un valore in sé e trascini con sé la volontà a progettare e organizzare percorsi alternativi al carcere, per evitare inutili effetti spostamento-trascinamento.

Posso assicurare che in carcere non si sta bene, è un luogo di afflizione, ma il sopravvivere abbruttendosi non ha alcun valore di interesse collettivo. Fino a quando non si comprenderà che in carcere si va perché puniti e non per essere puniti, questa dicotomia spingerà il detenuto privato della libertà a sedersi a tavola con la morte, decidendo di guardarla in faccia e sfidarla. Senza però tenere in considerazione che la morte quasi sempre vince. E’ una prova questa, che indica la paura del potere della morte, ma ugualmente il carcere continua a rimanere un luogo non autorizzato a fare nascere vita nè speranza, non rammentando che l’uomo privato della speranza è un uomo già morto. Momento dopo momento, giorno dopo giorno, anno dopo anno, in compagnia del solo passato che ricompone la sua trama, e passato, presente e futuro sono lì, in un presente che è attimo dove non esiste futuro. Quando il sentimento dell’amore è segregato, sei ancorato a una stanchezza che ti fa sentire perduto; hai in comune con il tuo simile solo un dolore sordo, che evita di guardare all’indietro nè di pensare al domani, e allora riconoscere i propri errori è un’impresa ardua.

Le analisi sistematiche a questo punto servono poco, per rendere più umano l’inumano: sono più propenso a credere che dobbiamo convincerci noi, quelli dentro, della possibilità di raggiungere dei traguardi e degli obiettivi, per ritornare a volerci un po’ bene, per riuscire a essere persone e non solo numeri usati per la statistica. Quando l’investimento (non mi riferisco esclusivamente a quello finanziario) copre quasi interamente il comparto della sicurezza, riservando poca attenzione-volontà, quella vera per la prevenzione-ricostruzione individuale, si produce una torsione che ammutolisce la coscienza.

Sicurezza, rieducazione, risocializzazione, riparazione, appaiono sempre meno come il collante che può tenere insieme una società e farla crescere, politica e stili di vita si travestono di ideologie d’accatto, gli obiettivi a tutela delle persone divengono esigenze contrapposte, una didattica inversa a una pedagogia in costante affanno, come se ognuna di queste facce della stessa medaglia fossero improvvisamente vissute come aut aut al fare sicurezza: mettere in salvo il benessere delle persone, eliminando la parte di interventi che riguardano un preciso interesse collettivo, quella ricomposizione della frattura sociale, da attuare attraverso pratiche, funzioni, trattamenti che rimandando a una giustizia che rispetta la dignità delle persone, di quanti sono detenuti e stanno scontando la propria condanna, e intendono ritornare parte attiva del consorzio sociale, non certamente come soggetti antagonisti, perché ancora delinquenti.

Le parole tentano di nascondere assenze e mancanze politiche, giungendo a fare di qualche certezza il terreno fertile della dubitosità, al punto da raccontare che sulla giustizia, sulla pena, sul carcere, le modalità da registrare sono quelle che vorrebbero la prigione come un albero senza radici, una città senza storia, un luogo di castigo sommerso indicibile, una sopravvivenza-negazione di una reale possibilità di riscatto da parte di chi paga il proprio debito alla collettività. Quest’ultima pretende giustamente sanzioni efficaci a ripristinare l’ordine violato, ma deve evitare che l’esclusione del reo diventi una mera conseguenza di un sonno intellettivo, rimandando a tempo indeterminato la rielaborazione del reato, soprattutto dell’atteggiamento criminale, diventato nel frattempo uno status quo per lo più miserabile, ma non per questo meno pericoloso.

Forse la condicio sine qua non per una carcerazione meno brutale sta nel non indulgere in umanitarismi falsificanti le responsabilità, ritornando a consegnare al carcere la sua funzione, che non può essere basata su un versante prettamente retributivo, in quanto ciò non combatte efficacemente la recidiva, anzi la aumenta spaventosamente.

 - di Vincenzo Andraous - labussolaquotidiana.it -

 
 
 

I DOVERI DEL PROPRIO STATO VENGONO PRIMA DI TUTTE LE SODDISFAZIONI TRAVESTITE DA ALTRUISMO O SPIRITUALITA'

Post n°6572 pubblicato il 11 Gennaio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Ad esempio una madre non può aprire la sua casa ai barboni, un padre non può trascorrere tutte le sue sere tra ritiri, incontri ed eventi religiosi che gratificano, risultando una sorta di lussuria spirituale

E' segreta come la formula della Cherry Coke. Come la ricetta della Eight Hour di Elizabeth Arden. Non renderò nota per nessun motivo al mondo la mia lista dei buoni propositi per l'anno 2012 – che credo prenda il nome dal tacco 12 al quale è intitolato, per ricordare a tutte le donne dell'assoluta necessità di indossare scarpe che ne siano dotate, almeno quattro ore e un quarto ogni settimana – perché già so che riuscirò a realizzarne circa la quindicesima parte, ma solo a patto che elimini quel fastidioso problemuccio di dover ogni tanto appoggiare la testa su una qualsivoglia superficie, e chiudere gli occhi per due ore.
Sono in effetti piuttosto esigente con me stessa, e anche così poco umile – cioè realistica, come insegna santa Teresa d'Avila – da presumere di avere capacità e forze che non ho.
In questo momento scrivo dalla cameretta di quando ero ragazza, guardando i campi gelati che hanno fatto da spettatori, credo divertiti, a decine di liste come questa. Sono una veterana dei manifesti di inizio anno, e dovrei sapere che fine fanno ogni volta. [...]
Intanto, in molti anni di inutili buoni propositi, ho imparato un piccolo principio pratico della vita spirituale: è molto utile non aspettare che l'anno finisca, ma fare una revisione periodica, per esempio mensile, del proprio piano di vita.
Ma la cosa più importante che ho capito in anni di inutili liste di buoni propositi, è che senza lo Spirito Santo "nulla è nell'uomo, nulla senza colpa". Questo solo ci permette di non rimanere schiacciati guardando la sproporzione tra quello che vorremmo fare e quello che facciamo, tra come vorremmo essere e come siamo. Nella vita spirituale la comprensione, vera, sincera, leale, non affettata, della propria povertà è segno che si sta andando dalla parte giusta. Perché alla fine il perfezionismo, l'idea di poter aspirare a qualcosa che si avvicini anche di striscio alla perfezione altro non è che l'idea che l'uomo valga qualcosa da se stesso, e quindi possa fare a meno di Dio: l'idea madre di tutte le aberrazioni, il peccato, le eresie.
Al numero uno, dunque, quest'anno, forse sarebbe bene mettere la decisione di accogliere la realtà, la realtà che viene incontro e provoca con le sue richieste. A volte insopportabilmente esigenti, a volte solo faticose, a volte belle e basta.
A chi gli chiede come essere perfetto Gesù dice di amare il prossimo, e il prossimo è il samaritano che incontra il ferito, lo raccoglie e lo affida a un locandiere, pagandolo perché si occupi di lui. Non stravolge la sua vita, ma fa quello che può, con generosità e buon senso, deviando dal suo percorso ma mantenendo la sua rotta. Accogliere le occasioni di fare il bene, con senso di realtà e misura, sempre tenendo presenti e primi i propri doveri di stato: una madre non può aprire la sua casa ai barboni, un padre non può trascorrere tutte le sue sere tra ritiri, incontri ed eventi religiosi che gratificano, risultando una sorta di lussuria spirituale (più diffusa di quanto si pensi). E' più faticoso stare a casa, amare più "banalmente" i propri familiari, i parenti, i colleghi, quelli magari di cui in questi giorni di incontri per le feste ci siamo anche un po' lamentati. Anche nel banale pranzo coi parenti si può amare come Dio ci chiede di fare, soccorrere una povertà che nessuno vede, avvicinare una solitudine che nessuno sfiora. Io personalmente non ho mai messo questa forma banale e quotidiana, quasi "obbligata" di amore tra i buoni propositi di inizio anno.
C'è una piega di eterno possibile in ogni azione, perché non è quello che facciamo, ma lo Spirito Santo a rendere feconde e "senza colpa" le nostre opere. Quelle che compiamo sapendo che senza Gesù non possiamo fare nulla.
Domani è la festa del santo nome di Gesù, il nome che vuol dire Dio salva. Il nome al quale "ogni ginocchio si pieghi, nei cieli, sulla terra e sotto terra", e che ci rende figli di Dio; il nome di colui che ride ai nostri progetti e che raccoglie le nostre briciole per trasformarle in pane per il mondo.
 
Fonte: www.costanzamiriano.wordpress.com - BastaBugie -

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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