ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 02/03/2012

LUCIO DALLA: CREDO CHE LA MORTE SIA SOLO LA FINE DEL PRIMO TEMPO

Post n°6814 pubblicato il 02 Marzo 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

"Io credo che la morte sia solo la fine del primo tempo" (Lucio Dalla)
E’ inevitabile che la morte, la morte improvvisa di una persona nota, di un artista che ha accompagnato l’infanzia, l’adolescenza, la giovinezza e l’avvicinarsi al declino di molti di noi venga commentata. Ognuno commenta come sa, perché la morte rende nudi.

Lucio Dalla è morto in Svizzera a Montreux la città della musica, la capitale del Jazz. La città dove ci sono gli studi di registrazione che furono acquistati dai Queen, dove la statua Freddie Mercury si specchia sul lago verso il quale guarda.
Io banalmente appena saputo della morte di Lucio Dalla non ho trovato nulla di meglio da dire: “ieri sera mio marito era a cena a Montreux” notizia vera ma inutile, credo che un buon psicologo forse direbbe che si cerca di collocare la propria vita nei dintorni della morte. Come quando alla notizia della morte improvvisa di qualcuno si dice: - ma come se ci ho parlato ieri?

Poi inevitabilmente mi sono tornati alla mente episodi legati alle sue canzoni, perché i poeti sanno far tornare alla mente profumi e odori, malinconie e struggenti ricordi.
C’era “l’ultima luna” nell’aria l’anno in cui decisi che quel ragazzo sorridente e caparbio poteva essere “il mio uomo per sempre”.
Il nostro amico Giovanni che consapevole della sua somiglianza con il cantante lo imitava, girando per il salone di un'affollata festa di capodanno e cantando - Attenti al lupo -
Il nostro vecchio impianto stereo, del quale giovani sposi andavamo orgogliosissimi e quei grossi LP che diffondevano musica nell’aria ad alleviare la fatica delle pulizie di fine settimana.

I viaggi in auto coni bambini cantando a squarciagola. I poeti sono un grande dono, entrano nelle pieghe della vita dei comuni mortali e quando se ne vanno ti obbligano a una passeggiata tra i sentieri del ieri.

Un amico mi ha mandato via mail una intervista fatta a Lucio Dalla nel 2009, sincero a tratti struggente e ingenuo il suo modo di rispondere alle domande raccontando la vita, come del resto faceva con le sue canzoni. Mi piace condividerla con voi. Il grande cantautore si “confessa” in questa intervista

“GIULLARE DI DIO”, L’ULTIMO STRAPPO DI LUCIO DALLA

Dopo aver musicato i Salmi ed avere cantato davanti a due papi, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, Lucio apre il suo animo e parla del suo mondo spirituale. “Sono credente e praticante, non mi perdo una messa e giro col rosario in tasca”. Ma parla anche di Sanremo, del crocifisso, del suo album “Angoli nel cielo”, del desiderio di dedicarsi al cinema. Un ritratto inedito di uno dei “mostri sacri” della canzone italiana.

Sei d’accordo su quanto ha detto Benedetto XVI che l’arte, quindi anche la musica, è “epifania della bellezza di Dio” ?
“Assolutamente. A prescindere dal fatto che l’abbia detto il Papa. Io sono convinto di questo, perché è uno dei regali che il cielo fa alla nostra anima. Questa e’ una delle fonti della nostra ispirazione”.

Sei “esperto” di Papi. Hai cantato al concerto eucaristico di Bologna davanti a Giovanni Paolo II. Il primo concerto rock con un Papa presente. C’erano anche Celentano, Morandi, Bob Dylan.
“Quello fu uno dei grandi incontri della mia vita . Io, se ricordi, ero uno dei co-produttori dell’evento e suonai con Petrucciani…”

Quel concerto fu anche un capolavoro di Bibi Ballandi.
“Si’, e la serata fu straordinaria anche per le emozioni che ci trasmise. Ho ancora negli occhi lo sforzo di Giovanni Paolo II di alzarsi per andare incontro a Petrucciani e quello di Petrucciani di salire, senza riuscirci, i gradini, che lo separavano dal Papa. Ci fu solo un abbraccio a distanza. Ho cantato per Papa Wojtyla in San Pietro e alla Sala Nervi in Vaticano”.

E sei riuscito a dirgli qualcosa?
“Non molto. Mi sono stupito per l’affabilita’ del Papa nei confronti delle manifestazioni artistiche. Lui che aveva fatto l’attore , che aveva una bellissima voce come cantante. Stavo per musicare dei testi scritti da Karol Wojtyla. Io sono credente…”

Credente ma forse non praticante…
“No, sono assolutamente “praticante”, magari con grande sforzo, ma praticante”.

Questa, perdonami, non me l’aspettavo.
“io non perdo una messa, perché è l’unico obbligo – diciamo così – “tecnico” della mia fede. La vivo come una piccola costrizione, ma fa parte del mio rapporto senza interruzione col mio credere”.

Avevi gia’ fatto una cosa bellissima: musicare i Salmi. Nella tua carriera e’ un’impresa luminosa.
“Noi veniamo da li’. E’ il nostro linguaggio. La parola è ancora viva perché ha una matrice metareligiosa. E’ stato un lavoro massacrante sulla lingua, sull’ethos spirituale dei Salmi. Oltretutto era musica inedita e la facevo trasportato dal grande pathos linguistico di quei versi, dalla loro profondita’ cosi’ anomala rispetto ad una societa’ come la nostra. Un lavoro che mi ha coinvolto in pieno”.

Ho letto che sei stato intrigato anche dalle poesie di Alda Merini.
“Si’, nel 2008 con Marco Alemanno ho realizzato un reading su “Francesco. Canto di una creatura” della Merini nello scenario suggestivo della Baslica Superiore di Assisi. Una esperienza ripetuta a Milano nella Basilica dei Frati Minori Cappuccini”.

Le tue canzoni sono sempre canzoni molto evocative. Ecco, più che non la rima cuore-amore con una spruzzatina di sesso, ci danno atmosfere. Sono mondi, visioni della vita. Possiamo definirle così?
“Anche secondo me. Non sono neanche punti di vista che sono una forma riduttiva, anche se precisa. Ho sempre cercato di interpretare l’aspetto più umano, più legato agli uomini, quindi, per forza di cose, legato a Dio. Io, personalmente, mi sento dentro un’ampolla che mi connette con l’esterno. Di notte, ad esempio, vado a concentrarmi sulla terrazza di casa mia a Bologna. Non c’e’ niente che mi divide dal cielo, neanche dal cielo che ho dentro. Le cose mi ronzano intorno: il fischio di un treno lontano, l’abbaiare dei cani, la sirena di una croce rossa, suoni e visioni. Non vorrei essere sacrilego: comincio con le preghiere classiche, dopo viene questo …”mantra”. E’ una unione di segni che mi danno una grande piacevolezza e pienezza di spirito, e’ il momento artistico. Hai capito ? E cio’ parte dalla convinzione che dentro ogni uomo c’e’ Dio. Non e’ un dubbio, e’ una certezza. Dentro di me c’e’ il mio Dio. E’ una unione spirituale che avverto ogni volta che mi metto a pregare”.

Hai spiegato come avviene quella che chiamiamo “ispirazione”, come nasce e si sviluppa. La tua e’ una musica di impegno sociale. Penso a “ Piazza Grande” del 1972, a Sanremo, dedicata mi pare ad un senzatetto. Sbaglio? E questa cifra e’ rimasta.
“Se per caso dovessi zoppicare sarebbe un segno completamente diverso da un handicap. E’ il mondo degli altri la prima cosa che colgo. Non sono capace, neanche lontanamente, di rifiutare qualcuno, non sono insensibile verso chi soffre”.

Non meravigliarti di questa domanda. A Sanremo anche canzoni in dialetto, magari sottotitolate. Che ne pensi?
“Beh, che è un delirio ! Non e’ che non vada bene. Uno puo’ cantare anche in una lingua che non c’e’. Teorie del genere si possono giustificare piu’ che sotto il profilo politico sotto quello sociologico o demenziale”.

Prima togliamo i crocifissi, poi i presepi. E poi?
“Io giro con il mio rosario da boyscout e, vicino al mio rosario da boyscout ho una stella di David. I segni rafforzano la convinzione e, soprattutto, credo che un segno così preciso e’ fondamentale nella nostra comunicazione, da Cristo in poi. Fa parte del nostro DNA, del nostro spirito. Quando Attila venne a Roma per metterla a saccheggio fu fermato da Papa Leone I che innalzava una croce grandissima. Gli unni si fermarono , memori del fatto che , quando pregavano, piantavano nel terreno le spade con l’elsa a forma di croce. Il simbolo e’ stato piu’ forte della vendetta e della sete di conquista ; ha agito da deterrente. Attila non poteva combattere contro quel simbolo davanti al quale il suo popolo si prostrava. E giro’ il cavallo e se ne torno’ indietro. Per chi crede nello spirito di Dio fu un miracolo. Il linguaggio simbolico funziono’. La croce e’ la nostra cultura e mi piacerebbe che accanto alla croce ci fosse la stella di Davide e- perche’ no- la mezzaluna dell’Islam”.

“E ancora adesso che gioco a carte e bevo vino, per la gente del porto mi chiamo Gesu’ Bambino” versi della tua canzone “Quattro marzo” La sacralità del nome non è come un timbro postale, è un processo di avvenimenti, supera le nostre meschinità. Peeché, Lucio, i tuoi fan e non solo, dovrebbero acquistare il tuo ultimo album “Angoli nel cielo”?
“E’ uno dei dischi migliori che ho fatto , forse è tra i primi tre di tutta la mia storia .C’e’ un rapporto diretto coi giovani. C’è una canzone che si chiama “Controvento”. Io immagino di parlare con un ragazzo cui do’ istruzioni per navigare controvento, per essere lui il protagonista del viaggio, per difendersi dagli sciacalli della terra che ti insegnano a vivere male. La frase finale dice: “Gesu’ Cristo era un pezzente, tutto meno che potente, sporco e nudo sulla croce per non diventare un re”. C’e’ il rifiuto della ricchezza e dei privilegi. I valori in gioco sono altri”.

Ci stai abituando a tanti strappi. L’ultimo?
“Ma sai, strappi fino ad un certo punto. C’è una correzione della mia strada, che non faccio da solo. Il mio cammino non è prescindibile dalla mia convinzione, dalla mia fede in Gesù. Certo, ho buttato per aria un mondo. Che Dio mi benedica!”.

Il cinema ti piace. Nel futuro di Dalla , dopo quello di cantante, avremo quello di attore e regista?
“Ho fatto molte regie - non di cinema – ma di teatro, di opera, penso alla “Tosca amore disperato “ con la grande orchestra dei Pomeriggi Musicali diretta dal maestro Beppe D’Onghia. Nell’archetipo c’e’ la fede come coraggio, come contributo al cambiamento del mondo. Ho composto tante musiche da film. Il mio grande sogno ,e’ vero, è quello di scrivere la sceneggiatura di un film e magari di farlo”.

Il ritratto che esce da questa conversazione mi lascia stupefatto. Chi avrebbe immaginato un Lucio Dalla così!
(Dalla e’ emozionato, cambia voce). “Guarda, sono un uomo fortunato. La vera dinamica dell’uomo è questo processo di maturazione o di semplificazione del proprio “io religioso”. Non riesco a capire il fenomeno dell’ateismo, che non vuol dire vivere senza Dio, ma, in modo infantile, non pensarci, o vederlo dall’altra parte del fiume. E invece Dio è talmente dentro di noi. E’ una scoperta che possiamo fare tutti e che possiamo vivere nella sua leggerezza”.

Potresti usare la frase di Sant’Agostino:”Il nostro cuore e’ inquieto finché non riposa in Te”.
“Ah, non c’è dubbio! Ho anche l’ambizione di dire che qualche volta, Cristo, che lo sento vicino a me più di qualsiasi altra forma, possa anche riposarsi o mettere un orecchio alle cose che faccio (ride)… per migliorarle, eh! .. mica per imparare !”

Magari in prima fila per ascoltarti … “Spero proprio di si’ !”

(interviste di De Carli - 23 novembre 2009) - Buggio Nerella - CulturaCattolica.it -

 


 
 
 

LE PERSONE DI FEDE HANNO MINORE IPERTENSIONE E MAGGIORE SALUTE

Post n°6813 pubblicato il 02 Marzo 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Recenti studi internazionali continuano a confermare quello che è una Verità empirica da qualche millennio: essere religiosi fa bene alla salute e alla psiche.

Secondo un vasto studio longitudinale dell’Università Norvegese di Scienza e Tecnologia (NTNU), effettuato su un campione di 120.000 persone e pubblicato su “The International Journal of Psychiatry in Medicine”, ci sarebbe una potente correlazione fra una minore ipertensione e una maggiore frequenza alle funzioni religiose. Ad onor del vero, tuttavia, gli scienziati non hanno specificato se fosse l’attività religiosa a causare questo netto miglioramento di salute o l’andare in chiesa sia dovuto ad una bassa ipertensione e al generico benessere psicofisico.

Un altro studio realizzato dal centro “Gallup” ha invece confermato la correlazione fra religiosità e benessere mentale ed emotivo dell’individuo: su un campione di oltre 676.000 persone, il maggior wellbeing (termine anglosassone che comprende il benessere fisico, emotivo e mentale) sarebbe posseduto da individui molto religiosi, mentre mano a mano che la fede viene meno, tale valore di qualità della vita di abbassa in proporzione diretta. Bene per gli Ebrei e i Mormoni, che godono del podio assieme ai Musulmani, mentre i Cattolici hanno un onorevole quarto posto, nonostante il regime fortemente anti-cattolico della politically correctness internazionale, contro la quale sicuramente ogni cattolico si sarà scontrato, accumulando inevitabile stress. Atei e agnostici hanno, nemmeno a volersi sorprendere, l’ultimo posto nella classifica. In questa pagina abbiamo raccolto un elenco di studi che raggiungono lo stesso identico risultato. ( ecco l'articolo:http://www.uccronline.it/2010/08/10/la-fede-cristiana-rende-piu-felici-intelligenti-e-sani-psico-fisicamente)

Insomma: le “norme assurde” e i “dogmi intollerabili” che dovrebbero creare tensione, frustrazione e dolore interiore e dal quale l’Umanità dovrebbe “liberarsi” sono invece un toccasana fisico, psicologico e spirituale più accessibile e più economico delle decennali terapie dagli analisti e delle ore spese a coltivare il Nulla nelle palestre e nei centri massaggi.

- www.uccronline.it -

 
 
 

SHABHAZ BHATTI IL "PATRONO" DELLA LIBERTA' RELIGIOSA

Post n°6812 pubblicato il 02 Marzo 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Un anno fa veniva assassinato Shabhaz Bhatti (1968-2011), il ministro per le Minoranze religiose del Pakistan, cristiano, cattolico. Venne abbattuto perché attraverso un incarico di governo interpretato secondo una precisa idea della politica aveva osato affermare pubblicamente che ciò che anima l’uomo, sotto ogni sole e in ogni tempo, è quell’irriducibile libertà di rapportarsi al Signore del tempo e delle cose che ne fa un essere naturalmente e strutturalmente religioso. Molto più, cioè, di una banale "libertà di coscienza": si tratta infatti di quella libertà suprema e fondamentale che consiste nel corrispondere all’elezione con cui Dio onora ciascuna persona, dapprima chiamandola all’essere, poi accompagnandola provvidentemente per i giorni che gli concede, infine convocandola per il giudizio finale particolare in vista di quello definitivo universale.

Bhatti ha offerto la propria vita in olocausto affinché sia continuamente possibile qui e ora l’epifania di questa totale signoria di Dio sulla storia delle sue creature. Bhatti ha militato e lottato per garantire a ogni persona lo spazio necessario ad affrontare adeguatamente la questione fondamentale dell’esistenza: il rapporto con Dio che dà senso alle cose. Solo l’otium che libera da quelle che san Bernardo di Chiaravalle (1090-1153) apostrofava come le «maledette occupazioni» quotidiane può infatti garantire l’onestà necessaria ad affrontare bene - direbbe il filosofo Josef Pieper (1904-1997) - la "questione Dio", e quindi a decidersi per il "Dio giusto", quello vero, l’unico. La libertà religiosa per tutti, in particolare per le conculcate, vessate e perseguitate minoranze religiose che si trovano a vivere come isole in un oceano ostile, è insomma il prerequisito fondamentale per la missione, per l’evangelizzazione.

Bhatti lo ha capito nel profondo, con il cuore oltre che con la mente, e si è dato tutto per i diritti basilari - quelli religiosi - delle minoranze del suo Pakistan non solo perché così ha sperato di lucrare vantaggi per la minoranza a cui egli stesso apparteneva, ma perché era convinto che la libertà di adorare Dio secondo coscienza fosse - come la tradizione e i dottori del pensiero cristiano hanno sempre affermato, sostenuto e difeso - un bene inalienabile in sé. L’unico che conduce al Dio vero, Gesù Cristo incarnato, morto e risorto.

Bhatti ha dato la vita per cercare di garantire a tutti l’occasione della propria vita: la conversione a Cristo che senza il preambulum fidei della libertà non è concretamente possibile. Chi ha fermato questa sua piccola grande crociata probabilmente aveva capito, se non altro intuito, e per questo ha odiato. Ce lo dice scopertamente la Chiesa Cattolica del Pakistan, che infatti da mesi ha presentato al Santo Padre la richiesta di proclamare martire Shabhaz, onorandolo come «patrono della libertà religiosa». Un titolo sublime, che non è certo una versione riveduta e corretta della vera fede ai tempi dell’ecumenismo, ma l’intuizione più profondamente adatta alle cogenze dell’ora presente, come sempre ha fatto nella storia la Chiesa madre e maestra, esperta di umanità oltre che - il va sans dire - di santità.

Accade però sempre nella storia del popolo cristiano che la Chiesa riconosca e benedica esperienze in atto, gesti vissuti e pratiche condivise, agendo all’esatto contrario dell’illuminismo che prima sogna l’inesistente e poi cerca di imporlo alla realtà. Affinché Shabhaz Bhatti venga riconosciuto dalla Cattedra di Pietro «martire e patrono della libertà religiosa» bisogna che il popolo cristiano cominci da sé a farlo, a venerarlo, a pregarlo. La Chiesa Cattolica che è in Pakistan ha già cominciato, a noi non resta che seguirla. Perché la cosa più stupefacente dell’intero martirio di Bhatti è che noi che ancora non godiamo della visione beatifica del Signore di tutto abbiamo però da un anno esatto a questa parte un protettore celeste in più, un patrono che ci guida, ci conduce e ci ispira nella nostra battaglia quotidiana, sia essa culturale, giornalistica, o altro, per l’affermazione della libertà religiosa che è conditio sine qua non dell’evangelizzazione, della conversione e dell’adveniat regnum tuum.
Dal giorno in cui Bhatti ha offerto la propria vita per questa verità, l’esigenza di una libertà autentica per tutti, la necessità che siano garantiti i diritti di Dio che fondano quelli dell’uomo, la possibilità di esprimere la propria fede in piena coscienza e la Signoria dolce di Cristo sulla storia non hanno infatti smesso di avere nemici feroci, mitra in mano o giacca e cravatta indosso. La lotta contro la cristianofobia e per la libertà religiosa nel mondo resta dunque la battaglia campale del nostro tempo. L’esempio del martire Shabhaz Bhatti ci insegna come combatterla attraverso una frase del suo testamento spirituale che potrebbe essere la preghiera da rivolgergli: «Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire».

- Marco Respinti - labussolaquotidiana.it -

 
 
 

RICORDIAMO A NICHI VENDOLA CHE LA DIGNITA' DELLE VITE DEI CINESI NON VALE I NOSTRI AFFARI

Post n°6811 pubblicato il 02 Marzo 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

E’ istruttiva l’affermazione di qualche giorno fa del Presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, il quale ha affermato: “Nell’epoca in cui molti evocano la paura della Cina, noi lavoriamo per abbattere qualunque muro di pregiudizio e per intensificare questi rapporti. Il futuro della Cina è il nostro futuro così come il nostro futuro è anche il futuro della Cina”.

Il leader di Sinistra e Libertà ha inteso esprimersi così al termine di un lungo incontro che si è svolto a Bari con la delegazione cinese guidata dall’ambasciatore cinese in Italia S.E. Ding Wei e composta da Liu Xiaotian (consorte dell’Ambasciatore), Cesare Romiti (presidente della Fondazione Italia- Cina), Margherita Barberis (direttore generale fondazione Italia-Cina) e Han Qiang (capo ufficio politico e interprete).

Nel corso dell’incontro, si è parlato della possibile individuazione di Bari quale sede di un nuovo Istituto Confucio in Italia, in collaborazione con il sistema universitario pugliese, della preannunciata scelta del governo provinciale del Guang Dong di destinare un quartiere dell’area metropolitana di Canton ad un progetto pilota di riqualificazione urbanistica ed ambientale, da sviluppare insieme al sistema dei distretti pugliesi e della possibile sinergia per l’utilizzo delle infrastrutture aeroportuali pugliesi come una grande piattaforma logistica della Cina in Europa. Di affari, insomma.

Promossi da uno degli ultimi epigoni del comunismo italiano nei confronti di un Paese che rappresenta certamente una delle più grandi economie del mondo, ma anche – e contemporaneamente – una delle realtà più negative per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani e della dignità della persona umana.

Sono in pochissimi, ad esempio, a chiedersi, come mai i prodotti cinesi sono venduti sui mercati occidentali sotto costo. Accade semplicemente perchè buona parte di quei prodotti proviene dai laogai. Veri e propri campi di concentramento, dove sono rinchiusi, insieme a criminali comuni, dissidenti, Cristiani, Buddisti, Falun Gong. Tutti coloro che il regime considera “pericolosi sovversivi”: lavorano per 16 ore al giorno, senza nessuna regola, subendo punizioni corporali per inadempienze, con un tempo limitato e cronometrato perfino per espletare i propri bisogni fisiologici.

Un esempio, è il carcere dove è rinchiuso il dissidente Liu Xiaobo, che nel 2010 ha vinto il Premo Nobel per la Pace e che sta scontando una condanna a 11 anni di reclusione, inflittagli per aver promosso il documento “pro-democrazia Carta08”, che è stato firmato da migliaia di cittadini cinesi. Come denuncia la Laogai Research Foundation, il carcere è la Juzhou Prison, situata al n. 86 nanshanli, di Jinzhou City, New Switch Co., Ltd, presente nel database business Dun&Bradstreet, che si fa pubblicità all’indirizzo www.foreintrade.com. Perché i laogai, spesso, hanno due nomi: uno come carcere, l’altro come impresa che agisce sul mercato, interno e internazionale.

Sarebbe ora che il Parlamento italiano discutesse e approvasse la proposta di legge n. 3887 – riguarda il divieto di produzione, importazione e commercio di merci prodotte mediante l’impiego di manodopera forzata e in schiavitù e l’applicazione rigorosa ed effettiva delle norme sulle etichettature e sulla tracciabilità del prodotto all’origine – presentata il 29 ottobre 2010 grazie all’impegno della sezione italiana della Laogai Research Foundation.

Chissà cosa ne pensa in merito il Governo dei tecnici e chissà se il Presidente della Regione Puglia, nel prossimo incontro, porrà questo tema all’ordine del giorno e dirà una parola su come trattati i diritti umani nel Paese che viene scelto come interlocutore privilegiato per rilanciare l’economia del suo territorio.

-  Danilo Quinto - corrispondenzaromana.it -

 
 
 

LA GANG MONTI: RUBARE AI POVERI PER DARE AI RICCHI

Post n°6810 pubblicato il 02 Marzo 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Leggendo le cronache politiche, la prima cosa che mi colpisce è il coro di Osanna che ormai si innalza, da parte della stampa di regime, per ogni azione di questo “governo”, per ogni parola pronunciata dal Loden e dai suoi adepti, in un crescendo di affermazioni apodittiche di verità assolute, indiscutibili. Si sta operando un incretinimento popolare impressionante. Addirittura mi è capitato di sentire alla radio una canzonetta che esaltava i “sacrifici” compiuti per amore dell'Italia. C'è un risveglio di patriottismo tanto rombante quanto preoccupante.

Tutto bene e tutto bello, se questo entusiasmo indotto e questo neo-patriottismo celebrassero un vero cammino, di tutto il popolo italiano, verso la soluzione dei suoi guai.

imbroglioMa è lecito nutrire qualche perplessità perché o è stata di recente cambiata la lingua italiana, e le parole hanno assunto nuovi significati, oppure la presa in giro (per non dire di peggio) del popolo italiano è così palese da spingere a fare i complimenti ai registi della propaganda di regime, perché il loro lavoro di annebbiamento è stato efficacissimo. Se infatti ci si fermasse un attimo a riflettere realmente su alcune affermazioni provenienti dalla gang, ci sarebbe di che liberare Palazzo Chigi e dintorni con gli idranti.

Mi riferisco in particolare a due recenti affermazioni, una della ministra Fornero-Merola e l'altra del Loden.

Partiamo dalla signora Fornero-Merola.

Tutti gli organi di informazione hanno di recente pubblicato due dati, in verità scoprendo l'acqua calda: il lavoratore italiano è un sottopagato rispetto ai suoi colleghi degli altri Paesi europei, e il costo del lavoro è in Italia molto più elevato che in altri Paesi europei.

Orbene, tra il costo del lavoro lordo (ovvero, ciò che effettivamente il datore di lavoro sborsa) e lo stipendio (ovvero il netto che arriva in tasca al lavoratore) la differenza è data dai carichi fiscali, previdenziali e assicurativi. Ne consegue, andando a buon senso e presumendo che la lingua italiana non sia cambiata, che è nelle trattenute che qualcosa non funziona. Sono eccessive, altrimenti non si capirebbe perché a un costo del lavoro più elevato rispetto alla media europea, corrisponda uno stipendio più basso (sempre con riferimento a tale media). A questo punto le strade sono due: ridurre le ritenute fiscali, previdenziali, eccetera, o non ridurle. Certo, si può benissimo decidere di non ridurle, adducendo la mancanza di risorse.

Ma si va nella fantascienza, quando si afferma, come ha fatto appunto la Ministra lacrimante, che “bisogna aumentare la produttività”. Aumentare la produttività è sempre una bella cosa – coi dovuti limiti – ma nel caso specifico cosa c'entra? Nulla, nel modo più assoluto. Il problema per il lavoratore sottopagato resta, come prima, irrisolto. Le aziende, dove possono, si limitano a trasferire la produzione all'estero
. Di certo il lavoratore che deve tirar la cinghia con uno stipendio che al netto mensile supera magari di poco il migliaio di euro, ha tutto il diritto di sentirsi preso in giro.

E passiamo al prof. Loden.

Recentissima è l'affermazione del Poglavnik di voler adottare provvedimenti normativi diretti – tra le altre cose - al “graduale spostamento dell'asse del prelievo dalle imposte dirette a quelle indirette”. (Vedi, ad esempio, su Adnkronos).

Nulla è più iniquo della tassazione indiretta, che colpisce in modo indiscriminato tutti e che quindi grava percentualmente in misura ben più pesante sulle classi più deboli. Non a caso la Costituzione prevede che il sistema fiscale si ispiri a criteri di progressività, proprio perché si considera equo che chi più guadagna, paghi di più anche in termini percentuali. La tassazione indiretta è invece cieca, colpisce tutti. Facciamo un esempio: l'eccezionale carico di imposte sui carburati per autotrazione ci porta ad avere benzina e gasolio tra i più cari del mondo. Poiché la gran parte delle merci è trasportata su gomma, gli aumenti dei prezzi dei carburanti si traducono anche in aumenti di tutti i prodotti, alimentari compresi. Chi guadagna tanti bei soldini al mese – come i ministri che felicemente ci governano – non si turba certo se le patate o il merluzzo aumentano. Chi invece vive sulla Terra, e non nell'Empireo, e deve tirare la fine del mese, si troverà sempre più nei pasticci.

Tra l'altro una dichiarazione d'intenti come quella sopra riportata è anche una bella confessione di impotenza, o di mancanza di volontà, di operare una vera lotta all'evasione, che non si fa certo con le sceneggiate dei rastrellamenti della finanza ai negozi delle località di vacanze.

Naturalmente l'imposizione indiretta è molto più semplice e sicura. Peccato che il costo fiscale venga via via trasferito nella vendita del bene o del servizio sull'ultimo soggetto, il consumatore finale, che non può far altro che pagare, senza più rifarsi su nessuno.

Domandina: poiché è tecnicamente impossibile fare un'imposizione indiretta che tenga conto dei redditi effettivi dei soggetti che partecipano allo scambio, compravendita, eccetera, dove va a finire la giustizia fiscale? Il pensionato al minimo e l'amministratore delegato della grande azienda pagano la stessa imposta indiretta quando vanno a comprarsi due etti di insalata. Questo è giusto?

Domande senza risposta, anche perché ci viene quotidianamente insegnato che ciò che discende dalle stelle, ovvero dal governo del prof. Loden, è giusto di per sé stesso, a prescindere dai contenuti, dagli effetti, dall'equità. Noi, sudditi, possiamo solo adorare e obbedire. Amen.

Tra l'altro, dobbiamo gioire perché l'onnipotente BCE ha di recente riempito di soldini anche le banche italiane. Che bello. Sappiamo dunque che il credito ormai viene diretto dai banchieri europei (soggetti privati, che operano, ovviamente, per ottenere profitto) e che quindi un progresso economico può esserci solo per somma decisione europea, poiché senza credito non può esserci crescita economica.

Naturalmente chi parla della necessità che lo Stato si riappropri del potere di emettere moneta, ponendo fine al vergognoso guadagno derivante dal signoraggio, è zittito ed emarginato.

In casa nostra è tuttora in corso il braccio di ferro con gli enti locali per l'imposizione della Tesoreria unica, che porterebbe a una centralizzazione napoleonica delle risorse. In più, i nostri fantastici governanti, come abbiamo visto, ci dicono, con grande chiarezza, che dobbiamo essere più produttivi (se non riusciremo a mangiare, sono fatti nostri) e che le imposte saranno via via sempre più indirette, ossia ciecamente spietate.

Sian al dirigismo più assoluto, con un fatale abbraccio tra socialismo e liberalismo. Né questo deve stupirci, perché entrambi sono figli della stessa distorsione, ossia di una visione della vita il cui centro non è l'uomo e il suo bene, bensì l'economia e il profitto. Partendo da premesse folli, si arriva a fare follie.

Sarebbe però opportuno che, poiché le programmate follie sono esplicitamente dichiarate, il popolo italiano si svegliasse. Siamo molto vicini alla rovina, molto più vicini di prima.

 - di Paolo Deotto -riscossacristiana.it -

 
 
 

MESSAGGIO DEL 2 MARZO DA MEDJUGORJE A MIRJANA - "CARI FIGLI VI AMMONISCO"!!!

Post n°6809 pubblicato il 02 Marzo 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Cari figli, per mezzo dell’immenso amore di Dio io vengo tra voi e vi invito con perseveranza tra le braccia di mio Figlio. Vi prego con Cuore materno ma vi ammonisco anche, figli miei, affinché la sollecitudine per coloro che non hanno conosciuto mio Figlio sia per voi al primo posto. Non fate sì che essi, guardando voi e la vostra vita, non desiderino conoscerlo. Pregate lo Spirito Santo affinché mio Figlio sia impresso in voi. Pregate affinché possiate essere apostoli della luce di Dio in questo tempo di tenebra e di disperazione. Questo è il tempo della vostra messa alla prova. Col Rosario in mano e l’amore nel cuore venite con me. Io vi conduco alla Pasqua in mio Figlio. Pregate per coloro che mio Figlio ha scelto, affinché possano sempre vivere secondo Lui ed in Lui. Vi ringrazio.

 
 
 
 
 

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Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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