ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 14/03/2012

ULTIMA RICERCA DEL CENSIS: L'ITALIA NON E' UN PAESE PER RADICALI E LAICISTI

Post n°6873 pubblicato il 14 Marzo 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Brutte notizie per i teorici italiani della secolarizzazione. L’ultima ricerca del Censis, dal titolo «I valori degli italiani», elaborata in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia, dipinge una realtà tendenzialmente anti-secolarista in tutti gli aspetti che ha analizzato. Il metro di confronto è una ricerca analoga svolta nel 1988.

Innanzitutto, la questione più importante, è che gli italiani stanno riscoprendo il valore della famiglia: il 65,4% pensa che la famiglia sia uno dei pilastri della società e viene riscoperto anche il valore di un modello di riferimento. Si affermano in particolare le figure genitoriali e sopratutto quella del padre (nel 1988 per il 14,7%, nel 2011 per il 22,1%).  La ricerca rileva un netto calo nel desiderio consumistico e ricompare (70%) l’amore al bello, si dà  valore al legame tra etica e estetica e si riconosce che la bellezza abbia una funzione educativa.

Sergio Romano e figlio, nel loro ultimo pamphlet hanno denigrato l’Italia a causa della sua (presunta) arretratezza su diverse tematiche bioetiche, che ostacolerebbero una positiva vita sociale. Tuttavia i cittadini italiani non vivono nel mondo fatato di Romano, e per il 56% (+7% rispetto al 1998) l’Italia è il Paese al mondo dove si vive complessivamente meglio, mentre  2/3 dei cittadini (66%) pur avendone in futuro la possibilità non lascerebbe in nessun caso l’Italia. Brutte notizie anche per il partito Radicale e le sue battaglie ideologico-anacronistiche: negli italiani è scattata l’esigenza di maggiori regole, di più legge e ordine: l’89% dei cittadini vorrebbe misure più severe contro le droghe pesanti e il 74% verso le droghe leggere (cannabis ecc.), mentre il 71,5% chiede maggior severità nei confronti della prostituzione. Praticamente possiamo dire che il Movimento Liberali Antiproibizionisti, cellula combattiva del Partito Radicale, ne esce a pezzi, dato che i suoi obiettivi sono proprio, contemporaneamente, la liberalizzazione della prostituzione e della marijuana, oltre ovviamente il riconoscimento giuridico dei matrimonio omosessuali.

Notizie amare anche per le cellule anti-teiste e razionaliste, in quanto se negli anni ’80 si professava solidamente credente, riconoscendosi in un credo organizzato, il 45,1% (1988) degli italiani, oggi la quota di popolazione che si riconosce in questo è pari al 65,6% (anno 2011). A questi si aggiunge un 15% (nell’88 erano il 22%) di quelli che avvertono una Presenza oltre la realtà materiale,  arrivando sopra l’80 per cento. In calo chi afferma di non occuparsi di Dio, solo l’8% nel 2011 mentre nel 1988 era il 12,9%. Il che vuol dire, si legge, che l’ateismo si comprime, e chi crede si affida sempre meno a un Dio fai da te, ricostruito secondo necessità nelle burrascose notti dell’anima, ma si riconosce maggiormente nel cattolicesimo.

- Fonte:uccronline.it

 
 
 

NIENTE CROCI SIAMO INGLESI: VA CAMBIATA ANCHE LA BANDIERA BRITANNICA?

Post n°6872 pubblicato il 14 Marzo 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Sul sito CNSnews.com il 12 marzo 2012 un articolo a firma di Patrick Goodenough (segnalatomi da un lettore, che ringrazio) commentava la stravagante deriva anticristiana del governo “di destra” Cameron (il quale, com’è noto, ha in programma l’introduzione del matrimonio omosessuale). Ma il Sunday Telegraph - citato da Goodenough - comunica anche quest’altra “lotta” del governo britannico risalente alle amministrazioni precedenti: la proibizione di indossare croci sul luogo di lavoro per i dipendenti pubblici inglesi.

La cosa è attualmente all’attenzione del tribunale europeo di Strasburgo, adito da un paio di cittadine britanniche. Una è Nadia Eweida, cristiana copta impiegata della British Airways nell’aeroporto di Heathrow. Nel 2006 la società le aveva chiesto di togliersi dal collo la piccola croce che portava. La donna aveva rifiutato ed era stata mandata a casa. Invano aveva fatto presente che i lavoratori islamici, sikh e buddisti portano turbanti, veli sul capo e braccialetti religiosi. In seguito la Eweida era stata riammessa al lavoro ma lei aveva chiesto gli arretrati, cioè lo stipendio per il periodo in cui era stata ingiustamente allontanata. La cosa è finita in tribunale, il quale ha investito la corte suprema britannica. Non avendo ricevuto soddisfazione, la Eweida si è rivolta alla Corte europea dei Diritti Umani.

Lo stesso ha fatto Shirley Chaplin, infermiera, il cui ospedale le ha vietato la crocetta che portava al collo, sul lavoro, da trent’anni. Il servizio sanitario nazionale britannico, suo datore di lavoro, l’ha licenziata in base all’argomento che portare croci al collo non è un requisito di fede per i cristiani, come, per esempio, lo è il turbante per un sikh. La Corte di Strasburgo deve occuparsi anche di altri due cittadini britannici che hanno perso il posto per motivi di coscienza: una funzionaria che nel 2007 si è rifiutata di registrare l’unione civile di due gay e un consultore che non ha voluto somministrare una terapia sessuale a una coppia omosex.

In tutti questi casi, parte in causa è il governo britannico. Il quale è attualmente guidato dal conservatore Cameron, che è seriamente intenzionato, come sappiamo, a introdurre il matrimonio gay in Inghilterra e nel Galles nel 2015 dopo una consultazione popolare. Ora, l’articolo 9 della Convenzione europea sui diritti umani recita: «Ognuno ha diritto alla libertà di pensiero, coscienza e religione; questo diritto include la libertà di cambiare la propria religione o credo e la libertà, sia da soli che insieme ad altri e in pubblico o in privato, di manifestare la propria religione o credo». Ma il governo britannico ha intenzione di difendersi insistendo sul solito argomento: indossare croci sul lavoro non è un «requisito» della fede cristiana.

Intervistati, diversi esponenti dell’episcopato inglese hanno fatto osservare che è obbligatorio per il cristiano non nascondere la propria fede in pubblico. In effetti, seguendo una logica strettamente giuridica (cosa che la Corte di Strasburgo non potrà non fare), non si sa quanto intrinseco alla fede musulmana sia il velo delle donne o il braccialetto-rosario per un buddista. Ma forse la migliore argomentazione è quella esternata da John Sentamu, arcivescovo anglicano di York e seconda figura per importanza nella gerarchia dell’anglicanesimo. Alla Bbc ha dichiarato che il governo britannico «sta cominciando a immischiarsi in aree che non gli competono». In effetti, è questo il punto. E qualcuno dovrebbe approfondire l’analisi di un establishment inglese (sia di destra che di sinistra) che, nascondendosi dietro il dito della tutela delle minoranze, persegue con pervicacia degna di miglior causa la demolizione a tutti i livelli del cristianesimo e della sua civiltà. Quasi che la cristofobia sia diventato il requisito fondamentale per la cooptazione nel ceto dirigente.

Ci sarà da ridere, comunque, quando a qualche politicamente corretto verrà in mente di ricorrere a Strasburgo contro la Union Jack, la bandiera britannica. Che di croci ne ha tre.

di Rino Cammilleri - labussolaquotidiana.it -

 
 
 

DANTE "RAZZISTA", FOLLIA ONU: BANDIRE DIVINA COMMEDIA

Post n°6871 pubblicato il 14 Marzo 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

L’hanno recitata a migliaia, ovunque nel mondo; l’hanno citata, letta, studiata, commentata in milioni di volumi e per intere generazioni. È persino diventata una sorta di fenomeno sociale, dopo che Vittorio Sermonti prima e Roberto Benigni poi l’hanno declamata a un pubblico sempre più numeroso, fino ad approdare in tv.

Ma nessuno, fino a oggi, si era mai immaginato di poter parlare della Divina Commedia in questi termini: ossia come un’opera piena di luoghi comuni, frasi offensive, razziste, islamofobiche e antisemite che difficilmente possono essere comprese e che raramente vengono evidenziate e spiegate nel modo corretto.

Definisce così il contenuto di numerose terzine dantesche "Gherush92", organizzazione di ricercatori e professionisti che gode dello status di consulente speciale per il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite e che svolge progetti di educazione allo sviluppo, diritti umani, risoluzione dei conflitti, razzismo, antisemitismo, islamofobia. E proprio secondo questa organizzazione il poema di Dante andrebbe eliminato dai programmi scolastici o, quanto meno, letto con le dovute accortezze.

Sotto la lente censoria sono finiti, in particolare, i canti dell’Inferno XIV, XXIII, XXVIII e XXXIV. Il canto XXXIV, spiega l’organizzazione, è una tappa obbligata di studio. Il personaggio e il termine Giuda e giudeo sono parte integrante della cultura cristiana: «Giuda per antonomasia è persona falsa, traditore (da Giuda, nome dell’apostolo che tradì Gesù)»; «giudeo è termine comune dispregiativo secondo un antico pregiudizio antisemita che indica chi è avido di denaro, usuraio, persona infida, traditore».

Il significato negativo di giudeo è esteso a tutto il popolo ebraico. Il Giuda dantesco è la rappresentazione del Giuda dei Vangeli, fonte dell’antisemitismo. E ancora, prosegue l’organizzazione, «nel canto XXIII Dante punisce il Sinedrio che, secondo i cristiani, complottò contro Gesù; i cospiratori, Caifa sommo sacerdote, Anna e i Farisei, subiscono tutti la stessa pena, diversa però da quella del resto degli ipocriti: per contrappasso Caifa è nudo e crocefisso a terra, in modo che ogni altro dannato fra gli ipocriti lo calpesti».

Il poema, spiega Valentina Sereni, presidente di Gherush92, «pilastro della letteratura italiana e pietra miliare della formazione degli studenti italiani, presenta contenuti offensivi e discriminatori sia nel lessico che nella sostanza e viene proposto senza che via sia alcun filtro o che vengano fornite considerazioni critiche rispetto all’antisemitismo e al razzismo».

Spiega ancora Sereni: «Nel canto XXVIII dell’Inferno Dante descrive le orrende pene che soffrono i seminatori di discordie, cioè coloro che in vita hanno operato lacerazioni politiche, religiose e familiari. Maometto è rappresentato come uno scismatico e l’Islam come un’eresia. Al Profeta è riservata una pena atroce: il suo corpo è spaccato dal mento al deretano, in modo che le budella gli pendono dalle gambe, immagine che insulta la cultura islamica. Alì, successore di Maometto, invece, ha la testa spaccata dal mento ai capelli».

«L’offesa», aggiunge, «è resa più evidente perché il corpo "rotto" e "storpiato" di Maometto è paragonato ad una botte rotta, oggetto che contiene il vino, interdetto dalla tradizione islamica. Nella descrizione di Maometto vengono impiegati termini volgari e immagini raccapriccianti tanto che nella traduzione in arabo della Commedia del filologo Hassan Osman sono stati omessi i versi considerati un’offesa».

La stessa Sereni, da noi ricontattata, ci spiega che lo studio sulla Divina Commedia è stato eseguito dai ricercatori di Gherush92 «dopo alcuni mesi di riflessione». Il gruppo «si finanzia con le quote dei soci iscritti».

Alla domanda se esistono nuovi studi su altre opere letterarie, risponde: «Ci stiamo lavorando e più avanti saranno diffusi». Nessun timore che, utilizzando simili criteri di analisi, tutta la letteratura italiana delle origini possa essere considerata razzista, omofoba e antisemita? «Non è colpa nostra se ci sono opere d’arte italiane eventualmente razziste», ribadisce la Sereni, perché «è l’insegnamento della Divina Commedia che deve essere contestualizzato e siccome viene insegnata e proclamata oggi, il contesto è oggi. Oggi possiamo e dobbiamo fare queste osservazioni sul razzismo nella Divina Commedia e in altre opere d’arte. D’altra parte il razzismo contro le stesse entità esisteva tanto allora quanto oggi».

Tutto chiaro e preciso. Ma pur essendo Gherush92 consulente dell’Onu, status di tutto rispetto e cosa che non è concessa proprio a tutte le organizzazioni, la sede a Roma, segnalata nel sito dell’United Nations Department of Economic and Social Affairs, è inesistente: a quell’indirizzo non risulta nessuna organizzazione. Lo abbiamo scoperto personalmente.

Una zona di quasi campagna, nella periferia nord della Capitale, tra villette e piccoli capannoni aziendali. Il numero civico non corrisponde, anzi non esiste. Chiediamo in giro.

«Associazione Gherush92? Mai sentita, qui non c’è» , risponde una ragazza che esce da un cancello. In effetti, ci viene confermato dalla stessa associazione che quell’indirizzo non è valido e non ce n’è un altro cui fare riferimento...

di Caterina Maniaci - Libero - newsletter@gesuemaria.it -

 
 
 

IL SANTO ROSARIO NELLA VITA DEL SACERDOTE (PRIMA PARTE)

Post n°6870 pubblicato il 14 Marzo 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Per comprendere un poco chi è in realtà il Sacerdote, bisognerebbe essere Dio, perché solo Lui conosce perfettamente questo grande mistero di amore. Sant’Ignazio affermava questo del Sacerdote: "Sei il vertice di tutte le grandezze create". Affermare che il Sacerdote è un altro Cristo non è sbagliato, e lo vedremo. Ogni Sacerdote è configurato a Gesù nello Spirito, ma è chiamato a diventare come Lui vivendo ad imitazione della vita di Gesù. "Con il Sacramento dell’Ordine i Sacerdoti si configurano a Cristo Sacerdote come ministri del Capo, allo scopo di far crescere ed edificare tutto il Corpo che è la Chiesa, in qualità di cooperatori dell’Ordine episcopale", specifica la Presbyterorum Ordinis (12) del Concilio Vaticano II.

Ci sarebbe molto da scrivere sul Sacerdote, ma ho già pubblicato un libro (Sacerdote, chi sei Tu?), in cui lungamente approfondisco la missione e la dignità di questa santa vocazione. In questo capitolo riporto solo alcuni periodi da quel libro già pubblicato, per una maggiore comprensione della dignità sacerdotale.

Sant’Ignazio martire scriveva: "Il sacerdozio è la dignità somma fra tutte le dignità create". Ed è per questa ragione che San Dionisio chiama il Sacerdote "Uomo divino". Per lui il sacerdozio è "dignità divina". È stato il Signore stesso a dire agli Apostoli che i Sacerdoti si devono trattare come la sua stessa Persona: "Chi ascolta voi, ascolta Me. Chi disprezza voi, disprezza Me" (Lc 10,16).

Ogni Sacerdote è chiamato a compiere grandi cose, ma occorre pregare, pregare tanto. Gesù cerca l’unione intima con ogni Sacerdote, specialmente nell’offerta della Santa Messa. Che grande ed ineguagliabile cosa unirsi con Gesù nella sua offerta al Padre, o meglio, diventare una cosa sola con Gesù in quell’Ostia consacrata che si offre al Padre perché usi Misericordia verso i peccatori. Questo è il minimo, perché chi potrà mai comprendere l’altezza di questo ministero?

Gli Angeli vorrebbero essere al tuo posto nella Santa Messa, perché le tue mani toccano Dio, mentre Loro possono solo adorare Dio, ma non toccarlo. Tu ogni giorno permetti al Verbo di Incarnarsi sull’altare. Gesù nasce sull’altare, come a Betlemme nacque dal grembo di Maria. Dalla Divina Madre nacque una sola volta, per le tue mani nasce ogni giorno, ogni volta che tu lo vuoi.

La dignità del Sacerdote oltrepassa anche la dignità degli Angeli. I Santi Angeli sono creature straordinarie e celestiali, ma nessuno di Loro può assolvere dai peccati una qualsiasi persona, celebrare la Santa Messa ed essere configurato a Gesù come un Sacerdote, pur essendo un povero uomo, ignorato e semplice. Anche se gli Angeli vedono faccia a faccia Dio, il Sacerdote è una creatura divinizzata per quello che gli ha spiritualmente trasmesso Gesù. Gli Angeli prestano sempre obbedienza a Dio, ma il Sacerdote comanda quando vuole a Gesù di scendere dal Cielo e di rendersi presente sull’altare nella Santa Messa.

Gli Angeli sono immuni dalle passioni, ma una cosa ti invidiano e che Loro non possono proprio fare: soffrire per amore di Gesù Cristo. Tu sei corredentore con Gesù, mentre Loro possono solo guardare ammirati la tua quotidiana immolazione per amore di Dio, della Santa Chiesa Romana e per la conversione dei peccatori. Quante volte gli Angeli hanno desiderato e continuano a desiderare di poter imitare Gesù nella sua crudelissima Passione e Morte, ma non possono? Invece, un semplice e buon Sacerdote che ha compreso bene in fondo il significato della sofferenza espiatrice e corredentrice, chiede, accetta ed offre con amore continue prove dolorose, sofferenze spirituali e corporali, incomprensioni prolungate ed agonie dello spirito.

Nessuno creda essere semplice sofferenza l’agonia dello spirito: la provi e vedrà che senza la Grazia di Gesù non potrà resistere. Ma, quanto grande è questo Sacerdote davanti a Dio? È una stella che brilla di meravigliosa Luce, che illumina tenebre, coscienze inquinate e cambia i cuori putrefatti dalla lebbra del peccato.

Sacerdote, le tue mani ogni giorno sono la culla di Gesù; per quelle mani Dio cambia la sostanza del pane e del vino in Carne e Sangue; per quelle mani si riceve l’assoluzione anche dai peccati più orrendi. Sono mani che liberano le anime dalle catene del peccato, allontanano tutti i diavoli da quel corpo ed abbattono i vizi usando misericordia.

È memorabile l’affermazione di San Francesco d’Assisi: "Se vedessi un Angelo del Paradiso ed un Sacerdote, prima piegherei il ginocchio al Sacerdote, poi all’Angelo".

Il Sacerdote è stato posto dal Signore sulla terra per trattare al posto suo gli interessi divini. Che fiducia ripone Dio nel Sacerdote? Certo, anche perché vi vede l’immagine del Figlio suo, in quanto il Sacerdote realmente è stato configurato nell’ordinazione a Gesù Cristo, unico Redentore: ieri, oggi e sempre.

Riguardo i santi Sacerdoti, questi buoni Sacerdoti fuggono gli applausi, hanno un bassissimo concetto di sé e non vogliono che si parli di loro, ma in realtà, il mondo corrotto non ne vuol proprio parlare perché sono esempi che rimproverano le coscienze malvagie e perfide.

Questi Sacerdoti sono anacronistici, cioè, considerati fuori moda dal mondo corrotto, perché questo mondo immorale vuole che il Sacerdote segua le mode e non più Gesù Cristo. Ma come sarà possibile che un Sacerdote segua le mode di questo mondo e si consideri ancora Sacerdote di Gesù Cristo?

Sacerdote, tu sei il più grande di tutti i grandi della terra. Se solo tu lo capissi... Sei grande non quando fai ciò che non ti riguarda, ma quando rimani per ore davanti al Tabernacolo a parlare con Dio di tutti i peccatori e bisognosi; quando sei all’altare per celebrare devotamente lo stesso Sacrificio del Calvario, che ci ottiene perdono dal Padre; quando rimani inchiodato nel confessionale ad aiutare ed assolvere coloro che sono incatenati dai peccati.

Tu parlerai degnamente agli uomini di Dio, solo dopo aver parlato convenientemente a Dio degli uomini. Tu sei sempre grande, in ogni istante della tua vita. Sei sempre Gesù che passa, e Gesù sempre ascolta, guarda con amore, aiuta, comprende e salva.

Sacerdote in te tutto è sacro. Tu, o Sacerdote sei l’uomo del soprannaturale. Tu sei un Dio terreno, eppure molte volte vivi come se non lo fossi. È vero, sei un uomo come gli altri, con le loro identiche miserie, ma tu sei potente come Dio... Lo hai dimenticato?

Tu sai bene quanto Gesù è misericordioso, ma con te nel Giudizio sarà molto esigente, perché ti ha costituito come suo rappresentante. Ti ha scelto tra tanti e tanti, ti ha mandato nel mondo per ripetere le sue stesse parole, e ti ha affidato un incarico delicatissimo. "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni... insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato" (Mt 28,19-20).

Ma per fare osservare ciò che Gesù ha comandato, devi mettere prima tu in pratica ciò che insegni.

Se il Sacerdote è un alter-Christus, per vivere degnamente la sua eccelsa vocazione, deve operare ed amare come ha fatto Gesù. Non c’è alternativa alla questione: o con Gesù o contro Gesù. Per cui, dovrà darsi da fare gratuitamente e con immenso spirito di servizio per servire il prossimo. Gesù prima di compiere due strepitosi miracoli -ordinare Sacerdoti gli Apostoli ed istituire l’Eucaristia- lavò i piedi ai Dodici. Lui -Dio eterno- lava i piedi ad uomini rozzi e semplici. "Cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugatoio" (Gv 13,5).

Non c’è da rimanere sbalorditi? Eppure, Gesù ha fatto un atto che era uso fare un servo.

Allora, il Sacerdote deve essere il primo servo e volontario nel portare agli altri aiuti spirituali e materiali; dovrà avere una particolarissima cura per i più deboli, i disprezzati e rifiutati dalla società. Dovrà amare gli Ultimi, quelli che la società considera rifiuto e scarto, inutili e improduttivi. Gesù stesso si fece Ultimo: nacque, visse e morì da Ultimo. "Come Padri in Cristo, abbiano cura dei fedeli che hanno generato spiritualmente con il Battesimo e con l’insegnamento", decreta la Lumen Gentium (28).

L’amico del Santo Curato d’Ars, il Venerabile P. Chevrier, diceva ai teologi che formava per il sacerdozio: "Il Sacerdote deve essere un altro Cristo. Pensando al Presepio, deve essere UMILE E POVERO; più sarà tale, più darà Gloria a Dio e sarà utile al prossimo: Egli deve essere un UOMO SPOGLIO DI TUTTO.

Ricordando il Calvario, deve pensare a immolare se stesso per dare la vita. Il Sacerdote deve essere un UOMO CROCIFISSO. Pensando al Tabernacolo deve ricordarsi che deve dare se stesso di continuo agli altri, deve divenire come un buon pane per le anime: il Prete deve essere un UOMO MANGIATO".

Il Sacerdote deve brillare in mezzo agli uomini per onestà, lealtà, sincerità, puntualità, correttezza, rettitudine e tutte le altre virtù umane. Se il Sacerdote non mostra queste qualità, non sarà mai un "pescatore di uomini" (Mt 4,19), non aiuterà Gesù a salvare anime, ma probabilmente rovinerà le anime.

Certamente, l’aspetto tragico dell’infedeltà di un Sacerdote, è che porta dietro di sé tante anime nel baratro della perdizione. Come un santo Sacerdote santifica tanti, così al contrario, un infedele Sacerdote conduce con sé tanti lontano da Gesù e forse dalla salvezza eterna.

Le anime vogliono essere aiutate, non come vuole il mondo, ma come vuole Gesù, e tu sei un altro Gesù. Grande sei tu Sacerdote, e tutti dovrebbero venerarti, ma molti non lo fanno più.

Quanto appena letto, è un breve estratto dal mio libro "Sacerdote, chi sei Tu?", opera che ha aiutato molti Sacerdoti a riscoprire la bellezza e la nobiltà del sacerdozio. Soprattutto per il Sacerdote è necessario curare la propria vita spirituale, che non si improvvisa affatto. Bisogna dedicarle buon tempo della giornata, curare la meditazione giornaliera, l’attenzione alle virtù da praticare e ai vizi da eliminare. Compiere il ritiro mensile, confessarsi spesso, leggere buoni libri di spiritualità e approfondire la dottrina, curando principalmente la morale.

"Non si può tacere sul fatto che è avvenuta alla fine del secondo millennio cristiano una vera e propria eclissi del senso morale. Con questo non vogliamo né possiamo dire che la gente sia più cattiva di un tempo: piuttosto, è diventato difficile perfino parlare dell’idea del bene, come di quella del male, senza suscitare non tanto reazioni, quanto molto più semplicemente una forte incomprensione", questo viene scritto in "Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia", dell’Episcopato italiano. Sono i Sacerdoti coloro che devono ripresentare i valori morali, viverli innanzitutto.

La Confessione sacramentale frequente "aumenta la retta conoscenza di se stessi, si sviluppa la povertà di spirito, si sradica l’egoismo, si resiste alla negligenza e al torpore, si purifica la coscienza, si rinvigorisce la volontà, si procura la direzione spirituale, si aumenta la Grazia", scrive Pio XII nella "Mystici corporis".

La Confessione frequente è stata la pratica più amata dai Santi, da tutte le anime che vogliono fare sul serio nella vita spirituale. Il cattolico indifferente non ama la Confessione, ma la ignora e sottovaluta. Per un Sacerdote non sia così, perché il sintomo della sua unione a Gesù è misurato dal desiderio che ha della Confessione, da come si prepara e poi con il pentimento quando si confessa.

"Quando avete fatto una buona Confessione, avete incatenato il diavolo", diceva il Santo Curato d’Ars.

Non si può tacere che oggi viene trascurato da parecchi Sacerdoti il Sacramento della Riconciliazione o Confessione, non rendendosi disponibili, non permettendo ai fedeli di liberarsi dai peccati e stroncando ogni tentativo di compiere un buon cammino spirituale.

La Confessione è il momento della risurrezione da parte di molti fedeli che commettono peccati gravi, e sarà inutile il lavoro del ministero sacerdotale se poi non si concretizza nell’incontro con Cristo che ridona la Grazia con l’assoluzione. - Padre Giulio Maria Scozzaro -

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MI CHIAMO ANDREA FERRAMEO E CE L'HO FATTA: SONO USCITO DALL'OMOSESSUALITA'

Post n°6869 pubblicato il 14 Marzo 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Quello che mi accingo a scrivere è il racconto del percorso che ho seguito nella mia vita e spero che questo possa essere d’aiuto per chiunque si pone, si è posto o si porrà le mie stesse domande e non si accontenta delle prime risposte. Quello che ho vissuto è simile a migliaia di altre storie; è come un copione che si ripete, a volte con qualche variante, altre con qualche colpo di scena ma alla fine è sempre la stessa storia e il risultato è sempre la stessa frase: "Io sono omosessuale".

Sono un ragazzo che dalla adolescenza, anche prima, ha iniziato ad avere le prime curiosità, le prime pulsioni verso miei coetanei dello stesso sesso e nel frattempo cercava di reprimere quel mostriciattolo dentro che cresceva sempre più forte. Sono un ragazzo che ha fatto tutte le cose che fanno i ragazzi: sport, catechismo, scuola, amici ma soprattutto amiche, flirt e poi nelle mura di casa la scoperta dell’erotico, la pornografia, la masturbazione. Quando all’età di 18 anni trovai finalmente un fidanzato e feci outing con la mia famiglia praticamente, si potrebbe dire , ero già a buon punto nella mia emancipazione! Poi discoteca, la mia relazione duratura ( 4 anni), amici e compagni di università che mi e ci accettavano, cena coi genitori di lui o col fratello e padre proprio (eh, le mamme!), a casa sua nei week end e la speranza di andare a convivere assieme, psicologa per capirti meglio, vacanze, letture, sesso (fedele). In effetti l’ambiente delle discoteche o delle conoscenze gay è molto divertente, spensierato, ci si sente vittime della società con la missione di cambiare il mondo. Si sente un forte appoggio dai mass media e un forte desiderio degli eterosessuali di mostrarsi friendly. Devo anche dire che, appena trovi il fidanzato, spesso te ne stai volentieri fuori da quell’ambiente per poi tornarci una volta scoppiato per rimorchiare. D’altronde puoi farlo quasi solo in discoteca e in chat. Quello che desideravo era di vivere normalmente la mia condizione e relazione.

Il Gay pride era qualcosa che mi incuriosiva vedere, ma non ne condividevo le modalità di svolgimento. Gli intrattenimenti in discoteca li trovavo volgari e troppo centrati sul sesso. Spesso, se leggevo la testimonianza di qualche ex-gay e leggevo quanto promiscuo fosse stato il suo passato, pensavo che il suo fosse più un rifiuto per queste situazioni pesanti, non tanto il frutto di un percorso profondo che prescindeva dell’esperienza gaia più o meno centrata sul sesso. Poi un giorno, non sai bene come, ma il tuo cervello decide che è il momento di dare un perché a quella strana sensazione che hai dentro. Io lo figuravo come un ago che mi bucava il cuore, una sensazione non chiara ma che ogni tanto si faceva più forte, ogni tanto era lieve lieve, ma comunque sempre lì. Un senso di vuoto misto a tristezza che non mi lasciava mai troppo entusiasta delle cose belle che vivevo, e mi rendeva malinconico nell’affrontare la realtà. Una domanda che aspettava una risposta, che forse nessuno può sapere ma che comunque ti scava: "sono veramente felice? Le mie scelte mi appagheranno negli anni a venire?". Perché farsi una domanda del genere, qualcuno si chiederà. Pensateci un attimo, ogni qual volta vedete un depresso, uno in miseria, un drogato, pluri-divorziato, pluri-infelice, maniaco e così via, anche nei casi più leggeri. Ognuno di loro ha subito e fatto delle scelte che passo dopo passo lo hanno portato alla propria condizione. Se poteste capire dalla loro vita quali sono state le scelte che ha scavato loro la fossa del fallimento, ve ne stareste ben lontani da ripercorrere gli stessi passi, giusto? Così la vedo io.

A un certo punto iniziai quindi ad analizzare le scelte della mia vita e il presupposto per trarre delle buone conclusioni era quello di essere sinceri al 100%, anche sarebbe stato scomodo. Allora vidi che il sesso non era proprio il non plus ultra, ma non a livello prestazionale, proprio a livello pratico: oltre il piacere intenso, alla fine tutti quei preservativi, quei fazzoletti, quel gel, quelle fitte di dolore, quei odori sgradevoli in effetti, mi pesavano. Forse fare l’amore non doveva avere tutto quel bagaglio scomodo. Forse il pensarmi dopo 10 anni senza figli e dopo 50 senza nipoti mi dava davvero dolore e non ci sarebbe stata adozione ad alleviare la consapevolezza che, come una mamma non lo sarei mai stato e, di privarne una creatura proprio non mi sarebbe andato. Forse quella dolcezza, quell’amore che il mio fidanzato mi dava era pur sempre quello che un uomo mi poteva dare e mi mancava sempre un pezzo, una profondità che probabilmente non avremmo saputo raggiungere. Forse aveva un peso il mio passato, il primo ricordo di un padre che bacia un’altra donna e il segreto da nascondere alla propria madre; i litigi, le urla e le mani alzate tra i propri genitori; il fastidio e il pregiudizio verso il mondo maschile tutto focalizzato nei soldi, sulla donna o meglio, quello che ha tra le gambe, il calcio e poco più; il rifugiarmi e adeguarmi a un mondo femminile più simile alla mia natura sensibile e artistica; il mio odiare mio padre che mi deludeva e amare e proteggere troppo mia madre fino a non sopportare la sua emotività e quella di tutte le altre donne che si legavano a me. Forse le mie insicurezze negli spogliatoi, quando ci si cambiava e il mio fisico e i miei genitali mi risultavano sempre troppo inferiori al mio gruppo dei pari. Forse era tutto legato, forse c’era un filo rosso che cuciva assieme tutte queste ferite, questi pensieri e una volta tagliato il filo, fatto il nodo, si guardava il lavoro sartoriale e si leggeva ben chiaro: omosessualità.

Come ogni lavoro sartoriale, una volta imparata la tecnica, si ripete sempre quella: se si va a leggere l’esperienza di molti altri ragazzi che hanno vissuto un percorso analogo, si nota come le tappe sono sempre quelle. Chi si mette in discussione per una malattia, chi si sente toccato da Dio, chi legge qualcosa di particolarmente vero per sé e cambia, capisce che quello che stava vivendo era la conseguenza di fatti subiti, emozioni vissute che portavano tutti alle medesime emozioni, ai stessi desideri per poi arrivare alla medesima sensazione di vuoto. A un certo punto della mia vita, tutto questo ragionamento che avevo rifiutato, allontanato dalla mia mente, tutte queste risposte che non volevo ascoltare si fecero palesi e non potei fare a meno di rimettermi in discussione. Quello che chiamavo omofobia interiorizzata in realtà era il mio cuore che si ribellava alle mie scelte. Ognuno di noi è libero di fare quello che meglio crede per sé, ma se si arriva a un punto in cui le proprie scelte ci rendono insoddisfatti, allora bisogna prendersi la responsabilità di ammettere che alcune cose hanno tradito il nostro vero essere. Credere di essere nato omosessuale e che quella era la mia identità tradiva la vera identità che sotto sotto sentivo di avere, e che in diverse occasioni mi aveva dato prova di esistere e di meritare attenzione; solo che richiedeva molta fatica per riconquistarla e pretendeva l’ammissione di non avere abbastanza forza e coraggio.

Guardandomi indietro ammetto che gli errori commessi da mio padre hanno inciso moltissimo nella considerazione che avevo del mondo maschile. Il primo uomo, il più importante mi aveva deluso e mi era emotivamente distante, non riusciva a capire che oltre alla sua presenza e alle sue attenzioni avevo bisogno del suo esempio. Io d’altronde, davo importanza nel mondo maschile, solo a certi aspetti più superficiali e grezzi . Non riuscivo ad ammettere che mi sarebbe piaciuto far parte di quel gruppo, sentirmi uno di loro nonostante non condividessi tanti argomenti e -peggio della volpe e l’uva-, preferivo tirarmi indietro nascondendomi in una superiorità di facciata. Questo percorso mi ha portato a far pace con mio padre dentro il mio cuore. Nonostante lui ad oggi capisca solo in parte quello che ha fatto, ho imparato ad accettare i suoi limiti e ad aprirmi con lui. Questo dona una grande libertà alla mia persona e ha aperto anche i miei occhi sui suoi lati positivi in quanto uomo: la razionalità, l’emotività più pacata sono alcuni esempi che prima rifiutavo e per cui soffrivo. Mi sono accorto di quanto il coinvolgimento di mia madre fosse eccessivo, di come mi hanno turbato i commenti di astio che io ripetevo contro tutta la categoria, di come mi hanno aiutato i miei amici, veri uomini nella forza e nella dolcezza che mi sono stati di esempio e veri demolitori dei miei pregiudizi. Fede e omosessualità non sono in totale contrasto, ma c’è un tesoro tutto da scoprire con pazienza e senza arroganza.

Ad oggi sono una persona felice , serena e innamorato della mia ragazza. Non sento più quell’ago nel cuore, nonostante ho dovuto rivoltare la mia esistenza da capo, buttare tutto quello che avevo costruito, dire a tutti quanti di aver sbagliato, e vi assicuro che è molto difficile reggere all’incredulità di molti. Sono ben consapevole che avere desideri, emozioni omosessuali non sono una scelta ma una condizione in cui ci si ritrova. Oggi però, sono altrettanto consapevole che toccando certi tasti del proprio essere, del proprio vissuto, affrontando certi lati di se stessi, questi desideri si affievoliscono fino a scomparire e affiorano naturalmente desideri verso persone del sesso opposto. Non ci sono repressioni, non ci sono lavaggi del cervello, perché tutto questo mi è accaduto quando ormai non andavo più dallo psicologo ed ero ancora fidanzato. Non sono un illuso, ma un ragazzo come tanti che liberamente si è accorto di essersi raccontato delle bugie ed è riuscito ad affrontarle. Non posso certo ringraziare chi si oppone a tutto questo e chi grida con insistenza che "omosessuali si nasce" ed è una condizione che pone l’unica strada dell’accettazione. Non è sempre così, l’unica vera strada e la felicità e realizzazione completa della persona e quella la raggiungiamo solo da soli con l’amor del vero e della libertà. Poi ognuno troverà la propria risposta definitiva, non quella scelta dagli altri.

-di Andrea Ferrameo -

*ex omosessuale - uccronline.it -

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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