ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 06/02/2012

I PRETI SENZA ABITO: UN REGALO ALLA CULTURA LAICISTA

Post n°6692 pubblicato il 06 Febbraio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Da quando il soprannaturale è stato naturalizzato cioè confuso con la vita dell’uomo, con i suoi slanci d’amore, di passione, di compassione e di morte; da quando tutto ciò ha preso il via in ossequio al metodo scientifico, all’esegesi storico critica innamorata degli arzigogoli filologici, la vita dell’uomo comune ne è risultata impoverita.

I miracoli, le apparizioni mariane, tutto ciò che non collima con l’ideologia scientista e i suoi dogmi è confinato nell’ambito dell’irrazionale se non del primitivo.

E’ questa la ragione per cui non pochi sacerdoti guardano ai tradizionali usi, alle devozioni, al culto del Sacro Cuore, all’adorazione, alle processioni, alle consacrazioni al Sacro Cuore, alle apparizioni mariane, con sospetto e con altera e compassionevole sopportazione. A che tutto ciò se Dio è nel mondo -dicono- se egli sta alla radice di ogni esperienza personale, se egli incarnandosi ha santificato l’intero creato. Dio è nel mondo, soffre con esso, egli appartiene ad ogni amore autentico, ad ogni espressione di gratuità ad ogni intuizione artistica. Questo pensano, seppur non lo dicono, non pochi preti. Non argomento sulla natura panteistica di una tale prospettiva, sul puro immanentismo che si mostra in ragionamenti simili. Basti dire che incarnazione non significa confusione fra natura umana e natura divina e che comunque l’incontro pieno tra l’umano e il divino si è realizzato solo in Cristo. Il mondo dopo Cristo, seppure salvato, resta mondo, come S. Paolo insegna; basti ricordare come l’apostolo delle genti presenti la prospettiva mondana, come distingua tra il vivere secondo la carne e il vivere secondo lo spirito. La carne è per Paolo espressione del limite e della finitezza sia fisica che morale. Questa distanza fra spirito del mondo e spirito di Cristo, invocato, accolto e custodito, significa che la natura umana ha costantemente bisogno della grazia. Questo sembrano aver dimenticato certi preti dai costumi e dai modi totalmente laicizzati.

Allora si comprende il motivo per cui tre sacerdoti vestiti come manager, come politici di lungo corso, campeggiano al centro di una foto mentre ricevono un premio dal capo dello stato. Li guardi e noti come nulla li distingua dalle persone comuni, dai laici. Dov’è l’abito del prete? Si dirà che l’abito non fa il monaco, ma è veramente così? Cos’è la divisa per un sacerdote?

Un medico lo riconosco per il camice, un direttore di coro perché sta davanti al coro, un bagnino per la scritta che porta sulla maglietta, un tutore dell’ordine per la divisa.
Chi tipo di soccorso porta all’umanità sbandata, “l’abito del prete”, sia esso un colletto bianco, un croce appuntata sulla giacca, la talare con i suoi cento bottoni?
Nel segno, anche se non sono credente, io posso riconoscere la speranza, la gratuità, la possibilità che questo mondo in perpetuo movimento possa avere un centro, un senso.
La “divisa del prete” è di per sè una presenza che contrasta con il mondo, una piccola catechesi che suggerisce al nostro essere, un oltre, la possibilità di alzare lo sguardo superando la presunzione dei propri passi.
Per il sacerdote, questo Altro dovrebbe essere il tutto, in un mondo nel quale l’orizzonte temporale del calcolo, del successo, dell’affare ha la pretesa totalitaria di porsi come l’unica realtà dotata di senso.
L’abito è un segno e l’uomo vive di segni, anche l’uomo religioso. Non è sufficiente dire che Dio è Spirito, che egli abita ovunque, questo è in parte vero e in parte non vero. Se ci fermiamo a tali considerazioni come possiamo distinguere l’esperienza religiosa autentica dal semplice stato d’animo, dall’emozione?
La fede non appartiene alla pura interiorità essa ha bisogno di concretezza, di una Chiesa sociologica, fatta di strutture, di ruoli, di funzioni, di luoghi fisici, di paramenti e tradizioni.
Ognuno di noi è stato inserito in una contesto parrocchiale preciso, nessuno ha scelto autonomamente di aderire o meno al cattolicesimo; da questa adesione inconsapevole sono venuti i frutti più splendenti della fede, i Santi.
La fede zoppicante, convenzionale, dei più è la norma, una santa norma.
Una mia alunna conferma con una battuta quanto sto dicendo: “Ma quale fede! io andavo all’oratorio, per stare con gli amici e per giocare a calcetto dopo la catechesi.”
Benedetto fu il calcetto, visto che quella ragazza è cattolica e perlomeno crede in Dio. Forse non avesse amato il calcetto…
E c’è chi è entrato in Chiesa perché amava un ragazzo e poi si è innamorato di Dio, chi per cantare nel coro… chi per…quante storie.
Nella semplicità di una tradizione accolta, non conquistata attraverso i ragionamenti sono maturate generazioni di cattolici.
E’ una magra consolazione e un pericoloso calcolo quello di quei preti che esaltano la maturità di chi oggi si dice cattolico adulto, perché capace di vivere in un mondo consegnato a se stesso, in cui la religione si riduce ad ambito separato.
L’opera di laicizzazione della vita umana, pianificata anche con la partecipazione di una parte del clero, ci consegna un mondo di ragazzi per i quali l’esperienza è quella di appartenere a due realtà distinte: il mondo con le sue regole autonome e la fede come dimensione intima.
Per questa via, i più ritengono irrilevante per la vita appartenere a qualsiasi chiesa.

Quando il segno perde ogni valenza pubblica, in breve si appanna, anzi, quasi diventa un ostacolo per partecipare alla vita civile completamente laicizzata. Ecco allora, che persino il prete per essere ben accetto, si confonde, si rende mondano, si pone in prima fila nella battaglia per cancellare la dimensione pubblica dei segni cristiani, proprio come “i nostri tre sacerdoti.” E ancora una volta la giustificazione esalta la laicità, senza accorgersi di dar credito al laicismo, magari incensando la virtù di quei “cattolici adulti”che nonostante tutto conservano uno straccio di fede.

E gli altri?

Nessuna religione può vivere se non attraverso una qualche dimensione pubblica. Il pubblico che ci viene presentato come il luogo della neutralità e della tolleranza, in realtà si rivela come lo spazio del nichilismo ateo, accanto al quale sono tollerate le singole religioni. Questo è il disegno laicista al quale una comunità credente, consapevole e seria deve opporre una cultura della laicità, che faccia tesoro della nostra tradizione cattolica, anche, sin dove è possibile, nello spazio pubblico.

Autore: Marco Luscia - libertaepersona.org -

 
 
 

UN ESEMPIO IN CHIAVE IRONICA SUI PARADOSSI DELLA NASCENTE DITTATURA DEI "GENDER"

Post n°6691 pubblicato il 06 Febbraio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Ditta australiana di assorbenti costretta a ritirare lo spot televisivo in cui, nella disputa tra un trans e una donna, quest'ultima vince facendo notare che lei ha le mestruazioni e lui no

Non è la prima volta che gli assorbenti femminili suscitano putiferi. Al tempo dei gloriosi Beatles, John Lennon, in un pub, se ne mise uno sulla testa e poi chiese alla cameriera: «Sai chi sono?». E quella rispose: «Sì, una testa di c…!». Al che il Lennon si infuriò e rovesciò il tavolo. Dovettero intervenire il proprietario e gli altri camerieri per sedare il tumulto. Quello usato dal Beatle, suppongo, era un assorbente britannico. La maledizione degli assorbenti, però, deve serpeggiare in tutto il Commonwealth, dato quel che ho letto sul Corsera.it in data 3 gennaio 2012 (a firma di Francesco Tortora). Il fatto è questo: gli assorbenti australiani Libra sono stati pubblicizzati in uno spot in cui si vedono due bionde, una naturale e una trans, nella ritirata di una discoteca. Si suppone che si tratti della toilette pour dames. Forse l'agenzia pubblicitaria non ha voluto approfondire questo particolare perché già di suo suscettibile di bagarre. Ricordate quando un incidente del genere (anzi, del gender) capitò al Parlamento italiano? Il deputato/a Vladimiro Guadagno, in arte Luxuria, pretendeva di usare il cesso delle femmine e la collega Elisabetta Gardini si opponeva. Non so come la querelle sia stata appianata: forse adesso la Camera ha variato i tipi di wc, adeguandosi alle nuove realtà lgbtc. Uno per ogni gender, così non litiga nessuno. E pure uno alla turca per rispetto all'islam. Ma torniamo allo spot della Libra. Libra, in latino, significa Bilancia anche nel senso zodiacale. Sarebbe, questo, il segno della mediazione, ma nel nostro caso si è rivelato zizzanico. Nel breve filmato, le due bionde fanno a gara di femminilità: io mi trucco gli occhi, e io me li trucco più di te; io mi assesto le poppe, e io ce le ho più grosse delle tue. Insomma, roba così. Alla fine, la biondina-vera cala l'atout e tira fuori l'assorbente: marameo, io ho le mestruazioni e tu no. E' stato questo il particolare che ha scatenato l'inferno, tanto che la ditta Libra si è dovuta scusare e ha ritirato lo spot. Potenza internazionale dei trans! La drag queen («regina del rimorchio») nella scena finale sbatte la porta, sconfitta e compaiono le parole: «Libra ti rende donna!». La (o il? boh) presidente di un'associazione transgender neozelandese ha spiegato che proprio questo è il punto: «La pubblicità è offensiva perché dice chiaramente che l'unico modo per essere donna è avere le mestruazioni. Inoltre veicola il luogo comune secondo cui le transgender non siano persone normali». La (il) sua/o omologa/o australiana mette il dito direttamente sulla piaga: «È chiaro che ci suggerisce che una transgender non è una donna». Eggià, hic sunt leones, è qui il punctum dolens. Un trans, secondo l'ideologia gender, è una donna al pari delle donne-donne. Mentre, secondo gli abitanti del «luogo comune», non sono «persone normali». Eppure, i transideologi non si rendono conto della contraddizione: non erano cinque i gender? In base a detta teoria, le donne sono donne e i trans trans; è una questione di scelta e di «orientamento». Se uno decide liberamente di fare il trans, perché si offende se gli danno del trans e non lo trattano da donna? E' vero, lo spot discrimina sugli assorbenti. E allora? Che io sappia, i trans, di essere diversi, se ne vantano. Il loro appeal, stando alle dichiarazioni dei loro frequentatori, sta proprio nel fatto di non essere donne né uomini, né maschi né femmine, bensì tutt'e due insieme. I trans sono più liberi degli altri, i cosiddetti normali (termine, quest'ultimo, sempre più ambiguo), e non solo perché possono usare indifferentemente ogni categoria di cesso pubblico. Possono vestirsi in ogni tipo di negozio, possono fare gli impiegati di giorno e le drag queen la notte, possono sedurre ognuno dei cinque genders attualmente esistenti (siamo in attesa degli altri cinque che Scienza & Fantasia stanno alacremente studiando per metterli a disposizione delle liberazioni prossime venture). Perché i transnazionali (come il partito pannelliano!) se la sono presa così tanto in tutto il mondo anglofono? Boh. Chi scrive è nato ai tempi in cui i sessi erano solo due e non può capire. Restiamo rammaricati per la povera ditta Libra, costretta alla ritrattazione anche se non comprendiamo quale segmento di mercato abbia timore di perdere. Altro boh. Le suggeriamo di non scoraggiarsi e, semmai, mettersi di buona lena a studiare un assorbente adatto ai trans, un transassorbente da esibire nel bagno delle donne mentre compare la scritta: «Sai chi sono?».

Antidoti - da BastaBugie.it -

 
 
 

6 GENNAIO GIORNATA MONDIALE CONTRO LE MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI

Post n°6690 pubblicato il 06 Febbraio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

135 milioni di donne mutilate nel mondo, cifra arrotondata per difetto, data l’impossibilità di una stima precisa, nei paesi di origine del fenomeno. Sono 2 milioni le donne a rischio infibulazione ogni anno.

La mutilazione genitale praticata alle bambine prevede due tecniche: l‘escissione con cui viene rimossa una parte dell’apparato genitale femminile o l’infibulazione che può avvenire con o senza escissione e che prevede la “cucitura”di parte della vagina.

Oggi 6 febbraio si celebra la Giornata Mondiale contro le mutilazioni genitali femminilil’immediato le conseguenze sono determinate, in alcuni casi, dalle scarse condizioni igieniche in cui viene operata la giovane donna: assenza di anestesia e sterilizzazione degli strumenti, pratiche eseguite con lamette di improvvisazione (pezzi di vetro, cocci, pietre, lattine), metodi di sutura rimediati (spine, stecche di legno); la bambina rischia di perdere la vita per le conseguenze delle inevitabili infezioni.

Anche qualora le condizioni igieniche siano “più curate”, le conseguenze psico-fisiche sono aberranti: shock , cheloidi, stenosi, cisti e difficoltà ad urinare, dismenorre.

L’intervento sulla parte più femminile della donna ha origini molto antiche, risalenti con probabilità a 3-4mila anni avanti Cristo. Sono giunti a noi documenti che testimoniano recisioni femminili ad opera di popolazioni di fenici, etiopi, ittiti, egiziani e perfino romani. Nel 15esimo secolo l’operazione era compiuta in occidente, in quanto causa di comportamenti criminali da parte dei soggetti femminili.Fino al 20esimo secolo in Europa si praticava la clitoridectomia per contrastare “malattie” quali: la masturbazione, l’isteria, la malinconia e la ninfomania ed ancora per tumori, emorroidi, cecità, epilessia, asma.

La pratica era dunque conosciuta in tutto il mondo, col tempo e con la presa di conoscenza della follia con cui veniva giustificata, è stata abbandonata 6 febbraio si celebra la Giornata Mondiale contro le mutilazioni genitali femminilie ripudiata nel mondo occidentale, mentre in alcuni paesi, sopratutto africani, viene ancora perpetuata; in Etiopia si procede con la mutilazione quando la bambina ha solo 8 giorni di vita, in Arabia 10 settimane, in Somalia 3-4 anni per la clitoridectomia o 8-10 per l’infibulazione, tra le tribù Masai si pratica dopo il matrimonio, altrove viene praticata a seguito della prima gravidanza.

In alcune aree più povere del globo, dove resistono culture ben radicate alla tradizione e dove l’informazione e il progresso sono uno strumento accessibile a pochi, l’infibulazione è un’operazione contemplata, percepita non come una condanna di sofferenza ma come uno strumento che combatte l’emarginazione. Infatti l’infibulazione è la condizione, in certe culture, necessaria per l’identificazione della donna come moglie e madre, in linea con il modello sociale accettato dalla comunità; senza, la donna perde il suo status, rimanendo emarginata. Il fenomeno rientra nella “normalità culturale”.

Figlia di una tradizione “culturale” maschilista questa è una realtà che riguarda anche l’Italia , secondo l’associazione “Albero della Vita” difatti nel nostro paese sono a rischio più di 90mila donne, delle quali 7.700 sono bambine.

Fortunatamente, grazie alla campagna di sensibilizzazione e a decreti di governi che ne sanciscono l’illegalità, anche nelle zone più povere della Terra, il fenomeno sta scemando; sempre più donne mutilate nei paesi di origine, ricorrono a centri specializzati, nell’Ospedale Careggi di Firenze, è stato predisposto un ambulatorio che si occupa delle donne che hanno subito mutilazioni degli organi sessuali; qui ogni hanno si praticano circa 200 operazioni di de-infibulazione, viene fornito sostegno psicologico e sanitario per restituire loro una vita “normale”.

L’informazione è volta a diffondere i danni psico-fisici che la donna mutilata vive; solo capendo le conseguenze, troppo spesso ignorate, si possono superare le reticenze di chi si dichiara fedele alla tradizione.

In Italia la pratica di mutilazioni genitali femminili è stata vietata con la legge 7 del 9 gennaio 2006 che prevede pene detentive da 4 a 12 anni per chi la pratica, con aggravante se la vittima è minorenne. Ricordiamo che dal novembre 2009  sempre in Italia è stato istituito dal Ministero dell’Interno un numero verde gratuito 800 300 588 dedicato a raccogliere denunce di atti di questo tipo e volto a indicare informazioni fornire informazioni sulle strutture sanitarie più vicine alla propria abitazione nonché aiutare le donne straniere provenienti da paesi dove si praticano queste mutilazioni emigrate in Italia.

 
 
 

ECCO COME IL GOVERNO "TECNICO?!!" VUOLE MUTARE L'ANTROPOLOGIA UMANA

Post n°6689 pubblicato il 06 Febbraio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

“La diversità è un valore, deve essere tra le cose che i bambini imparano da piccoli. I semi si gettano tra i bambini e soprattutto nelle scuole. La collaborazione è già avviata con il Ministro dell’Istruzione Francesco Profumo”.

Così, Elsa Fornero, titolare del Ministero del Lavoro, durante l’audizione dello scorso 31 gennaio davanti alle commissioni Affari costituzionali e Lavoro a Montecitorio, sulle linee programmatiche del suo dicastero in materia di pari opportunità.

La Fornero ha ricevuto il plauso di Daniel Baer, vice assistente del Segretario di Stato dell’amministrazione americana – “Avere ministri che fanno questo tipo di dichiarazioni pubbliche ha un grande impatto”, ha affermato – da tempo impegnata nell’ingraziarsi le potenti lobby omosessuali americane in vista del voto presidenziale di quest’anno.

“Il mio impegno – ha aggiunto la Fornero – è pieno contro le discriminazioni anche verso gli omosessuali ed i transgender. E’ sotto gli occhi di tutti il grave ritardo culturale, di apertura mentale che il nostro Paese rappresenta in tema di pari opportunità, nell’accesso ai diritti rispetto alle diversità”.

Siamo curiosi di conoscere quali saranno i “semi” che i membri di questo Governo vorranno lanciare. Essendo per la maggior parte studiosi, si può prevedere imitino i loro colleghi dell’Università di Oxford, che hanno reinventato la trascrizione del Nuovo Testamento.

Anche ai bambini italiani sarà imposto di dire “Padre/Madre nostro che sei nei cieli”, in nome degli “enormi ritardi culturali” del nostro Paese? Sempre in Inghilterra, qualche anno fa, per combattere “le tendenze omofobiche e il bullismo radicate già nelle scuole elementari e per non urtare la sensibilità di chi non appartiene a u­na famiglia tradizionale”, il Ministro della Scuola emanò una direttiva in base alla quale ai bambini, sin dai quattro anni, fu vietato di pronunciare le parole “mamma” e “papà”, per comprendere che possono esistere genitori dello stesso sesso.

Al loro posto, fu indicato di usare il termine “genitore”. Nella stessa direttiva, si prevedeva che alle scuole medie e a quelle superiori, quando si parla di matrimonio, vigesse l’obbligo di sottolineare l’esistenza delle unioni civili e dei matrimoni fra omosessuali, per invitare gli alunni “alla tolleranza”.

E’ fuori discussione il fatto che l’orientamento sessuale debba essere rispettato e non debba essere oggetto di discriminazioni. Il rispetto, però, non si può trasformare nell’intendimento di stravolgere i principi della legge naturale. Dire che esiste il diritto umano a unioni matrimoniali tra persone dello stesso sesso, equivale a mutare l’antropologia umana.

Così come riteniamo sia lesivo della persona-bambino, insegnargli che non faccia nessuna differenza provare attrazione per una persona dello stesso sesso o di un sesso diverso. Ha scritto Dale O’Leary, membro della “Catholic Medical Association”, nel 2007: “La questione del ‘genere’ è la chiave intorno a cui, da vent’anni, gira tutto il tentativo di buttare all’aria l’ordine naturale del mondo, senza darlo a vedere.

Adottare una prospettiva di genere, spiega un documento dell’Instraw, un istituto che fa parte dell’Onu, significa ‘distinguere tra ciò che è naturale e biologico e ciò che è costruito socialmente e culturalmente, e rinegoziare i confini tra il naturale e la sua inflessibilità, e il sociale’.

Questo comporta rifiutare l’idea che l’identità sessuale sia iscritta nella natura, nei cromosomi, e affermare che ciascuno si costruisce il proprio ‘genere’ fluttuando liberamente tra il maschile e il femminile, transitando per tutte le possibilità intermedie”.

E’ questo il programma che vuole proporre il Ministro del Lavoro? In questo caso, ci chiediamo se i Ministri “benedetti” nella riunione di Todi del settembre scorso, avranno qualcosa da dire.

(di Danilo Quinto) - corrispondenzaromana.it -

 
 
 

RIBELLI AL PAPA: LO SCISMA SILENZIOSO

Post n°6688 pubblicato il 06 Febbraio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Le Chiese del nord e del centro Europa sono attraversate da venti di ribellione. C’è chi lo chiama «scisma silenzioso», chi invece minimizza. Di certo di tratta di un fenomeno preoccupante, che interessa Paesi di antica tradizione cattolica, come l’Austria o il Belgio.

In Belgio, ad esempio, oltre duecento sacerdoti, spalleggiati da migliaia di fedeli, chiedono per iscritto l’ammissione dei divorziati risposati alla comunione, l’ordinazione sacerdotale di uomini sposati ma anche delle donne, nonché la possibilità per i laici di tenere l’omelia durante la messa domenicale. A colpire, dell’appello belga, sono le firme. Tra i sottoscrittori del manifesto progressista ci sono infatti personalità molto in vista del cattolicesimo, come il rettore onorario dell’Università cattolica di Lovanio, Roger Dillemans; il governatore della provincia delle Fiandre occidentali Paul Breyne, gli ex del Consiglio pastorale interdiocesano e alcuni noti sacerdoti. Nell’appello di legge: «Siamo convinti che, se come credenti prendiamo la parola, i vescovi ascolteranno e saranno pronti a portare avanti il dialogo su queste riforme urgentemente necessarie».

Come si ricorderà, nel 2010 – un vero annus horribilis per la Chiesa belga – la polizia tenne prigioniera per un giorno intero l’intera conferenza episcopale, mentre venivano aperte le tombe dei cardinali alla ricerca di documenti sulla pedofilia che solo una mente alla Dan Brown poteva immaginare venissero custoditi nei sepolcri degli arcivescovi passati a miglior vita. Lo scandalo della pedofilia viene agitato dai firmatari dell’appello per giustificare una revisione della norma del celibato: peccato che le statistiche abbiano ampiamente dimostrato come non vi sia un legame tra celibato e pedofilia, dato che la gran parte di questi terribili abusi avviene in famiglia.
A Buizingen, a sud ovest di Bruxelles, dopo la morte del vecchio parroco della chiesa di don Bosco, per il quale non si è trovato un sostituto, i parrocchiani hanno costituito un movimento alternativo facendo celebrare la messa a dei laici.

Movimenti simili già da anni sono diffusi in Austria, dove ben 329 parroci hanno aderito alla cosiddetta “Pfarrer-Initiative”, un «appello alla disobbedienza» nel quale vengono richieste urgenti riforme nella Chiesa. Vale la pena di ricordare che proprio in Austria, nella diocesi di Linz, si è verificato uno degli incidenti di percorso che hanno segnato il pontificato di Benedetto XVI. Nel gennaio 2009 il Papa aveva infatti nominato vescovo ausiliare di Linz Gehrard Wagner, costretto a dimettersi prima di essere consacrato perché considerato “troppo conservatore”. Tra coloro che a gran voce chiedevano le sue dimissioni c’era un canonico della diocesi di Linz che non faceva mistero di convivere con una donna.

I firmatari dell’«appello alla disobbedienza» hanno coinvolto altri gruppi di base (come “Noi siamo Chiesa”), che da anni avanzano richieste simili alla Santa Sede, e cioè l’abolizione dell’obbligo del celibato per i preti della Chiesa latina, la comunione ai divorziati risposati e il sacerdozio femminile. Nelle scorse settimane i dissenzienti hanno minacciato di voler procedere con le “messe” celebrate dai laici, nel caso non vengano accolte le loro richieste di ordinare preti uomini sposati e donne.

A questo proposito è bene ricordare che le due richieste non si equivalgono di certo: la Chiesa cattolica considera il celibato dei preti un dono prezioso da difendere, ma ammette eccezioni alla scelta celibataria – disciplina che ha motivazioni anche teologiche – nel caso dei preti cattolici appartenenti alle Chiese orientali (che possono essere sposati prima dell’ordinazione) o nel caso più recente degli anglicani che rientrano in comunione con Roma. Ben diversa è la richiesta di ordinazione sacerdotale per le donne, dichiarata più volte inammissibile e oggetto di una specifica lettera apostolica di Giovanni Paolo II (Ordinatio sacerdotalis, 1994), nella quale il Papa scriveva: «Benché la dottrina circa l’ordinazione sacerdotale da riservarsi soltanto agli uomini sia conservata dalla costante e universale Tradizione della Chiesa e sia insegnata con fermezza dal Magistero nei documenti più recenti, tuttavia nel nostro tempo in diversi luoghi la si ritiene discutibile, o anche si attribuisce alla decisione della Chiesa di non ammettere le donne a tale ordinazione un valore meramente disciplinare». «Pertanto – concludeva il beato Giovanni Paolo II – al fine di togliere ogni dubbio su di una questione di grande importanza, che attiene alla stessa divina costituzione della Chiesa, in virtù del mio ministero di confermare i fratelli, dichiaro che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli».

Lo scorso 6 novembre i protestatari austriaci hanno siglato un nuovo documento sull’«Eucaristia in tempi di carenza di preti», nel quale si definiscono «regole obsolete» quelle in vigore nella Chiesa e il celibato sacerdotale è una «prassi tardiva». Si chiede di «affidare la guida delle comunità e la celebrazione dell’eucaristia a uomini e donne sposati», e si afferma che «Il cammino verso l’ordinazione femminile non può essere ostacolato da divieti del Papa di discuterne», perché ogni comunità «ha diritto a una guida, uomo o donna».

Il cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, e il vescovo di St. Pölten Klaus Küng hanno definito queste proposte «una rottura aperta con una verità centrale della nostra fede cattolica» e «grande pericolo». Anche se i sondaggi vanno presi con le pinze e adeguatamente relativizzati, destano preoccupazione in Vaticano i risultati di un’indagine promossa dalla Tv austriaca Orf, secondo la quale ben il 72 per cento dei sacerdoti del Paese sarebbero favorevoli all’«appello alla disobbedienza». Il 71 per cento vorrebbe abolire l’obbligo del celibato e il 55 per cento aprire alle donne prete. Ogni giorno che passa, lo spettro di uno scisma diventa sempre più incombente e minaccioso.

Si sbaglierebbe a sottovalutare questi segnali, che a noi italiani suonano così lontani. E si sbaglierebbe a credere che questi fenomeni siano diffusi soltanto in alcune Chiese centro-europee note per la loro effervescenza e storicamente caratterizzate dal confronto con il mondo del protestantesimo. Notizie simili giungono infatti anche da altri Paesi e altre latitudini. Negli Stati Uniti ci sono 157 sacerdoti che manifestano contro il Papa, chiedendogli di annullare l’obbligo del celibato e di aprire all’ordinazione delle donne prete. Mentre in Australia un migliaio di fedeli della diocesi di Toowoomba, vicino a Brisbane, nel sudest del Paese, hanno inviato a Benedetto XVI una missiva per contestare la decisione resa nota lo scorso maggio di rimuovere il sessantasettenne vescovo William M. Morris. Monsignor Morris si era detto possibilista sull’ordinazione delle donne prete e per rimediare alla mancanza di sacerdoti aveva chiamato alle celebrazioni pastori protestanti. I firmatari della lettera spedita in Vaticano chiedono spiegazioni sulla rimozione di Morris e chiedono anche che «mai più un trattamento del genere si ripeta in altre diocesi dell’Australia».

L’emergere di questo dissenso addolora il Papa, che continuamente richiama alla conversione invitando a non pensare che la soluzione sia nel cambiamento delle strutture o nell’adeguamento dei «ministeri». Nel pieno della bufera post-conciliare, il 4 giugno 1970 a Monaco di Baviera, l’allora professor Joseph Ratzinger tenne una conferenza intitolata: “Perché oggi sono ancora nella Chiesa”. Disse che «la riforma, nel suo significato originario, è un processo spirituale molto vicino alla conversione e in questo senso fa parte del cuore del fenomeno cristiano; soltanto attraverso la conversione si diventa cristiani, e questo è valido per tutta la vita del singolo e per tutta la storia della Chiesa». «Se la riforma viene allontanata da questo contesto, dallo sforzo della conversione – concludeva Ratzinger – e se ci si aspetta la salvezza solo dal cambiamento degli altri, da forme e adattamento al tempo sempre nuovi», la riforma «diventa una caricatura di se stessa».

di Andrea Tornielli - labussolaquotidiana.it -

 
 
 
 
 

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Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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