ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 06/03/2012

CHIARA LUCE BADANO: GRAZIA E STUPORE

Post n°6838 pubblicato il 06 Marzo 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Più passa il tempo, e più m’è difficile parlarne. Le parole, del resto, mal s’adattano a raccontare ciò che, grazie a lei, quotidianamente s’infila nella mia vita, e ancor più, in quella dei suoi genitori; neppure per Chiara, d’altro canto, le parole hanno mai avuto gran peso: preferiva la concretezza dei gesti alle chiacchiere, il presente alle analisi retrospettive o alle ansie del futuro.
 
Certo è che, in modi per me continuamente misteriosi e con sempre nuove sfumature, Chiara Luce continua a sorprendermi. Una presenza la sua, perfino più tangibile di quando, sia pure sporadicamente, la guardavo crescere.
 
Ciò che più mi stupisce è verificare come questa fanciullina scomparsa una ventina d’anni fa sappia toccare i cuori della gente oggi. Con Maria Teresa e Ruggero, e con mia sorella Chicca, lo verifichiamo continuamente. Sono stato in Argentina nel novembre scorso, e non riuscivo a capacitarmi di come e quanto Chiaretta riuscisse a far innamorare così tanti giovani, così diversi da lei per contesti e background culturali; e lo stesso è capitato in Polonia o in Sicilia, alla Gmg di Madrid come in tutte le città francesi dove siamo stati di recente. Chiara è così ovunque, e sa emozionare, rivoluzionare vite e cambiarne le prospettive. Ma in un modo tutto suo: senza mai “parlare” alle masse, ma piuttosto ai singoli, quasi se li scegliesse e convocasse uno ad uno, e con ciascuno riuscendo a trovare un rapporto assolutamente personale. Difficile capire come ci riesca, e non solo per un agnostico come il sottoscritto, ma perfino per chi con lei ha condiviso ogni intimità. Ma accade, sempre più spesso: perfino attraverso un media notoriamente freddo e facilone come la tivù. È accaduto a Porta a Porta, come l’altra sera su Rete 4, è accaduto da Maurizio Costanzo come al Congresso Eucaristico di Ancona o a Jubilmusic. Non è solo questione di share o di affluenze sorprendenti; Chiara colpisce al cuore, e lì resta, “producendo” sempre nuove meraviglie: in grandi artisti e persone umilissime, bambini e anziani, intellettuali e studenti, credenti e no.
 
Per non dire di ciò che accade a prescindere da Maria Teresa e Ruggero Badano, dall’omonima Fondazione a lei dedicata o dallo stesso Movimento dei focolari, che pure continuano a essere i “custodi naturali” della sua vicenda: piecès teatrali, iniziative editoriali, documentari, tesi di laurea, meeting d’ogni genere. Certo Chiara Badano continua a parlare anche così, ma l’impressione è che questi siano solo pretesti, sfondi più o meno ispirati, di un agire infinitamente più potente e fruttuoso. E non si può non rilevarne la provvidenzialità, soprattutto per questi tempi così desolanti e smarriti. Perché la sua storia, per quanto forgiata nel – e dal – dolore, è innanzi tutto una storia d’amore e di felicità; di compiutezza e perfezione trovata nella semplicità delle piccole cose.
Una storia in continuo divenire, come ben potrebbero testimoniare anche monsignor Maritano che nel ’98 avviò la causa di beatificazione o padre Tessari, il postulatore del processo di canonizzazione in corso.
 
Ma se è vero che solo le cose belle si possono rovinare, allora significa che questa – che è addirittura bellissima – è più che mai esposta al rischio d’essere deteriorata: banalizzandone il senso o riducendola adun cliché, a un’icona magari commovente, ma sostanzialmente sterile. E invece credo che la forza di Chiara Luce stia tutta nel suo opposto: nella possibilità cioè d’essere riprodotta da chiunque creda ai suoi stessi ideali: ciascuno attraverso i propri talenti, nei propri contesti, e attraverso la propria unicità. Ecco: tra tutte le intercessioni che quotidianamente e da ogni dove le si richiedono, credo sia proprio questa la più gradita a lei, e la più provvidenziale per noi.

- Franz Coriasco ha scritto per Città Nuova: Dai tetti in giù (2010), In viaggio con i Badano (2011) -

 
 
 

LA NOSTRA MISURA DEV'ESSERE L'AMORE INCONDIZIONATO DI DIO!!!

Post n°6837 pubblicato il 06 Marzo 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

 «Fratelli e sorelle, abbiamo sentito: “Con la misura con cui misurate sarà misurato a voi in cambio”. Perciò poniamoci la domanda: quali sono e come sono le misure con cui misuriamo? Abbiamo due misure diverse, dei criteri di cui spesso non siamo coscienti. Osserviamo alcuni di questi criteri nel campo del perdono. All’inizio della Messa noi preghiamo nei confronti di noi stessi: “Perdonami, Signore! Sii misericordioso verso di me!”. E dopo la Messa verso gli altri? Cosa avviene quando, dopo la Messa, incontro una persona che mi ha ferito, che mi risulta pesante, che non mi piace? Non riconosciamo forse due misure diverse? Noi diciamo: “Non posso perdonare: è difficile!”. Scopriamo, dunque, un criterio che usiamo verso il corpo ed un altro che usiamo verso l’anima: cosa fai quando hai una ferita nel corpo o una malattia, o devi andare dal medico o in ospedale, o fare una operazione? E’ forse semplice? Ma ci vai, vai dal dottore, vai a fare l’operazione! Perché? Perché è utile, perché è un bene per te. Non è facile, ma ci vai.

Qual è, invece, la tua relazione verso le ferite dell’anima? Tu dici: “Non posso perdonare”, cioè: “Non posso curare la ferita!”. Tu dici: “Come posso perdonare? Mi è stata fatta una ingiustizia, mi è stato procurato un dolore! Come posso perdonare?”. Qui vediamo le due diverse misure: come mi comporto verso il corpo quando, per esempio, un coltello mi fa un taglio? Non dico: “Tu, coltello, tu mi hai fatto una ingiustizia! Non telo perdonerò mai!”. No, noi non diciamo questo. Noi dimentichiamo il coltello e pensiamo solo alla ferita, che subito fasciamo e curiamo. E’ diverso quando mi offende una persona: allora dimentico la ferita, dimentico che io sto soffrendo, e mi rivolgo alla persona che mi ha offeso, penso solamente a lei e, naturalmente, in modo negativo. Dico: “Non posso perdonare, perdonare è doloroso!”. E’ vero, il perdono è un processo doloroso, ma ricorda alcune situazioni di dolore fisico, ad esempio una iniezione: è dolorosa, ma immette la medicina nel tuo organismo! Così è anche per il perdono!

Guardiamo alcune nostre misure nel campo del nostro modo di vedere. Come guardo? Gli occhi dell’uomo sono interessanti: siamo di corte vedute per ciò che riguarda le nostre debolezze, mentre abbiamo occhi a lunga gittata per quanto concerne gli errori degli altri! Quando dobbiamo vedere i pregi negli altri diveniamo ciechi, ma ricominciamo a vedere quando sono in questione i loro lati oscuri! Capita ad ognuno di noi di conoscere meglio i peccati e gli errori altrui che i propri. E mentre spesso non sappiamo cosa confessare, continuiamo facilmente a parlare dei peccati degli altri. Dov’è il problema: nei nostri occhi o negli altri? Significa forse che gli altri sono dei demoni mentre noi siamo angeli? Il problema sta in noi, perché ognuno di noi vede ciò che gli altri avrebbero dovuto fare, ciò che hanno omesso, dove hanno sbagliato, mentre spesso noi non compiamo i nostri doveri fondamentali e ci giustifichiamo dicendo che non sappiamo ciò che dobbiamo fare! Non vediamo neppure il flagello che abbiamo in mano e col quale flagelliamo gli altri! Non vediamo neppure la ferita sul corpo dell’altro e che è causata dal nostro flagello! Giustifichiamo o non riconosciamo i nostri atteggiamenti, ma condanniamo il grido degli altri! Come vediamo facilmente la pagliuzza negli occhi degli altri e non facciamo caso alla trave nel nostro occhio! E’ strano: una persona si può guardare allo specchio per giorni e non vedere se stessa. E’ interessante il fatto che sappiamo sempre cosa gli altri devono fare per noi e come è per noi stare con gli altri, ma comprendiamo così difficilmente come è per gli altri stare con noi! Il segno più sicuro della nostra conversione o del nostro risveglio dal sonno del peccato è quando cominciamo a capire come è per gli altri stare con noi. Si sente raramente la frase: “E’ difficile per gli altri stare con me”, mentre sentiamo dire spesso: “Mi è difficile a causa degli altri!”. Noi giustifichiamo il nostro comportamento perché sono responsabili sempre gli altri. Quale deve essere la nostra misura? Dev’essere quella misura con cui misura Dio e l’abbiamo sentita: “Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro”. Questa è la misura di Dio: la misericordia, L’amore misericordioso ed incondizionato di Dio! Questa è la misura di Dio ed anche noi siamo chiamati a fare di essa la nostra misura. L’amore misericordioso di Dio è come il sole che splende per i buoni e per i cattivi; come la pioggia che cade per i buoni e per i cattivi; come una rosa che semplicemente fiorisce e profuma, senza preoccuparsi di come siano coloro per i quali profuma. L’amore di Dio è come il Pane Eucaristico che si spezza per tutti e si dona incondizionatamente. Il fondamento del nostro amore non deve essere la bontà degli altri, ma il fatto che l’uomo esiste. E questo ci parla dell’amore di Dio perché noi esistiamo e tutto il resto esiste perché Dio ci ama! L’amore incondizionato è come il respiro per la vita corporale: io non smetto di respirare nel caso in cui qualcuno non mi risponde o non ricambia la mia gentilezza! Io non ho smesso di respirare, io non posso decidere se voglio o no respirare perché ciò è necessario per la vita, altrimenti soffocherei. Così deve essere il nostro amore nei rapporti con le persone: deve essere tale da non dipendere dal fatto se essi sono o no buoni verso di me. Non dobbiamo smettere di amare, né fermarci di fronte alle barriere che gli altri pongono! Colui che perdona, ama, è misericordioso, non giudica l’altro e che, quando sbaglia, chiede perdono all’altro può essere in pace con Dio e con se stesso. Quando ha, condivide con l’altro e quando non ha non ha timore di chiedere all’altro. Volere la pace da Gesù e non voler amare e perdonare, non voler sacrificarsi per l’altro e non voler sopportare pazientemente le debolezze degli altri, non significherebbe altro che chiedere a Gesù di servire la nostra superbia e il nostro egoismo, chiedergli che Egli continui a sacrificarsi per noi, mentre noi non facciamo nulla per gli altri. Com’è misericordioso il nostro amore? (…) Il bene non è mai così buono come quando non siete coscienti che lo state facendo, che state facendo del bene. Non siete mai così buoni come quando non avete la sensazione di esserlo. Un Santo è Santo fino al momento in cui non lo viene a sapere.

Ed infine: cos’è per te la Messa, cos’è la Confessione, cos’è la preghiera? E’ un occasione per rafforzare le tue posizioni e i tuoi pensieri, come quel fariseo al tempio, di più:per chiamare Dio in tua difesa? O è una occasione per verificare davanti a Gesù, unica misura, le tue posizioni, le tue misure, il tuo modo di vedere e di pensare? Noi andiamo a Messa,preghiamo ed andiamo all’Adorazione per “tarare le nostre misure” davanti a Gesù, per verificarci, per verificare le nostre misure ed il nostro modo di vedere e di pensare. Per ricordare le misure di Gesù e correggerci (…)».

 - (Stralci dell’omelia della Messa serale del 5.3.’12 a Medjugorje. - Fonte: Radio “Mir” Medjugorje, traduzione dal croato-  Info da Medju -

 
 
 

DONNE SENZA PAURA DI ESSERE BUONE E BELLE

Post n°6836 pubblicato il 06 Marzo 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

La giornalista e scrittrice Costanza Miriano dice la sua sulla festa dell'8 marzo

La giornalista del TG3 Costanza Miriano è quanto di più lontano possa esistere dallo stereotipo della femminista. È profondamente cattolica ma molto diversa dallo stereotipo della ragazza cresciuta in oratorio.

Il suo primo libro Sposati e sii sottomessa (Vallecchi) è stato il caso editoriale dello scorso anno, spazzando via tutti i luoghi comuni sulle donne e sulle famiglie di oggi. Nell’intervista che ha rilasciato a Zenit, a pochi giorni dalla Festa della Donna, la Miriano torna a parlare dei temi da lei affrontati, con la consueta acuta ironia “chestertoniana”.

Siamo vicinissimi alla festa dell’8 marzo, una ricorrenza che è un “totem” per le femministe. Altre donne, invece, vorrebbero abolirla…

Costanza Miriano: Io appartengo alla seconda categoria! Oggi come oggi vedo una situazione sbilanciata a nostro favore, nel senso che non vedo così tante donne così discriminate, salvo casi, che non voglio sminuire, di maltrattamenti. Vedo piuttosto una figura dell’uomo sempre più svilita, indebolita, sentimentalizzata, costretta a ruoli di cura ed accudimento che non sono propriamente maschili. Parlare di un uomo come autorevole, energico o forte equivale ormai quasi a insultarlo, a bollarlo come prepotente o maschilista. Io invece credo che i due ruoli vadano assolutamente ritrovati e valorizzati, essendo l’uno complementare all’altro. Quindi le rivendicazioni femministe non le condivido.

Se spengo la televisione e se chiudo i giornali, se guardo alle donne ‘in carne ed ossa’ che conosco, le rivendicazioni che loro fanno sono sulla maternità, sui figli; non vogliono essere costrette a lavorare o, quantomeno, vogliono farlo, dando un contributo alla società, senza essere costrette ad abbandonare i figli per un tempo irragionevole. Credo sia questa la vera battaglia: quella delle mamme.

Sul fronte della “emancipazione” la battaglia è ampiamente vinta: si pensi che il direttore del mio TG, Bianca Berlinguer, e il mio direttore generale, Lorenza Lei, sono donne… Per acquisire ruoli “di potere”, che hanno tempi e modi maschili, però, le donne devono accantonare la famiglia, la parte umana.

Negli ultimi quarant’anni è stato più l’uomo o la donna a vedere snaturato il proprio ruolo?

Costanza Miriano: L’uomo, senza ombra di dubbio. Roberto Marchesini ha scritto un libro in proposito, Quello che gli uomini non dicono (Sugarco). Questo saggio spiega la retorica per la quale l’uomo dovrebbe “femminilizzarsi”, assumere ruoli di cura, accudire i figli, prendere congedi parentali. Io, personalmente, condivido il magistero della Chiesa e la Bibbia che afferma “maschio e femmina li creò”. La distinzione sessuale non è una ‘carrozzeria esterna’ ma si riferisce a due incarnazioni diverse dell’amore di Dio. L’uomo dovrebbe avere il ruolo della guida: se inizia anche lui a cambiare i pannolini o a preparare le pappe non potrà essere autorevole…

Papa Benedetto XVI ha proposto, come intenzione di preghiera per marzo, il riconoscimento del contributo delle donne allo sviluppo della società. Che tipo di riconoscimento auspica, a suo avviso, il Santo Padre?

Costanza Miriano: Di certo non il riconoscimento delle quote rosa! Credo intenda che le donne debbano riscoprire la bellezza del loro ruolo, in particolare quello materno. Siamo noi le prime che tendiamo a dimenticare questo ruolo o a metterlo tra parentesi. Come il Papa stesso ha scritto nella Lettera sulla collaborazione tra uomo e donna, la più nobile vocazione per la donna è risvegliare il bene che c’è nell’altro, a favorire la sua crescita. È colei che dona la vita prima al suo bambino e poi a coloro che ha intorno, con la sua capacità di valorizzare i talenti, di mettere in relazione, di accogliere, di mediare, di vedere le cose da più punti di vista.
L’uomo, anche in famiglia, ha un tipo di amore più rivolto verso l’esterno, è colui che costruisce nel mondo del lavoro, che feconda la terra. L’uomo caccia e la donna raccoglie! Sono certa che il Papa non si riferisca alle battaglie femministe ma auspichi che la donna torni ad abbracciare il suo ruolo, perché, come tutto quello che la Chiesa ci insegna, è per la nostra felicità più profonda. Vedo tante donne che hanno rinnegato questa parte più femminile della loro vocazione, che hanno investito tutto sul lavoro, o meglio sulla carriera, rinunciando ai figli e, alla fine, ne soffrono.

Qual è stato il modello femminile della sua vita?

Costanza Miriano: Ne ho molti. Le donne che sanno ‘spargere la vita’ davanti a sé sono tutte profondamente cristiane. Due di loro, guarda caso, sono entrambe madri di sei figli: una ha scelto di rimanere a casa, l’altra di fare il medico. Quest’ultima, con un’attività privata, quindi elastica come orari, è riuscita ad armonizzare bene famiglia e lavoro.
Penso, però, anche a suor Elvira, della Comunità Cenacolo di Saluzzo, che è madre, in un altro modo, di migliaia di ragazzi. Prima di lei abbiamo avuto moltissime sante: Teresa d’Avila, Teresa di Lisieux, Caterina da Siena, Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein), Gianna Beretta Molla, tutte donne molto forti e coraggiose che mi ispirano e a cui vorrei somigliare.

Nel mondo dello spettacolo, della TV e del cinema c’è un’enfasi particolare sulla bellezza femminile, spesso non sempre nella cornice del buongusto e dell’eleganza. Possono i mezzi di comunicazione restituire la giusta dignità all’immagine della donna?

Costanza Miriano: Una giusta cura di sé da parte della donna non guasta. Noi donne cattoliche, talvolta, ci illudiamo che curando lo spirito si possa fare a meno di curare il corpo, invece io credo che per una donna sposata sia quasi un dovere essere piacevole. Io stessa amo essere un minimo vanitosa e “frivola”! Spesso ho le encicliche del Papa sporche di smalto… Non vedo nessun contrasto tra la bellezza fisica e quella spirituale. Io amo molto lo sport e tuttora lo pratico. La bellezza è un dono: va accolto, coltivato e custodito, ovviamente senza “buttare le perle ai porci”, senza esibirla in modo volgare. Alla fine quello che vediamo in televisione è il naturale esito della battaglia femminista.

Penso che i mezzi di comunicazione possono restituire dignità alla bellezza femminile, non censurando o condannando, né sottolineando il male ma mostrando che la vera bellezza e la vera felicità sono altro. La sfida di noi cattolici non è fare i moralisti o i bacchettoni: non è questo che convince il cuore. Dobbiamo fare vedere una bellezza più grande, testimoniando, anche con lo smalto e i colpi di sole, che la vera felicità è un’altra. Non è detto che una donna che ha molti figli e vive tutta la vita con un unico marito, debba per forza abbrutirsi. La nostra sfida di cattolici dobbiamo mostrare la profonda ragionevolezza della fede e l’infelicità profonda ed inevitabile che viene dal non credere. Non credo possa esistere una felicità senza Dio, il nostro cuore è fatto per Lui. Nemmeno per Brad Pitt e Angelina Jolie ci sarà alcuna felicità senza Dio!

E' possibile acquistare il libro di Costanza Miriano Sposati e sii sottomessa, cliccando su: http://www.amazon.it/s/ref=nb_sb_noss?__mk_it_IT=%C5M%C5Z%D5%D1&url=search-alias%3Daps&field-keywords=Sposati+e+sii+sottomessa&x=0&y=0&tag=zenilmonvisda-21
 
- di Luca Marcolivio - ZENIT -

 
 
 

MASSIMO CAMISASCA: ECCO LA SFIDA DELLA FAMIGLIA

Post n°6835 pubblicato il 06 Marzo 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

«La famiglia soffre, ma non è morta. Essa è il cuore della vita civile e sociale di un popolo, non può essere uccisa senza gravi conseguenze per tutti. [… ] Quella monogamica nata dall’unione tra un uomo e una donna, più che oggetto del passato, mi appare come una bellissima tentazione del futuro. Come una promessa, una sfida, una possibilità che ci attende».

Mentre gran parte degli italiani accolgono con giubilo il provvedimento sul divorzio breve, mentre i legami si liquefano sempre più e i rapporti di coppia sono più precari dei contratti offerti ai neo laureati, Massimo Camisasca torna a proporre con forza l’unica via possibile: la famiglia. Il fondatore e superiore della Fraternità Sacerdotale dei Missionari di San Carlo Borromeo lo fa dalle pagine del suo libro “Amare ancora – Genitori e figli nel mondo di oggi e di domani”, Edizioni Messaggero di Padova, 143 pagine, a pochi mesi dall’incontro mondiale di maggio.

In una società in cui l’istituzione della famiglia è considerata un cimelio del passato il libro la presenta  come la più affascinante delle sfide. All’autore abbiamo chiesto se non sia una proposta un po’ lontana dai tempi…                                                                                                                     Sono sicuro che la famiglia non passerà mai di moda perché è la strada bellissima e talvolta complicata verso la vita. I rapporti familiari sono radicati dentro la nostra mente e il nostro spirito. Per questo ancora oggi ha senso parlare di famiglia. Proprio le sofferenze e i drammi delle divisioni ci raccontano quanto la famiglia non sia un istituto del passato, ma una necessità del presente. Oggi si sono diffuse altre modalità di rapporto tra le persone che vorrebbero durare nel tempo gareggiando con la famiglia tradizionale. Ma queste nuove “forme” non ne possiedono le caratteristiche. La famiglia tradizionale, infatti, vive di una stabilità, di un impegno preso davanti a Dio o agli uomini, nel desiderio che il coniuge e i figli che eventualmente verranno possano trovare un luogo in cui essere accolti stabilmente e amati.

Il secondo capitolo del libro è dedicato alla “nostra originale dipendenza”, che sentiamo attraverso quell’irresistibile esigenza di completarsi nel rapporto con gli altri, cosa significa? Come può questa dipendenza parlare a chi vive in un mondo in cui si sbandierano autodeterminazione e indipendenza a tutti i costi?
L’uomo è creatura. È originariamente dipendente dal suo Creatore. I rapporti tra gli uomini sono la strada per ricongiungerci a Colui che ci ha creati. Ecco perché riconoscere che abbiamo bisogno dell’altro ci libera dal peso dei nostri limiti, con cui inevitabilmente ci scontriamo quando cerchiamo a tutti i costi l’indipendenza, e che, in maniera altrettanto inevitabile, ci fanno del male. La famiglia è il nucleo in cui questa dipendenza diventa la struttura portante della nostra vita.

Da ogni parte oggi è messa in discussione la figura del padre: c’è chi tende a trasformare il papà in un mammo, e chi vorrebbe privarlo della sua autorevolezza. Nel libro invece è scritto che senza la presenza del padre si rischia di non vivere a pieno. Quanto c’è ancora da lavorare in questo senso?
La crisi in cui versiamo oggi è innanzitutto una crisi di senso, che affonda le sue radici nella distruzione della paternità, iniziata dalla rivoluzione culturale del ‘68. Io sono convito per esperienza che per educare un figlio occorrano un padre e una madre, tanto quanto sono necessari biologicamente. Certo, uno dei due può venir meno per la morte o anche tutti e due. Rimane vero ugualmente che senza una figura maschile e femminile di riferimento, senza il rapporto, anche conflittuale, con il padre e la madre, senza il loro affetto, la crescita è più difficile e può essere anche talvolta dolorosamente ostacolata. I genitori, la mamma e il papà, sono le due luci che illuminano la vita del figlio, che diventerà adulto. La mamma dona e cura l’esistenza, il padre apre ad essa, alla sterminata varietà delle sue sfumature. Senza l’apporto dei due fari, il cammino del giovane adulto rischia di attraversare zone buie.

Quando si parla di impegno, famiglia e responsabilità incombe silenzioso ma da molti condiviso un senso di paura. Paura del presente, del futuro, di non saper educare, di perdere il nostro tempo e il nostro spazio. Da dove deriva questa paura, e come affrontarla?
L’educazione è la sfida più avventurosa che l’uomo possa vivere. Io stesso, da prete, posso dire di aver dedicato ad essa la mia vita. Ovviamente, è di per sé rischiosa, l’errore è sempre dietro l’angolo, può essere sempre necessario ripartire. E la solitudine in cui sempre più veniamo relegati dalle strutture economiche e politiche che intessono il nostro mondo, non ultima la spirale in cui la tecnologia rischia di travolgerci, ci fanno sentire ancora più impreparati. Occorre riscoprire la passione di educare, che può portarci fuori dalla pochezza in cui spesso ci sentiamo ingabbiati. È difficile educare, ma non impossibile. Occorre un lungo ascolto, occorre riconoscere che noi non siamo i padroni delle vite altrui, occorrono ideali che bruciano dentro di noi e che si comunicano come fuoco agli altri.

Nel libro scrive che ci sono due ragioni per cui Dio ha voluto la famiglia e l’ha elevata a sacramento: la trasmissione della vita e la trasmissione della fede. Perché la fede è così essenziale? Se manca è ancora possibile costruire e custodire una famiglia?                                                                                     Come ho detto, siamo delle creature. La vita è un’alleanza fra Dio e l’uomo. Quando un uomo e una donna si promettono di essere l’uno per l’altra l’aiuto per tutta la vita, non pensano certamente di poterlo fare grazie ai loro sentimenti. Occorre poggiarsi sull’aiuto di Dio, anzitutto chiedendo la grazia di compagni di strada che possano sostenerci. Per questo le comunità ecclesiali possono essere un grande aiuto alla persona per affrontare le sfide, le ferite, le cadute e le vittorie della vita di una famiglia. La fedeltà è possibile. Essa è la forza che Dio dà alle nostre fragili esistenze. Ma la famiglia è sacramento anche perché è il primo, nel senso latino di primus, luogo di educazione alla fede. Come diceva Giovanni Paolo II, la famiglia offre la prima “umanizzazione della persona”. Ciascuno, pensando alla propria storia, potrebbe dire quanto siano stati importanti le preghiere insegnate dalla nonna o la messa della domenica con papà e mamma. La vita di un bambino è un terreno che aspetta, come pioggia, gli insegnamenti, semplici ed eterni, che solo la fede può donare.

In Italia molti avvocati, sociologi e psicologi hanno salutato con soddisfazione il provvedimento sul “divorzio breve”, considerano un bene per i nuclei destrutturati che si possono disgregare in tempi rapidi. Possiamo invece auspicare ad un’inversione di rotta? E’ possibile chiedere un aiuto dallo Stato nel custodire quello che la nostra Costituzione  dichiara di voler tutelare, la famiglia?
È evidente a tutti che ogni amore vuole essere per sempre e che ogni figlio che nasce desidera trovare un padre e una madre che lo accompagnino verso la vita in modo duraturo. Le leggi degli stati e le loro politiche non dovrebbero sminuire il valore fondamentale della famiglia, che è un bene per tutta la società. Il divorzio può essere un momento tragico nella vita di una persona. Ma piuttosto che offrire una “scorciatoia” che invece conduce solo a un male più grande, dobbiamo cercare in ogni maniera che lo Stato e il mondo politico trovino le soluzioni idonee per aiutare le famiglie, ricche o povere, numerose o piccole che siano. Spesso una famiglia naufraga per motivi che affondano le radici in difficoltà quotidiane, per le quali c’è bisogno di cambiamenti strutturali importanti. La famiglia più di tutto ha bisogno dell’aiuto di Dio, da domandare in un dialogo quotidiano, anche fugace, con la preghiera, magari in un semplice Padre nostro recitato insieme.

 - di Raffaella Frullone - labussolaquotidiana.it -

 
 
 

LA LOBBY OMOSESSUALE SI VENDICA DI LUCIO DALLA, GLI AMICI RISPONDONO

Post n°6834 pubblicato il 06 Marzo 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Anche i funerali di un grande artista sono l‘occasione per attaccare la Chiesa, ma in realtà quello che sta emergendo è questo: una vendetta della comunità omosessuale contro Dalla, perché egli non voleva saperne di essere usato come una bandiera per la loro ideologia.

Lo ha detto chiaramente padre Padre Bernardo Boschi, confessore del grande artista:  «La Chiesa condanna il peccato, non il peccatore quando questi fa un certo cammino. Questi soloni che imperversano, dicendo che la Chiesa è ipocrita non sanno niente della Chiesa. Dalla era una persona di grande fede e non ha mai voluto conclamare la propria omossessualità, le polemiche sono una vendetta dei gay che vogliono fare del cantante una bandiera». Ildefonso Chessa (nella foto a sinistra), che ha celebrato il rito funebre, ha affermato: «Avrei celebrato i suoi funerali anche se si fosse dichiarato con un coming out».

Facciamo comunque una sintesi di tutto quanto sta accadendo: il nostro sito ha voluto sottolineare la fede incrollabile di Lucio Dalla, il suo sentirsi cattolico pienamente, il sito di Vatican Insider ha invece ricordato l’ultima intervista, proprio alla televisione cattolica  TV2000: «C’e’ un disegno che tutti noi abbiamo e devo ringraziare Dio per tutto quello che ho avuto». I frati francescani di Bologna, dai quali Lucio andava a Messa, hanno ricordato che Dalla «aveva una sensibilità religiosa che gli faceva sentire la presenza di Dio nella natura e nella vita, era la fede di un uomo che, nonostante il successo, aveva fragilità personali vissute con dolore, sperimentava la fatica del vivere». Spiegano anche che la canzone “L’anno che verrà”, «l’aveva composta assieme a Padre Michele Casali in parlatorio». Anche “Avvenire” e “L’Osservatore Romano” lo hanno ricordato con belle parole.

La giornalista Lucia Annunziata lo ha invece insultato. Poche settimane fa ha rischiato di essere travolta dalla furia omosessualista per aver pronunciato questa frase in televisione: «Io avrei difeso Celentano anche se avesse detto che i gay vanno mandati nei campi di sterminio», ora sta cercando di redimersi invitando i gay nella sua trasmissione e attaccando Lucio Dalla per essere stato «vicino all’Opus Dei, ma di non aver mai mosso un passo per chi era gay, come lui». Eppure lo stesso Dalla disse di apprezzare il messaggio del fondatore dell’Opus Dei, San Josemaria, ma chiarì di non essere iscritto (lo ha confermato il portavoce del movimento ecclesiale). La giornalista ha poi attaccato la Chiesa: «Ti seppelliscono in cattedrale se non dici che sei gay», eppure -come ha detto don Chessa-, anche se Dalla fosse stato omosessuale non sarebbe stato diverso da chi commette altri peccati morali, come pecchiamo tutti noi. Oppure qualcuno vuole scagliare la famosa “prima pietra”? Ricordiamo che il grande Giovanni Testori, omosessuale e cattolico, non solo ricevette il funerale cattolico ma anche i ringraziamenti per la sua testimonianza di credente da parte di mons. Luigi Giussani, che celebrò le esequie.  La Chiesa accoglie e aiuta tutti i peccatori, non respinge nessuno.

Rosy Bindi ha subdolamente approfittato della morte di Dalla per chiedere il matrimonio omosessuale (ogni occasione è buona, no?), mentre Aldo Busi, violento anticlericale e omosessuale, ha insultato Dalla, parole che Paolo Flores D’Arcais ha sottoscritto pubblicandole su Micromega: «Ho sempre pensato che Lucio Dalla fosse un checchesco buontempone, un chierichetto furbastro – le sue interviste sono un vero florilegio di banalità in ossequio alla morale comune e all’autorità costituita- e non basta la morte per cancellare la magagna del gay represso cattolico». Lo definisce «povero cristo scansafatiche indegno di altra attenzione», «indigesto, per amore della pila sapeva individuare bene dove andare a fare il baciapile». Concludendo: «Non so se le canzoni di Dalla sono belle o brutte, come ne sento l’attacco alla radio, spengo». L’Associazione Nazionale Sociologi e l’Osservatorio sui Diritti dei Minori hanno invece definito Aldo Busi un “pro-pedofilia”, dato che il laicista sostiene il diritto di fare sesso con i tredicenni e nel 1996 ha dichiarato: «ma da quando la pedofilia è un crimine? Io ho fatto di tutto! Se anche un adulto masturbasse un ragazzino, che male ci sarebbe?». All’altro omosessuale militante, Franco Grillini, che sta strillando contro la Chiesa come una zitella, perché avrebbe vietato le canzoni durante il funerale per il fatto che Dalla era omosessuale, ha risposto invece Alfonso Signorini: «Ma che discorsi sono? Io sono omosessuale e cattolico praticante, e conosco le liturgie..e non si è mai visto che a Messa venissero suonati canti profani».

Fortunatamente in tanti stanno comunque condannato gli omosessualisti, perfino i radicali ironizzano sulla Annunziata, impegnata «a diffondere il vangelo dell’omosessualità dalle tribune televisive e dai tribunali di carta». Il “Corriere della Sera” ha parlato di «tentativo, goffo e fallimentare, non privo di un certo bigottismo laico», perfino il teologo ateo Vito Mancuso ha difeso “a suo modo” la Chiesa. Michele Serra ha affermato che la Chiesa è offensiva perché all’inizio del funerale un sacerdote ha spiegato quel che in tutti i funerali si dice: “Chi vuole accostarsi alla Comunione deve essersi prima confessato”. Per Serra è stato un attacco agli omosessuali presenti ai funerali, ma è stato a lui risposto su “Europa”. Gli sciacalli omosessuali stanno anche polemizzando perché Marco Alemanno è stato definito semplicemente un “compagno”, ma ad essi ha risposto Benedetto Zacchiroli, carissimo amico del cantante, teologo e gay dichiarato: «La definizione di Marco Alemanno quale amico e collaboratore di Lucio Dalla, l’ho scritta io. Non c’entra niente Santa Romana Chiesa [...] Io stesso non gli ho mai chiesto se fosse gay, né lui me l’ha mai detto. Sono stanco di questo modo “antico” di essere gay, di gente che pretende che uno si dichiari per poi strumentalizzarlo. Tra l’altro non è vero che se Lucio fosse stato gay dichiarato non gli avrebbero fatto i funerali in Chiesa. Non esiste nessuna “postilla” in questo senso. Quanto poi alla liturgia era quella delle domenica di Quaresima. Nessuno della famiglia ha mai chiesto che ci fossero le musiche di Dalla. E’ stata una cerimonia sobria, come lui avrebbe voluto».

Infine, l’ultima questione: qualcuno continua a insistere comunque che Dalla fosse omosessuale, ma a rispondere è lo stesso artista in un’intervista datata ad una rivista per gay: «Non mi sento omosessuale, ma veramente, spero che lo capisca. Non mi sento omosessuale e mi sembra imbecille che dica di esserlo e mi sembrerebbe ancora più imbecille se mi sentissi omosessuale e non lo dicessi [...] la mia cultura non è una cultura omosessuale, il mio modo di organizzare il lavoro non è omosessuale [...]. Ho un grande rispetto per gli omosessuali come per tutti gli uomini in genere anche per quelli che in realtà mi sembrano miei nemici» (qui l’intervista integrale). Informiamo anche che “il Corriere della Sera” ha pubblicato le dichiarazioni degli amici più stretti di Lucio Dalla: «Mi sorprende che una giornalista seria come Annunziata abbia parlato con tanta sicurezza e leggerezza di cose che non sa. Ha delle informazioni private? Io ho avuto l’onore e la fortuna di conoscere Lucio più di trent’anni fa e di aver lavorato accanto a lui per venti anni, eppure non mi sentirei di affermare con sicurezza quello che ha affermato Annunziata», dice Bruno Sconocchia, il manager di Dalla. Su Marco Alemanno invece -la persona che negli ultimi anni è stata più vicina al cantante-, il manager dichiara: «La ragazza che è stata tutto il tempo accanto a lui in chiesa è la sua compagna da anni. Lo sa questo Annunziata?».

Insomma, un’altra occasione in cui la Chiesa esce a testa alta dimostrando che non è come viene solitamente descritta, un’altra conferma di quanta ideologia ci sia nei giochini laicisti-omosessualisti. Peccato che non si possa stare in silenzio a salutare e celebrare un grande uomo (omosessuale o eterosessuale che sia), senza il continuo disturbo delle varie lobby.

Fonte: www.uccronline.it

 
 
 

PADRE AMORTH: IL DIAVOLO NON PUO' VEDERE I PECCATI GIA' CONFESSATI PERCHE' DIO NELLA SUA MISERICORDIA LI CANCELLA

Post n°6833 pubblicato il 06 Marzo 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Padre Gabriele Amorth, esorcista della diocesi di Roma, combatte quotidianamente vis-à-vis con il demonio. La sua esperienza è contenuta nel libro L'ultimo esorcista scritto insieme al vaticanista del Foglio, Paolo Rodari. In una videointervista concessa a tempi.it, padre Amorth spiega le ragioni del male e il modo per combatterlo: «Il diavolo si muove nel nascondimento, cerca di non farsi scoprire perché Gesù nel Vangelo dice: "Chi non è con me è contro di me". Non ci sono terze vie: chi non è con Cristo è contro Cristo».

Qual è la preda preferita del diavolo? «Il diavolo tenta tutti, nessuno escluso. Anzi coloro che hanno più potere sono una preda golosa per Satana. Persino nelle gerarchie ecclesiastiche nessuno si salva dalla tentazione e non escludo che qualcuno sia caduto. Ma non mi scandalizzo perché la Chiesa va avanti in forza della presenza di Cristo e si sentirà sempre odore di zolfo nella casa del Signore. Il demonio cerca di tentare le persone al vertice perché così non pesca con l'amo, ma con la rete: capi di governo, responsabili dell'economia, dello sport, del divertimento e tutti i sacerdoti; figuriamoci se non ci prova in Vaticano, cioè il vertice dell'antisatanismo».

Un ruolo importante nella lotta contro Satana l'ha assunto il pontificato di Karol Wojtyla: «Il demonio un giorno mi disse che Giovanni Paolo II era pessimo, ma il Papa attuale era peggio. Le parole del demonio furono un elogio per Benedetto XVI». L'esorcista della diocesi di Roma in un dialogo con il diavolo riporta: «Se fossimo visibili agli occhi, oscureremmo il sole» disse Satana, «ma - commenta padre Amorth - gli angeli sono molti di più, sono miliardi e vincono sulle presenze sataniche. In questa lotta noi dobbiamo fare la nostra parte. Gesù lo dice chiaramente nel Vangelo: occorre la fede». L'esorcista suggerisce l'accostamento al sacramento della confessione: «I peccati, dopo la riconciliazione, sono distrutti, non esistono più. Succede a volte che il diavolo durante gli esorcismi elenchi le mancanze dei presenti, ma non può dire gli errori già confessati, perché di quelli non c'è più traccia, Dio nella sua misericordia li cancella».

www.tempi.it

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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