ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 14/05/2012

IL FONDAMENTO DEL PECCATO: ANALISI DELLA DECANDENZA DEL SENSO DEL PECCATO

Post n°7133 pubblicato il 14 Maggio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Noi sacerdoti che ci dedichiamo al ministero della confessione possiamo toccar con mano la attuale decadenza del senso del peccato. Mi capita spesso di confessare persone di 70-80 anni, cristiane sin dalla fanciullezza, dalle quali ci si attenderebbe una coscienza particolarmente delicata ed esperta, le quali invece mostrano di ignorare che cosa è il peccato proprio in quel luogo, il confessionale, dove il credente dovrebbe dar maggiore testimonianza con lucidità ed umiltà di questo aspetto comune ed inevitabile della nostra condotta cristiana. Tutt’al più queste persone sanno molto bene i peccati degli altri, sanno esprimere con chiarezza e dovizia di particolari, magari risalendo fino agli anni passati, i torti ricevuti, sanno definire bene i vizi degli altri, ma, se il confessore si azzarda a invitare a confessare i propri peccati, spesso si sente dire: “non ho fatto niente di male”. E il confessore: “Neppure peccati veniali?”. Risposta: “No”. “Da quanto tempo non si confessa?” “Da quattro mesi… da un anno…”.

Ecco allora il dovere del confessore di spiegare con carità, competenza e pazienza che in realtà, come insegna il Concilio di Trento, tutti noi quaggiù, per quanto santi e virtuosi, commettiamo spesso ed inevitabilmente dei peccati veniali, quando non cadiamo nel peccato mortale, il quale peraltro, con la buona volontà, si può evitare per molto tempo. Ma già la mancanza di umiltà che si constata in questi “penitenti”, getta nel confessore qualche dubbio. Si potrebbe pensare ad una forte dose di ignoranza invincibile?

I peccati veniali non sono gravi, non tolgono la grazia, ma sono peccati e quindi vanno tolti con opportune pratiche penitenziali normalmente personali, senza bisogno che ci sia bisogno di confessarsi tutte le volte. Che vuol dire che sono peccati? Che essi sono causati almeno da un minimo di cattiva volontà, ossia da un atto deliberato di compiere un’azione cattiva che sapevamo esser cattiva. E questo perché? Perché a seguito del peccato originale, ognuno di noi certo nasce con tendenze buone, ma anche con tendenze cattive.
Per questo pecchiamo, perché alcuni peccati ci piacciono. Non so quante volte ho dovuto ripetere questo discorso ad un’infinità di penitenti nella mia ormai lunga esperienza di confessore. Di solito i penitenti, dopo una lunga spiegazione da parte mia, con opportuni paragoni tratti dal Vangelo, come quello della cura medica o dell’igiene fisica, mi si dicono soddisfatti. Altri invece sono talmente incalliti nei loro pregiudizi, che o non capiscono quello che dico o non si convincono, si stupiscono, come se sentissero cose mai sentite. Altri, più raramente, addirittura si offendono, come se li accusassi di colpe che non hanno. Quanta pazienza ci vuole, ma anche quanta tristezza!

Approfitto pertanto della generosità di questo meritorio sito cattolico per ricordare alcuni concetti fondamentali, che dovrebbero esse legati alla semplice coscienza morale naturale, attinenti alla questione generale del peccato, nella speranza di aiutare ed illuminare quelle anime disposte ad ascoltarmi che avessero qualche incertezza o avessero involontariamente idee sbagliate.
La prima cosa da dire è qual è l’origine e la causa prima del peccato nella vita presente. Essa è la nostra volontà, la quale per prima cosa rifiuta la verità sul bene. Questo lo si dice poco. Di solito quando si parla di peccato, si parla di atti che riguardano la prassi, la condotta pratica, il fare, le opere. Non è sbagliato, ma è insufficiente e non si va alla radice del problema. In realtà il peccato nelle opere ha una radice prima, più profonda, che è il peccato del pensiero.

Prima del peccato della volontà c’è il peccato dell’intelletto, che rifiuta la verità o si fonda su un falso concetto della verità, come per esempio quello idealistico, per il quale non è la nostra idea che deve conformarsi al reale esterno, ma è il reale (le cose) che devono conformarsi alle nostre idee. La conseguenza in campo morale è che la legge morale non è un dato oggettivo proveniente da Dio ma è un semplice effetto di quello che noi decidiamo indipendentemente da Dio o sostituendoci a Dio o fingendo di parlare a nome di Dio.
Capita sì che mi sento dire: “ho fatto pensieri cattivi”. Ma questa spesso è una formula stereotipata (chissà perché) per dire che “ho avuto pensieri contrari alla castità”, come se tutti i pensieri cattivi si risolvessero nel peccare contro la castità. Alla mia domanda: “contro quale virtù lei ha avuto pensieri cattivi”, il penitente spesso rimane perplesso e spiazzato come se gli chiedessi una cosa strana o volessi scuriosare. E allora con fatica emerge che ha peccato contro la purezza. Ma non sempre. Altre volte emerge che ha peccato contro altre virtù.

Dunque il peccato radicale ed originario in questa vita è la ribellione della nostra volontà alla verità oggettiva riguardante la legge divina. Dio comanda la fedeltà alla mia donna? Ebbene, a me piace andare con un’altra. Dio comanda di non rubare? Ebbene a me piace rubare. Dio comanda che gli si renda culto? Ebbene a me piace bestemmiare. Dio comanda l’umiltà? Ebbene a piace fare quello che mi pare. E così via.

I peccati cominciano dunque dal voler sostituire ciò che è oggettivamente vero – il vero bene – con una “verità” che mi costruisco io per conto mio e per coonestare o dare una parvenza di giustificazione all’azione peccaminosa che mi piace e per la quale mi sento inclinato. Questa ribellione alla verità è il peccato di superbia. Non voglio fare la volontà di Dio ma la mia. E’ chiaro che nella condotta buona devo usare la mia volontà. Ma dovrei ricordare che la mia volontà è buona se è conforme alla volontà di Dio, conforme alla verità sul bene, cosa che purtroppo peccatore come sono, non sempre ricordo o voglio ricordare.

Dal peccato di pensiero escono poi tutti gli altri peccati della volontà nell’azione e nella condotta pratica di ogni giorno. Ma se voglio colpire il peccato alla radice, devo colpire al livello del pensiero, devo correggere eventuali miei pensieri peccaminosi o sbagliati, ossia, come si dice nella tradizione ascetica, devo colpire il peccato spirituale, perché il pensiero è eminentemente atto dello spirito. Il peccato nasce dallo spirito e non dalla carne. Se la carne pecca è perché lo spirito la fa peccare.

Certo esistono i peccati passionali (per esempio peccati di ira o di sesso) e possono essere anche gravi. Ma tutto sommato essi sono peccati di debolezza, perché la volontà debole è vinta dalla passione. La vera malizia, e quindi la vera colpa, che può essere anche diabolica, è la libera, deliberata, premeditata e consapevole malizia della volontà.
Indubbiamente dovrò combattere anche contro i vizi “carnali”. Ma la forza per combattere contro questi la posso trarre solo dall’onestà e dalla limpidezza intellettuali con le quali, sostenuto da una forte volontà e dalla grazia divina, mi sforzo di conoscere e volere la verità nel campo del bene.
Se io concepisco la verità non come mia adeguazione al reale, ma, magari in nome della libertà, come dichiarare vero quello che io voglio che sia vero, dando per reale quelli che non son altro che miei discutibili pensieri, i miei impulsi istintivi o passionali, le mie fissazioni o le mie idee soggettive, parto già col piede sbagliato.

Altro punto importante per avere il vero senso del peccato è l’aver presente che il peccato vero e proprio, quello che dev’esser materia del confessionale, quello del quale ci si può e ci si deve pentire e del quale si deve chieder perdono a Dio, quello del quale si deve far penitenza, è un atto sì cattivo ma volontario. Cioè non basta che sia cattivo (per esempio non andare a Messa la domenica), ma dev’essere anche voluto o volontario, insomma deliberato, e quindi in tal mondo responsabile e veramente colpevole, bisognoso della divina misericordia, sempre naturalmente che si sia pentiti.
E’ incredibile invece quanti penitenti si accusano, per esempio, di non essere andati a Messa e alla mia domanda circa il motivo, emergono fatti o situazioni oggettivi, cause di forza maggiore, che in realtà, se non tolgono del tutto la colpa, la diminuiscono o anche l’annullano. Il che vuol dire che non si distingue il volontario dall’involontario e con ciò stesso si non si sa più che cos’è il peccato. E’ come se in confessionale mi accusassi che mi è venuto il male ai calli o il mal di testa, o non di esser stato capace di saltare tre metri. Si confonde il “non ho voluto” con il “non ho potuto”, “non sono stato capace di” o “non sono riuscito a fare”.

Se chi viene a confessarsi si confessa così, c’è da chiedersi che concetto hanno del peccato coloro che non si confessano. E’ diffusa l’idea che in fondo siamo tutti buoni, che la mala fede o la cattiva volontà o la cattiva intenzione non esistano. Si è perduto il senso dell’oggettività, della sacralità e dell’universalità della legge morale come divino comandamento, disobbedendo al quale, nei casi gravi, si dà l’eterna dannazione.
Si è generalmente convinti, che siccome Dio è “buono” tutti ci salviamo. Oppure si riconosce di peccare, ma non si è pentiti. Si riconosce che Dio o la Chiesa comandano certe cose, ma a ciò si contrappone una convinzione personale contraria, alla quale si preferisce dare la propria adesione, come se i comandi di Dio o della Chiesa fossero cose opinabili, dove si sia liberi di scegliere o rifiutare.
Certo esistono ancora gli scrupolosi, ma il clima generale di oggi è quello o della coscienza lassa o quello di un impressionante soggettivismo morale oppure la convinzione di non aver fatto nulla, per cui “non si sa che cosa dire” al confessore. Alcuni anziani che dovrebbero avere una lunga esperienza di come ci si confessa, mi dicono: “Mi faccia delle domande”. Ed io rispondo: “Ma quando lei va dal medico, sa già che disturbo ha oppure chiede al medico che le faccia delle domande?”.

Tutto ciò denota una situazione gravissima, alla quale occorre urgentemente correre ai ripari. E’ chiaro che qui il primo dovere è dei Pastori, perché se le anime si trovano in questa penosa situazione, è chiaro che non sono curate ed istruite dai confessori, giacchè non si può pretendere dai semplici fedeli quella scienza circa la questione del peccato, che spetta invece eminentemente ai confessori.
Su questa materia certo non mancano indicazioni importanti anche recenti del Magistero della Chiesa. Tutti siamo invitati ad essere esperti in questa materia, perché se noi ci facciamo delle idee per conto nostro pascendoci di vane illusioni, la realtà resta quella che è, e un giorno potremmo avere troppo tardi un amaro risveglio.

- Padre Giovanni Cavalcoli - libertaepersona.org -

 
 
 

LA VERGINE MARIA CAMMINA CON NOI

Post n°7132 pubblicato il 14 Maggio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Le dichiarazioni di padre Caesar Atuire dell'Orp e del vescovo Benedetto Tuzia all'arrivo della statua della Madonna pellegrina

Una calorosa accoglienza ha dato il benvenuto alla statua itinerante della Madonna di Fatima, giunta ieri, domenica 13 maggio nella Capitale. La prima tappa nella basilica di San Giovanni in Laterano, dove un concerto e la recita del santo rosario hanno voluto omaggiare la Madonna “pellegrina”, prima di iniziare la celebrazione della Santa Messa presieduta dal cardinale vicario, Agostino Vallini.

“Questa è l’ottava edizione e come ogni anno, il 13 maggio, riceviamo qui a Roma la statua della Madonna di Fatima nella giornata del pellegrino in collegamento video con il Santuario di Fatima”, ha dichiarato a ZENIT, l’amministratore delegato dell’Opera Romana Pellegrinaggi, padre Caesar Atuire.

“Quest’anno, a causa anche della crisi – ha proseguito – molte persone non sono riuscite a visitare il Santuario di Fatima, e quindi noi dell’Orp abbiamo lanciato un’idea in tutti i social network di internet: «Chiunque abbia un’intenzione da chiedere alla Madonna, la scriva e ce la invii». In due settimane sono arrivate 720 richieste da oltre 20 Paesi, che abbiamo messo poi in una busta ai piedi della Madonna”.

A concludere l’evento, il cardinal Vallini, il quale ha invitato i presenti a prendersi due impegni: il primo a favore di tutti quei giovani “che si sentono scoraggiati perché vedono negare il loro diritto a costruirsi un futuro da tante difficoltà”, affinché “nella famiglia dove vivono possano trovare testimonianze di amore e di speranza”.

Il secondo, invece, a favore dei piccoli. “Insegniamo a pregare – ha detto - cominciando dai bambini piccoli, nelle case, dovunque si vive, e proseguendo con i ragazzi, gli adolescenti, i giovani, perché la preghiera è un raggio di sole che ci fa trovare l’amore infinito per Dio”.

“Non lasciate mai la Santa Messa della domenica”, ha esortato poi il Cardinale Vicario, aggiungendo: “non dispensatevi con facilità e poi venite magari solo a pregare la Madonna di Fatima. Chiediamo anzi alla Vergine di Fatima di aprirci il cuore e suscitare in noi, in questo tempo di Pasqua, il desiderio di una vita santa”.

Dalla Basilica Lateranense, la statua di Maria si è poi spostata nella parrocchia di Santa Maria delle Grazie alle Fornaci, dove resterà fino a domenica 20 maggio. Grandi manifestazioni di gioia hanno accolto l’arrivo di Maria, portata a spalla da alcuni giovani parrocchiani.

Applausi e canti sono, infatti, risuonati nel piazzale della parrocchia, a due passi dal “Cupolone”, prima che la Madonna facesse il suo ingresso nella Chiesa, dove ad attenderla, oltre ai numerosi fedeli, c’era monsignor Benedetto Tuzia, vescovo ausiliare per il settore Ovest di Roma, intervistato da noi di ZENIT subito dopo la celebrazione.


Eccellenza, nella sua omelia, lei ha affermato che le parole pronunciate dalla Vergine a Fatima nel 1917 non si rivolgono soltanto ai tre pastorelli a cui è apparsa, ma, ancora oggi, a tutti noi. In che modo si può considerare attuale il messaggio della Madonna di Fatima?

Mons. Tuzia: La sua attualità si evidenzia nelle grandi ispirazioni che esso ha comunicato. Sono ispirazioni, infatti, che sottolineano i bisogni del nostro tempo: innanzitutto la pace, reclamata in tanti piccoli o grandi eventi; poi la conversione, ovvero la capacità di rinnovarci e di non essere prigionieri di situazioni che non vanno. Queste situazioni, di fatto, non sono solo negative, ma impediscono il nostro cammino verso Dio, l’essere noi stessi nelle forme più alte e più nobili. Soprattutto il messaggio di Maria è un invito alla preghiera, che è il sostegno di tutta la nostra azione, il grande servizio che facciamo per il mondo.

Riguardo a tali situazioni negative, lei nell’omelia ne ha nominata una in particolare: la paura. La paura sembra essere, infatti, un elemento caratteristico della società di oggi: basti pensare alla paura dell’altro o alla paura dei giovani per il futuro. In che modo la Madonna può essere un aiuto a superarla?

Mons. Tuzia: La paura si supera con la consapevolezza che il Signore è con noi e questo, la presenza di Maria, ce lo ricorda costantemente. Lei stessa l’ha vissuto, quando l’Arcangelo Gabriele l’ha invitata a non aver paura di prendere certe decisioni perché “il Signore è con te”. Quindi anche per noi, l’ispirazione ad assumere un atteggiamento di speranza deve venire dal credere veramente che il Signore è con noi. La Vergine, in questo cammino, si fa nostra compagna di strada e ci dice: “Guardate, sono accanto a voi! Non siete soli a dover risolvere i vostri problemi, ma avete la mia forza e la mia intercessione”.

A tal proposito, il Santo Padre, nell’Udienza generale di mercoledì scorso, ha esortato i giovani a non abbandonare, soprattutto in questo mese mariano, la preghiera del Rosario….

Mons. Tuzia: Infatti! Il Rosario purtroppo è interpretato come una pratica ripetitiva. E forse è vero, è ripetitivo! Ma lo è allo stesso modo con cui si è ripetitivi mentre si dialoga con il proprio amato, nel senso che le parole e le espressioni sono sempre le stesse - “ti amo, ti voglio bene, ecc” – perché vogliono confermare i nostri sentimenti. Celebrare, quindi, le lodi di Maria attraverso la preghiera del Rosario, è un modo per affermare, istante dopo istante, i nostri sentimenti di amore e di fede verso questa Madre misericordiosa.

Si può dire, quindi, che sia fondamentale pregare il Rosario?

Mons. Tuzia: Non solo è importante, ma è anche bello! Spero che soprattutto i giovani, abituati oggi a preghiere più spontanee ed entusiastiche, possano riscoprire la bellezza di questa forma di preghiera. Il Rosario, infatti, con la sua ripetitività, è come se “dettasse il ritmo”, scandisse in maniera ordinata il “respiro” della nostra vita.

- Salvatore Cernuzio e  H. Sergio Mora - ZENIT -

 
 
 

I MARISTI E IL MAGNIFICAT

Post n°7131 pubblicato il 14 Maggio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Maria è povera, con le mani vuote, “preparata da Dio, cioè continuamente espropriata di se stessa per accogliere i doni del Signore. Il Magnificat inizia con un dialogo d’amore “L’anima mia magnifica il Signore”, è l’espressione della gratitudine che risponde al Signore il quale “ha fatto di me grandi cose”.

Nel cantico del Magnificat ci viene presentato un itinerario che occorre percorrere per vivere la virtù della “povertà” in esso; per le nostre comunità, la “povertà” può divenire infatti missione e testimonianza davanti al mondo. La virtù-povertà è infatti un segno con cui Dio rivela il suo amore verso di noi ed un atteggiamento di vita con cui testimoniamo il suo amore al mondo.

Il Magnificat inizia con un dialogo d’amore “L’anima mia magnifica il Signore”, è l’espressione della gratitudine che risponde al Signore il quale “ha fatto di me grandi cose”.

In questo dialogo noi troviamo Maria “la donna povera” perché da un lato si lascia preparare dal Signore e riceve da lui i doni che le riempiono le mani, e lascia fare grandi cose al Signore, ma nello stesso tempo è povera perché oltre a questa disponibilità ad essere “preparata”, dimostra anche disponibilità ad essere “mandata”. È sempre con le mani attivamente vuote per ricevere i doni, come quando si è sentita “colmata di grazia”; è ancora con le mani vuote per offrire questi doni, come quando si è sentita dire “lo chiamerai Gesù”; in una espressione che indicava tutta la missione di Cristo; accanto alla sua, aperta al mondo. Maria è povera, con le mani vuote, “preparata da Dio, cioè continuamente espropriata di se stessa per accogliere i doni del Signore; Maria è povera anche quando è continuamente “mandata” da Dio, perché ancora espropriata dei doni che le ha dato in funzione degli altri.

Noi maristi non possiamo non essere coinvolti in questa povertà, dobbiamo perciò avere le mani attivamente vuote per accogliere tutti i doni che il Signore ci dà. È un aspetto fondamentale, mi sembra, della nostra spiritualità. “Mio Dio, fate attraverso di me delle grandi cose... io riconosco il mio nulla, l’onnipotenza di Dio, facendo questa preghiera” (E.S., Doc 132, § 28).

Ma è anche “povertà” permettere che egli ci espropri continuamente di noi stessi e dei suoi doni, quando lasciandoci ancora con le mani attivamente vuote, egli ci chiede di non conservare per noi i doni, perché essi diventano veramente tali quando ce ne sentiamo espropriati dalla missione che il Signore ci affida; diventiamo così i poveri a cui è annunciato e che annunciano il Regno.

A questo punto saremo dei poveri, ma la povertà non sarà solo una nostra virtù, sarà anche il mezzo con cui il Signore rivela il suo amore verso di noi che riempie di doni per invitarci “in missione”. Così la povertà deve divenire veramente il nostro stile, uno stile che permette a Dio di manifestare il suo amore per ogni singolo “che invia” verso il mondo. Ma questa povertà che accoglie e che dona non è una virtù anonima, e neanche una virtù innata; è una virtù che ha nella storia della salvezza dei protagonisti, dagli anâwim del Vecchio Testamento di cui il Cantico di Anna è un’espressione, ai due grandi protagonisti del Nuovo Testamento Maria e Gesù.

È attraverso questi modelli che riusciamo a comprendere i lineamenti veri di questa povertà.

Di fronte ai grandi problemi della vita dobbiamo ispirarci a questi modelli, per presentarci con una volontà chiara in risposta alle esigenze che ci vogliono presenti nel mondo.

Quali sono questi lineamenti di Maria e Gesù poveri?

Direi che Maria è stata povera e “per la sua umile condizione” e per la sua assoluta adesione alla proposta di Dio: “Sia fatto di me secondo la Tua parola”. Gesù ha abbandonato ogni avere: “il Figlio dell‘uomo non ha neanche dove posare il capo”, ha rifiutato la tentazione del “potere-contare” rifiutando di essere Re, rifiutando le altre proposte, non lasciandosi avvolgere dalle cose che contano quando si è espropriato di se stesso, offrendosi al Padre ed agli uomini nel suo abbassamento (kenosis).

Siamo dunque, come figli di Maria, invitati a far divenire vita questo Cantico; impegnandoci ad essere continuamente in cammino, evitando le posizioni che installano, per vivere veramente al di là dell’avere”, al di là del “potere” attraverso una serie di gradini che l’esperienza di Dio ci farà percorrere.

Può essere questo per noi una parte della scala della nostra kenosis o abbassamento

    dall’avere non solo fino al dare ma... fino ai darsi; dare è sempre un atto di ricco; darsi è…condividere
    dal potere all’accoglienza
    chi ha potere invade la vita dell’altro
    chi accoglie fa come Maria che sa apparire e ritirarsi, per essere “serva” nella missione di Gesù
    chi accoglie non invade la vita degli altri, neppure con la scusa di far loro del bene.
    dal valere al valorizzare
    passare dal “valere” delle cose che contano nel mondo al “valorizzare” ciò che è piccolo.

Un grande impegno ci si offre allora ed un lungo cammino, se crediamo che povertà sia trascurare le cose che valgono di fronte al mondo, per valorizzare le cose trascurate

    essere sempre per via, andando lì dove gli altri non vogliono o non possono andare
    trascurare ciò che “brilla” per scegliere il servizio nelle situazioni di emergenza sia come religiosi che come gruppi laicali
    saper rifiutare la cultura dell’apparire e dell’effimero per realizzare nelle comunità e nelle famiglie ciò che la nostra vocazione esige
    non far contare, nelle comunità, in primo luogo, le grandi iniziative, le statistiche, i successi ma la santità invisibile.

Passare dal valere al valorizzare ci porterà come discepoli e discepole di Colin al servizio degli emarginati: i poveri della malattia, del reato, della fragilità, dell’anonimato; i “pellegrini” della carta bollata” negli uffici della burocrazia, dell’assistenza pubblica. In questi d’altronde si realizza oggi la kenosis di Cristo, perché ci richiamano una vera presenza del Signore nel mondo.

Maria è la Serva del Signore.

Cristo è il Servo di Yawhé.

Il Padre ha guardato “alla sua povera serva” o “alla sua umile condizione”. Il Padre ha mandato “il Figlio diletto”.

Mi sembra che questa sia una strada essenziale, per la nostra missione, perché sarà la nostra povertà a divenire servizio come è stato per un Colin, uno Champagnat, una Chavoin, una Perroton. Questa riflessione ha tentato di presentare Gesù e Maria come poveri.

A noi di seguirli!

E nel seguirli ripensare con fiducia e gioia le parole di Maria: “Il Signore ha fatto in me grandi cose” e le parole di Gesù: “Lo Spirito del Signore è sopra di me”.

Il dono dello Spirito ricevuto, nella docilità, ci renderà capaci di diventare “poveri servi”, che fanno crescere il mondo nella risurrezione di Cristo e che sono un segno trasparente che il mondo viene ricostruito nella verità.

-  Franco Gioannetti - dimensionesperanza.it - donboscoland.it -

 
 
 

PERCHE' HAI FIDUCIA IN ME CHE SONO UN PRETE?

Post n°7130 pubblicato il 14 Maggio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Una storia vera raccontata da Padre Piero Gheddo, del PIME

Alcuni giorni fa esco dal Pime alle 9 del mattino per andare in centro città a Milano con la Metropolitana. Una ragazza mi viene incontro e mi ferma:

- Mi scusi, lei è un prete… Vorrei chiederle un favore. Dica per me una preghierina perché sono in difficoltà.

- Va bene, prego per te, ma posso sapere come ti chiami e quale grazia chiedi al Signore?

- Mi chiamo Tiziana (nome fittizio) e chiedo a Dio tante grazie perché non me ne va bene una. Il mondo oggi è una….

- Non dire più queste parole.

- Ma questa è la verità, tutti pensano solo a se stessi.

- Ti sei mai chiesta perché? Te lo dico io. La nostra società, le nostre famiglie, le singole persone si sono allontanate da Dio, l‘unico che può aiutarci a combattere il nostro egoismo. Senza la preghiera e l’aiuto di Dio diventiamo tutti egoisti. Comunque stai tranquilla, prego per te, ma tu preghi?

- Non vado più in chiesa, qualche volta faccio un pensierino alla Madonna, ma non mi va più di pregare.

- Senti, Tiziana (nome fittizio), perchè tu hai fiducia in me?

- Perché voi preti e anche le suore siete in contatto con Dio e Dio vi ascolta.

- Dio ascolta tutti quelli che si rivolgono a lui, perché è il Padre di tutti, ti ha creata Lui e ti vuole bene. Tu devi ritornare alla fede, alla preghiera. Guarda, ti do l’immaginetta di mio papà e mia mamma, Rosetta e Giovanni, che se Dio vuole, diventeranno Beati. Pregali perché loro sono proprio vicini a Dio.

Tiziana guarda un po’ l’immagine e dice: “Hanno proprio gli occhi buoni” e intanto si mette a piangere lì, sulla strada. La gente ci passa di fianco ma lei non la vede nemmeno. Le sue sono lacrime vere che le scorrono sulle guance. Povera e cara donna! Le dico:

- Tiziana, non piangere, mi sei simpatica perché vedo che soffri e commuovi anche me. Il tuo problema è di riprendere il contatto con Dio, con Gesù e la Madonna. Questa sera, siediti e metti sul tavolo l’orologio. Per un quarto d’ora prega. Devi pregare, cioè parlare con Dio. Non basta un pensierino di sfuggita, devi dare a Dio il suo tempo e anche a te il tempo di ascoltare Dio che ti parla. Quanto più preghi con sincerità, tanto più senti che Dio ti è vicina,ti ama, ti aiuta, ti conforta, ti ispira. Lo sai il Padre Nostro e l’Ave Maria? Lo leggi il Vangelo? Hai mai recitato il Rosario?

- Sì, le preghiere le so, il Rosario lo diceva mia mamma, ma il Vangelo non l’ho mai letto.

- Allora vieni a trovarmi al Pime che è qui vicino e te lo regalo io.

Ho ringraziato il Signore che l’ha messa sulla mia strada. E prego ancora per lei, che lo Spirito Santo la illumini quando prega e legge il Vangelo. Sono le piccole e grandi soddisfazioni che Dio dà a noi preti e suore che andiamo in giro e siamo riconosciuti come tali. E mi consola il fatto che Rosetta e Giovanni sono convincenti anche a prima vista. Anche questa è “nuova evangelizzazione”.

- ZENIT -

 
 
 

LA VERITA' SULL'8x1000, AL DI LA' DELLE LEGGENDE ANTICATTOLICHE

Post n°7129 pubblicato il 14 Maggio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

E’ tempo di dichiarazione dei redditi e di 8×1000, e puntualmente prendono vita le crociate e le campagne anticlericali. Anche quest’anno, entrando nel merito, rispondiamo alla Leggenda nera sull’8×1000, la quale si divide convenzionalmente in tre voci:

 
1) L’8X100 E’ UN OBBLIGO?  L’8 per mille, come anche il 5 per mille, è la destinazione di una quota delle tasse già dovute, cioè non significa una maggiorazione delle imposte come molte voci anticlericali dicono. E’ ovvio anche che non esprimerla non fa risparmiare sulle tasse (anzi, avvantaggia l’ente che ha preso più voti, come diremo dopo). E’ una scelta volontaria, nessuno obbliga a firmare per lo Stato, per la Chiesa cattolica, per quella valdese, per quella luterana, per le comunità ebraiche e così via.

2) IL MECCANISMO AVVANTAGGIA LA CHIESA CATTOLICA?
Il meccanismo di ripartizione funziona in modo che “chi firma decide anche per chi non firma”, cioè la quota dei contribuenti che non ha firmato viene suddivisa tra i destinatari secondo la proporzione risultante dalle scelte espresse. Detto in modo più semplice, questo meccanismo avvantaggia chi ha avuto la maggiore quota di preferenze. Domanda: quale colpa ha la Chiesa cattolica se è lei a ricevere la maggioranza delle preferenze del 40% dei contribuenti che esprime una scelta? Non si sa, ma bisogna incolparla comunque. Se la maggioranza firmasse per lo Stato o per la Chiesa valdese (qualcuno lo impedisce?), siamo sicuri che le stesse campagne anticattoliche andrebbero avanti comunque. L’otto per mille, citando l’importante dossier creato da Umberto Folena, non dà alcuna garanzia alla Chiesa, che ogni anno si sottopone al giudizio (democratico) dei cittadini, i quali possono darle la firma o rifiutargliela. Le garanzie, se così vogliamo chiamarle, c’erano semmai prima del Concordato del 1984, quando ancora i preti privi di altri redditi ricevevano dallo Stato il cosiddetto “assegno di congrua”. Garanzie a cui la CEI ha rinunciato, in accordo con lo Stato, rimettendosi alla volontà degli italiani. L’otto per mille è una forma di democrazia diretta applicata al sistema fiscale. Ogni lamentela è puramente ideologica.

3) LA CHIESA CATTOLICA DESTINA POCO ALLA CARITA’?  Secondo la leggenda, la Conferenza Episcopale Italiana (che è il vero beneficiario, e non la Chiesa o il Vaticano come dicono i disinformati) nasconderebbe la vera distribuzione dei fondi ricevuti, evitando di dire che una parte minore dell’8×1000 andrebbe ad esigenze di carità. Innanzitutto, da sempre la Cei pubblica l’esatto rendiconto, il quale appare anche sulla pagina 418 del Televideo Rai, sui settimanali diocesani, sul sito ufficiale www.8×1000.it, e anche sul quotidiano “Avvenire”, che informa costantemente sull’utilizzo dei fondi, senza nessun nascondimento segreto. In secondo luogo, occorre capire un piccolo concetto.

Secondo questo dettagliato rapporto si vede che nel 2011 468 milioni sono stati destinati a “Esigenze di culto della popolazione”, 235 milioni di euro a “Interventi caritativi” e 361 milioni di euro a “Sostentamento del clero”. Sembrerebbe quindi giustificata la tesi della “leggenda nera” (“solo” 235 milioni alla “carità”). Poi però se si va a leggere il dettaglio, sotto la voce “Esigenze di culto della popolazione“ fanno parte anche «esigenze relative, ad esempio, alle problematiche familiari, alla realizzazione di strutture educative e ricreative per ragazzi [...], ad attività pastorali che si fanno sempre più articolate e si proiettano maggiormente in prospettiva evangelizzatrice e missionaria [...], iniziative che abbiano come scopo la conoscenza, la tutela e conservazione dei beni culturali ecclesiastici (in Italia il 70% del patrimonio artistico è di carattere religioso) [...], attività di promozione dell’ecumenismo e della pace, attività di promozione pastorale per i detenuti, attività di formazione dei giovani lavoratori, sostegno di associazioni per la promozione delle famiglie…». Insomma è un investimento nella società, nei futuri missionari, nell’educazione, in progetti di ecumenismo, da cui traggono beneficio tutti (non si è interessanti comunque? Benissimo, si firmi tranquillamente per altri beneficiari).

Superiamo la voce “Interventi caritativi”, che evidentemente è  direttamente rivolta alle opere missionarie della chiesa, e arriviamo alla voce “Sostentamento del clero”.  Anch’essa è di fatto un investimento nella carità, perché i missionari nei Paesi del Terzo Mondo vanno pagati, i sacerdoti e le suore che organizzano le mense dei poveri vanno pagati, occorre che si mantengano, a meno che si voglia chiedere ai poveri di pagare (un sacerdote prende dalle 800 alle 1000 euro al mese e non va mai effettivamente in pensione). E’ una forma indiretta di sostegno della carità, come -esempio banale- lo stipendio allo spazzino è un modo indiretto per garantire la pulizia della propria città. Questa terza voce della “Leggenda Nera” è quella più diffusa, e per capire meglio questo (non troppo complicato) concetto, si invita a visitare il sito “Chiedilo a loro” (www.chiediloaloro.it) . Inoltre, è opportuno citare ancora l’ottimo lavoro di Folena (avvenire.it/shared/laveraquestua/la%20vera%20questua.pdf,) che spiega l’errore anti-clericale: non è corretto leggere l’impegno della Chiesa nel nostro Paese attraverso la schema rigido di un rendiconto amministrativo. Perché, ad esempio, il prete che ispira e anima un progetto di carità finisce sotto la voce “sostentamento del clero”, mense, centri di ascolto e case d’accoglienza, immobili a servizio della carità, finiscono sotto la voce “culto e pastorale”. Dunque l’investimento nella “carità”, non è tutto quello che appare sotto la diretta voce della rendicontazione.

CONCLUDENDO: anche quest’anno destiniamo l’8×1000 alla Chiesa cattolica e invitiamo tutti a fare altrettanto. E’ l’unico ente sufficientemente attrezzato e radicato sul territorio per permettere davvero che questi soldi siano utilizzati nel modo più efficace possibile. Se non ci credete, chiedetelo a loro.

POST SCRIPTUM:  Significativo sottolineare come una delle associazioni più impegnate in questa crociata anticlericale sia l’UAAR, ovvero gli atei fondamentalisti italiani. Si è però scoperto che lei stessa aspira (senza riuscirvi) ad accedere all’8×1000, tanto da arrivare ad auto-definirsi (prendendo in giro i propri iscritti) una “confessione religiosa” nel Ricorso straordinario allo Stato, di cui abbiamo già parlato e che si può trovare ancora sul loro sito web: «è stata disconosciuta la qualificazione non solo di confessione religiosa, ma anche quel­­la di associazione religiosa: ma un’u­­nione di atei non è né una società sportiva né un partito politico né può essere qualcosa di diverso da una associazione con fine di religione [...], e l’UAAR, come si è detto, si interpreta come religione». E ancora: «l’ateismo non potrebbe nemmeno essere distinto dalla religione» (avviso per il segretario Raffaele Carcano: è inutile che, come al solito, ora tenterai di nascondere la pagina in questione, la quale è già stata opportunamente “fotografata”). Vuole auto-concepirsi come “confessione religiosa”, per «determinati fini o per conseguire vantaggi legislativamen­te previ­sti, come confessione», «vantaggi non soltanto morali, ma anche concreti», come quelli «di tipo patrimoniale (attribuzione dell’otto per mille del gettito IRPEF, deducibilità del­le erogazione liberali dei fedeli) e non patrimoniali (ac­cesso al servizio radiotelevisivo pubblico e riserva di frequenze; insegnamento dottrinale su richiesta nelle scuo­le pubbliche)». Ricordano infine che «l’UAAR, in quanto confessione religiosa ai sensi dell’art. 8 c. III Cost., risulta titolare di tale interesse».

- www.uccronline.it -

 
 
 
 
 

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Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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