ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 11/09/2012

DOTTORESSA FOA': A MEDJUGORJE E' NATA LA VOCAZIONE DI PRENDERMI CURA DELLA DONNA PER CURARE LE FERITE DEL POST-ABORTO

Post n°7414 pubblicato il 11 Settembre 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Intervista a Benedetta Foà, psicoterapeuta del CAV Mangiagalli di Milano, da anni impegnata nella cura delle sindromi post-aborto

Ogni donna che si è procurata un aborto, "quando si rende conto che un figlio manca all'appello, e che la responsabilità è propria, sta male fino a cadere in depressione anche a distanza di 10/15 anni". Lo afferma Benedetta Foà, psicoterapeuta, collaboratrice del C.A.V - Centro Aiuto alla Vita Mangiagalli di Milano. Autrice di Maternità Interrotte, 'manuale' sulle sindromi post-aborto, la dottoressa Foà racconta a ZENIT del suo impegno per curare le ferite delle donne che hanno vissuto l'esperienza dell'interruzione di gravidanza.


Dottoressa Foà, lei si prende cura delle donne ferite dall'aborto: cosa è significato per lei, quindi, raccogliere firme per la campagna "Uno di Noi" al Festival dei Giovani di Medjugorje 2012?  E soprattutto perché ha accettato di partecipare a questa missione impegnativa?

Benedetta Foà: Per prima cosa vorrei sottolineare il mio legame con Medjugorie. Vengo in questo luogo di grazia dal 1986, ci ho vissuto quasi tre anni durante il conflitto (1991-96) ed è un paese che per me è “casa”. Detto questo viene automatico che quando il vicepresidente del Movimento per la vita, Elisabetta Pittino, mi ha invitato a dare una mano significativa a questa missione, mi sono sentita “chiamata” ancora una volta a mettere a disposizione le mie conoscenze del posto e a lavorare per la vita.

Il compito era sicuramente impegnativo, soprattutto considerando il clima soffocante, che ben conoscevo, e i milioni di pellegrini di tutte le lingue con cui dover comunicare il messaggio importante che stavamo portando. Certo è che essere a Medjugorje durante il Festival è una grazia di per sé, con tutta quella carica, gioia ed entusiasmo trasmesso dai giovani. Poter lavorare per la vita vuol dire mettere in pratica i messaggi della Madonna, essere le “Sue mani”, come ci chiede nei suoi messaggi. Vivere i suoi messaggi è la cosa veramente importante.

Raccogliere le firme non era il solo scopo, infatti la cosa fondamentale era far sapere a tanti giovani di tutta Europa e del Mondo che i cittadini europei stanno lottando per la vita, che vogliono difendere la vita fin dal suo concepimento e che essa non è un gioco ma è sacra. Questo secondo me è un messaggio forte che va contro corrente, contro il pensiero agnostico di questo momento storico. E' stato bello vedere giovanissimi e non solo, venire muniti di penna e documento “per aiutare” la causa della vita. Personalmente mi hanno commosso particolarmente i ragazzini croati, che pur non essendo “ancora” europei volevano firmare “a tutti i costi”.

Com'è nata la sua vocazione al post-aborto?

Benedetta Foà: La mia vocazione a prendermi cura della donna è nata a Medjugorie. Come ho detto ho vissuto qui quasi tre anni, sono venuta nel 1995 come volontaria a portare aiuti umanitari con e per una associazione chiamata A.R.P.A fondata da A. Bonifacio. Sono stati anni molto duri ma anche tanto fecondi. E' stato durante questo periodo che la parrocchia di Medjugorie ha chiamato in suo aiuto un esperto, il Canadese dottor Philip Ney. Con lui abbiamo fatto un percorso di Counseling specifico su Abuso sessuale e Aborto. Questo seminario ha aiutato tutti (sacerdoti, suore, laici), ma a me ha veramente aperto un mondo fino a quel momento sconosciuto.

Da quel giorno in poi ho studiato l'argomento aborto e le sue conseguenze. All'epoca (parlo di 17 anni fa), in Italia non se ne parlava molto, ma in America e Canada c'erano già molte ricerche relative allo stress post-aborto. Quando mi sono iscritta all'università avevo già chiaro che mi sarei occupata di ricerca e cura del post-aborto. Ora dopo lunghi anni di studi e la laurea in Psicologia Clinica, spero di poter aiutare tanti uomini e donne che soffrono per non aver accettato la vita dei loro figli.

Lei è co-autrice di Maternità Interrotte, un “manuale” sul post-aborto edito dalla San Paolo. Ci parli del suo libro e di quelli che saranno i suoi progetti futuri.

Benedetta Foà: Il libro è stato molto importante perché rappresenta uno dei primi libri pubblicati in Italia da professionisti italiani in cui viene trattato il problema del post-aborto e soprattutto di una possibile cura. Personalmente il futuro è ancora tutto da costruire, ma la strada è spianata. Se va tutto come stabilito nel giro di pochi mesi ci sarà a Milano un centro che si occupa della cura e recupero di coloro che soffrono del trauma identificato con il nome di “stress post-aborto”. Ho dei progetti anche su Medjugorie, infatti nel 2013 si dovrebbe tenere il primo Seminario di guarigione sul post-aborto.

Dall'approvazione della legge 194 del 1978 solo in Italia sembra che ci siano stati 5.000.000 di aborti praticati: questo vuol dire che ci sono altrettante madri/padri che hanno perso uno o più figli. Non tutti stanno male nello stesso modo e con gli stessi tempi, ma quando ci si rende conto che un figlio manca all'appello, e che la responsabilità è propria, molti stanno veramente male. Ho ricevuto telefonate di donne che dopo 10/15 anni di distanza dall'aborto procurato sono cadute in una depressione tale da non riuscire più a lavorare, fino a non riuscire più ad uscire di casa. Lo stress post-aborto esiste ed è molto invasivo, è importante lavorarci con tecniche specifiche perché non è un lutto come gli altri.

Il suo aiuto si rivolge solo alle donne, o anche agli uomini?

Benedetta Foà: Nonostante possa sembrare meno immediato, anche gli uomini soffrono di stress post-aborto. Anche loro quando si rendono conto che avrebbero potuto avere dei figli e invece non li hanno accolti, soffrono. Il pensiero si blocca e l'aborto che hanno fatto fare alla compagna può diventare un chiodo fisso, tanto da non farli progredire nel loro cammino di vita. Penso che non ci siano altri modi per far conoscere il dramma dell'aborto se non quello di scrivere libri, tenere conferenze e far sapere, soprattutto alle giovani generazioni, che la vita è sacra e va protetta, anche a costo di sacrifici.

Come ci si può mettere in contatto con lei?

Benedetta Foà: Ho iniziato a progettare la mia pagina web, sarà semplice ma dettagliata e chi vorrà trovarmi saprà come farlo. E' chiaro che già da ora per chi volesse dei consigli può contattarmi al mio indirizzo mail: benedetta.foa@libero.it.

di Lisa Pitti - ZENIT .

 
 
 

HONDURAS: 300MILA BAMBINI POVERI, SENZA DIRITTI E SFRUTTATI SESSUALMENTE

Post n°7413 pubblicato il 11 Settembre 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

In Honduras oltre 300mila bambini poveri lavorano per aiutare le proprie famiglie, spesso subendo violenze, maltrattamenti e violazioni dei propri diritti di esseri umani. I piccoli che nascono nelle zone rurali hanno minori possibilità di sviluppo a causa della povertà e della miseria che colpiscono molte regioni del Paese e non usufruiscono neanche dei servizi scolastici. L’organizzazione umanitaria Casa Alianza - riferisce l'agenzia Fides - negli ultimi 10 anni ha registrato la morte violenta di oltre 6 mila minori, oltre a centinaia di piccoli rimasti vittime di violenza e sfruttamento sessuale, traffico e consumo di droghe. Recentemente, una responsabile delle Nazioni Unite che si occupa della tutela della tratta dei minori, prostituzione e pornografia infantile, ha detto che per combattere contro gli sfruttatori occorre che i Paesi seguano un sistema legislativo conforme agli standard internazionali. L’Honduras non può lottare da sola contro le reti di criminali che abusano e sfruttano sessualmente i piccoli, ed è necessario che i Paesi limitrofi si uniscano. Inoltre, ad aggravare il problema nel Paese contribuiscono fenomeni come disparità economiche, povertà, insicurezza, mancanza di un sistema educativo e violenza. La povertà coinvolge oltre il 60% degli 8,2 milioni di abitanti della nazione. (R.P.) - /it.radiovaticana.va/news -

PREGHIAMO PERCHE' SIANO DEBELLATI QUESTI INFAMI SFRUTTATORI

 
 
 

L'OMOSESSUALITA' E' UNA MALATTIA? - ABC MINIMO SULL'OMOSESSUALITA'

Post n°7412 pubblicato il 11 Settembre 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Fino al 1973 l’omosessualità era considerata una patologia. Nel 1973 L’American Psichiatric Association (APA) rimosse l’omosessualità dal “Manuale Diagnostico dei Disturbi Mentali” con una decisione presa a maggioranza (5816 voti favorevoli, 3817 contrari). In seguito l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e l’ONU recepirono lo stesso concetto.
Attualmente quindi a nessuno è lecito affermare che l’omosessualità sia una malattia.

Non è una malattia. Allora cos’è? E’ genetica? E’ di natura?

L’omosessualità non ha origine genetica. Ci furono in passato studi su “gene gay” e “cervello gay”, ma erano ricerche scientificamente male impostate, smentite da studi successivi, addirittura auto-smentite dagli stessi autori.
La frase “è di natura” viene usata spesso, ma è una frase generica. Dobbiamo chiederci “di che natura?”.

- Non è di natura genetica.
- Non è nemmeno di natura ormonale (nelle persone omosessuali la distribuzione dei tassi ormonali hanno un ampio intervallo di distribuzione, assolutamente sovrapponibile a quello del resto della popolazione).
- Se vogliamo usare l’espressione “è di natura”, dobbiamo completare dicendo “è di natura psicologica”.

Finora non hanno scoperto il gene gay, ma potrebbero scoprirlo in seguito.

No, non può essere scoperto nemmeno in futuro. Chi annunciasse di aver scoperto il gene gay, cozzerebbe contro due fatti.

1) Esistono persone che hanno avuto una vita gay, poi ne sono usciti. Vicende come queste sono perfettamente comprensibili se l’origine è psicologica, sono invece inspiegabili con l’ipotesi di una origine genetica.

2) Nei gemelli omozigoti, se uno è omosessuale, l’altro è pure omosessuale nel 52% dei casi. La percentuale del 52% è alta, molto alta, e indica una causa comune per l’omosessualità dei due gemelli. Ma contemporaneamente è lontanissima dal 100%, per cui la causa comune non può essere di natura genetica. L’origine va quindi ricercata nell’altra cosa che hanno in comune i due gemelli: la famiglia e l’ambiente nel quale sono cresciuti.

Possiamo quindi dire che le cause dell’omosessualità sono relazionali, comportamentali, psicologiche, eventualmente innestate su fattori genetici predisponenti (ad esempio: un bambino particolarmente sensibile). Fattori predisponenti, ma non certo predeterminanti, come dimostrano appunto i gemelli omozigoti.

Però ci sono bambini che mostrano tendenze gay fin dall’infanzia.

Innanzitutto la parola “gay” non va usata. Già l’uso del termine “omosessuale” non può mai essere applicato a un bambino, men che meno il termine “gay” che indica anche un’identità socio – politica (le parole gay e omosessuale non sono sinonimi).
Un bambino può avere comportamenti effeminati, ma questa è una patologia riconosciuta anche dall’APA: si chiama GID (Gender Identity Disorder) e su di essa si può lecitamente intervenire con una cura.
La bambina con atteggiamenti maschili, il bambino con atteggiamenti femminili, possono legittimamente essere curati; ne consegue che hanno anche il diritto di non essere esposti alla normalizzazione mediatica dell’omosessualità.

Allora, a parte il caso dei bambini, gli psicologi non hanno più niente a che fare con l’omosessualità.

Non è così. Ci sono infatti molte persone che soffrono per una tendenza omosessuale indesiderata. Non è una malattia, ma l’omosessualità indesiderata è sofferenza, disagio, ferita, sulla quale lo psicoterapeuta, accogliendo la libera volontà della persona, può intervenire.
Semplificando, ci sono due vie per le persone omosessuali sofferenti.
- Indirizzarsi alla GAT, la terapia affermativa gay (il disagio dell’omosessuale è solo il riflesso di una “omofobia sociale interiorizzata”; occorre arrivare ad accettarsi così come si è).
- Indirizzarsi a una terapia riparativa (maschi e femmine si nasce, uomini e donne si diventa con un progressivo cammino; è possibile uscire da una tendenza omosessuale indesiderata).

E qual è quella giusta?

La GAT è certamente maggioritaria, ma non per questo può essere definita “quella giusta”. E’ maggioritaria perché, dopo la decisione dell’APA nel 1973, sono pochissimi gli psicoterapeuti che si occupano di terapia riparativa. Inoltre molti psicoterapeuti che si occupano di GAT sono a loro volta omosessuali, per cui non sono nemmeno in grado di concepire una terapia riparativa.
A favore della terapia riparativa gioca però un elemento importante. Se davvero il problema fosse la cosiddetta “omofobia” (1), allora nei paesi in cui l’accettazione è alta (2) il problema dell’omosessualità indesiderata dovrebbe essere in via di estinzione: così non avviene, e le persone omosessuali “egodistoniche” (ossia con tendenza non desiderata) continuano a esistere e a chiedere aiuto.

Ma come si può parlare di “terapia” riparativa se l’omosessualità non è una malattia? E l’altra come si chiama? Terapia affermativa gay.

Le terapie si rivolgono anche a persone non affette da malattia (ad esempio: terapia di sostegno nella sofferenza dopo un lutto). E’ perfettamente lecito parlare di terapia riparativa, messa in atto per uscire dalla sofferenza di una tendenza omosessuale indesiderata.

Quindi, a parte il caso della tendenza omosessuale indesiderata, l’omosessualità è normale come l’eterosessualità?

Inutile addentrarsi in questo argomento, visto che il concetto di “normalità” non è condiviso.
Ribaltiamo il discorso. Un ragazzo e una ragazza s’incontrano, s’innamorano, si fidanzano, si sposano, hanno rapporti sessuali, hanno dei figli. In questo percorso c’è qualcosa di anormale? No, nessun passaggio è anormale, per cui questo è un percorso normale (3).
Che poi esistano altri percorsi “normali” questo lo lasciamo alla sensibilità di ognuno.
Bisogna però rimarcare che la parola “eterosessuale” è erronea. La parola “sesso” viene da “secare”, per cui, quando si parla di rapporti sessuali si parla per definizione di rapporti tra due persone di sesso diverso.
La distinzione corretta è quindi tra “rapporto sessuale” e “rapporto omosessuale”.

E la canzone di Povia a Sanremo 2009 intitolata “Luca era gay” è verosimile?

Anche se il testo della canzone dice “questa è la mia storia, solo la mia storia”, la vicenda narrata da Povia è a grandi linee la vicenda reale di molte persone omosessuali: una madre invasiva, un padre assente, eventuali dissidi o separazioni in famiglia, uniti semmai alla particolare sensibilità di un bambino, portano molte persone all’omosessualità.
Non è però l’unica modalità:
- ci sono persone che diventano omosessuali in seguito ad abusi subiti;
- c’è tutta l’area dell’elevata promiscuità sessuale (4) che può nel tempo trasformarsi anche in promiscuità omosessuale;
- c’è l’omosessuale “per scelta”;
- ci sono poi altri casi non catalogabili.

E i bisessuali e i transessuali chi sono?

Bisessuali, transessuali, nonché transgender e queer: tratteremo questo argomento prossimamente.

Fonte: Riscossa Cristiana.it - di Giovanni Lazzaretti -

NOTE

1) Cos’è l’omofobia? E’ una parola che ha un “suono” simile a una malattia (claustrofobia, aracnofobia,…); in realtà è una malattia inesistente, inventata dall’ideologia gay per i suoi scopi. L’evocazione della “omofobia” serve a zittire tutti coloro che contestano l’ideologia gay. Chi contesta il “matrimonio” omosessuale, chi contesta la pretesa di adozione da parte dei gay, chi contesta la volgarità dei Gay Pride, viene tacciato di “omofobia” (un po’ come un tempo si zittiva la gente chiamandola “fascista”).

2) Così alta da arrivare alla “discriminazione rovesciata”: alla fine del 1998 in Gran Bretagna il 25% dei ministri maschi del governo Blair erano omosessuali dichiarati.

3) Normale, nonché “costituzionale”: la Repubblica infatti riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.

4) Nel raccontare la sua storia, una ex – lesbica scriveva (vado a memoria): “A un certo punto della mia vita mi sono accorta che le mie amiche erano pronte a diventare le mie amanti”.

Autore: Antonio Righi - libertaepersona.org -

 
 
 

ECCO COME ABBATTERE I 5 FALSI MITI DELLE CROCIATE

Post n°7411 pubblicato il 11 Settembre 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Le crociate rappresentano uno degli eventi più fraintesi della storia occidentale. La stessa parola “crociata” ancora oggi viene utilizzata con una connotazione negativa, quando ad esempio si intende sottolineare un conflitto i cui moventi siano più ideologici che ideali; lo stereotipo più collaudato, invece, è quello che descrive avidi nobili europei dediti alla efferata conquista dei musulmani pacifici, con ricadute negative che perdurano ancora oggi grazie anche alla diffusione di tale tesi “a senso unico” nei maggiori testi scolastici occidentali.

La storia delle crociate in realtà richiede una sorta di purificazione che è oltretutto doverosa anche alla luce degli ultimi studi che provengono da ambiti accademici molto accreditati. Consapevoli della complessità della tematica, cercheremo di sintetizzare i fatti storici, riprendendo un articolo molto più approfondito, comparso su “Crisis magazine”, circa i luoghi comuni consolidati, penetrati nell’immaginario collettivo. Un articolo simile è stato pubblicato in Ultimissima 17/05/11.

Mito #1: ”le crociate furono guerre di aggressione non provocata”:

E’ una falsità, poiché fin dai suoi inizi, l’Islam è stato un movimento violento e imperialista. A 100 anni dalla morte di Maometto, gli eserciti islamici avevano conquistato terre cristiane in Medio Oriente, Nord Africa e Spagna. La stessa Città Santa di Gerusalemme è stata presa nel 638, gli eserciti musulmani avevano conquistato i due terzi del mondo cristiano e i turchi stavano spingendo verso Costantinopoli, il centro della cristianità bizantina. Nell’XI secolo i cristiani in Terra Santa e i pellegrini che vi si dirigevano vennero a trovarsi in una situazione di costante persecuzione. Dopo la battaglia di Manzikert del 1071, lo stesso imperatore bizantino chiese aiuto ai cristiani in occidente, ma solo con  Papa Urbano II venne indetta la prima crociata nel 1095. Dunque le crociate furono missioni di difesa armata, con l’obiettivo di liberare i cristiani d’Oriente e Gerusalemme dal giogo dei musulmani.

Mito # 2: “le crociate miravano al saccheggio e alla sopraffazione”:

Secondo una corrente di studi più antichi, il boom della popolazione europea registratosi nella metà del secolo XI ha reso necessario le crociate per offrire terre e titoli ai figli di nobili che erano tagliati fuori dalle eredità riservate ai primogeniti. Gli studi degli ultimi quarant’anni, invece,  hanno evidenziato, sulla base dei documenti esaminati, come  la maggior parte dei crociati erano primogeniti. Come ha affermato il prof. Madden, direttore del Saint Louis University’s Center for Medieval and Renaissance Studies, «non è stato colui che non aveva nulla da perdere a partecipare alle crociate, quanto piuttosto colui che ne aveva di più!» (T. Madden, “New Concise History of the Crusades”, Rowan & Littlefield Publishers, Inc., 2005, pag. 12). Ovviamente, come ha ricordato Giovanni Paolo II nel Giubileo del 2000, non sono comunque mancati episodi inutilmente violenti.

Mito #3: “i crociati massacrarono gli  abitanti di Gerusalemme”:

Questo mito non tiene conto delle regole di guerra vigenti nell’XI secolo. Lo sterminio degli abitanti che avevano rifiutato di arrendersi prima di un assedio era una pratica comune per qualsiasi esercito, cristiano o musulmano. Gli abitanti erano consapevoli di tutto questo quando hanno scelto di non arrendersi, al contrario sarebbero stati autorizzati a rimanere in città e mantenere i loro possedimenti. Nelle città che si sono arrese, infatti, Crociati hanno permesso ai musulmani di mantenere la loro fede e praticarla apertamente. Nel caso di Gerusalemme, la maggior parte degli abitanti era comunque fuggita alla notizia dell’esercito cristiano in arrivo, chi è rimasto è morto, è stato riscattato o espulso dalla città.

Mito #4: “le crociate ebbero per obiettivo anche lo sterminio degli ebrei”:

Ci si riferisce, all’operato del Conte Emich di Leiningen, ma non solo a lui, il quale da convinto antisemita, imperversò nel 1095 lungo la valle del Reno per dirigersi contro le comunità ebraiche, convincendosi dell’inutilità a marciare per 2500 miglia per liberare i cristiani d’Oriente, quando i “nemici di Cristo”, secondo lui, erano in mezzo ai cristiani. In realtà la sua iniziativa, con l’ausilio di pochi fanatici disposti a tutto, non ebbe mai l’approvazione della Chiesa e anzi molti vescovi cercarono di proteggere gli ebrei locali che si trovavano nelle loro diocesi, come il vescovo di Magonza. Imponenti i discorsi di San Bernardo di Chiaravalle durante la seconda crociata (1147 – 1149) contro l’antisemitismo: «Gli ebrei non devono essere perseguitati, né uccisi, né costretti a fuggire! » (in “Epistolae”). Questi sporadici attacchi non sono dunque da attribuire ai Crociati ma a piccoli gruppi di uomini armati che ha seguito la loro scia.

Mito #5: “le crociate sono la fonte della tensione moderna tra Islam e Occidente”:

Coloro che cercano risposte per spiegare l’11 settembre 2001 citano le crociate come causa scatenante per l’odio islamico e credono che i musulmani stiano cercando di “correggere gli errori” che derivano da esse. In realtà ci si dimentica che le crociate sono state dimenticate dal mondo islamico fino al XX secolo. A tal proposito è interessante notare come la prima storia araba delle crociate sia stata scritta solo nel 1899 e che il risentimento musulmano nei confronti delle crociate, non ultimo i deliranti appelli di Osama Bin Laden alla “jihad contro ebrei e crociati”, affondi piuttosto le sue radici nel nazionalismo, oltre che nella più recente chiusura del mondo islamico ai costumi occidentali. Dal punto di vista islamico, le Crociate furono un insignificante periodo storico, della sola durata di 195 anni (1096-1291), per la semplice ragione che non ebbero mai successo, a parte la Prima Crociata in cui è stata conquistata Gerusalemme ripresa però da Saladino nel 1187. Le perdite di uomini furono in massima parte cristiane, non certo musulmane! Curioso poi l’aneddoto ricordato nel 1899 da Kaiser Wilhelm durante il suo viaggio a Damasco, volendo visitare la tomba del grande Saladino, il vincitore dei Crociati, l’ha trovata in un grande strato di degrado, dimenticata e lasciata decadere. Lo storico Thomas F. Madden ha commentato: «la memoria artificiale delle crociate è stata costruita dalle moderne potenze coloniali e tramandata dai nazionalisti arabi e islamisti» (T. Madden, “New Concise History of the Crusades”, Rowan & Littlefield Publishers, Inc., 2005, pag. 222).

Conclusione:

Le crociate non soltanto erano mosse da alti sentimenti di difesa della libertà dei cristiani d’Oriente, oppressi dagli imperatori islamici, ma ritardarono anche di tre secoli l’invasione dell’Europa, tanto che lo storico René Grousset parla di responsabilità “mondiale” che la Chiesa si è assunta nella loro promozione (R. Grousset, “La storia delle crociate”, Piemme 2003). Verrà il giorno in cui si smetterà di considerare le crociate un peccato capitale della Chiesa Cattolica eseguito criminalmente dall’intero mondo occidentale?

Salvatore Di Majo - uccronline.it/ -

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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