ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 07/03/2012

IL FUTURO DELL'UMANITA' SONO DUE DONNE INCINTE

Post n°6843 pubblicato il 07 Marzo 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Maria ed Elisabetta: due donne incinte, due donne chiamate da Dio Padre ad un contributo insostituibile all’umanità, due donne che nel loro incontro ci fanno assistere alla grandezza e creatività di Dio...

Due donne incinte cambiano la storia. Nella nostra cultura si pensa spesso che quando una donna rimane incinta ha finito di vivere, deve abbandonare tutto, non può più essere indipendente, la sua vita si decentra verso il nascituro, deve preoccuparsi di lui, lo stesso suo corpo si organizza in modo che ora sia il bambino che si prende il meglio della stessa corporeità. Deve fare attenzione al bambino che quasi la espropria di sé.

C’è stato un tempo in cui questo è stato visto come una maledizione e ancora oggi la maternità non è valorizzata nella mentalità comune, sia nel mondo superficiale leggero delle immagini, sia nella vita sociale. Invece il vangelo mette al centro queste due donne meravigliose: Maria ed Elisabetta. Due donne incinte, due donne chiamate da Dio Padre ad un contributo insostituibile all’umanità, due donne che nel loro incontro ci fanno assistere alla grandezza e creatività di Dio: una donna anziana, carica di attese e di delusioni, di frustrazioni e di tentativi, di umiliazioni e di adattamenti e dall’altra un ragazza piena di vita, reduce da un dialogo con Dio, serrato, esigente, colmo di futuro e di trepidazione, ma alla fine accolto con gioia e con entusiasmo.

Due donne che possono essere il segno di una epoca che si conclude, Elisabetta, discendente di Aronne, legata al mondo cultuale passato, anche se importante e determinante la storia del suo popolo e una donna giovane, senza particolari posizioni sociali, ma pulita, bella, immacolata, nuova fin dalla nascita e portatrice del centro dell’universo: il Signore Gesù. E quando si vedono escono in canti e lodi a Dio, alla vita, alla nuova storia. Non si rendono conto di essere al centro del mondo, ma sono sicure di essere portate nel cuore di Dio, e per questo lo lodano e cantano; con loro finisce l’attesa di secoli, con loro la sete dell’uomo trova la sorgente.

Avranno sempre una vita in salita. Benedetta tu fra le donne, è una lode a Dio e una promessa di forza per affrontare tutto il coinvolgimento che lascia tutti quelli che si donano a Dio senza fiato. La vita austera di Giovanni e la vita donata fino all’ultima goccia di sangue di Gesù trovano in queste due donne il loro inizio e queste due donne incinte di oggi sono la certezza di un futuro diverso, donato da Dio che non ci abbandona mai.

Sigalini, scritti vari - donboscoland.it -

 
 
 

SAN GIUSEPPE: CUSTODE FEDELE DI GESU' E MARIA

Post n°6842 pubblicato il 07 Marzo 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

E’ dovere di ogni sacerdote, che predichi nei giorni della santa Quaresima la divina parola, celebrare le lodi del patriarca S. Giuseppe, perché in questo tempo liturgico ne cade la festa. Parliamo, dunque, oggi di S. Giuseppe.

A lui, fatta la debita proporzione, si addice quanto si trova scritto nelle divine scritture della sua Vergine Sposa. Quindi se io volessi dire che il patriarca Giuseppe, dopo Maria, è il più degno di essere celebrato fra tutte le creature, perché è un santo che non ha pari, chi me lo potrebbe contestare? Tuttavia non voglio entrare in confronti, perché facilmente si deduce che non c’è alcun santo che possa stargli a confronto. La Chiesa canta nei suoi inni che egli rispetto alla sua Sposa, è pari a Lei senza pari. A lumeggiare pertanto le sue lodi, poiché le devo con giubilo celebrare, io non voglio attingere ad altra fonte diversa dal Vangelo, dove si dice che Giuseppe fu sposo di Maria e padre putativo di Gesù Cristo: Iacob autem genuit Ioseph virum Mariae de qua natus est Jesus . Con ciò mi si fa conoscere che riguardo a virtù, a meriti, a ministeri, non v’è creatura di cui tanto si siano fidati Maria e Gesù e che se ne siano dati a ragione. Per la qual cosa io dico che S. Giuseppe fu il custode fedele di quanto avevano di più caro i primi personaggi del cielo, cioè Gesù e Maria. Si può dir meglio, ma non si può dir di più.

Incominciamo da Maria e dividiamo l’argomento: Maria gli affidò la sua purità ed egli gliela custodì con amore; Gesù gli affidò la propria vita ed egli gliela conservò con scrupolosità. Poteva darsi da una parte maggior fiducia e d’altra parte poteva corrispondere più fedelmente Giuseppe?

Un grande rispetto richiedeva da Giuseppe la purità della SS. Vergine, ma egli ne mostrò sommo, perché il Signore l’aveva già fatto degno d’esserne il casto depositario, ed egli stesso vi si era già disposto. Lo sposalizio di lui con Maria, come pure la maternità di Lei, fu opera delle tre divine Persone, perché matrimonio e verginità feconda era a quei tempi un mistero superiore ad ogni umana ed angelica intelligenza.

In questo fortunato connubio vi aveva particolare impegno il Padre per dare una protezione degna a questa sua figlia; il divin Verbo per accompagnare decorosamente la sua Madre; lo Spirito Santo per avere con chi condividere l’ufficio e l’amore di sposo. In S. Giuseppe vi era la stirpe regale e sacerdotale come era in Maria, ma ciò non bastò. Per poter dare a Maria un compagno simile a Lei, fu necessario arricchirlo degli stessi doni di cui era arricchita la sua Sposa per i quali, al dire di Ruperto abate, uno solo era lo spirito ed una sola era la fede di Maria e di Giuseppe. La straordinaria abbondanza di doni che Dio pose in S. Giuseppe, mirò soprattutto ad affinare in lui l’illibatezza e l’umiltà, perché il Verbo Incarnato potesse avere un padre putativo perfettamente simile a Maria. L’illibatezza e l’umiltà, infatti, furono le due segnala-tissime prerogative per cui il Figlio di Dio si compiacque di avere Maria per sua madre. Perciò, se possiamo dire che Maria con queste due virtù meritò sommamente il dono che fece in Lei il divin Padre del proprio Figlio, secondo il detto di S. Bernardo: « Piacque per la sua verginità, concepì per la sua umiltà »; altrettanto possiamo dire che Giuseppe rispettò ugualmente, per queste due virtù il deposito che in lui aveva fatto Maria della sua purezza verginale.

Quale fu dunque, mie figlie, il candore di Giuseppe? Egli fu, per comune asserzione dei santi padri, santificato nel seno materno; in lui fu spento, fin da bambino, il fomite del peccato e fu egli il primo a consacrare a Dio sin da fanciullo la sua purezza con voto espresso, senza mai averla sfiorata con una sola colpa veniale. Il suo candore, infatti, fu nuovo tra gli uomini e nuovo talmente che poté sinceramente preludere a quello, non solo della sua Sposa, ma anche a quello del Dio fatto uomo. Né diminuì il suo stato di candore con l’aderire alle nozze con Maria, anzi divenne da allora più bello, più risplendente. Infatti vi aderì perché, per sovrumana intuizione si persuase che la verginità sarebbe stata in lui in certo modo sacramentale, avrebbe cioè operato in lui una specie di candore non mai veduto; e insieme si persuase, dice Gersone, che egli e Maria sarebbero state due verginità contraenti: Virginitas nupsit , onde, con stranissimo paradosso, il frutto delle loro nozze sarebbe stata una ammirabile, scambievole verginità.

Fu questo, infatti, tale portento d’illibatezza che Maria, volendo affidare la sua purezza ad alcuno che, con la massima sicurezza, la salvaguardasse, non trovò altri che S. Giuseppe. Maria, così delicata, non sdegna la vicinanza di S. Giuseppe, accetta di essere a lui promessa e, in modo indissolubile, ne diviene con gioia la Sposa. Che segno è questo? E’ segno che fra tutti gli uomini, in Giuseppe solo ha trovato di chi fidarsi. Aggiungete che la purità di Giuseppe, a contatto della purezza di Maria, quasi al riverbero di nuova luce, si fece più luminosa nello stesso modo che un pianeta minore si ammanterebbe di nuovo splendore se si tuffasse nel sole.

L’umiltà è la seconda prerogativa per la quale Maria meritò il deposito in Lei fatto dal divin Padre di tanto Figlio: meritò cioè, al dire di Bernardo, la divina maternità. Giuseppe la imita e, vedendo incinta la sua Sposa, essendo santo, non formula giudizi negativi, non si lamenta; soltanto sospetta di qualche sovrano mistero. Si stima indegno di rimanere in compagnia di una vergine feconda per opera dello Spirito Santo; pensa di abbandonarla per umiltà e venerazione insieme. Per questo l’Angelo lo salutò dicendogli: « Noli timere accipere Mariam coniugem tuam », quasi per incoraggiarlo a starsene in compagnia della Vergine. Maria anche se incinta del divin Verbo, è ancora tua Sposa e lo sarà sempre. « Noli timere accipere Mariam coniugem tuam ».

Ma Giuseppe non fu meno fedele nel custodire anche il deposito che nelle sue mani fece Gesù della sua propria vita. Gesù fin dalla sua nascita fu povero e perseguitato, Giuseppe perciò dovette difenderlo dai disagi e dai pericoli. Ben intende Giuseppe questi suoi uffici di sostenitore e di difensore che egli deve compiere verso Gesù; quindi che cosa non fa egli per sostenere la vita da cui doveva dipendere ogni nostra felicità? Chi sa dire le industrie, le veglie, i sudori, le fatiche che sostenne per questo? Che se nella sua nascita, per quanto si adoperasse, non poté fornire un alloggio meno incomodo e meno incivile di una rustica capanna, ciò nondimeno non tralasciò di fabbricargli con le sue mani la culla, di difenderlo dai rigori dell’aria aperta e cruda; Lo avvolse nei propri panni, e da allora in poi, dice S. Girolamo, rimandava alla notte le sue occupazioni spirituali per dedicare ogni momento della giornata a procurare il necessario al suo Gesù. I vostri sudori, o Giuseppe, si converti-ranno un giorno in sangue di redenzione per noi. Vedete questo adorabile Fanciullo tendere a voi le mani e domandarvi il pane? Egli è quel Signore a cui alzano lo sguardo le creature tutte e da Lui aspettano aiuto: ora però lo chiede Egli a voi perché non vuole avere sulla terra altra fonte a cui cibarsi che le vostre cure, la vostra carità, le vostre sollecitudini. Parlava con Davide, con Salomone, con gli altri re, ma non con voi quando diceva: « Se avrò fame non lo dirò a te, se avrò sete non dicam tibi! « Che più, sorelle? Gesù guarda Giuseppe con confidenza quando ha bisogno di alcun ristoro, benché Giuseppe non aspetti mai di essere prevenuto dalle domande: egli gli procurava il necessario con il lavoro delle sue mani, dice S. Antonino. Ma almeno avesse potuto l’amorevolissimo santo mantenere il suo Gesù in pace, lontano da ogni contrasto, ma non fu così. Senza ricordare gli affanni quando Lo smarrì nel tempio, chi non conosce i disegni dell’empio Erode, dal quale fu necessario a Giuseppe difenderlo con attenzione di custode? Non mancavano, è vero, a Dio altri mezzi più onorevoli e poderosi per sottrarre Gesù dalle insidie di quel perfido principe, ma Iddio vuole il più umiliante per il suo Figlio e per Giuseppe il più glorioso: gli ordina la fuga. I luoghi sacri non sarebbero asili sicuri dall’empio re. « Lo siano, dunque, dice Dio, le vostre braccia, o Giuseppe, e sotto la vostra custodia lo siano le braccia di sua Madre. Su, presto, prendete il Fanciullo e andate in Egitto ».

Io mi figuro, mie figlie, che gli Angeli, protesi davanti al trono divino, si offrano essi a portare Gesù in salvo sulle loro ali in quelle remote contrade. Potrebbe forse alcuno di loro sperare sorte così beata, se Gesù fosse solamente un profeta o un apostolo? Ma essendo Egli il divin Verbo fatto uomo, quest’onore è riservato tutto a Giuseppe. Gesù vuole essere debitore a Giuseppe della sua vita, affinché se il mondo riconosce al suo celeste Padre la sua venuta su questa terra, se da Maria riconosce la sua umanità santa, riconosca anche la conservazione della sua vita da chi è creduto suo padre terreno. Intanto chi può dire quali travagli, quante veglie, quali fatiche, quali angosce, quali timori di schiavitù ed anche di morte dovette soffrire Giuseppe, tra le spade di un re crudele e tra i rischi di un popolo idolatra? Chi può immaginare l’abisso di grazie ineffabili, con cui Gesù, così servito e beneficato, si degna ora di esaudire le richieste di S. Giuseppe? Lascio a voi, mie figlie, che andiate ripensando le innumerevoli premure che egli usò verso Gesù nel corso di trent’anni: a me riesce dolce e mi rapisce la considerazione dell’ultimo passo della sua vita.

Il Salvatore, dice il profeta reale, verrà in soccorso al moribondo, né si contenterà soltanto di visitarlo con carità, di accostarglisi e di consolarlo con i suoi favori, ma con quelle stesse mani con cui prepara in Cielo il soglio ai predestinati, si degnerà di servirlo, apprestandogli il cibo, rassettando il letticciolo con piacere e tenerezza così sensibile, che a quel felice agonizzante sarà più caro il letto di morte che non sarebbe una culla di nuova vita. Così è infatti: Giuseppe cominciò a servire Gesù da quando nacque e Gesù continua a servire Giuseppe anche quando muore. Giuseppe non si è mai allontanato da Gesù mentre riposava in Betlemme e dovunque; e Gesù sta accanto a Giuseppe, sul letto di morte a Nazareth. Io credo che egli sia morto realmente « nel bacio del Signore » perché sulle labbra, o almeno nelle mani con cui Gesù stringe la sua, Giuseppe abbandona la propria vita, dopo aver con tanta fedeltà custodito la vita di Gesù.

Circa questa felicissima morte io non posso non riportare un pensiero, il cui oggetto quanto fu di merito a Giuseppe, altrettanto potrebbe essere di vantaggio a noi, suoi devoti. Iddio suole concedere all’intercessione dei santi quei beni dai quali essi furono privi morendo. Così concede la vista per intercessione di Santa Lucia; libera dal mal di denti per intercessione di Santa Apollonia; libera dai pericoli della ruota, dai precipizi, dai naufragi per l’intercessione di Santa Caterina della ruota, di un San Venanzio, di un San Clemente, ecc. Ora di qual bene fu privo Giuseppe nella sua morte? Fu privo della speranza di incontrare subito dopo la sua morte, Gesù e Maria. Era costretto il grande santo a separarsi da questi cari oggetti del suo amore e ben sapeva che per qualche tempo ne sarebbe rimasto lontano. Che dolore! Quale eroica conformità ai divini voleri! Per intercessione di S. Giuseppe, pertanto, Iddio è solito dare ai suoi devoti la grazia di vedere presto, dopo la morte, Gesù e Maria.

Mie dilettissime, può darsi grazia più segnalata di questa? Grazia che sia più degna del patrocinio di S. Giuseppe? Non possiamo certo ottenere favore più grande! Questo, dunque, a lui chiediamo con insistenza; questo procuriamo di meritare con una devozione sincera e quotidiana verso di lui. O potentissimo santo, impetrateci da Gesù e da Maria questa grazia! Essi vi affidarono quanto avevano di più caro; voi lo conservaste loro con fedelissima cura, dunque voi avete una specie di diritto ad ottenerci da loro quanto impetrate. Amen.
 
di Sant’Agostino Roscelli - Fonte: Immacolatine.it - atempodiblog.unblog.fr -

 
 
 

IL CASO DEI MARO' DETENUTI ILLEGALMENTE IN INDIA. GANG MONTI, VERGOGNA

Post n°6841 pubblicato il 07 Marzo 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Forse nessuno ha spiegato al Loden, che per nostra suprema disgrazia ci governa, che i militari italiani, anche se non sono quotati nelle Borse internazionali, anche se non fanno parte del pacchetto di “compiti a casa” che i boss europei hanno assegnato al governo della demolizione, tuttavia rappresentano lo Stato italiano e godono (o dovrebbero godere) dei privilegi riconosciuti dal diritto internazionale a quanti esercitano quelle attività che si definiscono “sovrane”.

Ma forse sbaglio tutto io, perché questi discorsi avrebbero senso se chi ci governa attualmente avesse a cuore il bene del Paese, e non la quadratura dei conti dei potentati finanziari. Se attualmente in Italia ci fosse un governo italiano, col compito di governare l'Italia per il bene degli italiani, non ci troveremmo ora in una situazione paradossale, che umilia due uomini che portano la divisa e che di conseguenza umilia tutta l'Italia.

Non è nemmeno il caso di soffermarci più di tanto sul comportamento completamente illegittimo delle autorità indiane. Non vi è nessun dubbio che sul piano del diritto internazionale gli indiani hanno torto marcio. Hanno attirato la nave italiana in porto con l'inganno (già: ma perché noi ci siamo caduti? A questa domanda, finora nessuno ha risposto), hanno preteso di esercitare la giurisdizione per un evento accaduto fuori dal loro territorio, agendo contro soggetti che godono dell'immunità funzionale degli organi dello Stato e ora ovviamente alzano il tiro, vedendo che hanno come interlocutori presunti governanti italiani, provenienti dalla scuola di Don Abbondio. Quindi, atto successivo, i nostri militari vengono incarcerati.

L'India ha torto su tutta la linea, e ciò a prescindere dal fatto, tutto da dimostrare, che i pescatori indiani, scambiati per pirati, siano stati uccisi dai nostri militari.

Ma su una cosa bisogna essere molto chiari: nel diritto internazionale esistono normative, la cui fonte sono i trattati internazionali (per le nazioni che li hanno ratificati) e gli usi consolidati. Soprattutto però nelle relazioni tra Stati, due sono i fattori che contano, tra loro strettamente connessi: il prestigio di una Nazione, e la sua forza.

Provate a immaginare se i due marinai non fossero italiani ma americani. Gli Stati Uniti avrebbero già inviato una portaerei “dissuasiva”, avrebbero battuto i pugni sul tavolo e non avrebbero “aperto negoziati”, ma avrebbero preteso la restituzione immediata dei loro soldati.

Invece nel nostro caso si è assistito a un comportamento indecoroso. Le “autorità”, che dovrebbero essere pronte in ogni momento a difendere i loro uomini, e tanto più i militari, che rappresentano all'estero l'Italia con onore, e che già hanno pagato pesanti tributi, anche col loro sangue, hanno invece preso da subito un comportamento timido e remissivo, senza prendere nessuno di quei provvedimenti che avrebbero fatto abbassare la cresta ai prepotenti indiani. Quali provvedimenti? Facciamo qualche esempio. Si vuole evitare l'invio di unità da guerra vicino alle coste indiane? Evitiamolo, perché noi siamo tanto pacifici e buoni. Ma essere buoni non vuol dire essere fessi, e allora, anzitutto, si fa subito la voce grossa, si da subito un termine perentorio entro cui l'India deve restituire, senza nulla pretendere in cambio, i nostri militari. Se il termine non viene rispettato, si prendono misure di rappresaglia che colpiscano gli interessi indiani in Italia, e si richiama l'ambasciatore a Roma, per consultazioni. In Italia ci sono di sicuro un certo numero di cittadini indiani, con i loro interessi economici e le loro attività. Si possono bloccare i conti bancari, si possono chiudere le attività economiche di proprietà indiana, si possono prendere molte misure di rappresaglia, con lo stesso stile para-dittatoriale usato finora solo per arare le tasche degli italiani. Nel contempo si attivano i canali diplomatici, per assicurarsi l'aiuto di Nazioni potenti e influenti, che facciano pressione sulle autorità indiane.

Niente di tutto questo. Il comunista Napolitano esprime “vicinanza” alle famiglie dei militari sequestrati, il Loden si dice preoccupato, il ministero degli Esteri dichiara che non è legittimo il fermo. È ovvio che gli indiani, imbaldanziti da interlocutori che misurano col bilancino le parole, e che non fanno nulla di concreto, si lanciano in un abuso dopo l'altro. I nostri militari vengono fermati, la nave italiana – ossia un pezzo di territorio italiano – perquisita, si sequestrano armi, i nostri periti prima vengono accettati, poi no, poi ridotti al rango di “osservatori” senza diritto di intervento, e ora, dulcis in fundo, il fermo di polizia viene tramutato in detenzione in carcere.

Nel mezzo di questa vergogna, non scordiamocelo, ci sono due uomini che sul bavero hanno le stellette, uomini di cui noi tutti dobbiamo andare orgogliosi, ma che non sembra che stiano molto a cuore agli attuali occupanti dei Palazzi del Potere.

Al punto in cui siamo giunti sono patetiche le dichiarazioni del ministero degli Esteri che parla di “ferma posizione” del nostro governo. Ferma posizione? Ma smettiamola di dire pagliacciate! Dopo aver dichiarato che l'arresto era “inaccettabile”, la “ferma posizione” è consistita nel chiedere una sistemazione a parte nel carcere di Trivandrum e in più (e questa sembra davvero una beffa nella beffa) i pasti all'italiana e non con menù indiano! Mai, ripeto mai, in tutta questa vicenda è stato richiesto il rilascio immediato e incondizionato dei nostri marinai. Certo, le prigioni indiane non devono essere il massimo del comfort, considerato anche il livello generale di civiltà di un Paese ricco di tradizioni, che comprendono anche la divinizzazione e l'adorazione di varie specie di animali, dalle vacche, ai topi, ai serpenti, nonché una rigida separazione in caste, ben lungi dall'essere superata. Ma lasciamo perdere la civiltà dell'India. Ciò che interessa ora è la sorte dei nostri due militari, sequestrati, non arrestati, perché a tutti gli effetti qui siamo di fronte a un sequestro di persona e non a una procedura giudiziaria.

Prendiamo atto della situazione. Non c'è il rischio di perdere la faccia: è già irrimediabilmente persa. E cosa si fa se i banditi ci sequestrano una persona cara, e non c'è la possibilità di liberarla con la forza, o intimorendo i malviventi? Si paga il riscatto. Ormai è rimasta solo questa via da battere: il danaro è un argomento tanto sporco quanto universale, ma in questa vicenda l'unica cosa pulita che abbiamo visto è la faccia dei nostri due soldati, composti e dignitosi.

Portiamoli a casa, paghiamo quello che i sequestratori indiani vorranno. Abbiamo perso tutte le occasioni per dimostrare di essere uno Stato, retto da un Governo. Dimostriamo almeno di avere a cuore la vita dei nostri soldati, e piantiamola di parlare di posizioni “ferme”. Ferme dove?

E alla fine sarebbe doveroso un epilogo che mai ci sarà. Il Loden dichiara: “Cari italiani, dopo aver fatto una figura oscena, abbiamo ricomprato i nostri militari sborsando la somma di milioni tot. La loro vita è salva, ma noi abbiamo perso l'onore e lo abbiamo fatto perdere all'Italia. Quindi io mi dimetto”. A lato, Fornero-Merola potrebbe piangere.

Non accadrà. Sarebbe l'occasione di mostrarsi uomini. Nessuna speranza.

di Paolo Deotto - riscossacristiana.it -

 
 
 

LA CONVERSIONE DI LISA MILLER, EX LESBICA IN FUGA PER DIFENDERE LA FIGLIA

Post n°6840 pubblicato il 07 Marzo 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Ha dell’incredibile la storia di Lisa Miller, un’ex lesbica che è finita in prima pagina su molti giornali nazionali per aver condotto dopo la sua conversione una battaglia per proteggere la figlia dal trasferimento dell’affidamento genitoriale alla sua ex partner Janet Jenkins. Una storia raccontata attraverso il libro "Only One Mommy" (New Revolution Publishers 2011), scritto da Rina Lindevaldsen, uno degli avvocati della Miller, in cui si evince che alla radice dell’infanzia da incubo di Lisa vi erano due elementi: la contraccezione e il divorzio.

Fra i suoi primi ricordi infatti vi è quello amaro di sua madre che, al momento di concepire Lisa, usava contraccettivi, in quanto non l’aveva mai voluta: «Ogni volta che mia madre era arrabbiata con me – scrive Lisa – lei tirava fuori il pacco ovale color pesca delle pillole anticoncezionale che aveva conservato per tutti quegli anni per farmi vedere che mancava solo una settimana, che fu la settimana in cui rimase incinta». All’età di sette anni i suoi genitori divorziarono, lasciando lei e suo fratello soli con una madre sempre più malata di mente, distante e crudele: fu così che cominciò a cercare conforto nelle insane fissazioni sull’alimentazione, sulle pillole dimagranti e sulla pornografia, arrivando all’autolesionismo pur di alleviare il dolore emotivo, aggiungendo cicatrici a quelle causate dalle percosse della madre. Nonostante tutto Lisa nella sua educazione ricevette anche influenze positive attraverso amicizie con i sacerdoti della sua chiesa e i suoi insegnanti. La sua educazione religiosa le sarebbe infatti tornata utile nei suoi giorni più bui, offrendole una via d’uscita della sua situazione apparentemente impossibile.

Dopo aver vissuto un matrimonio travagliato e, infine, aver tentato il suicidio, Lisa ricevette un altro duro colpo durante il ricovero in un reparto psichiatrico in Virginia, in cui un consulente la informò che lei era lesbica e che doveva cercare la compagnia sessuale di altre donne: «Non c’è da meravigliarsi che il mio matrimonio terminò lì. Sebbene in quel momento avessi lasciato alle spalle tutte le mie dipendenze d’infanzia, purtroppo, entrai nella dipendenza dell’omosessualità» scrive Lisa. Fu così che iniziò il suo rapporto, culminato in unione civile in Vermont, con un’alcolista, Janet Jenkins, con la quale decisero di ricorrere all’inseminazione artificiale di Lisa, che avrebbe portato alla nascita di Isabella. Ma fu proprio nella miseria della sua relazione sessuale immorale e conflittuale con Janet che Lisa rischiò di perdere Isabella prima che nascesse. Fu allora che fece una richiesta speciale a Dio, promettendogli che se avesse salvato la sua bambina, avrebbe lasciato lo stile di vita omosessuale. Isabella nacque sana, e sebbene Lisa non mantenne sin da subito la sua promessa, il suo rapporto con Janet continuò a deteriorarsi, creando i presupposti per la sua conversione: «Fu allora – ricorda la Miller – che Dio riportò alla mia mente il patto che avevo fatto con lui pochi mesi prima. Quando mia figlia aveva 17 mesi, lasciai lo stile di vita omosessuale e ritornai con mia figlia a casa mia in Virginia, dove lei era stata concepita ed era nata».

Fu soltanto allora che cominciò tutta la controversia giuridica della sua ex partner per ottenere il diritto di genitorialità e di tutela su Isabella e per poterla così strappare a Lisa, sua madre naturale. Sebbene il nome di Janet non comparisse sul certificato di nascita della bambina e sebbene inoltre la costituzione della Virginia negasse esplicitamente ogni riconoscimento alle unioni civili, i giudici di Vermont e Virginia hanno rigirato la legge, creandone addirittura una nuova che permettesse a Janet di poter essere considerata "madre" di Isabella con conseguente diritto di affidamento. Motivo che ha spinto Lisa Miller a lasciare il suo paese con sua figlia, tuttora ricercate dall’amministrazione Obama. «I cristiani hanno bisogno di sapere cosa sta accadendo – ha detto l’avv. Lindevaldsen – l’idea che una donna debba a quanto pare lasciare il paese per proteggere la sua bambina non dovrebbe accadere in America, e non penso che abbastanza Cristiani conoscano quanto accaduto per cui non si rendono conto che le persone per le quali votano in un anno elettorale hanno conseguenze dirette su cose come questa».

Raffaele Marmo - uccronline.it -

 
 
 

SE IL MASCHIO OK E' QUELLO GAY

Post n°6839 pubblicato il 07 Marzo 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Si avvicina l'Otto Marzo, festa della donna. La data fu scelta a Mosca, il 14 giugno 1921, nel corso della Seconda Conferenza delle Donne Comuniste.

Era la prima volta che la "Giornata Internazionale delle Donne", proclamata dalla socialista tedesca Clara Zetkin nel 1910, trovava una data unitaria. L'otto marzo fu scelto in ricordo del «giorno della prima manifestazione delle operaie di Pietroburgo contro lo zarismo» (Moscou. Organe du III Congrès de l'Internationale Communiste, 5 giugno 1921, cit. in Tilde Capomazza, Marisa Ombra, 8 marzo. Storie, miti, riti della giornata internazionale della donna, Utopia, Roma 1987, p. 61). Tuttavia sarebbe stato difficile convincere le donne di tutto il mondo a celebrare la «prima manifestazione delle operaie di Pietroburgo contro lo zarismo»; così si scelse di celebrare un crimine capitalista che ebbe come vittime le donne: il rogo di numerose donne chiuse in un palazzo a New York per costringerle a lavorare nonostante la proclamazione di uno sciopero. La strage di donne compiuta in nome del capitalismo era sufficientemente coinvolgente da essere associata alla festa proclamata dalla Seconda Conferenza delle Donne Comuniste. Salvo un piccolo particolare: è una bufala. Nessun rogo, nessun capitalista assetato di sangue femminile, nessuna donna morta bruciata a New York. La storia era completamente inventata. Si è trattato semplicemente di un ottimo esempio di propaganda comunista (chi non ci crede può verificare sul seguente testo, scritto da due militanti femministe e comuniste: T. Capomazza, M. Ombra, 8 marzo. Storie, miti, riti della giornata internazionale della donna, op. cit.).

Ma tant'è: la festa continua. La mimosa (scelta come simbolo da Rita Montagnana, compagna di Togliatti, nel 1946), non più impugnata dalle donne come una bandiera, viene oggi regalata loro da uomini galanti e cortesi, secondo il più inveterato copione sessista.
I cortei femministi stentano, ma in compenso si moltiplicano le serate nelle quali le donne abiurano la loro femminilità e scimmiottano il peggio degli uomini fingendo entusiasmo per spogliarelli maschili. Del resto, come aveva osservato Emanuele Samek Lodovici, «[...] il modello ideale di donna esaltato dalle femministe [...] è un modello con caratteristiche maschili» (Metamorfosi della gnosi, Ares, Milano 1991, p. 164). Quali migliori conferme potrebbe trovare il concetto di «eterogenesi dei fini» di Augusto del Noce (cfr. Il problema dell'ateismo, Il Mulino, Bologna 1964)?

Ma l'importante è festeggiare l'otto marzo, continuare ad alimentare lo schema del complotto sessista, della lotta tra i sessi sullo schema della lotta tra le classi economiche; non con l'obiettivo di un mondo senza classi, bensì senza sessi. Tesi, antitesi, sintesi, come insegnava il "vecchio Hegel". Per raggiuingere questo obiettivo il nemico da abbattere non è il capitalismo, ma l'uomo, anzi: l'uomo etero, come scrive Massimo Gramellini, su la Stampa (citando una sua amica): «il mondo avido e violento di voi maschi etero ha miseramente fallito, ora tocca a noi donne e ai gay costruirne uno più umano». Il «maschio etero» è «avido e violento», esattamente come il capitalista e il borghese di qualche decennio fa. La novità è che ora il compito di «costruire un mondo più umano» spetta non solo alle donne, ma anche ai gay. Che c'entrano i gay?

Evidentemente, per l'amica di Gramellini, i gay sono maschi che non hanno i difetti (avidità e violenza, per esempio), dei "maschi etero". Insomma: l'unico maschio buono è il maschio gay, potremmo dire parafrasando il generale Philip Sheridan. Un maschio che non finge semplicemente di ascoltare, annuendo opportunamente, gli interminabili e tortuosi ragionamenti femminili, ma che è sinceramente interessato a ciò che le donne dicono, e partecipa ai discorsi con trasporto emotivo; che è felice di accompagnarle a fare shopping e di consigliarle criticamente negli acquisti (non limitandosi a un "Certo, cara, ti sta benissimo" ripetuto invariabilmente a ogni prova); che non esce di casa con accostamenti cromatici improbabili ma cura il suo aspetto esteriore con la stessa attenzione delle donne; eccetera eccetera.

Tanto l'idea di fondo è sempre la stessa: le differenze tra i sessi sono ingiustizie e vanno eliminate.

di Roberto Marchesini - labussolaquotidiana.it -

 
 
 
 
 

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Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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