ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 04/02/2012

DON GABRIELE AMORTH RACCONTA IL SUO PRIMO ESORCISMO

Post n°6683 pubblicato il 04 Febbraio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Ogni volta che faccio un esorcismo entro in battaglia. Prima di entrarvi indosso una corazza. Una stola viola i cui lembi sono più lunghi di quelli che solitamente indossano i preti quando dicono messa. La stola spesso la avvolgo attorno alle spalle del posseduto. È efficace, serve a tranquillizzare i posseduti quando, durante l’esorcismo, vanno in trance, sbavano, urlano, acquisiscono una forza sovrumana e attaccano. Quindi porto con me il libro in latino con le formule di esorcismo. Dell’acqua benedetta che a volte spruzzo sull’indemoniato. E un crocifisso con incastonata dentro la medaglia di san Benedetto. È una medaglia particolare, molto temuta da Satana.

La battaglia dura ore. E non si conclude quasi mai con la liberazione. Per liberare un posseduto ci vogliono anni. Tanti anni. Satana è difficile da sconfiggere. Spesso si nasconde. Si cela. Cerca di non farsi trovare. L’esorcista deve stanarlo. Deve obbligarlo a rivelargli il suo nome. E poi, nel nome di Cristo, deve obbligarlo a uscire. Satana si difende con tutti i mezzi. L’esorcista si fa aiutare da dei collaboratori incaricati di tenere fermo il posseduto. Nessuno di questi può parlare col posseduto. Se lo facessero, Satana ne approfitterebbe per attaccarli. L’unico che può parlare col posseduto è l’esorcista. Questi non dialoga con Satana. Semplicemente gli rivolge degli ordini. Se dialogasse con lui, Satana lo confonderebbe fino a sconfiggerlo.

Oggi faccio esorcismi su cinque o sei persone al giorno. Fino a qualche mese fa ne facevo molti di più, anche dieci o dodici. Esorcizzo sempre, anche di domenica. Anche a Natale. Tant’è che un giorno padre Candido mi disse: «Devi prenderti dei giorni di riposo. Non puoi esorcizzare sempre». «Ma io non sono come te» risposi. «Tu hai un dono che io non ho. Solo ricevendo una persona per qualche minuto sai dire se è posseduta o meno. Io non ho questo dono. Prima di capire devo ricevere ed esorcizzare».   Col passare degli anni ho acquisito molta esperienza. Ma ciò non significa che «il gioco» sia più facile. Ogni esorcismo è un caso a sé stante. Le difficoltà che incontro oggi sono le medesime che incontrai la prima volta quando, dopo mesi di prove da solo in casa, padre Candido mi disse: «Coraggio, oggi tocca a te. Oggi entri in battaglia».

«Sei proprio sicuro che sono pronto?»

«Nessuno è mai pronto per questo genere di cose. Ma tu sei sufficientemente preparato per cominciare. Ricordati. Ogni battaglia ha i suoi rischi. Tu dovrai correrli uno per uno».

Il momento fatidico

L’Antonianum è un grande complesso situato a Roma in via Merulana, poco distante da piazza San Giovanni in Laterano. Lì, in una stanza poco accessibile ai più, faccio il mio primo grosso esorcismo. È il 21 febbraio 1987. Un frate francescano di origine croata, padre Massimiliano, ha chiesto aiuto a padre Candido per il caso di un contadino dell’agro romano che, secondo il suo parere, ha bisogno di essere esorcizzato. Padre Candido gli dice: «Non ho tempo. Ti mando padre Amorth». Entro nella stanza dell’Antonianum da solo. Sono arrivato con qualche minuto d’anticipo. Non so cosa aspettarmi. Ho fatto tanta pratica. Ho studiato tutto quello che c’è da studiare. Ma operare sul campo è un’altra cosa. So poco della persona che devo esorcizzare. Padre Candido è stato piuttosto vago. Il primo a entrare nella stanza è padre Massimiliano. Dietro di lui, un’esile figura. Un uomo di venticinque anni, magro. Si notano le sue umili origini. Si vede che tutti i giorni ha a che fare con un lavoro bellissimo ma anche molto duro. Le mani sono ossute e grinzose. Mani che lavorano la terra. Prima ancora che inizi a parlargli, entra una terza persona, inaspettata.
«Lei chi è?» chiedo.
«Sono il traduttore» dice.
«Il traduttore?»
Guardo padre Massimiliano e chiedo spiegazioni. So che ammettere nella stanza dove si svolge un esorcismo una persona non preparata può essere fatale. Satana durante un esorcismo attacca i presenti se impreparati. Padre Massimiliano mi rassicura: «Non gliel’hanno detto? Quando va in trance parla solo in inglese. Serve un traduttore. Altrimenti non sappiamo cosa vuole dirci. È una persona preparata. Sa come comportarsi. Non commetterà ingenuità». Indosso la stola, prendo in mano il breviario e il crocifisso. A portata di mano tengo l’acqua benedetta. Inizio a recitare l’esorcismo in latino. «Non ricordarti, Signore, delle colpe nostre o dei nostri genitori e non punirci per i nostri peccati. Padre nostro... E non ci indurre in tentazione ma liberaci dal male».

Una statua di sale

Il posseduto è una statua di sale. Non parla. Non reagisce. Rimane immobile seduto sulla sedia di legno dove l’ho fatto accomodare. Recito il salmo 53. «Dio, per il tuo nome salvami, per la tua potenza rendimi giustizia. Dio, ascolta la mia preghiera, porgi l’orecchio alle parole della mia bocca, poiché sono insorti contro di me gli arroganti e i prepotenti insidiano la mia vita, davanti a sé non pongono Dio...».  Ancora nessuna reazione. Il contadino sta in silenzio, lo sguardo fisso per terra. (...)  «Salva il tuo servo qui presente, Dio mio, poiché spera in te. Sii per lui, Signore, torre di fortezza. Di fronte al nemico, niente possa il nemico contro di lui. E il figlio dell’iniquità non gli possa nuocere. Manda, Signore, il tuo aiuto dal luogo santo. E da Sion mandagli la difesa. Signore, esaudisci la mia preghiera. E il mio grido giunga a te. Il Signore sia con voi. E con il tuo spirito».

È a questo punto che, di colpo, il contadino alza la testa e mi fissa. E nello stesso istante esplode in un urlo rabbioso e spaventoso. Diventa rosso e inizia a urlare invettive in inglese. Rimane seduto. Non si avvicina a me. Sembra temermi. Ma insieme vuole spaventarmi. «Prete finiscila! Zitto, zitto, zitto!»
E giù bestemmie, parolacce, minacce. Accelero col rituale. (...) Il posseduto continua a urlare: «Zitto, zitto, stai zitto». E sputa per terra e addosso me. È furioso. Sembra un leone pronto al grande balzo. È evidente che la sua preda sono io. Capisco che devo andare avanti. E arrivo fino al «Praecipio tibi» - «Comando a te». Ricordo bene quanto mi aveva detto padre Candido le volte che mi aveva istruito sui trucchi da usare: «Ricordati sempre che il “Praecipio tibi” è spesso la preghiera risolutiva. Ricordati che è la preghiera più temuta dai demoni. Credo davvero sia la più efficace. Quando il gioco si fa duro, quando il demonio è furioso e sembra forte e inattaccabile, arriva in fretta lì. Ne trarrai giovamento nella battaglia. Vedrai quanto è efficace quella preghiera. Recitala a voce alta, con autorità. Buttala addosso al posseduto. Ne vedrai gli effetti». (...) Il posseduto continua a urlare. Adesso il suo lamento è un ululato che sembra venire dalle viscere della terra. Insisto. «Esorcizzo te, immondissimo spirito, ogni irruzione del nemico, ogni legione diabolica, nel nome del nostro Signore Gesù Cristo, di sradicarti e fuggire da questa creatura di Dio».

Grida spaventose

L’urlo diviene ululato. E diviene sempre più forte. Sembra infinito. «Ascolta bene e trema, o Satana, nemico della fede, avversario degli uomini, causa della morte, ladro della vita, avversario della giustizia, radice dei mali, fomite dei vizi, seduttore degli uomini, ingannatore dei popoli, incitatore dell’invidia, origine dell’avarizia, causa della discordia, suscitatore delle sofferenze». Gli occhi gli vanno all’indietro. La testa penzola dietro lo schienale della sedia. L’urlo continua altissimo e spaventoso. Padre Massimiliano cerca di tenerlo fermo mentre il traduttore arretra spaventato di qualche passo. Gli faccio segno di indietreggiare ulteriormente. Satana si sta scatenando. «Perché stai lì e resisti, mentre sai che Cristo Signore ha distrutto i tuoi disegni? Temi colui che è stato immolato nella figura di Isacco, è stato venduto nella persona di Giuseppe, è stato ucciso nella figura dell’agnello, è stato crocifisso come uomo e poi ha trionfato sull’inferno. Vattene nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo».


Il demonio sembra non cedere. Ma il suo grido ora si attenua. Adesso mi guarda. Un po’ di bava gli esce dalla bocca. Lo incalzo. So che devo costringerlo a svelarsi, a dirmi il suo nome. Se mi dice il suo nome è segno che è quasi sconfi tto. Svelandosi, infatti, lo costringo a giocare a carte scoperte. «E ora dimmi, spirito immondo, chi sei? Dimmi il tuo nome! Dimmi, nel nome di Gesù Cristo, il tuo nome!». È la prima volta che faccio un grosso esorcismo e, dunque, è la prima volta che chiedo a un demonio di rivelarmi il suo nome. La sua risposta mi raggela. «I’m Lucifer» dice con voce bassa e cadenzando lentamente tutte le sillabe. «Io sono Lucifero». Non devo cedere. Non devo arrendermi ora. Non devo mostrarmi spaventato. Devo continuare l’esorcismo con autorità. Sono io che conduco il gioco. Non lui.

«Impongo a te, serpente antico, nel nome del giudice dei vivi e dei morti, del tuo Creatore, del Creatore del mondo, di colui che ha il potere di precipitarti nella Geenna, affinché te ne vada via subito, con paura e insieme al tuo esercito furioso, da questo servo di Dio che ha fatto ricorso alla Chiesa. Lucifero, io ti impongo di nuovo, non in forza della mia debolezza, ma per la forza dello Spirito Santo, di uscire da questo servo di Dio, che Dio onnipotente ha creato a sua immagine. Cedi, dunque, cedi non a me ma al ministro di Cristo. Te lo impone il potere di colui che ti ha soggiogato con la sua croce. Trema di fronte alla forza di colui che, vinte le sofferenze infernali, ha ricondotto le anime alla luce».

Il posseduto torna a ululare. La testa buttata di nuovo dietro lo schienale della sedia. La schiena curva. È passata più di un’ora. Padre Candido mi ha sempre detto: «Finché hai energie e forze vai avanti. Non si deve cedere. Un esorcismo può durare anche un giorno. Cedi solo quando capisci che il tuo fisico non regge». Ripenso a tutte le parole che mi ha detto padre Candido. Vorrei tanto fosse qui vicino a me. Ma non c’è. Devo fare da solo. (...)
 
Non pensavo, prima d’iniziare, che potesse succedere. Ma d’un tratto ho la netta sensazione della presenza demoniaca davanti a me. Sento questo demonio che mi fissa. Mi scruta. Mi gira intorno. L’aria è diventata fredda. C’è un freddo terribile. Anche di questi sbalzi di temperatura mi aveva preavvertito padre Candido. Ma un conto è sentire parlare di certe cose. Un conto è provarle. Cerco di concentrarmi. Chiudo gli occhi e a memoria continuo la mia supplica. «Esci, dunque, ribelle. Esci seduttore, pieno di ogni frode e falsità, nemico della virtù, persecutore degli innocenti. Lascia il posto a Cristo, in cui non c’è niente delle tue opere (...)».

È a questo punto che accade un fatto inaspettato. Un fatto che non si ripeterà più nel corso della mia lunga «carriera» di esorcista. Il posseduto diventa un pezzo di legno. Le gambe stese in avanti. La testa allungata all’indietro. E inizia a levitare. Si alza in orizzontale di mezzo metro sopra lo schienale della sedia. Resta lì, immobile, per parecchi minuti sospeso nell’aria. Padre Massimiliano arretra. Io resto al mio posto. Il crocifisso ben stretto nella mano destra. Il rituale nell’altra. Mi ricordo della stola. La prendo e lascio che un lembo tocchi il corpo del posseduto. Questi è ancora immobile. Rigido. Zitto. Provo ad affondare un altro colpo. «(...) Mentre puoi ingannare l’uomo, non puoi irriderti di Dio. Ti caccia via lui, ai cui occhi niente è nascosto. Ti espelle lui, alla cui forza tutte le cose sono soggette. Ti esclude lui, che ha preparato per te e per i tuoi angeli il fuoco eterno. Dalla sua bocca esce una spada tagliente: lui che verrà a giudicare i vivi e i morti, e i tempi per mezzo del fuoco. Amen».

Infine, la liberazione

Un tonfo accoglie il mio Amen. Il posseduto si affloscia sulla sedia. Farfuglia parole che fatico a comprendere. Poi dice in inglese: «Uscirò il 21 giugno alle ore 15. Uscirò il 21 giugno alle ore 15». Quindi mi guarda. Adesso i suoi occhi non sono altro che gli occhi di un povero contadino. Sono pieni di lacrime. Capisco che è tornato in sé. Lo abbraccio. E gli dico: «Finirà presto». Decido di ripetere l’esorcismo tutte le settimane. Tutte le volte si ripete la stessa scena. La settimana del 21 giugno lo lascio libero. Non voglio interferire con il giorno in cui Lucifer ha detto che sarebbe uscito. So che non devo fi darmi. Ma a volte il diavolo non è in grado di mentire. La settimana successiva a quella del 21 giugno lo riconvoco. Arriva come sempre accompagnato da padre Massimiliano e dal traduttore. Sembra sereno. Inizio a esorcizzarlo. Nessuna reazione. Resta calmo, lucido, tranquillo. Gli spruzzo un po’ d’acqua benedetta addosso. Nessuna reazione. Gli chiedo di recitare con me l’Ave Maria. La recita tutta senza dare in escandescenze. Gli chiedo di raccontarmi cosa è successo il giorno in cui Lucifer ha detto che se ne sarebbe andato via da lui. Mi dice: «Come tutti i giorni sono andato a lavorare da solo nei campi. Nel primo pomeriggio ho deciso di fare un giro con il trattore. Alle 15 mi è venuto da urlare fortissimo. Credo di aver fatto un urlo terrificante. Alla fine dell’urlo mi sentivo libero. Non so spiegarlo. Ero libero». Non mi capiterà più un caso simile. Non sarò mai più così fortunato, liberare un posseduto in così poche sedute, in soli cinque mesi, un miracolo.

- L’ultimo esorcista (Piemme), di Padre Gabriele Amorth - *(scritto con Paolo Rodari) -

 
 
 

ACQUA A LUCE BIANCA: QUANDO LA TRUFFA MISCHIA NEW AGE E CREDULONERIA

Post n°6682 pubblicato il 04 Febbraio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Semplice acqua di rubinetto spacciata per bevanda miracolosa, proveniente dai santuari mariani di Lourdes, Fatima e Medjugorje capace di guarire da qualsiasi disturbo o malattia grave. E’ l’ultima fra le più eclatanti frodi scoperta nelle città di Ancona, Milano, Venezia e Bari che ha portato all’arresto di una biologa e 38 persone con l’accusa di associazione per delinquere, truffa, lesioni ed esercizio abusivo della professione. I malcapitati – almeno 500 persone provenienti da tutte le parti d’Italia e appartenenti a diverse fasce di età e classe sociale – erano convinti che la terapia a base di “Acque a Luce bianca” (così veniva denominata la pozione miracolosa) potesse davvero risolvere il problema della loro malattia.

Disposti a pagare dai 100 ai 200 euro e oltre per dei flaconcini di comunissima acqua corrente, le persone affette da patologie gravi erano persino disposte ad affrontare lunghi viaggi per incontrare la biologa ricercatrice (con tanto di laurea in biologia e studi a Lione) che nel suo sito espone gli esiti “vincenti” di alcuni “suoi” test, “effettuati sulle «Acque mariane» che per tradizione sono legate ai fenomeni più eclatanti: l'acqua di Lourdes, Fatima, Montichiari e altre a confronto con acque provenienti da fiumi, acquedotti, fonti termali. Dopo 6 mesi di indagine i test… confermano il fenomeno della «riproducibilità infinita». Per esempio sono sufficienti 9 gocce di Acqua di Lourdes in un litro d'acqua di rubinetto perché l'acqua del rubinetto si trasformi tutta in «Acqua a luce bianca», dando quindi risposta a test frequenziali e chimici”. Tra le pagine del sito vengono riportate delle informazioni, a nostro avviso, simili ai contenuti della New Age (movimento transculturale che comprende numerose correnti psicologiche, sociali e spirituali alternative sorte nel tardo XX secolo nel mondo occidentale). Frasi come queste: “Quando l'uomo arriverà a comprendere che il suo vivere è una relazione di continuo, mutuo scambio delle sue energie con quelle dell'intero universo (la terra e il cosmo tutto), potrà finalmente operare per raggiungere il proprio benessere fisico e spirituale”, o come queste altre: “l'etica assume una veste nuova perché la malattia non attende un rimedio dall'esterno, ma una comprensione profonda dalla quale scaturisce la possibilità di una guarigione di tutti i piani dell'essere, attraverso una risonanza che ciascun malato trova con frequenze di luce che gli sono necessarie e che un’Acqua gli conduce”, catturavano la fievole speranza dell’ammalato convincendolo a partire per incontrare i “nuovi profeti della salute”.
 
E così, mescolando (maldestramente!) religione, superstizione e astrologia, i terapeuti approfittavano dello stato di prostrazione dei malati per reclutarli attraverso dei corsi a pagamento come “adepti” della nuova medicina, spingendoli oltretutto ad abbandonare le terapie tradizionali per scommettere tutto sulle “Acque a Luce bianca”. Basterà un intero anno dedicato alla fede per aiutare alcuni di noi a non confondere la fede con la superstizione? E’ una scommessa che Papa Benedetto XVI ha voluto lanciare a tutti i credenti e che può aiutarci a vivere la religiosità in modo meno superficiale, “perché la verità cristiana – come afferma il Pontefice stesso – non rischi di mischiarsi con mitologie di vario genere”. Non è certamente una pozione considerata magica, né l’ipotetico intervento di Harry Potter che ci aiuterà ad alleviare il dolore umano. Le nostre paure, o certe speranze irrazionali, permettono agli “stregoni del terzo millennio” di modificare la stabilità antropologica e spirituale dell’uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio.

“E' importante – affermava Giovanni Paolo II durante il Giubileo del 2000 – che ogni credente ponga un impegno più intenso nel purificare e rafforzare la propria fede di fronte ai pericoli ed alle insidie che possono minacciarla in questi nostri tempi. E fra le insidie, non ci sono forse pure quelle forme aberranti del sentimento religioso, che sfruttano i bisogni e le aspirazioni più profonde dell'animo umano, proponendo prospettive di appagamento illusorie e fallaci? Purtroppo numerose famiglie sono toccate da questo triste problema, a motivo del coinvolgimento di qualcuno dei suoi membri, in particolare dei figli, spesso più fragili ed esposti a tali rischi. […] Solo una più forte testimonianza dei valori cristiani ed un saldo rinnovamento dell'impegno pastorale potrà essere una valida risposta a questa sfida. Solo una fede profonda e vissuta con coerenza, costituisce un antidoto efficace a così pericolose deviazioni del sentimento e della pratica religiosa”. - Michelangelo Nasca - korazym.org - 

 
 
 

PER LA VITA TUTTA INTERA: RIFLESSIONI ALLA VIGILIA DELLA GIORNATA PER LA VITA

Post n°6681 pubblicato il 04 Febbraio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Non basta lanciare strali contro una società che non è per la vita. Cominciamo da noi, dalle nostre scelte personali e dai nostri comportamenti feriali. Una più ampia strategia per la vita dovrebbe includere come naturali alcuni comportamenti tutt'altro che accessori: la collaborazione con le famiglie dove...

Alla vigilia della Giornata della Vita - che da noi verrà celebrata domenica - vorrei condividere le riflessioni che ci giungono dai gesuiti della rivista America in un editoriale che risulta tra i più letti del mese di gennaio. Necessaria una premessa, superflua oltreoceano: qui non si tratta di opposte fazioni, di schieramenti politici, di ... campagna elettorale, di reazioni all'estensione della copertura sanitaria in materia di contraccettivi (alla delusione dei vescovi cattolici, rimbalzata ampiamente qui, si accompagna la lettera di plauso dell'arco di tutte le altre chiese e degli ebrei)  e neppure di riferirsi ad un movimento preciso. Si parla del tema della vita, prendendo sì spunto dall'ormai tradizionale Marcia per la Vita che si è svolta il 23 gennaio scorso sul National Mall di Washington, ma qui il discorso giunge alla coerenza personale di ciascun cristiano. Un po' come recita quel nostro detto: "tra il dire e il fare ...".

A distanza di 39 anni dalla depenalizzazione dell'aborto - con la promulgazione della sentenza Roe vs Vade - ogni tentativo di inversione è fallito, tanto che molti cattolici americani, tra cui anche dei vescovi, mettono in dubbio l'opportunità di tali iniziative, nel timore di un effetto boomerang. Occorre cambiare la mentalità, piuttosto che azzerare le leggi: è questa la convinzione da cui i gesuiti prendono le mosse. Come? La proposta è semplice: "i membri delle associazioni per la vita dovrebbero agire a 360° per rendere il mondo più accogliente per i bambini".

Una più ampia strategia per la vita dovrebbe includere come naturali alcuni comportamenti tutt'altro che accessori:

1. La collaborazione con le famiglie dove esistono figli disabili. La sfida di allevare un bambino con handicap fisico o mentale è di quelle che annientano una famiglia. Una vera cultura della vita dovrebbe metterle al centro non tanto dell'attenzione, ma di una vicinanza discreta, quasi un fulcro di sensibilizzazione e affetto da parte della comunità. Le case-famiglia per disabili - qui l'editoriale ricorda L'Arche di Jean Vanier - dovrebbero diventare una meta regolare per una visita dei diversi gruppi. Come sarebbe bello vedere quei giovani che hanno marciato per la vita scegliere di spendere un po' del loro tempo nel volontariato in queste strutture. Ma c'è di più: "tragicamente, molti futuri genitori al giorno d'oggi finiscono per scegliere di interrompere la gravidanza qualora i test prenatali rivelino la presenza della sindrome di Down o di altre anomalie genetiche più gravi. Prima, però, di giudicare queste decisioni, un cristiano pro-life dovrebbe almeno porsi la domanda sulle reali circostanze che costringono una persona a compiere una simile scelta e dovrebbe adoperarsi per offrire delle alternative concrete".

2. Il supporto alle agenzie di adozione, perché l'istituto dell'adozione di un bambino rappresenta "un'autentica scelta a favore della vita", sia per quella madre che ne ha permesso la nascita, sia di quella coppia che si rende disponibile ad accoglierlo come un figlio. Anche qui non basta mostrare ad una donna, al bivio di un'interruzione di gravidanza, le immagini di un'ecografia del feto, occorre un'azione più ampia che spazi alle strutture che poi concretamente potranno aiutare quel figlio, magari affetto da una grave malattia.

3. Migliorare la cura dei figli. E qui i gesuiti ammoniscono su un'assistenza sociale che in America è più ridotta che in Europa - non riesco ad immaginare il confronto col nostro Paese dove negli anni scorsi sono stati tagliati insegnanti di sostegno - giungendo alla conclusione che "sicuramente più donne avrebbero scelto di allevare un figlio se avessero avuto conoscenza di opzioni più favorevoli per la cura del loro bambino". E ancora una volta si spingono oltre coinvolgendo la comunità cristiana: il sostegno di un qualsiasi governo deve essere certamente potenziato, ma questo rappresenta solo una parte della soluzione. Cooperative costituite da genitori, che lavorano insieme per allevare i loro figli, pur fra le difficoltà delle esigenze di carriera e della formazione scolastica, dovrebbero essere incoraggiate e, forse, inizialmente create anche all'interno di parrocchie cattoliche.
(E' vero che il senso di appartenenza ad una comunità è molto più forte che da noi dove peraltro esistono già dei Gruppi con questo carisma - penso alle Comunità di accoglienza Murialdo, per fare un esempio - tuttavia a livello parrocchiale è un percorso tutto da esplorare).

4. In America un bambino su quattro è a rischio di povertà: adoperarsi a favore di una riduzione della povertà a livello sociale è un'altra tappa per la vita, perché non basta che il figlio "esista", occorre che la sua famiglia sia messa nella condizione di nutrirlo.
Queste sono solo alcune proposte - conclude l'editoriale - ma ciò che deve emergere con chiarezza è che il problema dell'aborto è molto più vasto e complesso di come viene presentato con una certa qual superficialità deresponsabilizzante  e, soprattutto, finisce per toccare le corde della coerenza tra il dire e il fare.
Alcuni saranno chiamati ad andare a marciare sulla pubblica via (ma contro la pena di morte non lo fanno, mi  vien da aggiungere) e meritano il sostegno, ma quelle persone in piazza (o che scrivono ai giornali, ai politici e quant'altro) dovrebbero realizzare che coerenza vorrebbe almeno una presa in considerazione delle proposte di cui sopra, che potrebbe anche concretizzarsi semplicemente nella collaborazione nella cura del figlio di un vicino di casa o di un ragazzo del quartiere che resta a casa da solo a fare i compiti ... o di quel nonno che da quando è vedovo si dimentica pure di prepararsi la cena perché logorato giorno dopo giorno dalla solitudine ...
"Queste opere di misericordia - scrivono i gesuiti - non potranno certamente offrire la stessa valenza pubblica come una Marcia per la Vita, ma possono però contribuire a rendere la causa pro-life un'autentica testimonianza di uno stile di vita".

Riflettendo sull'editoriale in questione, mi vien da pensare che non solo potrebbero sentirsi coinvolte in queste proposte anche tutte quelle persone che parteciperanno a Bruxelles il prossimo 25 marzo ad una marcia per la vita, ma un po' tutti noi. Perché è una questione di coerenza: soggetto morale è il singolo e non basta lanciare strali contro una società che non è per la vita. Cominciamo da noi (che poi costituiamo anche la società) dalle nostre scelte personali, dai nostri comportamenti feriali, da come sappiamo spenderci davvero "per la vita", a patto che sia tutta intera.

- vinonuovo.it - Maria Teresa Pontara Pederiva - donboscoland.it -

 
 
 

DON GABRIELE AMORTH: OGNUNO DI NOI DEVE RIMEDIARE AI PECCATI DI OMISSIONE

Post n°6680 pubblicato il 04 Febbraio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Questa sera commentiamo il messaggio che la Madonna ha dato a Mirjana il 2 dicembre: "Cari figli, come Madre sono con voi per aiutarvi con il mio Amore, preghiera ed esempio a diventare seme di ciò che avverrà, un seme che si svilupperà in un forte albero ed estenderà i suoi rami nel mondo intero. Per divenire seme di ciò che avverrà, seme dell'amore, pregate il Padre che vi perdoni le omissioni finora compiute. Figli miei, solo un cuore puro, non appesantito dal peccato può aprirsi e solo occhi sinceri possono vedere la via per la quale desidero condurvi. Quando comprenderete questo, comprenderete l'Amore di Dio ed Esso vi verrà donato. Allora voi Lo donerete agli altri come seme d'amore. Vi ringrazio".

E' un messaggio stupendo: "Cari figli, come Madre sono con voi per aiutarvi con il mio amore, preghiera ed esempio..." La Madonna ci dice subito che ci vuole aiutare con il suo amore e con la Sua preghiera, perché ama ognuno di noi immensamente. Lei è il vero modello di Gesù.
Una volta una donna, ascoltando Gesù, esclama ad alta voce: “Beata tua madre!” Gesù le risponde che è più beato chi ascolta e mette in pratica la Sua Parola. Con ciò ci fa capire che Sua Madre è beata soprattutto perché ascolta la Sua Parola e la mette in pratica.   "... a diventare seme di ciò che avverrà..." qui ci sta preannunciando l'avvenire "...un seme che si svilupperà in un forte albero ed estenderà i suoi rami nel mondo intero...". Questo è l'avvenire che ci promette. Il seme è l'amore, il Vangelo nella sua dottrina, che in pratica si può riassumere così: “Amatevi come Io vi ho amato.” La Madonna è venuta proprio per richiamarci a questo. In questo mondo traviato che gli uomini hanno voluto senza Dio, la Madonna vuole portare l'amore: vuole trasformare questo mondo. L'amore abbraccerà non solo la cristianità, ma tutto il mondo intero. Lei è Madre di tutti gli uomini. "...Per divenire seme di ciò che avverrà..." quindi seme di ciò che ci assicura si realizzerà (Lei riuscirà a trasformare questa società senza Dio e l’offrirà a Dio. Sono più di trenta anni che predica questo). "...pregate il Padre che vi perdoni le omissioni finora compiute..." guardate un po' questo amore dove ci porta. Perché questo amore cresca, bisogna chiedere perdono delle omissioni compiute. Nel capitolo 25 di Matteo che ci descrive il giudizio universale leggiamo: “Avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere, ero nudo e mi avete vestito...  venite benedetti…” e qual è il rovescio della medaglia? Tutti i peccati di omissione: “Avevo fame e non mi avete dato da mangiare, avevo sete e non mi avete dato da bere, nudo e non mi avete vestito, malato, carcerato e non siete venuti a trovarmi”. Il peccato più grave è quello di omissione, cioè non aver fatto quello che avremmo potuto fare. C'è una vecchietta da andare a trovare, un malato da visitare...
In ospedale il ricoverato che ha qualcuno che lo va a trovare è sereno; quello che non ha nessuno, sentendosi abbandonato, soffre molto, nonostante le cure ospedaliere. Così avviene per chi vive in casa da solo e non ha nessuno che lo va a trovare. Si sente abbandonato. Queste persone possono avere un carattere difficile, ma è bene avere per loro una grande carità.
A questo proposito ricordiamo l'episodio di Santa Teresina che, giovanissima in convento (era entrata in monastero eccezionalmente a 15 anni), si prendeva cura ogni sera di una suora anziana dal carattere difficile, che faceva fatica a camminare ed era malata, poverina! Santa Teresina l’accompagnava ogni sera dalla cappella al refettorio. Era una lamentela continua: “Stia attenta che mi fa cadere!” .. oppure “Lei va troppo piano, non sa camminare!” E Santa Teresina, dopo averla accompagnata, la lasciava salutandola col suo più bel sorriso, tanto da commuovere la suora stessa. Ecco la carità; è così che si fa crescere questo seme nel mondo! Ognuno di noi deve rimediare ai peccati di omissione. Tante volte penso al lungo passato della mia vita come ad un viale dalle occasioni perdute. Ognuno di voi può pensare la stessa cosa. Ho conosciuto persone che sono piene di carità, ma non con i vicini o i parenti e invece bisogna cominciare da lì. Le omissioni sono il grande peccato che denota la mancanza di amore. L'amore non è nei sentimenti, ma nei fatti.
"...Figli miei, solo un cuore puro, non appesantito dal peccato può aprirsi e solo occhi sinceri possono vedere la via per la quale desidero condurvi...." E' una via dura, ma pensate a Santa Teresina che si era offerta lei di assistere quella suora dal carattere impossibile. E Santa Teresina aveva occhi sinceri e vedeva la via per la quale la Madonna voleva condurla. "...Quando comprenderete questo, comprenderete l'Amore di Dio... “Qui ci sarebbe tutto un altro capitolo da aprire. Noi pensiamo poco all'Amore del Padre, di Dio. Quando medito la Passione di Gesù esclamo: “Che Amore immenso!” Come doveva soffrire quando il Figlio pregava: “Se è possibile passi da me questo calice” … oppure quando morente esclama: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” Il cuore di Dio Padre soffriva immensamente durante la Passione del Figlio, come soffre per ogni nostra sofferenza, per ogni nostra mancanza. Ecco allora che dall'amore del prossimo addirittura si arriva a contemplare un po' per volta l'amore di Dio Padre. "...ed esso vi verrà donato..." Che grande dono! Il Signore che ci regala il Suo Amore! “.. Allora voi lo donerete agli altri come seme d'amore. Vi ringrazio." Ecco allora il seme che cresce.
Molti anni fa uscì un film dal titolo Dio ha bisogno degli uomini. In realtà sono gli uomini che hanno bisogno di Dio, tuttavia è vero che Dio agisce per mezzo degli uomini; ha mandato gli apostoli a predicare: “Andate in tutto il mondo, predicate il Vangelo, battezzate nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.” Dio vuole servirsi degli uomini “Siate miei testimoni.” Vi ricordate un messaggio della Madonna di qualche tempo fa in cui ci esortava ad essere testimoni attivi? Allora doneremo agli altri il seme dell’amore che si estenderà sulla terra. Ringraziamo la Madonna di questo messaggio e preghiamo anche noi, con tutta umiltà: "Signore dammi la grazia di non perdere le occasioni che la vita mi può dare per amare il prossimo e di non commettere peccati di omissione".
Don Gabriele Amorth

Domanda: Cosa significa “omissione”?

Don Amorth: Significa omettere, non fare. Avevo l'opportunità di aiutare e non l'ho fatto, uno che aveva fame e non gli ho dato da mangiare, che era povero e non l'ho aiutato, una persona sola e non sono andato a trovarla, cioè significa non compiere atti d'amore. Amore che si dimostra con le braccia, con la vita.

Domanda: Mi restano difficili le parole che Gesù rivolge a Maria alle nozze di Cana: “Che c'è tra me e te, o donna? Non è ancora venuta la mia ora.” A me sembrano un rifiuto.

Don Amorth: Anche se sono diventato più noto come esorcista, la mia materia è la Mariologia, è lì che mi sono specializzato. Vi parlo da persona che cerca sempre più di approfondire la Mariologia. Queste parole: “Che ho da fare con te o Donna? Non è ancora giunta la mia ora” (Gv. 2,4) sono, secondo alcuni, le più difficili da spiegare in tutto il Vangelo di Giovanni. Io proverò a spiegarle leggendo “tra le righe” del Vangelo, tenendo conto di indizi e di analogie. Si possono usare criteri di grande probabilità, direi quasi di certezza. Gesù è vissuto trenta anni con sua Madre. Loro due, dopo la morte di Giuseppe, sono rimasti proprio soli. Gesù istruiva Sua Madre, così come in seguito ha preparato gli apostoli dicendo chiaramente quello che sarebbe avvenuto: “Ecco noi stiamo salendo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai sommi sacerdoti e agli scribi che lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché sia schernito e flagellato e crocifisso, ma il terzo giorno risusciterà” (Mt 20,17-19). Gesù chiama la Madre, Donna. Lei è la Donna della Genesi: “Io porrò inimicizia tra te e la Donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe, questa ti schiaccerà il capo” (Genesi 3, 15). Con il chiamarla Donna Gesù indica la missione che ha di Corredentrice, di Colei che collabora a tutto il piano della Redenzione. La Sua missione comincia soprattutto quando Gesù inizia la Sua missione pubblica. Lei, Mediatrice di tutte le grazie, sollecita il Figlio a operare il miracolo, ad anticipare “la Sua ora.” Gesù l’ha ascoltata e con grande delicatezza compie il miracolo, l’unico a cui Lei assiste. Gesù le dà l’occasione di dire quelle parole, le ultime di Maria nel Vangelo: “Fate quello che vi dirà.” La Madonna in tutti i suoi messaggi ricalca sempre questa frase, cioè ci esorta a seguire gli insegnamenti di Gesù. Maria porta sempre a Cristo. Il brano evangelico conclude:  “Gesù manifestò la Sua gloria e i suoi discepoli credettero in Lui.” Gesù ha voluto che Maria assistesse al primo miracolo, che fosse un miracolo voluto da Lei e che confermasse nella fede gli apostoli.

Che il Signore vi benedica! 

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IL CULTO DI SAN BIAGIO PROTETTORE CONTRO LE MALATTIE DELLA GOLA

Post n°6679 pubblicato il 04 Febbraio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Poco si conosce della vita di San Biagio, di cui oggi si festeggia la memoria liturgica. Notizie biografiche sul Santo si possono riscontrare nell’agiografia di Camillo Tutini, che raccolse numerose testimonianze tramandate oralmente. Si sa che fu medico e vescovo di Sebaste in Armenia e che il suo martirio è avvenuto durante le persecuzioni dei cristiani, intorno al 316, nel corso dei contrasti tra gli imperatori Costantino (Occidente) e Licino (Oriente).

Catturato dai Romani fu picchiato e scorticato vivo con dei pettini di ferro, quelli che venivano usati per cardare la lana, ed infine decapitato per aver rifiutato di abiurare la propria fede in Cristo. Si tratta di un Santo conosciuto e venerato tanto in Occidente, quanto in Oriente. Il suo culto è molto diffuso sia nella Chiesa Cattolica che in quella Ortodossa.

Nella sua città natale, dove svolse il suo ministero vescovile, si narra che operò numerosi miracoli, tra gli altri si ricorda quello per cui è conosciuto, ossia, la guarigione, avvenuta durante il periodo della sua prigionia, di un ragazzo da una lisca di pesce conficcata nella trachea. Tutt’oggi, infatti, il Santo lo si invoca per i “mali alla gola”.

Inoltre San Biagio fa parte dei quattordici cosiddetti santi ausiliatori, ossia, quei santi invocati per la guarigione di mali particolari. Venerato in moltissime città e località italiane, delle quali, di molte, è anche il santo patrono, viene festeggiato il 3 febbraio in quasi tutta la penisola italica.

È tradizione introdurre, nel mezzo della celebrazione liturgica, una speciale benedizione alle “gole” dei fedeli, impartita dal parroco incrociando due candele (anticamente si usava olio benedetto). Interessanti sono anche alcune tradizioni popolari tramandatesi nel tempo in occasione dei festeggiamenti del Santo. Chi usa, come a Milano, festeggiare in famiglia mangiando i resti dei panettoni avanzati appositamente a Natale, e chi prepara dei dolci tipici con forme particolari, che ricordano il santo, benedetti dal parroco e distribuiti poi ai fedeli. A Lanzara, una frazione della provincia di Salerno, per esempio, è tradizione mangiare la famosa “polpetta di San Biagio”.

Nella città di Salemi, invece, si narra che nel 1542 il Santo salvò la popolazione da una grave carestia, causata da un’invasione di cavallette che distrusse i raccolti nelle campagne, intercedendo ed esaudendo le preghiere del popolo che invocava il suo aiuto (san Biagio, infatti, oltre che essere protettore dei “mali della gola” è anche protettore delle messi); da quel giorno a Salemi, ogni anno il 3 di febbraio, si festeggia il Santo preparando i cosiddetti “cavadduzzi”, letteralmente “cavallette”, per ricordare il miracolo, e i “caddureddi” (la cui forma rappresenta la “gola”), che sono dei piccoli pani preparati con acqua e farina, benedetti dal parroco e distribuiti poi ai fedeli. Dal 2008 inoltre, sempre a Salemi, viene organizzata, con la collaborazione di tutte le scuole e associazioni della città, una spettacolare rappresentazione del “miracolo delle cavallette” che si conclude con l’arrivo alla chiesa del Santo per deporre i doni e farsi benedire le “gole”.

A Cannara, invece, un comune della provincia di Perugia, i festeggiamenti del Santo sono occasione per sfidarsi in antichi giochi di abilità popolani come, ad esempio, il simpatico gioco, attestato già nel XVI secolo, del “Ruzzolone”, ossia, far rotolare più a lungo possibile delle forme di formaggio per le vie del centro storico, o la famosa corsa dei sacchi e molti altri giochi ancora, per concludersi con la solenne processione con la statua del Santo accompagnati dalla banda musicale del posto.

A Fiuggi, invece, la sera prima, si bruciano nella piazza del paese davanti al municipio le “stuzze”, delle grandi cataste di legna a forma piramidale, in ricordo del miracolo avvenuto nel 1298 che vide San Biagio far apparire delle finte fiamme nella città, tanto da indurre le truppe nemiche, che attendevano fuori le mura pronte ad attaccare, a ripiegare pensando d’esser state precedute dagli alleati.

Le reliquie di San Biagio sono custodite nella Basilica di Maratea, città di cui è santo protettore: vi arrivarono nel 723 all’interno di un’urna marmorea con un carico che da Sebaste doveva giungere a Roma, viaggio poi interrotto a Maratea, unica città della Basilicata che si affaccia sul Mar Tirreno, a causa di una bufera.

Si racconta che la le pareti della Basilica, e più avanti anche la statua a lui eretta nel 1963 in cima alla Basilica, stillarono una specie di liquido giallastro che i fedeli raccolsero e usarono per curare i malati. Papa Pio IV nel 1563, allora vescovo, riconobbe tale liquido come “manna celeste”.

Non a caso a Maratea il Santo assume una valenza particolare e viene festeggiato per ben 2 volte l’anno; il 3 febbraio, come di consueto, e il giorno dell’anniversario della traslazione delle reliquie, dove i festeggiamenti durano 8 giorni, dal primo sabato di maggio fino alla seconda domenica del mese.

- di Pietro Barbini - Zenit -

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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