ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 18/02/2012

LA FARBALLA DI BELEN E LA SPERANZA DI TROVARE IN VIDEO DONNE CAPACI DI VALORIZZARE LA BELLEZZA

Post n°6751 pubblicato il 18 Febbraio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Che Belen avesse o no le mutande, poco conta

Dopo le provocazioni di Celentano a tenere desta l’attenzione sul Festival della Canzone Italiana è stata la farfalla che Belen ha tatuata sull’inguine e che ha prontamente esibito con un abito studiato ad hoc perché uno spacco vertiginoso non lasciasse spazio all’immaginazione.

Tutti a chiedersi se la soubrette aveva o non aveva le mutande, come se fossero due centimetri di pizzo in più o in meno a cambiare la sostanza.

Meno male che Belen è schietta, e non ha finto che si fosse trattato di un imprevisto, di una cucitura venuta male, un incidente di percorso, no, ha rilasciato un’intervista dove ha chiarito: "Sono la donna delle provocazioni, mi piacciono i contrasti. La prima sera mi sono presentata come una principessa, con i capelli raccolti e il vestito nero; la seconda ho esagerato. Ho fatto, com'è che si dice... l'ammaliatrice. Ma gli slip c'erano", (ora siamo più tranquilli?) e poi per ribattere alle dichiarazioni del Ministro Fornero ha aggiunto: "Faccio parte del mondo della tv e la tv è show. Non scrivo le leggi. Farebbe clamore se fosse una parlamentare a scendere le scale con quello spacco".

A dire il vero che Belen avesse o no le mutande, poco conta, è chiaro a tutti che ogni mezzo vale per tenere il popolo attaccato alla tv.

Dell’immagine che diamo all’estero, poco importa. Si tratti di politici dediti al bunga bunga, di rifiuti che soffocano le città o di Festival che dovrebbero essere della canzone Italiana e non del delirio di onnipotenza di un predicatore o della farfalla inguinale di una furba soubrette a nessuno importa nulla se non del ritorno di audience.
Come a nessuno importa davvero dell’immagine veicolata ai giovani, siamo il paese dove il cantante minorenne non può cantare dopo mezzanotte, ma sul palco del Festival si sprecano i doppi sensi, e le allusioni.

Che fare? Spegnere come fa il ministro Elsa Fornero? Anche.

Che dire? Predicare come fa Celentano? Ne abbiamo abbastanza di prediche e sfide a singolar tenzone.

Diceva De Andrè “si sa che la gente da' buoni consigli, se non può dare cattivo esempio.”

Io direi che non rimane che “educare”.

Sfidare il relativismo che impregna ogni ambito della nostra vita, riscoprendo la forza della bellezza, la necessità di ricominciare ad assumersi delle responsabilità, nei confronti dei figli, della famiglia, della società.

Crescere figli che possano vedere esempi buoni, lavorare perché i giovani capiscano che ci si può appassionare alla vita e che la passione per la vita rende tutto nuovo, lo studio, il lavoro la fatica. Educare giovani capaci di lottare per la libertà, non confondendola con la possibilità di fare ciò che si vuole, ma di amare ciò che conta.

Solo così ci saranno donne capaci di valorizzare la bellezza come un dono caduco, arriverà il giorno in cui le rughe vinceranno, il seno soccomberà alla forza di gravità, ma se si sarà veramente vissuto, vincerà il fascino di chi ha molto amato, e intensamente vissuto.

Certo, non è facile, è come risalire la corrente, ma non vedo altro modo di cambiare il mondo e costruire il futuro se non quello di ripartire dall’IO”, dalla bellezza, dall'allegria, dalla riscoperta del vero senso del vivere.


Il colore è la tastiera
Gli occhi sono l’armonia
L’anima è il piano
L’artista è la mano che suona
toccando le chiavi che fanno vibrare
le corde dell’anima


(Wassili Kandinsky)

- Buggio Nerella - culturacattolica.it -

 
 
 

GIOVANI SENZA META, LE COLPE DEGLI ADULTI, I TROPPI IDOLI E I POCHI MAESTRI

Post n°6750 pubblicato il 18 Febbraio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Nel dibattito odierno sull'educazione si continua a porre giustamente l'accento sulla figura dell’adulto, sulla sua immaturità e sul suo desiderio di rimanere sempre “giovane”, nel senso di adolescente. E' la cosiddetta “sindrome di Peter Pan”.

Vorrei partire da una vicenda che mi ha colpito molto l’anno scorso. Una mia ex-studentessa mi telefonò per comunicarmi che avevano ritrovato morta in un parco di Milano una sua compagna. L’autopsia avrebbe dato il responso più prevedibile: fatale per lei il cocktail di alcool e droga. Si può morire a soli ventiquattro anni di tristezza, di solitudine nel tentativo di far tacere in ogni modo quell’«abisso di vita» che sentiamo in noi, quell’esigenza di amore, di affetto, di felicità che è quasi insostenibile quando ci si sente da soli!

Qualche mese più tardi un altro ex-studente della scuola di Milano dove insegnavo anni or sono muore in un incidente in moto. Ricordo ancora quando mi disse: «Sa professore, ho visto un film, "Notte prima degli esami", che mi ha fatto capire perché valga la pena vivere. Un personaggio del film sostiene che nella vita è importante non quanto troviamo alla fine della strada, cioè il Destino, ma l’emozione che abbiamo provato lungo la strada». Morire a vent’anni di troppo desiderio di vita o, forse, morire a vent’anni perché nessuno ci ha mai detto perché valga la pena davvero faticare, alzarsi al mattino, prendersi le proprie responsabilità, far famiglia, …

Il messaggio di quel film, che ha avuto molto successo presso i giovani, ma soprattutto presso quella generazione di trentenni e quarantenni che con nostalgia vivono il presente rimpiangendo l’adolescenza perduta o forse mai finita, testimonia la cultura imperante oggi. Non sono tanto importanti la strada e la meta cui essa conduce, quanto l’emotività, la suggestione del momento, l’intensità dell’istante slegato completamente dal Destino, dal bene, dalla realizzazione, dal compimento.

Vivi l’istante per l’istante, sembra essere l’imperativo categorico di oggi, in un becero e superficiale carpe diem, che sprona in realtà a considerare come momenti forti solo il sabato sera, le feste, la notte, e a considerare di poco conto tutto quanto è quotidianità e normalità. La maggior parte tra gli adulti si chiedono che cosa sia successo ai giovani, così cambiati, così irresponsabili, così poco capaci di sopportare la fatica. Vi dirò con tutta onestà che io non mi sento parte di questo gruppo di adulti sempre pronti ad accusare i giovani.

La mia esperienza di insegnante mi ha portato in questi anni a verificare come i giovani, nella maggior parte dei casi, si coinvolgano quando viene fatta loro una proposta forte, decisa, vera. Non dobbiamo chiederci che cosa sia successo ai giovani di oggi, ma cosa sia successo a noi adulti. Non abbiamo più il coraggio del pensiero forte, così presi dal pensiero debole, non facciamo più proposte in cui davvero crediamo. Le proposte che facciamo sono spesso per gli altri, non per noi stessi, siamo noi i primi a non crederci. Scriveva s. Ignazio di Antiochia che «si educa bene con quel che si dice, si educa meglio con quel che si fa, si educa ancor meglio con quel che si è».

L’azione educativa mette in moto un educatore che in primo luogo deve educare se stesso. Nell’azione educativa ci sono in gioco un maestro, un giovane, una proposta o ipotesi di interpretazione del reale che il giovane deve poter verificare. Solo attraverso la verifica la persona cresce nell’esperienza. Come può fare esperienza? Confrontando quello che vive, che incontra con il proprio cuore, ovvero con la propria esperienza di felicità, di bellezza, di amore. Da questo confronto costante con il proprio cuore nasce il giudizio, senza il quale non c’è esperienza, non c’è crescita.

Il mondo degli adulti di oggi non è più capace di fare proposte forti, non è più capace di educare il mondo dei giovani ad una verifica. C’è da chiedersi se sia stato mai educato a sua volta a questo impegno serio e affascinante con la realtà. Varrebbe la pena per noi adulti leggere quel testo geniale che è Il rischio educativo da Don Luigi Giussani. In quel testo il prete scriveva: «La vera educazione deve essere un’educazione alla critica. Fino a dieci anni (adesso forse anche prima), il bambino può ripetere ancora: “L’ha detto la signora maestra, l’ha detto la mamma”. Perché? Perché, per natura, chi ama il bambino mette nel suo sacco, sulle spalle, quello che di meglio ha vissuto nella vita, quello che di meglio ha scelto nella vita. Ma, ad un certo punto, la natura dà al bambino […] l’istinto di prendere il sacco e di metterselo davanti agli occhi […]. Portato il sacco davanti agli occhi, ci si rovista dentro. Dunque, il giovane rovista dentro il sacco e con questa critica paragona quello che vede dentro, cioè quel che gli ha messo sulle spalle la tradizione, con i desideri del suo cuore: il criterio ultimo del giudizio, infatti, è in noi, altrimenti siamo alienati. Ed il criterio ultimo, che è in ciascuno di noi, è identico: è esigenza di vero, di bello, di buono».

Noi adulti dobbiamo riappropriarci del nostro cuore, della nostra capacità di giudizio prima di poter insegnare ai nostri giovani che la vita vale davvero la pena di essere vissuta, prima di poter dire loro di confrontare sempre quanto vivono con la propria esigenza vera di felicità e di bene. Questa è una sfida che riguarda noi tutti!

Troppi idoli, pochi maestri

Si assiste, così, ad una parcellizzazione del sapere e ad un affrancamento delle discipline dal Mistero e dal significato totale. Nel sistema culturale moderno, nel paradigma culturale relativistico dominante, ogni pezzo del puzzle è percepito come slegato dal disegno complessivo da costruire.

Nel mondo della scuola, ad esempio, spesso, gli insegnanti si pongono come informatori che forniscono delle nozioni, ma si disinteressano totalmente del compito educativo, che richiede il legame tra il particolare presentato e il tutto, ovvero il suo significato. Fornire ai ragazzi più pezzi del puzzle non servirà loro a capire maggiormente la realtà, nel caso in cui manchi l’immagine da ricostruire. Nell’epoca contemporanea ci sono più nozioni, più discipline rispetto al Medioevo, ma non si dispone del disegno da ricomporre, anzi in molti ambiti si nega che questo esista. Paradossalmente in questa situazione l’aumento delle informazioni potrebbe creare sempre  più confusione, come se in una stanza aumentasse il numero degli oggetti, ma non si disponessero in ordine o non crescesse lo spazio in cui disporli. Quando offriamo ad un bimbo o ad un ragazzo i pezzi di un puzzle, se desideriamo che lui possa utilmente sfruttarli, dobbiamo anche offrirgli l’immagine da ricostruire.

Nel panorama mass mediatico, invece, i giovani hanno davanti a sé molti idoli, che mostrano se stessi, non la verità e la bellezza, come risposta al cuore dell’uomo. Gli idoli non sono compagnia nel cammino dell’esistenza. Se lo fossero, mostrerebbero tutta la loro inconsistenza. Gli idoli sembrano affascinare per la loro presunta autonomia, per l’autosufficienza, come se fossero in grado di darsi la felicità da soli. L’uomo autentico, il giovane come l’adulto, percepisce che non ha bisogno di idoli, ma di maestri.

Solo apparentemente questo modello umano di divo idolatrato, non impegnato con il reale, in apparenza  solare, che non sente il peso della vita e delle difficoltà, si contrappone alla cultura intellettuale che ha caratterizzato il secolo ventesimo. La leggerezza dell’io è l’altra faccia della medaglia dell’insostenibile pesantezza di una realtà percepita come assurda e inconoscibile, carcere tetro e ragnatela che impedisce di evadere. La leggerezza dell’essere è conseguenza dell’incapacità a reggere un rapporto vero con la realtà, che è diventata insopportabile, una volta che si è fatto fuori il Mistero, il Creatore, il Destino, una volta che si è soli e che ci si percepisce da soli. L’uomo leggero, così come è veicolato dai mass media, non comunica davvero, non si mette in relazione con gli altri, è autonomo, non ammette responsabilità, non si prende cura degli altri, ma solo di se stesso. O così almeno crede.

Se è difficile o addirittura impossibile sostenere l’uomo e la sua speranza, allora è preferibile scordarsi dell’uomo e della sua domanda. Infatti, una volta persa la chiave di accesso al reale, questo non è più affrontabile. Quando non si guarda più in profondità la realtà con lo stupore del bambino, quando la realtà non è più segno di Altro e possibilità di inoltrarsi in un senso, allora l’unica possibilità è escludere il reale ed evadere in un mondo che non ha problemi. Crediamo che sia questa una delle possibili interpretazioni del desiderio della cultura contemporanea di non sottostare al reale, ma di creare col pensiero (l’esito è l’ideologia) o di evadere in mondi virtuali e immaginari.

Per questo oggi sempre più è necessaria la presenza di maestri. Il maestro, colui che guida e che è autorevole, non rimanda mai a sé come risposta ai problemi della vita, ma comunica altro, indirizza al bene e conquista gli altri proprio perché non avvinghia a sé. Il maestro sprona al «desiderio del mare aperto», non si sofferma sulla noia del particolare slegato dal desiderio di navigare. Come descrive bene questo atteggiamento Antoine de Saint Exupery nella Cittadella quando scrive: «Se vuoi costruire una barca, non radunare uomini per tagliare legna, dividere i compiti e impartire ordini. Ma insegna loro la nostalgia per il mare vasto e infinito».

Se si togliesse la brama del navigare, per quale motivo si dovrebbe faticare a tagliare la legna? E ancora, come si può educare qualcuno intimorendolo, facendo pensare che nella vita bisogna avere soltanto paura? Che cosa possiamo dare a noi stessi, ai nostri figli, ai nostri studenti, alle persone cui vogliamo bene se non il bello e il vero che incontriamo? I divi idolatrati, invece, presentano sé come la soluzione. Nella Cittadella compare ancora la figura del capo che istruisce i generali spronandoli ad essere pienamente uomini mantenendo vivo il desiderio. Confessa loro: «La torre, la roccaforte o l’impero crescono come l’albero. Esse sono manifestazioni della vita in quanto è necessario che ci sia l’uomo perché nascano. E l’uomo crede di calcolare. Crede che la ragione governi l’erezione delle sue pietre, quando invece la costruzione con quelle pietre è nata dapprima dal suo desiderio. La roccaforte è racchiusa in lui, nell’immagine che porta nel cuore, come l’albero è racchiuso nel seme. I suoi calcoli non fanno altro  che dare forma al suo desiderio e illustrarlo. […] Voi perderete la guerra perché non desiderate nulla».

Sono parole profetiche quelle di A. de Saint Exupery, che nel contempo indicano un punto da cui ripartire, per i giovani come per gli adulti: il desiderio infinito del cuore. Questa è la strada per vincere la sfida educativa.

- Giovanni Fighera - www.labussolaquotidiana.it - donboscoland.it -

 
 
 

DIO CONTRO SATANA, LA BATTAGLIA FINALE

Post n°6749 pubblicato il 18 Febbraio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Pubblichiamo un passaggio del libro "L'ultimo esorcista - La mia battaglia contro Satana" scritto da padre Gabriele Amorth con Paolo Rodari (Piemme, 2012). Come dicenell'introduzione lo stesso autore, l'esorcista vivente più famoso, il titolo è "volutamente provocatorio. È ovvio che io non sono l’ultimo esorcista rimasto in questo mondo. Dopo di me altri ce ne saranno e già ce ne sono, anche di giovani. Ma nel mondo siamo in così pochi che ognuno di noi nella sua battaglia quotidiana si sente inevitabilmente come se fosse l’ultimo, l’ultimo esorcista chiamato a combattere contro il grande nemico, il principe di questo mondo, Satana. La Chiesa, ancora oggi, fa poco per formare nuove leve di esorcisti. Poco fanno i vescovi. È questo il mio cruccio ed è per questo motivo che ho accettato che il libro uscisse con questo titolo".

L’attacco di Satana è rivolto principalmente a chi nel mondo ricopre posti di potere. Perché fare suoi uomini che hanno grandi responsabilità significa a cascata fare sue tantissime altre persone. E poi i più attaccati sono gli uomini di Chiesa. Perché? Perché loro dovrebbero essere i santi di Dio e invece se si fanno sopraffare da Satana divengono all’opposto i suoi nemici.
Satana attacca anzitutto il Papa. Il suo odio per il successore di Pietro è feroce. L’ho sperimentato nei miei esorcismi. Quando nomino Giovani Paolo II i demoni schiumano rabbia. Altri tremano. Altri ancora urlano e supplicano di non nominarlo più. Così anche con Benedetto XVI. Ogni gesto di Joseph Ratzinger, le sue liturgie così composte e piane, sono un potente esorcismo contro la furia del demonio.

Dopo il Papa Satana attacca i cardinali, i vescovi e tutti i preti e i religiosi. È normale che sia così. Nessuno si deve scandalizzare di questo. E nemmeno ci si deve scandalizzare se alcuni, nella Chiesa, cedono alle sue lusinghe e si fanno sopraffare. I preti, i religiosi e le religiose sono chiamati a una dura lotta spirituale. Non devono cedere mai al demonio. Se aprono la porta della propria anima, anche poco, al demonio, questi entra e si prende tutta la loro vita.

Un giorno, come già ho raccontato, suor Faustina Kowalska vide lucidamente l’inferno. E dentro l’inferno vide il luogo che Satana ha preparato per i sacerdoti, i sacerdoti dannati per l’eternità. Ecco il racconto di suor Faustina: «Allora il sentiero che io seguivo s’aprì e mi trovai in un’altra cavità sopra la prima e più orribile. Là si tenevano i sacerdoti indegni che avevano avuto l’audacia di ricevere sacrilegamente nelle loro mani e nel loro cuore il Figlio della vergine. Quei miserabili
soffrivano tali torture che tutte quelle di cui ho parlato non sono nulla a confronto. Erano tormentati specialmente nelle parti del corpo che avevano toccato l’ostia consacrata; pel dolore si facevano scoppiare le mani ch’erano divenute come carboni ardenti; le loro lingue erano come fatte a pezzi e penzolavano fuori dalla loro bocca per signifi care i loro sacrilegi; tutto l’interno del loro corpo e specialmente il loro cuore era divorato dal fuoco e in preda a orribili dolori. Là io vidi drizzarsi, come un serpente che vuol saltare, un cattivo sacerdote ch’io conobbi e che era morto subitaneamente dopo aver dato gravi scandali. Mi fissò con rabbia e subito ricadde nel più profondo della fornace».

Io dico: la misericordia di Dio può tutto. Non è mai troppo tardi per pentirsi, per tornare a Dio. Di certo c’è un fatto. Non si può dimenticare che lo scandalo della pedofilia nel clero è scoppiato in questi ultimi decenni. Questo è il tempo della furia di Satana sul mondo. Una furia che colpisce in modo potente soprattutto la Chiesa. Il fatto che gli scandali siano usciti allo scoperto è un bene. Perché permette alla Chiesa di fare penitenza, di ravvedersi, di non peccare più.

Il mondo è in mano al potere del demonio. Con Satana ci sono tanti suoi profeti. Tante persone che la Bibbia chiama falsi profeti. Falsi perché portano alla menzogna e non alla verità. Queste persone esistono fuori ma anche dentro la Chiesa. Si riconoscono subito: dicono di parlare nel nome della Chiesa e invece parlano nel nome del mondo. Chiedono alla Chiesa di vestire i panni del mondo e così facendo confondono i fedeli e portano la Chiesa in acque non sue. Sono le acque del maligno. Le acque che la Bibbia descrive in modo mirabile nel suo ultimo testo, l’Apocalisse.

La rabbia di Satana esiste da quando esiste il mondo. Ma da quando Dio ha mandato nel mondo suo Figlio, Gesù, questa rabbia è divenuta più forte. Da quando c’è Gesù lo scontro tra i due eserciti è aperto, frontale. Satana aizza il popolo contro Cristo e riesce a convincerlo che è necessario ucciderlo. La morte di Gesù è la vittoria di Satana. Una vittoria apparente perché in realtà con la risurrezione è Cristo che trionfa. Ma il suo trionfo non cancella il male. Non cancella la presenza del drago, la bestia, Satana. Questi c’è ancora ma da quando è venuto Cristo l’uomo ha la certezza che, se si affida a lui, può farcela. Pur nella difficoltà della vita, può sconfiggere la morte.

Oggi, duemila anni dopo la venuta di Cristo, la lotta è più aspra. Siamo a uno scontro finale. Da una parte l’esercito di Satana. Dall’altra l’esercito di Dio con tutti i suoi santi e i suoi martiri, gente che effonde il proprio sangue a beneficio di coloro che rimangono a lottare. Ogni goccia di sangue dei martiri è usata da Dio nella infinita battaglia contro il demonio.

Disse la Madonna a Medjugorje il 14 aprile del 1982: «Dio ha permesso a Satana di mettere la Chiesa alla prova per un secolo» ma ha aggiunto: «Non la distruggerai. Questo secolo in cui vivete è sotto il potere di Satana ma, quando saranno realizzati i segreti che vi ho affidati, il suo potere sarà infranto».

Parole che ci dicono che se Satana oggi è all’opera, all’opera contro di lui c’è anche la Madonna. Sappiamo poco dei segreti affidati ai veggenti di Medjugorje. Sappiamo però che quando – presto, molto presto – questi segreti si realizzeranno, il drago sarà sconfitto e il regno della luce trionferà.

Gabriele Amorth e Paolo Rodari - labussolaquotidiana.it -

 
 
 

CERTI BAMBINI, INCREDIBILMENTE SPECIALI

Post n°6748 pubblicato il 18 Febbraio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

La sindrome Asperger e la genialità

“Molto forte incredibilmente vicino” è un film in uscita al cinema tra febbraio e marzo 2012. Prima ancora è un libro di Jonathan Safran Foer pubblicato nel 2005, che parte dall´attentato alle torri gemelle per indagare in termini universali i temi di perdita e morte. E prima ancora è la storia di un bambino speciale, cui sono arrivata casualmente passeggiando tra gli scaffali della libreria Masone prima di un cortometraggio del giovedì sera.

Nel trafiletto della copertina c´era una sintetica presentazione del protagonista: “Oskar è newyorkese di 9 anni a suo modo geniale, ama inventare singolari dispositivi”. Poche informazioni ma sufficienti per incuriosirmi – “che vorrà dire, a suo modo geniale?”.

Comincio a conoscere Oskar e comprendo che “geniale” sta anche e soprattutto per “speciale”. Uno speciale per pochi, di quelli che i professionisti del settore nominano con un´etichetta precisa. Non cercatela su internet che potreste imbattervi in qualcosa scritto male.

Facendo una ricerca ho letto un po´ di tutto: - Oskar ha una leggera forma di autismo -, come se ripararsi sotto il letto o tirare la lampo del sacco a pelo di sé stesso o farsi lividi per proteggersi dalle emozioni, fosse qualcosa di “leggero”. - Oskar ha un morbo. – Etimologicamente morbo deriva da mors, morte, come se essere in qualche modo speciali e non mangiare il cioccolato, vestirsi solo di bianco, essere rigidi, voler stare soli, conducesse necessariamente alla fine di se stessi.

E poi - Oskar ha la malattia di Asperger – Malattia è il risultato di un´alterazione, fisica, psicologica, sociale, che può o portare alla morte o riassorbirsi e tornare all´equilibrio attraverso la terapia. Come se nascere in un certo modo fosse già di per sé un´alterazione; ma rispetto a cosa? E poi, quale sarebbe la terapia in grado di guarire da ciò che si è?

Personalmente ritengo che una persona non abbia bisogno di un´etichetta per essere vissuta, ma vero anche che le etichette servono a riconoscere e a capire la diversità e anche a valorizzare e ad apprezzare la singolarità di ognuno. Singolarità che è sempre sacra. Oskar è singolare davvero, come certi bambini che ho conosciuto in questi anni. Incredibilmente speciali. Come Lorenzo che mi parlava attraverso i libri e mi regalava disegni che erano opere d´arte. Come Lucia che mi parlava attraverso i suoi occhi da cerbiatta, portandomi velocemente al cuore delle cose.

Oskar, a soli 9 anni, se ne va in giro con già in tasca un biglietto da visita, se mai qualcuno avesse bisogno di un inventore, un designer e fabbricante di gioielli, un entomologo, un francofilo, un vergano, un origamista; e poi ancora di un astronomo o di collezionista di oggetti vari.

Insomma, Oskar è un bimbetto intelligente, un mezzo genio. Con degli interessi particolari, di certo diversi da quelli dei coetanei. Ha un linguaggio molto ricercato, con termini da enciclopedia. Però ha un modo particolare di parlare, a cadenza regolare senza un´intonazione. Sta sempre sul letterale e non parlategli con le metafore perché proprio non può capirle. Se non comprende una domanda è facile che risponda: “È una domanda retorica?”. A quel punto fategliene un´altra, magari accompagnandola con un disegno, che il visivo gli facilita la comprensione.

Strano per un bimbetto che sembra avere un quoziente intellettivo sopra la media; eppure è così: il suo linguaggio ha punti di debolezza. Ma chi non ce li ha, i punti di debolezza? Oskar ama fotografare; va in giro per New York con la sua macchinetta fotografica a registrare persone, oggetti, dettagli. Ha bisogno di trasformare la vita che respira in immagini, perché il suo cervello gli chiede così: è come se tutto fosse elaborato attraverso il visivo.

È anche il suo punto di forza, quello che spiega come riesce a memorizzare velocemente il contenuto di interi libri, gli incroci di percorsi, le insegne di tutti i negozi di New York, il punto esatto degli alberi, dei fiori, dei laghetti di Central Park.

Insomma, di fare cose che non è dato fare a noi persone normali, con un cervello normale. Ma non provate ad abbracciarlo, altrimenti si agita. E neanche a sfiorarlo con un tocco di dito, che potrebbe scappare. E se lo invitate ad una festa, non alzate il volume della musica perché i suoni alti lo farebbero gridare, non riesce proprio a sopportarli. E le emozioni? Corre voce che bimbi come Oskar non abbiano emozioni, perché sono solitari, strani, inespressivi.

Ebbene, se avete un po´ di tempo da dedicare alla conoscenza di qualcuno, allora vi consiglio di conoscere Oskar. Se glielo permetterete, vi porterà incredibilmente vicino alle corde più nascoste di voi stessi connettendovi con emozioni pure e bollenti.

Oskar perde il papà in modo traumatico e non sa come elaborare. Ci prova nei modi più strani perché è un bimbo aspie (bimbo con sindrome di Asperger), non sa comunicare la rabbia, la paura, l´ansia, la tristezza ma assolutamente le ha. Come ha tutte le altre, quelle piacevoli che lo fanno “scompisciare”.

Le emozioni sono la parte più profonda di noi, come profonda è la zona del cervello che le gestisce. Differente non significa assente, e le emozioni che provano i bambini aspie possono essere travolgenti come le nostre, spesso anche di più. Tutto ciò rientra nel prezioso patrimonio della diversità, motivo per cui vi ho presentato Oskar e la sindrome di Asperger. Ognuno ha il diritto di essere se stesso, e di essere aiutato, come tutti, a superare le proprie difficoltà e far frutto della proprie capacità: la diversità può essere anche una risorsa.

Per ogni approfondimento http://www.spazioasperger.it/

E' possibile acquistare il libro cliccando su: http://www.amazon.it/Molto-incredibilmente-vicino-Narratori-Fenice/dp/8882466116/ref=sr_1_1?ie=UTF8&qid=1329302074&sr=8-1&tag=zenilmonvisda-21

http://www.amazon.it/Molto-incredibilmente-vicino-Fenici-tascabili/dp/8882469417/ref=sr_1_2?ie=UTF8&qid=1329302074&sr=8-2&tag=zenilmonvisda-21

di Mariapaola Bianchini - ZENIT -

 
 
 

COME SOPRAVVIVERE ALL'INTERRUZIONE DI GRAVIDANZA

Post n°6747 pubblicato il 18 Febbraio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Un libro che spiega come curare la sindrome post aborto

«Con queste poche righe vorrei lasciare una traccia per chi come me ha fatto questo passo falso nella sua vita» scrive una mamma, «decidendo per la strada apparentemente più semplice per poi col tempo scoprire invece di essere caduta nel buio più totale… dopo un aborto» (cfr. pag. 181).

E’ uno dei passaggi del libro Maternità interrotte (San Paolo), curato da Tonino Cantelmi, Cristina Cacace ed Elisabetta Pittino.

Il trauma dell’aborto volontario,la sua somiglianza con gli altri disturbi post traumatici da stress, i possibili cammini di guarigione, questi sono i temi analizzati in questo libro che è anche una riflessione sulla genitorialità, non solo sulla maternità, ma anche sulla paternità; infatti, secondo gli autori, anche il padre stabilisce una sua personale relazione con il nascituro.

Altri temi affrontati sono la riflessione sulla madre come persona e sul figlio abortito come persona e poi la legge, le leggi e le testimonianze di chi ha affrontato la sofferenza di riconoscere il proprio errore.

Questo libro è frutto di investigazioni scientifiche, testimonianze e storie che convergono tutte verso una verità, forse ancora poco conosciuta e diffusa: la sindrome post aborto, che ha caratteristiche, per certi versi, assai simili alle forme che conseguono agli infanticidi di bambini già nati. Entrambe infatti sono sindromi post traumatiche (cfr. pag. 7).

I racconti delle donne che hanno saputo vincere la paura e affrontando la realtà sono pieni di sofferenza ma sereni. Sono interessanti le riflessioni sulla madre che “nasce” come madre insieme al nascituro e al padre che anche lui collabora all’educazione del bambino non ancora nato e gli trasmette affetto e cresce insieme alla partner.

Nella società odierna l’immagine della gestante superdonna, sempre contenta, in grado di lavorare fino alla trentottesima settimana, dinamica, mai stanca, che trasmettono i media, contribuisce a rendere le donne impreparate ad affrontare i cambiamenti e le difficoltà psicologiche che caratterizzano questi nove mesi, spaventandole e contribuendo, a volte, alla decisione di abortire (cfr. pag. 9).

La verità che emerge dagli studi è invece che la donna, sin dal momento del concepimento, entra in uno stato di crisi e di fragilità psicologica, dovuta a un profondo e strutturale cambiamento sia fisico che psicologico caratteristico della gravidanza (cfr. pag. 43). E, già in utero, il feto instaura relazioni precoci con la madre e utilizza il proprio corpo e il movimento come mezzo principale per instaurare legami comunicativi con essa, con il padre e con il contesto relazionale allargato: è durante la gestazione che il bambino immaginario si fa sempre più reale e si creano le premesse dei contatti con i genitori (cfr. pag. 67).

Il libro è indirizzato a medici, sacerdoti e operatori sociali ma è anche rivolto alle donne e alle coppie che si trovano ad affrontare questa situazione.

Maternità interrotte (San Paolo), curato da Tonino Cantelmi, Cristina Cacace ed Elisabetta Pittino.

Gli autori sono di grande qualità eed esperienza:Tonino Cantelmi è psichiatra e psicoterapeuta. Dirige la Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Cognitivo interpersonale di Roma. È presidente e fondatore dell’Associazione Psicologi e Psichiatri Cattolici. È professore universitario e autore di oltre duecento pubblicazioni scientifiche e di numerosi libri, tra cui: Narciso siamo noi (San Paolo, 2005), Amori difficili (San Paolo, 2007), Cattolici e psiche (San Paolo, 2008), L’immaginario prigioniero (Mondadori, 2009), Omossessualità e psicoterapie (Franco Angeli, 2010).

Cristina Cacace è psicologa, psicoterapeuta e ricercatrice presso l’Istituto di Psicoterapia Cognitivo Interpersonale. È membro dell’Associazione per l’EMDR in Italia. Con Tonino Cantelmi ha pubblicato Il libro nero del satanismo (San Paolo, 2007) e numerose pubblicazioni scientifiche riguardanti i disturbi psichici conseguenti l’interruzione volontaria di gravidanza.

Elisabetta Pittino è laureata in Giurisprudenza e specializzata in Bioetica. Consigliere Nazionale del Movimento per la Vita Italiano dal 2006; vice presidente di Federvita Lombardia dal 2009; membro del Laboratorio giuridico-Federvita Lombardia dal 2001. È autrice di oltre trenta articoli su temi bioetico-culturali relativi alla difesa della vita umana pubblicati su riviste e quotidiani.

Per acquistare il volume, si può cliccare sul seguente link: http://www.amazon.it/s/ref=nb_sb_noss?__mk_it_IT=%C5M%C5Z%D5%D1&url=search-alias%3Daps&field-keywords=Maternit%E0+interrotte&x=0&y=0&tag=zenilmonvisda-21

di Valentina Raffa - ZENIT -

 
 
 
 
 

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Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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