ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 08/03/2012

IL "SORRISO PAZZESCO" DI CHI AMA GESU' E MARIA

Post n°6847 pubblicato il 08 Marzo 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Le testimonianze di fede dell'attrice Sarah Maestri e della tennista Mara Santangelo

È la vicenda di due giovani “donne di successo”, oggi unite dall’amicizia in Cristo e Maria. Le storie personali di Sarah Maestri e di Mara Santangelo si intrecciano a quella dell’amico comune Fabio Salvatore e alla comunità Nuovi Orizzonti di Chiara Amirante.

Martedì scorso, alla libreria Arion, durante la presentazione, del libro autobiografico di Salvatore, A braccia aperte tra le nuvole (Piemme), l’attrice e l’ex tennista hanno raccontato del loro rapporto con la fede, viatico della vera felicità, diversa da quella artificiale e falsa, promessa dai rispettivi establishment.

Sarah Maestri, 32 anni, attualmente su Rai Fiction con Provaci ancora prof 4, è diventata famosa in particolare per film come Il cuore altrove, Notte prima degli esami e Notte prima degli esami oggi, e per la serie TV Centovetrine.

Tre anni fa, pubblicando il romanzo autobiografico La bambina dei fiori di carta (Aliberti), ha svelato il dramma della sua infanzia: a tre anni si ammala di anemia megaloplastica, una grave patologia emolitica che l’ha costretta a continui ricoveri in ospedale durante l’età prescolare e che l’ha afflitta fino all’età di vent’anni.

Sarah conosce Fabio Salvatore in ambiente cinematografico e, all’inizio del 2008, gli è particolarmente vicina dopo l’improvvisa morte del padre di lui.

Il comune cammino artistico e d’amicizia di Sarah e Fabio si intreccia con il cammino di fede. La malattia patita dall’attrice durante l’infanzia l’ha profondamente segnata, non permettendole di perdere mai definitivamente quelli che lei definisce i “punti focali”, i veri cardini del senso della vita.

Frequentando il mondo dello spettacolo, la Maestri ha ammesso di essersi allontanata da Dio e di aver sperimentato, come tanti del suo ambiente, il prezzo della celebrità: luci della ribalta che poi si rivelano dei fuochi fatui.

La riscoperta di Dio nella propria vita, Sarah la descrive come simile alle sensazioni del “primo amore, in cui tutto è perfetto”. Poi subentra un desiderio di “cercare altrove”, in cui il rischio di smarrire la bussola è molto alto.

L’attrice ha confessato poi di aver provato più gioia da bambina – pur segnata da un terribile male – che non da adulta, da donna ricca, famosa, fortunata ed ammirata.

“Solo adesso posso dire davvero: quanto sono felice!”, ha detto la Maestri, sottolineando che la felicità donata dalla fede è in grado di vincere tutti i mali della quotidianità. Permettendo, ad esempio, un sano distacco rispetto “ai TG che ti parlano della crisi” e a tutte le negatività che i mezzi di comunicazione si ostinano a diffondere.

“È un mondo – ha detto l’attrice parlando dell’ambiente dello spettacolo – dove ti guardano meno strano se dici che hai ammazzato tua madre, che se dici che credi in Dio…”.

Sulla scia di quanto detto anche da Fabio Salvatore, la fede per Sarah Maestri è anche condivisione della gioia, di un “sorriso pazzesco” e contagioso di tante persone che stanno facendo la medesima esperienza di Gesù e di Maria, come avviene in Nuovi Orizzonti.

Sarah Maestri e Mara Santangelo si conoscono, non durante una veglia di preghiera, ma ad una festa organizzata da un comune amico, l’attore Raffaello Balzo. La tennista si avvicina all’attrice, notando un braccialetto proveniente da Medjugorie.

“Pensai – ha detto la Maestri – che volesse farmi una predica su Dio che non esiste...”. La curiosità di Mara si rivelerà di segno opposto e le due ragazze diventano subito molto amiche.
La Santangelo invita poi la Maestri ad un momento di preghiera in una comunità che, solo in seguito, scoprirà essere la stessa di Fabio Salvatore. Una coincidenza provvidenziale, o meglio la conferma di quanto afferma Elie Wiesel: “il caso non esiste”.

Il punto più alto della carriera di Mara Santangelo è stata conquista della Fed Cup nel 2006, assieme alla rappresentativa italiana di cui facevano parte anche Flavia Pennetta, Francesca Schiavone e Roberta Vinci. A seguito ad un intervento chirurgico al piede sinistro (asportazione di un nervo), nel 2011, a 30 anni, è costretta ad abbandonare la carriera agonistica.

Si riavvicina alla fede durante la convalescenza, conquistata dalla lettura del primo libro di Paolo Brosio, in cui il giornalista racconta la sua conversione. Un successivo pellegrinaggio a Medjugorie la riconquista definitivamente a Dio.

Sulla collina del Podbrdo, Mara, dopo aver invocato un segno dello Spirito Santo, è testimone di un prodigio: una luce fortissima in mezzo a un vortice di nuvole che ruotano a velocità impressionante.

Viene colta da paura e pensa: “mi prenderanno per matta se lo racconto”. A rassicurarla è lo stesso Brosio, che la incoraggia a chiedere aiuto alla Madonna e testimoniare quanto visto.
“Quando giravo il mondo per tornei come il Roland Garros – ha raccontato la Santangelo – ho avuto tutto ma, alla fine, non avevo nulla perché mi mancava il Signore”.

Sul suo sito personale Mara scrive: “Non c’è mondiale o torneo vinto che possa esser paragonato all’aver trovato Dio ed, in questo caso, la Madonna nel proprio cuore”.

“Sono passata attraverso tante sofferenze, la fine della carriera, la perdita di mia mamma. Ma proprio grazie a queste sofferenze sono arrivata a scoprire la gioia di aver Gesù nel cuore”, ha raccontato l’ex tennista al pubblico della libreria Arion. L’amicizia con Fabio Salvatore, aggiunge, l’ha aiutata a “scrivere quella che è stata la mia storia”.

La storia della cristianesimo è piena di amicizie straordinarie tra donne e uomini in Gesù e in Maria: San Francesco e Santa Chiara nel XIII secolo, Santa Teresa d’Avila e San Giovanni della Croce nel XVI secolo, Giovanni Paolo II e Wanda Poltawska nel XX secolo.

Le vicende di Fabio Salvatore, Sarah Maestri e Mara Santangelo sono nel segno di questo tipo di amicizia, che, in modo originale rispetto al passato, anche in questo nuovo millennio sta dando i suoi frutti.

di Luca Marcolivio - ZENIT -

 
 
 

DONNA E LAVORO: E' NECESSARIO UN CAMBIO DI PENSIERO, ORARI PIU' COMPATIBILI PER SVOLGERE BENE IL RUOLO DI MADRE E MOGLIE

Post n°6846 pubblicato il 08 Marzo 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Favorire la missione della donna nella famiglia è una medicina per la società ed un guadagno per lo Stato

Oggi viviamo in una società dove una certa cultura cerca di staccarsi da Dio, di cancellare tutti quei valori che sono la vita, l’amore, l’impegno, la fedeltà, l’attenzione verso l’altro e che la donna ha sempre trasmesso nella famiglia proprio perché insiti nella sua femminilità. Si cerca di far credere alla donna che la propria realizzazione sia al di fuori dell’ambito familiare, in altri campi, proponendole tutto ciò come una conquista, una liberazione, una meta di sicura felicità. Secondo questa ‘visione’ la "vocazione alla famiglia", l’occuparsi cioè prevalentemente del marito e dei figli, sembra essere ormai cosa d’altri tempi, quasi impensabile e ritenuta addirittura frustrante da moltissime donne. Eppure la famiglia è la cellula della società, è in essa che nascono e crescono i futuri cittadini e quindi non si può pensare di delegare il compito di far crescere e di educare i figli solo alla scuola, alle istituzioni, alla parrocchia.

Questo è stato sottolineato anche dalla Chiesa: la donna deve essere presente attivamente e anche con fermezza nella famiglia […] perché è qui, innanzitutto, che si plasma il volto di un popolo, è qui che i suoi membri acquisiscono gli insegnamenti fondamentali. Essi imparano ad amare in quanto sono amati gratuitamente, imparano il rispetto di ogni altra persona in quanto sono rispettati, imparano a conoscere il volto di Dio in quanto ne ricevono la prima rivelazione da un padre e da una madre pieni di attenzione (Lettera dei vescovi sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo).

L’importanza e il peso dell’attività lavorativa delle donne all’interno del nucleo familiare deve essere riconosciuta e valorizzata. Giovanni Paolo II scriveva che la "fatica" della donna che dà alla luce un figlio e poi lo nutre, lo cura, si occupa della sua crescita ed educazione – e questo in particolar modo nei primi anni di vita – è talmente grande da non temere il confronto con nessun lavoro professionale (cfr. Lettera alle famiglie).

Questo pensiero purtroppo è molto lontano da quello che prevale oggi. Un certo , femminismo ha cercato di rendere la donna sempre più simile all’uomo, mettendola in competizione nelle fabbriche, negli uffici, in politica, nelle istituzioni, "snaturandola" e facendole trascurare i figli.

Ammesso che i figli ci siano, poiché molto spesso la donna di carriera "sceglie" di non avere bambini, che spesso sono considerati come un impedimento a svolgere al meglio il proprio lavoro o come un onere in più. Oppure ad un certo punto, quando ormai la giovinezza ha da tempo lasciato posto ad un’età più matura, si vuole a tutti i costi un figlio. Sì, quel figlio che per tanti anni ha cercato di evitare ora lo vuole a tutti i costi, quasi "a comando", senza rendersi conto che è invece un grande dono di Dio, da chiedere e da custodire. E da accogliere quando Dio vuole concederlo.

E’ bene che la donna lavori, contribuendo così al sostentamento della famiglia e allo sviluppo della società. La Chiesa apprezza che essa abbia accesso a posti di responsabilità in modo da promuovere il bene comune e trovare soluzioni innovative ai vari problemi socio-economici. Il male è che l’attività esterna assorba a tal punto il suo tempo e le sue energie, tanto fisiche che psichiche, da renderla quasi incapace di corrispondere pienamente alla vocazione di moglie e di mamma e di assolvere adeguatamente tutti quei compiti ad essa correlati.

Edith Stein, conosciuta anche come Santa Teresa Benedetta della Croce, scriveva che molte donne sono quasi schiacciate sotto il doppio peso della professione e dagli obblighi familiari. Sempre in azione, di fretta, sempre nervose, irritate. Da dove potranno tirar fuori la serenità e l’allegria interiore per poter offrire a tutti il sostegno, l’appoggio, la direzione?

E la conseguenza a tutto ciò sono i piccoli litigi di ogni giorno, le discussioni col marito e i figli che spesso rompono quella tranquillità, pace e armonia che dovrebbero regnare tra le quattro mura domestiche. È un errore pensare che si possano apportare dei miglioramenti alla società senza prima amare, essere attenti e sapersi sacrificare per coloro che vivono accanto a noi. In questo caso la donna non può sentirsi realizzata né felice, pur avendo magari un ottimo impiego di lavoro.

Ecco perché la Chiesa insiste affinché la legislazione e l’organizzazione del lavoro non penalizzino le esigenze connesse alla missione della donna nella famiglia. E questo è un problema non solamente e non tanto giuridico o economico, ma prima di tutto si tratta di un modo di pensare errato, è un problema di cultura. Occorre infatti valorizzare in modo corretto innanzitutto a livello di mentalità il lavoro svolto dalla donna in famiglia. Se così non è, la donna che dedica in casa il suo tempo sarà sempre penalizzata dal punto di vista economico e considerata in un certo senso inferiore a quella che invece ha un impiego esterno. E’ necessario quindi un "cambio di pensiero" per favorire quelle donne che desiderano svolgere altri lavori, poiché la legislazione provvederebbe ad agevolarle con orari più accessibili e compatibili, la vita familiare. Verrebbero ridotte le situazioni di stress e favorite le possibilità di svolgere il ruolo primario di moglie e di madre. Ruolo che davvero è insostituibile. Non si può credere di assolvere a questo compito dando ai figli soldi, regali e tutto quello che chiedono, perché arriverà un giorno in cui diranno che per loro non è stato fatto nulla.

Spesso i giovani d’oggi si sentono vuoti, soli, perché, pur avendo "tutto", manca loro quella certezza di essere amati, la percezione di essere davvero al centro delle attenzioni dei genitori, in particolare della mamma, perchè il posto di una madre non lo può prendere nessuno. Crescerà maturo e senza complessi quel bambino che ha conosciuto il calore delle braccia della mamma. Nessuno psicologo può sostituire il lavoro del cuore di una mamma che batte su quello del suo bimbo.

di Suor M. Caterina Gatti icms - ZENIT -

 
 
 

8 MARZO: LA PARITA' CHE SVILISCE

Post n°6845 pubblicato il 08 Marzo 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Quando ero adolescente e poi giovane, simpatizzavo fortemente con l’estrema sinistra e con l’indissociabile corollario femminista. Ho respirato un femminismo che a me, adolescente di provincia, insegnava l’antagonismo con il mondo maschile e mi intossicava di idee del tipo: il maschio è sempre aggressione, la donna è oppressa e deve scuotere il giogo della tirannìa di un maschilismo che nell’istituto della famiglia trova il suo massimo potere e giustificazione. Inutile negarlo: avevamo di mira la famiglia, convinte che fosse un territorio di lotta nel quale, evidentemente, noi donne avremmo dovuto sostituire, con la nostra, la supremazia del maschio. L’idea di un mondo "al maschile" e uno "al femminile" si coniugava con l’idea che vi fossero i cattivi e le buone così come per il fatto di essere donne, dovevamo "per forza" essere solidali tra noi perché, ne ammiccavamo, eravamo superiori agli uomini piuttosto primitivi. Bisognava essere uguali, il che significava "poter fare tutto quello che può fare un uomo" compreso avvitare bulloni e guidare un bisonte della strada. Compreso assumerne i vizi peggiori: la bestemmia, l’alcool, il fumo, vissute come vere e proprie scelte eversive di libertà. Il corpo seppure rivendicato come "proprio", in realtà diventava la chiave di accesso al mondo maschile, merce di scambio nel mercato delle relazioni, una promiscuità alla quale si dava il nome di libertà.

Poi nella mia vita è entrato un Uomo, Uno differente dagli altri, non tanto perché "gli altri" fossero, secondo la pubblicistica femminista, brutti e cattivi, quanto perché quest’Uomo mi ha scombussolato gli stereotipi balordi sul mio essere donna e sul genio virile. La conversione è stata la risposta a questo sguardo del Signore. Il Verbo fatto uomo mi ha rivelato il Padre, l’esperienza di entrare nella vita trinitaria dove l’identità e la differenza che diventano, che sono, relazione, ha progressivamente strutturato in me la conoscenza (fatta di mente e di cuore) della identità personale che scaturisce da una relazione nella quale la differenza è costitutiva di ciò che sono.

Come comprendermi senza l’identificazione con il femminile ma, al contempo, la differenza rispetto al maschile che mi vede e, in questo specchio, mi è dato di riconoscere cosa non sono per dire, anche, chi sono? Come pensare al femminile in antagonismo con il maschile quando sono stati invece creati per una relazione di reciprocità nella quale la differenza non vuol dire disuguaglianza, ma ricchezza da donare all’identità dell’altro? Il punto che il femminismo, in gran parte di matrice atea, non poteva comprendere, abituato a ragionare in termini quantitativi dove il concetto di uguaglianza ha difficoltà a coniugarsi con quello di differenza. Non il femminismo, ma l’amore della trinità e la Donna forte che è stata ed è Maria, la Madre di Dio, mi hanno detto chi sono. Perché sì, in fondo la spallata definitiva a quell’accozzaglia di idee materialiste e disperate, l’ha data la Madonna, Colei che nei primi anni di conversione l’avevo lasciata come nell’ombra, tesa com’ero alla relazione io-Tu con suo Figlio, è diventata con mitezza e con tenacia (da donna, appunto!) la donna nella quale specchiarmi. E Maria mi è stata consegnata, lo devo riconoscere, da un uomo, dallo stesso uomo che, da uno sguardo al maschile, ha saputo raccontare la bellezza del femminile più di quanto avesse potuto fare una donna stessa.

Sto parlando, evidentemente, di Giovanni Paolo II, le sue catechesi sull’amore umano e, soprattutto, la Mulieris dignitatem che è la bellezza femminile fatta parola. Solo così, uscendo dall’antagonismo materialista, ed entrando nella antropologia cristiana dell’identità e della differenza, scaturisce la bellezza del matrimonio, della famiglia, ma anche, nel mio caso, della relazione sponsale con il Signore scelto come Tu, come Sposo.

Un’ultima cosa mi preme sottolineare: quando si argomenta della famiglia come luogo di violenza, e lo si fa ad ogni nuovo omicidio compiuto da un marito, da un ex fidanzato, da un padre nei confronti di una donna di famiglia, si dimentica colpevolmente di dire che non è il matrimonio che è marcio, ma che questa violenza che è nell’essere umano ferito dal peccato, è oggi anche il frutto di un femminismo che ha stravolto l’idea di donna, di uomo, di corpo. Il sesso libero, come segno di emancipazione, altro non ha fatto che rinserrare la donna in una spirale di violenza e di solitudine, facendo credere a lei e all’uomo, di essere un oggetto liberamente a disposizione, l’ha esposta a quel dominio frutto della violenza del peccato originale. Per quello che mi riguarda, nel mio lavoro, non accetto mai di parlare ad una conferenza sul femminile o sul maschile che non sia strutturata in un parlare dei due, un capirli a partire dello sguardo l’uno per l’altro. Dimenticavo: chiaramente non festeggio l’8 marzo, non vorrei trovarmi in quei locali dove branchi di donne si strappano i capelli davanti al solito gruppo di spogliarellisti. Ci siamo arrivate, dunque, alla parità (intesa come omologazione): una volta questo era il peggio dell’uomo, adesso ci vantiamo di averlo noi, questo peggio, essendo finalmente libere. Contente voi.

di Roberta Vinerba - labussolaquotidiana.it -

 
 
 

8 MARZO: CREANDO LA DONNA DIO HA BENEDETTO IL MONDO

Post n°6844 pubblicato il 08 Marzo 2012 da diglilaverita
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Il genio femminile spiegato da una giovane suora

Per riportare su un piano di verità, giustizia e bellezza la dimensione femminile. Per uscire dalla retorica ipocrita e ideologica relativa alla festa della donna, ZENIT vorrebbe favorire la discussione sul tanto bene che è nel progetto di Dio quando ha creato la donna. A fronte di notizie tremende e drammatiche in cui la donna è vittima di violenze e soprusi, c’è un mondo enorme di bene in cui le donne sono protagoniste. A questo proposito ZENIT ha intervistato suor Maria Caterina Gatti dell’Istituto Serve del Cuore Immacolato di Maria (Icms).

L’8 marzo si celebra la festa della donna. In questa festa pochi sottolineano le grandi virtù femminili esaltate sia dalla vita religiosa e consacrata che dal ruolo di tante madri e mogli che vivono gioiosamente la loro vita. Piuttosto, una certa cultura tende a identificare nella donna moderna la ribellione al ruolo di moglie e di madre, una libertà intesa come capacità di dominio nel lavoro e nella casa. Qual è il suo parere in proposito?

Certamente la società in cui viviamo tende ad identificare il progresso, la libertà e l’emancipazione della donna con forme di ribellione a quei "ruoli" che da sempre sono costitutivi della femminilità, dell’identità della donna, quali appunto l’essere sposa, o la maternità. È stato l’errore commesso da tante femministe che – partendo dall’intento buono di esaltare il "genio femminile" – sono giunte a rifiutare o negare ciò che "rende donna la donna", anche dal punto di vista antropologico. Le varie correnti femministe hanno avuto grande influenza sulla cultura, portando la donna a volersi emancipare in maniera errata, dimenticando la sua prima e altissima missione di moglie, di madre e pure di educatrice. Rientra nella vocazione della donna, infatti, anche il compito educativo, come spiega chiaramente la Mulieris Dignitatem al n. 19: "La donna, come genitrice e come prima educatrice dell’uomo […], possiede una specifica precedenza sull’uomo. Se la sua maternità […] dipende dall’uomo, essa imprime un «segno» essenziale su tutto il processo del «far crescere come persona» i nuovi figli e figlie della stirpe umana". "In tale opera esse [le donne] realizzano una forma di maternità affettiva, culturale e spirituale, dal valore veramente inestimabile, per l’incidenza che ha sullo sviluppo della persona e il futuro della società" (Lettera Alle donne, 9). Il ruolo di educatrice si estende quindi all’intera umanità.

Tali compiti e peculiarità – non dimentichiamolo – le sono stati donati da Dio come talenti da far fruttificare per realizzarsi appieno e per il bene dell’umanità. Per lei, la missione tracciata da Dio è quella prendersi cura in modo speciale dell’uomo, dell’essere umano, che il Signore le affida. "Questo affidamento riguarda in modo speciale la donna - proprio a motivo della sua femminilità - ed esso decide in particolare della sua vocazione" (cfr Mulieris Dignitatem, 30). È chiaro che quando ad una persona ne viene affidata un’altra, essa ne avrà cura e non certo cercherà di prevaricarla, di dominarla o, peggio ancora, di eliminarla (come accade purtroppo con l’aborto).

Quali secondo Lei le virtù tipicamente femminili che caratterizzano le donne?

Le virtù e le caratteristiche che credo costituiscano la peculiarità della donna sono le seguenti: l’accoglienza, il perdono, la comprensione, l’empatia, la generosità, la donazione, la dolcezza, l’attenzione, la delicatezza, il sacrificio, lo spirito intuitivo. La donna sposata poi deve essere in famiglia l’angelo della fede, l’angelo della casa. Deve guardare a tutte quelle virtù che caratterizzano Maria Santissima per poter vivere come Lei nella grazia di Dio, dando il buon esempio, vivendo con quella consapevolezza di essere sempre sotto lo sguardo di Dio, anche quando fa la spesa o va al lavoro in ufficio, mentre lava i piatti o aiuta i figli a fare i compiti. Sono piccole cose, ma erano proprio piccole cose quelle che faceva la Madonna. Anche le ragazze o le donne non sposate devono guardare alla Madonna come al loro modello, perché anche loro sono chiamate a vivere in grazia di Dio per poi trasmettere questa bellezza interiore alle persone con cui si relazionano.

E quali in particolare le virtù che esaltano la vita di religiose e consacrate?

Al di là delle virtù che caratterizzano la vita religiosa in genere, tanto maschile quanto femminile, credo che per la donna consacrata valgano sempre quelle virtù che già ho elencato come tipicamente femminili, perché non dobbiamo dimenticare che ogni religiosa, prima di essere una consacrata, è una donna. La santità infatti si costruisce su una base di umanità, proprio per quell’unicum costituito da anima e corpo. È naturale che sarà differente la modalità in cui tali virtù dovranno essere esercitate: l’accoglienza, l’attenzione, la donazione sono vissute diversamente dalla donna consacrata – totalmente dedita a Dio e ai fratelli, inserita in una comunità religiosa – rispetto a come le vive una madre all’interno della sua famiglia. Se guardiamo poi alla vita delle più grandi sante religiose, le virtù che ne esaltano la vita sono quelle tipicamente relative alla vita consacrata in generale: obbedienza, carità, fede, purezza, povertà, umiltà, fedeltà, prudenza…

Maternità e verginità sono due dimensioni particolari della donna, alla luce della Divina Rivelazione, che trovano la loro più alta espressione nella Madonna, che è al contempo Vergine e Madre. "La persona della Madre di Dio aiuta tutti – specialmente tutte le donne – a scorgere in quale modo queste due dimensioni e queste due strade della vocazione della donna, come persona, si spieghino e si completino reciprocamente". Ecco allora che Maria SS.ma è Colei che tanto la donna "laica", quanto la consacrata devono avere sempre dinanzi come modello per scorgere in Lei le virtù da imitare.

In che modo la vita religiosa riesce a sublimare e praticare il desiderio di famiglia e maternità?

La donna – che come l’uomo è un "essere in relazione" – si scopre "fatta per l’uomo", per una comunione sponsale con lui. Così ci ha creati il Signore, con questa "diversità nell’uguaglianza" (la sessualità ci differenzia all’interno dell’umanità). Nella vita consacrata, questo "per l’uomo" – secondo una bella definizione di Arnaldo Pigna – viene sostituito con "per Cristo". Lo Sposo è Cristo stesso, è Lui la Persona con cui la donna consacrata entra in relazione, in comunione, dedicandosi totalmente a Lui e quindi trovando pienezza e realizzazione personale solo in Lui. Non è un "amare meno", ma un "amare di più". Chi abbraccia la verginità consacrata vuole raggiungere la pienezza dell’amore – e quindi della sessualità – facendo a meno della mediazione, ma anche delle limitazioni della fisicità, della carne. "Si sceglie la continenza non per amare meno, ma per amare meglio […]. Essere casto verginalmente, è tenere il cuore in potenza assoluta di amare, senza altro limite che la propria capacità" (A. Pigna): la verginità non chiude all’amore, ma anzi, insegna a trovarlo. Il desiderio di famiglia è colmato dalla nuova famiglia costituita dalla comunità e dall’istituto religioso di cui si entra a far parte. La maternità poi non viene "soppressa" nella donna consacrata, ma è vissuta in un modo più elevato: è la maternità spirituale. La maternità infatti è costitutiva della donna, elemento fondante della sua identità, in quanto a lei Dio affida il compito di "prendersi cura della vita": non implica necessariamente la generazione fisica di un’altra creatura, ma è costituita da un atteggiamento di fondo, da un’apertura di spirito caratterizzata dal dono di sé, dall’attenzione, dal farsi carico degli altri, dal sacrificio. La donna consacrata vive quindi in pienezza la sua maternità, diventando madre di tutti, del bambino come dell’anziano, generando Cristo nel cuore del prossimo. È quindi, anche quella spirituale, una maternità feconda.

Una certa cultura moderna punta a indicare come modello figure di donne che suscitano provocazione e scandalo, ma non sono più rivoluzionarie ed emancipate donne come Madre Teresa di Calcutta, o Santa Chiara d’Assisi?

È vero, alla donna moderna vengono indicate spesso come modello queste figure provocatrici e scandalose, per l’influsso dell’errata filosofia femminista "liberal-socialista-radicale". Non dimentichiamo però che in ambito cattolico ha trovato sviluppo un femminismo che promuove l’autentica dignità della donna, e che si è nettamente discostato dal pensiero delle altre correnti laiche. Va anche ricordato che nonostante le grandi divergenze con le femministe cattoliche, le militanti nelle correnti radicali e socialiste hanno cercato e trovato figure di donne autorevoli, libere e "forti" proprio all’interno del cattolicesimo. Caterina da Siena, Teresa d’Avila, Teresa di Lisieux, Francesca Saverio Cabrini – ed oggi potremmo dire anche Madre Teresa di Calcutta – sono solo alcuni dei nomi di quelle tante donne "rivoluzionarie ed emancipate", nel senso vero dei termini, che sono state prese come modello anche da femministe ben lontane dal modo di pensare e di vivere cattolico. Perché? Perché queste sante sono un esempio di come debba essere una donna, pur essendosi donate totalmente a Dio e alla Chiesa! Nella Mulieris Dignitatem leggiamo che "Le donne sante sono una incarnazione dell’ideale femminile" (cfr n. 27). Questo ci fa comprendere che più cerchiamo di imitare Cristo, vero Dio ma anche vero uomo, più ci realizziamo come persone, perché solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo. Lungi allora dal tarpare le ali all’emancipazione, il cattolicesimo aiuta la donna alla piena realizzazione di sé, donandole quella dignità e quei diritti che in altri ambienti sociali, culturali o religiosi le sono negati

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Può raccontarci quali sono le ragioni che l’hanno convinta a scegliere la vita religiosa? E perchè ha scelto le Serve del Cuore Immacolato di Maria?

La cosa che tengo sempre a precisare è che la mia non è stata tanto una scelta, quanto piuttosto una risposta a Qualcuno che mi ha scelta. Se devo spiegare le ragioni che mi hanno portata ad intraprendere questa strada, 13 anni fa, trovo qualche difficoltà perché so di non poter esprimerle in tutta la loro profondità, e forse non è nemmeno facile da comprendere per chi non ha ricevuto la stessa chiamata.

Ad ogni modo credo che la mia risposta sia stata facilitata dall’insoddisfazione di fondo che percepivo nel cuore. Avevo un lavoro, molti amici, hobbies che mi davano soddisfazione… Eppure nel profondo sentivo sempre una certa infelicità, una scontentezza, una "non realizzazione" di me stessa pur avendo delle soddisfazioni tangibili nella vita che conducevo. Educata in una famiglia cattolica praticante, ero tuttavia molto lontana da Dio, il rapporto con Lui era insignificante per me. Cercavo la felicità in tutt’altre cose, e la mia fede si riduceva al "dover andare a Messa la domenica". Ricordo però che verso i 17 anni un giorno vidi una giovane suora seduta su una panchina, e dal suo volto traspariva grande serenità e gioia. Sentii dentro di me una grande commozione, accompagnata da un forte desiderio di bene, di bontà, di conversione, che però soffocai quasi subito. Era Dio che iniziava a farsi sentire… Gli avrei aperto il cuore solo 4 anni dopo…

A 21 anni è arrivata la grazia della conversione, e pochi mesi dopo ho percepito per la prima volta la chiamata alla vita religiosa. Ho scelto le Serve del Cuore Immacolato di Maria perché il Signore le ha messe sul mio cammino: è stato proprio conoscendo loro che, per la prima volta, mi sono posta il problema vocazionale. Davo per scontato, infatti, che mi sarei sposata e avrei formato una mia famiglia. Non mi ero mai posta il problema del "che cosa vuole Dio da me", anche perché ero convinta che la chiamata fosse qualcosa che si dovesse percepire fin da bambini. Vedendo alcune giovani postulanti (ragazze che sono all’inizio del periodo formativo in convento) delle Serve del Cuore Immacolato di Maria ne sono rimasta letteralmente affascinata: la loro gioia, la loro serenità, la loro allegria, la bellezza interiore che traspariva dal loro essere era proprio quello che desideravo per me, e che andavo cercando chissà dove, da anni, senza alcun risultato. Approfondendo la loro conoscenza, sono rimasta molto colpita anche dal carisma dell’Istituto e dal loro amore per la Chiesa e per il Santo Padre. In modo particolare però mi ha attirata verso le "Serve" la loro grande devozione mariana e l’amore per l’Eucaristia.

Cosa fanno le Serve del Cuore Immacolato di Maria?

Noi Serve del Cuore Immacolato di Maria siamo legate costitutivamente al Movimento ecclesiale della Famiglia del Cuore Immacolato di Maria – formato dai Servi del Cuore Immacolato di Maria, da noi Serve e dai laici che condividono con noi l’unico carisma – e ci impegniamo a portare Cristo al mondo per mezzo del Cuore Immacolato di Maria.

Riconoscendo nelle parole pronunciate dalla Vergine Maria a Fatima un appello divino, cerchiamo di realizzarle anzitutto in noi mediante una solida vita interiore, avendo come primo e fondamentale impegno quello dell’orazione. Modello, maestra e guida nella nostra vita di consacrazione e nella missione apostolica è la Vergine Santissima. Cuore del carisma è la riparazione, così come altri aspetti che scaturiscono dalla spiritualità di Fatima quali: la preghiera, la penitenza, l’amore all’Eucaristia celebrata e adorata, al Santo Rosario, l’amore al Santo Padre, che si concretizza anche attraverso la professione del quarto voto di Fedeltà e Obbedienza al Santo Padre e al suo Magistero.

La collaborazione con i Servi del Cuore Immacolato di Maria e i laici è fondamentale, e permette una maggiore incisività nell’apostolato grazie alla complementarietà delle vocazioni e al medesimo carisma. Il nostro ruolo nella Famiglia del Cuore Immacolato di Maria prevede l’aiuto nella formazione dei laici, con particolare attenzione alla figura della donna, affinché riscopra la sua dignità e la sua importanza fondamentale nella famiglia e nella società; desideriamo poi aiutare le bambine e le giovani, affinché si responsabilizzino e imparino a usare rettamente la loro libertà, riscoprendo quei valori che sembrano oggi ormai persi.

Lei ha scritto articoli indicando in Maria, madre Gesù, la bellezza della donna. Può spiegarci il nesso tra la bellezza e Maria? e tra la bellezza e Dio?

La società odierna, fondamentalmente materialista, tende a prendere in considerazione solo il corpo, dimenticandosi che la persona è costituita da corpo ed anima – che formano un unicum – e così troppo spesso anche parlando di "bellezza" ci si limita a quello che è solamente l’aspetto fisico, esteriore.

Nella Madonna vediamo invece una bellezza che risplende prima di tutto nel suo Cuore e nella sua anima. Credo che ci possa venire in aiuto l’enciclica Redemptoris Mater di Giovanni Paolo II, nella quale leggiamo che "alla luce di Maria, la Chiesa legge sul volto della donna i riflessi di una bellezza che è specchio dei più alti sentimenti di cui è capace il cuore umano"(cfr n. 46): tale vera bellezza, di cui Maria illumina la donna, consiste nel sapersi donare al prossimo gratuitamente; nell’avere la fortezza interiore dinanzi alle sofferenze; nella fedeltà a Dio e ai propri impegni; nel lavoro assiduo fatto per amore; nell’empatia che rende capaci di comprendere fino in fondo l’altro, e di compartecipare i suoi sentimenti, incoraggiandolo con la parola.

Nello stesso documento, il Papa ci ricorda che è la grazia che Maria Santissima porta in sé a determinare "la straordinaria grandezza e bellezza di tutto il suo essere" (cfr n. 11). Alla luce di queste parole comprendiamo dunque che la bellezza di Maria SS.ma non è semplicemente e solamente un fatto estetico, fisico, esteriore: la Madonna è modello di bellezza soprattutto per le sue virtù, per il suo Cuore Immacolato, per la grazia di Dio di cui era ricolma.

Nelle icone – ci ricorda l’ Enciclica – "la Vergine splende come immagine della divina bellezza" (cfr n. 33). Su questo discorso si innesta il nesso tra la bellezza e Maria, e tra la bellezza e Dio: la Madonna infatti brilla di luce riflessa, emana la bellezza di Dio perché ricolma di Lui, della sua Grazia, del suo Spirito. "Se la santità cristiana si configura alla bellezza del Figlio, l’Immacolata Concezione è la più perfetta illustrazione di questa «opera di bellezza». La Vergine Maria e i santi sono i riflessi luminosi e i testimoni attraenti della bellezza singolare di Cristo, bellezza dell’amore infinito di Dio che si dà e si comunica agli uomini. Essi riflettono, ciascuno a suo modo, come i prismi del cristallo, le sfaccettature del diamante, i contorni dell’arcobaleno, la luce e la bellezza originaria del Dio d’amore. La santità degli uomini è partecipazione alla santità di Dio e, quindi, alla sua bellezza." (dal Documento finale dell’Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura, 2006).

- di Antonio Gaspari - ZENIT -

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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