ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 16/01/2012

"IN PAKISTAN....E' SEMPRE COLPA DELLE DONNE"

Post n°6599 pubblicato il 16 Gennaio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

La denuncia di suor Nazreen Daniels, missionaria nella diocesi di Faisalabad

«In Pakistan le donne imparano fin dalla tenera età che gli uomini hanno il diritto di picchiarle e maltrattarle. E si considerano degli oggetti. Se il marito da loro da bere, bevono. Altrimenti muoiono di sete». Suor Nazreen Daniels  opera in un centro della diocesi di Faisalabad - sostenuto in parte da Aiuto alla Chiesa che Soffre – che assiste ragazze, donne e perfino bambine vittime di violenza.

La religiosa, appartenente all’istituto della Beata Vergine Maria, racconta alla Fondazione pontificia alcune toccanti testimonianze di giovani che hanno subito abusi. Come la tredicenne Kiden, rimasta incinta dopo essere stata ripetutamente stuprata da uno dei figli della famiglia in cui lavorava come domestica - «il lavoro minorile è un’altra piaga che dobbiamo affrontare». O una bambina di appena otto anni, anche lei violentata, di cui la religiosa si è presa cura non molto tempo fa. «La loro strada è stata interrotta ancor prima di cominciare – afferma - Qui non c’è futuro per una ragazza che è stata violentata. Nessuno la vorrà». In una società fortemente islamizzata come quella pachistana è infatti inconcepibile che una donna non arrivi illibata al matrimonio. «In moltissimi – dice Suor Nazreen – espongono ancora il lenzuolo dopo la prima notte di nozze. E senza la prova della verginità, la ragazza è rifiutata dal marito e riconsegnata alla famiglia».

Per le vittime di violenza in Pakistan non vi è alcuna giustizia. Occorrono molti testimoni oculari per denunciare uno stupro: una richiesta ovviamente impossibile da soddisfare. E spesso gli aggressori costringono le donne al silenzio servendosi della legge antiblasfemia. La norma introdotta nel 1986 prevede l’ergastolo per chiunque profani il Corano e la pena di morte per chi insulta Maometto. E l’accusa di aver offeso il Profeta – che a differenza dello stupro non richiede troppe prove -  costituisce un valido motivo per tacere.

«Qualsiasi cosa accada – continua la religiosa - è colpa delle donne. Sono colpevoli di aver subito violenza e colpevoli del fallimento del proprio matrimonio». Se una coppia non ha figli l’uomo è autorizzato a sposarsi una seconda volta e la prima moglie «è trattata come una schiava, a volte perfino costretta a dormire nella stalla assieme al bestiame». Numerosi anche i casi di maltrattamento, omicidio e mutilazione per motivi d’onore: a molte giovani è stato tagliato il naso o bruciato il viso con l’acido perché hanno rifiutato di contrarre matrimonio. «E le violenze domestiche non sono l’eccezione, sono la regola». Suor Nazreen spiega che le donne pachistane si sono ormai rassegnate ad umiliazioni e soprusi ed hanno accettato completamente la condizione d’inferiorità. «Alle volte chiedo alle ragazze a cosa stiano pensando e loro mi rispondono: “Sorella, noi non pensiamo”».

La crescente islamizzazione della società pachistana ha poi contribuito a demolire i pochi traguardi finora raggiunti. Come l’educazione femminile che, spiega ad ACS il vescovo di Faisalabad monsignor Joseph Coutts, «per gli estremisti costituisce una vera e propria spina nel fianco. Ed è per questo che hanno distrutto una dozzina di istituti femminili nel Nord Ovest del Paese».

La Chiesa cattolica difende strenuamente la dignità delle donne in Pakistan, attraverso scuole, corsi di cucito e concreti aiuti alle vittime di stupro. «Ma soprattutto -  afferma Suor Nazreen – cerchiamo di diffondere la consapevolezza che siamo tutti esseri creati da Dio, con uguali diritti».

La religiosa racconta infine quanto sia pericoloso camminare per strada: «pochi centimetri di pelle sono considerati un invito allo stupro». Le pachistane non si spostano mai da sole e si coprono il più possibile. In alcune zone anche le suore sono costrette a nascondere il volto dietro a un velo per non attirare troppo l’attenzione. Per questo Aiuto alla Chiesa che Soffre fornisce numerose autovetture alle religiose che operano in Pakistan: per evitare che siano costrette a spostarsi a piedi o a servirsi dei mezzi pubblici, rischiando così di essere molestate, rapite o stuprate.

- Zenit -

 
 
 

I PRETI LOMBARDI BOICOTTANO IL SANTO PADRE

Post n°6598 pubblicato il 16 Gennaio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Potrebbe anche darsi che, con l’arrivo del cardinale Angelo Scola a Milano, l’aria cominci a cambiare. Ma bisognerà avere molta pazienza prima che “Quel cielo di Lombardia, così bello quando è bello, così splendido, così in pace” torni limpido e terso come lo vedeva Alessandro Manzoni nei Promessi sposi. Nella regione ecclesiastica lombarda, che da sempre funziona a trazione milanese, la situazione non pare certo propizia al ritorno della giusta dose di cattolica romanità. Quanto meno fino a quando sul soglio di Pietro sieda un Vicario di Cristo non gradito agli orfani del martinismo.

La spia della gravità, come accade sotto il pontificato di Benedetto XVI, si accende sul rosso quando si affronta la questione liturgica e quella pietra d’inciampo che è il Motu Proprio Summorum Pontificum con cui il Santo Padre ha liberalizzato la cosiddetta Messa in latino. Un ritorno alla tradizione che in casa progressista non va proprio giù. E non è che se ne parli e se ne sparli solo nelle sacrestie, nei bar degli oratori o in qualche consiglio pastorale un po’ disinvolto. Se ne parla e se ne sparla in sede ufficiale, come risulta dal Verbale della “Consulta Liturgica Regionale Lombarda” del 23 marzo 2011, regnante il cardinale Dionigi Tettamanzi. Sotto la supervisione del vescovo delegato per la liturgia, ogni rappresentante diocesano illustra la situazione di competenza e chiude con le considerazioni sul famigerato Summorum Pontifricum. Essendo anche questa consulta a trazione ambrosiana, dà fuoco alle polveri il responsabile milanese, che è anche il presidente dell’assemblea. Il verbalista riassume così: “(…) Un breve accenno al caso della Summorum Pontificum: rigurgiti di tradizionalismo liturgico si manifestano in diocesi senza destare troppe preoccupazioni”.

Se un provvedimento che il Vicario di Cristo ha voluto per il bene di tutta la Chiesa viene considerato fonte di “rigurgiti di tradizionalismo cattolico” dal presidente dell’assemblea, gli altri membri non possono essere da meno, come documenta il verbalista con impietosa concisione quando trascrive ciò che viene riferito diocesi per diocesi: “Pavia: Per quanto riguarda la Summorum Pontificum (SP) in diocesi la cosa è sotto controllo”.

“Vigevano: Nessun caso di SP”.

“Cremona: La richiesta per la SP è stata fatta solo da una parrocchia e il tutto è sotto controllo”.

“Crema: Nessun problema riguardo la SP”.

“Bergamo: SP seguito da circa 80 persone in una chiesa messa a disposizione dal vescovo, la cosa è sotto controllo”.

Proprio così, come per un’epidemia di cui non si conoscono bene le cause, ma si temono tremendamente gli effetti, si contano i casi e si redige una statistica sperando che il contagio non si diffonda. Un caso di “SP” nella diocesi tale, qualche caso nella diocesi talaltra, ma per ora è “Tutto sotto controllo”, l’infezione cattolica innescata dal Papa viene arginata. Certo, c’è da immaginare la soddisfazione con cui il delegato di Vigevano può annunciare “nessun caso di SP” a fronte del povero collega di Bergamo che è costretto a denunciarne 80, tra l’altro giocando al ribasso perché i casi bergamaschi sono molti di più e hanno già prodotto tre vocazioni legate alla Messa in rito antico, naturalmente allontanate dalla diocesi.

In casi come questo, solitamente si dice che la situazione è drammatica ma non seria. Ma qui si sta parlando della Chiesa e c’è poco da ridere e pare che troppi cattolici non si rendano conto della gravità. Eppure basta un esempio laicissimo. Basta pensare che fine farebbero quei dirigenti della Fiat che ufficialmente denunciassero i casi di “marchionnite” in azienda e organizzassero una plateale azione di disobbedienza: probabilmente, non troverebbero posto neanche alla catena di montaggio.

D’altra parte non c’è da stupirsi di quanto avviene a Milano, perché nel resto dell’orbe cattolico avviene più o meno la stessa cosa. Per rimanere all’Italia, basta pensare che, sempre in materia liturgica, la stessa Conferenza episcopale italiana ha messo ai voti la volontà del Santo Padre.

Nel 2006, Benedetto XVI aveva chiesto una modifica nella traduzione in volgare della formula di consacrazione del vino. Nella versione latina la formula recita: “Hic est enim calix sanguinis mei (…) qui pro vobis et pro multis effundetur”, ma il “pro multis”, nelle traduzioni postconciliari, è stato generalmente tradotto con “per tutti” a dispetto dell’originale derivato da testi evangelici. Ne è seguito un dibattito teologico a cui Roma ha inteso mettere fine con la richiesta di modificare le traduzioni passando da “per tutti” al corretto “Per molti”.

Gli episcopati di Ungheria e di vari Paesi dell’America latina hanno obbedito. Quello italiano, riunito ad Assisi nel 2010 ha preferito votare. Con il seguente risultato: 187 votanti, 1 scheda bianca, 171 voti a favore del mantenimento del “per tutti"”, 4 per l’introduzione di "per la moltitudine", 11 a favore del “per molti” chiesto da Roma.

Forse non è solo il “cielo di Lombardia” che deve tornare più terso, più azzurro, più cattolico.

Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro - riscossacristiana.it -

 
 
 

LA DROGA TOLLERATA PIU' DEL VIZIO DEL FUMO

Post n°6597 pubblicato il 16 Gennaio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Di tanto in tanto qualcuno osa indicare la droga come sostanza che, assunta abitualmente, induce al delitto. Se ne è sentito accennare in questi giorni ingrati a proposito dell’omicidio efferato e dissennato d’un commerciante cinese e della sua figlioletta.

Gli esiti del vizio di assumere cocaina, eroina, hashish, pasticche allucinogene sono molti, incresciosi e disastrosi. Tuttavia l’argomento scotta; quasi nessuno lo tratta a dovere, anche perché il senso morale ha subito distorsione. Si dice il vizio del fumo: esecrabile, cancerogeno, mortifero; ma il drogato non è un vizioso, è un povero infermo, un tossicodipendente. E questo termine per lo più lo si biascica alla svelta, in punta di forchetta. I tossicomani sono scomparsi (come le prostitute, diventate escort, e gli spazzini, tramutati in operatori ecologici). Si tratta dunque di vittime delle molteplici sventure sociali e familiari. Orrore, giudicarli responsabili, quand’anche essi vollero cominciare da consapevoli del rischio, da leggeri o semplici presuntuosi.

Vale la pena di guardare a volo d’uccello i guasti e le sciagure recate dalla piaga della droga, ben conosciuta da chi l’abbia sperimentata nel proprio corpo e da chi l’abbia toccata con mano diversamente.

Spesso il drogato non può lavorare o lavora male; sovente si trova nella condizione di parassita della società. Non di rado egli è una bomba pronta allo scoppio, basta poco per accendere il detonatore. Buona parte della truculenta cronaca nera si deve a lui. Gli incidenti con morti e feriti destinati all’invalidità volentieri lo trovano implicato, altresì nei panni dell’ubriaco, in quanto il nostro soggetto inclina ad essere bevitore, nonché a consumare ogni genere di medicine e sostanze tossiche. Parecchi alcolizzati, tabagisti, farmaco-dipendenti vengono dal consumo di spinelli, neve, pere e pasticche. E quante famiglie sconquassate dalla droga! Quanti congiunti di tossicomani vivono nell’ansia e nel terrore, al pari di quelli che hanno in casa uno psicopatico, un pazzo (altra parola breve e compendiosa bandita dal dizionario). Quanti di loro incrementano l’elenco dei suicidi! La malavita facilmente arruola queste anime perse, doppiamente ridotte in schiavitù: dagli stupefacenti e dal boss della zona.

Come mai siffatta sciagura non solleva sdegno e moti di ribellione nel popolo? Eppure essa ha proporzioni tutt’altro che trascurabili, se le acque dei fiumi rivelano tracce di cocaina e le grandi mafie, le quali non ci si mettono per quattro soldi, impinguano le loro casse con il commercio più vile che ci sia. La torpida rassegnazione spiega l’acquiescenza. Di questi tempi, ne abbiamo varie riprove disgraziate.

Il sociologo è al corrente del quadro sopra tratteggiato, e dice, con sufficienza, che è uno dei malesseri sociali, un fatto ineluttabile con cui si convive, un fatto connesso al benessere. Pertanto, a che pro agitarsi e rimpiangere l’epoca in cui la droga non c’era - tranne che per pochi facoltosi debosciati - quando l’esistenza era grama e la miseria molto più estesa?

Fandonie! Il denaro disponibile per gli acquisti dallo spacciatore sarebbe il motivo per cui ci si dà al vizio? Siamo d’accordo che l’occasione fa l’uomo ladro; ossia l’uomo, il giovane in particolare, cede naturalmente alle tentazioni. Ciò non toglie che, se non ci fosse lo spaccio, nessuno cadrebbe nella schiavitù. E allora il punto dolente sta nell’offerta criminale.

L’obiezione: la delinquenza sempre ci fu, non si può eliminarla. Eh, no! La delinquenza fu perseguita e arginata in ogni sua attività, e potrebbe esserlo ancora, dovrebbe esserlo, l’offerta di morte essendo in proporzione ad un disastro sociale, avendo una dimensione vasta, inaccettabile per un civile consorzio umano.

Qui, il mio contraddittore osserva che instaurare un regime di polizia così ferreo e draconiano significherebbe opprimere le libertà, avvilire la dignità.

Non rispondo che, in pratica, il commercio esecrabile viene tollerato oltre misura, checché si dia a vedere con arresti e bande sgominate dalle forze dell’ordine. Mi limito a replicare che uno Stato avrebbe indubbiamente la capacità e la forza per ridurre al lumicino le organizzazioni a delinquere, senza umiliare nessuno, ma l’Italia, per la sua condizione politico-istituzionale e per la sua soggezione di fronte al mondo liberale, largo di concessioni all’iniquità, si dimostra impotente a provvedere.

Dando un’occhiata alla storia, negli Stati Uniti – che già avevano fallito con il proibizionismo (il flagello dell’alcolismo fu di gran lunga peggiore laggiù rispetto al resto del mondo) – la droga era penetrata nelle scuole quando da noi ciò sarebbe stato inimmaginabile. In seguito, il fenomeno droga non conobbe diminuzione. Le nazioni, ora minate da essa, sono nell’impossibilità di liberarsene, di difendere la propria gente dalle venali sirene che invitano al baccanale, e non solo dalla sirena specifica di cui mi sto occupando, ma altresì da un concerto di grazie malandrine offerte al vizio (altro vocabolo dal concetto primario rinnegato). Perciò i governanti, consapevoli d’avere le mani legate e che non fanno niente per uscirne, hanno su di sé la colpa di mali sociali gravissimi, di disgrazie e di morti evitabili. Che essi non uccidano arma alla mano, non significa che siano assolti o alquanto scagionati.

Mi giunge di nuovo all’orecchio la voce seccata del sofista libertario, del radicale, del democratico offeso e spaventato dalla troppa presenza dei gendarmi - quando a me piacerebbe vederne molti in giro, e che non figurino da belle statuine, e che mi raddrizzino pure la gobba, purché la raddrizzino a chiunque. Secondo lui, dicevo, la persona dev’essere lasciata libera il più possibile, libera di drogarsi e di suicidarsi. Ed è di quelli che hanno dichiarato una guerra spietata al fumo!

La persona, cari signori, va protetta nondimeno contro se stessa, dagli stupefacenti con cui finisce male, a cui non sa resistere, e, allo stesso identico modo, va preservata dagli stupefacenti immateriali, che suscitano di lei analogo appetito e provocano dipendenza, che sono ancor più malefici e subdoli, perché lasciano il corpo apparentemente intatto, ma rendono invalida la mente e uccidono l’anima.
 
di Piero Nicola - riscossacristiana.it -

 
 
 

SESTO COMANDAMENTO: NON UCCIDERE. GIORNATA PER L'APPROFONDIMENTO DEL DIALOGO TRA CATTOLICI ED EBREI

Post n°6596 pubblicato il 16 Gennaio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Oggi, come durante l'Olocausto nazista, ebrei e cattolici insieme per la pace

Il 17 gennaio, come ogni anno, si celebra la Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei, che prelude alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che si svolge dal 18 al 25 dello stesso mese che, che col passar del tempo sta assumendo un ruolo sempre più rilevante nel panorama del dialogo interreligioso.

Giunta alla sua 23a edizione da quando, nel 1990, vide la luce ufficialmente, grazie alla lodevole iniziativa della Conferenza Episcopale Italiana, quest’anno sarà dedicata al sesto comandamento che recita in modo inequivocabile: Non uccidere. Non sempre, purtroppo, nel corso della storia i rapporti tra i discendenti di Abramo sono stati idilliaci ed improntati alla stima e al rispetto reciproci. Tuttavia, in tempi recenti, il riavvicinamento e il dialogo ebraico-cristiano hanno fatto registrare, finalmente, notevoli passi avanti sia sul piano delle relazioni interconfessionali sia dal punto di vista della riflessione teologica anche se, è inutile nasconderlo, ancora molto resta da fare per dissipare quei problemi che ancora persistono.

Ma procediamo con ordine e vediamo a grandi linee quali sono state le tappe salienti che hanno segnato, nel corso degli anni, le relazioni tra queste due confessioni religiose nate entrambe dallo stesso ceppo davidico. Anche se fin dall’antichità si è ricercata qualche forma di dialogo tra ebrei e cristiani, tuttavia, bisogna attendere gli albori del Novecento per assistere ad un primo autentico tentativo di riavvicinamento mediante la costituzione delle prime associazioni miste di ebrei e cristiani animate dal comune desiderio di dissipare qualsiasi pregiudizio antigiudaico, ridefinire i fondamenti teologici e promuovere forme di cooperazione pur nel rispetto delle proprie differenze. Dopo l’importante esperienza della London Society of Christians and Jews, sorta a Londra nel 1927, tuttavia sono gli anni dolorosi del secondo conflitto mondiale che, paradossalmente, tracciano un solco significativo nel bisogno di dialogo tra ebrei e cristiani duramente provati dalle conseguenze prodotte dalla ignominiosa persecuzione nazi-fascista prima con la promulgazione delle esecrabili leggi razziali e, successivamente, con l’estensione del dissennato piano nazista di sterminio del popolo ebraico.

La maggior parte di cristiani ed ebrei si trovarono a condividere – loro malgrado – la terribile esperienza della persecuzione e della lotta clandestina che, in seguito, indurrà lo storico ebreo francese, Jules Isaac – che aveva provato il dolore della perdita proprio nei lager nazisti di moglie e figlia – a fondare il movimento delle Amitiés judéo-chrétiennes. Isaac era persuaso che ormai era giunto il momento propizio per mettere da parte ogni ostilità e incomprensione e ricercare una proficua collaborazione. L’incontro che scaturì tra l’intellettuale francese e papa Giovanni XXIII – anche in virtù dell’impegno decisivo di Maria Vingiani, responsabile del Segretariato Attività Ecumeniche – gettò le basi per un cambiamento di rotta nelle relazioni tra ebrei e cristiani, spianando la strada per la stesura della dichiarazione conciliare sui rapporti tra le due confessioni religiose che culminò nel 1965 con la l’emanazione, da parte del Concilio Vaticano II, del documento Nostra aetate nel quale si esprimeva una ferma condanna verso ogni forma di antisemitismo, accantonando definitivamente la teoria del deicidio.

Difatti, durante l’occupazione tedesca dell’Italia, appena Hitler sferrò la scellerata persecuzione antisemita con le deportazioni di massa degli ebrei nei lager nazisti, l’orrore che ne scaturì non lasciò indifferente molti uomini e donne, laici e religiosi – oggi pubblicamente riconosciuti come giusti tra le nazioni – che, a rischio della propria vita, si adoperarono per aiutare tutti i perseguitati nel tentativo di sottrarli a questo terribile destino. Fu così che in quel drammatico autunno del ’43, all’indomani della firma dell’armistizio tra l’Italia e gli Alleati, si assistette a numerosi episodi di autentica carità cristiana che contribuirono a scrivere una delle pagine più belle della nostra storia. Impossibile non ricordare l’encomiabile opera a beneficio degli ebrei svolta, tra gli altri, anche dal padre cappuccino Marie-Benoît du Borg d’Irè – che proprio in virtù di ciò è stato insignito dallo Yad Vashem del titolo di “giusto tra le Nazioni” – definito a quel tempo “l’uomo delle missioni impossibili”. Padre Borg d’Irè guidò egregiamente la rete creata da Settimio Sorani, dirigente della Delasem, l’organizzazione di soccorso ebraica che, proprio a partire dall’8 settembre di quell’anno, fu costretta a passare alla clandestinità, provvedendo a fornire, tra l’altro, anche documenti d’identità e salvacondotti falsi per consentire ai fuggiaschi di recarsi verso la Spagna e la Svizzera. Inoltre il solerte frate cappuccino si adoperò per sottrarre gli ebrei alla deportazione nei lager nazisti, nascondendone una parte nel suo convento, che rappresentò un vero e proprio centro di smistamento, e affidando gli altri alle amorevoli cure dei religiosi dei vari monasteri sparsi in tutta la città di Roma. Difatti, circa 46 persone trovarono ricetto nell’ospedale all’isola Tiberina retto dagli Ospedalieri di San Giovanni di Dio – meglio noti come Fatebenefratelli – come riferisce a chi scrive fra Giuseppe Magliozzi, che, all’epoca dei fatti qui narrati, si trovava proprio nella città capitolina.

«Dalla buon’anima di padre Clemente Petrillo, che era Maestro dei Novizi all’Isola Tiberina, sentii raccontare, ma non ricordo nomi, dei molti nascosti da noi come falsi pazienti, magari con ingessature fasulle. Ricordo anche l'amarezza con cui egli ci raccontava che, finita la guerra ed usciti ebrei e comunisti, nascosero dei fascisti ed un giorno si videro arrivare una squadra di perlustrazione guidata proprio da uno di quelli che era rimasto nascosto all’Isola fino alla Liberazione di Roma e per il quale evidentemente l’odio ai fascisti era più grande che la gratitudine per chi l’aveva salvato. Come piccolo ricordo finale e personale, mio padre, che era funzionario di Polizia a Roma, ci diceva che in un cassetto aveva conservato documentazione di molta gente che aveva salvato dai tedeschi, ma quando fu la Liberazione il suo Capo, prima che entrassero nel Commissariato, distrusse ogni possibile documento, anche quelli che mio padre aveva nel suo cassetto personale. Ricordo comunque che in Casa c’era un attestato degli Alleati che ringraziava mio padre per quello che aveva fatto».

Fortunatamente, dal dopoguerra ad oggi, questa preziosa esperienza di collaborazione non è andata perduta e adesso tocca a tutti gli uomini di buona volontà riuscire a raccoglierne i frutti.

di Giovanni Preziosi - Zenit -

 
 
 

MARIO MONTI "BENEDETTO"? MACCHE' VENDERA' L'ITALIA AL DIO EURO. LETTERA DI MAGDI CRISTIANO ALLAM AL SANTO PADRE

Post n°6595 pubblicato il 16 Gennaio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Il Pontefice ha elogiato il presidente del Consiglio nell’incontro in Vaticano. Ignorando il fatto che ha sommerso gli italiani di tasse e s’è prostrato all’Unione Europea.

A Sua Santità Benedetto XVI

Mi permetto umilmente di scriverle, da semplice fedele che ha avuto il dono immenso di suggellare l’incontro con Gesù con il battesimo ricevuto dalle sue mani nella sontuosità della Basilica di San Pietro circa 4 anni fa, un evento straordinario che ho descritto come il giorno più bello della mia vita.

La sua testimonianza di Papa che più di altri ha incarnato il binomio indissolubile di fede e ragione, è stata il faro che mi ha illuminato dentro facendo maturare la scelta della conversione al cristianesimo. Proprio da cristiano ho ancor più apprezzato l’altro binomio indissolubile di verità e libertà, che da sempre ha ispirato l’insieme del mio percorso esistenziale sin da quando ero musulmano, all’insegna dell’esortazione evangelica «Conoscerete la verità e la verità vi renderà liberi» (Gv 8,32) e «Sia il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno» (Mt 5,33-37).

Ebbene da cristiano fedele alla sola verità in Gesù, da persona depositaria di valori non negoziabili alla vita, alla dignità e alla libertà, da italiano che ama ed è fiero dell’Italia che mi ha consentito di essere pienamente me stesso, mi permetto di manifestarle con estremo rammarico la mia profonda perplessità all’accoglienza da lei riservata a Mario Monti, legittimando pienamente la sua discutibile figura politica quale espressione dei poteri finanziari forti da lei più volte denunciati, esaltando ed incoraggiando acriticamente il suo operato proprio nel momento in cui cresce l’opposizione della maggioranza dei cittadini preoccupati per il proprio posto di lavoro e per il futuro dei nostri figli.

Sono rimasto attonito leggendo le parole con cui lei ha accolto Monti: «Voi avete cominciato bene in una situazione difficile e quasi insolubile». Che cosa intende Sua Santità per «bene»? Il ripristino della tassa sulla prima casa maggiorata del 60% dopo la rivalutazione degli estimi catastali? L’aumento dell’età pensionabile in modo retroattivo violando i patti con milioni di cittadini? L’aumento dell’Iva e del prezzo dei carburanti che hanno fatto impennare il costo della vita?

L’imposizione di un regime di polizia fiscale che controlla tutti i conti correnti e affida obbligatoriamente alle banche le transazioni superiori ai mille euro? Un piano indiscriminato di liberalizzazioni che si tradurrà nel regalare l’Italia alle multinazionali e agli squali nostrani devastando le micro, piccole e medie imprese che attualmente rappresentano il 97% del nostro sistema produttivo e che si reggono primariamente sull’istituto della famiglia naturale?

Il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi, ha precisato che nei colloqui che Monti ha avuto con il Papa e con il Segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, «ci sono stati attenzione e incoraggiamento per un’azione difficile, che costa sacrifici, per fronteggiare la crisi economica: un impegno notevole anche dal punto di vista morale».

Sua Santità, cosa è che incoraggia e a quale impegno morale fa riferimento? La prospettiva a cui vorrebbe condurci Monti è l’adesione incondizionata ad un super-Stato europeo in cui l’Italia, dopo aver svenduto la propria sovranità monetaria, verrà spogliata della sovranità nazionale perché non solo la gran parte delle leggi ma anche la politica finanziaria, di bilancio ed economica verranno decise centralmente da un super-ministro che risponderà del suo operato alla Germania, alla Banca Centrale Europea, alla Commissione Europea e al Fondo Monetario Internazionale.

A quel punto l’Italia non avrà più bisogno né di un Parlamento, che si è già auto-commissariato, né di un governo nazionale che è già espressione di un colpo di stato finanziario affidato a Monti che non a caso è consulente internazionale della Goldman Sachs, membro del Comitato consultivo di alto livello per l’Europa di Moody’s, membro del Consiglio direttivo del «Gruppo Bilderberg», presidente della lobby belga «Bruegel», presidente del gruppo europeo della «Commissione Trilaterale».

Sua Santità, l’Europa a cui vorrebbe consegnarci Monti è quella che si prostra al dio euro ed è sottomessa alla dittatura del relativismo. Esattamente l’opposto dell’Europa cristiana libera sognata da Schumann, Adenauer e De Gasperi. Spero di cuore in un suo messaggio chiarificatore che faccia venir meno il disorientamento suscitato dalle sue parole nei fedeli cristiani e nelle persone di buona volontà. 

(di Magdi Cristiano Allam su Il Giornale del 16/01/2012) -

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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