ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 17/03/2012

DOVEVA ESSERE ABORTITO, OGGI E' UN BIMBO BELLISSIMO

Post n°6888 pubblicato il 17 Marzo 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

L’incredibile storia che viene raccontata dal “Daily Mail” è quella di Ryan Marquiss, un bambino nato con il cuore al di fuori del corpo che, dato per spacciato dai medici, è riuscito invece a continuare a vivere normalmente grazie ai suoi genitori contrari all’aborto.

Tutto è cominciato quando la madre di Ryan, alla 12° settimana di gravidanza, venne informata dai medici che era stato riscontrato nel feto l’ectopia cordis, una malformazione congenita estremamente rara caratterizzata da un’anomala posizione del cuore. Oltre a ciò, fu anche riscontrata una sindrome del cuore destro ipoplasico. Una combinazione di anomalie a cui mai nessun feto o neonato è sopravvissuto, motivo per il quale i medici consigliarono ai genitori di abortire, ma essi coraggiosamente decisero di rifiutare: «volevamo che la natura seguisse il suo corso – ha affermato la madre di Ryan – per questo abbiamo rifiutato l’aborto. Eravamo consapevoli che se fosse sopravvissuto alla nascita sarebbe stato un miracolo».

La gravidanza giunse incredibilmente a termine, ma Ryan presentava un cuore che sporgeva dal petto al di fuori del corpo, per cui sarebbe stato necessario intervenire chirurgicamente per evitare infezioni riposizionando il cuore nella sua naturale posizione e sistemando i flussi sanguigni cardiaci anomali dovuti alle malformazioni. Fu così che Ryan a sole 2 settimane di vita subì il primo intervento, seguito da più di una dozzina di operazioni nei 2 anni successivi. Oggi Ryan è un bellissimo bambino di 3 anni con la prospettiva di una infanzia normale e felice, circondato dall’affetto di una numerosa famiglia che non ha voluto rassegnarsi ad una scelta comoda come l’aborto ma che, al contrario, contro il parere di tutti i medici, si è fatta coraggiosamente carico delle difficoltà di quello che evidentemente consideravano come proprio figlio sin dal momento del concepimento.

Raffaele Marmo - uccronline.it -

 
 
 

ENZO BIANCHI COMUNITA' DI BOSE: ATTENTI AI FALSI PROFETI

Post n°6887 pubblicato il 17 Marzo 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Enzo Bianchi si presenta come il priore della Comunità di Bose, che i cattolici ritengono essere un nuovo ordine monastico, mentre canonicamente non lo è, perché non rispetta le leggi della Chiesa sulla vita comune religiosa. I cattolici lo ritengono un maestro di spiritualità, un novello san Francesco d’Assisi capace di riproporre ai cristiani di oggi il Vangelo sine glossa, ma nei suoi discorsi la Scrittura non è la Parola di Dio custodita e interpretata dalla Chiesa ma solo un espediente retorico per la sua propaganda a favore di un umanesimo che nominalmente è cristiano ma sostanzialmente è ateo.

Ecco, ad esempio, come Enzo Bianchi commentava il racconto evangelico delle tentazioni di Gesù nel deserto: «Gesù non si sottrae ai limiti della propria corporeità e non piega le Scritture all’affermazione di sé; al contrario, egli persevera nella radicale obbedienza a Dio e al proprio essere creatura, custodendo con sobrietà e saldezza la propria umanità» (Avvenire, 4 marzo 2012). Insomma, un’esplicita negazione della divinità di Cristo, i quale è ridotto a simbolo dell’etica sociale politically correct, l’etica dell’uomo che – come scriveva Bianchi poco più sopra – deve «avere il cuore e le mani libere per dire all’altro uomo: “Mai senza di te”» (ibidem).

Grazie al non disinteressato aiuto dei media anticattolici, Enzo Bianchi ha saputo gestire molto bene la propria immagine pubblica: quando si rivolge a quanti si professano cattolici, Enzo Bianchi veste i panni del “profeta” che lotta per l’avvento di un cristianesimo nuovo (un cristianesimo che deve essere moderno, aperto, non gerarchico e non dogmatico, cioè, in sostanza, non cattolico); quando invece si rivolge ai cosiddetti “laici” (ossia a coloro che hanno smesso di professarsi cattolici oppure non lo sono mai stati ma desiderano tanto vedere morire una buona volta il cattolicesimo), Enzo Bianchi si presenta simpaticamente come loro alleato, come una quinta colonna all’interno della Chiesa cattolica (se non piace la metafora di “quinta colonna” posso ricorrere alla metafora, ideata da Dietrich von Hildebrand, di “cavallo di Troia nella Città di Dio”).

Ora, che i media anticattolici (il Corriere della Sera, la Repubblica, La Stampa, L’Espresso) ospitino volentieri i sermoni del profeta della fine del cattolicesimo (così come ospitano i sermoni di tutti i piccoli e grandi intellettuali, cattolici e non, che auspicano una Chiesa cattolica senza più dogma, senza morale, senza sacramenti, senza autorità pastorale) non desta meraviglia, visto che si tratta di gente che porta acqua al loro mulino; invece, che i media ufficialmente cattolici si prestino (da almeno dieci anni!) a operazioni del genere fa comprendere fino a qual punto di confusione dottrinale e di insensibilità pastorale si sia arrivati nella Chiesa, almeno in Italia (anche se forse negli altri Paesi di antica tradizione cristiana le cosa stanno pure peggio).

Ho parlato di “insensibilità pastorale”, perché è evidente che organi di informazione che sono istituzionalmente al servizio della pastorale (penso a Famiglia Cristiana, che fu fondata da chi voleva promuove l’apostolato della “buona stampa” e che per decenni è stata diffusa soprattutto nelle chiese; penso ad Avvenire, quotidiano voluto da Paolo VI e gestito dalla Conferenza episcopale) non dovrebbero contribuire alla diffusione di ideologie che sono per l’appunto l’ostacolo massimo che oggi la pastorale si trova davanti. La pastorale infatti è costituita essenzialmente dalla catechesi e dall’evangelizzazione, ossia dall’offerta della verità e della grazia di Cristo a chi già crede e a chi ancora deve arrivare alla fede. Come si fa a portare la verità e la grazia di Cristo agli uomini (quelli di oggi, non diversamente da quelli di ieri) se si nasconde loro che Cristo è il Salvatore, cioè Dio stesso fatto Uomo per redimerci dal peccato e assicurarci la salvezza eterna? Come si fa ad avvicinare gli uomini all’Eucaristia, fonte della vita soprannaturale, se agli uomini di oggi si nasconde il mistero della Presenza reale, se non li si educa allo spirito di adorazione, se si annulla la differenza tra l’umano e il divino, se la “comunione” di cui si parla non è principalmente con Dio ma esclusivamente con gli altri uomini (e “comunione” vuol dire solo solidarietà, accoglienza, “fare comunità”).

Come si fa a far amare la Chiesa di Cristo, «colonna e fondamento della verità», se viene messo in ombra il carisma dell’infallibilità del magistero ecclesiastico, se viene esaltato lo spirito di disobbedienza e la critica demolitrice della legittima autorità stabilita da Cristo stesso? Insomma, non è certo segno di sensibilità pastorale orientare il criterio dottrinale dei propri lettori (per definizione si suppone che siano cattolici) con i discorsi bonariamente eretici di Enzo Bianchi. Il quale, peraltro, non fa mistero della sua piena condivisione delle proposte riformatrici di Hans Küng, che con il linguaggio tecnico della teologia dogmatica ha enunciato e continua a enunciare le medesime eresie che Bianchi enuncia con il linguaggio retorico della saggistica letteraria. Nessuno si è sorpreso infatti leggendo sulla Stampa di Torino un recente articolo di Enzo Bianchi (13 marzo 2012) nel quale il priore di Bose ribadisce il suo sostegno alle tesi di Hans Küng, prendendo occasione da una nuova edizione italiana del suo Essere cristiani.

Hans Küng, che è il più famoso (meglio si direbbe famigerato) di tutti i falsi teologi che hanno diffuso nella Chiesa cattolica, a partire dalla seconda metà del Novecento, le ideologie secolaristiche che oggi costituiscono quell’ostacolo alla pastorale del quale parlavo. Lo esalta presentandolo come una specie di “dottore della Chiesa” ingiustamente inascoltato, guardandosi bene dal ricordare (ma lo sanno persino molti lettori della Stampa) che il professore svizzero ha sempre negato la verità dei dogmi della Chiesa e il fondamento teologico della morale cattolica, disconoscendo sempre la funzione del magistero ecclesiastico (a partire dal libro intitolato Infallibile?). Küng non è stato scomunicato né è stato messo a tacere (peraltro, tutti gli editori più importanti dell’Occidente scristianizzato hanno pubblicato e diffuso le sue opere), e non c’è ragione alcuna per la quale egli debba presentarsi ed essere presentato come una vittima della repressione da parte della gerarchia ecclesiastica.

Per disegnargli intorno alla testa l’aureola della santità, Enzo Bianchi parla di Küng come di un protagonista del Vaticano II, facendo finta di ignorare che un concilio ecumenico è un’espressone solenne del magistero ecclesiastico (protagonisti ne sono soltanto i vescovi, e i documenti approvati al termine dei lavori hanno un eminente valore per la dottrina della fede in quanto convocato, presieduto e convalidato dai Papi) e non un convegno internazionale di teologi (Hans Küng, come “perito”, non ha avuto nel Concilio né voce né voto). Insomma, Enzo Bianchi vorrebbe far credere che Küng, malgrado i suoi meriti teologici, non avrebbe ottenuto dall’autorità ecclesiastica la benevolenza e i riconoscimenti che gli spettavano; addirittura, insinua Bianchi, alla Chiesa conveniva mettere Küng, piuttosto che il suo collega Ratzinger, a capo della congregazione per la Dottrina della fede.

Sono assurdità che possono andar bene solo per i lettori della Stampa (quotidiano di collaudata tradizione massonica), ai quali non importa nulla della fede cristiana ma sono ben contenti di vedere la Chiesa cattolica in preda a una profonda crisi dottrinale e disciplinare, sperando che tutto ciò affretti la sua definitiva scomparsa dalla scena sociale e politica. Ma Bianchi è ospitato anche dalla stampa cattolica, e in quella sede l’assurdità di cui parlavo dovrebbe essere percepita da qualcuno.

Qualcuno dovrebbe rinfacciare a Bianchi l’ipocrisia di presentare come vittima del potere ecclesiastico senza dire che il teologo svizzero non ha mai voluto riconoscere la legittimità (cioè l’origine divina) di questo potere, che ad altro non serve se non alla custodia fedele e alla interpretazione infallibile della verità che salva. Bianchi si guarda bene dal riferire tutte le contumelie e gli insulti che Hans Küng è solito scrivere (anche in italiano, sul Corriere della Sera) contro quei papi (soprattutto Paolo VI e Giovanni Paolo II) che non gli hanno dato ragione (e come avrebbero potuto?).

di Antonio Livi - labussolaquotidiana.it -

 
 
 

CONOSCERE LA VITA DI SAN GIUSEPPE: INTERVISTA AD UN CELEBRE PROFESSORE DI PATROLOGIA E PATRISTICA

Post n°6886 pubblicato il 17 Marzo 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Padre Vittorino Grossi, celebre teologo e professore di Patrologia e di Patristica, parla del padre putativo di Gesù, tracciandone un ritratto il più verosimile possibile.

“Il più grande santo e il più potente intercessore che abbiamo in cielo, dopo la Vergine Maria, è San Giuseppe”. Lo ha affermato Pio IX nel 1870 con il decreto della Sacra Congregazione dei riti ‘Quemadmodum Deus’ proclamando San Giuseppe patrono della Chiesa universale. E dopo di Pio IX, tutti i Pontefici hanno ribadito questa concetto.

“E’ giusto che sia così”, commenta padre Vittorino Grossi, teologo e scrittore, direttore della rivista di studi patristici ‘Augustinianum’, membro del Pontificio comitato di Scienze storiche, professore di Patrologia e Patristica alla Pontificia Università Lateranense e all’Istituto Patristico Augustinianum. “San Giuseppe fu sposo di Maria, la madre di Dio; fu la persona scelta direttamente da Dio per la missione più straordinaria che si possa immaginare, essere il padre legale del figlio stesso di Dio nella sua avventura terrena, quando, pur continuando ad essere Dio, assunse la natura umana, diventando anche vero uomo.

“Duemila anni fa”, prosegue padre Vittorino con un entusiasmo che palesa amore e ammirazione “San Giuseppe ha visto nascere Gesù, lo ha tenuto tra le braccia, gli ha dato un affetto immenso, ha provveduto a difenderlo da chi lo voleva uccidere, ha seguito la sua crescita, ha lavorato per mantenerlo, gli ha insegnato le regole del vivere civile, i principi religiosi, è vissuto con lui e la Madonna formando una famiglia speciale, la ‘Sacra Famiglia’.

“Ma pur avendo un incarico così eccezionale, Giuseppe è stato in vita sempre un uomo umile e riservato. Gli evangelisti parlano poco di lui. E anche nell’ambito della storia della devozione, il suo culto si è sviluppato lentamente. Bisogna arrivare alla fine del primo millennio della storia cristiana per trovare un importante interesse devozionale e teologico per lui. Poi, nel secondo millennio, quell’interesse è andato via via crescendo. Importanti teologi, come San Tommaso d’Aquino, San Bonaventura, il Beato Giovanni Duns Scoto con i loro scritti hanno approfondito ed evidenziato il ruolo di San Giuseppe nell’ambito del mistero dell’Incarnazione. San Bernardino da Siena, nel quindicesimo secolo, fu un grande divulgatore del culto a San Giuseppe e nelle sue prediche sosteneva che era stato assunto in cielo come la sua sposa Maria. Santa Teresa d’Avila, nel secolo sedicesimo, promosse la devozione a San Giuseppe in tutta la Spagna, e gli dedicò dodici monasteri da lei fondati.

“Ma il più forte impulso alla conoscenza teologica di San Giuseppe è venuto dai Pontefici negli ultimi 150 anni. A cominciare da Pio IX che, nel 1870, proclamò San Giuseppe ‘patrono della Chiesa Universale’. Leone XIII, nel 1889, gli dedicò un’enciclica, ‘Quamquam pluries’, proclamandolo ‘modello e avvocato di tutte famiglie cristiane’; Benedetto XV, con il Motu Proprio ‘Bonum sane’, nel 1920, esaltò l’efficacia delle devozione a San Giuseppe come rimedio ai problemi del dopoguerra; Pio XI nel 1937, con l’enciclica ‘Divini Redemptoris’, lo propose come ‘modello e patrono degli operai’; Pio XII, nel 1955, istituì la festa liturgica di Giuseppe operaio; Giovanni XXIII, nel 1961, lo nominò ‘Celeste protettore del Concilio Vaticano II’; Giovanni Paolo II nel 1989 gli dedicò una Esortazione apostolica, ‘Redemptoris custos’, che è uno straordinario documento teologico. Gli interventi di Benedetto XVI su San Giuseppe sono continui e insistenti. Egli ama molto questo santo del quale porta il nome di battesimo”.

Che cosa si conosce esattamente della vita di San Giuseppe?

“I Vangeli e i libri canonici su questo argomento dicono poco. Matteo e Luca concordano nel presentare San Giuseppe come discendente della stirpe di David. Sembra avesse un fratello di nome Cleofa. Luca colloca la sua famiglia a Nazaret. Nei racconti dagli apocrifi, (cioè in quei libri che risalgono ai primi secoli ma che la Chiesa non ritiene ispirati da Dio) si trovano varie indicazioni anagrafiche, ma non attendibili. Quegli scrittori erano preoccupati di difendere alcune verità dogmatiche, come la verginità di Maria, la divinità di Gesù uomo-Dio. Per dimostrare che Gesù Bambino era figlio di Dio, gli attribuiscono una miriade di miracoli a volte ingenui e grotteschi. Per rendere accessibile il concetto della Virginità della Madonna, presentano San Giuseppe quasi centenario.

“Questi racconti hanno influenzato l’iconografia di tutti i tempi, e infatti San Giuseppe è sempre presentato anziano, con il bastone e la barba. In realtà, quando sposò Maria, era giovane. A quel tempo, le ragazze ebree si sposavano tra i 12 e i 14 anni, mentre i maschi tra i 16 e i 18 anni. Quindi, Maria divenne promessa sposa di Giuseppe quando aveva circa 12 anni, e Giuseppe aveva 16 o 17 anni”.

Si sa qualche cosa della famiglia di Giuseppe?

“Matteo e Marco ci informano che era un falegname, quindi apparteneva a una famiglia di artigiani. Per indicare questa professione usano la parola greca ‘tekton’, che viene in genere tradotta con il termine ‘falegname’, ma va intesa in forma più ampia, come carpentiere, impresario edile, uno che lavorava il legno soprattutto per la costruzione delle case, che erano tutte in legno. Un lavoro importante dal quale si deduce che la famiglia di Giuseppe fosse benestante. Nell’impero romano del tempo, la società era divisa in due classi: gli ‘humiliores’, i meno abbienti, i poveri; e gli ‘honestiores’, che erano i benestanti. I ‘tekton’ facevano parte di questa classe”.

Giuseppe e Maria erano innamorati o il loro matrimonio era stato combinato dalle rispettive famiglie?

“Nella famiglia ebraica, il matrimonio aveva una struttura ‘patriarcale’, ‘maschilista’. La ragazza dipendeva dal capofamiglia; il ragazzo un po’ meno. Nel caso del matrimonio, erano le famiglie che trattavano, ma, alla fine, era il ragazzo che, con l’approvazione del padre e della madre, andava a chiedere “la mano” della ragazza, la quale poteva anche rifiutare il promesso sposo, ma non succedeva quasi mai.

“Nel caso specifico di Giuseppe e Maria è logico ritenere che siano state osservate le consuetudini, ma è lecito anche pensare che fossero veramente innamorati. E questo lo si deduce proprio da ciò che avvenne dopo che era già stato stipulato il contratto di promessi sposi”.

Cioè la scoperta da parte di Giuseppe che Maria era incinta?

“Esattamente. Il comportamento di Giuseppe in quella situazione palesa un grande amore e una grande stima di Maria. La legge prevedeva che dopo l’accordo scritto tra le due parti, dovesse trascorrere ancora un anno prima che i due promessi sposi andassero a vivere insieme. In caso di infedeltà della donna, il marito la ripudiava e la donna veniva punita con la lapidazione. Il Vangelo racconta che Giuseppe, accortosi che Maria era incinta, rimase naturalmente sconvolto, e dopo lunghe riflessioni decise di lasciarla libera, senza ripudiarla ufficialmente per evitare che venisse uccisa. Questa decisione dimostra che Giuseppe voleva veramente bene a Maria, la stimava e non si permise neppure di giudicarla”.

Ma arrivò l’angelo a chiarire tutto. Disse a Giuseppe: “Non temere di prendere con te Maria tua sposa, perchè ciò che in lei è generato, è di Spirito Santo. E darà alla luce un figlio e gli porrai nome Gesù; egli infatti salverà il popolo suo dai suoi peccati. Destatosi Giuseppe dal sonno, fece come gli aveva ordinato l’Angelo del Signore”. Che preparazione culturale e religiosa aveva Giuseppe per capire e accettare le parole dell’angelo?

“Le scuole ebraiche di 2000 anni fa erano all’avanguardia. Erano divise in Elementari e in Superiori. Le elementari erano frequentate dai ragazzi dai 5 ai 13 anni. La superiori portavano al conseguimento del titolo di ‘rabbino’, che era equivalente al nostro dottorato in Giurisprudenza. Giuseppe aveva certamente frequentato le elementari. E poiché lo studio era incentrato sulla conoscenza della Bibbia, della storia sacra, dei riti religiosi, conosceva bene i testi delle profezie riguardanti l’attesa del Messia, e quindi le parole dell’angelo non erano per lui prive di senso, anzi, avevano un significato importantissimo.. E poiché, come dice l’evangelista, era ‘giusto’, viveva cioè in sintonia con Dio, intuì il profondo significato di quella storia e accettò come aveva accettato Maria. Entrò così nel mistero e da allora fu un fedele esecutore della volontà di Dio”.

San Giuseppe, e anche Maria, furono liberi nella scelta di aderire alla volontà di Dio, o ‘programmati’ in funzione della ‘missione’ che Dio aveva previsto per loro?

“Furono certamente liberi. Sant’ Agostino spese l’intera esistenza a riflettere sul ‘libero arbitrio’ e quattro anni prima di morire scrisse un libretto che si intitola ‘La Grazia e il libero arbitrio’. Egli dice: ‘Nelle Sacre Scritture ci sono testi che dicono che c’è la Grazia di Dio; e ci sono testi che dicono che c’è il libero arbitrio dell’uomo. Noi sappiamo che queste due realtà esistono ma come poi, nella vita, si compongono, si mettano insieme, a noi non è dato di capire: questo fa parte del mistero di Dio e del mistero dell’uomo’. Quando tra Dio e l’uomo vi è sintonia, amore, allora tutto avviene in modo libero e spontaneo. L’uomo intuisce l’amore di Dio, la verità dell’amore di Dio, e ne è attratto. Maria e Giuseppe avevano un istintivo e naturale trasporto verso Dio, e vivendo in amicizia con lui, seguivano liberamente le intuizioni suggerite dalla Grazia”.

Dopo la nascita di Gesù, Giuseppe deve affrontare situazioni molto difficili: l’ira di Erode, la fuga in Egitto eccetera. E risolve tutte queste difficoltà prendendo decisioni rapide e precise, dimostrando di essere un uomo attivo e coraggioso.

“Certo, dal racconto che i Vangeli fanno di quelle situazioni si ricava che Giuseppe era una persona molto dotata anche da un punto di vista umano. Un giovane straordinario. E Maria era come lui. Insieme presero decisioni che comportavano sacrifici, incognite, preoccupazioni gravi. Avevano un bambino piccolo, minacciato di morte, bisognava scappare in fretta. Partirono per l’Egitto e, a quanto è dato sapere, fecero un viaggio di circa 500 chilometri. Si aggregarono a una carovana. Viaggiavano quindi in compagnia di altre persone, ma i sacrifici e i disagi non furono per questo meno gravi. Ma niente mai turbò la loro fiducia in Dio. La loro unione familiare”.

Un altro momento difficile si presentò durante l’annuale viaggio a Gerusalemme, quando persero il figlio che aveva 12 anni.

“Anche in quell’occasione soffrirono molto. Tre giorni di ricerche. E quando finalmente trovarono il figlio nel tempio, la Madonna disse una frase che ‘fotografa’ il dolore e la sofferenza che avevano nel cuore: ‘Perché ci hai fatto questo. Io e tuo padre, angosciati, ti cercavamo’ ‘Angosciati’: un aggettivo che fa capire quanta sofferenza e quanto amore avevano tutti e due per quel loro figlio”.

Il ritrovamento di Gesù nel tempio, è l’ultimo episodio riferito dai Vangeli in cui compare San Giuseppe.

“Esatto. Poi seguirono gli anni della vita nascosta di Gesù. Vita di famiglia. Gesù avrà certamente lavorato con suo padre. Era diventato anche lui un falegname, esperto in quella professione. Ma ha anche certamente continuato a studiare. Infatti, quando inizia la sua vita pubblica, lo chiamano ‘Rabbi’, ‘Maestro’: titolo riservato a chi aveva frequentato le Scuole Superiori, arrivando al dottorato in giurisprudenza. Gesù era colto, conosceva di sicuro anche il greco e il latino”.

Quando morì Giuseppe?

“Prima che Gesù iniziasse la sua vita pubblica, perché nel racconto dei Vangeli di quel periodo, Giuseppe non appare più. Come sia morto, non si sa. Certamente assistito dalla moglie Maria e dal figlio Gesù. Cioè, assistito dalle persone più care che aveva e noi sappiamo quale fosse la loro vera identità. Quindi, una morte da invidiare. Per questo, San Giuseppe è patrono della buona morte”.

San Bernardino da Siena e altri teologi sostengono che sia stato assunto in cielo, come sarebbe poi accaduto a Maria”.

“La Chiesa Greca ha accolto questa ipotesi. Anche Sant’Ireneo, prima di san Bernardino, scrisse molto su questo argomento. Ma la Chiesa Cattolica non si è mai pronunciata ufficialmente su questo tema”. - di Renzo Allegri - ZENIT -

N.B. Renzo Allegri è giornalista, scrittore e critico musicale. Ha studiato giornalismo alla “Scuola superiore di Scienza Sociali” dell’Università Cattolica. E’ stato per 24 anni inviato speciale e critico musicale di “Gente” e poi caporedattore per la Cultura e lo Spettacolo ai settimanali  “Noi” e  “Chi”. Da dieci anni è collaboratore fisso di “Hongaku No Tomo” prestigiosa rivista musicale giapponese. E' direttore di un giornalino che si intitola "Medjugorje Torino" e viene diffuso in 410 mila copie a numero. Ha pubblicato 42 libri, tutti gi grandissimo successo. Diversi dei quali sono stati pubblicati in  francese, tedesco, inglese, giapponese, spagnolo, portoghese, rumeno, slovacco, polacco e cinese. Tra tutti ha avuto un successo straordinario “Il Papa di Fatima” (Mondatori).

 
 
 

QUARESIMA: LA POTENZA DELLA PREGHIERA FAMIGLIARE

Post n°6885 pubblicato il 17 Marzo 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Caro cristiano, se nel corso dell’anno ti è difficile combattere alcuni tuoi frequenti peccati e debolezze, l’occasione migliore è fare i conti con tali peccati e debolezze nella Quaresima, attraverso la preghiera, la penitenza e la fuga delle occasioni peccaminose. Forse, quando comincerai a fuggire le cose peccaminose e mondane, i tuoi conoscenti, i tuoi amici ed i tuoi vicini ti guarderanno con meraviglia o con un sorrisino. Ma, se in Quaresima rinunci alle cattive abitudini ed alle cattive compagnie e ti incammini sulla via del Vangelo, nessuno ti giudicherà troppo, perché è Quaresima. La Quaresima è, infatti, tempo di preghiera e di rinuncia e su questo sono tutti d’accordo.

Perciò questa Quaresima è la migliore occasione per alcune decisioni più grandi nel tuo cammino cristiano. Tutto ciò che decidi di fare in Quaresima, se lo unirai alla preghiera, riuscirai a farlo con l’aiuto di Dio. Questa Quaresima è per te la migliore occasione per iniziare una buona volta con la preghiera personale e famigliare. La preghiera famigliare è la più importante e perciò è potente. Essa è la forza di una famiglia cristiana: invitala nella tua famiglia in questa Quaresima e le varie discordie e tensioni cominceranno ad abbandonarla. Solo la preghiera famigliare vince tutti i disordini ed i problemi in una famiglia. Se non c’è la preghiera famigliare, allora tutto è più difficile.

Non so perché per noi sia così difficile pregare, perché ci sia difficile riunirci per cinque minuti per una preghiera comunitaria in famiglia. Dio ci ha dato ventiquattro ore ogni giorno, che sono  1.440 minuti. Di così tanti minuti in una giornata non possiamo forse pregare cinque minuti, come una normale famiglia cristiana? Se ti è difficile pregare cinque minuti, basta che tu ricordi quanti minuti ed ore Gesù ha portato per noi la sua pesantissima croce e per quante ore Egli ha sofferto la passione sulla croce.

Se vuoi il bene, la pace e la benedizione per la tua famiglia e per i tuoi figli, introduci in famiglia la preghiera.  Allora la tua famiglia riceverà nuova forza e la bellezza della vita comune. Così nella tua famiglia ci sarà il dialogo e l’accordo e spariranno gli arbitrii ed il parlare ad alta voce. Inizia oggi la preghiera famigliare. Così nella tua famiglia ci sarà più salute per l’anima e per il corpo. Al termine della Quaresima sentirai nuovamente la gioia e la bellezza della comunità famigliare. Ed allora verrà davvero la gioia indescrivibile della Pasqua.

 fra Ignacije Alerić -Fonte:  http://www.medjugorje.hr

 
 
 

DIO HA CREATO I DESERTI AFFINCHE' GLI UOMINI POSSANO CONOSCERE LA LORO ANIMA

Post n°6884 pubblicato il 17 Marzo 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Il Tempo della Quaresima è tempo di conversione e di penitenza. Tempo offerto a tutti per tornare suoi nostri passi, per riconsiderare la nostra vita, per orientarla su ciò che conta veramente. Tempo offerto per rivedere la scala dei valori che ci siamo costruiti, sulla quale, gradino dopo gradino, ci arrampichiamo. Ma dove porta?

Questa riflessione vuole essere una sosta nell’oasi dei deserti che spesso incontriamo lungo il percorso della nostra vita. Ogni tanto occorre fermasi e approfittare di questo tempo che c’è offerto tutti gli anni, e che viviamo e sentiamo ogni volta in modo sempre diverso.

 Il Tempo della S. Quaresima è tempo di conversione e di penitenza. Tempo offerto a tutti per tornare suoi nostri passi, per riconsiderare la nostra vita, per orientarla su ciò che conta veramente. Tempo offerto per rivedere la scala dei valori che ci siamo costruiti, sulla quale, gradino dopo gradino, ci arrampichiamo. Ma dove porta? Dove conduce? Stiamo camminando verso il nostro Dio, o piuttosto, stiamo seguendo noi stessi?

Questo è il tempo di comprendere la Verità di Cristo, nostro Salvatore. E’ ormai giunto il tempo di togliere la maschera, di liberarci di tutto quello che c’ingombra l’anima, che ci opprime: IL PECCATO.

Liberarsi dai fardelli inutili che continuiamo a portare; liberarsi da noi stessi, del nostro “io” egoista. Farlo però definitivamente e non perché presi dal sentimento di un momento, o da una liturgia coinvolgente a cui abbiamo partecipato. Non presi dal moto del sentimento, che passato ci fa ritornare sulla vecchia via.

Morire oggi per rinascere in Cristo. Morire oggi, a tutte le nostre idee, pensieri, desideri, affetti, progetti, per abbandonarsi alla volontà di Dio, alla volontà del nostro Padre misericordioso. A Lui che dispone ogni cosa per il bene nostro, per la nostra salvezza, per la nostra redenzione. Affidarsi ciecamente, anche nei momenti più neri, più sperduti e segreti della nostra vita, perché Lui sa, conosce, vive con noi quei momenti e sa come ricavarne un bene per noi stessi e per chi ci sta vicino. L’opera di Dio è troppo alta perchè noi possiamo comprenderla con la nostra limitata intelligenza. Chi può conoscere il pensiero del Signore? Nessuno può entrare nei Suoi pensieri perché non sono i nostri pensieri. Cosa possiamo offrirti, Signore, che già non sia tuo? Come possiamo vivere questo tempo che ci offri? Un digiuno, una preghiera, una elemosina? Poca cosa…

Vorremmo offrirti molto di più, ma cosa… Offrirti noi stessi? E’ ancora poca cosa! Noi così pieni di peccato, di noi stessi, come presentarci a te! Sappiamo che nella Tua infinita misericordia e bontà, per Te siamo preziosi più dell’oro: tu ci hai creati, ti apparteniamo.

Venivo dal deserto, un deserto fatto di morte, di peccato, di solitudine. Dopo che Lui mi ha salvata dal deserto, dalla morte sicura, non solo del corpo ma anche dello spirito, mi riporta nel deserto per farmene vivere un altro aspetto. Nel deserto per provarmi, per conoscere ciò che è nel mio cuore. Mi fa provare la fame, mi fa mangiare la mamma che non conoscevo. Mi porta nel deserto per un periodo di preparazione, d’istruzione, di separazione. Per un periodo di preghiera prolungata, di meditazione profonda.

Andare nel deserto!

Più che andare, fare deserto nella propria vita! Isolarsi, distaccarsi dalle cose e dagli uomini. Abituarsi così all’autonomia, a restare con i propri pensieri, la propria preghiera, il proprio destino (e non è cosa facile da farsi!). Fare deserto per riprendere il respiro, per ritrovare la pace, per ritrovare Dio!

Cercare la solitudine in questo mondo fatto di moltitudini.

Dio chiama al deserto.

Dio vuole l’uomo nel deserto. Lo vuole lì, dove non c’è nulla, solo sabbia, cielo e silenzio. Solo nel deserto, solo con l’Invisibile. Invisibile perché ancora non siamo pronti a vederlo, forse più in là potremo: ma saremo mai pronti per vedere il suo volto Santo? “O Dio, tu sei il mio Dio, io ti cerco dall’aurora: ha sete di te l’anima mia”.

Avere il coraggio di presentare a Dio la propria povertà, io piccola e sconosciuta dinanzi al buio totale del mistero di Dio. La Sua luce mi abbaglia e mi rende cieca fino a quando i miei occhi non si abitueranno! Fino a quando tutto va per il verso giusto, la fede è facile: Dio ci lascia ridere, correre sereni; non si dubita di nulla!

Ma viene un giorno … la PROVA!

“E Dio disse ad Abramo…” (Gn 22,1-2). E’ l’ora della prova! La fede nuda come una lama nuda che taglia la mia carne! Mille domande si affollano nella testa, tutto sembra sprofondarti sotto i piedi, ti senti inghiottita in un baratro senza fondo. L’angoscia ti assale e il cielo rimane chiuso, ostile, e le mille domande restano senza risposta.

Perché, Signore?

Perché, Padre?

Perché, Dio?

E fino a quando porrò domande non riceverò alcuna risposta, perché l’unica risposta, perché l’unica cosa che il Signore vuole sentire è “sia fatta la tua volontà”. Fino a quando non riuscirò a levare questo grido al cielo, questo resterà chiuso; fino a quando mi agiterò per ogni sofferenza, per ogni croce che incontro sul mio cammino, il cielo resterà chiuso e il deserto non fiorirà!

Domandiamoci allora: “con chi vogliamo passare questa quaresima?” “Chi sono i miei compagni di viaggio?”

Il primo che si avvicina è il tentatore. E’ lui che ci impone il travaglio alla fedeltà della Parola di Dio. E’ questa l’arma da usare per vincere: interpretare le sfide a partire dalla nostra fedeltà a Dio! Nelle prove della vita quotidiana, nei rapporti con gli altri dobbiamo aggrapparci alla Sua Parola. Non possiamo dare la colpa a nessuno, neppure al mondo: il peccato ce lo portiamo dietro … dentro … sopra … sotto. La roccia su cui costruire è la Parola di Dio. Saremo tentati, ma anche custoditi dalla Parola di Dio. “Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni Parola che esce dalla bocca di Dio”.

In questo viaggio quaresimale c’è anche il mistero di Luce: stare con Lui sul Tabor è un’esperienza meravigliosa, radiosa piena di luce e di pace. Nelle tenebre di questo mondo, appesantito dal sonno, semplicemente distratti da mille cose è difficile restare svegli: ma ci è data l’opportunità di restare svegli! E Dio appare, già ora, nella Sua gloria. Forse non è subito comprensibile.

Rischieremo anche di dimenticare questa Luce; e tornare a “pensare secondo gli uomini e non secondo Dio”. Ma fin da adesso, e non è un illusione, Lui ci accompagna. Ora Lui è con noi!

Però non possiamo tenerlo tutto per noi: dobbiamo scendere dl monte, giù ci aspettano. C’è tanta gente che brancola nel buio. Non possiamo tardare, abbiamo Lui da consegnare.

Altra tappa del viaggio è il pozzo di Sicar, anche qui ci fermeremo perché siamo assetati, come la donna samaritana: donna equivoca, ma capace di ascoltare la Parola che svela la sua futile esistenza. Lui chiede l’acqua per dissetare noi di Lui. Il nostro cuore ha bisogno di Gesù, abbiamo bisogno di una sorgente di acqua fresca. E chi beve la Sua acqua, non avrà più sete! La nostra tappa al pozzo deve portarci alla consapevolezza del nostro fallimento nel tentare di provvedere da noi stessi alla nostra sete. Abbiamo già sperimentato l’inganno di ciò che è meno di dio, di ciò che non è sgorgato dalla Sua sorgente: di Dio solo abbiamo bisogno!

Questo è l’essenziale del nostro cammino: il bisogno di Dio!

La terza tappa del nostro viaggio ci rende ciechi, ciechi dalla nascita: Può un cieco essere guida di altri ciechi? Prima dobbiamo essere sanati e tornare a vedere la luce. Solo dopo potremo condurre altri ciechi al Signore per essere a loro volta guariti.

Non vogliamo un’altra banale quaresima! Che ce ne faremmo?

 Anche noi siamo incamminati sul Golgota. Non il nostro, ma quello di Gesù. E lì la Verità tanto cercata: il Dio umile, per noi crocifisso. Tanto siamo preziosi ai Suoi occhi! Tutti parlano di libertà: che la nostra quaresima ci renda liberi di amare con lo stesso amore di Dio crocifisso. Pensiamo solo all’autentico perdono. La nostra quaresima ci conceda la potenza di Dio, che si è fatto servo, in Cristo, per amore, per l’amore che prova per tutti noi, Suoi figli.

 Spero veramente che per tutti noi questa non sia un’altra banale quaresima, ma possa essere realmente una quaresima che porta alla Resurrezione.

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INFO


Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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