ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 21/04/2012

BOSE E MEDJUGORJE: DUE EMBLEMI DEL POSTCONCILIO....MA CHE DIFFERENZA!!!

Post n°7038 pubblicato il 21 Aprile 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

E’ di questi giorni il poderoso attacco di Mons. Antonio Livi, illustre teologo della Pontificia Università Lateranense, uno dei più grandi pensatori tomisti oggi esistenti, contro gli errori della teologia contemporanea. Con parresia evangelica egli fa nomi e cognomi sapendo bene ciò che dice e quali possono essere le conseguenze: quella della condanna e del disprezzo da parte della contemporanea inquisizione modernista, diversa da quella medioevale per il fatto che mentre questa si appoggiava alla verità, quella si appoggia sull’errore.

La puntuale disamina di Mons.Livi, fondata su rigorosi fondamenti teoretici e pienamente fedele al Magistero della Chiesa, è contenuta in un suo recentissimo libro dal titolo chiarissimo: “Vera e falsa teologia. Come distinguere l’autentica ‘scienza della fede’ da un’equivoca ‘filosofia religiosa’”. Un criterio utile per distinguere i funghi sani da quelli velenosi.

Nel quadro di questa coraggiosa azione contro gli idoli del nostro tempo, Mons.Livi, come sappiamo dalle recenti notizie dei media, ha anche rivolto una severa critica all’indirizzo della famosa Comunità di Bose e al suo Priore, il “monaco” Enzo Bianchi, accusandola di realizzare un “cattolicesimo”, che in realtà, col pretesto dell’ecumenismo, si è lasciato corrompere dagli errori protestanti, sino ad assumere tendenze addirittura “gnostiche” o al minimo relativiste e secolariste.

Questa “buona battaglia” di Mons.Livi mi dà lo spunto per tentare un confronto che mi sembra significativo tra Bose e il movimento di Medjugorje, entrambi nati indubbiamente nel clima dell’ecumenismo conciliare, ma con ben diversa impostazione: Bose, col perenne cincischiare attorno all’equivoco e al compromesso, nella convinzione sbandierata di essere la punta avanzata del progresso postconciliare, Medjugorje, nell’umile e piena fedeltà alla Chiesa cattolica, Medjugorje, sorgente copiosissima di frutti spirituali sulla linea del vero ecumenismo insegnato dal Concilio Vaticano II, il cui famoso documento Unitatis Redintegratio esce a un certo punto con queste parole: “In realtà al solo collegio apostolico con a capo Pietro crediamo che il Signore ha affidato tutti i beni della Nuova Alleanza, per costituire l’unico Corpo di Cristo sulla terra, al quale bisogna che siano pienamente incorporati tutti quelli che già in qualche modo appartengono al popolo di Dio” (n.3).

In questo passo fondamentale del Concilio sta la discriminante decisiva, introdotta dal significativo “crediamo” che è il segno delle definizioni dogmatiche, discriminante con la quale si può distinguere il vero dal falso ecumenismo. In base a questo criterio si evince, stando ai fatti e alle dichiarazioni programmatiche, che l’ecumenismo di Medjugorje è giusto, fatto bene e in linea col Concilio, mentre quello di Bose è pasticcione, inconcludente e alla fine dannoso per le anime sia dei cattolici che dei protestanti.

Non mi fermo qui in lunghe dimostrazioni. Citerò solo alcuni punti. Enzo Bianchi, rispondendo alle accusebianchi di Livi, naturalmente difende il suo cattolicesimo, ma ci si può subito domandare che valore abbia questa autodifesa, quando è proprio di questi giorni uno scritto di Bianchi con sperticate lodi ad Hans Küng, noto eretico condannato circa trent’anni fa dalla Chiesa per il suo cristianesimo filohegeliano e quindi esattamente su quella linea “gnostica” acutamente analizzata e confutata da Mons.Livi.

Il difetto dell’ecumenismo künghiano non è soltanto quello di relativizzare i punti di contrasto fra le confessioni cristiane, come se si trattasse di semplici opinioni che ognuno deve mantenere per sé senza proporle ad altri, ma viene ad intaccare persino le verità cristiane fondamentali, come per esempio i dogmi dell’Incarnazione della Redenzione, i quali vengono concepiti non secondo gli insegnamenti dei Concili, specialmente quello di Calcedonia (unità della “persona”, dualità delle “nature”) e quello di Trento (Redenzione e sacramenti), ribaditi dal Vaticano II, ma secondo lo schema di un protestantesimo liberale che, come ho detto, si rifà al panteismo storicista hegeliano, quindi un protestantesimo che neppure i protestanti fedeli a Lutero sono disposti ad accettare.

Oltre a ciò, esiste in Küng e negli ecumenisti al suo seguito un difetto di metodo. Infatti il loro ecumenismo non capisce (o non vuol capire) che l’insegnamento conciliare, come risulta chiaramente dal passo citato, non intende assolutamente sostituire o smentire la tradizionale opera di apostolato, di testimonianza e di persuasione tesa a convertire i non-cattolici alla Chiesa Romana, ma al contrario insegna una via per condurli a Roma, certo più lunga e complessa - appunto l’ecumenismo - ma proprio per questo più sicura ed efficace, perché maggiormente fondata sull’esibizione di prove di credibilità, di gesti di carità e tolleranza, nonchè su di un maggior rispetto della dignità personale, della diversità, dei valori, della libertà e della responsabilità del non-cattolico.

In realtà l’ecumenismo modernista è una trappola per condurre i cattolici, con operazione sleale e indolore, e quasi che senza che se n’accorgano, a farsi protestanti, e della peggior specie, fino allo “gnosticismo” o addirittura allo scetticismo o al nichilismo, mantenendo la pura etichetta di cattolico, come quella bottiglia  che conserva il nome di “Barbera” o di “Barolo”, ma contiene un rozzo e malsano vino di contrabbando.

Invece l’ecumenismo modernista, non credendo a verità oggettive, universali ed immutabili, non si propone affatto - a parole - di convincere o correggere nessuno, ma anzi vuol lasciare tutti, in nome della “libertà di coscienza”, ortodossi ed eretici, nella loro convinzione, limitandosi ad un semplice - dicono loro - “confronto”, così come si fa il confronto tra Francescani e Domenicani o tra rose e viole, per costituire una nuova “Chiesa” dove il Papa è caritatevolmente sopportato come un cristiano qualunque (un po’ arretrato), alla pari degli altri e tutte le confessioni cristiane sono fraternamente federate tra di loro, per quanto contradditorie tra loro siano le credenze di ciascuna.

Non vogliono più parlare di “eretici” ma solo di “diversi”, i quali evidentemente, in quanto diversi, vanno rispettati, perché costituiscono la “varietà” e la “ricchezza” dei “carismi” ecclesiali. Tutta una schiera di eruditi storici sofisti è impegnata a dimostrare sistematicamente che tutti coloro che la Chiesa in passato ha giudicato “eretici”, in realtà erano dei profeti vittime dell’autoritarismo romano, e pertanto vanno riabilitati come campioni della Chiesa postconciliare ed escatologica. Anche Bianchi è oggi tra questi profeti incompresi della Chiesa futura.

Gli emarginati e i reietti semmai, per i modernisti, diventano oggi quei pochi cattolici, non importa che siano santi, teologi, vescovi o Papi, che osano ricordare l’infallibilità del Magistero nell’insegnamento della verità e nella condanna delle eresie. Il dialogo è con tutti, all’infuori che con questi miopi arretrati, fermi al Concilio di Tento o di Calcedonia.

Quanto a Medjugorje, mentre da una parte è noto l’incontro che da decenni lì avviene in nome della devozione mariana tra cattolici, protestanti, ortodossi, ebrei e persino non-credenti in un territorio da secoli diviso tra confessioni religiose e in passato devastato dal comunismo, dall’altra tutti sanno del clima di carità e di religiosità autentica che vi dominano, stimolato da un quantità impressionante di fatti prodigiosi e segni celesti, che confermano, in primis le apparizioni della Madonna e dei suoi messaggi.

Tutti sanno di questi eventi di illuminazione, di conforto, di consolazione, di incoraggiamento e di speranza per le folle di milioni di persone che da circa trent’anni confluiscono in quel luogo benedetto sia alla ricerca della verità, della pace e della giustizia, come pure bisognose di conversione, di pentimento, di riconciliazione e di riparazione, per una nuova e più intensa vita cristiana e di comunione piena con la Chiesa.

Dov’è tutto ciò a Bose? Non dico che non vi siano dei valori. Ma quale differenza! E allora non siamo forse davanti a due riferimenti emblematici dell’ecumenismo conciliare? Tanto Bose che Medjugorje sono indubbiamente frutti del Concilio, prima del quale sappiamo quanto duro, freddo e sprezzante fosse l’atteggiamento dei cattolici verso i non-cattolici. Sotto questo punto di vista tanto Bose che Medjugorje riflettono il clima del postconcilio, clima di dialogo e di mutuo rispetto. Ma nel contempo con quale differenza e, diciamo pure, con quale contrasto!

In Medjugorje abbiamo l’esempio della strada giusta, in Bose, salvo il rispetto dei lati buoni che sempre esistono in ogni realtà umana, abbiamo l’esempio da non seguire.

- P. Giovanni Cavalcoli, OP - www.riscossacristiana.it -

 
 
 

ANTONIO SOCCI/SE ALLA SANTA MESSA SI CANTA LIGABUE: QUANDO QUESTA MERDA INTORNO/SEMPRE MERDA RESTERA'....

Post n°7037 pubblicato il 21 Aprile 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Ma i vescovi e i preti credono ancora alla vita eterna? Spero di sì, ma dovrebbero farcelo capire. Specie nei funerali, in particolare quelli di personaggi famosi.

Ho letto, per esempio, le cronache sul rito funebre del giovane calciatore Piermario Morosini che pure “Avvenire” ha messo in prima pagina con una grande foto notizia e questo titolo: “L’ultimo gol di Morosini. Folla ed emozione ai funerali a Bergamo”. Un altro sommario del giornale dei vescovi diceva: “Lacrime, canzoni e applausi. Commovente il ricordo del suo parroco”.

E’ sicuro “Avvenire” che non ci sia nulla de eccepire proprio su quelle canzoni e sul resto?

Scrivono i giornali che durante la santa liturgia – invece degli inni sacri che accompagnano un nostro fratello davanti al giudizio di Dio – sono state cantate le canzoni di Ligabue.

Dunque in chiesa, mentre davanti all’altare c’era la bara di quel povero giovane, con il dolore dei suoi cari, e si distribuiva la comunione, venivano schitarrate cose  del genere: “quando questa merda intorno/ sempre merda resterà/ riconoscerai l’odore/ perché questa è la realtà”.

Parole di grande spiritualità? Di evidente connotazione cristiana? Altri “immortali capolavori” dello stornellatore emiliano eseguiti durante la liturgia, dicono le cronache, sono stati “Urlando contro il cielo” (che è tutto un programma) e “Non è tempo per noi” il cui messaggio è espresso da queste parole: “certi giorni ci chiediamo è tutti qui?/ E la risposta è sempre sì”.

Tutto questo è accaduto all’interno di un rito liturgico, ciò che la Chiesa ha di più sacro. E mentre l’attuale papa Benedetto XVI si erge (è un caposaldo del suo pontificato) in difesa della sacralità della liturgia, contro invenzioni e contro ogni tipo di abuso.

Ma i vescovi – che in buona parte hanno opposto un muro alla decisione del papa di ridare cittadinanza all’antico rito della Chiesa – non hanno poi nulla da eccepire di fronte a trovate simili nella liturgia.

Del resto non sconcerta solo la scelta canora, tanto più in presenza di un rito funebre. A suscitare interrogativi e perplessità sono anche le parole del parroco e quelle dello stesso vescovo di Bergamo.

Del parroco agenzie e giornali hanno riferito solo lo smisurato panegirico del defunto. Ieri un giornale online aveva addirittura questo sottotitolo: “Il parroco: ‘è stato l’immagine di Dio’ ”. Le testuali parole erano un po’ meno esagerate, ma non troppo: “In questi giorni Piermario è stata l’immagine più bella di Dio perché è stata creatura di pace”. 

A dire il vero la Chiesa prescrive che le messe funebri non siano spettacoli e le omelie non siano elogi biografici del morto, ma una meditazione sull’estrema fragilità della vita, sulla necessità di convertirsi e un’esortazione a pregare per la salvezza dell’anima di quel fratello, perché tutti siamo peccatori e, davanti al giudizio di Dio, come poveri e umili mendicanti, abbiamo bisogno solo delle preghiere dei fratelli e della misericordia del Signore.
Non so se il parroco abbia accennato a queste cose, ben più importanti dell’apologia. Di fatto agenzie e giornali non ne hanno fatto menzione e, soprattutto, neanche il vescovo ha sentito il bisogno di richiamare quei fondamentali.

Il suo messaggio – perché quando ci sono i media è difficile che i prelati facciano mancare la loro voce – è stato anch’esso un panegirico (è riportato nel sito del giornale della diocesi).

Solo alla fine del lungo discorso, composto di 290 parole, ha fatto capolino una volta – e molto formalmente – un fugace accenno alla resurrezione (“vivere nella speranza della resurrezione” per “rendere migliore questo povero mondo”).

Da nessuna parte il prelato spiega che la vita sulla terra è fuggevole, che è una lotta per guadagnarsi la vita eterna, l’unica che vale, che il senso dell’esistenza terrena è questo.

Da nessuna parte ha ammonito sulla serietà delle nostre scelte di fronte alla possibilità della dannazione eterna o della beatitudine.

Da nessuna parte il vescovo ha ricordato a parenti e amici del giovane quella verità, così bella e confortante, proclamata dalla Chiesa nella liturgia, che recita: “ai tuoi fedeli, Signore, la vita non è tolta, ma trasformata”.

E’ questa verità che abbiamo bisogno di sentirci annunciare quando siamo sopraffatti dalla morte di una persona amata. Perché significa che abbiamo un’anima immortale e che rivedremo – dopo una breve pausa – coloro che amiamo e addirittura ci sarà restituito il nostro corpo, senza più limiti, lacrime e sofferenze.

Questa impareggiabile consolazione la Chiesa dovrebbe gridarla. Invece i pastori la tacciono.

Così come tacciono il fatto che i nostri cari, proprio perché continuano a esistere e sono davanti al giudizio di Dio e nella purificazione dei propri peccati, hanno bisogno delle nostre preghiere e sacrifici (per esempio hanno bisogno della pia pratica delle indulgenze).

E’ la bellezza della comunione dei santi. Infatti, dopo Cristo, la morte non è più un abisso di lontananza, ma la nostra unione rimane e possiamo continuare ad aiutarci. Dal cielo possono aiutare noi e noi possiamo aiutare loro.

Almeno di fronte alla morte vescovi e preti potrebbero dire una parola cristiana?

Pregare per le anime del purgatorio è addirittura una delle opere di misericordia spirituale (insieme a un’altra: “consolare gli afflitti”).

Forse la vera teologia della liberazione è proprio questa perché la preghiera di suffragio può davvero liberare delle creature, può donare la felicità totale e definitiva a chi ancora soffre in purgatorio.

Questa almeno è la dottrina della Chiesa e si desidererebbe sentirla annunciare e insegnare da vescovi e parroci. Che però, invece di parlare di Dio e della vita eterna, preferiscono spesso strologare delle cose del mondo.

E non secondo l’ottica della dottrina sociale cristiana. In genere vanno dietro alle mode del politically correct.

Quella stessa diocesi di Bergamo di cui si è detto, ad esempio, ha fondato un “Centro di etica ambientale” che di recente ha realizzato un corso per i giovani in cui è stato chiamato a pontificare, sull’educazione ambientale, con il climatologo Luca Mercalli, il cantante Roberto Vecchioni.

E, a riprova che nella Curia di Bergamo si frequentano più le canzonette che la teologia dei Novissimi, il presidente di quel Centro diocesano, don Francesco Poli, come riporta un articolo di Avvenire, ha testualmente affermato: “Immagina un mondo nuovo, cantavano i Beatles. Sono passati 40 anni e me lo ripeto ancora”.

Purtroppo pure sulla cultura canzonettistica questi ecclesiastici lasciano a desiderare, perché quella canzone non era cantata dai Beatles, ma fu scritta (ed eseguita) dopo il loro scioglimento da John Lennon.

E quel brano diventò l’inno del fricchettonismo planetario e del Lennon-pensiero, perché era un colossale sberleffo contro la religione.

Infatti cominciava così: “Imagine there’s no heaven”, cioè “immagina che non ci sia il paradiso”, e continuava “and no religion too”, cioè “e nessuna religione”.

Questo era il sogno celebrato da Lennon in quella canzone. Di certo non avrebbe immaginato di vederlo celebrare pure da curie ed ecclesiastici.

Il povero Piermario Morosini era ed è un caro ragazzo, buono e forte, che merita ben altro e sono grato alla silenziosa suora francescana che nei giorni scorsi, alla Porziuncola, ha lucrato per la sua anima l’indulgenza. Così da regalargli la felicità.

Questa è la pietà cristiana che la Chiesa insegna.

 Antonio Socci - Da “Libero” - www.antoniosocci.com -

 
 
 

MI CHIAMO SUSANNA, HO LA SLA E VOGLIA DI VIVERE. E VI SCRIVO CON GLI OCCHI

Post n°7036 pubblicato il 21 Aprile 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Con questo articolo Susanna Campus inizia la sua collaborazione con tempi.it

Mi chiamo Susanna e, fino a 15 anni fa, avevo una vita “normale”. Poi la classica “mazzata in testa”. Mi hanno diagnosticato la Sla e, da allora, la mia vita è cambiata radicalmente.

Sono sarda, di Sassari, e lavoravo come orafo e insegnavo oreficeria all’Istituto d’arte di Tempio. Mi sentivo realizzata al massimo, facevo due lavori che mi piacevano, e – giusto per essere chiari – non sono mai stata un tipo che perdeva tempo a guardare l’orario. Lavorare è sempre stato un divertimento: ho girato mezza Europa, trovando tutto interessante, gli usi e i costumi degli altri paesi, le loro bellezze artistiche. Mi aveste potuto conoscere allora, avreste incontrato una persona cui piaceva tutto, che non si fermava neanche un momento, che faceva tutto in allegra frenesia.

Forse il mio corpo “sapeva” che un giorno mi sarei bloccata…

Quando i medici mi hanno diagnosticato la Sla, mi è crollato il mondo addosso.  Confesso che, inizialmente, ho cercato l’incidente stradale (naturalmente, senza coinvolgere nessuno). Non so se potete capirmi. Ma voi non vi sareste disperati per un futuro tanto difficile? Poi, grazie al mio carattere testardo, alla vicinanza di mia madre e, soprattutto, di mia sorella Immacolata, ho superato questa fase drammatica e ho deciso che, comunque sarebbe andata, avrei sfruttato qualsiasi momento che mi era concesso per vivere “al massimo” ogni istante e per rendermi utile ai malati che non avevano il carattere “tosto” come il mio.

Quando sono stata ricoverata in rianimazione per un arresto respiratorio, ho conosciuto delle persone meravigliose, che si sono prese cura di me, in una maniera incredibile. Professionalità e amore per il proprio lavoro e i propri pazienti. Fossi in voi, mi farei un giretto dalle mie parti. Mi piacerebbe farvi conoscere il primario, il dottor Vidili e anche tutti gli altri medici e infermieri che mi hanno curato. Sono tante le persone che mi hanno fatto apprezzare la vita. Non tutto quello che si dice sulla nostra sanità è vero. Io ho le prove: esistono tanti esempi di bravi medici anche nelle corsie dei nostri ospedali.

Dopo che mi hanno dimesso, in regime di ospedalizzazione domiciliare, ho iniziato a lottare per la vita dei malati. Credo ricordiate: qualche anno fa, si parlava molto di noi, perché in quel periodo c’erano diverse discussioni su alcuni malati di Sla che si volevano lasciare morire.
In quell’occasione ho conosciuto Tempi. Era il 2007 e, grazie al giornale, ho potuto esprimere il mio pensiero riguardo alla nostra condizione. Che, chiariamolo subito, è per la vita. La nostra è vita. Dentro la malattia si può vivere con grande dignità.

Oggi, grazie anche a un mio amico, Mario, lotto per far sì che queste mie convinzioni abbiano voce e perché la vita trionfi.
Ora voi direte: va bene, cara Susanna, ma se sei immobilizzata dalla testa ai piedi, come fai a scrivere sul sito di Tempi? Calma, ora ve lo spiego.
Proprio in quel periodo l’Asl mi ha messo a disposizione il My Tobii, un computer che mi permette di scrivere e di parlare, attraverso un sofisticato meccanismo che io comando con i miei occhi. Adesso, ad esempio, vi sto scrivendo con gli occhi (quindi, se trovate dei refusi, siate comprensivi…). Se venite a trovarmi – anche gli “scocciatori” sono benvenuti – possiamo pure farci una bella chiacchierata. Il caffè lo offro io.

Il My Tobii è stata per me una manna dal cielo. Ho potuto riaprire una finestra sul mondo. Posso viaggiare su Internet, leggere libri, stringere amicizie vie email e, in seguito, mandare sms.
Per me, e per tanti altri, è una cosa normale, l’importante è comunicare e far sentire la propria voce. Fra noi ci sono persone che dipingono tenendo il pennello con la bocca, la ballerina senza braccia, persone che corrono senza gambe…
Siamo persone ”normali” perché la malattia non ci ha annientato, anzi, forse ci ha fortificato. La nostra mente è libera e ci permette di vivere sempre e comunque con gioia e vitalità ogni istante. Non voglio dire che la nostra esistenza è facile, anzi è molto complicata e dobbiamo affrontare tanti problemi, ma vi chiedo: chi tra noi non ha problemi? Noi dobbiamo lottare un po’ più degli altri, ma è inutile piangersi addosso e fare gli struzzi, bisogna rialzarsi e andare avanti a “muso duro”.

Eccoci arrivati ai ringraziamenti. Circa tre anni fa, ho conosciuto Luigi Amicone e tutta la sua bellissima famiglia (ha dei figli splendidi) e adesso voglio ringraziare sia Luigi sia Lele Boffi che mi hanno offerto questa meravigliosa opportunità, di poter comunicare al mondo che anche se ci si ammala, si può provare lo stesso gioia nella vita e nelle cose quotidiane.
Intendo raccontarmi con tutte le mie gioie, i miei dolori e tutti i miei pensieri. Vi racconterò la mia quotidianità (d’altronde, c’è qualcosa di più interessante di ciò che accade nel quotidiano?). Spero vogliate seguire i miei racconti con grande entusiasmo, perché la mia vita si è solo modificata e non interrotta. Provo ancora gioia ed entusiasmo per quello che faccio e mi organizzo perché la giornata sia piena di impegni. Programmo tante cose, cercando di realizzarle tutte, e mi piacerebbe farvene partecipi. Vi ringrazio tutti. Un bacione, Susanna

- Susanna Campus - www.tempi.it -

 
 
 

CORSI "SALVA MATRIMONIO" NEI COMUNI: IL DIVORZIO E' UN PROBLEMA SOCIALE

Post n°7035 pubblicato il 21 Aprile 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Secondo le stime dell’Istat, sono circa 84 mila le coppie che si sposano ogni anno e a cui seguono 54 mila divorzi. I rapporti sono deboli, i legami durano mediamente 15 anni e poi si deve cambiare partner. Alla faccia delle associazioni di razionalisti che esultano per ogni divorzio in più, alcuni Comuni italiani, per far fronte a questa debolezza sociale, hanno deciso di proporre alle coppie sposate un ciclo di incontri “salva-matrimonio” (come a Bologna, Padova, Roma e Venezia), dove esperti (psicologi, avvocati, sessuologi) dialogano con le coppie per arginare la crisi matrimoniale. Il settimanale “Tempi” ha intervistato in merito la psicologa di coppia e della famiglia Vittoria Sanese, per capire se secondo lei questi corsi d’emergenza potranno servire. «Ben vengano iniziative volte a cercare di rimettere in carreggiata una situazione familiare complicata», ha spiegato, ma «la vera domanda potrebbe essere, come mai i Comuni organizzano questi corsi?». La psicologa infatti ritiene che «le amministrazioni locali si siano rese conto che i matrimoni in crisi non sono un problema della singola coppia, ma riguardano l’intera collettività».

Il punto debole delle unioni di oggi risiede, secondo lei, nel fatto che «le persone che decidono di sposarsi non sono davvero convinte che possa durare per sempre, è come se sapessero già che il loro rapporto avrà inevitabilmente una data di scadenza. Quando un fidanzato si dichiara all’amata e le dice “Ti amerò per sempre”, lo dice perché convinto emozionalmente ma non ragionevolmente. Più passerà il tempo e più l’emozione scemerà e il rapporto sarà irrimediabilmente compromesso».  Un altro motivo è che la forma dei rapporti è oggi di carattere strumentale: «chi decide di sposarsi con un’altra persona e di legarsi a lei lo fa pensando che d’ora in avanti il compito del suo partner sarà quello di farla stare bene, di emozionarla, capirla, sostenerla. Il rapporto andrà in crisi quando uno dei due non si sentirà più capito e sostenuto dal marito o dalla moglie e sentirà di stare meglio da solo, di “funzionare” senza l’altro», invece un matrimonio solido è un rapporto in cui la relazione con l’altro aiuta ad essere meglio se stessi, dove «ciascuno scopre di più se stesso e si riconosce esaltato nel proprio io». E invece oggi, con la moda dell’autodeterminazione, si pensa che «il mio “Io” lo trovo da solo, la relazione non mi costituisce, è solo un modo per avere accanto qualcuno con cui fare le cose che mi piacciono. Ma questa è la strada che porta all’addio», commenta la dott.sa Sanese.

L’impegno di questi Comuni è dunque apprezzabile, anche perché una relazione stabile risulta essere positiva anche dal punto di vista medico. Ogni mese vengono infatti pubblicate ricerche scientifiche a sottolinearlo, come ad esempio  lo studio recente condotto da sociologi della Emory University di Atlanta (Stati Uniti), secondo cui il matrimonio è un “farmaco salvacuore” molto efficace, visto che riduce di tre volte il rischio di non sopravvivere dopo un’operazione cardiaca -e l’effetto si mantiene perfino a distanza di tempo maggiore-, al contrario di quanto accade a chi è single, vedovo o divorziato.

- uccronline.it -

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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