ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 10/09/2012

IL VANTAGGIO DI ESSERE CRISTIANI: CREDENTI CONTRO CREDULONI

Post n°7410 pubblicato il 10 Settembre 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Vi do una notizia un po’ riservata. Vi rivelo un segreto; ma, mi raccomando, resti tra noi. La notizia è questa: grande è la fortuna di noi credenti. Grande è la fortuna di chi è «cristiano»; cioè appartiene, sa di appartenere, vuole appartenere a Cristo. Grande è la fortuna dei credenti in Cristo. Però non andate a dirlo agli altri: non la capirebbero. E potrebbero anche aversela a male: potrebbero magari scambiare per presunzione il nostro buon umore per la felice consapevolezza di quello che siamo; potrebbero addirittura giudicare arroganza la nostra riconoscenza verso Dio Padre che ci ha colmati di regali. C’è perfino il rischio di essere giudicati intolleranti: intolleranti solo perché non ci riesce di omologarci – disciplinatamente e possibilmente con cuore contrito – alla cultura imperante; intolleranti solo perché non ci riesce di smarrirci, come sarebbe «politicamente corretto», nella generale confusione delle idee e dei comportamenti.

Conoscere il senso di ciò che si fa

È già una fortuna non piccola e non occasionale – che ci viene dalla nostra professione di fede – quella di conoscere il senso di alcune piccole consuetudini e di alcune circostanze occasionali. Per esempio, tutti mangiamo il panettone a Natale, ma solo i credenti sanno perché lo mangiano. Non è che il loro panettone sia necessariamente più buono di quello dei non credenti: è semplicemente più ragionevole. Un altro esempio: un po’ d’anni fa eravamo tutti eccitati e in tripudio per il suggestivo traguardo del Duemila che ci sarebbe stato dato di raggiungere: ma l’emozione e la festa dei credenti erano meglio motivate. Noi non ci sentivamo emozionati e in festa soltanto per la rotondità della cifra (duemila!); eravamo presi e allietati dal forte ricordo di un evento che è centrale e anzi unico nella storia: il ricordo del bimillenario dall’ingresso sostanziale e definitivo di Dio nella vicenda umana. Quell’anno appunto ci veniva più intensamente richiamata la memoria dell’Unigenito del Padre che è divenuto nostro fratello e si ravvivava in noi con vigore singolare la grande speranza che duemila anni fa ha incominciato ad attraversare la terra. Come si vede, tutta l’umanità festeggiava il Duemila; ma la nostra festa era innegabilmente più consistente e più razionalmente fondata.

Conoscere il senso di tutto

Chi è «di Cristo» riceve in dotazione anche la certezza dell’esistenza di Dio. Ma non di un Dio filosofico, che all’uomo in quanto uomo non interessa granché; non di un Dio che viene chiamato in causa solo per dare un cominciamento e un impulso alla macchina dell’universo, e poi lo si può frettolosamente congedare perché non interferisca e non disturbi; non di un Dio che, dopo il misfatto della creazione, parrebbe essersi reso latitante. Questa è, press’a poco, la concezione «deistica», e non ha niente a che vedere né con l’insegnamento del Signore né con la nostra vita. C’è anzi da dire che tra il deismo e l’ateismo, per quel che personalmente ci riguarda, la differenza non è poi molta. Il nostro Dio è «il Padre del Signore nostro Gesù Cristo», come amava ripetere san Paolo. E lo si incontra, incontrando Gesù di Nazaret e il suo Vangelo: «Nessuno conosce il Padre se non il Figlio – lo ha detto lui esplicitamente – e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo» (Mt 11,27).

Credenti e creduloni

Coloro che si affidano a Cristo – che è «Luce da Luce», cioè il Logos sostanziale ed eterno di Dio – sono inoltre abbastanza difesi dalla tentazione di affidarsi a ciò che è inaffidabile. Anche questa è una fortuna non da poco. È stato giustamente notato come il mondo che ha smarrito la fede non è che poi non creda più a niente; al contrario, è indotto a credere a tutto: crede agli oroscopi, che perciò non mancano mai nelle pagine dei giornali e delle riviste; crede ai gesti scaramantici, alla pubblicità, alle creme di bellezza; crede all’esistenza degli extraterrestri, al new age, alla metempsicosi; crede alle promesse elettorali, ai programmi politici, alle catechesi ideologiche che ogni giorno ci vengono inflitte dalla televisione. Crede a tutto, appunto. Perciò la distinzione più adeguata tra gli uomini del nostro tempo parrebbe non tanto tra credenti e non credenti, quanto tra credenti e creduloni.

La sfortuna dell’ateo

Si può intuire quanto sia grande a questo proposito la nostra fortuna, soprattutto se ci si rende conto davvero della poco invidiabile condizione degli atei. I quali, messi di fronte ai guai inevitabili in ogni percorso umano, non hanno nessuno con cui prendersela. Un ateo – che sia veramente tale – non trova interlocutori competenti e responsabili con cui possa discutere dei mali esistenziali, e lamentarsene. Non c’è nessuno contro cui ribellarsi, e ogni sua contestazione, a ben pensarci, risulta un po’ comica. Di solito, in mancanza di meglio, finisce coll’aggredire i credenti; ma è un bersaglio che non è molto appagante, perché i credenti (se sono saggi) se ne infischiano di lui e non gli prestano molta attenzione. Un ateo, se non vuol clamorosamente rinunciare a ogni logica e a ogni coerenza, è privato perfino della soddisfazione di bestemmiare. E questa è la più comica delle disavventure. Clave Staples Lewis (l’autore delle famose Lettere di Berlicche), ricordando il tempo della sua incredulità, confessava: «Negavo l’esistenza di Dio ed ero arrabbiato con lui perché non esisteva».

Un Dio buono, che non permette il male

Gesù poi – rivelandoci, attraverso il mistero della sua passione e della sua gloria, che anche l’umiliazione, la sofferenza, la morte trovano posto in un disegno d’amore che tutto riscatta e alla fine conduce alla gioia – ci preserva anche dalla follìa di chi arriva a ipotizzare, fondandosi sulla sua stessa personale esperienza, che un Dio probabilmente esiste; ma, se esiste, è malvagio e causa di ogni malvagità. È il sentimento espresso, per esempio, nella spaventosa professione di fede di Jago nell’Otello di Verdi all’atto secondo: «Credo in un Dio crudel che m’ha creato simile a sé». Il Dio che ci è fatto conoscere dal Redentore crocifisso e risorto, è un Dio che ci vuol bene e, come dice san Paolo, fa in modo che «tutto concorra al bene per quelli che sono stati chiamati secondo il suo disegno» (cf. Rm 8,28); tutto concorre al nostro bene anche quando noi sul momento non ce ne avvediamo. È la verità consolante ed entusiasmante che Gesù ci confida, quasi suprema sua eredità, nei discorsi dell’ultima cena: «Il Padre vi ama» (Gv 16,27). Il Padre ci ama: con questa certezza nel cuore ogni difficoltà, ogni tristezza, ogni pessimismo diventa per noi superabile.

Conoscendo il Padre conosciamo noi stessi

Facendoci conoscere il Padre, Gesù ci porta anche alla miglior comprensione di noi stessi: ci fa conoscere chi siamo in realtà, quale sia lo scopo del nostro penare sulla terra, quale ultima sorte ci attenda. «Cristo – dice il Concilio Vaticano II – proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore, svela anche pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione» (Gaudium et spes 22). Così veniamo a sapere – e nessuna notizia è per noi più interessante e risolutiva di questa – che siamo stati chiamati ad esistere non da una casualità anonima e cieca, ma da un progetto sapiente e benevolo. Veniamo a sapere che l’uomo non è un viandante smarrito che ignora donde venga e dove vada né perché mai si sia posto in viaggio, ma un pellegrino motivato, in cammino verso il Regno di Dio (che è diventato anche suo) e verso una vita senza fine. Il dilemma tra l’essere increduli e l’essere credenti è in realtà il dilemma tra il ritenersi collocati entro un guazzabuglio insensato e il conoscere di essere parte di un organico e rasserenante disegno d’amore. L’alternativa, a ben considerare, sta fra un assurdo che ci vanifica e un mistero che ci trascende; alternativa che esistenzialmente diventa quella tra un fatale avvìo alla disperazione e una vocazione alla speranza. Perciò san Paolo può ammonire i cristiani di Tessalonica a non essere malinconici e sfiduciati come gli altri; «come gli altri – egli dice – che non hanno speranza» (1Ts 4,13). Questa è dunque la sorte invidiabile di coloro che sono «di Cristo»: dal momento che «conoscono le cose come stanno», non sono costretti ad appendere ai punti interrogativi la loro unica vita.

«Dove c’è la fede, lì c’è la libertà»

Un’altra grande fortuna di coloro che sono «di Cristo» è quella di essere liberi. Abbiamo ricevuto a questo riguardo una precisa promessa: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Gv 8,31-32). Il principio di questa prerogativa inalienabile del cristiano è la presenza in noi dello Spirito Santo: «Dove c’è lo Spirito del Signore, c’è libertà» (2Cor 3,17); quello Spirito che, secondo la parola di Gesù, ci guida alla verità tutta intera (cf. Gv 16,13). Vale a dire, come abbiamo appena visto, ci chiarifica «le cose come stanno». Sant’Ambrogio enuncia icasticamente questo caposaldo dell’antropologia cristiana, scrivendo in una sua lettera: «Dove c’è la fede, lì c’è la libertà».

di card. Giacomo Biffi, arcivescovo emerito di Bologna - da “Avvenire” - uccronline.it -

 
 
 

AMIAMO LA CHIESA: SAREMO GIUDICATI SULL'AMORE A DIO E ALLA SUA SANTA CHIESA

Post n°7409 pubblicato il 10 Settembre 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Alla sera della vita, avverte san Giovanni della Croce, saremo giudicati sull’amore. Sull’amore a Dio e alla sua Santa Chiesa, anzitutto, poiché“non può avere Dio per padre chi non ha la Chiesa per madre”, ammoniva san Cipriano. Questa Sposa di Cristo è, dunque,la nostra madre e come tale ha diritto a tutto il nostro amore e alle nostre cure filiali.

Un giorno, il presidente Clemenceau si sfogava in modo feroce contro la Chiesa, e DomChautard gli rispondeva: “Signor Presidente, […] per voi la Chiesa appare come una donna uguale alle altre, nei confronti della quale vi credete di essere spietato; invece questa donna, per me è una madre. Può essere malata, debilitata, forse colpevole, ma è sempre mia madre, una madre che io amo tanto quanto essa soffre. Vi prego, Signor Presidente, davanti a me rispettate mia madre”. Il Presidente comprese e tacque.
Tutti i Santi hanno avuto per lei una vera passione per la semplice ragione che non si può neppure concepire un amoredi Dio senza l’amore alla Chiesa. S.Agostino scriveva: “Noi pure riceviamo lo Spirito Santo, se noi amiamo la Chiesa, se restiamo uniti nella carità, se ci rallegriamo del nostro nome e della nostra fede cattolica. Credetemi, fratelli, quanto più uno ama la Chiesa, tanto più abbonda in lui lo Spirito Santo”.

Monsignor Gay asseriva: “In nessuna parte Dio è presente come nella Chiesa… che ne è la manifestazione creata”. E aggiungeva: “Amatela con tutto il vostro spirito, con tutta la vostra volontà, con tutto il vostro cuore e con tutte le vostre forze; ciò significa crederle in tutte le cose, ubbidirle sempre, sentire con lei e come lei e servirla in tutti i modi, senza posa e con devozione assoluta, aiutandola con tutte le forze e cooperando alle sue opere”.

La Chiesa è una società divina e questa società di cui facciamo parte è veramente la nostra famiglia e la nostra patria. Forse non si raccomanderà mai abbastanza la necessità del sentire cum Ecclesia. Bisogna vivere con la Chiesa, formare una cosa sola con lei, avere il senso e il respiro cattolico in tutte le cose. “Noi dobbiamo spingere la nostra lealtà verso la Chiesa – ammoniva il P. Faber – fino ai minimi pensieri e non parleremo mai con leggerezza della sua maestà. Dobbiamo nutrire fede nelle sue relazioni e nelle difficoltà che essa incontra con il mondo… Non dobbiamo mai arrossire di lei. Non possiamo essere scontenti quando la sua prassi venga a contrariare certe idee che noi abbiamo caldeggiato”. Il nostro dovere è di ubbidirle sempre.

Ma la vita della Chiesa in terra è un’immolazione costante: il sacrificio – a partire da quello della Santa Messa – le è talmente connaturale che non la si può immaginare priva. Nel corso dei secoli, questa tenerissima Madre è stato oggetto d’ingratitudine, di disprezzo e di tradimento da parte di tanti figli degeneri. Oggi più che mai essa vive il suo Getsemani e la sua Passione. Non bisogna sorprendersi della Passione della Chiesa perché, per usare un’espressione di Santa Caterina da Siena, “la Chiesa è lo stesso che il Cristo”. Potrebbe anche dirsi che la storia della Chiesa è la storia postuma di Cristo poiché Cristo e la sua Chiesa formano un unico Corpo
La Passione di Cristo è la Passione che vive oggi la Chiesa, perseguitata all’esterno e tradita e abbandonata all’interno. Davanti allo scenario desolante che è sotto i nostri occhi non possiamo rimanere indifferenti. Nessun figlio può essere indifferente ai dolori della propria madre. Ma che cosa fare? “Raccogli i tuoi sudori – diceva Gesù a S. Caterina da Siena –prendi le tue lacrime… attingi alla sorgente della mia divina carità, e con essa, unita agli altri miei servi fedeli, monda il volto della mia sposa. Ti prometto che ciò le restituirà la sua prima bellezza”.

Occorre lottare per la Chiesa, per difendere la sua dottrina e la sua tradizione, i suoi diritti e la sua libertà. Le armi richieste sono l’immolazione, la preghiera l’azione, la penna e, se serve, il nostro sangue. Un figlio che vede la propria madre insultata e tradita, e non la difenda, non è degno di lei. Un figlio non abbandona mai la propria madre e tanto meno oserà tradirla. Occorre fedeltà alle promesse del nostro battesimo, ossia fedeltà fino alla morte, senza compromessi.

Dobbiamo essere ben consapevoli che la Chiesa è santa nel suo principio, nella sua costituzione e nel suo fine, ma non è costituita da tutti santi: immaculata ex maculatis, la definì con frase scultorea sant’Ambrogio. È una società nella quale l’umano si mescola al divino, come mostra l’originario Collegio apostolico istituito da Cristo stesso nel quale vi fu un traditore. Nel corso dei secoli la Chiesa ha attraversato periodi di oscuramenti e di decadenza. Ma sempre ne è uscita più spendente grazie alle riforme operate da uomini santi. In quei momenti infelici e tremendi i nemici colgono l’occasione per giudicarla in modo spietato e – se fosse possibile – sfigurarne lo splendore del volto. Ma un vero figlio della Chiesa non si scandalizza di queste miserie morali.

Facciamo nostro l’anelito pieno d’amore filiale di Bossuet: “O santa Chiesa romana, madre delle altre chiese e di tutti i fedeli, Chiesa voluta da Dio per raccogliere i suoi figli nella stessa fede e nella stessa carità, noi lotteremo sempre per la tua unità con tutte le nostre forze. Se io ti dimenticassi, o Chiesa di Roma, possa essere dimenticato io stesso; la mia lingua si inaridisca e resti immobile nella bocca, qualora io non ti ponessi ai vertici di tutti i miei canti di gioia”. Amiamo, dunque, con immenso amore, la Chiesa che è la più amabile di tutte le Madri. AmemusDeum nostrum, amemusEcclesiameius (S. Agostino)

(di Maria Pia Ghislieri su www.conciliovaticanosecondo.it) - corrispondenzaromana.it -

 
 
 

MESSAGGIO PER TUTTE LE PERSONE FAVOREVOLI ALL'ABORTO

Post n°7408 pubblicato il 10 Settembre 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

 Ecco la foto di un feto di 12 settimane esatte (gravidanza al 3° mese) dopo un aborto "terapeutico".


Preghiera a Maria, Madre dei bimbi non nati

Madre di bimbi non nati,

accogli nel tuo grembo verginale

tutti i piccoli uccisi dall'umana crudeltà.

Il Tuo Cuore Immacolato e Addolorato

ottenga Divina Misericordia per i piccoli martiri innocenti

e grazia di contrizione per quelli che hanno praticato

e collaborato alla loro uccisione.

Prega per tutti, Santa Madre di Dio

e perdonaci perchè abbiamo peccato

contro Dio e contro di Te.

Amen.

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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