ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 26/03/2012

ANNUNCIAZIONE/ DIO NON E' ENTRATO NEL MONDO CON LA FORZA: HA VOLUTO "PROPORSI"

Post n°6930 pubblicato il 26 Marzo 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Dal vangelo secondo Luca: In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei. 


La stupenda pagina evangelica dell’annuncio dell’angelo a Maria che sarebbe diventata la Madre del Salvatore, trovò fin dal sec. II una precisa espressione nelle formule del Credo e nell’arte cristiana. Solo nel sec. VII in poi il mistero dell’Annunciazione fu celebrato con particolare solennità il 25 marzo, nove mesi prima della nascita del Signore, e giorno in cui – secondo la tradizione di antichi martirologi e di alcuni calendari medievali – sarebbe avvenuta la crocifissione di Gesù.


Dio non è entrato nel mondo con la forza: ha voluto «proporsi». Il «si» di Maria è la definitiva realizzazione dell’alleanza: in lei è presente tutto il popolo della promessa: l’antico (Israele) e il nuovo (la Chiesa); «il Signore è con lei», cioè Dio è il nostro Dio e noi siamo per sempre il suo popolo.

Le letture di questa solennità del Signore ci orientano verso il mistero della Pasqua. Il primo, l’unico «si» del Figlio che facendo il suo ingresso nel mondo ha detto: «Ecco, io vengo per fare la tua volontà» (Sal 39,8-9; Eb 10,4-10), riceve la risposta del Padre, il quale, dopo l’offerta dolorosa della passione, sigillerà nello Spirito, con la risurrezione di Gesù, la salvezza per tutti nella Chiesa. Anche le orazioni e il prefazio sottolineano il mistero dell’Annunciazione come compimento della promessa e invitano a riviverlo «nella fede». 

L’Incarnazione è anche il mistero della collaborazione responsabile di Maria alla salvezza ricevuta in dono. Ci svela che Dio per salvarci ha scelto il «metodo» di passare attraverso, la creatura: «…e il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi… e noi vedemmo la sua gloria». (Gv 1,14).

Ripetendoci ad ogni messa: «Fate questo in memoria di me», il Signore ci insegna a «dare» anche noi il nostro corpo e il nostro sangue e il nostro sangue ai fratelli. Solo così rendiamo credibile la salvezza di Dio, incarnandola nei piccoli «si» che ogni giorno ripetiamo sull’esempio di Maria.

- www.maranatha.it -

 
 
 

ANNUNCIAZIONE DEL SIGNORE: LA NUOVA FIGLIA DI SION

Post n°6929 pubblicato il 26 Marzo 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Quest'anno, al culmine del tempo liturgico di Quaresima, la Chiesa si trova a celebrare  la solennità dell'Annunciazione del Signore. Nella Chiesa antica, fin dal secolo V, l'evento dell'incarnazione verginale del Figlio di Dio, reso possibile dal fiat della Vergine nazaretana, veniva celebrato nel tempo del Natale. In seguito, preoccupazioni di esattezza cronologico-teologica contribuirono a fissare la solennità dell'annunciazione nove mesi prima del 25 dicembre, giorno della nascita del Redentore a Betlemme di Giudea. Questo avvenimento, che celebra l'esordio della nostra redenzione, pone al centro della riflessione orante sia il fiat del Verbo, sia il fiat della Madre; entrambi voluti e resi possibili dall'insondabile volontà di Dio con la finalità di ricuperare l'umanità all'Alleanza e di continuare così il colloquium salutis.

In Maria, lo Spirito ha realizzato la "nuova creazione", che è pienamente conforme al progetto di Dio. I fedeli contemplano volentieri nella Tota Pulchra la più alta dignità conferita a una creatura, a una di loro, e nel culto mariano, nella tenera e genuina devozione esprimono la lode e la riconoscenza della Chiesa per tali straordinari doni. Come nuova "figlia di Sion", entrando nell'alleanza sponsale con Dio, ha potuto offrire al Signore un vero cuore di sposa: bello, accogliente, verginale, oblativo, gioioso.

Per cui, asseriva Papa Wojtyla in una catechesi del 1996, "la "figlia di Sion" non è più semplicemente un soggetto collettivo, ma una persona che rappresenta l'umanità e, al momento dell'Annunciazione, risponde alla proposta d'amore divino con il proprio amore sponsale". Inoltre, sulla scia del capitolo mariano del Vaticano II, specialmente con l'enciclica Redemptoris Mater, egli ha contribuito ad approfondire la figura teologale di Maria, additandola come prima discepola, serva somigliantissima al Servo-Gesù, credente nel e del Figlio che precede il popolo di Dio nel pellegrinaggio e nella diaconia della fede. L'assunto circa la cogenza e lo splendore della dimensione antropologica e teologale della Donna del sì, trova la sua motivazione nel fatto che secondo l'insegnamento biblico, è "bello" tutto ciò che è conforme alla Parola di Dio, alla sua volontà, ai suoi disegni.

Lo spessore e l'esemplarità della dimensione teologale della Vergine, inoltre, sono motivati dalla stretta unione tra Cristo e la Madre da una unione radicata in una particolare condizione soprannaturale e da un servizio radicato e sostenuto, per dirla con Giovanni Paolo II "dalla speciale conformità di entrambi alla divina volontà". Il fiat di Maria è in piena consonanza e dipendenza con il fiat del Verbo incarnato; pronunciando il suo assenso in modo libero, consapevole e responsabile, conformandosi al divino volere, Maria fa proprio l'atteggiamento del Figlio di Dio umanato. La bellezza e la concretezza di Maria donna libera e coraggiosa si evincono infatti nei momenti topici della sua presenza e servizio: all'Annunciazione "nel pronunciare il suo totale "sì" al progetto divino, Maria è pienamente libera davanti a Dio. Nello stesso tempo ella si sente personalmente responsabile nei confronti dell'umanità, il cui futuro è legato alla sua risposta" (Giovanni Paolo II, 18 settembre 1996); a Cana di Galilea (cfr. Giovanni, 2, 1-12), ove Cristo compì il primo e il prototipo dei segni messianici del Regno e dove la Madre, "pur esercitando un influsso discreto e materno, con la sua presenza risulta, alla fine, determinante.

L'iniziativa della Vergine appare ancora più sorprendente, se si considera la condizione d'inferiorità della donna nella società giudaica. A Cana, infatti, Gesù non solo riconosce la dignità ed il ruolo del genio femminile, ma, accogliendo l'intervento di sua Madre, le offre la possibilità di essere partecipe all'opera messianica" (Giovanni Paolo II, 5 marzo 1997); presso la Croce (cfr. Giovanni, 19, 15-27), ove Maria e le donne "stavano in piedi", "stavano ritte". Usando questa espressione, "l'Evangelista intende forse presentare la dignità e la fortezza manifestate nel dolore da Maria e dalle altre donne. In particolare lo "stare ritta" della Vergine (...) ne ricorda l'incrollabile fermezza e lo straordinario coraggio nell'affrontare i patimenti. Nel dramma del Calvario Maria è sostenuta dalla fede, rafforzatasi nel corso degli eventi della sua esistenza e, soprattutto, durante la vita pubblica di Gesù (...) In questo supremo "sì" di Maria risplende la fiduciosa speranza nel misterioso futuro (...) La speranza di Maria ai piedi della Croce racchiude una luce più forte dell'oscurità che regna in molti cuori: di fronte al Sacrificio redentore, nasce in Maria la speranza della Chiesa e dell'umanità" (Giovanni Paolo II, 2 aprile 1997).

In Maria costituita nuova creatura dall'amore irriducibile di Dio, inoltre, possiamo trovare riassunta la responsabilità dell'intera umanità; il suo "stare" accanto al Figlio, come madre, serva e discepola, la pone come un modello di responsabilità.

Questi anni post-Vaticano II hanno infatti dimostrato che la Parola di Dio è il luogo e l'ambito naturale per una interpretazione autentica, congrua e sempre attuale della presenza e del significato della Madre di Gesù per la Chiesa dei discepoli. Il posto e il ruolo che Maria ha avuto, per sola Gratia, negli eventi messianico-salvifici del Signore sono i medesimi che ella deve possedere nella stessa fede e nella stessa vita della Chiesa fino alla parusìa dell'Agnello. Santa Maria Donna del sì, rammenta cordialmente ai credenti e alla stessa Chiesa che se ci si lascia penetrare come lei dalla Parola diventiamo, per Grazia, rifrangenze della sola Luce che illumina e scalda il cuore e la vita, ricevendo altresì il criterio base col quale discernere e giudicare l'esistente e l'esistenza non con l'arroganza della ragione, ma con lo splendore della carità agapica, l'unica che ci permetterà di entrare nel grande ed eterno seno di Dio; speranza agognata da tutti coloro che si lasciano trapassare e avvincere dalla Parola di verità e di vita. Per cui, ha asserito Benedetto XVI all'udienza generale di mercoledì 14 marzo 2012: "Maria ci insegna la necessità della preghiera e ci indica come solo un legame costante, intimo, pieno di amore con suo Figlio possiamo uscire dalla "nostra casa", da noi stessi, con coraggio, per raggiungere i confini del mondo e annunciare ovunque il Signore Gesù, Salvatore del mondo"; l'unico in grado col suo Spirito di renderci capaci, come Maria sua madre, di divenire creature del sì.

di Salvatore Perrella - Tratto da L'Osservatore Romano - miradouro.it -

 
 
 

IL "CATTOLICO" BLAIR PROMUOVE LA CINA

Post n°6928 pubblicato il 26 Marzo 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Sul numero di gennaio-febbraio 2012 di «Vita e Pensiero», la rivista dell’Università Cattolica, il consueto Focus di approfondimento è aperto da un articolo di Tony Blair sulla Cina. L’articolo, già pubblicato dal «Washington Post», è stato anticipato qualche giorno fa sulla «Stampa». Blair, ex premier laburista inglese, è uno strano cattolico, ufficialmente convertitosi solo dopo la sua uscita dalla scena politica ma favorevole alle nozze gay (in programma nell’attuale governo conservatore Cameron) e anche (se non lui, almeno la moglie Cherie, nata cattolica) all’aborto. La sua Tony Blair Faith Foundation (dove Faith sta per «fede») ha promosso corsi in partnership con l’Università di Pechino sul tema fede e globalizzazione. L’articolo che compare su «Vita e Pensiero» elogia l’«apertura alla religione da parte del governo cinese, apertura complessa ma in aumento». In particolare, «il governo di Pechino sta deliberatamente promuovendo una ripresa del confucianesimo», il quale «rappresenta la fede intesa come un valore, ovvero la negazione del sé a vantaggio degli interessi degli altri». In effetti –diciamo noi- lo faceva, ai bei tempi dell’Urss, anche Stakhanov, pur senza essere confuciano.

Ma Blair non pare sfiorato dall’idea che la religio instrumentum regni possa essere un’antichissima pratica riesumata dal governo comunista cinese per dirottare a suo vantaggio quel che non riesce a estirpare. No, anzi, per lui il governo cinese va incoraggiato dall’Occidente, perché «il modo in cui la Cina inquadrerà il suo percorso verso una società armoniosa non sarà soltanto d’interesse a livello mondiale, ma anche materia che possiamo studiare e da cui possiamo imparare». Addirittura. Ma l’entusiasmo di Blair trabocca: «E’ soprattutto questa richiesta di una società armoniosa (noi diremmo onesta o giusta) che impegna la leadership cinse rispetto alla religione». La prova: «Sono passati soltanto tre anni da quando Hu Jintao, presidente cinese e segretario del Partito comunista, ha dichiarato al Politburo di Pechino: “Dobbiamo sforzarci nell’unire figure religiose e credenti (…) per costruire una società prospera e a tutto tondo, accelerando il passo verso la modernizzazione e il socialismo”».

Dunque, è la costruzione del socialismo l’obbiettivo, come al solito, ma Blair pare non avvedersene. La rivista dell’Università cattolica ha ritenuto opportuno, perciò, riempire il resto del Focus con due scritti, uno di Rodney Stark e uno di Bernardo Cervellera, così da lasciare la bocca buona al lettore realmente cattolico. Stark informa, con la consueta precisione, che oggi i cristiani in Cina sono sui settanta milioni, e aumentano. Cervellera ci dice che i battesimi si susseguono con l’impressionante cadenza di 150mila all’anno. E che «tale sviluppo della fede avviene nonostante gli ostacoli posti dal regime» (il corsivo non è mio). Che per sicurezza «proibisce l’educazione religiosa ai minori di 18 anni». I cinesi, stufi del materialismo confuciano, poi marxista e ora capitalista selvaggio, si volgono sempre più di frequente alla «fede in un Dio fatto uomo, una persona storica», che a loro «appare più appassionante e ragionevole dei miti taoisti e buddisti».

Ma in Cina «due cose sono rimaste invariate: il controllo sociale garantito dal monopolio del Partito comunista e il controllo sulle religioni». I cristiani sono incoraggiati quando fanno assistenza e beneficenza senza oneri per lo Stato, ma guai a loro se provano a evangelizzare. Per il resto, le cose sono note: laogai, campi di rieducazione ideologica, preti e vescovi spariti e di cui non si sa più nulla. Se c’è una novità in campo religioso è semmai, l’inedita alleanza tra dissidenti e cristiani: i primi vanno sempre più scoprendo che il fondamento dei diritti umani sta nel cristianesimo. Per questo «il terrore del Partito» è che «la religione divenga il collettore di tutti gli scontenti». Come fu per la Polonia. La Cina, da cui «avremmo da imparare», in realtà ha imparato e impara. Da noi, come al solito.

- Rino Cammilleri - labussolaquotidiana.it -

 
 
 

APOLOGO: UN CARDINALE E I SITI GAY, ATEI, LAICISTI...............

Post n°6927 pubblicato il 26 Marzo 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Poniamo il caso che ad un certo numero di studenti (una minoranza) non vada qualche voce del regolamento d’Istituto. Qualcuno di loro, una delegazione, si reca dal dirigente, solleva le sue obiezioni, dice – faccio un esempio – che, nonostante sia vietato recarsi ai distributori di merendine durante l’orario di lezione, alcuni lo fanno, e siccome alcuni lo fanno bisognerebbe togliere il cartello “l’uso dei distributori è consentito solo durante l’intervallo”.
Il preside ascolta, argomenta pazientemente la ragionevolezza del divieto, rammenta che la trasgressione di alcuni dovrebbe essere sanzionata e non un buon motivo per chiedere l’abolizione della norma, e la delegazione se ne torna in classe con le pive nel sacco.
Poniamo che questi studenti (una minoranza) non demordano. Vogliamo andare ai distributori delle merendine quando ne abbiamo voglia. Anche se c’è lezione e l’insegnante sta spiegando. Se abbiamo fame, abbiamo fame. Chissenefrega del cartello, chissenefrega se non è ricreazione, chissenefrega se il dirigente ci ha spiegato il senso e la ragionevolezza del divieto. Vogliamo mangiare quando abbiamo voglia di mangiare e tanto basta. Gli altri, liberi di recarsi ai distributori solo a ricreazione; noi, liberi di andarci quando ci va.
Poniamo che uno di loro decida di darsi appuntamento, al bar, con un anziano, emerito docente in pensione. Un insegnante che non può intervenire sul regolamento d’Istituto, ma che non è un docente “a caso”. E’ un professore che “sa come va il mondo” ed è affascinato dai cambiamenti. Che è sempre stato dalla parte dei ragazzi a prescindere; dalla parte delle minoranze a prescindere. O al quale, siccome gli è sempre piaciuto dialogare su tutto, mediare su tutto, viene d’istinto più facile dire “ni” piuttosto che “no” oppure “sì”. O che, siccome da sempre gli stanno strette le regole (seppur ragionevoli), a prescindere dai regolamenti d’Istituto e anche dal preside, è portato per carattere a dire sempre e comunque “la sua”.
L’ascolti ed è tutto un periodo ipotetico: “se i distributori fossero usati con moderazione…”, “se voi ragazzi foste un po’ più responsabili…”, “se valutassimo caso per caso…”. Bypassando il regolamento e anche il dirigente dell’Istituto, alla domanda: “prof., lei che ne pensa?”, in queste quattro chiacchiere al bar all’anziano docente non sembrerà vero di parlare finalmente a ruota libera e di sfoderare i suoi famosi “secondo me…”, “io credo che…” e tutti i condizionali che occorrono quando si sta immaginando qualcosa che… non c’è. “Sarebbe ipotizzabile…”, “si potrebbe pensare…”, “andrebbe rilevato…”, e via discorrendo.
Poniamo che quel giovane, parte della minoranza che preme perché il desiderio “merendine a tutte le ore” diventi norma (o ne venga abolito il divieto, che poi è lo stesso) trascriva il colloquio con l’anziano professore incontrato al bar. E’ un’opinione corposa e complessa, quella dell’insegnante: con tutti i suoi bei periodi ipotetici (della realtà, della possibilità, dell’eventualità, dell’irrealtà), con tutti i dovuti “io penso, però il regolamento giustamente dice…”, con un’introduzione, una tesi, delle argomentazioni, le prove; ma anche l’antitesi, ugualmente ben argomentata.
Poniamo che alla suddetta minoranza interessi, però, poco e niente il regolamento (del resto lo conoscono bene, il regolamento, sennò che lo contesterebbero a fare!?) e che dunque estrapoli dal colloquio di quello studente con quell’insegnante solo ciò che serve a puntellare la fatidica richiesta; a vestirla di autorevolezza. Furbo lavoro di taglia-incolla e, tempo un giorno, prima ancora che esca tutto il testo della chiacchierata al bar, puoi star certo che a scuola la minoranza starà già volantinando la sintesi della sintesi. E mica solo in quella scuola lì! Certo che no. Volantini a tappeto in tutti gli Istituti: dappertutto ci sono studenti che vogliono recarsi ai distributori quando hanno fame e non quando suona la campanella della ricreazione!
Risultato? La richiesta che venga tolto il cartello di divieto non è più solo di una minoranza di studenti, ma “l’esimio professore sostiene anche lui che…”.
Il mondo va così, e fa pensare che un anziano ed emerito docente non sia così scaltro da prevedere una reazione del genere. Fossi in lui sarei dispiaciuta se venissi usata come la voce autorevole che sostiene che siccome alcuni, a scuola, si recano alle macchinette distributrici fuori orario e mangiano quando gli va, è bene che da ora in poi siano liberi di farlo. Mi dispiacerebbe se il mio ragionamento, ben argomentato con tutti i suoi pro e tutti i suoi contro, fosse banalizzato e strumentalizzato in questo modo. Francamente proverei anche un po’ di frustrazione, nel comprendere che non sono stata in grado di spiegare a quel giovane la ragionevolezza di una norma pensata, discussa, condivisa, difesa da tante persone che mi hanno preceduto e che sono comunque più autorevoli di me. Da insegnante – la dico tutta – mi parrebbe persino di essere venuta meno al compito che ho scelto di svolgere per tutta la vita (un insegnante in pensione resta pur sempre e per sempre un insegnante!).

Poniamo ora che lo studente che scambia quattro chiacchiere con l’insegnante sia senatore e si chiami Ignazio Marino, e che l’emerito docente in pensione sia il Cardinale Carlo Maria Martini. Parlano di tante cose, anche del “regolamento di Istituto” (che potremmo tradurre come “il Magistero della Chiesa”); anche di temi “eticamente sensibili”; anche del fatto che alcune minoranze (i gay) vorrebbero che i loro desideri diventassero legge. Il prelato spiega, approfondisce, argomenta; usa i suoi bei periodi ipotetici, tanti condizionali e spesso la prima persona singolare. Tra una risposta e l’altra, come si conviene ad un Cardinale, spiega anche qual è, in materia, la posizione di Santa Romana Chiesa (il “regolamento d’Istituto”, appunto).
Marino trascrive il colloquio nella sua interezza, ma, più veloce della luce, parte il tam-tam mediatico. E cioè la bignamizzazione del pensiero di sua eminenza: la sintesi della sintesi. Caramelle di politicamente corretto che van giù che è una meraviglia. Delizia per il palato. Rosolio.

Lei che – come ha scritto il giornalista Armando Torno sul Corriere della Sera – conosce benissimo gli strumenti tecnologici e ne ha buona dimestichezza, provi a vedere, eminenza, cosa han recepito i blog e i siti gay, atei, laicisti, del contenuto dei suoi corposi colloqui con il senatore Marino. Credere e conoscere deve ancora uscire, ma forse del libro, nella sua interezza, interessa poco. Le minoranze di cui sopra, ciò che volevano che lei dicesse l’han sentito. Magari hanno estrapolato, ma con quelle frasi – abbia fede – la sensazione sarà di… andare a nozze. Letteralmente.

Saro Luisella -  CulturaCattolica.it -

 
 
 

CHI TRADISCE LA MISSIONE DELLA CHIESA

Post n°6926 pubblicato il 26 Marzo 2012 da diglilaverita
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Le preoccupazioni che muovono questo mio intervento non sono - come si vedrà - polemiche nei confronti di nessuno. Voglio cercare di leggere una situazione che mostra gravi elementi di preoccupazione che stanno avanti a noi; e con “noi” intendo il popolo cristiano nella sua identità, nel suo bisogno di essere educato a raggiungere una coscienza critica e sistematica della sua fede, e quindi in forza di questa cultura affrontare e giudicare serenamente ma oggettivamente tutti i problemi che la vita ci pone di fronte.

Ogni giorno noi – dico noi perché per me è così – combattiamo questo terribile confronto tra la cultura della vita e la cultura della morte. Il beato Giovanni Paolo II parlava di una vera e propria battaglia escatologica. Siamo assaliti da ogni parte da una concezione della vita – o per meglio dire, della persona umana - come di un individuo proteso a realizzare il massimo di benessere con tutto, compresi i rapporti, che sono tutti funzionali alla realizzazione del proprio benessere. E tali rapporti durano in quanto e fin tanto che questo benessere viene assicurato, e durano quali che siano questi rapporti che consentono il benessere.

Di fronte a questa cultura della morte sta la cultura della vita. La cultura della vita non è un’ideologia né di tipo religioso né di tipo etico o familiaristico. La battaglia per la cultura della vita è l’esistenza di un popolo che vive intensamente la propria identità umana nel cristianesimo. E vivendo questa identità umana offre la sua esperienza di vita come un grande annunzio, una grande possibilità offerta a tutti gli uomini, di uscire da quello che un grande filosofo tedesco definiva “il sentiero polveroso del nulla”. Uscire da questo e cominciare a camminare sul sentiero che porta alla vita, quella vita piena di cui il Signore è stato portatore, e che ha in qualche modo identificato la pienezza storica della sua missione: «Sono venuto perché abbiano la vita, e la abbiano piena».

In questo contesto la tentazione di considerare la famiglia cristiana come un’opzione particolarissima, un’opzione che nessuno metterebbe in discussione, un’opzione del tutto particolare che non ha nessuna ampiezza umana e culturale, che non ha nessuna capacità di giocare un ruolo nel dialogo con questo mondo, questa riduzione del cristianesimo a un’opzione particolare costituisce un vero tradimento dell’identità cristiana e della sua missione nel mondo.

Così anziché battere la strada ampia e solenne, straordinaria – regale, avrebbero detto i nostri padri -, anziché battere la strada regale della missione, della condizione della vita dei nostri fratelli uomini, della proposta a loro di una umanità più autentica, più decisamente vissuta, corriamo dietro alle infrastrutture o alle particolarità - alle molte particolarità in cui si flette questo individualismo consumista e materialista - cercando di trovare valori che non si possono trovare perché nessuno li professa come tali.

L’omosessualità e l’eterosessualità non stanno una di fronte all’altra come due possibili opzioni con alcuni vantaggi e alcuni svantaggi; non stanno di fronte come se fosse necessario per tutti, e quindi anche per i cristiani, armarsi di intelligenza e di capacità di penetrazione per salvaguardare alcuni valori delle unioni gay. Ad esempio l’amicizia: si fa un discorso sull’amicizia tra due partner dello stesso sesso, senza rendersi conto che questa espressione – amicizia – copre un aspetto certamente molto particolare che non è quello che viene in mente a chi professa la sua omosessualità o a chi considera in un mondo come il nostro l’esperienza della omosessualità.

L’esperienza omosessuale considerata in qualche modo come una eguale esperienza di famiglia è assolutamente insostenibile, perché l’esperienza dell'omosessualità – come a certi livelli l’esperienza di una eterosessualità disordinata e immotivata – è un aspetto del degrado mondano che sta praticamente archiviando i rapporti che nascono da una gratuità vissuta, da una corresponsabilità in ordine alla gestione delle grandi questioni della vita, di fronte alla paternità o alla maternità come responsabilità inderogabile di fronte a Dio e di fronte alla storia.

Invece di incrementare la coscienza della situazione di questo mondo così ammalato di individualismo e di consumismo e di proporre come alternativa viva un modo d’essere affezionati, uomo e donna, nel grande orizzonte di una vera idealità umana e cristiana, di una vera esperienza di un compimento l’uno nell’altro, di una dimensione di gratuità che è la stessa dimensione dell’esistenza di Dio, andiamo alla ricerca in modo sostanzialmente molto artificioso di aspetti di positività in esperienze che il buon senso comune - ancor prima della retta ragione - ha considerato non certo deprecabili e condannabili, ma sicuramente come esperienze non autenticamente umane.

A chi nel mondo cattolico ed ecclesiastico poco o tanto sostiene questa posizione, chiedo: perché abbandonare la strada della evangelizzazione, fatta come offerta della vita cristiana, come novità della vita di Cristo partecipata da coloro che vivono la comunione ecclesiale e vi partecipano con tutta la loro libertà? Anziché questa che è la strada maestra della vita cristiana, della presenza della Chiesa nel mondo, perché correre dietro situazioni tutto sommato particolari che finiscono per avere anche per questo nostro interessamento, più importanza  esistenziale e storica di quanto non ne abbiano obiettivamente?

Forse varrebbe la pena di rileggere quelle lucidissime pagine di Jacques Maritain – che non era certo un filosofo integralista - che ne “Il Contadino della Garonna” metteva in guardia la Chiesa, ma innanzitutto l’ecclesiasticità, da una operazione che considerava suicida: l’inginocchiarsi di fronte al mondo. La Chiesa tradisce se stessa - ma tradisce anche l’uomo - quando invece di svolgere tutta la forza della sua responsabilità missionaria, che è responsabilità ad un tempo culturale e caritativa, si riduce a discettare di problemi psicologici, affettivi, sessuali, stralciati dal contesto della vita vera e attiva e ridotti a espressioni di presupposti che non hanno molte volte nessun fondamento reale e quindi sostanzialmente diventano una posizione ideologica.

Giovanni Paolo II ci ha insegnato dalla Redemptor Hominis in poi che la Chiesa non deve avere alcuna preoccupazione di dialogo con le formulazioni ideologiche o socio-politiche, ma deve avere come preoccupazione quella evangelizzazione ed educazione del popolo cristiano che si attua poi come missione, perché la missione è l’autorealizzazione della Chiesa. E in questo compito di autorealizzazione incontra i problemi reali degli uomini, anche le difficoltà, anche gli aspetti di assoluta particolarità, ma che assume non con la presunzione della neutralità scientifica o filosofica o sociologica, li assume come parte viva di una condivisione dentro la quale si possono legittimamente indicare vie di una possibile soluzione esistenziale e sociale di tali problemi.

Invece di inseguire psicologismi dobbiamo preoccuparci di rafforzare l’Identità della fede così come è stata tematizzata da quel Catechismo della Chiesa cattolica che papa Benedetto XVI ha posto come strumento fondamentale dell’Anno della fede. L’anno che abbiamo davanti non è l’anno della rincorsa alle problematiche particolari, specifiche, qualche volta patologiche. L’anno che abbiamo davanti è l’anno della fede, che se si approfondisce incontra tutto e sa dare un contributo positivo alla soluzione di tutti i problemi.

di Luigi Negri - Vescovo di San Marino-Montefeltro -labussolaquotidiana.it -

   

 
 
 
 
 

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Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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