ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 26/04/2012

EUTANASIA INFANTILE, SI PUO' PARLARE DI DIGNITA'?

Post n°7059 pubblicato il 26 Aprile 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

E’ di qualche tempo fa l’accesissimo dibattito intorno ad un articolo dei ricercatori Alberto Giubilini e Francesca Minerva, pubblicato sul Journal of Medical Ethics dal titolo Aborto post-natale: perché il neonato dovrebbe vivere?. Nell’articolo si sostiene che l’uccisione del neonato è lecita quando questi versa in uno stato di salute assai compromesso. In buona sostanza si tratta di infanticidio.

Ciò che gli autori di questo saggio ipotizzano è in verità già prassi consolidata in Olanda. Solo che lì la chiamano eutanasia infantile. E’ questione di prospettive: l’uccisione del bebè può essere interpretata come aborto tardivo o eutanasia precoce. Cambia il nome dell’omicidio ma sempre omicidio è.

Dicevamo che in Olanda questo tipo di pratica è ormai ben avviata (strano destino per un paese che unico non aderì al programma di eutanasia forzata imposta dal nazismo). L’infanticidio è infatti praticabile nel rispetto di alcune condizioni previste dal Protocollo Groningen del 2003: “Povera qualità della vita [tra cui la presenza di dolore fisico o psichico] – Mancanza di autosufficienza – Mancanza di capacità di comunicazione – Dipendenza ospedaliera – Aspettativa di vita”. Condizioni abbastanza diffuse se Eduard Verhagen, l’autore del suddetto protocollo, ammette dalle colonne del New England Journal of Medicine del 10 Marzo 2005 che su 1.000 bambini che muoiono nel loro primo anno di vita, 600 smettono di vivere per una pratica eutanasica. Insomma il 60%. Percentuale che potrebbe far stupire solo gli stolti: infatti quale è quel neonato, seppur sanissimo, che è autosufficiente, che non necessità di assistenza medica, che comunica come un adulto? Nessuno.

Il protocollo sin da subito fu oggetto di severe critiche non solo da occhiuti moralisti cattolici ma soprattutto da colleghi del dott. Verhagen. Ad esempio Hilde Lindemann e Marian Verkerk, benché approvassero nella sostanza le tesi del protocollo, nell’articolo scientifico Ending the Life of a Newborn: The Groningen Protocol (in The Hastings Center Report, 2008) appuntarono il fatto che stando ai criteri del protocollo era ben difficile discernere tra bambini con scarse possibilità di sopravvivenza da quelli con buone probabilità di farcela. Anzi affermavano che, a leggere con attenzione il protocollo, nell’insieme di coloro che sono destinati già alla tomba il dott. Verhagen include, nel rispetto dei parametri appena visti, i piccoli affetti da patologie di paralisi progressiva, quelli che per tutta la vita dovranno dipendere da altre persone o da macchinari, coloro che sono afflitti da un’incapacità permanente di comunicazione e quelli che ora stanno bene ma un giorno – chissà – magari soffriranno. Insomma non certo bambini moribondi. Tant’è che i due ricercatori, seppur filo-Verhagen, così chiosano: “Ricomprendendo [il dott. Verhagen] nel suo alveo i bambini che non sono in pericolo di morte e che con le cure adeguate potrebbero diventare adulti, il Protocollo si rivela ancora più radicale di quanto i suoi oppositori non avessero immaginato". Ovviamente va da sé che a rigor di logica nelle condizioni disegnate dal protocollo entrano a pieno diritto anche molti adulti: che siano dunque anche loro sottoposti ad eutanasia affinchè non soffrano più.

Riserve ancor più cocenti vengono poi dal neurochirurgo pediatrico Rod de Jong dell'ospedale Erasmo di Rotterdam il quale ha seguito per 5 anni 28 bambini affetti da spina bifida, soggetti che difficilmente potrebbero sopravvivere al filtro delle dolce morte del dott. Verhagen (ed infatti 22 neonati affetti da questa patologia sono stati uccisi tra il 1997 e il 2004 in Olanda). In uno studio pubblicato  sulla rivista scientifica Pedriatics il dottor de Jong ci informa che innanzitutto non è vero che chi è afflitto da questa patologia soffra in modo indicibile: solo il 3,3% dei casi infatti accusava simili dolori. E anche in questi casi - secondo aspetto importante - attraverso cure appropriate il dolore scompariva del tutto o era sopportabile. Ovviamente de Jong si è premurato di aggiungere che questo tipo di dolore è presente anche in altre patologie pediatriche e analogamente può essere efficacemente combattuto. Conclusione da parte del dott. de Jong: se il dolore insopportabile è uno di quei indici che fanno finire i neonati nella lista nera redatta dal protocollo Groningen, la possibilità di eliminarlo con paracetamolo o morfina dovrebbe escludere questi piccoli dall’essere candidati inconsapevoli di pratiche eutanasiche. La replica del dott. Verhagen non si è fatta attendere: “La sofferenza insopportabile va molto al di là del dolore. Stiamo parlando delle aspettative sul futuro di questi piccoli bimbi”. Per dirla in breve: è sempre il dott. Veraghen l’unico depositario dei criteri per comprendere quando una vita è degna di essere vissuta. Che la comunità scientifica si adegui.

Negli anni il numero di neonati che non sono riusciti a sfuggire alla falce del protocollo superano di certo la decina di migliaia. Un nuovo olocausto. Il termine non è fuori luogo perché gli storici ci ricordano che la soluzione finale nazista non è iniziata con gli ebrei, bensì con gli handicappati e i malati di mente. Un olocausto silenzioso dato che secondo uno studio del Journal of Medical Ethics, il 59% dei casi di eutanasia in Olanda non è segnalato dagli ospedali. Un olocausto che trova compiacenti i medici: Il 31% dei pediatri olandesi avrebbe praticato almeno una volta l’eutanasia e nel 20% dei casi senza nemmeno il consenso dei genitori. Il 60% dei medici si è detto “onorato” di poter “porre fine alla vita di un bambino sofferente”.

Il dott. Verhagen da par suo ammanta il tutto poi di un pietismo e un umanitarismo da brivido: “E’ dopo che sono morti che li vedi rilassarsi per la prima volta”. Gli fa eco il professor John Griffiths, docente di sociologia proprio a Groningen: “Vengono salvati troppi bambini. Gli olandesi sono molto sensibili all’idea di una morte dignitosa. C’è un elemento estetico in tutto questo”. Il famigerato bioeticista Peter Singer dalle colonne del Los Angels Times di qualche anno fa propose poi “un periodo di ventotto giorni dopo la nascita prima che un infante possa essere accettato con gli stessi diritti degli altri”.Viene da chiedersi il perché questi signori non diano mai loro per primi un esempio della bontà e della bellezza di queste loro tesi.

di Giovanna Arcuri - labussolaquotidiana.it -

 
 
 

26 APRILE: LE APPARIZIONI DI GROUCHIV (UCRAINA) DAL XVII AL XX SECOLO

Post n°7058 pubblicato il 26 Aprile 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

La storia di Grouchiv (Hrushiv) inizia nel XVII secolo, quando la Vergine apparve, nella parte inferiore del villaggio. Il popolo, per commemorare l'avvenimento, piantò in quel luogo un salice. Un secolo più tardi, ai piedi del salice sgorgò una sorgente e la gente veniva per raccogliere quell'acqua chiara.

Avvennero molte guarigioni che resero famoso il santuario. Nel 1806, Stepan Chapowskyj vi dipinse una immagine della Vergine. I paesani la fissarono sul salice e si intensificarono i pellegrinaggi in quel luogo, tanto che il proprietario del terreno, seccato dal fatto che i pellegrini lo calpestassero, decise di chiamare un miscredente, J.Kina, per costruire una barriera intorno al salice; ma, secondo la memoria popolare, tutta la famiglia Kina perì poco tempo dopo.

Nel 1856 scoppiò una epidemia di colera. Una donna vide allora in sogno la Madre di Dio: «Figlia mia, ti prego di pulire il pozzo profanato. Celebratevi una messa e la morte cesserà di colpire il villaggio». È quello che avvenne: l'epidemia cessò e si costruì sulla sorgente una cappella dedicata alla Santa Trinità. Più tardi, al tempo di Stalin, l'annessione dei greco-cattolici alla Chiesa Ortodossa rese impossibile l'accesso alla cappella.

La Chiesa greco-cattolica pagò la sua fedeltà a Roma con il carcere e innumerevoli morti. È in questo contesto che il 26 aprile 1987, giorno dell'anniversario di Chernobyl e all'alba della perestroika, una giovinetta di 11 anni, Maria Kizyne, ha delle apparizioni della Vergine, sotto forma di una silouette in marcia. La bambina non parlò molto del fatto, ma divenne più diligente e cominciò a pregare meglio. Le settimane seguenti, molta gente cominciò a recarsi al villaggio, anche da molto lontano e molti affermavano di aver avuto delle visioni della Vergine. Tra loro, si trovava Josyp Terelya, che riconobbe la Vergine che aveva visto in prigione, in punto di morte, e la sua testimonianza si propagò con grande clamore.
Nato nel 1943, Josyp Terelya fu allevato dalla nonna materna, fervente cattolica. Diviene militante dell'Azione Cattolica e fervente adoratore dell'Eucaristia. Ma, fidanzato all'età di 19 anni, venne incarcerato e rimase in prigione per 15 anni (1962-1976).

Quando fu liberato, la sua fidanzata, che l'aveva aspettato, poté finalmente sposarlo. Josyp le confidò, allora, le due apparizioni della Vergine, durante il suo periodo in carcere. Il 12 febbraio 1970, nella prigione di Vladimir, a 165 Km a nordest di Mosca, la Vergine gli apparve invitandolo al perdono incondizionato, soprattutto verso i nemici, i Russi moscoviti.

Maria gli fece inoltre questa predizione: «Hai davanti a te anni di prove e di umiliazioni. La Russia resta nell'oscurità e nell'errore. Non ci sarà pace sino a quando il popolo si pentirà e si compirà l'opera di mio Figlio; non si avrà pace poiché questa non può venire che là, dove esista la giustizia. Prega per i nemici, dimenticali ed un cammino di luce si aprirà davanti a te.»

Una seconda apparizione avvenne due anni dopo: «Il 12 febbraio 1972 (...) mi trovavo nella cella di isolamento. La stanza era fredda da morire; soffrivo sino alla radice dei capelli. Soltanto una lampada sospesa rischiarava la camera. Sollevai il manicotto vicino alla lampada per scaldarmi le mani; ma la guardia mi vide dallo spioncino e spense la luce. (...) Non riuscivo a muovermi. Mi sdraiai sulla branda in attesa di morire. Fu allora che sentii il caldo contatto di una mano femminile, dolce come il latte. Mi sentii riscaldato. Sentivo del calore nella stanza. Pensai di avere delle allucinazioni o che stavo morendo. Ma fu allora che udii la voce: «Mi hai chiamata e sono venuta da te. Non credi che sono io?» Allora vidi davanti a me una giovane donna. La prima volta mi disse: «Non sarai liberato da questa prigione; non hai percorso che la metà del cammino, ma non aver timore, io sto con te.»
Tre mesi dopo la sua liberazione, Josyp Terelya si recò a Grounchiv. Racconta: «La vidi, come vedo voi. Volevo raggiungerla, toccarla. La sentii e potei toccarla. Allo stesso tempo, riuscivo a parlare con altri che si trovavano là. L'atmosfera era di pace. Era la Madre di Dio, viva, una gemma viva! Parlava con noi. La sua figura era piena di vita. Degli adulti la videro, tutti i bambini la videro. E noi non l'abbiamo appena vista, noi l'abbiamo sentita. Gli uni hanno inteso una cosa, altri, un'altra. Maria parlava a ciascuno. Eravamo circa 52 mila.

Quando mi rivolse la parola, cominciò dicendo: Figlia mia, Ucraina, figlia mia, sono venuta da te. Tu sei la più ridotta in schiavitù, quella che più ha sofferto per la fede in Cristo.» Ci chiese poi di pregare, di insegnare ai bambini la preghiera, il Rosario, di pregare costantemente per i defunti. Io udii queste parole: «Sono venuta da voi perché qui il popolo fervente divulgherà il mio messaggio dappertutto. So dove devo andare. Vado dove è meglio per mio Figlio. Ricordatevi che il peccato è il piacere proibito. La Madre di Dio vi dice di offrire le vostre vite. Ognuno di voi deve partecipare alle sofferenze di Gesù. In questo modo, credetemi, riscatterete le anime che sono cadute nel peccato.. Non abbiate timore e pregate, pregate, pregate incessantemente. Riconoscete Gesù, pubblicamente. Non vergognatevi di fare il segno della croce. Preparatevi per le grandi persecuzioni e nuovi sacrifici. Stanno per accadere grandi cose. Nelle Filippine i cattolici sono scesi per la strada senza che i soldati sparassero loro. Verrà l'ora che la Madre di Dio agirà in maniera uguale anche nell'Unione Sovietica. (...) L'Ucraina diventerà indipendente (...) Voi litigate spesso per orgoglio e umana vanità. Pregate. La preghiera, il Rosario, vi salverà. L'anticristo fa di tutto per sconfiggervi. Ricordatevi : la pace viene soltanto dalla Redenzione. La pace è calma e riposo e voi non state ancora in pace. »

Questo fatto avvenne all'inizio della perestroika. Fu il catalizzatore di una presa di coscienza nel momento in cui il regime cominciò, esitante, a mettere fine alle persecuzioni. Da questo punto di vista, l'avvenimento riveste una importanza storica, è il momento chiave nel quale la libertà dell'uomo ha riorientato il corso della storia...

Tratto da R. Laurentin, Comment la Vierge Marie leur a rendu la liberté, (Come la Vergine ha reso loro la libertà) - mariadinazareth.it -

 
 
 

DATE PER MORTO IL CRISTIANESIMO, SE NE AVETE CORAGGIO

Post n°7057 pubblicato il 26 Aprile 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

A Vito Mancuso preoccupa che, nel mondo, sia in forte calo il numero dei credenti. Ad allarmarlo, nello specifico, è un rapporto dell’Università di Chicago che conferma, dalle nostre parti, l’eclissi del sacro. Per la verità la notizia circola da quasi mezzo secolo, ma si vede che alla redazione di Repubblica è giunta solo di recente. Tanto da meritare, per l’appunto, un commento di Mancuso, il quale ha naturalmente colto la palla al balzo per azzannare la Chiesa, che non ne vuole sapere «di guardare in faccia la situazione e correre ai ripari abolendo la legge ecclesiastica e non biblica del celibato sacerdotale, aprendo al diaconato e al cardinalato femminile, rivedendo le leggi anacronistiche in tema di morale sessuale e di disciplina dei sacramenti» (La Repubblica, 20/4/2012, p. 31).

Ringraziato Mancuso per l’originalissimo sermone, proporrei, per par condicio, di dare la parola a qualcun altro. Tranquilli, non penso al cardinal Ruini, al cardinal Bagnasco e neppure al Santo Padre: penso direttamente a Lui, al Principale, a Gesù Cristo. Il quale, nel suo soggiorno terrestre non ha mancato – a proposito di calo di partecipazione dei fedeli – di impartire una lezione molto interessante. La riferisce il Vangelo di Giovanni, allorquando «molti discepoli, dopo aver udito» quello che Gesù aveva predicato, «dissero:”Questo parlare è duro; chi può ascoltarlo?”» (Gv, 6:60). Curioso: già allora c’era chi si lamentava, chi trovava difficilmente praticabile il messaggio cristiano. Il Figlio di Dio però fece solo una cosa: tirò dritto. Al punto che «da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui» (Gv, 6:66); al punto che perfino i dodici furono sul punto di lasciarlo: «Perciò Gesù disse ai dodici: “Non volete andarvene anche voi?”» (Gv, 6:67).

Nessun cambio di rotta, tuttavia: anche a costo di restar solo, Gesù rimase sulle sue posizioni, sul suo «parlare duro». Non concesse neppure mezza “apertura” alle critiche dei discepoli. Forse per testardaggine, forse perché non aveva letto Mancuso o forse perché quanto aveva da dire – e da testimoniare – aveva, ed ha, un prezzo “non trattabile”. Del resto, che Cristo non fosse così interessato alla popolarità lo dimostra anche il fatto che la gente, quando fu il momento, non seppe preferirlo non dico ad un brav’uomo, a qualcuno che faceva beneficienza o a un cittadino modello, ma a Barabba: rendiamoci conto. E dire che il Figlio di Dio, specie quando la situazione, dopo l’Ultima cena, stava per precipitare, avrebbe potuto anch’egli «guardare in faccia la situazione e correre ai ripari». Ma non lo fece e continuò a vivere, più scomoda che mai, la sua missione.

Se questo, dunque, fu l’atteggiamento del Capo, perché mai oggi la Chiesa dovrebbe, dinnanzi al calo della fede, «correre ai ripari»? Ai ripari, se avessero a cuore il destino della loro anima, dovrebbero correre coloro che abbandonano la fede per l’idolatria (magari spacciandola per agnosticismo o ateismo) e magari anche Vito Mancuso, mica altri. Quanto a Repubblica, è da un pezzo che insistono. Ad accusare la Chiesa di essere poco popolare, intendo. Ricordo che giusto qualche anno fa – era il 25 marzo 2009 – in prima pagina, in alto a destra, il quotidiano di Ezio Mauro, con la solita inchiesta-sondaggio, spiegava che le posizioni di Benedetto XVI sul testamento biologico e sul profilattico sarebbero condivise solo da una esigua minoranza di italiani. Benissimo, e allora? Perché a Repubblica, dove sono tutti perbene e “laici”, seguitano ciclicamente a preoccuparsi della scarsa attenzione sociale al Magistero della Chiesa? Evitino certe pagliacciate, per favore. E festeggino. Suvvia, avanti: diano pure il Cristianesimo per morto. Tempo tre giorni e potrebbero avere delle sorprese.

(Fonte: http://campariedemaistre.blogspot.it/) - libertaepersona.org -

 
 
 

ABORTO: PERCHE' NON SI PARLA MAI DELL'ASPETTO CLINICO

Post n°7056 pubblicato il 26 Aprile 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Sul web è presente una sorta di tema-tabù sull’aborto. Si parla un po’ di tutto, esistono punti di vista differenti, analisi logiche dettagliatissime. Ma c’è un aspetto di cui si parla poco: in cosa clinicamente consista. Con sorpresa, la maggior parte dei testi, anche quelli più specialistici, evitano l’argomento. Perché? È interessante notare, ad esempio, come nel Glossario fornito dall’Istat del 2011 per gli anni 2008-2009, non esista una voce che descriva la procedura clinica adottata.

Invece sono tenute ben distinte le voci “Aborto” e “IVG”. Non è un dettaglio da poco. Sono la stessa cosa, ovviamente, ma nel primo caso (quello semanticamente più forte), l’aborto viene definito «interruzione della gravidanza prima che il feto sia vitale, cioè capace di vita extra uterina indipendente ». Cerchiamo di capire. Se uno si fermasse alla prima parte della frase, penserebbe che il feto «non è vitale», dunque privo di vita, o almeno mancante di esistenza propria. Ma non è così. Il feto è vivo, e tuttavia è incapace di esistere al di fuori del grembo materno.

Estrarlo coincide esattamente con l’ucciderlo. Una società con un’etica ben salda darebbe rilievo a quest’ultimo aspetto, mentre una società dai parametri scombinati insisterebbe su quel “prima che… vitale” per giustificare la propria innocenza. Per specificare, sempre la stessa voce dice: «Si distingue l’aborto spontaneo dall’aborto indotto o interruzione volontaria della gravidanza».

Da un lato si ha «l’aborto spontaneo», naturale, dall’altro si ha un qualcosa di diverso che, con eufemismo ben studiato, viene prima siglato e poi neutralizzato con «interruzione volontaria della gravidanza». La voce IVG, infatti, descrive l’aborto solo in termini legali, tecnici, freddi. Ed è chiaro il motivo: mentre aborto si capisce subito, IVG è poco comprensibile e rende il tutto più stemperato.

È un po’ come la propaganda in Inghilterra, sottolineata da Gianfranco Amato (I nuovi Unni, p. 132-134): lì si preferisce chiamare l’aborto medical care (cura medica) e i movimenti che lo sostengono pro choice (a favore della scelta) che tutelano l’abortion right (il diritto all’aborto). Che poi si tratti di decisione che uccida o meno una creatura viva fa parte delle specifiche, come fosse un dettaglio marginale. Il dato importante sembra essere la cura, la libertà di scelta, l’autodeterminazione della donna, ed è su questo che la propaganda abortista fa leva.

Ma la percentuale della cosiddetta “cura”, gli aborti procurati per la salute fisica e mentale della donna, in Italia come in Inghilterra non sono che uno zero virgola un numero. Numeri bassi, peraltro già compresi nella legislatura precedente al 1978 (vedi art. 54 del Codice Penale sullo “Stato di necessità”). Si faccia attenzione poi alla parola auto-determinazione perché, messa così, sembra che la donna possa scegliere per qualcosa che riguarda solo lei.

Quasi che un bambino fosse una massa di cellule amorfe, un pezzo smontabile, che si può togliere come la carta da parati in casa. Invece si tratta anche di etero-determinazione, una decisione che si prende al posto di un altro. È bene sempre sottolinearlo, perché a forza di eufemismi e di acronimi si rischia di perdere il senso della gravità di ciò che si sta facendo. Il senso vero dovrebbe essere questo: si faccia attenzione a parlare semplicisticamente di aborto, perché il bambino abortito avresti potuto essere tu. Ora tu puoi amare, decidere, sorridere, lavorare o disperarti perché una mamma, la tua, ha deciso che valevi di più di una “causa economica”.

O peggio ancora, che valevi meno della sua libertà. Le parole usate per descrivere questa scelta sono ambigue, sbagliate o controverse. Possono ingannare. Personalmente apprezzo la consapevolezza e sto sulle difensive quando qualcuno o qualcosa cerca di nascondermi la verità o me la racconta con parole poco chiare. Va da sé, poi, che la consapevolezza e l’informazione creerebbero non pochi dubbi nell’opinione pubblica, ma è proprio questo che i gruppi pro-choice vorrebbero evitare.

La consapevolezza. I percorsi per addormentare le coscienze della gente sono proprio questi: spostare il baricentro del discorso, presentare come positiva una realtà negativa. Nessuna dittatura, per quanto spietata, si è mai presentata come distruttiva verso il popolo, ma ha sempre motivato le proprie scelte come belle, sane, produttive per chi le segue. Per avere un’informazione corretta e autorevole sull’isterosuzione, la pratica abortiva più utilizzata, bisogna prendere invece testi come quelli di Rodríguez-Luño, Scelti in Cristo per essere santi, III, manuale a cura della Facoltà di Teologia “Santa Croce”. A pagina 194 troviamo questa descrizione: «Viene allargato l’orifizio esterno del collo uterino, e viene introdotta una cannula allo scopo di estrarre il nascituro mediante l’aspirazione, prodotta da un apparecchio simile all’aspirapolvere domestico, ma molto più potente. La morte del nascituro viene provocata smembrandogli le braccia e le gambe. I resti fetali diventano una marmellata sanguinolenta».

Non è necessario commentare ulteriormente, ma qualsiasi medico con parole più o meno diverse (magari tecniche) vi confermerà che è vero. Cercate su internet, fra le immagini, basta digitare “isterosuzione” o “metodo Karman”. Ma la domanda è soprattutto questa: è giusto che si possa leggere una descrizione dell’aborto come questa solo (o quasi) in un libro di Teologia Cattolica? Perché non la si può trovare anche nel Glossario dell’Istat, nelle specifiche della legge 194 o in qualche altro testo di portata pubblica? È forse troppo brutale, di cattivo gusto?

Se non si ponesse l’accento sulla brutalità del gesto, non si capirebbe perché a distanza di 34 anni molti sentono ancora come un dovere aprire una discussione sulla legge sull’aborto. Se non fosse brutale, chi contesta la legge 194 apparirebbe come un matto che si scalda per niente. Se tutti stessero zitti, vorrebbe dire che la società ha davvero fatto un passo avanti. Verso brutalità ancora peggiori.

(Davide Greco) - corrispondenzaromana.it -

 
 
 

"PROGETTO GEMMA", UN SI ALLA VITA

Post n°7055 pubblicato il 26 Aprile 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Ingegnere fiorentino, classe 1929, Mario Paolo Rocchi nel lontano 1975 è stato il cofondatore del primo Centro Aiuto alla Vita italiano (CAV), nonché colui che ideò, nel 1993, quel "Progetto Gemma" recentemente ricordato da Giuliano Ferrara in prima serata nella sua Radio Londra. Insieme alla figlia della santa Gianna Beretta Molla, a Olimpia Tarzia e ad altri pro-lifer, Rocchi sarà uno dei premiati alla grande Marcia per la Vita del 13 maggio a Roma. Un appuntamento, questo, che per il boom di adesioni ricevute e per l’interesse internazionale che va suscitando, per molti osservatori sta ponendo le basi per rivoluzionare il modo di pensare alla difesa della vita, almeno in Italia: bandire ogni forma di tatticismo per far spazio al coraggio scomodo della verità. Mario Paolo Rocchi risponde a La Bussola Quotidiana.

 
Ingegner Rocchi, qual era il clima all’epoca del vostro primissimo CAV in quell’ormai lontano 1975?

È presto detto: alla straziante faciloneria con cui Adele Faccio, leader Radicale, andava dicendo in giro che uccidere un bambino era come ammazzare un gatto, si aggiungeva per la città di Firenze un vero e proprio shock dovuto a una scoperta tremenda.

Quale?

La bella villa del medico radicale Giorgio Conciani, sulle colline fiorentine, fu scoperto essere da questi destinata ad ambulatorio abortivo, per di più attivissimo. Fu proprio Emma Bonino, che lì accompagnava carovane di madri (e non si limitava ad accompagnarle..), a riferire di centinaia di aborti ivi praticati. I giornali parlarono della "clinica degli angeli", ma dopo quella mattanza di bambini furono in molti in città a chiedersi cosa fare per fermare quell’orrore.

Aggiungo che i sostituti procuratori che si occuparono del caso, e cioè proprio quel Carlo Casini che molti anni dopo diventò il presidente del Movimento per la Vita insieme a Giuseppe Cariti, accertarono «che nella villa dove era l’ambulatorio si trovava anche la sede fiorentina del Partito radicale». Ma torniamo alla vostra reazione...
Questa si concretizzò con la nascita del primo Centro di aiuto alla vita. Crescevamo tra l’autorevolezza scientifica del dottor Enrico Ogier, primario di ostetricia e ginecologia all’Ospedale Careggi e docente di patologia ostetrica all'Università di Firenze, e l’apporto d’idee del filosofo Luigi Lombardi Vallauri (prima che mutasse radicalmente atteggiamento rispetto alla verità cristiana insegnata dalla Chiesa Cattolica), il quale portò in dote il concetto di diritto naturale. Ci ritrovavamo nella basilica fiorentina di San Lorenzo, armati solo di un ciclostile o poco più, ma da lì la nostra attività di aiuto alle madri fece subito notizia. Bastò un piccolo box sul periodico Famiglia Cristiana e fummo catapultati al centro dell’attenzione, tanto da dover accettare inviti dai gruppi più diversi, curiosi di sapere cosa facessero questi "strani cristiani". Ma non erano solo rose e fiori, tutt’altro. Eravamo oggetto di violenze continue, al dottor Ogier, per esempio, incendiarono la macchina per due volte, ci sentivamo al sicuro solo dentro la nostra San Lorenzo.

Ma lei, un ingegnere che ha collaborato al primo satellite sperimentale italiano di telecomunicazioni, il progetto S.I.R.I.O a cui ha anche inventato il nome, che ci faceva tra quei "carbonari" dei primissimi cattolici pro-life?

Guardi, io all’epoca ero uno di quelli che una volta si chiamavano "cattolici anagrafici", cioè cattolici solo per nascita. Ma proprio in quanto progettista avevo sviluppato una grossa esperienza di lavoro di gruppo che mi servì non poco: provi a mettere insieme tanti cattolici, il rischio serio è che tutti parlino e nessuno ascolti.. Ma al di là di tutto, proprio da uomo abituato alla verità dei dati scientifici non potevo non difendere la realtà lapalissiana di una vita nascente che si voleva furiosamente e ideologicamente negare. Il risultato? Dal 1975, cioè dalla nascita nel “nostro” primo CAV fiorentino, sono stati ben 130mila i bambini salvati e ad oltre 500mila le donne assistite. Un risultato ottenuto grazie all'opera degli oltre 4mila operatori volontari e ai 73mila sostenitori. Perciò, non andrò certo in paradiso per il satellite S.I.R.I.O, sono questi i numeri che fanno di un ingegnere un ingegnere felice!

…Felice e pieno di zelo se è vero che, non ancora pago, a lei si deve anche l’ideazione del “Progetto Gemma”, l’offerta alla madre di un sostegno economico per permettere al bambino di venire al mondo…
Sì, nell’ottobre del 1993 ebbi questa intuizione e scrissi subito all’allora presidente della Fondazione Vita Nova, opera del Movimento per la Vita, l’Avv. Francesco Migliori. L’idea mi nacque perché nel 1992, sempre a Firenze, era nata "Agata Smeralda", un’associazione che adotta a distanza bambini nelle zone più povere del mondo. Era una cosa bellissima, mi dicevo, ma... per i bambini ancora non nati? Perché non adottare anche loro? Migliori, che non aveva problemi nel delegare e nell’ascoltare idee non sue, dopo qualche settimana mi rispose con slancio e affetto: era un "sì”"pieno. Serviva un nome. Pensai subito a Gemma, dal Devoto-Oli lessi: «di cosa o persona che presenti pregi personali». Mi dissi che lo stesso fatto di esserci era un pregio grande. Io, Francesco Migliori, Giuseppe Garrone (1939-2011) e l’inventore di "Mani tese" Silvio Ghielmi, in qualche modo i motori del "Progetto Gemma", avevamo sempre preso sul serio la vecchia lezione del Lombardi Vallauri di allora: far capire alla madre che il bambino che era in lei era la cosa per noi più preziosa al mondo, una gemma appunto. Su questa immagine arrivarono poi anche le interpretazioni teologiche, con la Gerusalemme del libro dell’Apocalisse, «Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima», e la gemma del campo di Matteo.

Vogliamo ricordare come funziona concretamente il "Progetto Gemma"?

Dobbiamo, direi. Ricordiamoci sempre che per far nascere un bambino il nostro aiuto può essere assolutamente decisivo! Sostenere un’adozione prenatale a distanza significa aiutare la mamma con un contributo mensile di €160 per un periodo di almeno 18 mesi: gli ultimi 6 mesi di gravidanza e i primi 12 mesi di vita del bambino. L’aiuto va versato direttamente a uno dei 300 CAV italiani i quali penseranno a mettere in collegamento le mamme più bisognose con chi desidera aiutarle. A questo punto il bimbo che nascerà sarà figlio di un atto d’amore puro e disinteressato perché i CAV garantiscono l’anonimato sia della madre che dell’adottante.

Il benefattore non incontrerà mai la madre con il suo bambino?

Qui sta il bello. Siccome il Progetto Gemma non è il classico fund-raising, come per esempio la Caritas: assicura una gratificazione per tutti. Durante il periodo di adozione, quindi, si riceveranno alcune notizie, le più importanti: la data di nascita, il nome del bimbo salvato ed eventualmente la sua fotografia. Cose che sciolgono il cuore, provare per credere. Terminati i 18 mesi, poi, se la madre acconsente e l’adottante lo desidera, questi potranno conoscersi e continuare il rapporto indipendentemente dalla mediazione del CAV. Nascono così delle amicizie fortissime, eterne. Non è raro che l’adottante diventi, quasi in automatico, padrino o madrina di battesimo del bimbo che ha aiutato a far nascere.

Cosa si aspetta dalla Marcia per la Vita del 13 maggio?

Era da tempo che aspettavo questo momento. Una manifestazione pubblica, festosa, di popolo in difesa della vita, nella città che è il centro della cristianità, con adesioni convinte di cardinali - e che cardinali!.. Angelo Bagnasco, Tarcisio Bertone, Marc Ouellet, Camillo Ruini, Carlo Caffarra, Stanislaw Rylko, Angelo Comastri, Raymond L. Burke -, di tanti vescovi. E poi gli insostituibili Francescani dell’Immacolata, l’Opus Dei, lettere commuoventi anche da Chiese lontane, penso a quella dell’arcivescovo di Astana, nel Kazakistan, mons. Tomasz Peta. Tutto questo è un fatto nuovo e clamoroso. Spero solo che i mezzi di comunicazione si dimostrino liberi, laici per davvero. Probabilmente questa marcia segnerà una svolta nell’approccio che gli italiani hanno con quel «delitto abominevole», come lo definisce il magistero del Concilio Ecumenico Vaticano II nella costituzione apostolica Gaudium et spes, che è l’aborto. Lo spero con tutto il cuore.

di Valerio Pece - labussolaquotidiana.it -

 
 
 

MESSAGGIO DELLA REGINA DELLA PACE DI MEDJUGORJE DEL 25 APRILE 2012

Post n°7054 pubblicato il 26 Aprile 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Cari figli! Anche oggi vi invito alla preghiera e ad aprire il vostro cuore verso Dio, figlioli, come un fiore verso il calore del sole. Io sono con voi e intercedo per tutti voi. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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