ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 05/03/2014

14 RAGIONI PER NON CONFESSARSI IN QUESTA QUARESIMA

Post n°8872 pubblicato il 05 Marzo 2014 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Ce n'è qualcuna che non hai sentito, o anche pensato?

Chi è il prete per perdonare i peccati?

Solo Dio può perdonarli. Sappiamo che il Signore ha dato questo potere agli apostoli (Gv 20,23); questa argomentazione, tra l'altro, l'ho già letta... proprio nel Vangelo: lo dicevano i farisei, indignati, quando Gesù perdonava i peccati (cfr. Mt 9, 1-8).

Io mi confesso direttamente con Dio, senza intermediari

Fantastico... ma c'è qualche “però” da considerare... Come sai che Dio accetta il tuo pentimento e ti perdona? Senti qualche voce celestiale che te lo conferma?

Come sai che sei in condizione di essere perdonato? Ti renderai conto che la cosa non è così semplice... Una persona che ruba in una banca e rifiuta di restituire il denaro, per quanto si confessi direttamente con Dio o con un sacerdote, se non ha intenzione di riparare al danno commesso – in questo caso restituire il denaro – non può essere perdonata... perché non vuole “disfarsi” del peccato.

Dall'altro lato, questa argomentazione non è nuova: quasi 1600 anni fa, Sant'Agostino replicava a chi diceva lo stesso: “Nessuno pensa: io opero privatamente, di fronte a Dio... È senza motivo che il Signore ha detto: 'Ciò che legherete in terra sarà legato in cielo'? Alla Chiesa sono state date le chiavi del Regno dei Cieli senza necessità? Procedendo così frustriamo il Vangelo di Dio, rendiamo inutile la parola di Cristo”.

Perché devo dire i miei peccati a un uomo come me?

Perché quell'uomo non è un uomo qualsiasi: ha il potere speciale di perdonare i peccati (il Sacramento dell'Ordine). È questo il motivo per cui devi andare da lui.

Perché devo dire i miei peccati a un uomo che è peccatore come me?

Il problema non sta nella “quantità” di peccati: se sia meno peccatore di te, uguale o di più... Non ti confesserai perché è santo e immacolato, ma perché ti può dare l'assoluzione, un potere che ha per il Sacramento dell'Ordine, e non per la sua bontà. È una fortuna – in realtà una disposizione della saggezza divina – che il potere di perdonare i peccati non dipenda dalla qualità personale del sacerdote, cosa che sarebbe terribile, visto che non si saprebbe mai chi è sufficientemente santo per perdonare. Il fatto inoltre che sia un uomo e in quanto tale abbia peccati facilita la confessione: proprio perché conosce sulla propria pelle cosa vuol dire essere debole può capirti meglio.

Mi vergogno

È logico, ma bisogna superare la vergogna. C'è un fatto verificato a livello universale: quanto più ti costa dire qualcosa, tanto maggiore sarà la pace interiore che raggiungerai dopo averla detta. E costa proprio perché ti confessi poco; facendolo frequentemente vedrai come supererai quella vergogna.

Non credere poi di essere tanto originale... Il sacerdote ha già ascoltato migliaia di volte quello che gli dirai. A questo punto della storia, è difficile credere di poter inventare peccati nuovi. E poi non dimenticarti di quello che ci ha insegnato un grande santo: il Demonio toglie la vergogna per peccare, e la restituisce aumentata per chiedere perdono. Non cadere nella sua trappola.

Confesso sempre le stesse cose

Non è un problema. Bisogna confessare i peccati commessi, ed è abbastanza logico che i nostri difetti siano sempre più o meno gli stessi. Sarebbe terribile cambiare costantemente i propri difetti; quando ti fai il bagno o lavi i vestiti, non ti aspetti che appaiano macchie nuove che non avevi mai avuto prima; la sporcizia è più o meno sempre dello stesso tipo. Per voler essere puliti basta voler rimuovere il sudiciume... indipendentemente da quanto sia originale oppure ordinario.

Confesso sempre gli stessi peccati

Non è vero che sono sempre gli stessi peccati: sono diversi, anche se sono dello stesso tipo. Se insulto mia madre dieci volte, non si tratta dello stesso insulto, è sempre diverso; così come non è lo stesso uccidere una persona o dieci: se ho assassinato dieci persone non è lo stesso peccato, ma sono dieci omicidi distinti. I peccati precedenti mi sono già stati perdonati; ora ho bisogno del perdono dei “nuovi”, ovvero di quelli commessi dall'ultima confessione.

Confessarmi non serve a nulla, continuo a commettere i peccati che confesso

Lo scoraggiamento può indurre a pensare: “Confessarmi o no è lo stesso, non cambia nulla, tutto resta uguale”. Non è vero. Il fatto che uno si sporchi non fa concludere che lavarsi sia inutile. Chi si fa il bagno tutti i giorni si sporca ugualmente tutti i giorni, ma grazie al fatto di lavarsi non accumulerà sporcizia e potrà essere pulito. Succede lo stesso con la confessione. Se c'è una lotta, anche se si cade, il fatto di togliersi i peccati di dosso rende migliori. È meglio chiedere perdono che non chiederlo. Chiedere perdono ci rende migliori.

So che peccherò di nuovo, il che dimostra che non sono pentito

Dipende... L'unica cosa che Dio mi chiede è che sia pentito del peccato commesso e che ora, in questo momento, sia disposto a lottare per non commetterlo di nuovo. Nessuno chiede di impegnare il futuro che ignoriamo. Cosa succederà tra quindici giorni? Non lo so. Mi viene chiesto di essere sinceramente deciso, davvero, ora, a rifiutare il peccato. Il futuro va lasciato nelle mani di Dio.

E se il confessore pensa male di me?

Il sacerdote è lì per perdonare. Se penserà male sarà un problema suo del quale dovrà confessarsi. Tende sempre a pensare bene: valorizza la tua fede (sa che se sei lì a raccontare i tuoi peccati non è per lui, ma perché credi che egli rappresenti Dio), la tua sincerità, la tua voglia di migliorare...

Suppongo che ti renderai conto del fatto che sedersi ad ascoltare peccati gratuitamente per ore non si fa se non per amore delle anime. Per questo se ti dedica del tempo, se ti ascolta con attenzione, è perché vuole aiutarti e gli importa di te. Anche se non ti conosce ti valorizza abbastanza da volerti aiutare ad andare in Cielo.

E se il sacerdote poi racconta a qualcuno i miei peccati?


Non ti preoccupare di questo. La Chiesa cura tanto questo fatto da applicare la pena più grande che esista nel Diritto Canonico – la scomunica – al sacerdote che si azzarda a rivelare quanto ha appreso durante la confessione. Ci sono martiri per il sigillo sacramentale: sacerdoti che sono morti per non rivelare il contenuto della confessione.

Sono pigro

Può essere vero, ma non credo che sia un vero ostacolo, perché è abbastanza facile da superare. È come se uno dicesse che non si fa il bagno da un anno perché è pigro...

Non ho tempo


Non credo che tu pensi davvero che negli ultimi mesi non hai avuto dieci minuti a disposizione per confessarti. Vogliamo fare un paragone con le ore di televisione che hai visto nello stesso periodo? Moltiplica il numero di ore quotidiane per il numero di giorni.

Non trovo un sacerdote

I sacerdoti non sono una razza in via di estinzione, ce ne sono a migliaia. Come extrema ratio, cerca sull'elenco il numero di telefono della tua parrocchia; se non sai come si chiama, cerca la diocesi, sarà più semplice. In questo modo potrai sapere, in tre minuti al massimo, il nome di un sacerdote con il quale confessarti, e prendere anche un appuntamento per non dover aspettare.


[www.aleteia.org -Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti] - sources: Prelatura di Moyobamba

 
 
 

OSCAR AL BLUFF "LA GRANDE BELLEZZA". MA SI SA CHE IL DISPREZZO DEL CATTOLICESIMO FA SEMPRE "CINEMA D'AUTORE"

Post n°8871 pubblicato il 05 Marzo 2014 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Più che un film, un video-clip di due ore. Tanto pretenzioso  quanto vacuo e mediocre.  La grande bellezza di Paolo Sorrentino, fresco premio Oscar, sembra una di quelle pellicole pensate  a tavolino per mietere premi al di fuori dell’Italia, specialmente dalle parti di Hollywood. C’è infatti tutto quello che serve per piacere al pubblico e alla critica internazionale, specialmente alla critica liberal statunitense: uno stile manieristico ed eclettico che assorbe spunti da Federico Fellini e da Terrence Malick, la caricatura dell’Italia e, immancabile, quella acida e becera del cattolicesimo, che fa sempre “cinema d’autore”.

Scrive Giovanna Jacob:

Sorrentino non si dimentica mai di mettere nei suoi film i luoghi comuni folkloristici sull’Italia che tanto piacciono al pubblico cui cerca disperatamente di piacere. Nel Divo (Ita/Fra, Colore, 110’, 2008) Sorrentino rappresenta l’Italia così come se la immaginano gli stranieri, specialmente dopo lo scandalo del bunga bunga: marcia, corrotta, mafiosa e governata da mafiosi. Mancava solo la pizza e il mandolino. E l’anticlericalismo vuoto di La grande bellezza è esattamente un luogo comune sull’Italia, che per gli anglosassoni è una nazione marcia, corrotta e mafiosa a causa del cattolicesimo.

I personaggi del cardinal Bellucci (interpretato da Roberto Herlitzka), della “santa” (interpretata da Giusi Merli) e l’assistente della santa (interpretato da Dario Cantarelli) sono peggio che imbarazzanti. Il cardinale Bellucci sembra meno interessato a Dio e al diavolo che all’alta cucina. Egli si interessa in particolare alla cottura delle carni, che è una allusione facile, alla portata degli spettatori meno avveduti, ai “piaceri della carne”. E a proposito di piaceri della carne, la scena in cui una suora di clausura, nel corso di un incontro con la santa, lancia un sorriso smagliante ad un bel giovane di colore, membro della delegazione di una tribù africana, ha la stessa intensità satirica di una barzelletta che non fa ridere. Il messaggio è chiaro e gradito al pubblico internazionale ex protestante, specialmente anglosassone, cui Sorrentino cerca disperatamente di piacere: i religiosi sono dei repressi nevrotici. Quando Gambardella domanda al cardinale: «Eminenza, è vero che lei da giovane faceva l’esorcista?», il volto del cardinale sprofonda in un chiaroscuro tenebroso. Il messaggio è chiaro e gradito al pubblico di cui sopra: vero diavolo è chi fa credere al popolo che il diavolo esiste. Fanno pendant al vescovo-cuoco le tante figure di religiosi, e specialmente religiose, che vedi aggirarsi per la Roma di Sorrentino con sguardi derisori e infidi. Il messaggio è chiaro e gradito eccetera: la religione organizzata è un inganno.

Quando appare la “santa”, una sorta di caricatura di madre Teresa di Calcutta, il film sprofonda nella farsa. Il suo volto è devastato da una infinità di rughe, la sua bocca si apre solo per mostrare gengive quasi completamente nude, dai suoi occhi trasuda una demenza senile ad uno stadio molto avanzato. D’altra parte, la giovane suora che guarda alla santa con mistico e sofferto entusiasmo, sgranando occhi cerchiati per troppe veglie di preghiera, non appare tanto più lucida. Il messaggio è chiaro e gradito eccetera: per avere fede, speranza e carità bisogna essere irrazionali.

da «La nuova Bussola Quotidiana» - Fonte: Il Timone - atempodiblog -

 
 
 

PAPA FRANCESCO PRECISA: CONVERTIRSI SENZA CAMBIARE LA DOTTRINA DELLA CHIESA

Post n°8870 pubblicato il 05 Marzo 2014 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

L’udienza generale del 5 marzo 2014 è caduta in una giornata dominata dalla pubblicazione simultanea sul Corriere della Sera e su La Nación di Buenos Aires di un’intervista a Papa Francesco di Ferruccio de Bortoli dove, più che trarre il bilancio di un anno di pontificato, il Pontefice risponde alle domande del giornalista su diverse questioni importanti e controverse. Ne emergono affermazioni molto importanti sulla necessità, quando si affrontano temi morali delicati, di schierarsi talora «contro la maggioranza, di difendere la disciplina morale, di esercitare un freno culturale», esercitando la misericordia nelle situazioni concrete ma pensando più a convertirsi che a «cambiare la dottrina».

L’udienza del mercoledì delle ceneri è stata dedicata alla Quaresima, che può e deve diventare «un punto di svolta che può favorire in ciascuno di noi il cambiamento, la conversione: tutti noi abbiamo bisogno di migliorare … di cambiare per il bene e la Quaresima ci aiuta. E così, usciamo dalle abitudini stanche e dalla pigra assuefazione al male che ci insidia». Nel tempo di Quaresima la Chiesa ci rivolge due importanti inviti: «prendere più viva consapevolezza dell’opera redentrice di Cristo; vivere con più impegno il proprio Battesimo». «Da qui parte la nostra conversione: essa è la risposta riconoscente al mistero stupendo dell’amore di Dio. Quando noi vediamo questo amore che Dio ha per noi, sentiamo la voglia di avvicinarci a Lui e questa è la conversione».

Sì: dobbiamo convertirci, perché oggi ci abituiamo lentamente alla violenza, all’ingiustizia, «ci abituiamo a vivere in una società che pretende di fare a meno di Dio, nella quale i genitori non insegnano più ai figli a pregare né a farsi il segno della croce». «Questa assuefazione a comportamenti non cristiani e di comodo ci narcotizza il cuore!». Dunque, «la Quaresima giunge a noi come tempo provvidenziale per cambiare rotta, per recuperare la capacità di reagire di fronte alla realtà del male che sempre ci sfida. La Quaresima va vissuta come tempo di conversione».

Il tema della conversione emerge anche nell’intervista a de Bortoli, dove il Pontefice risponde a domande su molti e diversi argomenti. Anzitutto, Francesco affronta il ruolo del Papa emerito, Benedetto XVI. Ammette che si tratta di una situazione inedita, cui «non eravamo abituati». Tuttavia afferma con forza che «il Papa emerito non è una statua in un museo. È un’istituzione». Rivela che i due Papi si sono parlati, e «abbiamo deciso insieme che sarebbe stato meglio che vedesse gente, uscisse e partecipasse alla vita della Chiesa». Papa Francesco vuole che Benedetto XVI lo consigli: come «i nonni, che con la loro sapienza, i loro consigli danno forza alla famiglia e non meritano di finire in una casa di riposo».

Naturalmente, alla fine – per quanto si consulti non solo con il Pontefice emerito, ma con i cardinali e i vescovi – «c’è un momento, quando si tratta di decidere, di mettere una firma, nel quale il Papa è solo con il suo senso di responsabilità». Collegialità non significa eversione dell’autorità del Papa. Francesco non ama le mitologie che lo dipingono «come una sorta di superman, una sorta di star», e alle «accuse di marxismo» di ambienti americani per certi passaggi della Evangelii gaudium risponde: «Non ho mai condiviso l’ideologia marxista, perché non è vera», pur affermando di avere conosciuto «brave persone» che si dicevano marxiste. Con riferimento all’iniziativa promossa da alcuni intellettuali che lo invitavano a rispondere alle accuse strumentali alla Chiesa in tema di preti pedofili, afferma con chiarezza che la Chiesa, in materia di lotta alla pedofilia «ha fatto tanto. Forse più di tutti». «Le statistiche sul fenomeno» mostrano che ci sono più abusi altrove. «La Chiesa cattolica è forse la sola istituzione pubblica a essersi mossa con trasparenza e responsabilità. Nessun altro ha fatto di più. Eppure la Chiesa è la sola a essere attaccata». Parole molto importanti, in perfetta sintonia con le ricerche e i dati dei sociologi che hanno studiato seriamente il tema.

Sulla povertà e la globalizzazione, Francesco rimanda alla Evangelii gaudium, e alla difesa delle radici di ogni popolo che deve conservare «la propria cultura» e non essere omologato in «un pensiero unico, un pensiero debole» universale, dominato e manipolato dal denaro e dai poteri forti. Il mondo, ripete dall’esortazione apostolica, non dev’essere una sfera, «nella quale ogni punto è equidistante dal centro e in cui quindi si perde la peculiarità dei popoli», ma un poliedro, con le sue facce tutte diverse, dove ogni popolo mantiene la sua identità. Sull’ecumenismo – forse con un occhio rivolto anche all’Ucraina – il Pontefice ribadisce la simpatia per le Chiese Ortodosse, con cui si può «camminare e lavorare insieme».
Sul tema delicato delle «molte famiglie separate in cui il progetto di vita comune è fallito», il Papa parla di «un lungo cammino» dove non ci si devono attendere soluzioni o svolte immediate, e dove – lo ha detto altre volte – si deve evitare di scadere nella «casistica». Ripete l’elogio alla relazione del cardinale Kasper al Concistoro straordinario sulla famiglia, ma invita a riflettere sul fatto che consta di cinque punti e tutti hanno parlato solo del quinto, sui secondi matrimoni, oggetto allo stesso Concistoro di una «discussione intensa» che non è certo terminata.

Stupirà qualcuno l’affermazione: «Non ho mai compreso l’espressione valori non negoziabili», perché si tratta di un’espressione tipica di Benedetto XVI, con cui Francesco afferma di avere un dialogo continuo. Attenzione, però: Papa Francesco non ama questa espressione – ne aveva già fatto cenno in un’omelia di Santa Marta, il 18 novembre 2013 – non perché per lui i valori cari a Benedetto XVI siano negoziabili, ma perché pensa che nessun valore sia negoziabile. «I valori – afferma – sono valori e basta»: «per cui non capisco in che senso vi possano esser valori negoziabili». Il timore del Papa è che, una volta definiti alcuni valori come non negoziabili, gli altri siano considerati negoziabili e quindi di fatto abbandonati. Certamente non era questo l’intento di Benedetto XVI, ma le interpretazioni pretestuose ed erronee sono sempre possibili.

Il Papa afferma con franchezza: «Io non sono uno specialista negli argomenti bioetici. E temo che ogni mia frase possa essere equivocata». Si muove, quindi, con una certa abilità tra le domande insidiose del giornalista. Sulle unioni civili care a Matteo Renzi, afferma anzitutto con chiarezza che «il matrimonio è tra un uomo e una donna». Se poi gli «Stati laici» vogliono «regolare aspetti economici fra le persone, come ad esempio assicurare l’assistenza sanitaria» con «patti di convivenza di varia natura», allora «bisogna vedere i diversi casi e valutali nella loro varietà». La posizione sembra analoga a quella espressa ripetutamente per l’Italia dal cardinale Bagnasco: no a qualunque forma di simil-matrimonio, comunque chiamato, disponibilità a valutare caso per caso proposte relative ai diritti dei conviventi, che comunque nel nostro Paese – a differenza di altri, e il Papa non parla solo per l’Italia – sono in gran parte già garantiti.

A una domanda sul testamento biologico, il Papa risponde affermando di avere sempre consigliato «le cure palliative» e ricordando la dottrina della Chiesa sull’accanimento terapeutico. E quando il giornalista gli ricorda che il cardinale Carlo Maria Martini (1927-2012) affermava che era venuto il momento di sbarazzarsi della Humanae vitae e aprire al controllo delle nascite, Francesco replica che, al contrario, di quell’enciclica «la genialità fu profetica: ebbe il coraggio di schierarsi contro la maggioranza, di difendere la disciplina morale, di esercitare un freno culturale, di opporsi al neo-malthusianesimo presente e futuro». Già il venerabile Paolo VI (1897-1978) «raccomandava ai confessori molta misericordia, attenzione alle situazioni concrete». Ma «la questione non è quella di cambiare la dottrina». Parole anche queste importanti, che valgono evidentemente per tutto il campo della morale, al di là della questione degli anticoncezionali. Parole che fanno bene alla Chiesa: ce n’era bisogno.

La Nuova Bussola Quotidiana  - di Massimo Introvigne -

 
 
 

GIOCO D'AZZARDO: QUANDO LO STATO FAVORISCE IL VIZIO

Post n°8869 pubblicato il 05 Marzo 2014 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Lo Stato permette il gioco d'azzardo (guadagnandoci) poi avvia un programma di contrasto alla dipendenza dal gioco... con cui controlla la tua coscienza
A dicembre è stato redatto il Piano di azione nazionale 2013-2015 (PAN) per delineare linee strategiche operative in merito al fenomeno del gioco d'azzardo patologico (GAP). Il progetto nasce "su proposta e supervisione tecnico-scientifica del Dipartimento Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri". D'accordo che il gioco d'azzardo può diventare come una droga, ma qui la competenza ratione materiae del Dipartimento Antidroga non è pertinente. Questo dipartimento si occupa di una materia – le sostanze psicotrope - che è considerata illecita secondo il nostro ordinamento giuridico. Il gioco d'azzardo invece è legale. Appare paradossale che un'attività legale riceva attenzione da un organo preposto a combattere attività illegali. Questo è accaduto perché un comportamento di per sé innocuo – giocare due lire al gratta e vinci – è diventato, con la benedizione di quello stesso Stato che ora cerca di tamponare le falle, un fenomeno di massa spesso con profili problematici sia sul piano della salute, provocando non di rado dipendenza, sia sul piano della sicurezza pubblica, il giocatore patologico entra in contatto spesso con usurai e il giro di soldi intorno all'azzardo interessa la malavita organizzata, sia sul piano sociale, sfasciando famiglie.
Da qui una domanda molto ingenua: non era più facile vietare il gioco d'azzardo in radice? Oppure, come accadeva una volta, limitarlo ai pochi casinò presenti in Italia? Lasciamo per ora la domanda in sospeso. Nel PAN vengono predisposte una serie di strategie per aiutare le persone vulnerabili ad uscire dal tunnel del gioco, soprattutto tramite supporto psicologico. Ma il Piano di azione interessa anche i comuni cittadini che mai hanno giocato una schedina nella loro vita, dato che sono previste campagne di sensibilizzazione ed interventi nelle scuole. Tutte cose encomiabili, ben inteso, però ci sono alcune iniziative che odorano di bruciato e che svelano il vero volto del nostro ordinamento giuridico, un volto statalista che tutto vede e tutto vuole controllare.
Nel documento del Dipartimento Antidroga ad esempio viene suggerito, come una delle tante soluzioni al problema della dipendenza da gioco, di "sviluppare una piccola applicazione per smartphone per autovalutazione del rischio a cui collegare anche acquisizione di dati comportamentali per ricerca fattori di vulnerabilità". Una sorta di schedatura. La proposta fa il paio con questa iniziativa: da novembre per giocare alle slot machine e al Vlt (Video lottery terminal) ci vuole la tessera sanitaria. Così ti controllano e vedono se sei maggiorenne e quanto spendi. Da qualche giorno è stato esteso anche ai gratta e vinci. Naturalmente – si badi bene – lo fanno per il tuo bene.
Lo Stato poi non interviene solo a danno avvenuto, ma anche in modo preventivo. Siamo nel pieno dell'educazione statale delle coscienze: "Gli interventi preventivi dovrebbero mirare a creare precocemente consapevolezza dell'esistenza di un eventuale problema nelle persone a rischio in modo da indurre comportamenti di autoregolazione e autodeterminazione". Lodevole orientare al bene, male pilotare le coscienze. Nel primo caso la libertà della persona abbraccia il bene volontariamente, nel secondo siamo nel plagio mentale. Il discrimine è sottile, ce ne rendiamo conto, però esiste.
A suffragare simile timore che vede lo Stato come un controllore della nostra vita c'è anche questa ulteriore iniziativa: si prevede la "realizzazione di  un'unità mobile per laboratorio in vivo [sic] per ricerche comportamentali su slot machine e VLT. All'interno di questi laboratori mobili, oltre al rilevamento di comportamenti di gioco sarà possibile rilevare dati neuro fisiopatologici di base con tecniche non invasive". Siamo trattati ormai come cavie umane.
Certo, è la solita ipocrisia di Stato: questo dà una rivoltella ad un bambino ma avvertendolo che si può far male. E' come se un mafioso ti facesse il pizzo ammettendo che non è proprio cosa da galantuomini. Corri pure sui binari – ti dice la legge - ma nel rispetto di alcune precauzioni. Ipocrisia anche perché, non è un mistero, le casse italiane si rimpinguano e non poco grazie al gioco d'azzardo. Lo ammette pure il PAN: "Non va però dimenticato che le offerte di gioco costituiscono un importante settore produttivo dell'intrattenimento nel nostro paese, nonché parte integrante dell'economia legale dello Stato".
Davvero il nostro Stato è il Big Brother che scruta in modo capillare ogni piega della tua esistenza: non solo ti segue in tabaccheria per vedere quanto spendi al superenalotto e che numeri giochi, ma controlla per via amministrativa ogni tuo respiro quando vuoi aprire un'azienda, ti dice per bocca dell'Unione europea in quali cantine invecchiare i salumi e quanto strette devono essere le maglie delle reti da pesca per il pesce azzurro, pianifica strategie nazionali di ogni tipo per contenere i danni del gioco d'azzardo, per contrastare l'omofobia, etc.
C'è dell'altro poi. Il recente disegno di legge sul gioco d'azzardo prevede l'inserimento della cura dei ludopatici nei livelli essenziali di assistenza sanitaria nazionale (alla faccia della spending review e delle priorità in sanità). Cioè paghiamo noi per i vizi altrui. "Chi è causa del suo male pianga se stesso" non è più di moda dunque. Da una parte pare il trionfo del liberalismo, ma ad un'analisi più attenta è ancora una volta vero e proprio statalismo. Infatti lo Stato ti dice: fai quello che vuoi caro cittadino, tanto poi ci pensa mamma stato a rimettere a posto i cocci del vaso che tu hai rotto. Spendi e spandi alle slot machine, poi ti curiamo noi a spese di tutti. Metti al mondo quanti figli vuoi fuori dal matrimonio che c'è lo Stato che metterà una toppa e li tratterà come figli legittimi. Tu non devi rispondere di nulla, nemmeno degli effetti negativi della tue libere scelte. Come far crescere una cittadinanza irresponsabile.
E allora torniamo alla domanda iniziale: non era preferibile non liberalizzare in questo modo il gioco d'azzardo invece che permetterlo e poi curarne gli effetti negativi? No, perché lo Stato, dando corda alle voglie dell'individuo, in realtà lo lega a filo doppio a se stesso, come aveva intuito... Abbandona dunque il cittadino alle sue passioni e bassezze - aborto, divorzio, figli in provetta, gioco d'azzardo e nel prossimo futuro "matrimoni" gay ed eutanasia - e poi lo obbliga, da una parte, a ricorrere a lui per realizzare questi desideri che hanno bisogno per concretarsi di leggi, enti amministrativi, risorse etc. (Rousseau diceva che lo Stato è una grande industria di desideri). E dall'altra lo spinge a ricorrere sempre a lui se qualcosa va storto e se il paese dei balocchi non era così bello come ce se lo si era immaginato: vedi le infinità di reati che nascono dalla rottura dei matrimoni, compresi i casi di femminicidio (seppur come abbiamo evidenziato da queste colonne non esista una vera e propria emergenza in questo ambito), vedi le risorse pubbliche per assistere ex mariti sul baratro della povertà, vedi le sindromi post-abortive e post fivet a carico del servizio sanitario nazionale.
Illudendo la persona di essere libera di fare quello che vuole in realtà crea in lui una dipendenza dallo Stato. Altro che dipendenza da gioco d'azzardo. Siamo come quei cani che felici escono per l'agognata passeggiatina e relativi bisognini, ma tenuti al guinzaglio dal proprio padrone.

 Fonte: di Tommaso Scandroglio - La Nuova Bussola Quotidiana

 
 
 

MERCOLEDI' DELLE CENERI: INIZIA IL TEMPO DI QUARESIMA

Post n°8868 pubblicato il 05 Marzo 2014 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

La Quaresima è il tempo forte per eccellenza della conversione e del ritorno a Dio. Nella liturgia emergono continui richiami al senso cristiano del peccato, all'umile preghiera con cui se ne domanda perdono, alla carità operosa (digiuno ed elemosina ) con cui si esprime la volontà di conversione.
Valorizzare questo tempo significa prendere coscienza della continua chiamata a riscoprire insieme sia la memoria del proprio battesimo, sia la memoria del mistero della pasqua di Cristo e della nostra pasqua uniti a lui.
In questo tempo di grazia l'attenzione è rivolta a Cristo e all'uomo e al mistero del Cristo che illumina la sorte dell'uomo.
La fede e la riflessione teologica della Chiesa colgono nell'incarnazione, passione e risurrezione del Figlio di Dio la chiave per interpretare tutta la storia e il vissuto dell'umanità.
Una volta e per sempre Cristo ha salvato il mondo portando il creato alla completa liberazione, e l'uomo di fede può ora guardare il prima di Cristo in vista di lui e il tempo successivo alla sua morte e risurrezione come lo spazio per comprendere e approfondire la straordinaria ricchezza della Pasqua verso cui camminare e in cui sperare.
La quaresima allora è il momento della introspezione, dell'esame di coscienza approfondito, per conoscere la nostra miseria e la misericordia di Dio, il nostro peccato e la sua grazia, la nostra povertà e la sua ricchezza, la nostra debolezza e la sua forza, la nostra stoltezza e la sua sapienza, la nostra tenebra e la sua luce, il nostro inferno e il suo regno.
La quaresima è il tempo di analizzare alcuni principi spirituali forti come spranghe di ferro a cui i religiosi devono appigliarsi per rimanere ben radicati nel terreno buono dove devono fruttificare, ma anche che devono prendere in mano come randelli per colpire alle radici il male antico e ontico sempre pronto a rendere inutile e inefficace l'azione della grazia di Dio.
In questa meditazione parleremo di tre capisaldi della vita spirituale:

a) Conoscere la propria miseria per conoscere meglio Dio

b) Pregare

c) Digiunare


Ci aiuteranno come sempre i Padri del deserto con i loro meravigliosi detti.

a) Conoscere la propria miseria per conoscere meglio Dio.


Tre amici dopo aver abbracciata la vita monastica, si erano interrogati sull'opportunità di continuarne l'esperienza. Due decisero di interromperla per occuparsi il primo di riconciliare le persone che non andavano d'accordo, l'altro di visitare i malati, il terzo invece aveva deciso di rimanere nel deserto.
Dopo un pò di tempo, i primi due delusi dalla vita attiva ritornarono dall'eremita e gli riferirono i disinganni e le delusioni provate. L'eremita, dopo essere rimasto un poco in silenzio prese una bacinella e vi gettò dell'acqua, quindi invitò i due a specchiarsi dentro. In un primo momento, essendo l'acqua agitata, i due non poterono specchiarsi, ma appena l'acqua fu immobile, poterono scorgere chiaramente i tratti del loro volto.
L'eremita commentò questa azione simbolica con queste parole:
"Chi è immerso e impelagato nell'agitazione del mondo, non può vedere i propri peccati, se invece rimane nella solitudine, può vedere se stesso e passare dalla conoscenza di sé alla conoscenza di Dio".
Può sembrare che l'eremita voglia far disertare gli altri due dalla vita di servizio, ma non è così. L'eremita sapeva bene che il primo obbediva alla parola del Signore: "Beato che semina la pace" (Mt 5,9), e il secondo alla parola: "Sono stato malato e mi avete visitato" (Mt 25, 36). Ma queste occupazioni evangeliche mancavano di un dato che solo le poteva rendere evangeliche: l'unione con Dio, ciò che Cristo aveva definito come la parte migliore che solo Maria aveva scelto. In altre parole queste occupazioni si erano rivelate dispersive perché i due eremiti avevano dimenticato la propria fragilità e la propria miseria.
Mi ricordo la parola di un padre spirituale che un giorno disse: "Come è possibile curare gli ammalati senza che prima non ci siamo fatti curare dal nostro medico, senza cioè essere stati immunizzati, non dal dolore altrui, ma dall'essere sopraffatti dal dolore altrui?".
In questo campo ateismo, orgoglio e presunzione vanno di pari passo. Ecco la necessità in quaresima di rientrare dentro noi stessi per scoprire che Dio può essere visto nella misura in cui l'uomo prende coscienza dei suoi limiti. Ecco la necessità dell'appartarci, non tanto per sfuggire ai nostri doveri, ma per compierli meglio, grazie al silenzio, al raccoglimento, alla salmodia, alla preghiera e alla lectio divina.

b ) Pregare

Per i Padri era essenziale che la preghiera fosse autentica: volevano cioè che ci fosse una perfetta corrispondenza tra disposizioni intime e atti esterni con le affermazioni e gli atteggiamenti della preghiera.
Abba Ireneo diceva: "Molti uomini, pregando, non pregano", perché il loro cuore e la loro vita non sono in armonia con la preghiera. Questo era uno dei più grandi dolori dei Padri, diceva l'Abba Silvano: "Guai all'uomo che porta un nome più grande delle sue opere", che ha il nome di monaco, di religioso, di uomo di Dio, senza averne la vita.
La preghiera in altre parole deve sgorgare dal cuore prima di uscire dalle labbra, esige anima e corpo votati a Dio e non al mondo, impone opere conformi alla volontà di Dio; alcune volte non comporta nessun movimento delle labbra, ma esigerà sempre purezza e fervore di cuore.
Essere autenticamente religiosi implica armonia tra vita e preghiera. L'opera del religioso è essere fuoco, un fuoco tale che dove penetra, consuma.
Ad un fratello che si lamentava perché era oppresso da molte passioni, l'Abba Poemen disse: "Le passioni, figlio mio, non sono che triboli e spine, mettici il fuoco ardente della preghiera e dell'amore di Dio e le brucerai completamente".
E abba Evagrio diceva a coloro che si scoraggiavano nella preghiera perché non riuscivano a pregare come volevano: "Se non hai ricevuto ancora il carisma della preghiera o della salmodia ostinati e lo riceverai".
Un altro monaco, molto zelante nella preghiera, si era addormentato. Il diavolo, seduto accanto al suo letto, diceva che si guardava bene dallo svegliarlo perché quel monaco, una volta desto, si sarebbe messo subito a lodare Dio e l'avrebbe cacciato. Satana teme la preghiera dei monaci e quella dei cristiani ferventi, sa che può annullare la sua azione.
Senza paura di sbagliare possiamo applicare ai religiosi quello che i Padri del deserto dicevano dei monaci: "La preghiera è lo specchio del monaco", del suo intimo, della sua vita, del suo lavoro. Se il monaco non prega Dio, vuol dire che non si preoccupa di lui. Se lavora ma non prega, il suo lavoro ha già perso, o perderà presto l'impronta adoratrice necessaria perché sia un lavoro di Chiesa, spiritualmente costruttivo.

c) Digiunare

Il digiuno, che può essere praticato in forme antiche o nuove, è segno di conversione, di pentimento e di mortificazione personale e, al tempo stesso, di unione con Cristo crocifisso e di solidarietà con gli affamati e i sofferenti.
Prima di intraprendere la sua missione nel mondo, il Signore stesso ha digiunato per quaranta giorni ed ha insegnato l'esercizio del digiuno. Per il Nuovo Testamento il digiuno è un mezzo di astinenza, di pentimento, di elevazione spirituale. Già ai tempi degli Apostoli, la Chiesa ne ha proclamato l'importanza, senza però proporre una legge fissa, in quanto questa pratica spirituale è direttamente proporzionata alla capacità del penitente di sopportarla. "Assicurati che nessuno ti distolga da questa via tracciata dalla dottrina... se puoi sopportare tutto il giogo del Signore, sarai perfetto; se non puoi fai ciò di cui sei capace. Per quanto riguarda il digiuno osservalo secondo la tua forza" (Didachè 6,1-3).
L'autentico digiuno è legato intimamente alla preghiera e al pentimento sincero. "Il digiuno, così come indica il termine, significa astenersi dal cibo; ma il cibo non ci ha mai resi né più giusti, né più ingiusti " diceva Clemente alessandrino, sottolineando così che il vero valore del digiuno è essere capaci di non diventare schiavi delle passioni e del mondo. Il digiuno dal cibo è un consiglio ascetico, e l'ascesi è una proposta non una legge, ma digiunare dal peccato, questo sì che è legge che bisogna mettere in pratica.

Voglio concludere questa meditazione con le parole di S. Clemente di Roma, che abbiamo ascoltato nell'Ufficio delle letture il mercoledì delle ceneri:
"Stiamo saldi in questa linea e aderiamo a questi comandamenti. Camminiamo sempre con tutta umiltà nell'obbedienza alle sante parole... Fissiamo fermamente lo sguardo sul Padre e Creatore di tutto il mondo e aspiriamo vivamente ai suoi doni meravigliosi e ai suoi benefici incomparabili" a lui la lode e la gloria col Figlio suo e lo Spirito Santo, ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen.

rocciadibelpasso.it - autore: Archimandrita Marco (Don Vincenzo) - 

- donboscoland.it -

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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