ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 24/02/2012

QUANDO L'AMORE DIVENTA LIQUIDO, INFETTATO DAI GIOVANI "SEGUACI" DI CUPIDO

Post n°6777 pubblicato il 24 Febbraio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Le parole rivelano mondi in evoluzione o regressione. Prendiamo il termine “fidanzamento”. Ormai questo lemma, ammettiamolo con onestà, sa di vintage. Oggi il fidanzato è stato sostituito dal “ragazzo”. Anzi anche questa parola, soprattutto tra i teen, è desueta. Va per la maggiore il “tipo”. L’impoverimento semantico è evidente. Quando dici “fidanzato” rimandi ad un rapporto basato sulla fides,  sulla fiducia: un’alleanza di affetti, progetti e prospettive. Ora invece da un valore siamo scivolati alla semplice indicazione di un’età giovanile. Il “ragazzo” è termine poi neutro dato che può indicare anche il ragazzo di bottega.

La spersonalizzazione del rapporto affettivo si aggrava ulteriormente con l’introduzione nel vocabolario dei nativi digitali dell’appellativo “il tipo”. Se prima “ragazzo” perlomeno indicava una persona, seppur indistinta, ora “tipo” è sostantivo che in prima battuta è stato coniato per le cose, gli oggetti: un tipo di auto, di vestito.  Usare “tipo” indica la volontà di rendere neutro e sbiadito nelle sue caratteristiche personali l’altra metà. La reificazione dei sentimenti infine si fa ancor più drammatica con la comparsa dell’ultimissima fraseologia in voga non solo tra gli under 18 ma anche tra gli over 30: “mi vedo con una”. Dalla fiducia alla persona, dalla cosa all’indicazione pura e semplice di un’attività a due. Un percorso marcato da un sempre maggiore desiderio di deresponsabilizzarsi nel legame con l’altro/a, di compromettersi sempre meno.

Ma vi è un altro virus che pare abbia infettato molti dei giovani cuori seguaci di Cupido: l’allergia alle forme. Non ci riferiamo solo al matrimonio, ma anche a quei gesti significativi che da sempre e in tutte le culture hanno contrappuntato il cammino esistenziale delle coppie di innamorati: la richiesta esplicita di sposarsi, l’anello di fidanzamento, alcune promesse che già i fidanzati si scambiano. Tutti gesti che pare inizino a farsi più radi nelle relazioni affettive.

Il processo di estinzione di ciò che dà forma all’amore deve forse rinvenirsi nel timore. Timore che segue due direttrici. Una di ordine temporale: l’anello, la richiesta di sposarsi etc. esprimono un prima e un dopo, un passaggio ad un momento spesso definitivo. La seconda direttrice ha natura spaziale. Questi gesti definiscono un nuovo spazio esistenziale, un limes, quindi limitano, perimetrano la vita: con questo anello non viviamo più nel luogo dell’amicizia, ma ora ci troviamo in un posto  diverso, più ampio e che comporta maggiori responsabilità. Il ragazzo e il giovane hanno paura di ciò è definitivo, di ciò che limita. I giovani non vogliono cristallizzarsi, sentirsi imprigionati per sempre in una relazione, ma vogliono vivere l’infinito, cioè le infinite possibilità dell’amore, dimentichi che questo infinito sempre si incarna in Tu preciso e non in un “tu-tti” indistinto. Voler essere tutto si risolve nell’essere nulla.

E’ il mito della liquidità. Mai prendere una forma definita, mai che questa liquidità si fissi nel contenitore del matrimonio perché scegliere è dire un unico sì ma contemporaneamente comporta dire un’infinità di no irrevocabili: a nuove relazioni, emozioni e mondi. Il sì formale esclude un universo di realtà possibili.

Un altro fraintendimento in merito alla forma è credere che questa mortifichi la sostanza perché la imprigiona, la imbriglia: come non ricordare il famigerato aforisma “il matrimonio è la tomba dell’amore”?  Invece ogni formalità in amore è come l’alveo di un fiume che non comprime le sue acque, ma le contiene, le indirizza perché abbiano più forza e perchè grazie ai suoi argini queste non distruggano i campi intorno, dissipando energie preziose.

Infine la forma rende distinguibile l’amore perché lo identifica. Provate come ha fatto Manet nel suo dipinto Olympia a disegnare un gatto nero su sfondo nero: non lo vedrete. Non voler sigillare il proprio affetto disegnandolo con tratti precisi è non voler uscire allo scoperto, non voler essere individuati per poi essere incasellati. Voler nascondersi. Guarda caso proprio la prima cosa che Adamo ed Eva fecero quando tradirono l’amore di Dio, lo Sposo perfetto.

di Tommaso Scandroglio - labussolaquotidiana.it -

 
 
 

CONTINUANO LE BUGIE DEI RADICALI: PUBBLICATO UN FALSO VIDEO

Post n°6776 pubblicato il 24 Febbraio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Il Partito Radicale non è mai riuscito a superare l’1% di consensi, eppure riesce comunque ad avere un forte peso mediatico. E’ una vera anomalia italiana, non troppo facilmente spiegabile. Abbiamo già smascherato numerose loro falsità, come la propaganda radicale circa l’innocenza e la non pericolosità della Cannabis ad esempio.

Abbiamo anche sottolineato il loro rapporto “morbido” con i pedofili e sopratutto la loro difesa verso chi crea e visita siti web con immagini pedopornografiche. Sei bambini su dieci vengono adescati dai pedofili attraverso la rete e loro affermano, attraverso l’on. Marco Cappato segretario dell’Associazione Luca Coscioni e deputato europeo radicale: «Mi pare che i radicali siano stati e siano molto chiari nel denunciare i metodi da caccia alle streghe sui casi di pedofilia, così come il proibizionismo su internet [...] Al centro delle varie operazioni antipedofilia c’è stata la demonizzazione di Internet, con procedimenti penali anche a carico di chi ha semplicemente visitato siti pedofili». Maurizio Turco, vicepresidente vicario del Partito Radicale, in risposta ad un articolo apparso su “Libero” in cui si chiedeva di bloccare il traffico di materiale pedopornografico in internet, ha scritto: «In uno Stato di diritto, essere pedofili, proclamarsi tali, o anche sostenerne la legittimità non può essere considerato reato [...]. Si tratta di affermare il diritto -senza virgolette- di tutti e di ciascuno a non essere condannati -e nemmeno giudicati- sulla base della riprovazione morale che altri possono provare nei confronti delle loro preferenze sessuali». Su questa scia d’onda, sempre l’onorevole Marco Cappato, ha difeso nel 2006 al TG2 il diritto dei pedofili olandesi ad avere il loro partito politico, esprimendo il desiderio che la pedofilia venga regolata da leggi, «così non ci sarebbe violenza ma soltanto “amore”».

L’ennesima operazione losca dei radicali è per fortuna stata svelata su tantissimi quotidiani in questi giorni. Indaffarati nel voler togliere ogni esenzione ICI al mondo no profit e alla Chiesa, hanno infatti pubblicato un video risultato essere fonte di informazioni completamente false. Volevano infatti a tutti i costi dimostrare che la Diocesi di Ferrara non paga l’Ici su alcuni immobili di sua proprietà. Il video è stato pubblicato sul sito de “Il Corriere della Sera” e ha avuto ampio risalto. Peccato che il sindaco di Ferrara, Tiziano Tagliani abbia annunciato che è stato commesso un “errore madornale” e che «l’arcidiocesi e il Seminario l’Ici la pagano. Eccome!». Ha anche riconosciuto che «Dietro questa vicenda c’è anche tanta politica», forse lasciando intendere alla pressione subita dai radicali. Il sindaco ha poi chiesto scusa, chiedendo «ai radicali ma anche all’editore che lo ha messo in rete, di ritirarlo per non perpetuare l’ingiustificata accusa nei confronti della Chiesa di Ferrara, con relativo e inaccettabile danno di immagine». Ha poi accennato alla «manutenzione straordinaria per la cattedrale di cui la diocesi si fa carico. Questa presa di responsabilità della Chiesa nei confronti di un patrimonio che appartiene a tutta la città deve essere invece sottolineata con forza». Ma ormai il danno è stato fatto. Il “Corriere” ha tolto il video dalle sue pagine e ha pubblicato un “articolo di riparazione” (in realtà su “Corriere TV” il video c’è ancora, anche se non sembra essere funzionante). “Avvenire” ha parlato di «falsità cattiva, montata scientificamente, ma non con scrupolo», e ha accusato i quotidiani di lasciarsi fregare dai radicali senza incrociare le fonti e senza verificare le bufale che inventano settimanalmente. Si legge: «è la conferma di una pericolosa degenerazione del buon costume civile e giornalistico. È una deriva che si può e si deve fermare». La presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia dice di avere acquisito il materiale che poi porterà in Consiglio.

I radicali, al posto di chiedere scusa, hanno incredibilmente dichiarato di essere «più di chiunque altro parte lesa», quindi più della Chiesa e della Diocesi di Ferrara che paga regolarmente l’Ici e viene diffamata comunque dalla stampa. Dicono anche che chiederanno i danni al Comune e ad “Avvenire”. Sul loro sito web (di Ferrara) il video comunque rimane presente e anche l’articolo che lo introduce dove si chiede di «diffondere questo video il più possibile». Al patetico vittimismo radicale ha risposto monsignor Danillo Bisarello, direttore dell’Ufficio amministrativo diocesano di Ferrara ed economo del seminario, e quindi della diocesi, a sua volta diffamato dai radicali: «Mi sono sentito profondamente offeso. E’ stata pubblicata una mia intervista in cui affermavo che nella nostra diocesi tutti gli enti ecclesiali pagano l’Ici per gli immobili non destinati esclusivamente al culto, per un importo di oltre 200mila euro annuali. Posso perciò confermare quanto dicevo nell’intervista rilasciata a dicembre: non basta la presenza di una cappella per il culto, all’interno di un’attività commerciale, per ottenere l’esenzione». Lo stesso giorno i radicali hanno chiesto all’assessore al Bilancio del Comune di Ferrara, Luigi Marattin (qualcuno già gli chiede, giustamente, le dimissioni), se per un certo elenco di strutture (hanno scelto solo enti ecclesiastici, tanto è profonda la loro ideologia anticlericale) ed egli ha sbagliato a dare le informazioni. Tuttavia i radicali , continua mons. Bisarello, «ovviamente non hanno contattato me personalmente, né i miei collaboratori. Gli avrei impedito di prendere una bella cantonata». Se fossero persone non ideologiche dunque non avrebbero sbagliato, se fossero!

 AGGIORNAMENTO 23/02/12 DELLE 15:07
“Magicamente” il video della bugiarda inchiesta è stato rimosso dal sito web dei Radicali di Ferrara e sono state perfino barrate alcune frasi che invitavano alla diffusione dei contenuti.

- www.uccronline.it -

 
 
 

VITO MANCUSO: IL SUGGERITORE DI DIO

Post n°6775 pubblicato il 24 Febbraio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

“Mi protendo nella corsa per afferrarlo, io che già sono stato afferrato da Cristo”. (Fil. 3,12)

Non credo sia un caso se, con le decine di pubblicazioni che escono ogni giorno, un quotidiano come Repubblica, che certamente non può definirsi cattolico e che si occupa di Chiesa “ad orologeria” (chi vuol capire capisca), spesso, in questo periodo, ospita libri che parlano di religione.
Puzza (per la verità anche un po’ di zolfo) questa attenzione al sacro perché – guarda un po’ – recensiti sono sempre libri “contro”. (“Critici”, direbbero quelli del Gruppo editoriale Espresso, che notoriamente si ritengono “adulti” anche se vagiscono appena).
Ma veniamo al dunque. Esce il saggio di Ferruccio Parazzoli “Eclisse del Dio unico”, con prefazione di Vito Mancuso che ormai sembra l’unico (oltre agli atei, si capisce!) con le carte in regola per parlare di cose di Chiesa sui media ed anche in certe parrocchie, e subito Repubblica gli offre il piatto d’argento di un paginone, titolando “Il ritorno del panteismo”.
Nell’articolo-prefazione si legge tutto e il contrario di tutto. Perché Mancuso è così, perché il mondo in cui viviamo è così, perché anche il saggio di Parazzoli è così: rifiuta il teismo ma anche il nichilismo; fa un pezzetto di strada a braccetto di Spinoza, ma quattro passi anche con Nietzsche. E poi ci mette una dose di Plutarco, stemperato con Eusebio di Cesarea; il grido di Munch e il ghigno metafisico di Hieronymus Bosch; un pizzico di stoicismo e una spruzzatina di epicureismo; “la quiete del Buddha con parole peraltro attribuite a Gesù”, e via di seguito con riferimenti e citazioni a destra e a manca…
Un minestrone stile nouvelle cuisine in cui gli ingredienti sono così tanti e così stravaganti che, alla fine, non capisci più cosa stai mangiando. E infatti è così, perché l’approdo (per il palato, se restiamo in ambito gastronomico, per lo spirito, se seguiamo le elucubrazioni mancusian-parazzoliane) è alla “Divina Energia”: quella roba sincretisticamente New-Age, gettonatissima nei salotti buoni, che non sapresti definire (proprio come gli ingredienti del minestrone di cui sopra) con cui, però, evidentemente, a taluni piace un sacco riempirsi la bocca.
“Un documento sul nuovo credo” sottotitola Repubblica. Che, in sintesi, sarebbe “il passaggio dal Deus cristiano al Deum pagano”. Ed ecco lo strafalcione mancusiano, di cui si accorgerebbe persino un bambino: non è mica l’uomo, usando (male) il suo libero arbitrio, che rifiuta l’amicizia di Dio, scrive l’autore della prefazione. No. “Il defectus odierno”, sostiene, “concerne la mancanza di una qualunque voce divina che risponda oggi alle esigenze di verità e di giustizia che sorgono nel cuore dell’uomo, nel senso che il Dio unico (personale, onnipotente, provvidente, giudice, creatore e signore, senza il cui volere diretto o indiretto non si muove foglia, che vedendo il male lo può impedire ma lo permette per un bene maggiore) quel Dio lì, non sa più onorare col suo silenzio la richiesta di verità e di giustizia dell’anima umana”.
Vecchia storia (che poi era una parabola): il figlio se ne va di casa di sua volontà, sbattendo la porta, e accusa il Padre. Colpa di Dio, insomma. E’ “quel Dio lì che non sa!”, scrive Mancuso. Non è capace. Non è...all’altezza, forse?
A settembre, Eco – i lettori di CulturaCattolica.it ricorderanno – gentilmente si era offerto di fare un corso accelerato di teologia a Papa Benedetto XVI; Mancuso va oltre. Alza la manina e si dichiara disposto lui a suggerire a Dio come “onorare la richiesta di verità e di giustizia dell’anima umana”.
In attesa di un riscontro divino “vado a ripetizione da Mancuso sì – vado a ripetizione da Mancuso no” (chiedere è lecito, rispondere è cortesia, starà pensando l’editorialista di Repubblica, concedendo a Dio qualche giorno per riflettere…) prosegue: “Questo libro si presenta come l’onesto documento di un uomo che è stato cattolico per tutta la vita, e quindi naturalmente teista, e che ora non è più teista, bensì panteista”. E fin qui ci siamo: libero Parazzoli di rifiutare il cristianesimo, di voltare le spalle al cattolicesimo, di deificare la Natura o il Mondo; di pronunciare, insomma, il suo “no”, che, banalmente, è il contrario del “sì”. Per tutti, Gesù compreso, che chiarissimamente ha detto: “Chi non è con Me è contro di Me” (Lc 11, 23). Vale per chiunque, l’opposizione tra il sì e il no, (anche per la grammatica!), tranne che per Mancuso e il religiously correct oggi tanto di moda, perché tollerantemente dialogante, paritetico et inclusivo. Forse un po’ bulimico, ma pazienza. E così, riferendosi alla scelta di Parazzoli, il nostro bypassa persino i Vangeli e conia il suo personalissimo… “ni”. Eccolo: “Questo comporta per lui che debba cessare di essere o di ritenersi cattolico? Non è detto, potrebbe benissimo confluire nel numero ogni giorno crescente di coloro che inaugurano nuovi modi di stare al mondo come cattolici, di coloro che non possono né vogliono sbarazzarsi di una radicata formazione cattolica, ma dall’altra non possono né vogliono mettere più a tacere una coscienza critica che impedisce di proseguire a credere una serie di infondate affermazioni teologiche proposte ancora oggi dalla gerarchia”.
Riempita la pancia di minestrone-panteista-dai-mille-sapori che infonde tanta (Divina) Energia, siamo ora al taglio del nastro per l’inaugurazione di “nuovi modi di stare al mondo come cattolici”. Modi “critici”, obviously; magari balbettanti, zoppicanti, fantasiosi, cervellotici, poggiati sul nulla, lontani anni luce dalla dottrina e però… “adulti”.
La solita religione da supermercato: entro, faccio un giro, do un’occhiata, metto nel carrello quel che mi va, il resto lascio. Nuovo spot promozionale firmato Mancuso: questo sì, questo no, questo… ni.

P.S. Tra una trasmissione televisiva e l’altra, un’intervista e l’altra, un articolo e l’altro, qualcuno gliel’avrà detto a Mancuso che “Quel Dio lì che non sa più onorare col suo silenzio la richiesta di verità e di giustizia dell’anima umana” è il Mistero che si è chinato sul nostro niente, è il Verbo che si è fatto Carne ed abita in mezzo a noi?

Saro Luisella - CulturaCattolica.it -

 
 
 

L'ITALIA DEI LAVORI MANUALI A RISCHIO

Post n°6774 pubblicato il 24 Febbraio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

 La disoccupazione giovanile in Italia ha raggiunto il livello monstre del 38%. Il posto fisso, al netto della presunta monotonia, è sempre più spesso una chimera. Eppure, anche in tempi di crisi, continuano a esserci dei lavori che i giovani italiani non vogliono fare nonostante l’offerta delle imprese sia piuttosto alta. Secondo un’elaborazione della Cgia di Mestre dei dati Excelsior – Ministero del Lavoro, nel 2011 sono stati infatti 45.250 i posti di lavoro destinati a persone fino a 29 anni che le imprese hanno affermato di non essere state in grado di trovare sul mercato. Una parte delle assunzioni mancate (il 47,6%) è dovuta alla scarsa quantità di candidati che hanno risposto alle inserzioni. Il resto (52,4%) è legato al fatto che chi si presentava ai colloqui per ottenere il posto non era giudicato sufficientemente preparato da parte delle aziende.

Quali sono i mestieri snobbati dai giovani? Come prevedibile, si tratta di lavori manuali. Ecco quali sono state le figure professionali dichiarate di più difficile reperimento da parte delle imprese:

    commessi (4.920 posti di lavoro);
    camerieri (2.342 posti);
    parrucchieri ed estetiste (1.828 posti);
    informatici e telematici (1.387 posti);
    elettricisti (1.272 posti)
    contabili (1.269 posti);
    meccanici, riparatori e manutentori auto (1.249 posti);
    tecnici della vendita e della distribuzione (1.100 posti);
    idraulici e posatori di tubazioni idrauliche e di gas (1.072 posti);
    baristi (955 posti);
    personale di segreteria (934 posti);
    cuochi in alberghi e ristoranti (754 posti);
    muratori (731 posti);
    addetti a macchine utensili automatiche e semiautomatiche industriali (673 posti);
    disegnatori industriali (664 posti);
    centralinisti, telefonisti e operatori di call center (660 posti).


Seguono altri nove mestieri difficili da trovare, ciascuno con meno di 600 posti a disposizione.

Per quanto sorprendenti possano sembrare, dati di questo tipo non sono nuovi per chi si occupa delle dinamiche dell’occupazione in Italia. Sono in linea infatti con quanto “profetizzato” in ottobre dalla stessa associazione di artigiani e piccole imprese di Mestre: da qui al 2020, ha stimato la Cgia, nel nostro Paese potrebbero scomparire numerosi mestieri nell’artigianato e nell’agricoltura e sono a rischio ben 385mila posti di lavoro.

Tra dieci anni sarà un’impresa titanica, per esempio, trovare un sarto, soprattutto in città. Secondo le stime, ci sarà un mancato ricambio per 15.472 tra sarti, modellisti, cappellai, tappezzieri, materassai e ricamatori a mano: posti di lavoro perduti per sempre, o quasi. Nello stesso settore, il tessile, verranno a mancare anche 4.492 posti complessivi tra addetti a macchinari della filatura, per la tessitura e la maglieria e di addetti per confezioni di abbigliamento. E anche quando andremo a comprare un abito in un negozio, avremo meno assistenza da parte dei commessi: saranno 1.912 in meno (la cifra comprende anche uscieri e lettori di contatori). E saremo costretti ad avere un po’ meno scelta quando dall’acquisto del vestito passeremo a quello degli accessori: i prodotti potrebbero essere di meno perché non troveremo più 8.633 tra conciatori di pelli, pellettieri, valigiai e borsettieri.

La situazione non sarà migliore per chi andrà in cerca di un aiuto per ristrutturare casa. Sì perché sono a rischio estinzione, secondo le previsioni, ben 38.576 posti tra muratori, carpentieri, ponteggiatori e falegnami nell’edilizia, 7.504 posizioni tra saldatori e tagliatori a fiamma, lattonieri, montatori di carpenteria metallica e 890 tra stuccatori, parchettisti e posatori di pavimenti.

Se in casa sorgerà qualche problema all’impianto elettrico dovremo cominciare a preoccuparci sul serio perché reperire un tecnico sarà ben più complicato: si prevede che tra elettricisti, elettromeccanici, installatori di linee elettriche e artigiani e operai specializzati nella riparazione di radio e tv ci saranno in circolazione 2.613 figure professionali in meno. Sempre in casa, saremo obbligati ad acquistare arredamento standard nelle grosse catene che vendono mobili: lavori su misura saranno un lusso che pochi potranno permettersi perché di giovani che vogliono imparare a fare i falegnami si contano sulle punte delle dita. La Cgia stima che tra falegnami, impagliatori, cestai e spazzolai si perderanno 12.556 posti di lavoro.

Basterà un piccolo guasto e faremo meglio a dire addio per sempre al nostro orologio e a comprarcene un altro: la ricerca di un orologiaio sarà come cercare un ago in un pagliaio. La Cgia stima che scompariranno, per mancanza di ricambio generazionale, 4.521 tra riparatori di orologi e altri mestieri affini come armaioli, riparatori di strumenti di precisione, gioiellieri, riparatori di protesi dentarie e ortopediche.

Per elaborare la mappa delle figure professionali destinate alla scomparsa, la Cgia ha calcolato quanti sono al momento gli occupati nei principali mestieri manuali compresi tra la fascia di età dei giovani tra i 15 e i 24 anni e quella degli over 55 e ha quindi fatto una misurazione del tasso di turn-over. Da questo primo conteggio è uscita fuori una classifica attuale per mestieri. Dopo, ha fatto una stima del numero di figure che potrebbero estinguersi fino al 2021 per ogni tipo di lavoro preso in considerazione.

Nella mappa delle attività a rischio ci sono anche i mestieri “domestici”, il cui abbandono può essere compensato soltanto dall’afflusso della manodopera immigrata. E’ il caso di colf, badanti, addetti (non qualificati) alle pulizie e raccoglitori di rifiuti: per queste figure è prevista una perdita complessiva di 96.783 posti di lavoro. Stesso destino per addetti agli impianti fognari e ai servizi di igiene e pulizia, per cui si stima una scomparsa di 12.562 posti.

Saranno merce rara anche gli autisti di autobus, tram e camion, dove sono a rischio 51.503 posti di lavoro. E se per carenza di lavoratori che guidano mezzi pubblici, saremo costretti a prendere l’auto dovremo fare molta attenzione ed evitare più possibile che si ammacchi, visto che sul mercato ci saranno 14.301 operai in meno tra carrozzieri e meccanici auto (nella cifra sono compresi anche i riparatori di frigoriferi).

Cercheremo della frutta? Prepariamoci a trovarla soprattutto nei banchi dei supermercati. Il fruttivendolo di fiducia potrebbe diventare solo un lontano ricordo. Sono a rischio, secondo le stime della Cgia, 12.443 posti di lavoro come venditori ambulanti di ortofrutticoli e generi alimentari. E se sarà arduo trovare chi li vende, sarà ancora più dura sperare di reperire chi i prodotti alimentari li fa. L’occupazione nell’agricoltura, altro settore snobbato, calerà in modo consistente. Scompariranno 49.909 posti di lavoro da agricoltori e operai agricoli, 18.112 braccianti e  14.229 allevatori e operai specializzati negli allevamenti.

Completano la graduatoria dei mestieri manuali a rischio i conduttori di gru e di macchine (10.987 posti di lavoro in meno), i lavoratori del metallo (fonditori, trafilatori, colatori di metalli e conduttori di laminatoi, 3.766 posti in meno), i conduttori di catene di montaggio e di robot (2.371) e artigiani e operai specializzati in lavori tipografici (compositori, tipografi, stampatori offset, rilegatori, incisori, 935 posti in meno).

Secondo il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi, è “difficile trovare una soluzione che in tempi ragionevoli sia in grado di colmare un vuoto culturale che dura da più di 30 anni. Innanzitutto bisogna rivalutare, da un punto di vista sociale, il lavoro manuale e le attività imprenditoriali che offrono queste opportunità”.

Il problema, sostiene Bortolussi, è anche legato all’educazione che si riceve in famiglia: “Per molti genitori far intraprendere un mestiere al proprio figlio presso un’azienda artigiana è l’ultimo dei loro pensieri. Si arriva a questa decisione solo se il giovane è reduce da un fallimento scolastico. Per questo è necessario avvicinare la formazione scolastica al mondo del lavoro. Attraverso le riforme della scuola avvenute in questi ultimi anni e, soprattutto, con il nuovo Testo unico sull’apprendistato qualche passo importante è stato fatto. Ma non basta. Bisogna fare una vera e propria rivoluzione culturale per ridare dignità, valore sociale e un giusto riconoscimento economico a tutte quelle professioni dove il saper fare con le proprie mani costituisce una virtù aggiuntiva che rischiamo di perdere”.

- it.finance.yahoo.com - donboscoland.it -

 
 
 

IL SANTO PADRE DENUNCIA IL CARRIERISMO NELLA CHIESA: "E' CONTRO DI ME E NON MI FA FELICE"

Post n°6773 pubblicato il 24 Febbraio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Incontrando il clero romano Benedetto XVI ha parlato a braccio e ha usato una inconsueta prima persona per ricordare ai Sacerdoti “l'umiltà”, che “mi porta a non volere apparire, ma a fare quel che Dio ha pensato di me e per me”. “La superbia è la radice di tutti i peccati”. E tra questi il Papa cita “la ricerca del potere”.
 
Se il Vaticano fatica a scrollarsi di dosso veleni, il Papa fa di tutto per richiamare il clero alla sua missione, invitando allo stesso tempo i fedeli a distinguere il messaggio della Chiesa al di là della fallibilità umana. Così, se una settimana fa Papa Ratzinger aveva ricordato che “Gesù insegna a perdonare i nemici”, oggi ha ribadito un fermo “no” alle ambizioni personali e al carrierismo nella Chiesa, usando modalità inconsuete.

Durante l'incontro con il clero della diocesi di Roma, nel tradizionale appuntamento di inizio Quaresima, Benedetto XVI ha parlato spesso a braccio, usando una ben poco consueta prima persona. Altra variante: negli anni scorsi Papa Ratzinger aveva preferito un dialogo con domande dei Sacerdoti presenti, stavolta si è rivolto ai parroci romani nell'Aula Paolo VI attraverso una lectio divina su un passaggio della lettera agli Efesini.

Dobbiamo liberarci, ha detto Papa Ratzinger, di “questa vanagloria che alla fine -ha ammonito, passando alla prima persona- è contro di me e non mi rende felice”. “Debbo saper accettare la mia piccola posizione nella Chiesa”, ha continuato il Papa, raccomandando ai Sacerdoti la parola chiave: “Umiltà, che mi porta a non volere apparire, ma a fare quel che Dio ha pensato di me e per me, fa parte del realismo cristiano”.

A questo punto, l'affondo del Pontefice: “La superbia è arroganza, è la radice di tutti i peccati, la ricerca del potere, apparire agli occhi degli altri, non preoccuparsi di piacere a se stessi e a Dio.

Essere cristiani vuol dire superare questa tentazione, essere veri, sinceri, realisti.

L'umiltà è soprattutto verità, vivere nella verità, imparare che la piccolezza ci fa grandi. Riconoscere che io sono unico, un pensiero di Dio”.

“Accettare me stesso, accettare l'altro -ha aggiunto Ratzinger- sono cose che vanno insieme, è questa la grande sintonia della Chiesa e della Creazione: che siamo uno diverso dall'altro. Essendo umile, ho la libertà di essere in contrasto con qualche mio parente” in nome “della libertà della verità”. “Il Signore -ha quindi invocato Papa Ratzinger, rivolgendosi al clero della diocesi di Roma- ci aiuti a essere costruttori della libertà della Chiesa”.

Benedetto XVI si è poi soffermato sulla tentazione sempre più diffusa di non seguire tutte le indicazioni della Chiesa e di sentirsi ugualmente a posto con la coscienza. E lo ha fatto criticando l'espressione “cattolici adulti”, che un certo successo ha avuto nel mondo politico italiano.

“Si dice -ha spiegato Ratzinger- fede adulta emancipata dal Magistero, come se, in quanto cresciuto, debbo emanciparmi dalla madre”.

Ma, ha osservato Papa Benedetto XVI, “il risultato è la dipendenza dalle onde del mondo, della dittatura dei mezzi di comunicazione, della opinione comune, del modo di cioè che tutti pensano e vogliono”.

Per il Pontefice, solo “liberarsi da questa dittatura è liberarsi davvero”. “Dobbiamo -ha esortato rivolto ai parroci romani- essere emancipati in questo senso, con una fede realmente adulta che vede e fa vedere la vera realtà adulta in comunione con Cristo. Essere veri nella carità e nella verità”.

“Un grande problema della Chiesa attuale è la mancanza di conoscenza della fede”, quello che i Cardinali riuniti venerdì scorso nel vertice pre-Concistoro hanno definito “analfabetismo religioso”, ha sottolineato Benedetto XVI, spiegando che “con questo analfabetismo non può crescere l'unità” dei cristiani.

Uno dei compiti del prossimo Anno della Fede, ha aggiunto, sarà quindi “fare il possibile per un rinnovamento catechistico, perché la fede sia conosciuta e cresca l'unità nella verità”. È anche attraverso una maggiore conoscenza del Catechismo, secondo Ratzinger, che nell'Anno della Fede si rinnoverà la missione del Concilio.

Benedetto XVI ha invitato i Sacerdoti a comportarsi “in maniera degna della chiamata che avete ricevuto”: sappiate trovare “la vera strada, quella del Signore e guidare gli altri”, ha detto. “La grande sofferenza della Chiesa, in Europa e in Occidente, è la mancanza di vocazioni sacerdotali. Per questo bisogna porsi in ascolto della chiamata del Signore”.

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Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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