ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 01/04/2012

IL MISTERO DELLA CROCE: QUANDO L'INIZIATIVA DI SALVARE L'UOMO VIENE DA DIO

Post n°6957 pubblicato il 01 Aprile 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

All’inizio  della Settimana Santa ciò che si presenta davanti a noi in un’ottica cristiana è il mistero della Pasqua, che è il mistero della nostra redenzione e della nostra salvezza. Questo è l’annuncio fondamentale del cristianesimo: siamo stati salvati. Salvati dalla condizione esistenziale di persone che nascono nel peccato, sotto l’impero delle tenebre e quindi nascono lontani da Dio e con la condanna a morte. Perché non c’è dubbio che  se la morte da un certo punto di vista è un fatto naturale, dal punto di vista teologico, dal punto di vista della fede è lo stipendio del peccato, come dice san Paolo. Per invidia del diavolo è entrata la morte nel mondo, dice il libro della Sapienza.

Questa condizione esistenziale nella quale tutti gli uomini nascono, è anche la condizione dalla quale nascono tutte le religioni, perché - come diceva René Girard - tutte le religioni sono nate per dare una risposta al problema della morte, del male e della morte. Per male si intende il male morale, il peccato, la cattiveria e tutto ciò che da esso deriva, a livello personale e sociale. Le religioni sono il tentativo dell’uomo di salvarsi da questa situazione. Ma tutti i tentativi umani, che si esprimono nelle varie religioni, nelle varie filosofie, perfino in varie ideologie, non approdano a nulla. Questo è il punto di partenza su cui possiamo convergere tutti: l’uomo nasce non solo malato, ma condannato: da solo non riesce a salvarsi né dal peccato né dalla morte, né dalla disperazione né dall’angoscia.

Il cristianesimo si distingue da tutte le altre religioni perché l’iniziativa di salvare l’uomo viene da Dio, viene dall’alto. Come dice benedetto XVI nel suo libro “Gesù di Nazaret” Dio si è assunto la natura umana ma eccetto il peccato. Assunta nella sua totalità, nel corpo e nell’anima, Gesù è vero corpo e vera anima, però senza il peccato.

Lui è quell’agnello immacolato che ha assunto su di sé tutti i peccati del mondo e li ha espiati: così è venuta la nostra salvezza. Cioè noi siamo stati liberati dal peccato, dalla morte, dalla lontananza da Dio, abbiamo riacquistato la divina amicizia e la vita eterna, prima che nel dono dell’immortalità nella pienezza della gioia. Abbiamo ottenuto questo come dono che Dio ci ha dato in quanto Gesù Cristo ha espiato il peccato che è la causa di tutti i mali, compresa la morte fisica. Anche gli apostoli ebbero grande difficoltà a capire perché Gesù aveva dovuto patire. Quando Gesù parlava della sua Passione, della sua morte, sullo sfondo della sua resurrezione, gli apostoli inorridivano, non volevano capire la necessità della sofferenza e della morte in Croce per la redenzione, tanto è vero che quando Gesù venne poi effettivamente catturato, fu veramente in mano ai pagani, vacillarono nella fede. E sotto la Croce non c’erano. C’erano Maria e san Giovanni, gli altri erano pecore sbandate, come se avessero perso il loro pastore, perché non avevano capito il significato della Croce.

Poi Gesù Cristo stesso, il Risorto, e poi il dono dello Spirito santo gli hanno fatto capire: San Pietro nella sua predicazione nel primo giorno di Pentecoste disse parlando di Gesù Cristo morto in croce:  “Patì per i nostri peccati”. Cioè la Croce è il momento scelto per distruggere i peccati.
Come è avvenuta questa distruzione dei peccati? Perché proprio in croce Cristo ha distrutto i peccati di tutto il mondo, di tutti i tempi? Per cui spirando al termine della sua passione, dice “Tutto è compiuto” e invoca il perdono del padre, dicendo “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno. Perché questo perdono che Gesù ci ha ottenuto? Coma ha fatto a ottenerlo? Lo ha ottenuto perché Gesù ha espiato i peccati del mondo nel suo cuore.

Pensiamo a cos’è il peccato: è orgoglio, disobbedienza, superbia, disamore, opposizione a Dio, odio per Dio e per il prossimo, c’è tutta la gamma delle passioni e del male, del peccato. Gesù Cristo nella sua Passione, nel suo cuore ha espresso una tale obbedienza, una tale sottomissione al padre, un tale amore, una tale generosità, una tale pazienza, un tale coraggio, una tale dedizione, una tale pietà, una tale compassione, una tale misericordia, che questo amore che ardeva nel suo cuore ha bruciato tutto il disamore e disobbedienza che c’è in tutti i peccati di tutti gli uomini. Questo cuore di Cristo crocefisso è la fonte di grazia da cui nasce il perdono, da cui nasce la remissione dei peccati, che poi si concretizza per quanto riguarda noi cristiani nei sacramenti del battesimo e della penitenza dove i peccati vengono rimessi perché un altro al nostro posto per nostro amore ha espiato.

Chi andasse in un tribunale e confessare un delitto: sarebbe condannato anche fino a trent’anni di reclusione per aver commesso il delitto e deve espiare quella pena. Se uno va in un confessionale, confessa un delitto, si pente sinceramente e di tutto cuore chiede perdono a Dio, gli viene data l’assoluzione; sì, farà una penitenza ma avrà l’assoluzione. Perché l’assoluzione? Perché Gesù Cristo ha espiato per te, al tuo posto, per tuo amore. Quindi dobbiamo sempre guardare la Croce con questo sguardo di fede, e cioè come l’agnello che si è addossato tutti i peccati del mondo con la sua mitezza, umiltà, obbedienza: li ha distrutti, bruciati. Per cui la Croce è la fonte inesauribile di ogni grazia innanzitutto per il perdono dei peccati, la grazia per la vita eterna, la grazia della figliolanza, quella grazia che poi si effonde in tutti i sacramenti. E questo è l’aspetto teologico della Croce che ovviamente va vista sempre alla luce della Resurrezione, perché il mistero pasquale è il passaggio dalla morte alla vita, dal peccato alla grazia, quindi la croce va sempre vista nella gloria della Resurrezione, che è anche la nostra meta finale.

Questo è lo sguardo di fede per quanto riguarda il nostro modo di guardare la Croce, per cui dobbiamo chiedere al Signore anche la grazia dello Spirito Santo per avere questo sguardo di fede e accostarci anche al sacramento della confessione pasquale e della comunione vivendo in noi il mistero pasquale, il mistero di morte e di vita che ha vissuto Gesù Cristo.

C’è anche uno sguardo umano, molto denso di significato per quanto riguarda il Crocefisso, uno sguardo non dico laico ma di umana compassione: lo sguardo della ragione, del cuore anche se non illuminati dalla fede. Per cui possiamo dire che la croce è un grandissimo simbolo di civiltà, anzi è un simbolo di civiltà senza il quale l’uomo non avrebbe futuro.

Per quale motivo? Perché sulla Croce c’è l’uomo innocente, sofferente, quindi che sperimenta la condizione umana di sofferenza. L’uomo nasce crocifisso, vive crocifisso e muore. E questo uomo sofferente che soffre perché colpito dalla cattiveria, dalla malvagità dei suoi simili ma che tuttavia invece di opporre al male il male, alla violenza la violenza, invece dell’occhio per occhio dente per dente, ha spezzato la spirale della violenza, ha spezzato la logica della violenza che non solo distrugge le vite personali, i rapporti familiari, i rapporti sociali, ma che rischiano di portare il mondo alla distruzione. E invece di vendicarsi perdona.

Questo del perdono è storicamente il cuore del cristianesimo. Noi credenti lo vediamo come il perdono di Dio per i peccati degli uomini a cui vengono rimessi, per amore misericordioso; ma anche l’occhio non illuminato dalla fede vede il grandissimo valore personale e sociale e anche storico, di un passaggio fondamentale della storia: non si risponde al male con il male, non si risponde alla spada con la spada, bisogna saper perdonare i nemici. Non è solo un dettato di fede, un comandamento di fede, è un imperativo morale senza il quale il mondo non avrebbe più futuro. Perché oggi o è così – si risponde al male con il bene -,  o si risponde con l’amore oppure il mondo rischia l’autodistruzione. Vorrei sottolineare questo aspetto dell’altissimo valore che la Croce ha  sotto il profilo della storia della civiltà, come sottolinea Renè Girard: sotto un profilo puramente laico la Croce ha un valore altissimo perché Gesù Cristo è divenuto quel capro espiatorio di cui tutti gli uomini hanno bisogno nella loro vita, la storia umana ha sempre capri espiatori da distruggere. Cristo è capro espiatorio che ha preso il posto di tutti i capri espiatori. per cui gli uomini d’ora in poi dovranno imparare a perdonarsi.

La croce quindi come svolta della civiltà umana per ottenere una civiltà pacifica, fraterna, e sotto un altro ruolo la Croce come riconciliazione degli uomini con Dio, il riscatto della vita umana sottoposta al male e alla morte, la prospettiva della vita eterna e della resurrezione.

di Livio Fanzaga - labussolaquotidiana.it -

 
 
 

FURTI SACRILEGHI: METTI L'OSTIA IN CASSAFORTE

Post n°6956 pubblicato il 01 Aprile 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

In tutta Italia un’escalation di furti sacrileghi di particole. L’arcivescovo di Monreale promuove la custodia protetta dell’Eucarestia nelle parrocchie. E dalla Santa Sede arriva il via libera

L’immagine del tabernacolo vuoto e delle ostie tenute sotto chiave altrove sembra quasi eretica, in realtà mettere al sicuro l’Eucarestia val bene uno strappo alla consuetudine. Nella Chiesa non c’è nulla di più sacro della particola consacrata, eppure da mesi si rincorrono, con diversa gravità, violazioni e abusi. Dai due musulmani che a Sondrio la ricevono in mano dal sacerdote e se la mettono in tasca alla raffiche di furti sacrileghi in tutta Italia. Quanto basta per giustificare un gesto forte e insolito da parte di un vescovo destinato a far scuola: custodire in luoghi protetti della parrocchia le particole come si fa nelle case con i gioielli conservati in cassaforte.
 
 «E’ giusto tutelarsi da un grave pericolo, qualcosa di deciso andava fatto», commentano in Vaticano. Via libera dalla Santa Sede, insomma, alle ostie messe in sicurezza per impedire che vengano rubate dalle sette sataniche e usate per le messe nere. E anche ai piani alti della Cei la «linea dura» anti-profanazioni trova pieno sostegno. Il cardinale canonista Velasio De Paolis, attuale Delegato Pontificio per la congregazione dei Legionari di Cristo e a lungo al vertice del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica e di dicasteri vaticani, promuove la «misura eccezionale» predisposta dall’arcivescovo di Monreale, Salvatore Di Cristina. Di fronte all’escalation in tutta Italia di furti sacrileghi, è giusto nascondere le ostie consacrate in luoghi sicuri e lasciare vuoti e aperti i tabernacoli per impedire che vengano scassinati. Nel diritto canonico, spiega il porporato di Curia, la profanazione dell’Eucarestia è quanto di peggio si possa commettere. Un delitto sanzionato con la scomunica «latae sententiae» riservata alla Sede Apostolica. «Vi si incorre “ipso facto”, cioè per il fatto stesso di averlo commesso e la scomunica è automatica», precisa De Paolis a "Vatican Insider" .

«L’ostia data in mano invece che in bocca aumenta il rischio che vengano asportate, profanate o conservate a scopo sacrilego, però è Gesù stesso ad aver fatto così con gli apostoli- osserva il cardinale-. Non è solo un fatto simbolico e spirituale che durante la messa il celebrante sull’altare si lavi le mani prima di toccare il pane nel quale è presente Cristo». Perciò è «opportuno che si faccia tutto il possibile per assicurare il massimo rispetto all’Eucarestia». La decisione «eccezionale ma legittima» dell’arcivescovo di Monreale, dunque, non contrasta con le leggi della Chiesa. Tanto più che, negli ultimi mesi, il bollettino delle chiese prese di mira disegna in Italia una «geografia sacrilega» da allarme rosso. Diocesi piccole e grandi, nel Mezzogiorno o nel profondo nord.

Ovunque lo stesso copione con la firma sottintesa di adepti dell’occulto: sacrestie violate con arnesi da scasso, furto dei contenitori delle ostie, tabernacoli spaccati. Dalle pissidi trafugate nella parrocchia di San Giovanni Bosco a Vasto ai calici con le particole scomparsi nella chiesa di San Vito a Paestum, dalle particole sottratte alla Cappella dell’ospedale di Biancavilla (Catania) all’irruzione notturna nella parrocchia di Santa Caterina sullo Jonio (Catanzaro). Nel mirino anche il santuario della Madonna delle Grazie a Monza e altri edifici di culto nella diocesi di Milano a Bareggio e Lentate sul Seveso. E ancora, ladri sacrileghi in azione al Santissimo Nome di Maria di Fornaci Vecchia (Lucca), alla chiesa di Santa Franca a Piacenza, alla Madonna del Monte Nero a Sant’Antonio di Gallura. Con un particolare accanimento proprio nella diocesi di Monreale: quattro casi negli ultimi tre mesi (Villagrazia di Carini, Terrasini, Cinisi, Partinico).

Da nord a sud, una catena ininterrotta di profanazioni che fotografa il boom di gruppi satanisti denunciato dai rapporti delle forze dell’ordine e alimentato dal «tam tam» su Internet. Da Santa Croce sull’Arno a Montegranaro, vicino Ascoli Piceno, le incursioni nei luoghi sacri non hanno altro obiettivo che il furto delle particole e proiettano l’ombra di Satana su molte vicende di cronaca. «L’Eucarestia è il bene sommo della Chiesa, il canone 1367 del Codice di diritto canonico parla chiaro- puntualizza De Paolis-.Commette delitto chi ruba dal tabernacolo le specie consacrate e le tratta in maniera empia e blasfema. Dunque, la tutela delle ostie è prioritaria. Se serve tenerle sotto chiave fuori dal tabernacolo, l’eccezionalità del pericolo autorizza un provvedimento “ad hoc” che equivale ad una reazione difensiva».

- vaticaninsider.lastampa.it -

 
 
 

IL NOSTRO RE SCEGLIE COME "TRONO" LA CROCE

Post n°6955 pubblicato il 01 Aprile 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

L'omelia di Benedetto XVI per la Domenica delle Palme e della Passione del Signore

La Domenica delle Palme è il “grande portale” che ci introduce alla settimana. In questi termini Benedetto XVI ha definito la liturgia odierna, all’inizio dell’omelia pronunciata stamattina durante la Messa Solenne in piazza San Pietro.

L’ingresso di Gesù e dei Dodici in Gerusalemme si caratterizzò per una fervente attesa da parte di una “grande folla”. Durante il cammino, appena fuori Gerico, un uomo cieco di nome Bartimeo, apprende dell’arrivo del  Messia che, avvicinatosi, soddisfa la sua richiesta di guarigione (cfr. Mc 10,47-52).

Compiuto quel prodigio, la folla si domanda: “quel Gesù, che camminava davanti a loro verso Gerusalemme, era forse il Messia, il nuovo Davide? E con il suo ingresso ormai imminente nella città santa, era forse giunto il tempo in cui Dio avrebbe finalmente restaurato il regno davidico?”.

L’ingresso vero e proprio di Gesù a dorso di mulo, in Gerusalemme, viene accompagnato dagli Osanna dei pellegrini e da invocazioni che richiamano il Salmo 118 (“Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”). Un inno di esultanza che “esprime l’unanime convinzione che, in Gesù, Dio ha visitato il suo popolo e che il Messia desiderato finalmente è giunto”, ha sottolineato il Papa.

È arrivato, dunque, il Messia annunciato da secoli dalle Scritture. “Così, nella luce del Cristo – ha commentato il Santo Padre - l’umanità si riconosce profondamente unita e come avvolta dal manto della benedizione divina, una benedizione che tutto permea, tutto sostiene, tutto redime, tutto santifica”.

Il messaggio che arriva dalla solennità di oggi è, in primo luogo, “l’invito ad assumere il giusto sguardo sull’umanità intera, sulle genti che formano il mondo, sulle sue varie culture e civiltà”, ha osservato il Pontefice.

Lo sguardo di Cristo è quello “della benedizione”, uno sguardo “sapiente e amorevole, capace di cogliere la bellezza del mondo e di compatirne la fragilità”. Da questo sguardo traspare lo sguardo di Dio “sugli uomini che Egli ama e sulla creazione, opera delle sue mani”.

Nonostante la trionfale accoglienza, è noto che quella stessa folla, pochi giorni dopo, griderà a Pilato: “Crocifiggilo!”. E gli stessi discepoli rimarranno “ammutoliti e smarriti”. Questo esito, ha proseguito il Papa, deve indurre in noi delle domande: “Chi è per noi Gesù di Nazaret? Che idea abbiamo del Messia, che idea abbiamo di Dio?”.

Nella Settimana Santa appena iniziata, siamo chiamati a “seguire il nostro Re che sceglie come trono la croce” e che “non ci assicura una facile felicità terrena, ma la felicità del cielo, la beatitudine di Dio”.

La solennità liturgica di oggi, coincide con la ricorrenza diocesana della XXVII Giornata Mondiale della Gioventù sul tema Siate sempre lieti nel Signore! (Fil 4,4). A tal proposito, il Santo Padre, rivolto ai giovani presenti in piazza San Pietro, ha indicato la Domenica delle Palme come “il giorno della decisione, la decisione di accogliere il Signore e di seguirlo fino in fondo, la decisione di fare della sua Pasqua di morte e risurrezione il senso stesso della vostra vita di cristiani”.

Un esempio sempre attuale della sequela di Gesù è quello di Santa Chiara d’Assisi che, esattamente 800 anni fa, all’età di 18 anni, ispirata dall’esempio di San Francesco, “ebbe il coraggio della fede e dell’amore, di decidersi per Cristo, trovando in Lui la gioia e la pace”.

In conclusione, Benedetto XVI ha ricordato i sentimenti che dovrebbero animare la nostra Settimana Santa: la lode e il ringraziamento al Signore per il “dono più grande che si possa immaginare”, ovvero “la sua vita, il suo corpo e il suo sangue, il suo amore”.

 -  Luca Marcolivio - ZENIT -

 
 
 

SE LA CRISI DELL'UOMO MODERNO NASCE DAL PROTESTANTESIMO

Post n°6954 pubblicato il 01 Aprile 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Recentemente è apparsa su “La Bussola Quotidiana” la prefazione del nuovo libro di Gianfranco Amato, “I nuovi unni. Il ruolo della Gran Bretagna nell’imbarbarimento della civiltà occidentale“ (Fede & Cultura, Verona 2012). Il testo, a cura di mons. Luigi Negri, vescovo di San Marino-Montefeltro, presenta la nuova fatica di Amato, avvocato bioeticista, editorialista di Avvenire, collaboratore di CulturaCattolica.it e di altre testate giornalistiche, come «un interessante saggio», la cui «divisione in due sezioni [...] consente da una parte di capire le ragioni storico-culturali che hanno portato all’attuale decadimento della società del Regno Unito, e dall’altra di avere un’impietosa fotografia di ciò che accade nella banale realtà del quotidiano, attraverso la raccolta cronologica di articoli».

Ma cosa sta quindi alla base della moderna barbarie bioetica, sociale e culturale che dalla Gran Bretagna invade il mondo? Nient’altro che la cosiddetta Riforma protestante. È proprio -come spiega Amato e riprende il vescovo- con i principi luterani della Sola Gratia, Sola Fide e Sola Scriptura che s’insinua «il germe di quel soffocante individualismo che sarà destinato a caratterizzare in particolare la società inglese». Quello stesso germe che, espansosi a macchia d’olio, avvelena oggi tutta la civiltà occidentale.

È al protestantesimo che bisogna guardare se si cerca il responsabile «della frattura insanabile tra fede e ragione»,  della deificazione della ragione che «ha relegato la fede negli angoli angusti della propria coscienza» e condannato l’uomo alla solitudine di un rapporto personale con Dio, «estraniandolo dalla dimensione comunitaria e [...] salvifica della Chiesa». E ancora, è stata la dottrina di Lutero a relativizzare la verità e «impedendo alla fede di diventare cultura» consegnandola a chi «detiene il potere ideologico o politico».

È da questo insieme, che nasce l’attuale crisi dell’uomo moderno, di cui Amato trova il perfetto paradigma nella Gran Bretagna, spiegando come e perché proprio questa, sia diventata il caso più limpido dove «i frutti velenosi della Riforma» hanno cancellato Dio «dall’attuale orizzonte culturale». L’opera, infatti, non limita sé stessa «ad una denuncia intellettuale», ma offre prove tangibili e quotidiane di quanto porta a tesi ed è per questo che, conclude mons. Negri, «merita certamente di essere letta».

- Nicola Z. - uccronline.it -

 
 
 

LA DOMENICA DELLE PALME: TRA L'ULIVO E LA CROCE

Post n°6953 pubblicato il 01 Aprile 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

«Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23,46). La domenica delle Palme apre la santa settimana. La commemorazione dell’ingresso del Signore Gesù in Gerusalemme è come prologo che in un solo avvenimento racconta l’intero percorso fino alla luce del terzo giorno. Tratti di vita, gioia di festa, dolore di croce. Corre veloce la celebrazione e insieme lega l’osanna esultante di un popolo entusiasta per l’arrivo del Giusto e il crocifiggilo impietoso di chi si sente tradito dalla sua idea di Dio: «Si fanno beffe di me quelli che mi vedono, storcono le labbra, scuotono il capo» (Sal 22,8).

«Benedetto colui che viene nel nome del Signore» (Mt 21,9) è il grido che scuote la festa. Attesa di miracoli, passione non risolta di un bisogno di Dio che sia uguale ai propri bisogni e rassomigli alla soluzione delle proprie richieste. La folla attende i prodigi, forse ancora moltiplicazione di pani e di pesci, è pronta a farlo re per sentirsi appagata e compiaciuta della facile protezione del palcoscenico miracoloso. Troppo difficile un Dio della croce, altro legno, incredibilmente pesante rispetto alla leggerezza briosa dei rami d’ulivo agitati.

Un re crocifisso non è proprio ciò che si aspetta per essere liberati ed è facile che l’osanna, dopo la delusione, si trasformi in crocifiggilo: «Non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi» (Is 50,6). Ma il discepolo ricorda gli avvenimenti, consegna al suo cuore il percorso scandaloso della croce perché «sappia indirizzare una parola allo sfiduciato» (Is 50,4).

Il discepolo rilegge l’avventura del Maestro di Galilea e tra l’osanna e il crocifiggilo, mentre ha stampato negli occhi il giorno definitivo della Pasqua, ripete a coloro che cercano risposte: «Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio..., ma umiliò sé stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce» (Fil 2,6.8).

La domenica delle Palme celebra il percorso credente fissato tra l’esaltante notizia ricevuta, la fatica del restare fedeli al mandato, l’umiliazione della caduta, la gioia della vittoria. Inizio di un percorso che vuole nella liturgia celebrare la verità teologica di un Dio che ha tanto amato il mondo da mandare il suo Figlio unigenito per riscattare coloro che erano prigionieri a causa del peccato e garantire la via d’uscita dalla morte.

Un percorso affascinante e commovente che potrà vederci protagonisti di memoria e profezia, se sceglieremo questa settimana come provocazione alla nostra fede per fare strada insieme al Maestro di Galilea e diventare suoi compagni di avventura. Attraverso il tempo che ci è dato, forte di preghiera, di digiuno, di carità, tempo formidabile di celebrazione pasquale, potremmo sentirci contemporanei di quei momenti che hanno segnato la storia dell’umanità.

Saremo tra la folla e agiteremo i rami d’ulivo, mentre cercheremo il volto di colui che viene nel nome del Signore. La voce del profeta sussurrerà al nostro orecchio e ripeterà i carmi del servo sofferente Jahweh.

Prenderemo posto a tavola insieme ai dodici e lasceremo al Maestro di lavarci i piedi, appoggeremo il nostro capo sul suo petto e ascolteremo il battito del suo cuore. Ascolteremo ai piedi della croce il suo dolore, raccoglieremo negli occhi e nella mente il dolore della Madre nel momento del suo ultimo respiro. Attenderemo il terzo giorno per gridare con tutta la forza dell’anima: «Il Signore è veramente risorto» (Lc 24,34).

 - don Gennaro Matino -donboscoland.it-

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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