ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 23/09/2012

ANTONIO SOCCI: PADRE PIO...."ALTER CHRISTUS"...

Post n°7460 pubblicato il 23 Settembre 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Per la festa di san Pio, ecco alcune pagine tratte dall’introduzione al mio libro: “Il segreto di padre Pio” (Rizzoli)

Verrà un giorno in cui gli uomini non  potranno pronunciare il nome di  Gesù senza piangere (George Bernanos)

Per addentrarci nello sconvolgente “segreto” del padre bisogna dimenticare l’immagine folkloristica che gli è stata cucita addosso dai media (dove Padre Pio finisce per diventare il pretesto per fare passerella[1]) e dall’ostilità un po’ sprezzante dell’establishment clericale che Giovanni Paolo II debellò, arrivando alla canonizzazione del Padre, voluta a gran voce dal popolo cristiano.

Anche se quella sorda ostilità, dopo la scomparsa di Giovanni Paolo II, sembra rialzare la testa e si moltiplicano i segnali di attacco esplicito a Padre Pio di nuovo provenienti da ambienti clericali[2].

A raccontarne la vita e la figura hanno provato in tanti. Ma il suo segreto, che ci riguarda tutti e che probabilmente si dispiegherà nei prossimi anni, resta inaccessibile. Accennò alla sua esistenza lo stesso padre Pio, in maniera inequivocabile, anche se discretissima.

Cercare questi piccoli accenni è come andare a caccia di pepite d’oro nell’oceano profondo, ma è possibile trovarne due minuscole tracce nelle confidenze ai direttori spirituali degli anni giovanili (va tenuto presente che padre Pio aveva fatto richiesta esplicita al destinatario che queste lettere[3] andassero distrutte o almeno non fossero lette da altri[4]).

Il primo riferimento è contenuto in una lettera, del 7 aprile 1913, indirizzata a padre Agostino, suo direttore spirituale. Prima riferisce quanto il Signore gli ha detto di dire ai suoi superiori, poi conclude: “Gesù continuò ancora, ma quello che disse non potrò giammai rivelarlo a creatura alcuna di questo mondo”[5].

Il secondo accenno, sempre discretissimo, ma più chiaro, è datato 18 agosto 1918 (un mese prima della stimmatizzazione visibile). Scrive al suo confessore e come d’abitudine gli riferisce dei momenti del suo intimo dialogo con Dio: “Ti siano rese lodi e grazie senza fine, o mio Dio. Tu mi hai nascosto a tutti, ma sin d’allora hai affidato al tuo figliolo una missione grandissima che è nota a Te solo e a me. Mio Dio ! Padre Mio !”[6].

Andando a cercare nel mare magnum dei documenti del padre o sul padre, negli immensi volumi che raccolgono gli atti del processo di beatificazione o nell’epistolario, non si trovano altri chiarimenti. Se non impliciti.

Come quando confida piangendo a una figlia spirituale che lo interrogava su ciò che gli accadeva durante la messa: “la mia responsabilità è unica al mondo”[7]. E in un’altra circostanza: “Tanti misteri del mio cuore si sveleranno solo lassù”[8].

Peraltro deve trattarsi di un “segreto” ancora più grande di quanto lui stesso poté comprendere, almeno all’inizio, se scrivendo al padre Agostino, a cui pure confidava le cose più intime, il 17 marzo 1916 scrisse: “Quante cose vorrei dirvi, o padre, ma non il posso: riconosco d’essere un mistero a me stesso”[9]. Sebbene si tratti di qualcosa di vertiginoso, c’è da credere che padre Benedetto, suo direttore spirituale, abbia colto nel segno quando definì la sua misteriosa missione come “una vocazione a corredimere”[10].

Si tratta però di capire che significa e quali conseguenza sconvolgenti abbia avuto e abbia anche attualmente una tale “missione”.

Sul “mistero” di padre Pio d’altronde abbiamo anche un altro documento eccezionale. La rivelazione soprannaturale che ebbe Lucia Fiorentino[11].

Ne parla nel “Diario” scritto su ordine dei direttori spirituali. Tutto è riportato negli atti del processo di canonizzazione di Padre Pio. Lucia conobbe da Gesù stesso nel 1906 l’arrivo a San Giovanni Rotondo di un sacerdote paragonato a un “albero di smisurata grandezza” .

All’inizio – il Padre era ancora un giovane frate che viveva nel seminario cappuccino di Morcone – lei fece varie supposizioni su chi potesse essere. Alcuni anni dopo Padre Pio arrivò a San Giovanni Rotondo e diventò suo direttore.

Il 19 agosto 1923 fu lo stesso Gesù a spiegargli tutto:

“Gesù mi diceva: ‘Ti ricordi di quanto ti ho manifestato nel 1906 mentre eri inferma?’. ‘Sì, mi ricordo’. Gesù mi aveva detto, sempre in locuzione: Verrà da lungi un sacerdote, simboleggiato in un grande albero, che si doveva piantare in convento. Albero così grande e ben radicato doveva coprire con la sua ombra tutto il mondo’. Chi, avendo fede, si sarebbe rifugiato sotto quest’albero, così bello e ricco di foglie, avrebbe avuto la vera salvezza; al contrario chi avrebbe disprezzato e deriso quest’albero, Gesù minacciava di castighi. E così ora mi spiega che l’albero è padre Pio, che venuto da lontano è radicato al convento per volontà di Dio, e a rifugiarsi sotto sono quelle anime, da lui guidate che ubbidiscono con fede e andranno avanti; mentre quelle che lo disprezzano, lo deridono e lo calunniano saranno da Dio castigate”[12].

C’è un altro “documento” straordinario che viene da un’altra mistica, la serva di Dio Maria Francesca Foresti (al secolo Eleonora Foresti) che fu la fondatrice delle Religiose Francescane Adoratrici.

Di lei a Bologna si è aperto il processo diocesano di beatificazione. Conobbe padre Pio nel 1919 e nel suo Diario riferisce che in visione Gesù le rivelò di aver salvato l’Italia da una rivoluzione comunista nel 1920[13] grazie alla preghiera di padre Pio.

E poi le parlò del frate con queste espressioni sconvolgenti:

“L’anima di padre Pio è fortezza inespugnabile… E’ il mio rifugio nelle ingratitudini degli uomini… Ha lo stesso mio imperio, Io, Gesù, vivo in lui… E’ il capolavoro della mia misericordia. A lui ho conferito tutti i doni del mio Spirito, come a nessuna altra creatura. E’ il mio perfetto imitatore, la mia Ostia, il mio altare, il mio sacrificio, la mia compiacenza, la mia gloria!”[14].

Parole vertiginose, su cui non sapremmo dare un giudizio, ma che ripropongono la domanda sul mistero di padre Pio[15].

L’unico che ha provato a dare una risposta è stato il cardinale Siri:

“Un uomo che sta crocifisso per mezzo secolo? Cosa vuol dire tutto questo? Sapere perché Gesù Cristo è andato in croce? E’ andato in croce per i peccati degli uomini e quando, nella storia, compare qualche crocifisso… vuol dire che il peccato degli uomini è grande e che per salvarli occorre che qualcuno rivada sul Calvario, rimonti sulla croce e stia lì a soffrire per i suoi fratelli. Dio chiede agli uomini di abbracciare la croce, di diventare benefici per gli altri. Nell’applicazione della redenzione, molti possono salvare molti”[16].

Questo spiega perché attraverso di lui sia passato e passi un tale fiume di grazie di ogni genere.

Come lui stesso aveva predetto a Giovanni Bardazzi: “Tu dirai a tutti che, dopo morto, sarò più vivo di prima. E a tutti quelli che verranno a chiedere, nulla mi costerà dare. Chi salirà questo monte, nessuno tornerà a mani vuote!”[17].

[1] Memorabile – ma è solo un esempio fra i tanti – è stato il programma  “Una voce per Padre Pio” trasmesso il 12 giugno, in prima serata, da Rai Uno. Fra cantanti e comici, salì sul palco pure il ministro Pecoraro Scanio che era lì in rappresentanza del governo. Della sua esternazione su Padre Pio e la politica è meglio tacere. Quattro giorni dopo, il 16 giugno, lo stesso ministro Pecoraro andò – senza avvertire la minima contraddizione – al Gay Pride di Roma 2007, particolarmente sarcastico con il Papa ela Chiesa. Anche lì il ministro esternò.

[2] Dopo le due terribili persecuzioni subite in vita, su padre Pio, dopo la morte, nel clima di mondanizzazione del post-concilio, si è abbattuta la pesante diffidenza dell’establishment clericale modernista e laicizzato. Il giornalista americano Kenneth L. Woodward scriveva, prima della canonizzazione: “Padre Pio è una figura della vecchia mentalità ecclesiale, uno che aveva identificato la santità con il soprannaturale, invece che con le opere buone e la protesta politica. Molti cappuccini sono indifferenti, o addirittura ostili alla causa di Padre Pio proprio per i suoi doni mistici” (cit. in Rino Cammilleri, Vita di Padre Pio, Piemme 2002, p. 50).

[3] Le lettere del santo sono raccolte nei quattro volumi di Padre Pio da Pietrelcina, Epistolario (edizioni Padre Pio da Pietrelcina 2002), curato da Melchiorre da Pobladura e Alessandro da Ripabottoni (con la successiva revisione e correzione di Padre Gerardo Di Flumeri). Da adesso saranno citate come Ep. con l’indicazione del volume e della pagina.

[4] Padre Pio scrive a padre Benedetto il 21 ottobre 1912 dell’ “obbligo di tutto tener segreto, essendo questo il comando di Gesù” (Ep. I, p. 309). E il 7 luglio 1913 allo stesso padre Benedetto scrive: “desidero che la presente sia distrutta, insieme alle altre due precedenti, tenendo presente che solo con questa speranza mi è riuscito di aprirmi con più confidenza in questi scritti” e nel caso in cui padre Benedetto non trovi giusto ciò “siete pregato però che questi miei scritti non siano letti da nessuno”  (Idem, p. 385).

[5] Ep. I, p. 351

[6] Ep. III, p. 1009

[7] Cit. in A.Negrisolo, N. Castello, S.M. Manelli, Padre Pio nella sua interiorità, San Paolo 2002, p. 214

[8] Beatificationis et canonizationis Servi Dei Pii a Pietrelcina. Positio super virtutibus, vol. IV, p. 250 (Questiones selectae). D’ora in poi i suddetti atti del processo saranno citati come “Positio” con l’indicazione del volume e della pagina.

[9] Epistolario v. I, p. 42.  Poco dopo, il 15 agosto 1916, sempre a padre Agostino ripeté le stesse parole: “Che dirti di me? Sono un mistero a me stesso”.

[10] Ep. I, p. 40

[11] Lucia Fiorentino (1889-1934) si iscrisse molto giovane al terzo’ordine francescano conducendo un’intensa vita spirituale. “Avrebbe desiderato consacrarsi a Dio nella vita religiosa, ma si opposero i genitori. Dal 1916 fu una delle animatrici del gruppo di quelle anime pie, assetate di perfezione che si raccolsero intorno a Padre Pio” (Ep. III, p. 469). Nel suo Diario si legge: “Spesse volte Gesù mi parlava in locuzione (come la chiamò il Padre quando gli manifestai tutto lo stato dell’animo mio). Sentivo spesso queste voci interne insieme a ispirazioni. Il Padre giudicò che tutto era di Dio e non fantasia, come spesso mi diceva satana” (cit. in Ep. III, p. 473). Lucia “morì nel febbraio 1934 dopo essersi offerta vittima per l’apostolato di Padre Pio, durante gli anni della di lui segregazione (1931-1933)”, come si legge nella Positio, I/2, p. 707.

[12] Ep. III, p. 471

[13] In quell’anno in effetti si verificano gravi sommosse culminate nell’occupazione delle fabbriche nel Nord industriale (a cominciare dall’Alfa Romeo a Milano, il 30 agosto) e circa mezzo milione di lavoratori mobilitati. La storiografia ha soprannominato “il biennio rosso” questo periodo di gravi sommosse sociali seguite al ciclone della guerra.

[14] Cit. in Negrisolo-Castello-Manelli, cit., p. 181

[15] Anche padre Gabriele Amorth, celebre esorcista che fu amico di Padre Pio, si dice convinto dell’esistenza di questa misteriosa missione (vedi  Marco Tosatti, Padre Pio e il diavolo. Gabriele Amorth racconta, Piemme 2003).

[16] Fernando Da Riese Pio X, Padre Pio da Pietrelcina (crocifisso senza croce), Edizioni Padre Pio da Pietrelcina 2002, p. 182

[17] Giovanni Bardazzi, Un discepolo di Padre Pio, Feeria 2005

Antonio  Socci - VEDI FACEBOOK “ANTONIO SOCCI PAGINA UFFICIALE”

 
 
 

LETTERE ALLA REDAZIONE: ARRIVARE VERGINI AL MATRIMONIO E' FATICOSO, MA POSSIBILE

Post n°7459 pubblicato il 23 Settembre 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

La castità è una grazia fondamentale che ha gettato le fondamenta per una unione salda con mia moglie

Buonasera, volevo segnalare quella che secondo il mio modesto punto di vista (non sono né un teologo, né un esperto in materia di fede) è un'inesattezza presente nell'articolo "L'Arcivescovo di Trento ricorda l'immoralità' del piacere sessuale al di fuori del matrimonio e scoppia la polemica" del 14/9/12.
Si legge infatti "Un secondo equivoco, probabilmente il più diffuso e grave, riguarda il fatto che la Chiesa proibirebbe il sesso prima del matrimonio. Il che non solo è falso, ma è addirittura impossibile."
Riguardo alla falsità, rimando al Catechismo della Chiesa Cattolica articoli 2348 e seguenti, in particolare il 2350: "I fidanzati [...] Riserveranno al tempo del matrimonio le manifestazioni di tenerezza proprie dell'amore coniugale. Si aiuteranno vicendevolmente a crescere nella castità".
In merito all'impossibilità, mi permetto di portare la mia esperienza personale: ho vissuto i 6 anni di fidanzamento con la mia attuale moglie senza avere rapporti sessuali ed esercitandoci nella castità.
Sarebbe ipocrita e sentimentalistico affermare che "è stato bellissimo" o che "è stato semplice, grazie al supporto della fede". No, la realtà è che è stata veramente dura resistere all'attrazione e alle pulsioni, proprie di un ragazzo e una ragazza ventenni.
Non di rado (e soprattutto nei momenti di crisi spirituale) sono stato tentato di pensare che quella della castità fosse solo una presa di posizione "estrema" senza un reale fondamento.
Non mi hanno certo aiutato le opinioni (o, per meglio dire, gli sfottò) degli amici lontani (e non) dalla Chiesa o il continuo bombardamento da parte dei media super eroticizzati (internet a parte, dove l'offerta è "on-demand", anche la televisione, dove sembra che in tema di sesso non ci siano più fasce protette, né tantomento limiti nel linguaggio adottato, e spesso con la presunzione di fare informazione di taglio scientifico).
Il fidanzamento è stato lungo e travagliato: ci siamo lasciati e ripresi per 3 volte, per un periodo totale di oltre un anno. Queste crisi erano dovute a motivi importanti che meritavano una riflessione personale profonda; sono stati anche momenti di particolare vicinanza con Dio e si sono risolti solamente quando abbiamo deciso di fare non la nostra volontà, ma la Sua.
Oggi sono fermamente convinto che la castità, la continenza e quindi l'astensione siano state un sommo bene.
Se avessimo avuto rapporti prima del matrimonio questi non avrebbero certo aiutato a "conoscerci meglio" o a "unirci profondamente" o a "soddisfare le naturali pulsioni, che non è bene reprimere", come viene spesso addotto a giustificazione per questa pratica, anche da chi si dichiara cattolico.
Avrebbe invece annebbiato la capacità di giudizio sul nostro rapporto e offuscato nella soddisfazione(?) della carne le motivazioni profonde delle crisi, che invece il Cristiano affronta in altro modo, cioè appoggiandosi a Dio tramite la preghiera e i sacramenti; avrebbe mercificato la relazione e, con ogni probabilità, tutti i problemi sarebbero stati "risolti" sotto le lenzuola.
Mi sento di poter fare queste affermazioni proprio perché ho provato che si può correre questo rischio  anche all'interno del matrimonio, dove l'unione coniugale può diventare un'arma da usare come ricatto o un mezzo per la sola ricerca del piacere personale, con conseguenze serie sulla relazione tra gli sposi.
A mio personalissimo giudizio il motivo del fallimento di molti matrimoni è proprio la delusione o lo "shock" di trovarsi a condividere la vita con qualcuno che non si conosce, o peggio, che si pensava di conoscere. Insomma "L'amore è cieco... ma il matrimonio ridona la vista", come ha detto nell'omelia il sacerdote che ha celebrato il mio matrimonio. E la diffusa convizione che conoscere il partner (come si usa chiamare la moglie/il marito nella società del politically correct) voglia dire "essere sessualmente affini" è quantomeno riduttivo e avvilente.
Ho 30 anni e sono sposato da 5 (non poco, considerando che molti matrimoni non festeggiano il primo anniversario) e posso dire con assoluta fermezza che la castità è una grazia fondamentale che ha gettato le fondamenta per una unione salda basata su Cristo. Ha permesso anche l'apertura alla Vita, che vuol dire aver accettato tutti i figli che Dio ha voluto donarci: 2 in vita e 4 non venuti alla luce, a causa di gravidanze interrotte per motivi naturali.
Concludo dicendo che il valore della castità va considerato e applicato integralmente e con convinzione: è un modo molto efficace a disposizione in particolar modo dei più giovani di testimoniare Cristo ad una generazione perversa, che ha stravolto l'idea di unione sessuale: l'ha resa un abominio, quando in origine è stata pensata come atto di vera Creazione con cui l'uomo diventa simile a Dio concorrendo alla sua opera e realizzando pienamente la sua vita.
Un saluto a voi tutti. Giovanni

RISPOSTA DALLA REDAZIONE

Caro Giovanni, credo che la tua esperienza non faccia che confermare l'articolo da te citato all'inizio della tua bella lettera.
Si diceva che la Chiesa non proibisce la sessualità prima del matrimonio, ma questa frase andava contestualizzata. Poco dopo infatti si affermava che non si deve "considerare il rapporto sessuale unitivo la sola manifestazione di sessualità". Quella frase quindi voleva semplicemente dire che la sessualità "descrive l'intera esistenza di ciascuno di noi, soprattutto nella dimensione relazionale". Insomma la sessualità è ben più ampia della sola genitalità. Ad esempio una suora esprime la sua sessualità nelle relazioni con gli altri donandosi a tutti coloro che incontra. Ovviamente gli sposi esprimono la sessualità anche (ma non solo) con i rapporti sessuali.
Detto questo, non può che commuovere la tua bella testimonianza. Bella perché vera. Senza sdolcinature, né sentimentalismi, ma con la crudezza dell'esperienza di sei anni di fidanzamento duri, fatti di passi avanti, ma anche di fermate, hai testimoniato che si può rinunciare a vivere "come fanno tutti" e, diciamocelo sinceramente, "come viene naturale fare". Ma la rinuncia non è repressione, ma ha senso per una fortificazione e una vera prova del rapporto con la persona con cui condivideremo non solo il letto, ma l'intera esistenza terrena. Senza un rapporto casto prima del matrimonio, sarà poi difficile vivere castamente anche la vita matrimoniale. Se non ci si allena al dono di sé (con la verginità prima del matrimonio), sarà poi difficile donarsi davvero una volta sposati (quando andrà castamente praticata la sessualità tra coniugi).
Insomma credo che la tua lettera confermi che la morale insegnata dalla Chiesa, non solo è conforme al volere di Dio, ma soprattutto è l'unica veramente umana.
 
Fonte: Giano Colli -Redazione di BastaBugie -

 
 
 

IL POLITICO VERAMENTE CRISTIANO DIFENDE LA VITA E LA FAMIGLIA

Post n°7458 pubblicato il 23 Settembre 2012 da diglilaverita
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Il Papa esorta i politici cattolici partecipanti all'Incontro dell'Internazionale Democratico Cristiana a fondare il proprio impegno sulla ricerca costante del bene comune

“I politici specie se animati dalla fede, devono impegnarsi per la difesa della vita e della famiglia”. Solo un “solido fondamento etico” può, infatti, dare nuovo stimolo e impulso “all’impegno politico e civile”.

Questa esortazione ha animato l’intervento di Benedetto XVI ai partecipanti all’Incontro dell’Internazionale Democratico Cristiana, ricevuti, questa mattina, a Castel Gandolfo. Un intervento incentrato sulle responsabilità dei politici, in particolare quelli cristiani, e sui valori di cui essi si fanno rappresentanti e portavoce.

Dopo aver ringraziato il presidente Pier Ferdinando Casini, “per le cortesi parole” del suo indirizzo di saluto, il Papa ha ricordato, infatti, che “in questo tempo l’impegno dei cristiani nella società non ha cessato di essere vivace fermento per un miglioramento delle relazioni umane e delle condizioni di vita”.

Tale impegno, quindi “non deve conoscere flessioni o ripiegamenti, ma al contrario va profuso con rinnovata vitalità”, ha sottolineato il Pontefice, considerando anche l’aggravarsi di alcune problematiche. Tra queste, in primis, l’attuale situazione economica, “la cui complessità e gravità giustamente preoccupa”.

Dinanzi, però, a questo ostacolo umanamente insormontabile, il cristiano “è chiamato ad agire ed esprimersi con spirito profetico” - ha incoraggiato il Papa - cogliendo “nelle trasformazioni in atto l’incessante quanto misteriosa presenza di Dio nella storia”, e “assumendo con realismo, fiducia e speranza le nuove emergenti responsabilità”.

È solo in questa chiave “fiduciosa e non rassegnata - ha ribadito - che l’impegno civile e politico può ricevere nuovo stimolo ed impulso nella ricerca di un solido fondamento etico”, la cui assenza in campo economico “ha contribuito a creare l’attuale crisi finanziaria globale”.

Obiettivo primario del lavoro politico ed istituzionale non è, dunque, “rispondere alle urgenze di una logica di mercato”, secondo il Pontefice, ma “assumere come centrale ed imprescindibile la ricerca del bene comune”, inteso come “la promozione e la tutela della inalienabile dignità della persona umana".

“Sono purtroppo molte e rumorose le offerte di risposte sbrigative, superficiali e di breve respiro ai bisogni più fondamentali e profondi della persona” ha osservato Benedetto XVI. Ci sono, invece, dei valori sui quali un politico cristiano è chiamato maggiormente ad impegnarsi.

“Il rispetto della vita – ha spiegato - in tutte le sue fasi dal concepimento fino al suo esito naturale, con conseguente rifiuto dell’aborto procurato, dell’eutanasia e di ogni pratica eugenetica, è un impegno che si intreccia con il rispetto del matrimonio, come unione indissolubile tra un uomo e una donna e come fondamento a sua volta della comunità di vita familiare”. 

La famiglia, infatti - “fondata sul matrimonio e aperta alla vita” – è la “radice che alimenta non solo la singola persona, ma anche le stesse basi della convivenza sociale”; il luogo in cui “la persona sperimenta la condivisione, il rispetto e l’amore gratuito, ricevendo al tempo stesso la solidarietà che gli occorre”.

Quindi la ferma conclusione del Pontefice: “Un autentico progresso della società umana non potrà prescindere da politiche di tutela e promozione del matrimonio e della comunità che ne deriva”.

Spetta, pertanto, “non solo agli Stati ma alla stessa Comunità internazionale” adottare politiche che portino ad “invertire la tendenza di un crescente isolamento dell’individuo, fonte di sofferenza e di inaridimento sia per il singolo sia per la stessa comunità” ha incitato Benedetto XVI.

Risuona in questo senso il monito del libro della Sapienza, secondo cui «il giudizio è severo contro coloro che stanno in alto» (Sap 6,5). Un monito - ha spiegato - che è dato “non per spaventare, ma per spronare e incoraggiare i governanti a realizzare tutte le possibilità di bene di cui sono capaci, secondo la misura e la missione che il Signore affida a ciascuno”.

di Salvatore Cernuzio - ZENIT -

 
 
 

DOREENA PAZ: IL MIO PERCORSO DALL'OMOSESSUALITA' ALLA CONVERSIONE

Post n°7457 pubblicato il 23 Settembre 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Entrata nel mondo gay 15 anni, a diciasette, aveva già perso la voglia di vivere ma ora, vent’anni dopo, è in procinto di sposare un uomo. È la storia di Doreena Paz, recentemente pubblicata in esclusiva su ReligionEnLibertad.com e qui riportata per la prima volta in italiano.

L’infanzia e la depressione.

In principio, i primissimi ricordi omosessuali risalgono all’epoca in cui Doreena aveva 5 anni, «ricordo mi piaceva una mia coetanea vicina di casa e in quel periodo, mi piacevano anche alcune ragazze del mio quartiere», racconta. Fu, tuttavia, solo dieci anni dopo che realizzò completamente le proprie tendenze sessuali, scoperta che precederà una forte crisi religiosa e d’identità che la porterà alla depressione. «Non riuscivo a risolvere il conflitto», racconta,  «ricordo che chiamai i miei genitori e gli dissi tutto. Ma nessuno aveva idea di cosa stesse succedendo [...] Ho sofferto in silenzio per mesi, confinata nella mia stanza». Lo psicologo da cui la portarono, «in linea con le correnti psicologiche attuali», dichiarò si trattasse “varietà sessuale” e sebbene i suoi ragionamenti non convincessero particolarmente Doreena, non le restò che credergli e quietarsi la coscienza.

La fuga e il sadomasochismo.

Poco dopo, seguì il periodo delle discoteche e dei locali gay – fu lì che conobbe Martina, lei «aveva trent’anni ed io quindici, con tutto quello che può implicare». In seguito alla degenerazione della situazione familiare che diventava, di giorno in giorno, più insostenibile, «carica di stupida ingenuità, presi le mie cose e andai a vivere con Martina». Ma le cose non migliorarono, anzi. Martina, «non era così buona come pensavo», ma portava con sé problemi d’alcolismo e una gelosia morbosa. Due anni dopo, nel cui frattempo la relazione era arrivata ai limiti del sadomasochismo, un violento litigio pose fine alla convivenza, «non la rividi ma più».

Il primo “matrimonio”.

Diciannovenne, Doreena conobbe Erika, mamma peraltro di una bambina, Julieta. «Fu, come, trovare il calore di una casa dopo tanto freddo e cinismo», racconta, tant’è che «presto diventammo spose e organizzammo un piccolo matrimonio tra amici». Ma il “matrimonio” non durò a lungo. Dopo il primo anno, Doreena scoprì che veniva considerata come una domestica dalle mamme della classe di Julieta, «questo mi ha infastidito molto [...], sentivo il bisogno di essere madre». Non passò molto che la relazione fu troncata, «non riuscivo a credere che l’amore era così banale nel mondo gay. Ho sentito una grande delusione». Nel frattempo, una verità si andava insediando nella testa di Doreena, i bambini necessitano di un padre e di una madre – una convinzione maturata attraverso l’esperienza con Julieta. La quale, mai conobbe una figura maschile in famiglia e «quando la madre non c’era, ogni tanto l’afferrava una tristezza enorme, che conoscevo solo io: sentiva terribilmente la mancanza del padre».

La svolta e la conversione.

Risolta la complicata separazione con Erika, Doreena tornò a vivere, «stanca della vita», con i suoi genitori. «Tutto sembrava inutile, privo di senso. Sentivo di aver perso i miei anni in qualcosa che, ovviamente, non poteva finire bene». Ma da lì a poco, tra alti e bassi, ci sarebbe stata la svolta: «Ho iniziato a leggere la Bibbia, [...] ad andare in chiesa [...] e partecipare alle attività pastorali». Tagliati tutti i collegamenti con l’ambiente omossessuale, due anni dopo, decise d’entrare in terapia riparativa per la cura dell’omosessualità, i cui progressi, «a piccoli passi, lenti ma sicuri», non si sono fatti attendere. «Ora, [...] Non mi sento vuota. Mi sento in pace con Dio. Sono fidanzata con una persona che mi ama e, se Dio vuole, ci sposeremo. [...] Dio ci precede, sempre avanti, senza mai perdere la speranza», conclude Doreena.

- www.uccronline.it -

 
 
 

E' MORTO PADRE BOSSI, UNA VITA PER LA MISSIONE

Post n°7456 pubblicato il 23 Settembre 2012 da diglilaverita
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Il missionario si è spento a Rozzano dopo una lunga malattia. Non si era più completamente ripreso dal sequestro avvenuto cinque anni fa nelle Filippine

Padre Giancarlo Bossi, il missionario del Pime (Pontificio Istituto Missioni Estere) che nel 2007 era stato rapito a Mindanao, nelle Filippine, è morto nella clinica Humanitas di Rozzano sul Naviglio (Milano). Aveva 62 anni. Da oltre un anno  aveva sviluppato un tumore ai polmoni e la sua salute si era debilitata sempre più. "Ciascuno di noi ha un sogno da realizzare. Ciascuno di noi ha qualcosa da dire. Ragazzi, fatevi rapire dai vostri ideali". Giocò  proprio con quella parola - rapito - che aveva fatto conoscere al mondo un missionario come lui, così allergico ai riflettori.

Parlò così a 400 mila giovani italiani riuniti a Loreto insieme a Benedetto XVI il 1 settembre 2007. Ed è  probabilmente questo il ricordo più bello che rimane nel cuore di tutti di padre Giancarlo Bossi, il missionario del Pime vittima cinque anni fa di un rapimento nelle Filippine, scomparso questa notte alla clinica Humanitas di Rozzano (Milano) a causa di un tumore al polmone che ha portato via a soli 62 anni questo "gigante buono" della missione.
 
Era il 10 giugno 2007, festa del Corpus Domini, quando iniziò la sua odissea: mentre in moto dalla sua parrocchia di Payao era in viaggio per raggiungere un villaggio per celebrare la Messa venne rapito da un commando del Milf, i guerriglieri musulmani indipendentisti sull'isola di Mindanao. Come gia' accaduto ad altri missionari, padre Bossi doveva servire loro per intascare un riscatto utile per finanziare il jihad, la guerra santa. Ma alla fine - grazie alla mobilitazione internazionale - dopo quaranta giorni durissimi nella foresta, venne rilasciato senza il pagamento di nessun riscatto.

Fu proprio lui - pochi giorni dopo, per una volta in un clergyman impeccabile davanti al Papa e ai giovani - a riassumere il senso di quella vicenda. "Sono un missionario, uno delle migliaia di preti impegnati in tutti i Paesi poveri del mondo. Vivo nelle Filippine da 27 anni. Continuerò a farlo. Spero. Questa storia non mi cambierà. Anzi no, qualcosa di diverso c'è: non fumo dal 27 giugno. Spero di non riprendere".

Del rapimento raccontò di aver chiesto ai sequestratori: "Voi pregate  come me il Dio della pace. Com'è che lo fate con il mitra alla sinistra e un sequestrato alla destra?". Ricordò anche la loro risposta: "Allah è nel cuore, il rapimento è lavoro".

Ma ai giovani parlò soprattutto di che cosa era stato per lui quel rapimento: "Durante i 40 giorni nella foresta mi sono sentito rinnovare. La mia preghiera èdiventata più essenziale e più forte. La mia disponibilità a Dio più incisiva". E soprattutto parlò della gente di Mindanao che lui tanto amava: "I poveri hanno bisogno di persone capaci di amare senza limiti e condizioni. Io sono stato sequestrato fisicamente, ma sono troppi coloro che sono sotto sequestro della povertà".

Voleva assolutamente tornare da loro nelle Filippine. E in questi anni lo ha fatto, pur in un'altra zona rispetto a quella in cui era stato rapito, per ovvie ragioni di prudenza. Ma i 40 giorni nella foresta avevano minato ormai il fisico di quest 'uomo da un metro e novanta, già giocatore di basket nella sua Abbiategrasso (e tifosissimo del Milan), contadino figlio di contadini. Uomo di poche parole, chiudeva spesso le sue frasi con un "punto e basta". A parlare restava la sua vita donata senza riserve, che la gente di Payao di certo non dimenticherà.

Giorgio Bernardelli - vaticaninsider.lastampa.it -

 
 
 
 
 

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Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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