ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 03/03/2012

LOURDES: DOPO QUASI 47 ANNI I MEDICI ATTESTANO LA GUARIGIONE DI UNA SUORA SALESIANA

Post n°6820 pubblicato il 03 Marzo 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

È il caso della suora salesiana Luigina Traverso. Ora spetta al vescovo di Casale Monferrato pronunciarsi

La missiva proveniente da Lourdes è stata spedita il 10 febbraio 2012, vigilia del 154° anniversario della prima apparizione a Bernadette Soubirous. Jacques Terrier, vescovo ormai dimissionario della diocesi dei Pirenei divenuta meta di pellegrinaggi da ogni parte del mondo, ha scritto al vescovo di Casale Monferrato Alceste Catella, comunicandogli che il «Bureau Medical» di Lourdes - il comitato medico internazionale chiamato a esaminare e a pronunciarsi sulle presunte guarigioni avvenute dopo la visita al santuario mariano – ha riconosciuto come inspiegabile allo stato attuale delle conoscenze scientifiche «la guarigione di suor Luigina Traverso».
 
L’iter scientifico relativo al caso della religiosa salesiana che lavora come economa presso l’Istituto San Giuseppe di San Salvatore Monferrato è dunque concluso, spetta ora al vescovo Catella dare la sua interpretazione ed eventualmente proclamare la guarigione miracolosa. Suor Luigina Traverso, è nata a Novi Ligure nel 1934. Nel luglio 1965, informa un comunicato del presidente casalese dell’Oftal (associazione che accompagna i malati nei pellegrinaggi a Lourdes), la religiosa aveva partecipato «al pellegrinaggio Oftal di Tortona, gravemente ammalata di “lombatosciatica paralizzante in meningocele”». Era in barella, non camminava da tempo, aveva subito moltissime operazioni senza alcun esito positivo. «Poco prima della partenza aveva subito un controllo medico in cui si rilevava “Paziente in condizioni generali sofferenti, pallida, ipotesa: cicatrice chirurgica fresca ed asciutta, dolente alla pressione… rigidità e contrattura del tratto lombo-sacrale della colonna. Mobilità del piede ridotta per paresi dei muscoli tibiale anteriore, estensore dell’alluce, estensore comune delle dita. Ipoefficienza del tricipite surale e del tibiale posteriore. Peroni inerti, decubito prono obbligato”».
 
Suor Luigina va dunque pellegrina a Lourdes, e con fede si immerge nelle piscine di del santuario. Poi il 23 luglio, durante la processione eucaristica la religiosa salesiana riferisce alle accompagnatrici che erano con lei di aver sentito al passaggio del celebrante con l’ostia consacrata «un forte calore penetrare nel suo corpo e la voglia di mettersi in piedi». La suora si sente meglio e nota «l’improvvisa ripresa della motilità del piede e la scomparsa del dolore». Riportata nella propria camera, alla presenza del  responsabile del pellegrinaggio, il dottor Danilo Cebrelli e del delegato vescovile monsignor Lorenzo Ferrarazzo, si mette seduta sul letto. «La religiosa chiede di poter ricevere la benedizione da parte di Ferrarazzo, che replica in modo esplicito: “Suor Luigina, se vuol ricevere la benedizione, si alzi e venga mettersi in ginocchio a pregare”. Suor Luigina prontamente ubbidisce, scende dal letto e si inginocchia».

Al ritorno del pellegrinaggio, la suora è guarita e il 27 luglio del 1965, il professor Claudio Rinaldi attesta: «Buone condizioni generali, rachide in asse, indolente, cicatrice chirurgica indolente, assenza di contrattura muscolare e rigidità segmentaria. Arti inferiori completamente mobili con forza pari e simmetrica, anche i fini movimenti di estensione separata dell’ alluce delle dita erano possibili. Lasègue negativo, riflessi patellari pronti, achilleo dx pronto, sx assente. Sensibilità normale». Nell’agosto 1965 ricompare anche il riflesso achilleo sinistro. Da allora suor Luigina non ha più accusato alcuna manifestazione della patologia che l’aveva resa invalida.

Nel luglio 2010, molti anni dopo dall’apertura della pratica, in occasione del pellegrinaggio Oftal di Tortona, il caso di suor Luigina Traverso è stato nuovamente presentato e valutato dal Bureau Medical ed è stato espresso giudizio unanime di «guarigione completa e permanente». Il vescovo di Casale Monferrato, alla domanda se dunque si tratti di un miracolo, ha risposto: «Questo non possiamo ancora affermarlo perché è solo competenza della Chiesa certificarlo; abbiamo però qui la base scientifica inoppugnabile per poter giungere a tale certezza. È gioia grande poter fare questa comunicazione e mi offre l’occasione per rinnovare il mio caldo invito a partecipare numerosi al pellegrinaggio diocesano: andare a Lourdes per dire un “grazie” a Maria, Madre sempre attenta alla supplica dei suoi figli».

«La nostra Associazione Oftal e la nostra diocesi di Casale Monferrato – afferma nel comunicato il presidente diocesano Alberto Busto – sono di nuovo guardate amorevolmente da Maria, dopo la guarigione straordinaria accaduta il 2 giugno 1950 al casalese Evasio Ganora, riconosciuto poi dalla Chiesa solennemente come miracolo nel 1955. I numeri parlano finora di sei miracoli riconosciuti, accaduti a Lourdes a italiani.

Andrea Tornielli - vaticaninsider.lastampa.it -

 
 
 

MARZO MESE DEDICATO A SAN GIUSEPPE: ECCO UNA BELLISSIMA CATECHESI DI GIOVANNI PAOLO II

Post n°6819 pubblicato il 03 Marzo 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

1. Presentando Maria come “vergine”, il Vangelo di Luca aggiunge che era “promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe” (Lc 1, 27). Queste informazioni appaiono, a prima vista, contraddittorie.
Occorre notare che il termine greco usato in questo passo non indica la situazione di una donna che ha contratto il matrimonio e vive pertanto nello stato matrimoniale, ma quella del fidanzamento. A differenza di quanto avviene nelle culture moderne, però, nel costume giudaico antico l’istituto del fidanzamento prevedeva un contratto e aveva normalmente valore definitivo: introduceva, infatti, i fidanzati nello stato matrimoniale, anche se il matrimonio si compiva in pienezza allorché il giovane conduceva la ragazza nella sua casa.
Al momento dell’Annunciazione, Maria si trova dunque nella situazione di promessa sposa. Ci si può domandare perché mai abbia accettato il fidanzamento, dal momento che aveva fatto il proposito di rimanere vergine per sempre. Luca è consapevole di tale difficoltà, ma si limita a registrare la situazione senza apportare spiegazioni. Il fatto che l’Evangelista, pur evidenziando il proposito di verginità di Maria, la presenti ugualmente come sposa di Giuseppe costituisce un segno della attendibilità storica di ambedue le notizie.

2. Si può supporre che tra Giuseppe e Maria, al momento del fidanzamento, vi fosse un’intesa sul progetto di vita verginale. Del resto, lo Spirito Santo, che aveva ispirato a Maria la scelta della verginità in vista del mistero dell’Incarnazione e voleva che questa avvenisse in un contesto familiare idoneo alla crescita del Bambino, poté ben suscitare anche in Giuseppe l’ideale della verginità.
L’angelo del Signore, apparendogli in sogno, gli dice: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo” (Mt 1, 20). Egli riceve così la conferma di essere chiamato a vivere in modo del tutto speciale la via del matrimonio. Attraverso la comunione verginale con la donna prescelta per dare alla luce Gesù, Dio lo chiama a cooperare alla realizzazione del suo disegno di salvezza.
Il tipo di matrimonio verso cui lo Spirito Santo orienta Maria e Giuseppe è comprensibile solo nel contesto del piano salvifico e nell’ambito di un’alta spiritualità. La realizzazione concreta del mistero dell’Incarnazione esigeva una nascita verginale che mettesse in risalto la filiazione divina e, al tempo stesso, una famiglia che potesse assicurare il normale sviluppo della personalità del Bambino.
Proprio in vista del loro contributo al mistero dell’Incarnazione del Verbo, Giuseppe e Maria hanno ricevuto la grazia di vivere insieme il carisma della verginità e il dono del matrimonio. La comunione d’amore verginale di Maria e Giuseppe, pur costituendo un caso specialissimo, legato alla realizzazione concreta del mistero dell’Incarnazione, è stata tuttavia un vero matrimonio (cf. Giovanni Paolo II, Redemptoris custos, 7).
La difficoltà di accostarsi al mistero sublime della loro comunione sponsale ha indotto alcuni, sin dal II secolo, ad attribuire a Giuseppe un’età avanzata e a considerarlo il custode, più che lo sposo di Maria. È il caso di supporre, invece, che egli non fosse allora un uomo anziano, ma che la sua perfezione interiore, frutto della grazia, lo portasse a vivere con affetto verginale la relazione sponsale con Maria.

3. La cooperazione di Giuseppe al mistero dell’Incarnazione comprende anche l’esercizio del ruolo paterno nei confronti di Gesù.
Tale funzione gli è riconosciuta dall’angelo che, apparendogli in sogno, lo invita a dare il nome al Bambino: “Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Mt 1, 21).
Pur escludendo la generazione fisica, la paternità di Giuseppe fu una paternità reale, non apparente. Distinguendo tra padre e genitore, un’antica monografia sulla verginità di Maria –  il De Margarita (IV sec.) – afferma che “gli impegni assunti dalla Vergine e da Giuseppe come sposi fecero sì che egli potesse essere chiamato con questo nome (di padre); un padre tuttavia che non ha generato”. Giuseppe dunque esercitò nei confronti di Gesù il ruolo di padre, disponendo di un’autorità a cui il Redentore si è liberamente “sottomesso” (Lc 2, 51), contribuendo alla sua educazione e trasmettendogli il mestiere di carpentiere.
Sempre i cristiani hanno riconosciuto in Giuseppe colui che ha vissuto un’intima comunione con Maria e Gesù, deducendo che anche in morte ha goduto della loro presenza consolante ed affettuosa. Da tale costante tradizione cristiana si è sviluppata in molti luoghi una speciale devozione alla Santa Famiglia ed in essa a san Giuseppe, Custode del Redentore. Il Papa Leone XIII gli affidò, com’è noto, il patrocinio su tutta la Chiesa.

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QUANDO AVVENIRE CONFONDE, E CONSACRA LE PERSONE SBAGLIATE

Post n°6818 pubblicato il 03 Marzo 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Prendi Avvenire, due volte di fila, e capisci cosa è la sudditanza psicologica dei cattolici di oggi al pensiero dominante. In nome del dialogo e , in senso lato, dell’ecumenismo, si arriva a due paradossi: silenziare gli scrittori cattolici, perchè cattolici; fare da cassa di risonanza degli scrittori anticattolici, perchè, in quanto anticattolici, più intelligenti, titolati ecc…

Come mai Socci, Messori, Gnocchi eccetera, non solo non scrivono su Avvenire, ma spesso sono anche mal visti (come pure radio Maria, Timone, Radici Cristiane ecc.)?

Per il motivo suddetto.

Facciamo un esempio: due folli invitano all’infanticidio.

Chi consulta Avvenire, per dire che hanno torto? A chi funge da cassa di risonanza, dando la patente di persone che hanno qualcosa di importante da dire?

A degli emeriti abortisti, che, contraddittoriamente, sono contro l’uccisione di un bambino a due gioni di vita, ma sono favorevoli all’uccisione dello stesso magari a 3, 6, 8 mesi!

Così su Avvenire del 2 marzo vengono sentiti nell’ordine i luminari: Giorello (abortista, accerrimo anticattolico…); Bodei, abortista, fervente avversario della regolamentazione della fiv…; Mordacci, degno allievo di don Verzè, su posizioni eterodosse in ogni ambito della bioetica…

Vediamo come viene riportato dalla giornalista di Avvenire il pensiero di Giorello:

“Ma è sull’aborto che Giorello pone l’accento, spiegando come il dibattito innescato dai due ricercatori possa portare a confondere l’interruzione di gravidanza (giuridicamente regolamentata in Italia) con l’infanticidio: «Se è purtroppo vero che in alcune circostanze l’arrivo di un figlio possa costituire un evento insostenibile per una madre o per una coppia – precisa Giorello –, vero è anche che nel nostro Paese esiste una legge molto attenta a regolamentare le circostanze di un interruzione di gravidanza. E che quest’ultima dovrebbe essere sempre scongiurata precedentemente da un uso altrettanto attento delle terapie anticoncezionali, senza bisogno di ricorrere alla fantascienza degna dei peggiori incubi di Orwell o Huxley». Un appello alla responsabilità dunque (concetto assolutamente assente nell’articolo dei due ricercatori italiani), che Giorello accompagna a quello al mondo accademico, affinché «si riprenda un confronto razionale sulla vita tra studiosi che della vita hanno concezioni diverse ma che si guardano bene, come in questo caso, di dettare i loro dogmi autoritari».”

Dunque Giorello difende l’aborto come cosa buona e giusta, legale!; invita all’uso dei contraccettivi; bleffa con le parole (“Interruzione di gravidanza); mente sulla presunta “legge molto attenta”…e la giornalista commenta: “un appello alla responsabilità, dunque”!

Ma per piacere…

Autore: Caius - libertaepersona.org -

 
 
 

LA QUARESIMA DI MARIA SECONDO LE APPARIZIONI DI LOURDES E FATIMA

Post n°6817 pubblicato il 03 Marzo 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Conversione, penitenza! Ecco le due parole che uniscono tra loro pressoché tutte le apparizioni mariane. Due  elementi che sembrano rappresentare una costante nel tempo, ma anche nei differenti luoghi della terra dove si sono verificati questi fenomeni straordinari e il Cielo si è aperto per parlarci. La cosa è certamente singolare e non può non far pensare. Per questo viene voglia di approfondirla, tanto più nel Tempo liturgico che stiamo attraversando. In quella Quaresima, cioè,  che è attesa della Pasqua e che tradizionalmente  si accompagna nella Chiesa, ad un atteggiamento interiore ma anche a gesti esteriori che dovrebbero appunto essere di conversione e di penitenza.

Abbiamo pensato di farlo entrando meglio nel cuore di due tra le Apparizioni più note anche perché abbastanza vicine a noi nel tempo: Lourdes e  Fatima.

E’ il 25 febbraio 1858. A Lourdes, è la nona apparizione. Bernadette, circondata da una folla di oltre 350 persone, nonostante l’opposizione delle autorità, è tornata alla grotta. Ma fa cose strane, diverse dal solito, che colpiscono molto i presenti: risale camminando sulle ginocchia, il piano inclinato fino al fondo della grotta e, là giunta, scava con le sue mani la terra umida, poi la porta alla bocca come se bevesse e, infine, con il viso tutto infangato si rialza. Saranno gesti che ripeterà anche nei giorni seguenti, rivelando come non soltanto li abbia compiuti perché Acquerò – quella là, come la chiamava Bernadette che ancora non sapeva trattarsi della Immacolata Concezione - glieli aveva chiesti, ma anche le parole con le quali Maria li aveva accompagnati. «Penitenza! Penitenza! Penitenza!...»; «Pregherete Dio per i peccatori»; «Andate a baciare la terra in penitenza per la conversione dei peccatori».

A Fatima, invece, siamo nell’estate del 1916 quando un angelo appare per la seconda volta a Lucia, Giacinta e Francesco e chiede loro preghiere e sacrifici. Quando i tre bambini chiedono che cosa ciò significa in pratica, egli risponderà loro: «Tutto ciò che potrete: offrite a Dio in sacrificio un atto di riparazione per i peccati per i quali egli è offeso e di supplica per la conversione dei peccatori. Attirate così la pace sulla vostra patria. Io sono l’angelo custode, l’angelo del Portogallo. Soprattutto, accettate e sopportate con umiltà le sofferenze che Dio vi invierà».  Poco meno di un anno dopo, il 13 maggio 1917, nel corso della prima apparizione sarà Maria stessa a rivolgersi ai piccoli pastori  chiedendo loro: «Volete offrire voi stessi a Dio per sopportare tutte le sofferenze che vorrà inviarvi in un atto di riparazione  per i peccati per i quali  è offeso e di supplica  per la conversione dei peccatori?». E quando i bambini nella loro purezza e ingenuità rispondono «Sì, lo vogliamo», Maria aggiunge: «Soffrirete molto, ma la grazia di Dio vi sarà di conforto».

Il 19 di agosto di quello stesso anno, poi,  Maria ribadirà: «Pregate, pregate molto e fate dei sacrifici per i peccatori perché molte anime vanno all’inferno, fate sacrifici e pregate per esse».
Parole arcaiche, quelle pronunciate nel corso delle Apparizioni, lo sappiamo. Parole che spesso innervosiscono teologi e sapienti perché sembrano tagliate con l’accetta. Parole che non si preoccupano certo di tenere conto del “politicamente corretto” in auge in ogni epoca. Parole che, tuttavia, proprio per questo, vanno sempre al sodo e che raggiungono subito il cuore del problema. Il peccato esiste e offende Dio. L’inferno, nonostante ogni tanto qualcuno di noi al proposito si illuda, non è affatto vuoto proprio perché i peccatori sono molti. Per questo occorre pregare e fare penitenza per i propri peccati ma anche per quelli degli altri. Occorre offrire se stessi a Dio accettando di buon grado, come espiazione, le sofferenze che Dio permetterà ci raggiungano.

Può sembrare un messaggio duro, persino crudele per noi uomini d’oggi, così ipersensibili e delicati. Ma a pensarci bene è quello che ha fatto Gesù quando ha deciso di salire in croce per i peccati di tutti. E neanche per lui si è trattato di una passeggiata. Ha iniziato nell’orto degli Ulivi a sudare sangue per finire sul Calvario trapassato da una lancia. Soffriva nel corpo ma era triste anche nell’animo perché ad un certo punto si sentirà abbandonato persino da quel Padre al quale tutto stava offrendo. Ma è stato aiutato a giungere fino alla fine che non è stata la morte ma la gioia e la luce della Risurrezione.

Ma anche quello che ha fatto Bernadette, la veggente di Lourdes, alla quale del resto Maria stessa aveva promesso di non farla felice in questa vita ma nell’altra. Una piccola e modesta suora che è stata fatta santa non certo perché aveva visto l’Immacolata ma perché aveva reso, lei per prima, la sua vita coerente con il messaggio che aveva ricevuto. E’ anche quello che hanno fatto i tre pastorelli di Fatima. Giacinta e Francesco morti solo qualche anno dopo. E Lucia che invece aveva risposto offrendo la sua vita e la sua preghiera come monaca carmelitana.

E noi?  Non sgomentiamoci se siamo tentati di avere un po’ di paura davanti a richiami così forti. Credo si tratti di una reazione naturale. E’ la tentazione che sempre abbiamo di cercare di salvare  la nostra vita fuggendo davanti a Dio. Il quale invece ci ha assicurato che chi la perde nel suo nome, in realtà la troverà.

Tanto più che, a ben vedere, per rispondere anche al richiamo delle apparizioni in questa Quaresima non siamo chiamati a fare cose particolarmente fuori dall’ordinario. Non ci farà male, è vero, se come ha chiesto Maria a Medjugorie, il mercoledì e il venerdì magari digiuneremo a pane ed acqua. Ma in realtà, quello che dovremmo fare soprattutto sarebbe quello di cogliere l’occasione della Quaresima per raccoglierci un po’ di più in noi stessi proprio per verificare un po’ meglio a che punto è la nostra conversione. Cioè a che punto è quel nostro “offrirci” a Dio che chiede anche Maria a Fatima. Un “offrirci” che consiste essenzialmente, io credo,  nel rinunciare ai nostri progetti, anche quelli buoni, sui quali spesso ci impuntiamo a lungo, per abbandonarci davvero e finalmente a Dio.  Per scoprire così il disegno che egli ha su di noi e per abbracciarlo con gioia e slancio interiori anche in quella parte di sofferenze che eventualmente comportano.

Ecco, credo che questo sia il sacrificio migliore che possiamo fare, la penitenza più grande, la conversione più profonda. Della quale, allora non potranno non entrare a far parte spontaneamente anche i fratelli con il loro cumulo di peccati e di sofferenze. E questo perché se noi entriamo più profondamente nel circuito dell’amore divino, donando in modo sempre più generoso la nostra vita a Dio, questo circuito non potrà non estendersi fino ad abbracciare anche tutti gli altri che Dio ama:  quelli più vicini, ma anche tutti gli uomini, i credenti ma anche i tanti che ignorano o che rifiutano quel Gesù che non conoscono.

In una solidarietà profonda e umile, che è quella propria della comunione dei santi, perché tutti siamo peccatori, gli uni bisognosi dell’aiuto e della comprensione degli altri, tutti fiduciosi in quella misericordia divina che non rinnega ma supera la giustizia.

- Rosanna Brichetti Messori - labussolaquotidiana.it -

 
 
 

IL MATRIMONIO: UNA PROMESSA "PER SEMPRE"

Post n°6816 pubblicato il 03 Marzo 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Su questo tema è iniziato nella Basilica di San Giovanni in Laterano il nuovo ciclo di "Dialoghi in cattedrale"

Educare i giovani partendo dall’amore, ma non un sentimento generico, ma da quello coniugale, quello dove c’è la promessa “per sempre”. E’ questo il tema da cui sono iniziati ieri sera a Roma, nella Basilica papale di San Giovanni in Laterano i “Dialoghi in cattedrale”.

“In questo nuovo ciclo - ha spiegato il cardinal vicario Agostino Vallini ai numerosi presenti - abbiamo voluto porre un’attenzione particolare al tema dell’educazione delle future generazioni, rispondendo così all’invito che spesso ci viene posto da Benedetto XVI. La vita non è facile, spesso i giovani sono costretti ad affrontare momenti difficili, ma nonostante ciò è soprattutto un'avventura appassionante, e noi diamo solo qualche suggerimento per camminare sulla pista giusta”.

E spesso sono proprio queste difficoltà, che portano i ragazzi ad essere titubanti sulla scelta di sposarsi. “Oggi - ha spiegato Eugenia Scambini, docente presso l’università Cattolica del Sacro Cuore a Milano e tra i relatori dell’ incontro - il prolungamento degli studi, il difficile inserimento nel mondo del lavoro, la difficoltà di trovare una casa tendono a posporre il tempo della scelta del matrimonio, e a considerarlo non solo come una scelta rischiosa, ma, è questo è più grave, se si tratta un rischio che vale la pena di correre”.

Perciò diventa urgente educare i giovani all’importanza del valore del legame coniugale ai fini della realizzazione di sé, dove il passaggio dall’innamoramento all’amore, comporta sicuramente una trasformazione sia degli aspetti affettivi che di impegno, ma anche di apertura verso una nuova vita. E proprio a proposito dell’azione educativa dei genitori verso i figli ha spiegato: “I figli per crescere, hanno bisogno non solo di avere un buon padre e una buona madre, ma anche di vedere, un buon legame tra il padre e la madre. Il figlio è il frutto del loro amore e questo è la prima culla psichica che dà consistenza al piccolo dell’uomo che viene alla luce e che per potersi sviluppare adeguatamente ha bisogno di legami affidabili”.

E citando papa Benedetto XVI, la psicologa ha ricordato che compito della coppia non è trattenere il bambino nei loro desideri, ma condurlo fuori da sé per introdurlo nella realtà, perché i genitori sono mediatori generazionali. “La coppia - ha concluso - è al centro del passaggio tra le generazioni, poiché è chiamata a trasmettere e a trasformare, innovandolo, il patrimonio materiale, affettivo e morale delle generazioni precedenti e consegnarlo alle successive”.

L’altro protagonista della serata è stato il teologo padre Marco Ivan Rupnik che ha posto l’accento sulle contraddizioni della società contemporanea, che propone modelli egoistici di effimera felicità, dove viene prima di tutto il benessere del singolo mentre la coppia passa in secondo piano.

“Ma nessuno è felice da solo! - ha detto –. Se non c’è l’amore non può esserci la bellezza che viene da esso e che rimane al di là della morte. L’amore è un vortice che trasforma e trasfigura, solo esso ci può far vivere in eterno! L’amore coniugale cresce dall’amore ricevuto dal battesimo e quindi da Cristo, per questo parliamo di sacralità del matrimonio. I figli se riescono a partecipare a questa unione dei genitori, anche tutta la loro vita assumerà un cammino diverso. Ma non dobbiamo dimenticare che il sacramento reale è l’amore tra coniugi, dopo naturalmente ci sono i figli e quindi la famiglia, perché in quel sentimento all’origine, c’è l’eternità che ci avvicina a Dio”.

Il prossimo appuntamento dei Dialoghi in Cattedrale, è per giovedì 15 marzo sul tema Educare alla vita eterna: utopia o profezia?. Relatori della serata: Remo Bodei, docente presso l’Università degli studi di Pisa, e Joaquín Navarro-Valls, direttore della Sala Stampa Vaticana fino al 2006, e presidente dell'Advisory Board del Campus Bio-medico di Roma.

- Marina Tomarro - ZENIT -

 
 
 

NON E' L'ETA' CHE CI RENDE PERSONE: RISPOSTA AI DUE STUDIOSI ITALIANI CHE PROPONGONO "L'ABORTO DOPO LA NASCITA"

Post n°6815 pubblicato il 03 Marzo 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

I bambini hanno maggiore capacità di sopravvivenza ma vengono considerati meno importanti

Leggiamo sul Journal of Medical Ethics che due studiosi italiani dall’Australia propongono “l’aborto dopo la nascita”, cioè l’uccisione del neonato nei casi in cui è permesso l’aborto. Certo, qui si parla di un intervento attivo per provocare la morte, ma non ci stupisce poi così tanto, perché nei fatti, quando si parla di decisioni di vita o morte, il neonato viene già trattato in molti Paesi (per ora non in Italia) con criteri etici diversi dai criteri con cui si considera l’opportunità di offrire cure ad un adulto, anche se l’intervento attivo è fortunatamente escluso.

I criteri differenti consistono nel sospendere le cure su una base probabilistica di morte (o  di malattia futura) legati all’età concezionale cioè al tempo passato dal concepimento (o al massimo su indicazioni prenatali) e non sulla base di una serie di accertamenti approfonditi da effettuare dopo la nascita per avere la certezza di una prognosi infausta, e sul tenere in particolar conto il parere dei genitori che secondo vari studi pesa molto sulla decisione di soccorrere attivamente o meno il bambino.

Detto questo, è chiaro che c’è un limite all’intervento, legato allo sviluppo del bambino, che sotto una certa età non sopravvive e legato al verificare che le cure si mostrano inefficaci. Ma è bene sapere che le stime di sopravvivenza fatte in base all’età dal concepimento non ci dicono se “quel” bambino sarà tra coloro che possono farcela, e che in realtà al momento della nascita non abbiamo nessuno strumento certo per poterlo dire.

Sono appena uscite le linee-guida dei medici svizzeri per la rianimazione dei neonati: cosa fare con quelli che sono così piccoli da essere a rischio di non farcela, o di avere severi handicap? Le linee-guida pubblicate sullo Swiss Medical Weekly, così sintetizzano: se il bimbo nasce fino 22 settimane e 6 giorni dal concepimento, si danno solo cure palliative; poi, fino a 23 settimane e 6 giorni, “generalmente cure palliative”; quindi, fino a 24 settimane e 6 giorni, “la costellazione individuale di fattori prognostici prenatali aggiuntivi può essere utile nel processo decisionale con i genitori”.  A 25 settimane, in genere si prevede la terapia intensiva, tranne che nei casi in cui “i dati prenatali siano sfavorevoli e i genitori siano d’accordo”.

In queste linee-guida vediamo come si dia un peso importante al parere dei genitori ma soprattutto che si danno cure palliative a bambini che la letteratura scientifica mostra avere possibilità di farcela. Infatti a dicembre è uscito sul Journal of the American Medical Association (a cura del Human Development Neonatal Research Network) uno studio sulla reale sopravvivenza dei neonati di 22-25 settimane (quelli di cui sopra).

A differenza di studi precedenti, questa ricerca fatta su oltre 10.000 bambini, toglie dal computo dei dati di sopravvivenza quelli degli ospedali che “a prescindere” non assistono in maniera attiva i piccolissimi, e inseriti insieme agli altri alterano le statistiche (se un ospedale che rianima tutti ha una sopravvivenza del 30%, messo insieme a 10 ospedali che quei bambini non li rianimano, finisce che la sopravvivenza media crolla quasi a zero!).

E i dati USA sono questi: sopravvivenza a 22 settimane: 27,1%; a 23 settimane: 41,8%, a 24 settimane: 60,4%: vi sembrano dati di sopravvivenza nulla o bassissima? Quanti adulti dopo un ictus o un infarto vorrebbero una prognosi di questo tipo! E nessuno pensa (finora) di non soccorrere chi ha un infarto (o di soccorrerlo discutendone prima con i parenti).

Si noti bene che anche le percentuali di bambini che sopravvivono con malattie gravi, per quanto presenti, non sono così disastrose, a quanto emerge dallo studio (e comunque il fatto che un bambino ha un handicap non deve essere mai motivo di sospendergli le cure).

Invitiamo a questo proposito tutti i medici a considerare questi dati, in particolare i medici cattolici: se la possibilità di vita è zero, le cure sono accanimento indebito, ma quando la possibilità di farcela è non più una chimera, come abbandonare il neonato senza un tentativo di salvarlo?

Paradossalmente – anche non considerando quanto detto finora - possiamo dire che stupisce il nostro stupore e indignazione per una richiesta che quantitativamente aumenta i limiti dell’aborto, come se eliminare una vita innocente dopo la nascita fosse più grave che eliminarla prima che nasca.

Semmai sono da considerare bene i dati della sopravvivenza dei prematuri, ben diversi da quanto avveniva 30 anni fa, perché proprio sulla possibilità di sopravvivere si basa per la legge 194 il limite massimo per abortire (art 6 e 7).

Comunque, non è la rianimazione alla nascita l’unico campo in cui il bambino neonato viene trattato talora con criteri diversi da come viene trattato un adulto. Basti pensare al trattamento del dolore e al diritto al benessere in ospedale, argomenti su cui abbiamo di recente pubblicato diversi lavori.

Così come ha fatto la neonatologa canadese Annie Janvier, che in uno dei suoi studi sul diverso trattamento del neonato rispetto al bambino più grande conclude: “I neonati e in particolare i prematuri sono sistematicamente svalorizzati in confronto a pazienti più grandi che hanno una prognosi uguale o anche peggiore”. Chiediamo solo questo: che per ogni essere umano si usi lo stesso criterio, perché in sostanza, non è l’età che ci rende “persone”.

-  Carlo Bellieni - membro della Pontificia Accademia pro Vita, Segretario del Comitato di Bioetica della Società Italiana di Pediatria - ZENIT -

 
 
 
 
 

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Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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